Migranti: dopo Cutro, la maggioranza prepara una nuova stretta sui permessi di soggiorno. Di @vitalbaa su @valigiablu
Perché allora questi provvedimenti? In mancanza di risposte certe, sorge un ragionevole dubbio. Ovvero che il governo non intenda rinunciare alla presenza di immigrati irregolari: del resto, l’esistenza di un nemico da combattere è la cifra della sua narrazione, variamente declinata. Peraltro, più irregolari si creano, più rimpatri andrebbero effettuati. Invece, l’Italia ne fa pochi rispetto al numero di coloro i quali ne dovrebbe essere oggetto, data la difficoltà di stringere accordi con i paesi di provenienza.
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Etiopia, la disastrosa situazione degli sfollati in Tigray nonostante l’accordo di cessazione ostilità
La guerra genocida inizita il 3 novmebre 2020 in Tigray, regione settentrionale in Etiopia e descritta dal governo centrale come veloce “azione di polizia” per fermare e bloccare tutti i membri “dissidenti” del partito TPLF – Tigray People’s Liberation Front, si è placata con un accordo di cessazione ostilità, di tregua firmato a Pretoria il 2 novembre 2022.
Il report di UNHCR del 23 febbraio 2023 riguarda gli sfollati interni, gli internally displaced person (IDP) che si sono creati come conseguenza di tale guerra.
Report versione PDF : UNHCR-Ethiopia-Protection-Monitoring-and-Solutions-PMS-Report1-Mekelle-February-2023
AGGIORNAMENTO 9 marzo 2023:
Per dovere di cornaca, come redazione di Focus on Africa, abbiamo caricato la su citata copia in pdf in quanto dopo la visione sul servizio Reliefweb (servizio di archivio ufficiale) di UNOCHA, tal report risulta rimosso.
Fortunatamente anche il servizio WebArchive ci viene in aiuto perché ha tenuto traccia (snapshot del 6 marzo 2023, ore 19:05:39) della pagina web in cui era stato pubblicato il rapporto: web.archive.org/web/2023030619…
Contesto degli sfollati interni in Tigray
UNHCR indica che nel 2022 più di 200.000 sfollati interni sono tornati al loro luogo di origine nella regione del Tigray e oltre 33.000 sono stati assistiti dall’UNHCR e dai partner con denaro contante, NFI (Emergency Shelter/Non-Food Items) e mezzi di trasporto.
Genta Afeshum, Gulo Mekeda e Hawzen woredas [distretti] nella zona nord-orientale del Tigray sono stati selezionati [come luoghi] per l’implementazione pilota dei nuovi strumenti di monitoraggio e soluzioni di protezione (PMS) dell’UNHCR a causa della loro elevata popolazione di sfollati rimpatriati.
Questi strumenti includono un’indagine su informatori chiave, discussioni di focus group (FGD), mappatura delle strutture e liste di controllo osservative. Gli obiettivi del PMS includono la valutazione della durabilità dei ritorni, la coesione sociale tra le comunità e le questioni abitative, fondiarie e immobiliari (HLP). Il conteggio delle risposte dei partecipanti durante le discussioni aiuta a generare dati quantitativi e aiuterà a tenere traccia delle tendenze nei diversi cicli di raccolta dei dati.
Il Report di UNHCR è tratto da una serie di 7 discussioni di focus group (FGD) con 66 sfollati rimpatriati originari dei 3 distretti sopra citati, 55% donne e 45% uomini.
Quando è stato chiesto a queste persone perché fossero tornati, l’86% ha risposto perché non stavano ricevendo supporto umanitario nell’area di accoglienza.
Dopo il loro ritorno ai luoghi d’origine, non hanno ricevuto ancora supporto umanitario.
La principale esigenza, necessità citata dal 100% del gruppo è stata “cibo”. Con il 43% salute ed educazione per i bambini.
2919 case completamente distrutte e 830 parzialmente danneggiate.
Il 95% delle 126 scuole primarie e l’86% delle superiori completamente distrutte.
Il 94% (61) delle 71 strutture sanitarie dei 3 distretti completamente distrutto, mentre il 10% parzialmente.
Dei 2019 bacini, riserve e punti per l’acqua, il 63% è stato distrutto, il 37% parzialmente: senza acqua non c’è vita.
Distrutto il 100% degli uffici pubblici.
A Kokob Tsibah:
- interi villaggi sfollati – 34 sepolti il giorno della visita d’osservazione
- 11 torturati
- 150 sopravvissuti *identificati* GBV – Gender Based Violence (1,5% pop.)
- 120 HIV+ (sieropositivi) noti senza farmaci.
- Tutto il bestiame, i raccolti, i depositi di grano, le attrezzature saccheggiate o distrutte.
- Carenza acuta di cibo/WASH.
Hadnet
- Nessun rimpatriato ha ricevuto aiuti dal 2022
- raccolti, bestiame, strutture agricole distrutte o danneggiate
- UXO non chiarito nei campi
- Nessuna assistenza sanitaria
- Le donne incinte devono camminare un giorno per farsi curare ad Adigrat
- Carenza acuta di cibo/WASH.
Fatsi
- Gli sfollati interni sono rientrati perché non c’erano aiuti ad Adigrat.
- L’esercito eritreo è sistemato appena fuori città, occupando una scuola
- Nessuna amministrazione
- Centro sanitario distrutto
- Famiglie divise tra Adigrat e Fatsi
- Donne capofamiglia particolarmente vulnerabili
Città di Hawzen
- sfollati rimpatriati per mancanza di aiuti a Mekelle
- mancanza acuta di cibo, WASH, carenza di vestiti
- La maggior parte delle proprietà saccheggiate
- Fortemente colpito dalla violenza di genere
Si parla di Adigrat e Mekellé come città di riferimento e di consegna, immagazzinamento degli aiuti umanitari per gli sfollati del Tigray orientale perché le loro aree di origine sono inaccessibili al comparto umanitario.
Da considerare che a Mekellé, capitale della regione tigrina, sono presenti oggi 300.000 IDP che attendono ed hanno denunciato a loro volta la mancanza di supporto umanitario.
- Approfondimenti:
- Etiopia, 54.000 sfollati ad Abiy Addi senza cibo, medicinali e altre zone del Tigray senza aiuti
- Etiopia, l’accordo di tregua non ferma violenze e abusi dei soldati eritrei in Tigray
- Etiopia, mancanza di aiuti adeguati agli sfollati interni (IDP) in Tigray
- Etiopia, ancora blocchi sugli aiuti umanitari nel Tigray
Le realtà che dovrebbero monitorare e quelle che dovrebbero dare trasparenza ed aggiornamenti dal campo si fanno attendere: la principale motivazione di non accesso nei distretti è l’occupazione eritrea. La causa del mancato aggiornamento da parte dei partners umanitari non è dato sapere, se sia per mancanza di accesso o di fondi. Il risultato finale è che centinaia di migliaia di persone in Tigray ad oggi sono in balia degli eventi.
Credit foto di testa: IOM/Kaye Viray – Una scuola trasformata in un sito per sfollati a Shire, nella regione del Tigray in Etiopia, ospita migliaia di sfollati interni.
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Etiopia, ancora blocchi sugli aiuti umanitari nel Tigray
Il 3 novembre 2020 in Etiopia è scoppiata una guerra. Per il governo centrale una veloce “azione di polizia” per fermare il “ribelle” partito del TPLF – Tigray People’s Liberation Front e tutti i suoi membri.
Per il popolo del Tigray, regione settentrionale etiope, è iniziata una vera e propria guerra genocida inb cui sono stati perpetrati crimini di guerra e contro l’umanità.
Le stime, analizzate e condivise dal Prof. Jan Nyssen e dal suo team dell’Università Ghent in Belgio, oggi parlano di più di 600.000 vittime, di civili uccisi dalle bombe, dai massacri o dalla mancanza di cibo e cure mediche. Arresti e deportazioni di massa su base etnica. Pulizia etnica confermata da parte delle forze speciali amhara e milizia Fano, alleati dell’esercito etiope, che nel Tigray occidentale hanno sfollato i residenti rivendicando quel territorio giuridicamente e storicmente amhara. Fame e stupri come armi di guerra. Conflitto che è descritto come “guerra civile” tra le più atroci del XIX secolo, ma si dovrebbe parlare di guerra regionale in quanto i soldati eritrei, alleati informalmente dell’ ENDF e delle forze amhara, hanno invaso l’Etiopia ed erano presenti fin dal primo giorno, anche se il governo etiope ha negato per mesi la loro presenza. Esercito eritreo che ha combattuto con truppe e cadetti somali addestrati in Eritrea, ignari di andare a morire in prima linea per una guerra non loro.
Oggi la disputa territoriale del Tigray occidentale è nodo di tensioni e parte dell’ accordo di cessazioni ostilità siglato il 2 novembre a Pretoria, Sud Africa. Molti sfollati tigrini fuggiti in Sudan hanno paura di tornare nelle proprie case o in quel che ne resta, proprio per l’attuale occupazione.
Oltre alla risoluzione della disputa territoriale, parte dell’accordo prevede il ritiro delle “forze esterne” dal Tigray e l’accesso capillare ed immediato del supporto e della consegna di materiale umanitario e salvavita ai più di 6 milioni di persone residenti la regione tigrina.
Il report della ICHREE aveva denunciato tutte le forze in gioco di aver commesso crimini verso strutture e persone civili. Il governo centrale ha creato con scelte politiche ben precise un blocco “de facto” all’accesso umanitario in Tigray.
L’accordo di Pretoria è un patto per una cessazione ostilità, non di pura pace: la pace dovrebbe esserne la principale conseguenza, come obiettivo ultimo.
La priorità dell’accordo di Pretoria ha avviato un cessate il fuoco per dare maniera, tra le altre cose, di poter far operare in sicurezza l’accesso del supporto salvavita verso tutti i civili in difficoltà.
La guerra combattuta in Tigray in un totale isolamento, blackout elettrico e comunicativo, dal resto del mondo, ha bloccato i servizi di base indispensabili alla sopravvivenza delle persone. Oltre la mancanza di carburante che ha bloccato anche le ambulanze per soccorsi e per distribuzione medicinali, c’è stato il blocco dei conti correnti bancari.
Se all’inizio di novembre 2022, grazie all’accordo, l’accesso umanitario ha iniziato le consegne nei grossi centri del Tigray come Mekelle e Shire, ad oggi sembra che ci sia un rallentamento delle forniture umanitarie, come dimostrano i dati in seguito.
Martedì 21 febbraio Patrick Youssef, direttore regionale della ICRC – Croce Rossa Internazionale ha dichiarato:
“La pace è tornata nel nord Etiopia , ma permangono enormi bisogni umanitari. Sto visitando Tigray , dove il conflitto ha causato immense sofferenze alla popolazione. Le conseguenze umanitarie sono gravi. E sono necessari più aiuti per proteggere e assistere le persone colpite. Mekelle”
Domenica 5 marzo 2023, inoltre, il Dr. Fasika, medico dell’ Ayder Hospital ha segnalato che il COVID sta riprendendo piede a Mekelle, la capitale tigrina in cui risiedono anche 300.000 sfollati interni, IDP, di cui abbiamo dato aggiornamento in un precedente articolo: denunciano di non aver ricevuto gli aiuti umanitari necessari da più di 3 mesi dalla firma dell’accordo di tregua.
Approfondimento: Etiopia, 54.000 sfollati ad Abiy Addi senza cibo, medicinali e altre zone del Tigray senza aiuti
Per il resto del mondo è stata una buona notizia l’accordo di Pretoria. Dopo 2 anni di guerra genocida e crimini di guerra e contro l’umanità subìti dai civili è stata veramente un’ottima notizia l’accordo per una tregua. Purtroppo però manca ancora tutto. Le linee telefoniche in molte aree regionali hanno ripreso a funzionare come la linea internet, ma molto lentamente. Anche diverse filiali della banca centrale etiope hanno riaperto. Purtroppo però, come notizie ed aggiornamenti da nostre fonti dirette, non erogano ancora contanti anche se la banca centrale aveva dichiarato di aver inviato qualche milione di birr alle filiali nella regione.
“Oggi, non un mese fa, in Adwa le banche non hanno soldi, sono aperte ma non erogano denaro, la popolazione continua a non mangiare!!!”
Un paio di foto che arrivano da Mekelle fanno comprendere bene la situazione di catastrofe umanitaria in atto. Tra persone che scaricano sacchi di granaglie, donne che cercano di recuperare da terra ogni singolo chicco.
Molti medici hanno iniziato a licenziarsi per cercare altri posti di lavoro dopo che la guerra li ha lasciati senza stipendio. Molti non riuscendo a far fronte alla propria quotidianità senza soldi, non hanno più la forza di fronteggiare la loro crisi personale e quindi non hanno più la capacità nemmeno di seguire i loro pazienti. Crisi nella crisi.
