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4 aprile, CONVEGNO “Trasferimento Transatlantico dei Dati”


Alla Camera dei deputati questa mattina parliamo di “Trasferimento Transatlantico dei Dati. Il nuovo scenario alla luce della proposta di decisione di adeguatezza”, convegno organizzato da Consorzio Netcomm. Per maggiori info qui.


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4 aprile, Convegno “Tendenze e nuovi scenari per il giornalismo. Digitale. Artificiale? Report 2023”


Questa mattina dalle ore 10.00 parteciperò al convegno organizzato dall’Ordine dei giornalisti “Tendenze e nuovi scenari per il giornalismo. Digitale. Artificiale? Report 2023”. Per info qui.


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Sustanalytics – Combustibili di distruzione di massa


Sustanalytics – Combustibili di distruzione di massa combustibili isole pacifico
La proliferazione dei combustibili fossili sarà regolamentata come per i trattati internazionali sulle armi nucleari? Per alcune isole del Pacifico, che stanno emergendo tra i paesi più attivi sul piano della denuncia multilaterale contro i grandi inquinatori, sì

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In Cina e Asia – Pallone cinese negli Usa, è dibattito sulle informazioni raccolte


In Cina e Asia – Pallone cinese negli Usa, è dibattito sulle informazioni raccolte pallone spia cinese esercitazioni
I titoli di oggi:
Pallone cinese negli Usa, aperto il dibattito sulle informazioni raccolte
App made in China, Pinduoduo bocciata dagli analisti
Cina, i primi dati sulle perdite delle compagnie aeree
Usa, Giappone e Corea del Sud: al via le esercitazioni congiunte nel Pacifico
Mar cinese meridionale, la Malesia chiede un confronto con Pechino mentre le Filippine aprono quattro nuove basi militari agli Usa
Malesia, rimossa la pena di morte obbligatoria per reati gravi
Bangladesh, incendio divora un complesso commerciale

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SUD SUDAN. L’Onu accusa alti ufficiali di abusi e violazioni dei diritti umani


Torture, stupri e esecuzioni sommarie: le persone che si sono macchiate dei crimini rimangono in carica. L'articolo SUD SUDAN. L’Onu accusa alti ufficiali di abusi e violazioni dei diritti umani proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/2023/04

Pagine Esteri, 4 aprile 2023- Una Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite ha pubblicato un rapporto in cui si afferma che alcuni funzionari del Sud Sudan hanno perpetrato gravi violazioni dei diritti umani e dovrebbero essere perseguiti per i propri crimini.

La Commissione parla di omicidi, stupri e schiavitù sessuale come pratiche diffuse. L’indagine è durata un anno e ha coinvolto 6 Stati del Sud Sudan.

Nessuna delle persone ritenute responsabili ha, al momento, affrontato le accuse o ricevuto una condanna.

“Per diversi anni, i nostri risultati hanno costantemente dimostrato che l’impunità per crimini gravi è un motore centrale della violenza e della miseria affrontati dai civili in Sud Sudan”, ha dichiarato Yasmin Sooka, presidente della Commissione. “Quindi abbiamo deciso di fare i nomi di più persone che meritano indagini e procedimenti penali per il loro ruolo in gravi violazioni dei diritti umani”. Tra gli altri, il rapporto nomina il governatore di Unity State, insieme al generale delle forze di difesa del popolo del Sud Sudan, accusati di aver giustiziato sommariamente almeno quattro ufficiali delle truppe governative. Tre sono stati uccisi da un plotone di esecuzione e il quarto è stato bruciato vivo in una capanna.

Il commissario della contea di Koch, invece, è accusato di aver condotto orribili attacchi contro la popolazione civile.

Tutte queste persone non solo non sono state processate ma sono rimaste in carica e continuano a svolgere i propri incarichi.

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PRIVACY DAILY 85/2023


I siti web educativi rivolti agli studenti brasiliani sorvegliavano i bambini e raccoglievano i loro dati personali. Lo ha dichiarato Human Rights Watch, affermando che il governo nazionale dovrebbe modificare la legge sulla protezione dei dati aggiungendo nuove garanzie per proteggere i bambini online. L’analisi condotta da HRW nel novembre 2022 e riesaminata nel gennaio... Continue reading →


Papa Francesco non molla!


«Ho sentito solo un malessere, ma non ho avuto paura», e poi «Ancora vivo, sai»! Sono le parole pronunciate dal Papa all’uscita dal Policlinico Gemelli: le prime parole da lui pronunciate, perfino prima di compiere quel gesto di grandiosa umanità, di abbracciare quella madre privata del figlio, che, per una curiosa coincidenza di quelle che poi […]

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Mi secco a cambiare le batterie del telecomando della TV che ho sulla scrivania, quindi ovvio realizzando un accrocco con graffette e cartone...


Chi è Alessandra Bruni, nuova presidente di Enav


Alessandra Bruni è stata nominata presidente di Enav, in vista dell’assemblea che dovrà ratificare le decisioni del governo. Laureata in Giurisprudenza all’Università Sapienza di Roma, nel 1990 entra nei ruoli dell’Avvocatura generale dello Stato. Dal 200

Alessandra Bruni è stata nominata presidente di Enav, in vista dell’assemblea che dovrà ratificare le decisioni del governo. Laureata in Giurisprudenza all’Università Sapienza di Roma, nel 1990 entra nei ruoli dell’Avvocatura generale dello Stato. Dal 2003 è consulente giuridico di Sace, dal 2018 di Simest. Dal 2007 è membro della Commissione interministeriale per le risorse minerarie e gli idrocarburi presso il Mise, con compiti tecnico consultivi per la ricerca mineraria di base, per la coltivazione degli idrocarburi e per le royalties.

Da avvocato dello Stato ha seguito processi penali di assoluta rilevanza per le istituzioni, dal processo Calipari a Mafia Capitale, oltre a una serie casi sui danni da amianto. È esperta di gestione dei beni confiscati alla mafia e reati ambientali.