Giovedì 2 marzo il Professor Jan Nyssen ci ha fornito un nuovo aggiornamento sulla situazione umanitaria attuale. Ha condiviso la mappa del report USAID del 23 febbraio che da un significativo chiarimento della grave situazione in cui stanno vivendo milioni di persone oggi.
Venerdì 3 marzo il ricercatore belga torna con un ulteriore aggiornamento e analisi approfondita e con dati.
“Facendo seguito al nostro messaggio di ieri sul blocco de facto del Tigray (vedi sotto), ho ricevuto questo feedback da un deputato britannico ed ex ministro:
“Purtroppo, non sono riuscito a trovare una copertura mediatica contemporanea che riportasse o riflettesse l’affermazione che continua il blocco de facto degli aiuti umanitari. Al contrario, tutti i rapporti recenti riguardano un costante miglioramento dell’accesso.»
Il nostro amico Tim Vanden Bempt lo ha cercato e ha analizzato i fatti.
E, in effetti, non sembra esserci alcuna notizia mediatica (internazionale), ma i rapporti delle Nazioni Unite (distribuzione di cibo) affermano chiaramente che è ancora in corso un blocco [di movimento] molto ampio sul terreno, sia per quanto riguarda la mancanza di accesso al Tigray (una strada è davvero aperta) e all’accessibilità all’interno del Tigray (a causa della mancanza di denaro e della grande presenza di soldati eritrei e amhara).
La logica conseguenza è quindi che, secondo UN Ethiopia, nel Tigray è stato raggiunto solo il 16% dei beneficiari della risposta alimentare (contro l’80% nella regione di Amhara e il 98% nella regione di Afar!
Dettagli sull’accesso al Tigray
Due delle quattro strade utilizzate per gli aiuti umanitari sono bloccate dalle forze e dalle milizie Amhara (Gondar – Humera – Shire e Kombolcha – Mekelle) e una non è adatta ai mezzi pesanti (Gondar – May Tsebri – Shire).
Ciò lascia la lunga rotta desertica Semera – Mekelle come unica opzione per rifornire il Tigray (non solo a Mekelle ma anche il lontano hub di Shire), come evidenziato anche dal progresso della distribuzione alimentare (progressi da Est a Ovest) e dalla capacità di stoccaggio del hub
(Note di riunione del Logistics Cluster Addis Abeba logcluster.org/ops/eth20a).
Le scorte nell’hub di Shire si stanno gradualmente esaurendo di nuovo.
Spazio disponibile negli hub di magazzino:
- 17/01: 60% a Mekelle, 30% a Shire
- 24/01: 60% a Mekelle, 48% a Shire
- 31/01: 63% a Mekelle, 83% a Shire
- 07/02: 63% a Mekelle, 79% a Shire
- 14/02: 71% a Mekelle, 79% a Shire”
L’ulteriore distribuzione di quei volumi di aiuti che potrebbero raggiungere i magazzini di Shire e Mekelle, è nuovamente ostacolata dall’enorme mancanza di denaro per pagare la logistica, nonché dall’inaccessibilità dovuta alla presenza di soldati eritrei e amhara.
18 gennaio 2023: blocco parziale di beni e servizi commerciali
Dettagli riportati dagli aggiornamenti del Food Cluster:
fscluster.org/sites/default/fi…
Tutti i partner di supporto alimentare devono continuare a fare affidamento sui voli umanitari per portare denaro nella regione mentre i servizi bancari, riprendendo gradualmente nelle principali città, non sono ancora del tutto funzionanti. Ai partner è richiesta una notevole quantità di denaro per coprire i costi operativi quotidiani e i crediti precedenti, garantendo che l’assistenza continui senza interruzioni.
E’ fondamentale è fondamentale (oltre alla piena ripresa dei servizi essenziali, inclusi banche, comunicazioni e altri fattori abilitanti) supportare i partner nel fornire un’assistenza tempestiva e adeguata alle popolazioni più colpite con risorse limitate, rafforzando/ripristinando le strutture di governo locale nonché i collegamenti tra le autorità a tutti i livelli, assicurando che i dipendenti pubblici, non essendo stati pagati per più di 18 mesi, ricevano i loro stipendi. Tutto questo è importante anche per far riprendere il flusso illimitato di forniture commerciali nel Tigray in tutte le parti della regione.
25 gennaio 2023 e 1 febbraio 2023: blocco parziale dei servizi commerciali
Dettagli riportati dagli aggiornamenti del Food Cluster:
Tutti i partner alimentari in quel periodo dovevano continuare a fare affidamento sui voli umanitari per portare denaro nella regione mentre i servizi bancari, riprendendo gradualmente nelle principali città, non erano ancora del tutto funzionanti. Ai partner era richiesta una notevole quantità di denaro per coprire i costi operativi quotidiani e i crediti precedenti, garantendo che l’assistenza continui senza interruzioni.
8 febbraio 2023: blocco parziale dell’area (zona centrale, orientale e nord-occidentale (forze eritree), zona nord-occidentale (forze Amhara)
Dettagli riportati dagli aggiornamenti del Food Cluster:
Sebbene lo spazio umanitario continui a migliorare nel Tigray, alcuni woreda (distretti) (ad esempio, Egela (centrale), Erob e Gulo Mekeda (orientale); Dima, la città di May Tsebri, Tahtay Adiyabo e Tselemti (nordoccidentale) rimangono parzialmente inaccessibili con accesso a/ da alcune aree che continuano a rappresentare una sfida per i partner e le comunità a causa della presenza e dei movimenti di attori armati nelle aree contese lungo i confini internazionali e regionali.
15 febbraio 2023 e 22 febbraio 2023: blocco parziale dell’area (zona centrale, orientale, occidentale e nord-occidentale (forze eritree), zona nord-occidentale e occidentale (forze Amhara)
Dettagli riportati dagli aggiornamenti del Food Cluster:
Mentre lo spazio umanitario è migliorato nel Tigray, alcune aree di Erob (est), città di Zalambessa (Zala Anbesa) (est), Egela (centro), Dima (nord ovest), Tahtay Adiyabo (nord ovest), Ofla (sud) e Zata (sud ) rimangono inaccessibili ai partner alimentari a causa della presenza e dei movimenti di attori armati lungo i confini internazionali e regionali; il movimento di forniture umanitarie verso le parti meridionali delle zone nord-occidentali e meridionali è attualmente molto limitato con accesso solo dalla regione di Amhara; e Western Zone è inaccessibile per la maggior parte dei partner.”
Il Professor Nyssen conclude:
“Ciò conferma quello che sentiamo dai nostri contatti sul campo. Il blocco stradale de facto attorno al Tigray continua ad essere attuato, con solo due corridoi umanitari accessibili, oltre all’accesso aereo. Per quanto riguarda l’insicurezza alimentare, la maggior parte del Tigray continua a trovarsi sotto lo status IPC «4 – Emergency» (con alto tasso di mortalità per fame). Prima della guerra lo status era «1 – Minima insicurezza alimentare».”
Immagine di testa: © UNOCHA/Saviano Abreu – Una famiglia di Samre, nel Tigray sud occidentale, ha camminato per due giorni per raggiungere un campo per sfollati a Mekelle.
Mastodon.social: un errore di configurazione ha portato alla perdita di dati
La causa di una fuga di dati su Mastodon non è stata un'intrusione esterna, ma una configurazione insufficiente del server Mastodon per l'archiviazione dei dati dell'utente. Ciò ha reso teoricamente possibile per ogni utente del servizio visualizzare i dati caricati su files.mastodon.social. Mastodon ha scoperto il bug il 24 febbraio e lo ha risolto entro 30 minuti. Tuttavia, la falla esisteva dall'inizio di febbraio perché l'infrastruttura era stata aggiornata in quel momento, scrive il provider in una e-mail.
L'articolo di Heise continua qui
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Etiopia, mancanza di aiuti adeguati agli sfollati interni (IDP) in Tigray
Sono passati ormai più di 3 mesi dalla firma dell’accordo di cessazione ostilità siglato a Pretoria il 3 novembre 2022 tra governo etiope e rappresentanti del TPLF – Tigray People’s Liberation Front. Guerra genocida iniziata il 3 novembre 2020, nel silenzio del mondo che ignorerà la tragedia.
L’accordo ha prodotto una tregua per quanto riguarda un cessate il fuoco militare da parte di tutte le forze coinvolte nella guerra genocida definita una tra le più atroci dell’ ultimo secolo.
Le stime prodotte dal Professor Jan Nyssen e dal suo team di ricerca dell’ Università di Gand, parlano di 600.000 vittime tra i civili, dirette per massacri, bombardamenti ed indirette per blocco all’accesso umanitario, mancanza di cibo, medicinali e supporto medico.
Lo “scoop” sul numero di vittime prodotte dalla guerra genocida in Tigray per alcuni media mainstream in Italia arriva solo nei primi mesi del 2023.
Il professor Nyssen però con il suo team avevano già prodotto delle stime nel marzo 2022, stime riportate su Focus On Africa.
Sono 13 milioni invece le persone stimate dall’ ONU dipendenti dal supporto umanitario nel nord Etiopia, Tigray, Afar e regione Amhara.
L’accesso umanitario è stato bloccato “de facto” per scelte politiche in Tigray.
Oggi a viverne le atroci conseguenze sono i superstiti, le persone.
L’accordo di Pretoria ha prodotto una tregua che fortunatamente ha sbloccato parte dell’accesso alla consegna di materiale, cibo e medicinali. Si sono riattivate in alcune zone le linee telefoniche e internet, ma ci sono ancora grossi problemi nelle comunicazioni di molte aree: più di 6 milioni di persone in Tigray hanno vissuto 2 anni di guerra isolati dal mondo senza telefoni, elettricità e servizi di base bloccati. I conti correnti bloccati sono stati riattivati, ma ci sono segnalazione di ancora grossi disagi per il ritiro di contanti.
Nonostante l’accordo indichi esplicitamente che le “forze esterne” devono ritirarsi, come le forze Amhara che sono presenti nel Tigray occidentale, le truppe eritree, nonostante un parziale ritiro, stanno ancora occupando altre aree regionali.
Si sono rese protagoniste anche dopo la stipula dell’accordo di aver perpetrato abusi, violenze e crimini sulle persone di etnia tigrina. Ad Irob, woreda [distretto] del Tigray orientale, recentemente sono state denunciate per aver bloccato l’accesso ad un comparto umanitario. Le persone in Irob infatti sono tutto’ oggi sotto assedio degli eritrei. Irob è una delle due minoranze etniche più piccole tra l’ottantina di gruppi presenti in Etiopia.
Pochi giorni prima dell’accordo di cessazione ostilità per il Tigray, i soldati della vicina Eritrea lo scorso autunno hanno massacrato più di 300 abitanti del villaggio nel corso di una settimana, secondo testimoni e parenti delle vittime, riporta l’1 marzo il Washington Post in un suo articolo di approfondimento.
Zalambessa, luogo di confine tra Etiopia ed Eritrea, se già nell’agosto 2013 riportava ancora segni della guerra del 1998/2000 ma vissuta e con residenti, oggi, dopo i 2 anni di guerra genocida risulta svuotata, distrutta e deserta. Una città fantasma.
La comunità Irob rischia di soccombere.
FOTO
A pagare le conseguenze delle guerre non sono i governanti, i politici, ma sempre e solo la povera gente, i civili, le persone.
In questo caso gli sfollati interni in Tigray hanno denunciato che, nonostante l’accordo di Pretoria, gli IDP nella regione, compresi coloro che si sono rifugiati nelle capitale Mekelle, non hanno ricevuto aiuti umanitari adeguati.
Il 2 febbraio UNOCHA ha affermato che:
“Più di 4,5 milioni di persone o l’83% del totale di 5,4 milioni di persone bisognose di aiuti nella regione sono state assistite con cibo al 18 gennaio in due turni di distribuzione”, afferma il rapporto, aggiungendo che “più di 162.000 di quelli assistiti erano sfollati.”
Tuttavia gli sfollati presenti a Mekelle, la capitale tigrina, affermano che da 3 mesi non hanno ricevuto alcun aiuto.
Addis Standard riporta la testimonianza ricevuta da Solomon Kiros, 47 anni, che insieme ai suoi otto membri della famiglia, è stato sfollato dalla zona est, Adigoshu e ora si è rifugiato a Mekelle, campo di fortuna di Seba Kare.
Solomon ha dichiarato che:
“Non abbiamo rifugi adeguati, né abbiamo gli utensili necessari; siamo davvero in una brutta situazione. La maggior parte degli sfollati non vuole dipendere dagli aiuti umanitari, piuttosto vuole aiutarsi economicamente e assicurarsi il proprio cibo se devono essere riportati nei propri villaggi. In linea con l’ accordo di pace, il governo deve riportarci nelle nostre case perché finiscano le sofferenze”.
Samuel Teklehaimanot è un altro IDP fuggito dalla guerra da Kafta Humera a Mekelle insieme ai suoi sette membri della famiglia il 10 novembre 2020. Quel territorio si trova nel Tigray occidentale, rivendicato dalle governo regionale Amhara come giuridicamente e storicamente sotto il loro controllo. Il Tigray occidentale è stato scenario di pulizia etnica da parte delle forze e milizie amhara nei confronti dei residenti tigrini. Oggi le tensioni e la rivendicazione di quel territorio è parte dell’accordo di tregua e non ancora risolto.
Samuel attualmente è ospitato nella scuola elementare di Adi-Hawsi.
Samuel ha dichiarato che lui e la sua famiglia insieme ad altri sfollati non hanno ricevuto gli aiuti in tempo.
“Questo è il terzo mese di attesa per gli aiuti umanitari”
Aggiungendo
“Anche se abbiamo segnalato i nostri reclami al Distretto e alle autorità del Tigray, fino ad ora non c’è nulla di nuovo, dicono sempre che ci daranno presto”
Solomon Tsegay (PhD), vicedirettore degli sfollati interni di Mekelle, ha confermato che gli IDP – Internally Displaced Person, non hanno ricevuto alcun aiuto negli ultimi tre mesi tranne che nel primo turno.
“Sulla base delle lezioni che avevamo tratto dal primo round, abbiamo compilato correttamente i dati degli sfollati interni e li abbiamo inviati al Programma alimentare mondiale (WFP), ma i funzionari del WFP stanno invece utilizzando i dati raccolti da loro stessi con il metodo di tracciamento dei dati (DTM ),”
Sottolineando:
“Ci sono 184.000 nuovi sfollati solo a Mekelle, ma le agenzie umanitarie ci hanno fornito aiuti solo per 139.850 persone. Ci sono 44.150 persone che sono fuori dalle quote che ci vengono fornite.”
Già a gennaio 2023 avevamo segnalato le gravi problematiche di sopravvivenza degli IDP in Tigray:
Etiopia, 54.000 sfollati ad Abiy Addi senza cibo, medicinali e altre zone del Tigray senza aiuti
Secondo i dati del centro per sfollati di Mekelle, attualmente ci sono 300.000 sfollati solo a Mekelle.
Credit foto: Bambini all’interno del campo per sfollati di Abiy Addi. Foto: Fornita ad Addis Standard da fonti sul campo
Etiopia, rimandata a tempo indeterminato visita in Tigray del Segretario delle Nazioni Unite Guterres
La visita in Tigray del Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, che avrebbe dovuto svolgersi lunedì prossimo, 20 febbraio 2023, è stata sospesa a tempo indeterminato per ragioni sconosciute: questo quanto dichiarato da Tigrai Television che riporta la notizia di una sua fonte.
Antonio Guterres si era recato precedentemente in Etiopia per presenziare all’ IGF – Internet Governance Forum dove si era incontrato anche con il Premier Abiy Ahmed Ali. Il Segretario dell’ONU in quel contesto ha ribadito il suo pieno sostegno all’attuazione dell’accordo di cessazione delle ostilità (COHA) e alla dichiarazione sulle modalità per la sua attuazione, che è stata mediata dall’Unione Africana.
Il Segretario ONU, nella sua seconda visita in Etiopia dalla firma dell’accordo di pace avvenuta a Pretoria il 3 novembre, si trova ora nella capitale dell’Etiopia, Addis Abeba, per partecipare al vertice dell’Unione Africana.
Sarebbe poi dovuto volare in Tigrai, a Mekelle, per esaminare le distruzioni causate dalla guerra di due anni e la situazione umanitaria sul terreno. Come riporta Tigrai TV, si sarebbe dovuto spostare in seguito nelle regioni confinanti, Amhara e Afar, anch’esse territori con la sua gente che hanno subìto le atrocità del conflitto. La causa dell’annullamento non è nota.
La guerra è iniziata il 3 novembre 2020 in Tigray ed è stata combattuta nel totale isolamento territoriale regionale e in un blackout elettrico e delle comunicazioni (telefono, internet) tagliando via dal resto del mondo lo stato regionale etiope. Il blackout comunicativo è stato il più lungo della storia, la guerra genocida è stata dichiarata una delle più atroci del XIX secolo con una stima di più di 600.000 vittime. Tutte le forze sul campo, i membri del TPLF – Tigray People’s Liberation Front con il TDF – Tigray Defence Forces e l’esercito federale con gli alleati, forze speciali regionali amhara, milizia Fano e l’esercito invasore eritreo sono state denunciate responsabili di crimini. Il governo etiope è stato accusato di aver creato un blocco “de facto” all’accesso umanitario. Le truppe eritree non sono state mai ufficialmente “invitate” alla guerra dal governo etiope, ma si sono macchiate di crimini sistematici sui civili in Tigray, cosa che recentemente il leader eritreo Isaias Afwerki ha negato pubblicamente.
Foto: Il segretario generale António Guterres delle Nazioni Unite, a sinistra, stringe la mano al primo ministro etiope Abiy Ahmed ad Addis Abeba nel 2019. Credit: EPA, via Shutterstock
Etiopia, l’accordo di tregua non ferma violenze e abusi dei soldati eritrei in Tigray
Etiopia, venerdì 10 febbraio il comitato congiunto di monitoraggio per l’attuazione dell’accordo sulla cessazione ostilità (COH) ha tenuto una riunione presso l’Unione Africana nella sede di Addis Abeba.
Il comitato si è espresso positivo per i progressi compiuti dalle parti, rappresentanti del governo etiope e dello stato regionale del Tigray per rispettare l’accordo di Pretoria.
Tuttavia ha espresso perplessità e fatto appello per la riapertura delle scuole i Tigray (tra emergenza COVID19 e guerra genocida i ragazzi ed i bambini sono 3 anni ormai che non hanno avuto la possibilità di frequentare le lezioni). Ha esortato anche per la riapertura delle strade per garantire un accesso senza ostacoli per il trasporto e la consegna di materiale umanitario e merci.
Sabato 11 febbraio l’UNOCHA ha riferito che 613.000 persone nel Tigray hanno ricevuto cibo durante l’ultimo ciclo di distribuzione, pari all’11% della popolazione presa come target. Per Afar e Amhara, è rispettivamente l’89% e il 61% della popolazione bisognosa di supporto.
Ethiopia Food Cluster ha sottolineato nel suo report che i residenti delle zone del Tigray orientale, dovrebbero sconfinare nelle aree limitrofe per poter accedere e recuperare il materiale umanitario:
“L’accesso umanitario nella regione, in particolare nelle aree di confine, nelle aree lontane dalle strade principali e nei luoghi che richiedono spostamenti transfrontalieri, continua a rappresentare una sfida per la risposta alimentare. A causa dei vincoli di accesso che hanno ostacolato la spedizione di cibo, alcune comunità (sia ospiti che sfollati) della città di Zala Anbesa, Aheferom, Emba Sieneti, Erob e Gulo Mekeda woreda hanno ricevuto le loro razioni alimentari nelle vicine woreda, tra cui Bizet, Adigrat e Hawzen.“
Il Comitato ha invitato l’Unione Africana ad “intensificare il proprio sostegno al disarmo [delle forze del Tigray n.d.r.], alla smobilitazione e al reinserimento” come da linee guida dell’accordo di tregua.
Lunedì 13 febbraio il Dott. Hagos Godefay ha dichiarato che il Comitato per l’istituzione del governo ad interim del Tigray presieduto dal generale Tadesse Woreda ha tenuto la mattina dello stesso giorno discussioni preliminari con i leader dei partiti politici del Tigray sulla formazione del governo ad interim del Tigray.
Giovedì 16 febbraio Tigrai TV segnala che:
“La morte di madri e bambini ad Axum è aumentata anche dopo l’accordo di pace, Saint Merry Hospital”
Lo stesso giorno arriva la notizia condivisa da Addis Standard che i funzionari della regione del Tigray hanno annunciato un piano per istituire un’amministrazione regionale ad interim (IRA) “inclusiva, democratica e trasparente” entro un breve periodo di tempo come pattuito nell’accordo di tregua firmato tra il governo federale e le autorità del Tigray a Pretoria il 3 novembre 2022.
Tedesse ha affermato:
“Sotto ogni aspetto, il processo per l’istituzione dell’IRA sarà democratico, inclusivo e trasparente. Membri dell’esercito, dei partiti politici e degli studiosi saranno coinvolti in questo processo.”
Prima dell’avvio del governo ad interim, gli studiosi del Tigray si confronteranno su come dovrebbe essere istituito nei prossimi giorni e prima che il comitato annunci l’istituzione dell’IRA in meno di una settimana.
Muluwork Kidanemariam, uno dei nove membri del comitato, che era a capo della commissione elettorale del Tigray durante le elezioni regionali del 2020, da parte sua ha ribadito quanto affermato dal tenente generale Tadesse. Ha aggiunto che lo scopo dell’istituzione dell’amministrazione ad interim era risolvere i gravi problemi che la regione sta attualmente affrontando.
Gatechew Reda, rappresentante del Tigray, l’aveva anticipato con le sue dichiarazioni, venerdì 3 febbraio durante le discussioni con il Primo Ministro Abiy Ahmed Ali:
“è in corso una transizione che mira a risolvere le questioni politiche relative all’accordo [di cessazione ostilità] e che tiene conto delle esigenze politiche del popolo del Tigray. Sarà condotta in modo che affronti e risolva in maniera particolare una volta per tutte le questioni che hanno portato alla guerra e in un modo che soddisfi le aspirazioni del popolo tigrino.”
Secondo l’accordo un altro punto fondamentale era l’accesso ed il supporto umanitario incondizionato e non vincolato o bloccato. Cosa che in alcune aree dello stato regionale tigrino non è stato rispettato causa l’occupazione ancora costante di “forze esterne”, le truppe dell’Eritrea, che se in parte si sono mobilitate per ritirarsi, molte altre unità si sono solo trasferite e decentralizzate in zone periferiche delle grandi città.
Le truppe eritree ancora protagoniste di violenze ed abusi
Nella metà di febbraio 2023, 3 mesi e mezzo dopo la firma dell’accordo di Pretoria, continuano ad arrivare segnalazioni di abusi, violenze e repressione da parte dei soldati eritrei sui civili etiopi di etnia tigrina.
Infatti la BBC porta alla luce la testimonianza di una donna che durante il giorno in cui i rappresentanti federali e regionali si stringevano le mani per l’accordo di cessazione ostilità, nel Tigray nord orientale Letay ha trascorso la notte nascosta sotto un ponte con colpi di mortaio che cadevano ed esplodevano tutt’intorno a lei. Era sola ed era appena sopravvissuta allo stupro di un soldato eritreo.
“Dopo che è successo, sono rimasta incosciente per molto tempo prima di riprendere i sensi. Ho dovuto nascondermi finché non se ne sono andati.”
Secondo i dati del Tigray Health Bureau ufficiale, a novembre e dicembre 2022, dopo la firma dell’accordo, sono stati segnalati 852 casi di stupro nei centri istituiti per aiutare i sopravvissuti.
Anche gli operatori per i diritti umani e le organizzazioni umanitarie che operano nel Tigray hanno continuato a documentare casi di violenza sessuale.
Adiama, che viene dalla città di Zalambesa nel Tigray nord-orientale, ha detto alla BBC di essere stata aggredita sessualmente da un soldato eritreo alla fine di gennaio.
“C’erano quattro di loro, ma solo uno mi ha violentato. Avevano persino intenzione di uccidermi, ma se ne sono andati dopo che sono stata violentato”.
Suor Mulu Mesfin, che ha lavorato con i sopravvissuti allo stupro dall’inizio del conflitto nel più grande ospedale del Tigray nella capitale regionale Mekelle, ha inviato un messaggio vocale alla BBC mentre attraversava un reparto:
“Ci sono molti sopravvissuti nel mio centro. Provengono da diverse parti del Tigray. La maggior parte di loro sono nuovi casi che sono stati stuprati negli ultimi 1 o 2 mesi”.
Si allinea con la testimonianza indiretta ricevuta dalla redazione di Focus On Africa pochi giorni fa, per cui una donna nei giorni di festeggiamento del Capodanno etiope, settembre 2022, recatasi col marito all’ospedale di Mekelle per essere assistita al parto, invece della solita degenza post parto in ospedale, i medici l’hanno rimandata subito a casa. La motivazione era far spazio, concedere nuovi posti letto alle decine di donne e ragazze abusate e stuprate in stato di gravidanza che si presentavano da molte aree della regione tigrina a Mekellé per essere aiutate.