Dal 2003 al 2013 è stata anche docente alla Sapienza di Roma per la scuola di specializzazione delle professioni legali e dal 2004 al 2010 ha insegnato Diritto processuale civile all’Università “Guglielmo Marconi”. Dal 2017 è presidente della Corte federale di appello della Federazione italiana sport equestri e dal 2018 è presidente della Corte federale di appello della Federazione italiana tiro con l’arco. Dal 2003 al 2015 ha ricoperto l’incarico di consulente giuridico e poi di direttore dell’ufficio legale della fondazione Teatro dell’Opera di Roma. È autrice della monografia “La difesa dello Stato nel processo” e ha collaborato alla redazione di vari volumi giuridici


formiche.net/2023/04/chi-e-ale…




Al Vinitaly di Verona, la Santanchè si lancia in un’analisi sulla scuola italiana, dimostrando di non conoscerne né la storia, né la condizione attuale. Cr


Condividiamo la relazione colta e coraggiosa del Garante dei detenuti Mauro Palma. Ne condividiamo la concezione della pena, collegata al reinserimento sociale


Sub-imperialismo e multipolarità: il dilemma del Brasile


Nelle vene aperte dell’America Latina Eduardo Galeano ha descritto una guerra genocida di cambio di regime del 1870 condotta in Paraguay da una Triplice Alleanza dei suoi vicini, Argentina, Uruguay e Brasile, per conto dell’imperialismo britannico. L’obiettivo, il presidente nazionalista Solano Lopez, è morto in battaglia. Il paese ha perso 56.000 miglia quadrate di territorio. La […]

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L’identità che manca alla Destra di governo


Perché lo fanno? Perché illustri dirigenti politici, manager pubblici, uomini di governo e alte cariche istituzionali di Fratelli d’Italia continuano a gettare generose e improvvise secchiate di benzina sulla fiamma sempre ardente dell’antifascismo milita

Perché lo fanno? Perché illustri dirigenti politici, manager pubblici, uomini di governo e alte cariche istituzionali di Fratelli d’Italia continuano a gettare generose e improvvise secchiate di benzina sulla fiamma sempre ardente dell’antifascismo militante?

Escludiamo, per logica politica, che lo facciano col deliberato intento di ricompattare le opposizioni e di mettere in allarme i partner, i mercati e le Istituzioni europee. Escludiamo anche, per carità di Patria, che lo facciano per faciloneria, per superficialità o per vanità personale.

Se lo fanno, c’è da credere che lo facciano spinti da un calcolo di convenienza politica oppure trascinati da un istinto primario irrefrenabile. La ragione politica, se ci fosse, non potrebbe che essere questa: catalizzare l’attenzione mediatica sulla questione fascista per distrarre l’opinione pubblica dai gravi impasse del governo sul Pnrr e soprattutto sui migranti, e al tempo stesso dare un segnale di coerenza ideale ad una base elettorale prossima a ravvisare, secondo la martellante retorica di un decennio trascorso dal partito interamente all’opposizione, il cedimento della Destra di governo alle dinamiche dell’Europa e agli interessi dell’America. Ci sarebbe una logica, certo, anche se si tratterebbe di una logica miope. Miope perché ai consensi guadagnati in patria fanno da contraltare lo scetticismo e la sfiducia internazionali: elementi che, in un mondo globalizzato e in una fase politica interamente giocata sulla scena europea ed estera, pesano sul futuro e sull’efficacia del governo ben più di qualche punto percentuale perso nei sondaggi di opinione.

No, troppa grazia. Difficile pensare ad una regia, difficile credere si tratti di una, per così dire, raffinata strategia politica. Non resta, allora altra spiegazione se non quella dell’istinto primario. Un istinto identitario, un istinto di sopravvivenza. La reazione naturale all’orrore del vuoto percepito dell’identità presente e alla mancanza di un copione nuovo da recitare con metodo Stanislavskij per mettersi al passo con i tempi. È come se una parte non trascurabile dei dirigenti di Fratelli d’Italia facesse fatica a calarsi nella narrazione meloniana e non percepisse il senso politico della strada intrapresa. È stata, in effetti, una svolta a freddo. Una narrazione ancora giovane imposta da una realtà in rapido mutamento e dal precipitare degli eventi internazionali: la guerra in Ucraina, la rinnovata centralità dei valori liberali, le sfide della modernità, la consapevolezza che non è possibile resistere al governo dell’Italia schierando l’Italia contro l’Europa. È su questi assi che dovrebbe prendere forma la nuova identità della destra di governo. Ma la forma si sforma, il disegno non si completa, il nuovo quadro non suscita emozioni né scatena sentimenti. E senza il mastice delle emozioni e la calce dei sentimenti le identità politiche faticano ad affermarsi e a stare in piedi.

È una condizione che spaventa, disorienta, atterrisce. Occorrerebbe una decisa azione di pedagogia politica, ma Giorgia Meloni stenta ad attuarla. Occorrerebbe una nuova retorica identitaria calata nella modernità, ma nel mondo degli intellettuali meloniani non si vede chi possa farsene carico. Non resta, allora, che abbandonarsi ai vecchi istinti e, a 78 dalla fine del Fascismo e a 28 dalla svolta di Fiuggi, rifugiarsi nelle antiche identità, pur sapendo che con la testa pervicacemente rivolta al passato sarà difficile costruirsi un futuro.

Fatte tutte le opportune distinzioni, qualcosa di simile sta accadendo anche alle sinistre. Al Pd della Schlein e ai grillini di Conte. L’identità, tema cui il politologo Francia Fukuyama ha dedicato un recente saggio, è con tutta evidenza il tema dell’epoca.

Huffington Post

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La guerra in Ucraina avvicina la ‘mezzanotte nucleare’


La prospettiva di un olocausto nucleare è sempre stata terrificante. Ma negli ultimi anni della Guerra Fredda e nei tre decenni che seguirono la sua fine, la sfida esistenziale delle armi nucleari è divenuta sempre meno un pericolo evidente e presente. Certo, nell’era post-1991, la guerra nucleare potrebbe ancora accadere per errore. Potrebbe scoppiare tra […]

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Armenia: fedele alleato della Russia, non partner dell’Occidente


Alcuni europei, americani e canadesi non vogliono accettare il fatto che l’Armenia sia seconda solo alla Bielorussia come Stato satellite russo. Invece, trattano l’Armenia come un potenziale candidato in erba per l’integrazione europea, ignorando l’impossibilità che il Cremlino consenta all’Armenia di fare una ‘Brexit’ da organizzazioni guidate e controllate dalla Russia in Eurasia. Questo mese […]

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Elicotteri, F-35 e Fregate. I piani di Lockheed Martin che avvicinano Italia e Usa


Caccia di quinta generazione, elicotteri del futuro, collaborazioni globali e interconnessione tra piattaforme. Sono solo alcuni dei programmi illustrati a Roma dal management di Lockheed Martin, il gigante industriale della Difesa statunitense, che ha un