Martedì 14 febbraio un servizio di Tigrai TV riporta testimonianze di civili tigrini di Gulo Mekeda (Gulomahda), Tigray orientale.
“Residenti di Fatsi indicano che le forze eritree continuano a commettere atrocità nel Tigrai orientale”
Mercoledì 15 febbraio la film maker Joanne M Hodgesuna condivide un tweet in cui indica che una donna sfollata con la forza da Samaz (un villaggio a ovest di Zalambessa) ha confermato che soldati eritrei hanno il controllo sui kebeles nel distretto di Gulomakeda e stanno sfollando i residenti, scavando trincee e armando ordigni esplosivi.
Testimoni della minoranza etnica di Irob
Tesfaye Awala, presidente della Irob Anina Civil Society (IACS), un’organizzazione basata sulla diaspora ha dichiarato a The New Humanitarian che:
“Gli eritrei occupano ancora metà di Irob.”
Tesfaye crede che l’Eritrea stia cercando di “cancellare” la comunità Irob e stabilire una zona cuscinetto militare nei loro altipiani strategici.
Approfondimento: Tigray, rischiano di sparire le minoranze etniche Irob e Kunama
Un sacerdote che ha aiutato le donne sopravvissute allo stupro ad accedere a cure mediche, ha testimoniato che le donne stanno ancora fuggendo da Irob. Le vittime hanno camminato per giorni per evitare i blocchi stradali eritrei diretti a Dawhan, la capitale di Irob.
Un rifugiato Kunama ha detto a The New Humanitarian che continuano ad arrivare segnalazioni di rapimenti da parte di soldati eritrei intorno a Sheraro. La città è vicina al campo di Shimelba, che ha ospitato i rifugiati di Kunama fino a quando non è stato bruciato nel dicembre 2020 mentre era sotto il controllo delle forze eritree.
Le dichiarazioni del leader eritreo
Il dittatore della Corea del Nord africana, Isaias Afewerki in una conferenza congiunta con il Presidente Ruto in Kenya, ha detto che i crimini perpetuati dal suo esercito che ha invaso il Tigray dall’inizio del 2020, sono tutte “fantasie” e “disinformazione” dei media e della comunità occidentale.
Approfondimento: Etiopia, il dittatore eritreo Isaias Afewerki nega i crimini e violazione dei diritti in Tigray
Isaias Afwerki accusa gli USA di supporto al TPLF
Domenica 12 febbraio, in un’ intervista esclusiva di 90 minuti alla Eri TV trasmessa in streaming, il dittatore Afewerki ha accusato gli Stati Uniti di sostenere i combattenti del Tigray dall’inizio della guerra. Secondo il leader eritreo l’accordo firmato tra il governo etiope e le autorità del Tigray a Pretoria, in Sudafrica, nel novembre 2022 è stato organizzato dagli Stati Uniti per salvare le forze del Tigray dalla sconfitta sul campo di battaglia.
Commentando ulteriormente:
“Loro [i leader del TPLF] hanno viaggiato da Mekelle a Gibuti a bordo di un aereo statunitense, e poi da Gibuti a Pretoria dove hanno ricevuto un documento da firmare. Tutto è stato fatto da Washington. Obasanjo, Uhuru, African Union erano tutti accompagnatori”, ha detto il presidente, aggiungendo che “il documento è stato preparato e consegnato loro da Washington”.
Sottolioneando:
“È positivo che abbiano firmato; lascia che sia implementato, non possiamo dire questo e quello se non vediamo le sue implementazioni”
Specificando anche:
“I leader del TPLF non conoscevano le loro capacità. Il gruppo di Washington che li istruisce e li stimola non è migliore. Il calcolo sbagliato di Washington è ciò che ha rafforzato la fiducia del TPLF [per iniziare la guerra]”
“Siamo entrati in guerra in risposta alla guerra sfrenata e all’aggressione del TPLF. I nostri paesi, le nostre terre, la nostra gente e la nostra regione avevano bisogno di pace”.
Tuttavia, ha ammesso per la prima volta che centinaia di migliaia di persone sono morte nel conflitto e che “il danno era invisibile in qualsiasi parte del mondo”, ma ha reso il TPLF responsabile di tutta la devastazione.
Delegazione USA presente ad Addis Abeba
Martedì 14 febbraio un comunicato del Dipartimento di Stato Americano ha annunciato che una delegazione di alto livello del governo degli Stati Uniti era in viaggio ad Addis Abeba presente dal 14 al 19 febbraio per incontri con funzionari governativi etiopi a margine del vertice dell’Unione Africana.
“La delegazione degli Stati Uniti rafforzerà l’impegno degli Stati Uniti per promuovere la sicurezza alimentare e metterà in evidenza il lavoro in corso attraverso l’iniziativa Feed the Future del governo degli Stati Uniti e gli sforzi per intensificare il lavoro sull’agricoltura resiliente ai cambiamenti climatici e sulla salute del suolo, compreso il lavoro imminente sulla “Visione per colture adattate e Suoli” (VACS).”
Tigray, 2 anni di guerra, tra le più sanguinose del XIX secolo
Il Professor Jan Nyssen ed il suo team dell’università in Belgio, hanno stimato che la guerra genocida iniziata in Tigray il 3 novembre 2020 avrebbe prodotto più di 600.000 vittime: conflitto tra i più sanguinosi del XIX secolo.
Ha anche affermato che:
“Si è voluto convertire il Tigray in un nuovo Biafra. Privare la popolazione civile del cibo è un crimine di guerra, ma sembra che nessuno ne risponderà.”
L’accordo di tregua porterà alla giustizia?
Il fragilissimo accordo di cessazione ostilità ad oggi sembra fare difficoltà sul piano della giustizia: dare piena responsabilità a crimini e criminali. Guerra diplomatica ancora attiva tra il governo etiope e la denuncia di “non ingerenza” da parte di USA ed Europa nelle “questioni interne” da gestire come Stato Sovrano.
Le organizzazioni per i diritti umani hanno da tempo documentato le atrocità commesse contro i civili etiopi di etnia tigrina.
Approfondimento: Etiopia, report ONU sui crimini di guerra e violazione dei diritti umani in Tigray
Mercoledì 15 febbraio Demeke Mekonnen Hassen, ministro degli Esteri etiope, ha avvertito che le indagini sostenute dalle Nazioni Unite per far luce sulle violazioni dei diritti umani nel Tigray potrebbero “minare” i progressi sull’accordo di pace firmato lo scorso anno.
“ICHREE potrebbe minare il processo di pace guidato dall’UA e l’attuazione dell’accordo di pace di Pretoria con una retorica incendiaria. Potrebbe anche minare gli sforzi delle istituzioni nazionali.”
Contesto
La guerra iniziata nello stato regionale del Tigray e sconfinata nel giugno 2021 anche in Amhara ed Afar, ha prodotto centinaia di migliaia di morti, report di agenzie ONU avevano stimato 13 milioni di persone dipendenti dal supporto umanitario. La guerra si è combattuta nel totale isolamento blackout elettrico e delle comunicazioni (telefoni ed internet) dal resto del mondo, con il blocco dei servizi di base (conti correnti bloccati) e con l’ostracizzazione dalla regione dei media da parte del governo federale. Ad oggi, anche se sono ripartiti i voli per il Tigray, i media non possono accedere per provare a documentare cosa è accaduto sul campo, provando a sfruttare un territorio e prove ormai contaminati da 2 anni di conflitto dai risvolti genocidi.
La redazione di Focus On Africa nell’ ottobre del 2022 si è fatta portavoce dell’appello per parte della società civile e della diaspora in Italia, quest’ultima inascoltata dalle istituzioni, per chiedere trasparenza, verità e giustizia. Dopo 5 mesi ancora in attesa di risposta da parte degli organi competenti.
Etiopia, il dittatore eritreo Isaias Afewerki nega i crimini e violazione dei diritti in Tigray
Isaias Afwerki, il dittatore eritreo della Corea del Nord africana, in conferenza stampa congiunta col Presidente Ruto a Nairobi, Kenya, ha eluso le domande dei giornalisti sul fatto che il suo esercito rimanga ad occupare aree della vicina regione etiope del Tigray, tre mesi dopo la firma di un accordo di tregua che ne prevedeva il ritiro.
Alla domanda di un giornalista queste le parole di Isaias Afwerki:
“Parli di ritiro o non ritiro, abbiamo detto che non ha senso.”
Aggiungendo:
“Non provocarci per arrivare a un malinteso. Perché ci preoccupiamo per le truppe eritree che ci sono o non ci sono, uscite o non uscite?”
Sulla questione di crimini e violazione dei diritti sulla popolazione civile in Tigray, Isaias ha platealmente negato il coinvolgimento delle sue truppe:
“Tutti parlano di violazioni dei diritti umani qua e là – stupro, saccheggio – questa è una fantasia”
Ha anche dichiarato ai giornalisti che tutte le affermazioni sulle sue truppe erano “bugie inventate”.
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Contesto
La guerra genocida è scoppiata nello stato regionale del Tigray, Etiopia, il 3 novembre 2020 e perdurata 2 anni, per arrivare alla firma dell’ accordo di “cessazione ostilità” a Pretoria il 3 novembre 2022. Guerra condotta per l’ “unità e la sicurezza nazionale” dell’Etiopia dal governo di Abiy Ahmed, dal suo esercito e dagli alleati, forze regionali Ahmara, milizie Fano e l’esercito invasore eritreo. Guerra finalizzata a bloccare con una veloce “azione di polizia” tutti i membri del partito TPLF – Tigray People’s Liberation Front ritenuti dissidenti. Recenti stime hanno dichiarato più di 600.000 morti. Una guerra in cui si sono perpetrati crimini di guerra a contro l’umanità.
Il report della commissione investigativa ONU ha denunciato tutte le forze di aver commesso crimini sui civili.
Il governo etiope in particolare è stato accusato di aver bloccato l’accesso umanitario in Tigray.
Le truppe eritree si sono sentite in dovere di invadere un Paese come l’Etiopia per loro stessa difesa.
Pensiamo cosa accadrebbe però se l’Ucraina invadesse la Russia per difendersi?
Le truppe eritree sono state coinvolte tacitamente dal governo etiope, o per meglio dire, non è mai stato ufficializzato formalmente un’alleanza nella guerra genocida tra Eritrea ed Etiopia, ma ci sono state solo ambigue dichiarazioni.
Una cosa certa è che fin dall’inizio il governo del Nobel per la pace Abiy Ahmed Ali, ha sempre e ripetutamente negato la presenza degli eritrei nel Tigray. Solo dopo mesi di pressioni internazionali, in sede parlamentare ad inizio 2021 ha dovuto confessare.
Quando le notizie sulla loro presenza e sui crimini che hanno commesso in Tigray sono diventate innegabili, il governo etiope ha cercato di giustificare l’ invasione. Abiy Ahmed Ali una volta ha detto che l’Eritrea è entrata nel Tigray perché l’Etiopia non era in grado di difendere i propri confini a causa del presunto attacco del TPLF all’esercito etiope. In altri casi, il governo etiope ha espresso apertamente la sua gratitudine alle forze eritree per aver aiutato l’Etiopia a “mantenere la sua unità e integrità territoriale”.
L’esercito eritreo infatti si è macchiato di crimini denunciati dalle principali agenzie umanitarie internazionali e di aver perpetrato sistematicamente violazioni ed abusi sui civili etiopi in Tigray: stupri, massacri, saccheggio e distruzione di ospedali.
Un caso eclatante è il massacro di Axum confutato e confermato dal report congiunto di Amnesty Int. e HRW – Human Rights Watch che hanno rivelato che le truppe eritree sono andate porta a porta in una follia omicida che è durata due giorni. Uccisi centinaia di giovani, spesso uomini, residenti della città. Confermato in parte anche dalla Commissione Diritti Umani Etiope.
Sono stati utilizzati gli stupri come arma di guerra su base etnica.
Questi sono alcuni dei tanti casi confermati.
Approfondimento: Tigray, abusi e schiavitù sessuale utilizzati come armi di guerra
Anche dopo la firma dell’accordo ci sono state segnalazioni di abusi e crimini commessi dai soldati eritrei in varie aree del Tigray.
Un report del Centro di coordinamento delle emergenze nel Tigray, un comitato delle autorità regionali del Tigray, le Nazioni Unite e le ONG hanno riferito che le organizzazioni della società civile del Tigray avevano documentato che le truppe eritree e la milizia armata Amhara che occupavano congiuntamente gran parte del Tigray hanno ucciso 3708 civili.