Caccia di quinta generazione, elicotteri del futuro, collaborazioni globali e interconnessione tra piattaforme. Sono solo alcuni dei programmi illustrati a Roma dal management di Lockheed Martin, il gigante industriale della Difesa statunitense, che ha una lunga e consolidata collaborazione con il nostro Paese. “L’Italia ha da poco festeggiato i cento anni della sua Aeronautica militare” ha infatti ricordato Jonathan Hoyle, chief executive Europe, “con la quale ci lega una collaborazione da settant’anni” esemplificata dall’F-35. Il caccia stesso, come sottolineato dal manager è “assemblato e costruito a Cameri in partnership con Leonardo”, unico Paese in Europa ad avere sul suo territorio un centro di produzione del caccia di quinta generazione. Altro partner importante di Lockheed Martin è Fincantieri, “con la quale l’azienda collabora sulle Littoral Combat Ship della US Navy” nei cantieri del gruppo italiano in Wisconsin e “sulle nuove fregate della classe Constellation”.

Il legame atlantico passa per l’F-35

Per Hoyle, proprio l’F-35 rappresenta un esempio dei legami che uniscono l’Europa e gli Usa, anche attraverso l’Italia. Il vicepresidente Aeronautics del gruppo, Randy Howard ha aggiunto che: “Tutti i novecento aerei consegnati finora nel mondo hanno componenti italiane a bordo”. A Cameri, infatti, vengono prodotte le ali non solo per i mezzi italiani “ma di tutti i caccia a livello mondiale”. Attualmente il nostro Paese opera 17 F-35 in versione A e sei in versione B, dei novanta totali (sessanta A e trenta B), dalle basi aeree di Ghedi, Amendola, Taranto a bordo di Nave Cavour e in futuro opererà anche dalla base di Grottaglie in appoggio alla portaerei.

Un cammino secolare. Il record dell’Aeronautica e di Sikorsky

Quello con l’F-35 e la Lockheed, però, non è l’unico legame che unisce il nostro Paese al gruppo statunitense. “L’Italia compra i nostri prodotti dal 1953” ha infatti raccontato Jeff White, vice presidente Strategy and business development di Sikorsky, componente del gruppo LM dedicata all’elicotteristica, che tra l’altro condivide con l’Arma azzurra il compimento di cento anni di attività. Le Forze armate nazionali hanno espresso il loro interessamento per la tecnologia del Future vertical lift sviluppata da Sikorsky. “Al momento ci stiamo concentrando sul programma statunitense per l’elicottero di nuova generazione Future Vertival Lift (FVL)- il Future Attack Reconnaissance Aircraft (FARA)”, ha spiegato ancora White. I sistemi della società sono basati sulla tecnologia X2, che prevede un doppio rotore coassiale con un propulsore spingente. “Le sue velocità superano i duecento nodi – ha illustrato il manager – con il prototipo Defiant X che ha raggiunto i 250 nodi. Sono mezzi estremamente manovrabili, veloci e capaci di volare molto bassi”.

Il Future Vertical Lift (FVL)

Tutti elementi che saranno cruciali negli scenari contesi e contestati del futuro, come ha spiegato il direttore Future Vertical Lift international di Sikorsky, l’italiano Luigi Piantadosi: “Gli elicotteri del prossimo futuro dovranno essere più capaci di sopravvivere, avere raggi d’azione più ampi, ed essere capaci di volare molto velocemente, molto bassi, sfruttando corridoi molto stretti”. Agilità e manovrabilità saranno dunque essenziali, tutte caratteristiche garantite dalla tecnologia X2. Inoltre, ha aggiunto Piantadosi, “la struttura dei sistemi sarà basata su una architettura guidata dal principio del Modular Open System Architecture (MOSA)”, capace di integrarsi con gli altri mezzi e velivoli attualmente in servizio nei diversi domini operativi militari. Come ribadito da Piantadosi, la combinazione delle pale contro-rotanti e il propulsore di coda “garantiscono agli apparecchi una incredibile capacità di virata stretta”. Infatti, per questi apparecchi di nuova generazione “la capacità di sopravvivenza sarà l’elemento chiave nel futuro” unita all’elevata manovrabilità dei mezzi permetterà agli apparecchi di evitare con più facilità le minacce anche in ambienti contestati. Anche l’Italia sta osservando con attenzione l’evoluzione di queste tecnologie, e il ministero della Difesa “è attualmente impegnato nello studio per stabilire le necessità degli ambienti operativi nei quali dovranno agire le Forze armate e le tecnologie future nell’ala rotante”.

Il Nato Next Generation Rotorcraft Capability (NGRC)

L’Italia, inoltre, partecipa al Nato Next Generation Rotorcraft Capability, programma che ha l’obiettivo di sviluppare un elicottero capace di raggiungere velocità, distanze, e altezze superiori ai modelli attuali e che vedrà Sikorsky avanzare la sua proposta per uno sviluppo basato sulla tecnologia X2. Alla domanda di Airpress sui prossimi passi che l’azienda intende compiere riguardo al programma NGRC, Piantadosi ha spiegato che l’Alleanza intende sviluppare il NGRC attraverso cinque studi, tre aperti all’industria e due interni. “Per quanto riguarda i tre aperti, saranno probabilmente studi concentrati sulle nuove tecnologie, sui nuovi sistemi di propulsione e su come l’industria vede l’architettura Modular Open System” mentre gli studi interni della Nato saranno più focalizzati sui requisiti. “L’azienda – ha concluso Piantadosi – è stata invitata a seguire una presolicitation conference, insieme ad altre industrie, e crediamo che questa possa essere davvero una grande opportunità per la Nato per capire veramente cosa serve, quali sono i nuovi requisiti base, e per noi un’occasione per dimostrare veramente cosa la nostra tecnologia può fare per la Nato”.


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Il conflitto sociale divampa in Francia e Germania mentre in Italia… tutto tace


Non crediamo mai abbastanza a ciò in cui non crediamo (M. Conte S. 2004) Nel seguire ciò che accade da ben undici settimane di battaglia sociale in Francia o il picco del lunedì nero di blocco totale dei trasporti e del paese in Germania del 27 marzo qualcuno sarà stato attraversato da una strisciante invidia. […]

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La guerra in Ucraina spalanca l’Artico ai Paesi del Golfo


Quando si tratta della rottura delle relazioni tra l’Occidente e la Russia, gran parte dell’attenzione è rivolta all’Europa orientale. Tuttavia, anche l’Artico è stato colpito dall’invasione russa dell’Ucraina. Le sanzioni economiche hanno creato un ambiente difficile per le multinazionali del petrolio e del gas che operano nella regione artica russa. Negli ultimi anni, la Russia […]

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Paulette Jiles – Notizie dal mondo


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Un cammino verso la riforma del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite


La fine della Guerra Fredda ha visto un notevole cambiamento nella geopolitica globale. Forse tra i più drammatici c’è stato il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991. Da allora, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (UNSC) è stato spesso criticato come un anacronismo che ha limitato l’efficacia delle Nazioni Unite nel promuovere i diritti umani […]

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#NotiziePerLaScuola

È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.



Intelligenza Artificiale: siamo oltre il baratro?


Elon Musk ha chiesto di fermare la ricerca sull’Intelligenza Artificiale. La notizia sta rimbalzando un po’ dappertutto come una biglia d’avorio su un panno di biliardo; dai salotti di riguardo ai circoli degli intellettuali. E dai giornali che vantano milioni di lettori ai social, che invece sono realmente frequentati da tutto il mondo. Con Musk ha […]

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RinCorsa


Non può che far piacere il drastico calo del peso delle bollette della luce: -55,3% per il prossimo trimestre, con alle spalle un altro -19,5%. Anche il gas è in rapida discesa. Ma sarebbe colpevole non leggere il significato politico di questi dati. E sa

Non può che far piacere il drastico calo del peso delle bollette della luce: -55,3% per il prossimo trimestre, con alle spalle un altro -19,5%. Anche il gas è in rapida discesa. Ma sarebbe colpevole non leggere il significato politico di questi dati. E sarebbe dannoso non comprenderne le conseguenze.

Si torni con la mente ai giorni iniziali della criminale guerra scatenata da Putin in Ucraina. In quelle ore l’Occidente compì scelte che determinarono la sconfitta politica del Cremlino, preludio del disastro militare che si è poi visto. La condanna fu unanime, come le sanzioni e la decisione di affrancarsi dalle forniture russe di gas. Furono allora formulate delle ragionevoli previsioni, che si sono dimostrate esatte nonostante lo scatenarsi dello scetticismo dei putinofili:
1. La totale autonomia dal gas russo è stata raggiunta prima del tempo stabilito (complice un inverno mite) e il prezzo che oggi paghiamo è inferiore a quello di prima della guerra (rammentando che era salito a causa dell’aumento della domanda, dopo i blocchi produttivi imposti dalla pandemia);
2. La febbre dei prezzi (compensata da imponente spesa pubblica a sostegno dei consumi) ha avuto anch’essa la durata prevista e si rientra nella normalità, se non la si alimenta dall’interno;
3. L’effetto delle sanzioni sull’economia russa non è stato immediato, lo si disse subito, tanto più che gli acquisti di gas sono aumentati per riempire le riserve, ma si è dimostrato devastante e inesorabile, mandando la Russia in una recessione più profonda e declassandola a colonia cinese.

Le cose sono andate come si era detto. La guerra continua, purtroppo, e continuerà fin quando Putin potrà preservare sé stesso mandando al massacro la Russia e i russi. Spera che l’Occidente si fiacchi ma ha ottenuto l’esatto opposto, ovvero la corsa di tutti i Paesi dell’area a chiedere la protezione occidentale. Dietro il calo delle bollette c’è un vasto significato politico. Davanti, però, c’è una prospettiva di ripresa della corsa. Il governo fa bene ad affievolire e gradualmente far sparire i sostegni ai consumi, che non avendo più una motivazione patologica sarebbero solo distorsivi e inflattivi. Ma ora si deve anche smontare la retorica del Pnrr inattuabile per il cambio dei prezzi delle materie prime. La fase antecedente agli investimenti è quella delle riforme, nella quale si deve far lavorare la politica e il Parlamento, senza un centesimo di costi aggiuntivi. Mentre i costi dei materiali rientrano gradualmente nella normalità.

Il 2023 era previsto come un anno di rallentamento, ma di crescita. E anche questa previsione si è rivelata esatta, nonostante quasi tutte le forze politiche avessero fatto una campagna elettorale intestata a una recessione che non c’era. Ora siamo a uno snodo decisivo, perché l’uso razionale e tempestivo dei fondi europei fa la differenza – per l’anno in corso e quelli a venire – fra il ritorno a crescite asfittiche (erose dal costo del debito) e il consolidamento della eccezionale corsa fatta nel 2021 e nel 2022 (che erode il debito). Questo è lo spazio e l’occasione della RinCorsa. A impedircelo possono essere solo l’ignavia politica e l’incapacità pratica, che neanche un mago riuscirebbe mai a nascondere dietro la balla dei ritardi ereditati. Per non dire della bislacca tesi secondo cui i soldi a disposizione (buona parte dei quali regalati) sono “troppi”.

Qui sia concessa una considerazione politica. Il governo ha una vasta maggioranza e una opposizione divisa e dedita alla radicalizzazione. Il solo modo che ha per andare in crisi è sgretolarsi, il che non appare probabile. Per la destra, se non s’impantana nel passato, è l’occasione per cambiare il proprio futuro. Il che comporta la necessità di affrancarsi subito da slogan e concetti che servivano solo a essere “contro”, dai balneari al Mes. Le riforme non procedono proprio a causa di quel corteggiare ogni misero interesse che serva a danneggiare chi governa. Governano loro, è ora di cambiare.

La Ragione

L'articolo RinCorsa proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



NABLUS. Esercito israeliano uccide due palestinesi


Il bilancio di palestinesi uccisi da forze israeliane dall'inizio del 2023 è salito a 94. L'articolo NABLUS. Esercito israeliano uccide due palestinesi proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/2023/04/03/medioriente/nablus-esercito-israeliano-

della redazione

Pagine Esteri, 3 aprile 2023 – Due combattenti palestinesi sono stati uccisi a Nablus durante una incursione dell’esercito israeliano nella città avvenuta questa mattina. I palestinesi sono Mohammed Al Qoutuni e Mohammed Abu Baker Al Junaidi. Quest’ultimo è stato uno dei fondatori della Fossa dei Leoni, il gruppo armato nato lo scorso anno nella città vecchia di Nablus e che include combattenti di diversi orientamenti politici.