Oggi ci sono aree ancora bloccate ed inaccessibili all’accesso umanitario, nonostante l’accordo di tregua in essere da 3 mesi.
La segnalazione di Irob Anina Civil Society (IACS) ha recentemente denunciato le attività di occupazione ed ostruzionismo da parte degli eritrei nella woreda Erob, nel distretto di Irob posizionato in zona di confine nell’estremo settentrione orientale del Tigray.
Mercoledì 1 febbraio un team dell’UNOCHA si è recato a Dowhan, Irob, per una missione conoscitiva sull’ostruzione degli aiuti umanitari. Tuttavia sono stati arrestati dalle forze eritree mentre si recavano lì.
Tigray Update per mezzo social denuncia:
“Dicono di essere stati detenuti per lunghe ore prima di essere liberati per tornare. La presenza delle forze eritree è indiscutibile ma continua anche a ostacolare gli aiuti umanitari ad alcune aree del Tigray, in particolare ai distretti confinanti con Eritrea come Irob.”
E’ palese che chi nega tali fatti sta mentendo.
Durante la conferenza congiunta a Nairobi, il dittatore eritreo ha anche rifiutato di rispondere a domande sul numero di soldati eritrei uccisi durante la guerra genocida e se avesse piani in atto per la sua successione.
Implicazioni del negazionismo nel processo di pace
Uno spunto di riflessione riguardo alle implicazioni da non sottovalutare di Isaias Afewerki nel processo di pace viene data dal ricercatore Teklehaymanot G. Weldemichel, che sottolinea:
“La dichiarazione di Isayas oggi non dovrebbe essere presa alla leggera. Da un lato, implicito nell’evasione e nell’elusione c’erano desideri più profondi da parte sua di chiudere semplicemente il capitolo della guerra del Tigray e di andare avanti come se niente fosse successo. Con ciò vuole che le questioni di giustizia per le vittime e i sopravvissuti della campagna di genocidio vengano abbandonate per dare una possibilità alla pace. Isayas ha insinuato che chiedere la responsabilità per le violazioni dei diritti umani, che ha definito “bugie inventate”, è cercare di “far deragliare” il processo di pace.”
Altro punto cruciale da tenere presente è che nei tavoli di negoziato per pianificare la “cessazione delle ostilità” nel nord Etiopia, non è stata inclusa l’Eritrea.
Da considerare anche che nessuna dichiarazione chiara è ancora stata data sul ritiro dell’esercito eritreo dal Tigray dopo la firma dell’accordo di pace. Confutazioni e garanzie dovrebbero essere fornite dal team di monitoraggio dell’Unione Africana, mediatrice dei negoziati di cessazione ostilità tra governo etiope e portavoci del Tigray.
Il percorso per la pace, la giustizia e la ricostruzione, come sempre e come conseguenza di tutte le guerre, sarà molto lungo. Oggi la speranza è che forze straniere, per la soppravvivenza di milioni di persone, non cerchino di ostacolare tali obiettivi.
Etiopia, 182 milioni di euro siglati tra la Presidente Giorgia Meloni e il Primo Ministro etiope in visita in Italia
Nell’ambito dell’Ethiopian Italian Cooperation Framework 2023-2025, annunciato durante la visita del Premier Abiy Ahmed a Roma lo scorso 6 febbraio, Italia ed Etiopia hanno firmato accordi per 140 milioni di euro [100 Milioni di credito, 40 milioni sotto forma di dono e 42 milioni nel settore del caffé]
L’accordo è stato firmato dalla Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni e dal Primo Ministro Abiy Ahmed ali.
“L’accordo quadro di cooperazione ha due pilastri principali di azione: lo sviluppo economico e la creazione di posti di lavoro e l’accesso ai servizi di base. Particolare importanza è data alla formazione professionale che favorirà la creazione di posti di lavoro, ai servizi di base in particolare la sanità, l’istruzione e l’acqua e l’ambiente”
Due clausole aggiuntive per nuovi programmi.
“Minimizzazione del rischio di investimento nel settore del caffè etiope e supporto istituzionale all’Etiope Coffee Authority (ECTA)” del valore di 10,5 milioni di euro, e un’altra iniziativa, “WaSH, resilienza, energia nelle pianure etiopi” del valore di 31,5 milioni di euro sono state firmate durante il visita, del Vice Primo Ministro italiano, Antonio Tajani, e del Ministro delle finanze etiope, Ahmed Shide.
Questo porta l’importo complessivo degli accordi firmati a Roma a 182 milioni di euro, portando le iniziative di sviluppo finanziate dall’Italia in Etiopia nelle ultime settimane a 200 milioni di euro.
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Accordi anche sulla sicurezza, riattivando il precedente accordo congelato dall’ex ministro della Difesa Guerini.
Come sottolinea Paolo Lambruschi, giornalista di Avvenire, non bisogna dimenticare che è stato rimesso in opera l’accordo sulle armi:
“L’Italia ha riattivato l’accordo di cooperazione nel settore degli armamenti con l’Etiopia che con la guerra civile era stato sospeso.”
Settore della difesa, l’economia sulle armi, che non riscontra mai limiti di crescita, nonostante, o per meglio dire, grazie ai due anni di guerra genocida in Tigray. Guerra che ha prodotto più di 600.000 morti ed oggi, insieme al resto del nord Etiopia, nelle regioni Afar ed Amhara, milioni di persone ne stanno pagando le conseguenze.
Si ricorda che c’è voluta l’interrogazione parlamentare per voce della deputata Piera Aiello, appena dopo un anno di guerra genocida in pieno svolgimento, su pressione dei Giovani Tigrini Italiani, per chiedere trasparenza all’ex ministro della difesa Guerini sullo stato dell’accordo bilaterale per la difesa siglato da Elisabetta Trenta ed avviato pochi mesi prima dello scoppio della guerra in Tigray il 3 novembre 2020.
Come ricordava Antonio Mazzeo su Africa Express il 7 novembre 2020:
“Nonostante l’incalzante emergenza per la diffusione del Covid-19, la Camera dei deputati varava il testo il 5 febbraio 2020 (relatrice l’on. Mirella Emiliozzi di M5S, facente funzioni in una delle sedute l’on. Piero Fassino del Pd ), mentre il Senato della Repubblica lo approvava in via definitiva lo scorso 8 luglio (relatore il sen. Alessandro Alfieri del Pd). La legge è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 4 agosto 2020 ed è in vigore dal giorno successivo.”
Già all’inizio del 2020 c’erano segnali e tensioni molto forti che preannunciavano potenziali instabilità e la guerra come un’ipotesi di risoluzione di tale contesto in Etiopia.
L’interrogazione parlamentare ricevette risposta sintetica di e sbrigativa del Min. Guerini il 28 gennaio 2022: “Alla luce del degenerare della situazione nel Tigray rappresento che il Dicastero ha cessato ogni tipo di attività prevista dall’Accordo di cooperazione.”
Per mezzo dell’ articolo di Elisabetta Burba per Panorama riporta anche le dichiarazioni di Elisabetta Trenta, ministro predecessore di Guerini, che aveva espresso legittime perplessità.
“Una sospensione di fatto non è una sospensione ufficiale” aveva osservato l’ex ministro, che nel 2019 aveva sottoscritto l’accordo militare in questione. “Si sarebbe potuto ufficializzare la sospensione, dandole rilievo anche comunicativo, per fare in modo che la posizione del Paese fosse chiara.”
Approccio agli antipodi di quello perseguito ed esplicito della Francia quando il 13 agosto 2021 aveva sospeso il suo accordo militare con l’Etiopia e ne aveva dato comunicato di pubblico dominio e non fatto passare in sordina come dal governo italiano.
Elisabetta Trenta infatti ha aggiunto:
“Sul conflitto in Etiopia l’atteggiamento dell’Italia è sempre stato tiepido. A mio avviso sull’accordo militare occorreva un atto formale, un’interruzione formale ufficiale, in modo da fare una pressione più forte sul primo ministro Abiy Ahmed. Tra l’altro, mi piacerebbe anche sapere le modalità con cui l’accordo è stato sospeso. È stato comunicato all’Etiopia? O è stato semplicemente bloccato in attesa di sviluppi? Diciamo che da parte dell’Italia sono mancate azioni forti.”
Approfondimenti:
- Etiopia, parata militare dei nuovi armamenti di guerra
- Turchia ed il mercato fiorente della fornitura bellica in Africa
- Etiopia, l‘avanzata impetuosa della Turchia come accesso per l’Africa
- Etiopia, gli ospedali del Tigray continuano a chiudere per mancanza delle forniture sanitarie
- Etiopia: droni dell’Iran in violazione ONU per la guerra in Tigray, un genocidio ignorato
- Etiopia, attacchi aerei droni con centinaia di morti tra i civili in Tigray
- Etiopia, Luigi Di Maio in viaggio diplomatico dopo 16 mesi di pianificazione
Lunedì 6 febbraio 2023 invece Lia Quartapelle, deputata PD, in un post social si dichiara vicinanza al Tigray e fa appello perché:
“L’Italia non deve riprendere la cooperazione militare con l’Etiopia”
Un appello poco credibile, almeno per il su citato contesto e per chi ha seguito assiduamente la tematica del conflitto in Etiopia negli ultimi 2 anni e soprattutto per la diaspora in Italia che aspetta ancora risposte ai molteplici appelli dal governo di oggi della destra di Giorgia Meloni e soprattutto da quello precedente.
Aggiornamento: per dovere di cronaca si segnala il chiarimento di smentita della deputata PD che chiarisce indicando gli atti di preoccupazione e interrogazione avanzati sotto il Gov. Draghi:
- 11/11/2020 : Question Time al Min. Di Maio
- 30/06/2021 : Risoluzione in Commissione Conclusiva di Dibattito 8/00127
- Interrogazione – Seduta di annuncio: 468 del 12/03/2021
Approfondimenti:
- Esportazione illegale di macchine utensili, tornio e trafilatrice dall’Italia all’Etiopia per fabbricazione materiale d’armamento (bossoli)
- Etiopia, report ONU sui crimini di guerra e violazione dei diritti umani in Tigray in cui è implicato anche il governo del premio Nobel per la pace Abiy Ahmed e tutte le forze coinvolte nel nel conflitto
Sono stati due anni in cui la diaspora ha atteso risposte, non ha avuto possibilità di confronto con le istituzioni.
Alcuni appelli e manifestazioni della diaspora segnalati dalla redazione di Focus On Africa:
- Tigray, richieste, aggiornamenti e guerra diplomatica in Etiopia
- Etiopia/Tigray, si mobilita la diaspora tigrina in Europa
- Tigray, la guerra dimenticata. La diaspora si mobilita, primo sit-in a Udine
- Anche i tigrini al fianco della comunità ucraina ad Udine – FVG
- Etiopia, la testimonianza della resilienza delle donne del Tigray
- Etiopia, la diaspora del Tigray rompe il silenzio sul genocidio con manifestazioni globali
Diaspora che ha vissuto in agonia, e per certi versi ancora oggi, e letteralmente in mancanza di comunicazioni con conoscenti e famigliari in Tigray sotto le bombe, repressione, violenze, abusi ed isolati totalmente dal resto del mondo, senza elettricità, linea telefonica e internet per 2 anni: il blackout più lungo della storia.
Approfondimento:
Il governo italiano è stato ligio alle formalità comunitarie europee e soprattutto al capofila USA di Joe Biden. Nel contempo non c’è mai stata una vera presa di posizione né da parte politica né mediatica italiana per mantenere alta l’attenzione riguardo al genocidio avvenuto in Tigray.
Oggi parte della società civile e della diaspora chiede giustizia e soprattutto trasparenza.
La redazione di Focus On Africa si è fatta portavoce nel settembre 2022 di questo particolare appello e sta ancora aspettando risposta dagli organi competenti di governo.
Il Tigray, nonostante l’accordo di “cessazione ostilità” (un cessate il fuoco, una tregua siglata dal governo centrale di Abiy e dai rappresentanti del Tigray, portavoce del TPLF – Tigray People’s Liberation Front) diverse aree dello stato regionale tigrino non sono ancora accessibili al supporto ed agli umanitari perché ancora occupate da “forze straniere”, militari eritrei nella zona, nel distretto di Erob ( Irob woreda) e nella zona occidentale tigrina, occupata e rivendicata dagli Amhara come storicamente di loro giurisdizione.
Il ritiro delle “forze straniere” dalla regione e la rivendicazione territoriale sono due punti basilari dell’accordo di Pretoria che ancora oggi, insieme all’accesso umanitario sono ago della bilancia per raggiungere o meno la stabilità del nord Etiopia, per perseguire la pace.