Israele sostiene di aver arrestato nella città due abitanti – Ezz El-Din Touqan e Nidal Tabanga – che avrebbero aiutato l’autore dell’attacco armato di Hawwara dello scorso 25 marzo, in cui sono rimasti feriti due soldati, e di aver confiscato armi e munizioni.

Il bilancio di palestinesi uccisi da forze israeliane dall’inizio del 2023 è salito a 94.

L'articolo NABLUS. Esercito israeliano uccide due palestinesi proviene da Pagine Esteri.



📌 Su proposta del Ministro Giuseppe Valditara, il Ministero assegnerà 50 mln di euro per consentire alle scuole il coinvolgimento del più ampio numero possibile di studenti in viaggi d’istruzione e visite didattiche nell’anno scolastico 2023/2024.


ISOLA DI SOCOTRA. Patrimonio dell’umanità ostaggio della geopolitica


Gli Houthi denunciano la costruzione, nell'Arcipelago, di basi militari create congiuntamente da Emirati Arabi Uniti e Israele per controllare il Golfo di Aden e le rotte commerciali del Mar Rosso. L'articolo ISOLA DI SOCOTRA. Patrimonio dell’umanità ost

di Eliana Riva –

Pagine Esteri, 3 aprile 2023 – Lo scorso venerdì 31 marzo il Governo di Salvezza Nazionale dello Yemen, la formazione guidata dagli Houthi, ha denunciato lo sbarco di nuove e ingenti forze militari degli Emirati Arabi Uniti sull’isola di Socotra. Lo scopo sarebbe quello di trasferirle su un’altra delle isole dell’arcipelago di proprietà yemenita, Abd al-Kūrī, che è stata trasformata, negli anni, in una base militare di Abu Dhabi, con il sostegno più recente di Israele.

L’isola di Socotra è un paradiso terrestre patrimonio dell’umanità. Un luogo singolare e ricco con una biodiversità eccezionale, composta da specie rare ed esemplari unici.

Abitata da circa 60.000 persone, si trova nel Mar Arabico, come fosse una pietruzza lanciata dalla mano tesa del Corno d’Africa a prolungare il Golfo di Aden. Insieme ad Abd al-Kūrī e alle piccolissime Samha e Darsa (quest’ultima di 7,5 kmq) forma un arcipelago di straordinaria e singolare bellezza. Il suo ecosistema è stato a lungo conservato incontaminato, cosa che ha permesso la sopravvivenza e la riproduzione di un numero molto alto di specie endemiche: animali e vegetali che esistono solo su quest’isola e che non è possibile trovare in nessun’altra parte del mondo. È grande circa 3.600 kmq ma i paesaggi che contiene sono tali e tanto diversi tra di loro da sembrare quasi illusori, alieni, miraggi ancestrali e scenari primordiali difficili da contenere.

Le spiagge di dune bianche di sabbia fine sono sormontate e protette da scure e aguzze montagne calcaree oltre le quali radure desertiche godono dell’ombra di giganteschi funghi verdi, gli Alberi di Drago (la Dracaena cinnibari, presente solo a Socrota), i cui rami sembrano fitte radici e dalla cui corteccia si ricava il “Sangue di drago”, una resina rossa utilizzata come tintura e ricca, si dice, di virtù terapeutiche.

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Le spiagge dell’isola di Socotra

Distante 230 km dalla Somalia e 350 km dallo Yemen, dal 1967 appartiene amministrativamente a quest’ultimo anche se sotto nomi e forme diverse: prima alla Repubblica Democratica Popolare dello Yemen (Yemen del sud), poi alla Repubblica dello Yemen (unito), ma è dal giugno 2020 sotto il controllo del Consiglio di Transizione del Sud (STC), un’organizzazione secessionista yemenita supportata, trasformata e controllata dagli Emirati Arabi Uniti.

L’isola saluta le navi cargo che imboccano il Mar Rosso per attraversare il Canale di Suez e raggiungere, in circa 13 ore, il Mar Mediterraneo. Il 9% della fornitura mondiale di petrolio passa nei pressi di Socotra, sopra le navi da trasporto (circa 20.000 ogni anno).

Lo scorso febbraio 2023 Ansarallah, il movimento ufficiale yemenita degli Houthi, aveva già accusato gli Emirati di aver espulso i residenti della seconda isola più grande dell’Arcipelago di Socotra, Abd al-Kūrī, con l’obiettivo di trasformarla in un centro militare israelo-emiratino.

Il Ministero della Pesca del Governo di Salvezza Nazionale (NSG) il 31 marzo è tornato a denunciare alla televisione Al-Masirah che “i paesi dell’aggressione USA-Arabia Saudita non solo hanno occupato alcune delle isole dello Yemen, le sue spiagge e parti importanti delle sue terre, saccheggiando le sue ricchezze e distruggendo il suo ambiente ma hanno persino sfollato la popolazione di Abd al-Kūrī, che è una delle isole più importanti dell’Arcipelago di Socotra”. Il Ministro ha spiegato che le nuove immagini satellitari mostrano uno stabilimento per la costruzione di aeromobili e la realizzazione con pavimentazione di un’ampia area adiacente, per ospitare quelli che potrebbero essere magazzini militari o edifici logistici. Sono state poi create aree dedicate al personale militare e edifici moderni. Il Ministero della Pesca ha denunciato tali azioni da parte dei paesi occupanti “congiuntamente al nemico sionista nell’arcipelago e nelle isole strategiche yemenite”, chiedendo l’uscita delle truppe dall’isola di Abd al-Kuri e da tutte le terre, isole e coste yemenite, aggiungendo che “ritiene il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, le Nazioni Unite e le sue organizzazioni umanitarie e per i diritti umani responsabili per il loro silenzio sulla violazione della sovranità yemenita su una serie di isole”. Il ministro della Difesa del Governo di Salvezza Nazionale yemenita, il generale Mohammad al-Atifi, ha recentemente avvertito che esauritisi i tentativi di risoluzione pacifica della questione, saranno intraprese tutte le azioni necessarie per riprendere la sovranità sui territori occupati: “Le azioni ostili, cospiratorie, di sabotaggio e di assedio a cui oggi assistiamo, sono sicura testimonianza che l’aggressione non vuole instaurare alcuna forma di pace, e non ha alcuna reale disponibilità a pensare positivamente alla stabilità e alla pace nella regione né a rispettare la volontà del popolo yemenita”.

Gli Emirati Arabi hanno tentato per anni di prendere il controllo dell’isola di Socotra, come hanno più volte denunciato in passato le forze di governo dello Yemen, chiedendo anche alle Nazioni Unite di intervenire per evitare l’occupazione. L’occasione giusta per gli emiratini è arrivata quando terribili cicloni, tra il 2015 e il 2018 hanno devastato l’isola, mettendo in ginocchio la già fragilissima economia. Insieme agli aiuti umanitari hanno fatto atterrare a Socotra centinaia di soldati, carrarmati, aerei da combattimento. E soldi. Soldi per costruire complessi residenziali, residence turistici ma soprattutto edifici militari. E poi anche posti di lavoro, a migliaia. Ma tutto ciò non è bastato a scongiurare le manifestazioni e le proteste della popolazione locale che chiedeva che gli Emirati lasciassero l’isola. L’Arabia Saudita, che pure guidava la coalizione contro gli Houthi di cui gli Emirati facevano parte, ha temuto che Abu Dhabi riuscisse a comprarsi il sostegno degli abitanti e nel 2018 ha inviato a sua volta truppe per “addestrare e difendere le forze yemenite locali”, ossia quelle governative, che sostenevano il presidente Mansour Hadi. Così gli Emirati hanno formalmente abbandonato l’occupazione ma nei fatti, per due anni, hanno atteso il momento giusto per riprendere definitivamente il controllo.

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I porti yemeniti controllati dagli Emirati Arabi Uniti

Il Movimento del Sud era una formazione separatista yemenita nata nel 2007 che aspirava al controllo della zona meridionale del Paese mediante una secessione dal resto della nazione su quelli che erano i confini del 1967-1990. Il gruppo è stato posto sotto l’ala protettiva degli Emirati Arabi Uniti che lo hanno rafforzato e sostenuto militarmente, trasformandolo fino a farlo diventare il Consiglio di Transizione del Sud, nel quale sono entrati a far parte alcuni governatori delle regioni meridionali dello Yemen, tra quello di Socotra. Il gruppo, nel giugno 2020, ha preso il controllo dell’isola, cacciando i sostenitori del presidente Hadi. Le bandiere sui palazzi sono diventate quelle degli Emirati Arabi, così come tutte le linee di comunicazione e telecomunicazione.

Abu Dhabi persegue una politica particolarmente aggressiva di controllo dei porti e dei luoghi chiave in Asia occidentale e nel Corno d’Africa. Attraverso espedienti e alleanze sono arrivati a controllare 12 porti dello Yemen del Sud, l’isola di Socotra e anche l’isola di Perim (chiamata anche Mayyun), lunga 5,6 km che divide in due l’ingresso dell’importantissimo stretto di Bab al-Mandab, in italiano letteralmente “Porta del lamento funebre”. Lo stretto congiunge il Mar Rosso con il Golfo di Aden, che separa l’Africa dalla Penisola Arabica. Chiunque controlli l’isola di Perim detiene un’autorità strategica sullo stretto.

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Lo scorso anno gli Houthi avevano denunciato un altro trasferimento forzato di popolazione, quello dei pescatori di Perim. Nel 2017 gli Emirati avevano lì cominciato la costruzione di una base militare con pista di decollo ma avevano poi dichiarato di aver abbandonato isola e progetto. Nel 2021, però, l’Associated Press ha pubblicato immagini satellitari che mostrano importanti progressi nei lavori di costruzione della base militare che occupa praticamente l’intera Perim. I funzionari e gli ambasciatori di Abu Dhabi non hanno risposto alle domande dei giornalisti né hanno voluto commentare le immagini. Eppure, gli EAU nel luglio 2019 avevano annunciato il ritiro parziale dei loro soldati dalla coalizione anti Houthi a guida saudita.

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Immagine satellitare dell’isola di Perim, con le costruzioni militari

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Particolare delle installazioni militari sull’isola di Perim

Ma era già chiaro dallo scoppio della guerra che gli obiettivi di Abu Dhabi e quelli di Riyad non combaciassero. Il fatto che la prima appoggiasse il PLC (Presidential Leadership Council), il partito ufficiale di governo, e la seconda l’STC, i separatisti del Consiglio di Transizione del Sud, svelava la competizione sottintesa tra i due Paesi della Penisola Arabica per accaparrarsi il controllo politico e/o geografico dello Yemen.

Il principe Mohammed bin Zayed, nominato presidente degli EAU nel maggio del 2022, ha in programma di stabilire un impero marittimo che gli consenta il controllo delle rotte commerciali dal Golfo Persico al Mar Rosso. Gli Emirati sono il maggior ri-esportatore dell’intera regione. Una quantità altissima di merci viene importata all’interno dei confini emiratini e depositata per poi essere redistribuita con l’esportazione. Questo sistema costituisce quasi la metà delle esportazioni totali di Abu Dhabi (il 46,5%). Con l’obiettivo strategico di controllare le rotte commerciali, oltre ai 12 porti nello Yemen, al controllo di Perim e di Socotra, gli Emirati hanno una forte presenza di controllo degli scali marittimi nel Corno d’Africa, precisamente in Eritrea e in Somalia.

Un problema o, comunque, un grave impedimento per i progetti di MbZ è rappresentato dall’Iran, il quale pure sta espandendo le sue attività marittime dal Golfo Persico al Mar Rosso.

Nel settembre 2020, con la benedizione del presidente USA Donald Trump, gli Emirati Arabi Uniti hanno firmato con Israele gli ormai celebri Accordi di Abramo, un trattato di pace e di normalizzazione dei rapporti commerciali e diplomatici. Nel giro di qualche mese, appena dopo il suo insediamento, il nuovo presidente degli Stati Uniti, Joe Biden ha deciso di ritirare l’appoggio all’Arabia Saudita nella guerra in Yemen. Il vuoto lasciato dall’alleato americano e l’ufficializzazione dei rapporti privilegiati con lo stato ebraico hanno naturalmente guidato la convergenza degli interessi di Abu Dhabi e di quelli di Tel Aviv in chiave anti-Iran. In effetti, gli accordi prevedevano una cooperazione bilaterale proprio in queste aree e l’ipotesi che Israele potesse trarre vantaggio dalla presenza emiratina all’ingresso del Mar Rosso era stata immediatamente ventilata. Oggi è diventata una realtà fattuale, con Israele che supporta la realizzazione delle basi e fornisce sistemi di sorveglianza, di allerta e di intelligence.