Un altro punto fondamentale, oltre al disarmo del TDF – Tigray Defence Forces che in buona parte è avvenuto, è anche il ripristino dei servizi di base: linea telefonica ed internet funzionante ma a basso livello, rete non ancora stabile. In molte zone rurali, la maggior parte della regione, sono ancora isolati. I conti correnti bancari, per 2 anni bloccati in toto, stanno riattivandosi
Abie Sano, presidente della Commercial Bank of Ethiopia ha annunciato:
“Grazie mille a tutti coloro che ci hanno aiutato, siamo tornati alla piena attività a MEKELE e nelle città circostanti poiché 31 filiali di CBE hanno già iniziato a operare questa mattina e altre 16 si uniranno nel pomeriggio!”
La conferma è arrivata da alcune fonti, contatti diretti in loco. Purtroppo Mekellé, per quanto importante e fulcro storico, culturale e capitale regionale, non è tutto il Tigray. Tigray che attende da molto, ha urgentemente bisogno di tutto, materiale igienico/sanitario, medicinali, cibo e acqua, oltre appunto a una stabilità sociale subordinata al rispetto dei punti dell’accordo di tregua per il bene comune, la ripresa e la ricostruzione, per la pace.
Anche le regioni Amhara e Afar prese di mezzo dal conflitto hanno milioni di sfollati interni in attesa di aiuto e supporto. Il Sudan è da due anni che accoglie circa 70.000 rifugiati tigrini scappati dalla guerra genocida e che sono impossibilitati a torrnare a casa perché ormai non esiste più o perché molti di loro sfiduciati e soprattutto impauriti dall’occupazione militare di eritrei e amhara. Le stime ONU parlavano di 13 milioni di persone nel nord etiopia in attesa e dipendenti dagli aiuti umanitari.
Punti quelli dell’accordo da perseguire e tanto sognati da milioni di etiopi che hanno sofferto per più di 2 anni subendo violenze, abusi e repressione (90% degli ospedali distrutti, e da considerare bambini e ragazzi che per 3 anni nonhanno ricevuto istruzione e non sono andati a scuola per emergenza COVID e perché distrutte dalla guerra) ma nel contempo punti anche tanto fragili e delicati che se non corrisposti con i fatti sul campo potrebbero disgregare e rompere anche quel minimo di fiducia diplomatica raggiunta negli ultimi 3 mesi.
Contesto diplomatico etiope in Europa
Il primo ministro Abiy e la sua delegazione, dopo la visita in Italia, hanno intrapreso un volo in Francia incontrandosi con il Presidente Macron.
Francia che solo dopo 27 anni, durante l’atroce commemorazione del genocidio in Rwanda, nel 21 marzo 2021 ha dichiarato per mezzo del report “La France, le Rwanda et le génocide des Tutsi (1990-1994) – Rapport remis au Président de la République” e attraverso le parole del Premier Macron, di aver avuto la responsabilità nel non aver voluto vedere i preparativi e di non aver compreso il pericolo della politica che ha consentito il genocidio di milioni di persone.
L’atteggiamento di silenzio è stato complice della carneficina e sembra in qualche maniera essere anche la politica estera italiana nei confronti di 2 anni di guerra genocida in Tigray e sconfinata in altre aree del nord Etiopia. Guerra che ha prodotto più di 600.000 vittime, persone uccise da bombe, arresti di massa su decine di migliaia di tigrini, stupri, pulizia etnica e scelte politiche che hanno prodotto blocco “de facto” del supporto umanitario.
PRIVACY DAILY 71/2023
Taiwan Files – Una seconda visita di Tsai negli Usa?
Il doppio scalo di Tsai Ing-wen negli Usa e le voci su una possibile seconda visita. Le possibili reazioni di Xi. La postura di Pechino tra "due sessioni", nomine e aperture. Qualche ombra sull'esercito taiwanese. Semiconduttori e chip war. La rassegna di Lorenzo Lamperti con notizie e analisi da Taipei (e dintorni)
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Xi Jinping a Mosca: mediatore o amico senza limiti? Forse padrone
Il leader cinese a Mosca da lunedì 20 a mercoledì 22 marzo. Dietro la manovra diplomatica ci sono anche interessi strategici. Ma il mandato d'arresto per Putin offusca i piani di Pechino, almeno in occidente
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L’immagine del disastro del lavoro | Contropiano
"Giorgia Meloni fa il suo mestiere, Landini ed i suoi da anni non fanno il loro. Fanno i furbetti, spiegano che la visita di Meloni è un riconoscimento della loro forza, aiutati in questo dalla stampa di regime che ne amplifica gli inesistenti ruggiti, ma la sostanza di tutto è solo subalternità."
Effetto Panopticon e autosorveglianza
In un mondo in cui la sorveglianza di massa è sempre più pervasiva, sistematica e normale spesso dimentichiamo l’impatto psicologico che questo monitoraggio costante, sia online che offline, ha su tutti noi. Ancor più spesso, sottovalutiamo le conseguenze che questa ha nella definizione dei rapporti di potere tra individuo e Stato.
Una buona metafora dello stato attuale della sorveglianza a cui siamo sottoposti è il Panopticon, ideato dal filosofo Jeremy Bentham nel 18° secolo. Il Panopticon di Bentham era un design circolare di una prigione, che consentiva a una sola guardia situata in una torre centrale di osservare tutti i detenuti senza che loro sapessero se erano osservati o meno in uno specifico momento.
L’idea era che questo meccanismo, che dava la sensazione di sorveglianza costante, potesse portare i detenuti a comportarsi "bene” senza alcun input.
Questo concetto si collega direttamente anche all’idea di nudging. Entrambi sono strettamente correlati allo stato della sorveglianza governativa a cui siamo sottoposti. Con l’articolo di oggi quindi esploriamo queste connessioni e le loro implicazioni.
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L’effetto Panopticon
Con effetto Panopticon si può intendere il modo in cui la percezione di essere continuamente osservati riesca a creare un senso di insicurezza costante nell’osservato e portarlo quindi a influenzare il suo comportamento in modo inconscio. Ciò che succede nella pratica è che al crescere della sensazione di sorveglianza, la persona osservata tenderà a conformarsi alle aspettative del contesto in cui si trova.
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Questo è ancor più vero quando il contesto è quello di una società governata da leggi complesse, difficili da comprendere e perfino da conoscere. In questo contesto le persone, non sapendo ciò che è lecito fare o non fare, tenderanno a standardizzare sempre più i loro comportamenti sulla base delle aspettative. Spesso, queste aspettative sono anche artificialmente portate avanti da specifiche agende dei mass-media.
Hana, Armita e le altre nella prigione degli stupri
Il valico di Haje Omeran taglia in due la regione a maggioranza curda che si trova a cavallo tra l’ovest dell’Iran e il nord dell’Iraq.
Molti curdi hanno parenti su entrambi i lati del confine e normalmente lo attraversano andando avanti e indietro con relativa facilità.
La repressione in atto nel paese sui manifestanti ha rallentato la marea di attraversamenti al valico tra l’Iran e le montagne del nord dell’Iraq. La paura di un arresto indiscriminato ha reso molti riluttanti a rischiare il viaggio. Lungo il confine tra Iran e Iraq vi sono centri di polizia usati come punti di filtraggio, dove gli arrestati vengono prima interrogati, torturati e poi dislocati nei penitenziari.
Hana è una donna curda-iraniana sulla ventina che aveva intrapreso un pericoloso viaggio lungo i sentieri di montagna per fuggire dall’Iran.
Sua madre aveva ricevuto una telefonata da un funzionario di alto livello della prigione di Mahabad, nel nordovest del paese, che la esortava a non far uscire più di casa le sue figlie “per alcun motivo”.
Ma Hana, imperterrita, si è unita alle proteste con molte altre donne. Ha ballato e ha cantato nelle strade agitando il velo come una bandiera e poi ha dato fuoco ad esso, come è nel rituale di queste manifestazioni.
Ciò ha comportato il suo arresto, la polizia iraniana l’aveva ripresa in un video. La ragazza è stata trattenuta in un centro di detenzione presso una stazione di polizia nella città nordoccidentale di Urmia, capoluogo dell’Azerbaigian occidentale, nel nordovest dell’Iran.
Nel centro di detenzione di Haje Omeran sono rinchiuse circa 30-40 donne e i restanti detenuti sono ragazzi tra i 13 e i 14 anni. “Tutti torturati e violentati”, come ha rivelato Hana.
Il penitenziario di Haje Omeran è un luogo segreto tra le montagne al confine tra Iran e Iraq dove la polizia ha abusato sessualmente di alcuni manifestanti.
La descrizione di testimoni oculari ha permesso la geolocalizzazione della prigione segreta e la CNN l’ha individuata e ne ha ricostruito anche gli interni con l’aiuto di ex prigionieri. Il penitenziario ha al centro un salone con stanze destinate agli interrogatori.
Secondo diverse testimonianze i poliziotti selezionavano le donne considerate belle e in grado di soddisfare i loro appetiti. Un ufficiale sceglieva una di loro e, dalla cella in cui era ristretta, la portava con sé in una stanzetta privata e lì veniva aggredita sessualmente.
Le forze di sicurezza usano lo stupro come arma per reprimere le proteste.
Sono numerose le testimonianze di donne violentate dagli agenti penitenziari riportate in un rapporto pubblicato dalla CNN nel novembre 2022. Secondo questo report, le ragazze stuprate venivano poi trasferite in altre città. Spesso le giovani adolescenti hanno paura di parlare delle violenze subite.
Il caso di Armita Abbasi, una giovane di 21 anni, nata nel 2001 nella città iraniana di Rasht sul Mar Caspio, è davvero terribile.
Quando il 10 ottobre 2022 Armita fu arrestata nella città di Karaj dove abitava, a ovest di Tehran, quasi un mese dopo l’inizio delle manifestazioni, aveva tutti i tratti distintivi di una ragazza della cosiddetta “Generazione Z”. Aveva una pettinatura di biondo platino con lampi multicolori e un piercing al sopracciglio. Indossava lenti a contatto colorate e filmava i gatti del suo soggiorno postando i video su TikTok.
Nelle foto da lei pubblicate sui social indossava spesso una collana con la stella di David, simbolo culturale e religioso ebraico, che ha attirato su di lei l’attenzione della comunità ebraica internazionale, nonostante lei non fosse ebrea.
La rivoluzione le ha cambiato la vita, le forze di sicurezza iraniane l’hanno sottoposta alle peggiori brutalità. Dall’inizio delle rivolte, i post sui social media a nome di Armita sono stati presi di mira dal regime. Non è chiaro se abbia realmente partecipato alle proteste, tuttavia, a differenza della maggior parte dei dissidenti all’interno del paese, non ha reso anonime le sue critiche al regime.
In una dichiarazione del 29 ottobre, il governo l’aveva accusata di essere una “leader fomentatrice dei disordini” per la sua intensa attività sui social. La polizia le aveva fabbricato gravi accuse, tra le quali il possesso di “10 bottiglie molotov” che sarebbero state trovate nel suo appartamento. Una accusa, questa, pretestuosa, sufficiente per infliggerle una pena pesante.
Una serie di account trapelati su Instagram avevano causato scalpore nei giorni successivi al suo arresto e hanno trasformato Armita – come Mahsa Amini e Nika Shahkarami prima di lei – in un simbolo del movimento di protesta.
Sono state rese pubbliche in perfetto anonimato conversazioni tra medici su un servizio di messaggistica privato di Instagram nel corso delle quali si accusava la polizia iraniana di aver torturato e abusato sessualmente e ripetutamente di Armita. Il 18 ottobre la ragazza fu trasportata d’urgenza all’ospedale Imam Ali di Karaj, accompagnata da agenti in borghese.
I medici raccontano che Armita aveva la testa rasata e tremava come una foglia e che erano stati costretti a preparare referti falsi in cui si affermava che la ragazza era ammalata di cancro e che le aggressioni erano avvenute prima del suo arresto.
Ma alcuni medici hanno riferito di essersi trovati di fronte all’orrore di una giovane che aveva subito un brutale stupro che le aveva provocato una grave emorragia rettale.
Le forze di sicurezza di Tehran l’avevano addirittura rapita dall’ospedale e ricondotta nel carcere di Kachui a Karaj per timore che potesse raccontare alla stampa le violenze subite. Solo grazie al coraggio di alcuni medici il suo caso ha comunque ricevuto l’attenzione dei media internazionali.
La famiglia di Abbasi ha raccontato che dal momento dell’arresto e fino al ricovero in ospedale non era riuscita ad avere notizia della loro figlia. Dopo otto giorni di ricerche era stato comunicato loro che la ragazza era ricoverata nell’ospedale di Karaj. I suoi genitori si erano subito precipitati a farle visita, ma non erano riusciti ad incontrarla perché era già stata trasferita dalle forze di sicurezza in un luogo sconosciuto.