Tra gli Emirati e Israele a guadagnarci di più è forse addirittura quest’ultimo, già soddisfatto di stabilire la propria presenza sul suolo appartenente a uno Stato arabo. Tel Aviv considera gli Houthi, i cui attacchi con i droni vanno solitamente a segno, una sorta di unità missilistica al servizio delle forze armate iraniane, utilizzati all’occorrenza da Teheran come una minaccia a Israele. In realtà non mancano divergenze tra l’Iran e gli Houthi, sarebbe semplicistico leggere le alleanze in un’ottica di integrale sovrapposizione ma è vero che Teheran sfrutta Ansarallah come minaccia e deterrente nei confronti dei “nemici” regionali.

D’altro canto, tra Mar Rosso, Mar Arabico e Golfo Persico, Israele e Iran sono impegnati ormai da lungo tempo in attacchi e rappresaglie reciproche a imbarcazioni commerciali e petroliere. Una presenza armata nel golfo di Socotra e sull’isola di Perim consente a Tel Aviv, da una posizione enormemente privilegiata, di controllare i movimenti Houthi e di rispondere in maniera tempestiva, a eventuali azioni dei ribelli o mosse iraniane. Israele conduce via mare il 98% circa del suo commercio e negli ultimi decenni l’importanza del Mar Rosso per Tel Aviv è cresciuta sensibilmente, anche perché in esso fluisce circa un quarto del commercio estero israeliano, quello che riguarda l’Asia, con la quale Israele intende stringere nuovi e più stretti rapporti, anche per limitare l’eccessiva dipendenza dall’Europa. Quando nel 1973, durante la guerra dello Yom Kippur, lo Yemen, in collaborazione con l’Egitto chiuse lo stretto di Bab el-Mandeb, bloccò tutte le attività commerciali che avevano destinazione Eilat. È un rischio alto per Tel Aviv lasciare all’Iran e agli Houthi la possibilità di mettere in piedi blocchi navali o di creare intenzionalmente incidenti come quello che ha coinvolto nel 2021 la nave portacontainer Ever Given. Certo, l’espansione israeliana nel Mar Rosso potrebbe allarmare ulteriormente l’Iran, ma la presenza degli Emirati Arabi Uniti rappresenta un freno: Abu Dhabi è il secondo partner commerciale della Repubblica islamica.

Superfluo ma necessario dire che la pace marittima del Golfo e del Mar Rosso è fondamentale anche per un altro importantissimo attore, la Cina, la quale ha interessi particolari affinché regni la quiete sulle rotte commerciali marittime che conducono al Canale di Suez. E proprio Pechino si è fatta promotrice della recentissima ripresa delle relazioni diplomatiche tra Ryadh e Teheran, che potrebbe cambiare gli scenari in Yemen a discapito degli Emirati Arabi Uniti e di Israele. Una pace tra gli Houthi (sostenuti dall’Iran) e le forze governative (sostenute dall’Arabia Saudita) difficilmente lascerebbe spazio agli obiettivi separatisti del Consiglio di Transizione del Sud (sostenuto dagli Emirati Arabi Uniti). Appena lo scorso 23 febbraio il leader degli Houthi, Abdul-Malik al-Houthi, in un video pubblicato dal canale televisivo Al Masirah, fondato da Ansarallah, ha dichiarato “fermeremo l’aggressione di chiunque violi la nostra indipendenza e la sovranità del nostro paese sulle isole, sulla terraferma e nel mare”. La minaccia, per nulla velata, è quella di un’aggressione alle installazioni militari israelo-emiratine sulle coste e sulle isole sotto sovranità yemenita, compresa quella di Socotra, della quale lo stesso al-Houthi ha più volte parlato.

شاهد | نحن نتمسك بحقوقنا المشروعة

من خطب #السيد_عبدالملك_بدرالدين_الحوثي #القول_السديد#شاهد_المسيرة pic.twitter.com/vU8Tiirfy6

— شاهد المسيرة(@ShahidAlmasirah) March 22, 2023

Una aggressione che, nel caso si raggiunga un accordo tra gli Houthi e il Presidential Leadership Council, potrebbe vedere addirittura insieme le due fazioni, al momento nemiche giurate, contro gli indipendentisti del Consiglio di Transizione del Sud e gli Emirati che li manovrano. Pagine Esteri

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Alpha & Omega - Ancient A & O - Lantern Records 2023


#musica #reggae

@Musica Agorà

Disco speciale ed esclusivo per il Record Store del 2023 da parte dello storico duo dub britannico Alpha & Omega, dal titolo “Ancient A&O”su Lantern Records.

iyezine.com/alpha-omega-ancien…

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Montenegro, storica sconfitta per il presidente Milo Djukanovic


Storica sconfitta, in Montenegro, per il padre-padrone della scena politica locale Milo Djukanovic, al potere ininterrottamente per trent'anni. Il nuovo presidente è l'economista Jakov Milatovic L'articolo Montenegro, storica sconfitta per il presidente

MAPPAMONDO – Le brevi

Pagine Esteri, 3 aprile 2023 – Storica sconfitta, in Montenegro, per il padre-padrone della scena politica locale Milo Djukanovic, al potere ininterrottamente per quasi trent’anni, sette volte come capo del governo e due volte in qualità di presidente della Repubblica.
Il giovane economista Jakov Milatovic (36 anni), leader del Movimento centrista ed europeista “Europa Adesso” (Pes), è il nuovo presidente della ex repubblica jugoslava. Secondo il Centro per il monitoraggio e la ricerca (Cemi) sulla base del 100 per cento delle schede scrutinate, nel ballottaggio delle elezioni presidenziali di ieri Milatovic ha ottenuto il 60% dei voti. Il suo sfidante, leader del Partito democratico dei socialisti (Dps) ha ottenuto solo il 40%.
Milatovic ha battuto il suo rivale in tutte le regioni del Paese e praticamente in tutte le città principali; nella capitale Podgorica la vittoria del leader del Pes è stata ancora più schiacciante, con il 69% dei consensi. Buona l’affluenza che, secondo i dati Cemi, è stata del 70,4%.
Il prossimo 11 giugno nel piccolo paese balcanico si terranno le elezioni parlamentari, e Djukanovic – artefice dell’indipendenza del Montenegro da Belgrado nel 2006 – spera in un’affermazione del suo partito per poter bilanciare la presidenza. Ma il suo Partito Democratico dei Socialisti è già uscito sconfitto dalle ultime elezioni legislative nel 2020, e anche questa volta i sondaggi gli sono sfavorevoli.

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Lo sconfitto ex presidente, Milo Djukanovic

Nel duello televisivo andato in onda venerdì sera, Milatovic non ha esitato a definire l’ex presidente un autocrate, “l’ultimo dittatore europeo”, accusandolo di aver contribuito al dilagare della corruzione e della criminalità e promettendo una “pagina nuova per il Montenegro”.
Al secondo turno delle presidenziali Milatovic ha ottenuto il sostegno di tutti e cinque gli altri candidati esclusi dal ballottaggio.
“Nei prossimi cinque anni porteremo il Paese nella Ue. Vogliamo i migliori rapporti con i Paesi vicini dei Balcani occidentali” ha detto il vincitore, che nel suo programma elettorale ha anche puntato al miglioramento delle relazioni tra il Montenegro e la Serbia (nel paese almeno un terzo della popolazione è serba).
Djukanovic ha invece ripetutamente accusato Belgrado di portare avanti una politica ‘egemonica’ nella regione sobillando le minoranze serbe. – Pagine Esteri

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Via Rasella. Nel 1948 i nazisti furono condannati: le Fosse Ardeatine crimine di guerra, non rappresaglia. Nel 1950 Einaudi e De Gasperi onorarono con una medag


Il compagno Paolo Ciofi, fondatore e presidente onorario della nostra associazione, ci ha lasciato poche ore fa. È un grande dolore per tutti noi di Futura Uma


La petizione lanciata on line, per chiedere le dimissioni del Presidente del Senato La Russa, ha superato le 21.000 firme. . Anche Alessandro Barbero ha comuni


Quattro raffinerie hanno le mani sul 66% delle miniere d’oro africane


Lo rivela un rapporto pubblicato da Swissaid, intitolato Out of the Shadows L'articolo Quattro raffinerie hanno le mani sul 66% delle miniere d’oro africane proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/2023/04/03/africa/quattro-raffinerie-hanno-le

della redazione

Pagine Esteri, 3 aprile 2023 – Un rapporto pubblicato da Swissaid – Out of the Shadows: The Business Relationships Between Africa’s Industrial Gold Mines and Refineries (Fuori dall’ombra: Le relazioni commerciali tra le miniere d’oro industriali e le raffinerie africane) – rivela che tra il 2015 e il 2023 le raffinerie situate in Canada, Svizzera, Cina, e Sudafrica hanno avuto rapporti con 116 miniere d’oro in Africa. Ma appena quattro di queste concentrano nelle loro mani il 66% dei commerci con le società minerarie africane coinvolte.

L’oro africano viene lavorato soprattutto in Svizzera e Sudafrica. Le quattro raffinerie sono la sudafricana Rand Refinery, la svizzera Metalor e delle raffinerie, svizzera e indiana, del gruppo MKS Pamp. Sono coinvolte anche alcune raffinerie cinesi e degli Emirati.

Attualmente, il primo paese africano produttore di oro e il sesto al mondo è il Ghana, con una produzione di oro pari a un totale di 117,6 tonnellate nel 2021. Pagine Esteri

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In Cina e Asia – Cina e Giappone, tra accuse di spionaggio e interessi commerciali


In Cina e Asia – Cina e Giappone, tra accuse di spionaggio e interessi commerciali giappone
I titoli di oggi:

Il ministro degli Esteri giapponese in visita ufficiale a Pechino
Chip war: la Cina prende di mira Micron
Continua la campagna anti-corruzione di Xi
Xi eleva le relazioni con Singapore
È morto Ryuichi Sakamoto, premio Oscar con L'Ultimo imperatore

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FINLANDIA. Destra e estrema destra vincono le elezioni


Il partito conservatore della Coalizione nazionale ottiene la maggioranza dei voti. Sanna Marin non è stata rieletta L'articolo FINLANDIA. Destra e estrema destra vincono le elezioni proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/2023/04/03/mondo/fi

MAPPAMONDO – Le brevi

Pagine Esteri, 3 aprile 2023 – È arrivato solamente terzo il Partito Socialdemocratico Finlandese, della premier uscente Sanna Marin, al governo dal 2019 con una coalizione di centrosinistra.

Le elezioni in Finlandia hanno registrato una crescita Partito di Coalizione Nazionale (PCN), di centro destra e della destra estrema della formazione dei Finlandesi, la seconda più votata. Il partito di Petteri Orpo conquista, quando mancano pochissime schede ancora da scrutinare, il 20,7% delle preferenze. Poche migliaia di voti in più della destra populista di Riikka Purra.

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La premier finlandese uscente, Sanna Marin

Il partito della premier uscente si ferma al 19,9%. La formazione del governo non sarà semplice, visti i risultati. I colloqui, per tradizione, li guiderà il partito uscito vincente dalle elezioni il quale esprimerà anche il premier, che potrebbe essere proprio il leader del Partito di Coalizione Nazionale, Petteri Orpo.

In Finlandia si vota con un sistema proporzionale che assegna seggi per circoscrizioni. Per governare è necessaria una maggioranza di 101 deputati su 200.

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ISRAELE. Via libera del governo, Itamar Ben Gvir avrà la sua Guardia Nazionale


Sarà una milizia privata nelle mani del ministro della Sicurezza da impiegare nei centri abitati arabi L'articolo ISRAELE. Via libera del governo, Itamar Ben Gvir avrà la sua Guardia Nazionale proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/2023/04/0

della redazione

Pagine Esteri, 3 aprile 2023 – Ieri il governo israeliano ha votato a favore della formazione di una Guardia nazionale sotto il comando del ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir. La nuova forza di sicurezza dovrebbe comprendere 2.000 militari che riferiranno direttamente al ministro di estrema destra e avranno il compito di affrontare il “crimine nazionalista”, il “terrorismo” e “ripristinare legge e ordine ove necessario”. Una tempistica per la creazione di una tale forza non è chiara, anche se è probabile che ci vorranno mesi.

Oltre alla minoranza araba (palestinese) in Israele che sarà il probabile obiettivo delle operazioni di “legge e ordine” della nascente Guardia Nazionale, un coro di ex alti comandanti di forze di sicurezza ha messo in guardia contro il progetto, incluso l’ex capo della polizia Moshe Karadi. Proteste sono giunte anche dall’opposizione e dai centri per la difesa dei diritti umani che parlano di “milizia privata” delle mani di Ben Gvir. Pagine Esteri

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