Il capo della Procura della provincia di Alborz ha smentito che vi fosse stata una aggressione sessuale nei confronti di Armita come era dichiarato nella denuncia sporta dai familiari. I genitori della ragazza hanno riferito di aver ricevuto una telefonata dalle forze di sicurezza che avevano loro comunicato che se avessero mai voluto rivedere la ragazza, avrebbero dovuto partecipare a un’intervista televisiva nella quale avrebbero dovuto affermare che Armita era stata ricoverata per gravi problemi intestinali di cui soffriva e che le avrebbero provocato una emorragia. Ma i genitori si sono rifiutati di affermare il falso.
La ragazza anche in carcere ha mostrato grande coraggio mettendo in atto uno sciopero della fame assieme ad altre quindici donne detenute per protestare contro le condizioni di detenzione disumane e degradanti, per la tortura inferta ai prigionieri e per la negazione delle cure mediche necessarie. Assieme ad Armita Abbasi hanno scioperato altre due manifestanti di circa ventinove anni, Hamida Zarai e Nilufar Shakri, e la trentaduenne pittrice Elham Modaresi.
Modaresi era stata rapita a Karaj dai pasdaran, ed è stata arrestata perché lottava contro l’apartheid di genere. La giovane artista soffre di una rara malattia del fegato e ha urgente bisogno di cure mediche. È stata sottoposta per otto settimane a torture, sevizie e stupri perché si era rifiutata di firmare false confessioni, ora la sua vita è in pericolo.
Dopo circa tre settimane di sciopero della fame e dopo cento giorni di detenzione, il 7 febbraio 2023 Armita Abassi è stata scarcerata ed ha potuto riabbracciare i suoi cari. Suo padre è andato a prenderla fuori dal carcere, lei è apparsa ancora piena del suo spirito vivace e ribelle.
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Linus Torvalds e il #Fediverso
Linus Torvalds non è interessato alle guerre di religione nel fediverso.
Linus Torvalds sa che c'è un tempo per amministrare e un tempo per utilizzare.
Linus Torvalds sa che il Fediverse è libero perché è fatto da fedi diverse.
Per questo ci piace il Fediverse. E anche Linus 😅
Il post di @Linus Torvalds
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Borsa: canapa, Canada perde, USA tiene
Come era facile prevedere, la crisi borsistca denotata dall’andamento quasi fallimentare di alcune banche USA si fa notare anche sull’andamento dei principali titoli azionari del settore Canapa e Cannabis, soprattutto nel caso della piazza borsistica canadese, la Borsa Canapa USA sembra -in un qualche modo- tenere, anche se si tratta di valori positivi di basso […]
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Fascisti da Marte in un’ Italia ‘simil-repubblichina’
Tutto quello che ho per difendermi è l’alfabeto; è quanto mi hanno dato al posto di un fucile (Philip Roth) Anni fa il geniale comico Corrado Guzzanti parodieggiava in tv sui fascisti approdati (o forse opportunamente mandati lì lontani dal civile sentire) su Marte quando il Paese era un poco più libero e meno involgarito da accozzaglie […]
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Cossackia: un potenziale baluardo contro l’imperialismo russo
La Cossackia, la terra a est dell’Ucraina e a nord del Caucaso settentrionale nella Federazione Russa, è la casa tradizionale delle tre più grandi comunità cosacche: i gruppi di Don, Kuban e Terek. In quanto tale, ha il potenziale per diventare un potente baluardo contro l’imperialismo russo, un difensore dell’Ucraina e un alleato dell’Occidente, sostengono […]
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Ucraina – Russia: le azioni della Cina possono fare la differenza
Alcuni giorni prima del primo anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina, il 24 febbraio 2023, i funzionari statunitensi hanno affermato che la Cina stava valutando la possibilità di fornire alla Russia armi letali per sostenere la sua campagna militare. La Cina ha negato le accuse e nell’anniversario dell’invasione ha invece presentato il suo piano di pace in 12 punti […]
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Guerra in Ucraina: i ‘semi sotto la neve’
“La storia” – diceva Antonio Gramsci – “insegna, ma purtroppo non ha scolari”, figurarsi la cronaca come quella che con grande difficoltà si tenta giorno per giorno di costruire attorno al conflitto russo-ucraino. Eppure, ad un anno dall’inizio di questa guerra insensata, già emergono elementi che ci inducono a pensare a questa non come a […]
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Quel che manca alla riforma fiscale
Con il Consiglio dei ministri di ieri è partito il cantiere della riforma fiscale, che durerà l’intera legislatura visto che ci si propone un confronto in Parlamento sulla legge delega per approvarla entro inizio autunno, poi due anni per le misure attuative e altri due anni per la loro integrazione e modifica. Le osservazioni qui contenute sono relative ad aspetti di fondo comuni ai diversi testi che si sono succeduti. Su diversi punti la delega assume idee tratte dal testo su cui lavorarono i partiti in Parlamento nella scorsa legislatura. Ma al testo mancano troppi dettagli essenziali, per misurarne e giudicarne davvero gli effetti. Il richiamo iniziale ai princìpi generali della Costituzione, norme Ue e cantieri fiscali Ocse è opportuno, speriamo davvero si riesca a costituzionalizzare come indicatolo Statuto del contribuente, sempre calpestato dallo stato.
Apprezzabile la parte su semplificazione degli adempimenti per il contribuente, e volontà di rafforzare gli interpelli preventivi all’amministrazione tributaria sui mille problemi interpretativi delle norme vigenti: ma è da respingere l’idea di far pagare al contribuente gli interpelli per finanziare Ag Entrate, lo stato non è il Caf dei sindacati. Su Iva e imposte indirette, il progetto di allineamento alle disposizioni Ue è giusto. Bisognerà capire che cosa significhi in termini di scelte su cosa esentare dall’imposta, e su cosa agevolare nel settore dei beni comuni. Non si comprende ancora quali siano le linee d’intervento in materia di rimborsi, croce senza delizia dei soggetti a Iva in questi anni la trasmissione telematica dei dati Iva è stato un vantaggio per lo stato e per la lotta all’evasione, molto meno per i contribuenti adempienti.
L’articolo dedicato alla riforma delle accise enuclea finalità energetiche apprezzabili, come il sostegno alle rinnovabili. Ma manca una riflessione organica sulla necessità di un’unica visione per accise, detrazioni e deduzioni e sussidi di ogni tipo ai soggetti in campo energetico, che configuri una sorte di unico codice fiscale per il settore green-ambientale. Per l’Irpef, l’idea iniziale era di diminuire le aliquote da 4 a 3, accorpando secondo e terzo tra gli attuali scaglioni, dei redditi tra 15 mila e 50 mila euro. In assenza però di dettagli sulla revisione annunciata delle detrazioni/deduzioni Irpef, non è possibile in alcun modo effettuare calcoli di convenienza fiscale. Né sulle aliquote reali che ne deriverebbero davvero (in termini di progressività), né tanto meno sugli effetti conseguenti al bilancio e deficit pubblico.
La bandierina di un’Irpef “tra 5 anni flat tax per tutti” resta uno slogan ideologico valutabile solo nei mesi a venire. E’ tuttavia sin da oggi positivo mirare all’unificazione di trattamento fiscale dei redditi di capitale e dei redditi diversi di natura finanziaria, soggetti oggi a incomprensibili diversi regimi, nonché di rivedere l’attuale tassazione dei fondi pensione.
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Arabia Saudita – Iran: lo smacco cinese agli USA
L’annuncio del ristabilimento delle relazioni diplomatiche fra Iran e Arabia Saudita, interrotte dal 2016, rappresenta un’evoluzione importante sulla scena mediorientale. Dopo la rivoluzione del 1979, i rapporti fra Teheran e Riyadh (mai davvero facili nemmeno negli anni della monarchia Pahlavi) hanno sperimentato un netto peggioramento, caratterizzato da diverse fasi di tensione acuta. La conseguenza è stata […]
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Sabino Cassese – Amministrare la Nazione
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Crac Silicon Valley Bank: la paura fa novanta?
Il contagio finanziario dopo il crollo della Silicon Valley Bank si sta allargando? Il colosso Credit Suisse, seconda banca svizzera, sta diventando un untore che facilita la pandemia finanziaria? Rischiamo la sindemia finanziaria secondo il protocollo già visto con il Covid? Il virus si propaga? ed i controlli? Autorevoli studiosi affermano che tutto dovrebbe essere […]
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Nella guerra del Tigray in Etiopia, lo stupro è usato come arma
Gli attacchi sessuali contro donne e ragazze sono continuati dall’accordo di pace dello scorso anno tra il governo etiope e la leadership del Tigray, hanno detto testimoni a DW.
Il giorno in cui le forze governative etiopi hanno raggiunto una treguacon le forze ribelli del Tigray, la sedicenne Hadas era a casa con sua madre in un villaggio vicino alla città del Tigray di Adwa. Ha sentito qualcuno bussare alla porta e poi un soldato etiope ha chiesto di entrare. Il suo nome in questo rapporto.
Hadas, il cui nome è stato cambiato per proteggerla da stigmatizzazione e rappresaglie, ha descritto a DW come si è svolto il suo calvario quel giorno, 2 novembre 2022. Era un giorno che avrebbe dovuto portare la pace dopo due anni di conflitto che ha ucciso circa 600.000 persone, milioni di sfollati e altri milioni affamatia causa di un blocco de facto della regione del Tigray.
“È entrato in casa da solo. Portava con sé un bastone”, ha detto Hadas a DW. “C’era un altro soldato con una pistola che aspettava fuori. Ha cercato di portarmi nella boscaglia, ma ho rifiutato. Mi ha detto che aveva un coltello e una pistola. Poi mi ha picchiato con il bastone”.
Ha iniziato a urlare. I vicini sono venuti e hanno cercato di salvarla, ma i soldati li hanno minacciati, ha detto Hadas. Così tornarono alle loro case.
Hadas ha ricordato come ha iniziato allora a piangere.La ragazza di 16 anni afferma di essere stata violentata più volte da un soldato etiope lo stesso giorno in cui è stato firmato l’accordo di paceImmagine: Mariel Müller/DW
Incubi
“Mi ha chiesto la mia età”, ha detto. “Gli ho detto che avevo 14 anni, ma lui ha detto ‘Sei un bugiardo. Non hai il seno?’ Poi mia madre ha iniziato a piangere”.
L’ha violentata più volte nel corso di diverse ore. L’attacco ha lasciato Hadas sanguinante pesantemente. Dopo che se n’è andato, ha cercato cure in un ospedale vicino ma, a causa della mancanza di rifornimenti, potevano fornire solo cure di base, ha detto Hadas.
Hadas ha ancora gli incubi su quello che le è successo quel giorno e ha bisogno di aiuto psicologico. Vuole anche che l’uomo che le ha fatto questo sia assicurato alla giustizia.
“Dovrebbe essere ritenuto responsabile”, ha insistito. “Dovrebbero essere ritenuti responsabili non solo per me, ma per tutte le altre vittime di stupro”.
Le organizzazioni per i diritti umani hanno documentato aggressioni sessuali , stupri, stupri di gruppo e altre forme di violenza sessuale commesse dai soldati etiopi e dai loro alleati, come l’esercito eritreo e la milizia locale durante la guerra.
I medici hanno detto a DW che molti casi non sono stati segnalati. E gli operatori sanitari hanno confermato a DW che stupri e altre forme di violenza sessuale sono continuate anche dopo la firma dell’accordo di pace.
Una richiesta di commento inviata al portavoce del governo etiope Legesse Tulu è rimasta senza risposta.
Il ministro dell’informazione eritreo Yemane Meskel ha negato qualsiasi illecito da parte dei soldati eritrei nel Tigray in risposta a DW.
Più di 500 vittime di stupro sono state curate al Mekelle General Hospital nel corso dei due anni di guerra nel TigrayImmagine: Mariel Müller/DW
Carenza di medicinali
Nonostante l’accordo di pace, l’ospedale può fornire solo una frazione delle cure necessarie ai suoi pazienti.
Il dottore e direttore del General Hospital Mekelle, il dottor Filimon Mesfin, ha detto a DW che lui ei suoi colleghi hanno lottato per fornire assistenza durante il conflitto.
“Non abbiamo farmaci di emergenza o farmaci per malattie croniche, come ipertensione, diabete, HIV e farmaci psichiatrici: siamo fuori da tutto questo. Possiamo fornire solo il 10% o il 20% dei farmaci di cui questi pazienti hanno bisogno”, ha affermato. disse.
Ha descritto di dover respingere la maggior parte dei pazienti. Il massimo che lui ei suoi colleghi potevano fare era scrivere una ricetta nella speranza che i pazienti potessero in qualche modo trovare le medicine necessarie da qualche altra parte.
Mesfin ha detto a DW che i farmaci sono urgentemente necessari. “Questi pazienti non possono aspettare. Muoiono ogni giorno”, ha detto.
Morti prevenibili
Aveva sperato che le cose sarebbero cambiate in meglio dopo la firma dell’accordo di pace a novembre, ma gli aiuti e le consegne di forniture mediche che stanno raggiungendo il suo ospedale non sono sufficienti.
“Sono passati quasi quattro mesi dalla firma dell’accordo. Mi sarei aspettato che queste cose fossero già fornite”, ha detto Mesfin. “Questi pazienti non possono aspettare. Muoiono ogni giorno, hanno così tante complicazioni ogni giorno”.
E quelli che arrivano in ospedale sono solo la punta dell’iceberg, ha detto il dottor Mesfin, perché pochi possono permettersi i costi di trasporto.Il direttore dell’ospedale Mesfin ha dovuto respingere la maggior parte dei pazienti a causa della mancanza di forniture medicheImmagine: Mariel Müller/DW
Clinica per le vittime di stupro
All’inizio della guerra del Tigray, il dottor Mesfin ha istituito un’unità speciale per i sopravvissuti alla violenza sessuale nel suo ospedale.
Nei due anni di conflitto, lui ei suoi colleghi hanno curato più di 500 vittime.
“Ci sono stati così tanti stupri di gruppo, così tanti materiali estranei inseriti nei loro genitali”, ha detto Mesfin.
Il dottor Mesfin ha scritto i resoconti degli stupri per richiedere finanziamenti alle ONG, ha detto, aggiungendo che soprattutto quelli commessi dalle forze eritree erano particolarmente agonizzanti da ascoltare.
“Questi non erano stupri ‘normali'”, ha detto. “Senza esagerare, ho letteralmente pianto scrivendo alcune delle storie.”
Ha detto che, come medico, è stato molto difficile vedere cosa hanno passato queste persone, figuriamoci come essere umano.È stato necessario aprire una nuova unità a causa dell’enorme numero di vittime di stupro che affluivano durante la guerraImmagine: Mariel Müller/DW
FONTE: dw.com/en/in-ethiopias-tigray-…
SinTassi
Non c’era nulla da prevedere, perché era scontato che la Banca centrale europea alzasse ulteriormente il tasso d’interesse. Ieri l’Istat ha verificato un rallentamento dell’inflazione a febbraio (+9,1%), ma anche un’accelerazione nel carrello della spesa (+12,7%). Va raffreddata. Il mezzo punto era in programma e il 3,5% dell’attuale tasso era previsto.
Poi c’è l’inflazione delle chiacchiere. Vale per i tanti che accusano la Bce di indurre la recessione e fanno pressioni supponendo che l’era dei tassi a zero potesse essere infinita quanto il cammino della speranza. E vale anche per i banchieri centrali che annunciano prima che decideranno sulla base dei dati e poi non aspettano i dati e tracciano aumenti ripetuti, come fosse il cammino della penitenza. Oltre ai tassi d’interesse c’è anche una sintassi del discorso economico: per comunicare con profitto occorre che ci si attenga a un codice, a un linguaggio condiviso. Altrimenti s’assemblano parole senza comporre un significato.
Del linguaggio fanno parte anche i mezzi di comunicazione. Se si vuole evitare che diffondano informazioni nocive, si deve evitare di fornire spiragli interpretativi o consentire che opinioni diverse si prestino a divenire fazioni in lotta. Modello “falchi e colombe”, utile solo ad attirare allocchi. Siccome molta dell’efficacia delle misure monetarie ha a che vedere con le aspettative, l’informazione conta. E la cattiva informazione costa. Non è possibile che un giorno si paventi un nuovo crollo del sistema bancario e si registri un effettivo ribasso in Borsa; il giorno dopo si trascuri d’informare che le Borse sono salite, mentre la banca innesco della crisi globale è già messa in sicurezza dal governo Usa; il giorno appresso riprenda la danza delle banche che saltano, ripartendo dalla Svizzera, con nuovi ribassi borsistici. E così via. Il risultato è che l’informazione comunica il crescere del pericolo e la perdita di ricchezza. Che la realtà sia diversa, a quel punto, conta pure poco.
In Ue abbiamo regole e controlli bancari che non debellano il male nel mondo, ma sono in grado di evitare che si producano casi come quelli statunitense e svizzero. Tale consapevolezza non solo non arriva al pubblico, ma si confondono continuamente le idee, equivocando il ruolo delle banche. Un preventivo contenimento del panico (che di suo è distruttivo) potrebbe consistere nel fare in modo che:
a. tutti i depositi, ovvero i soldi miei che metto sul conto in banca, come anche i soldi della società che amministro e che attendono d’essere utilizzati, siano esenti da qualsiasi rischio: pago la banca perché li custodisca, non vedo perché dovrei pagarla io se sbaglia la banca;
b. oggi la garanzia è fino a 100mila euro, ma un contribuente onesto e ad alto reddito potrebbe ben tenere una liquidità superiore in vista delle tasse, ci manca pure che sia una colpa, quindi la garanzia sarebbe bene salisse;
c. tutti gli investimenti, che siano in azioni od obbligazioni, comportano un rischio: quel rischio è a carico del privato, così come i guadagni sono a suo pro;
d. se comperi le azioni di una banca e quella fallisce perdi i tuoi soldi, come è bene che perdano i loro quanti l’hanno diretta;
e. i soldi del contribuente non entrano in gioco, semmai si fanno funzionare regole e controlli;
f. quelli che si lamentano delle regole stringenti e poi si lamentano dei fallimenti devono essere indicati per svalvolati.
Economie e banche sono interconnesse, per questo i rischi ci sono anche senza colpe specifiche di chi li corre e per questo è importante che la comunicazione sia chiara e rassicurante. Il che porta alla politica: se propongo l’acquisto di un estintore, che non si sa mai, e mi sento rispondere che sto favorendo o addirittura volendo gli incendi, avverto i pompieri ma anche la neurodeliri. I meccanismi di sicurezza bancaria europea devono essere completati e uno di questi è il Meccanismo europeo di stabilità. L’incendio non lo vuole nessuno, ma il rogo lo chiama chi è contro gli estintori.
L'articolo SinTassi proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Arabia Saudita – Iran: cambiamenti di paradigma dopo l’accordo?
La mediazione cinese tra Arabia Saudita e Iran segnala potenzialmente cambiamenti di paradigma nella diplomazia e nelle alleanze mediorientali. La mediazione suggerisce un approccio più produttivo di quello degli Stati Uniti cercando di gestire piuttosto che risolvere i conflitti sulla base dei principi enunciati dalla Cina nel 2021. Il successo della mediazione tra i principali […]
L'articolo Arabia Saudita – Iran: cambiamenti di paradigma dopo l’accordo? proviene da L'Indro.
India: riserve di litio sufficienti per la sua indipendenza energetica?
Nel febbraio 2023, il governo indiano ha annunciato che il Geological Survey of India ha trovato circa 5,9 milioni di tonnellate di riserve di litio nella regione Salal-Haimana di Jammu e Kashmir. Il litio è talvolta definito “oro bianco” per la sua importanza strategica come metallo essenziale nell’elettrificazione. Ma l’India deve affrontare diverse sfide per […]
L'articolo India: riserve di litio sufficienti per la sua indipendenza energetica? proviene da L'Indro.
Ucraina. L’Onu «certifica» gli orrori: i russi hanno commesso crimini di guerra
@Notizie dall'Italia e dal mondo
«Crimini di guerra che includono uccisioni volontarie, attacchi a civili, reclusione illegale, torture, stupri, trasferimenti forzati e deportazione di bambini». Per quella che viene definita «ipotesi di genocidio». In 18 pagine, corredate da centinaia di allegati fotografici, filmati, esami balistici e di medici legali, viene riassunto il primo anno di inchiesta della Commissione internazionale indipendente sull’Ucraina.
Su Avvenire è possibile leggere l'articolo completo di @Nico Piro
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Taiwan sostiene l’Ucraina di cui osserva la risposta all’invasione russa
Nell’anno dall’inizio dell’invasione su vasta scala della Russia, gli ucraini hanno imparato su chi possono veramente contare come amici. Taiwan è emersa come un importante alleato asiatico, offrendo un forte sostegno all’Ucraina in un momento in cui altri Paesi della regione hanno preferito mantenere una posizione più neutrale. Questo sostegno è stato recentemente evidente quando […]
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Droni, biometria, IA e programmi spia: quando la tecnologia erode la privacy
Nuovo appuntamento con la rubrica Privacy weekly, tutti i venerdì su StartupItalia. Uno spazio dove potrete trovare tutte le principali notizie della settimana su privacy e dintorni. E se volete saperne di più potete leggere qui le news quotidiane di Privacy Daily o iscrivervi alla newsletter di #cosedagarante. Grazie a StartupItalia per l’ospitalità!
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Cell phone not personal enough for GDPR protection?!
Il cellulare non è abbastanza personale per la protezione GDPR?! Decisione contraddittoria: I dati relativi al traffico e all'ubicazione sono dati particolarmente sensibili che richiedono una protezione supplementare, ma allo stesso tempo non sono affatto dati personali?!
Cosa significa l’AUKUS per la sicurezza regionale
Il 15 settembre 2021, gli Stati Uniti hanno annunciato un impegno “per un’ambizione condivisa di sostenere l’Australia nell’acquisizione di sottomarini a propulsione nucleare per la Royal Australian Navy”. Questa settimana quell’impegno è maturato nella sua fase successiva con un importante vertice di AUKUS (alti funzionari di Australia, Regno Unito e Stati Uniti) e l’annuncio del […]
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Il #GarantePrivacy austriaco (DSB) ha stabilito che l'uso del pixel di tracciamento di Facebook viola direttamente il GDPR e la sentenza #SchremsII
Nel 2020, la Corte di giustizia (CGUE) ha deciso che l'uso di fornitori statunitensi viola il GDPR, poiché le leggi statunitensi sulla sorveglianza richiedono alle società statunitensi, come Facebook, di fornire le informazioni personali dell'utente alle autorità statunitensi.
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Il compromesso della presidenza svedese sul #CyberResilienceAct, presentato al #CyberWorkingParty, organo tecnico del Consiglio dei ministri dell'UE
La presidenza svedese ha diffuso un nuovo testo di compromesso, forse il più significativo finora, sul Cyber Resilience Act prima della riunione del Cyber Working Party del Consiglio questa settimana. Il testo, visionato da EURACTIV, introduce modifiche fondamentali come la rimozione del limite di cinque anni sul ciclo di vita del prodotto, chiarimento del campo di applicazione, in particolare sui componenti open source non commerciali, obblighi di due diligence durante l'integrazione di componenti di terze parti, sicurezza automatica gli aggiornamenti hanno reso l'impostazione predefinita e l'obbligo per i team di risposta (CSIRT) di informare il produttore se terze parti segnalano vulnerabilità sfruttate attivamente.
L'articolo di Luca Bertuzzi è disponibile su Euractiv
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Il Parlamento Europeo sui "Sistemi di intelligenza artificiale per scopi generici"
I legislatori che guidano l'AI Act hanno condiviso una prima bozza sull'argomento delicato di come gestire l'AI per uso generale (GPAI), come modelli linguistici di grandi dimensioni come ChatGPT che possono essere adattati per svolgere vari compiti. La proposta dei correlatori del fascicolo, vista da EURACTIV, rende i sistemi GPAI ad alto rischio per impostazione predefinita, che dovranno rispettare i requisiti più stringenti. Inoltre, le soluzioni GPAI dovrebbero essere sottoposte a audit esterni durante l'intero ciclo di vita ed essere registrate nella banca dati dell'UE. I correlatori hanno inoltre proposto lo spostamento delle responsabilità se un attore a valle modifica in modo significativo il modello GPAI. Tuttavia, in questi casi, i fornitori di GPAI devono fornire tutte le informazioni pertinenti per rendere l'attore a valle conforme al regolamento sull'IA.
L'articolo di Luca Bertuzzi è su Euractiv
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Banche e sicurezza
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L'articolo Banche e sicurezza proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
suoko
in reply to Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂ • • •Considerato che anche certe aziende multimilionarie hanno avuto bug da bambini delle elementari, nessuno griderà allo scandalo
it.phhsnews.com/huge-macos-bug…
Bug macOS enorme consente l'accesso al root senza password. Ecco la correzione - it.phhsnews.com
it.phhsnews.comPoliverso - notizie dal Fediverso ⁂ likes this.
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Che succede nel Fediverso? e Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂ reshared this.