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Il potere dell'intelligenza artificiale: il dibattito è solo all'inizio


di Enrico Nardelli

In questi ultimi giorni sta infuriando il dibattito sull’uso di ChatGPT, anche in seguito alla notizia del suo blocco da parte del Garante per la Protezione dei Dati Personali, che ha suscitato reazioni che vanno dal plauso di chi lo ritiene una misura appropriata al rigetto di chi la reputa liberticida e autoritaria. Ritengo quindi che sia prima di tutto necessario far capire, anche a chi non sa niente di tutto quello che “sta sotto il cofano” delle tecnologie digitali, quali sono i termini della questione.

A questo scopo propongo un esperimento mentale partendo da un paragone apparentemente distante ma che, a mio avviso, illustra bene l’essenza della situazione. Immaginate dunque che arrivi qualcuno con un macchinario della grandezza di una caldaia a gas per un appartamento e vi dica: «Ecco un mini-reattore nucleare per uso domestico, la sua carica iniziale di materiale fissile è in grado di darvi acqua calda per riscaldamento e tutte le necessità della casa per i prossimi 10 anni, e costa solo poche migliaia di euro!»

Certamente con questa soluzione potremmo risolvere molti problemi e vivere tutti meglio. Potrebbe però succedere che ogni tanto tale oggetto si surriscaldi e dia luogo ad una mini esplosione nucleare…

Non è una prospettiva molto allettante, vero? Pur senza distruggere la società nel suo complesso e con danni molto limitati, sembrerebbe ovvio a tutti che il gioco non vale la candela. Altrettanto ovvio è che non ne consentiremmo comunque la libera commercializzazione, anche qualora le società produttrici insistessero sulla possibilità di trovare a breve delle soluzioni in grado di impedire del tutto le esplosioni. Né osservare che si tratta di una tecnologia strategica per il nostro Paese, che verrebbe sviluppata da altri se non lo facessimo noi, sarebbe un motivo valido per dare il via libera al suo uso incontrollato.

Ecco, con i sistemi generativi dell’Intelligenza Artificiale (IA), di cui ChatGPT è l’esempio più famoso, siamo in una situazione di questo genere, con la differenza che l’enorme potere che il nucleare dispiega nel mondo fisico l’IA lo rilascia in quello che nel mio recente libro “La rivoluzione informatica. Conoscenza, consapevolezza e potere nella società digitale” ho chiamato “cognitivo”, intendendo con questo termine quello in cui si esplicano le capacità puramente logico-razionali di concatenare e dedurre fatti. Ho descritto sommariamente in un precedente articolo cosa sono queste “macchine cognitive”, discutendone i pericoli in relazione al processo educativo dei più piccoli.

Immagine/foto

A rendere ancora più deleteria la possibile evoluzione di questo scenario c’è il fatto che mentre i mini-reattori dovrebbero essere costruiti, spediti e messi in opera uno per uno con dei tempi difficilmente comprimibili, questi sistemi (detti anche “chat-bot”) possono essere replicati a volontà senza sforzo alcuno e resi disponibili dovunque in batter d’occhio.

Tutti i media hanno quindi dato grande risalto ad un appello, lanciato il 29 marzo da nomi molto importante nell’area dell’IA, sia scienziati come Yoshua Bengio e Stuart Russell che imprenditori come Elon Musk e Steve Wozniak, per bloccare per 6 mesi lo sviluppo delle nuove generazioni della tecnologia dei chatbot.

Il problema è reale e posso capire perché in molti hanno aderito sottoscrivendo la lettera aperta.

Analisi più accurate di scienziati altrettanto rilevanti hanno però evidenziato il rischio che tale appello contribuisca in realtà ad alimentare la frenesia che in questi mesi ha raggiunto livelli elevatissimi, distogliendo l’attenzione dai problemi reali. Come ha osservato – tra gli altri – Emily Bender, la ricercatrice che nel 2020 ha pubblicato, insieme a Timnit Gebru (scienziata che fu poi licenziata da Google proprio per questo motivo), il primo articolo che allertava sui potenziali effetti negativi di questa tecnologia, la lettera indica alcuni falsi problemi (p.es.: che sia ormai imminente la realizzazione di una “mente digitale” o che sia ormai possibile realizzare un sistema dotato di “intelligenza artificiale generale”) trascurando molti di quelli veri, che sono l’assoluta mancanza di trasparenza su come questi sistemi sono stati messi a punto e funzionano, su quali prove di sicurezza siano state condotte, su come la loro accessibilità a tutti stia già diffondendo disinformazione anche molto nociva (nel mio precedente articolo ho portato qualche esempio), su come il loro sviluppo impatti in modo significativo sul consumo di risorse naturali.

Ripeto ciò che ho detto in altre occasioni: non ritengo abbia senso bloccare ricerca e sviluppo in questo settore ma, come l’esperimento mentale illustrato in apertura spero abbia mostrato, va trovata una qualche forma di regolamentazione che bilanci l’irrinunciabile principio di precauzione con l’importanza di usare l’innovazione per migliorare la società.

Per questo ritengo che l’altolà emesso dal Garante per la Protezione dei Dati Personali sia opportuno, ancorché non risolutivo. La strada da seguire è quella che negli USA ha indicato il Center for AI and Digital Policy (= Centro per l’Intelligenza Artificiale e la Politica del Digitale) sporgendo un reclamo alla Federal Trade Commission (= Commissione Federale per il Commercio, l’agenzia indipendente del governo sta-tunitense dedicata alla protezione dei consumatori e alla sorveglianza sulla concorrenza) e invitandola ad intervenire dal momento che i chatbot attuano comportamenti ingannevoli verso i consumatori e pericolosi dal punto di vista della correttezza delle informazioni e della sicurezza degli utenti.

Analoga richiesta è stata formulata dall’Organizzazione dei Consumatori Europei, che ha chiesto alle autorità nazionali ed europee di aprire un’inchiesta su questi sistemi.

Meglio focalizzata sulle reali questioni in gioco è invece la lettera aperta pubblicata dalla Leuven University (università di Lovanio) in Belgio. Ricorda il rischio di manipolazione cui possono andare incontro le persone nell’interagire con i chatbot, dal momento che alcune costruiscono un legame con quello che percepiscono come un altro essere umano, legame che può dar luogo a situazioni dannose.

Infatti la principale minaccia che i chatbot pongono agli esseri umani è che essi esibiscono una competenza simile a quella degli esseri umani sul livello sintattico ma sono lontani anni luce dalla nostra competenza semantica. Non hanno alcuna reale comprensione del significato di ciò che stanno facendo, ma purtroppo (e questo è un problema di grande rilevanza sul piano sociale) poiché ciò che fanno lo esprimono in una forma che per noi ha significato, proiettiamo su di essa il significato che è in noi.

In estrema sintesi, queste sono le proposte di questo secondo appello: campagne di sensibilizzazione verso il pubblico, investire nella ricerca sull’impatto dell’IA sui diritti fondamentali, creare un ampio dibattito pubblico sul ruolo da dare all’IA nella società, definire un quadro di riferimento legale con forti garanzie per gli utenti, prendere nel frattempo tutte le misure necessarie per proteggere i cittadini in base alla legislazione esistente.

Ci troviamo in questo momento storico di fronte a sistemi estremamente potenti, sistemi che però, come ha recentemente ricordato Evgeny Morozov nel suo articolo su The Guardian non sono intelligenti nel senso che noi esseri umani diamo a questo termine, né sono artificiali dal momento che – come ha dimostrato ad abundantiam, tra gli altri, Antonio Casilli nel suo libro "Schiavi del clic" – sono basati su un'enorme quantità di lavoro umano, sommerso e malpagato, svolto nei Paesi del Terzo Mondo, oltre che dal nostro contributo (in)volontario costituito da tutte le “tracce digitali” che forniamo senza sosta durante la nostra attività sulla rete.

I potenziali vantaggi sono enormi, ma anche i rischi. Il futuro è nelle nostre mani: dobbiamo capire insieme, democraticamente, che forma vogliamo che abbia.
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Versione originale pubblicata su "StartMAG" il 3 aprile 2023.


link-and-think.blogspot.com/20…

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Sono passati 14 anni dal terremoto che ha colpito L’Aquila. Il 6 aprile 2009 è una data che rimarrà impressa nella memoria di tutti. Oggi il nostro pensiero va alle vittime, ai famigliari e a tutte le persone colpite da questa tragedia.


Vorompatra di Marco Sommariva


Reduce da un corposo tomo che narra di distopia – Ombre dal futuro per le Edizioni Malamente –, per alleggerire un po’ il nostro spirito Marco Sommariva (scrittore genovese, classe 1963) torna in libreria per i tipi di Evoé col romanzo Vorompatra, a vent’anni dalla prima pubblicazione di questo romanzo con Sicilia Punto L. La copertina è opera del fumettista Otto Gabos, la prefazione di Piergiorgio Pulixi. @L’angolo del lettore

iyezine.com/vorompatra-di-marc…

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Il Kenya resta in bilico, non decolla il negoziato Ruto-Odinga


Il presidente esclude che i colloqui possano affrontare anche il costo della vita come chiede il leader dell'opposizione L'articolo Il Kenya resta in bilico, non decolla il negoziato Ruto-Odinga proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/2023/04

della redazione

Pagine Esteri, 6 aprile 2023 – Si complicano i colloqui bipartisan inaugurati domenica scorsa dal presidente William Ruto per mettere fine alle forti tensioni politiche che attraversano il paese e che hanno provocato scontri con morti e feriti. Il leader dell’opposizione, Raila Odinga, che denuncia tentativi di manomissione dei server elettorali, pone con forza l’accento sul costo della vita. Per questo chiede un negoziato anche fuori dal parlamento in modo da arrivare ad un accordo simile a quello del 2008, mediato dall’allora segretario generale dell’Onu Kofi Annan. “Torneremo dalla nostra gente al primo segno di mancanza di serietà dall’altra parte”, avverte Odinga, minacciando indirettamente di indire nuove manifestazioni contro il risultato delle elezioni dello scorso anno, vinte da Ruto. Nelle proteste delle scorse settimane sono morte almeno tre persone e 85 sono rimaste ferite.

Per l’Alleanza democratica unita (Uda), il partito al governo, Odinga fa richieste “irragionevoli” per tenere in ostaggio i colloqui. Il presidente Ruto ribadisce che i colloqui avverranno solo in parlamento ed esclusivamente sulla riforma della commissione elettorale, senza toccare il problema del costo della vita.

Gli osservatori non credono al buon esito del dialogo tra Ruto e Odinga. Pagine Esteri

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Il patron di Foxconn vuole diventare il presidente di Taiwan


Il patron di Foxconn vuole diventare il presidente di Taiwan 6394957
Terry Gou, proprietario del colosso dell'elettronica e primo fornitore di iPhone per Apple, ha annunciato l'intenzione di candidarsi alle presidenziali taiwanesi del 2024 con il Guomindang. Ha enormi interessi in Cina ed è vicino a Donald Trump, ma non è detto che sarà lui il prescelto

L'articolo Il patron di Foxconn vuole diventare il presidente di Taiwan proviene da China Files.



In Cina e in Asia – A Pechino Macron promuove la pace in Ucraina e il business con le aziende cinesi


In Cina e in Asia – A Pechino Macron promuove la pace in Ucraina e il business con le aziende cinesi ue
I titoli di oggi: A Pechino Macron promuove la pace in Ucraina e il business con le aziende cinesi Pechino pensa a uno stop dell’export di terre rare Il Messico implora: “Stop al fentanyl dalla Cina” Tokyo fornirà armamenti all’esercito di paesi alleati Ieri è stata la giornata dell’arrivo in Cina del presidente francese Emmanuel Macron che si è trascinato ...

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PRIVACY DAILY 87/2023


Tesla avvertirà che la sua “modalità sentinella”, che registra l’ambiente circostante l’auto, rischia di violare le leggi sulla privacy in Germania. L’annuncio segue la citazione in giudizio del produttore di auto da parte del gruppo di consumatori vzbv per non averne fatto menzione nella pubblicità. Il caso è l’ultimo di una serie di controversie in... Continue reading →


La Thailandia deporterà i rifugiati cinesi


Il governo ha fatto sapere che intende mandare i rifugiati in uno “Stato terzo” L'articolo La Thailandia deporterà i rifugiati cinesi proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/2023/04/06/mondo/la-thailandia-deportera-i-rifugiati-cinesi/ https:/

(AP Photo/Sakchai Lalit))

Pagine Esteri, 6 aprile 2023- Il governo tailandese ha confermato quello che in molti ormai immaginavano: saranno deportate in un altro Stato le 63 persone, comprese famiglie con bambini, che hanno da poco ottenuto lo status di rifugiato dalle Nazioni Unite.

Sono tutti membri della Shenzhen Holy Reformed Church, conosciuta anche come Mayflower Church, una chiesa cristiana cinese, e sono fuggiti dal proprio paese, dove hanno denunciato di aver subito soprusi. Arrivati in Corea del Sud nel 2019, sono rimasti lì fino allo scorso anno, quando sono ripartiti alla volta della Thailandia. La loro speranza è quella di raggiungere gli Stati Uniti e di vivere lì da rifugiati.

La Thailandia, tuttavia, non ha ratificato la Convenzione Onu del 1951 sui rifugiati e ora che il loro permesso di soggiorno è scaduto, li ha arrestati. Caricati su un pullman, hanno creduto di essere trasportati direttamente all’aeroporto di Bangkok per essere rimpatriati e hanno così bloccato il mezzo.

Le famiglie sono state separate: madri e figli/e sono stati portati al centro di accoglienza di Bangkok, gli uomini in un centro detentivo nella stessa città. Il governo ha confermato che li deporterà la prossima settimana. Non è stata esclusa nessuna ipotesi ma le autorità hanno fatto sapere che intendono provare a mandarli in un “Paese terzo”.

Il governo, come ha spiegato un funzionario all’Associated Press, non intende tenerli dentro i propri confini e si chiede, anzi, come mai durante i due anni in Corea del Sud non si sono visti riconoscere lo status di rifugiato mentre sono bastati quattro mesi in Thailandia perché le Nazioni Unite dessero esito positivo alla loro richiesta.

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L’Arabia saudita si riconcilia anche con Assad e lo invita al vertice arabo


Secondo la Reuters il ministro degli Esteri saudita, Faisal bin Farhan, si recherà a Damasco nelle prossime settimane per consegnare al presidente siriano un invito formale per il summit previsto il 19 maggio. L'articolo L’Arabia saudita si riconcilia an

della redazione

Pagine Esteri, 6 aprile 2023 – L’Arabia Saudita ha in programma di invitare il presidente siriano Bashar al-Assad al vertice della Lega araba che Riyadh ospiterà il mese prossimo, una mossa che porrebbe formalmente fine all’isolamento regionale della Siria. Lo riferisce l’agenzia di stampa britannica Reuters. Il ministro degli Esteri saudita, il principe Faisal bin Farhan, si recherà a Damasco nelle prossime settimane per consegnare ad Assad un invito formale a partecipare al summit previsto per il 19 maggio. Da Riyadh e Damasco non è ancora arrivata una conferma alla notizia.

La partecipazione di Assad al vertice della Lega araba segnerà lo sviluppo più significativo nella sua riabilitazione all’interno del mondo arabo dal 2011, quando Damasco è stata sospesa dall’organizzazione dopo l’inizio della guerra civile in Siria, fomentata anche da potenze straniere, in cui sono morte centinaia di migliaia di persone e che ha frammentato il Paese. Inoltre milioni di cittadini siriani sono diventati profughi in Libano, Giordania e Turchia.

Il ritorno della Siria nel corpo dei 22 membri sarebbe per lo più simbolico ma riflette un cambiamento nell’approccio regionale nei confronti del conflitto siriano. Fonti hanno riferito alla Reuters che Riyadh e Damasco avevano già raggiunto un accordo per riaprire le loro ambasciate dopo il mese del Ramadan. Il ministero degli Esteri saudita non ha confermato il raggiungimento di un accordo, ma ha affermato di essere in trattative con il ministero degli Esteri siriano per riprendere i servizi consolari.

Le discussioni iniziali per la visita del principe Faisal a Damasco o del ministro degli esteri siriano Faisal Mekdad a Riyadh sono state rinviate a causa dei terremoti che hanno colpito la Turchia e la Siria a febbraio. Anche l’Egitto, peso massimo della Lega Araba, ha ripreso i contatti con Assad. Entrambe le parti hanno concordato di rafforzare la cooperazione sabato scorso durante la prima visita ufficiale di un ministro degli Esteri siriano al Cairo in oltre un decennio. Una fonte della sicurezza egiziana ha detto alla Reuters che la visita aveva lo scopo di mettere in atto passi per il ritorno della Siria nella Lega Araba attraverso la mediazione saudita e del Cairo.

Alcuni paesi, tra cui Stati Uniti e Qatar, si sono opposti alla normalizzazione dei legami con Bashar Assad e chiedono “progressi verso una soluzione politica in Siria”, una espressione che sottointende la rimozione dal potere del presidente siriano e la sua sostituzione con un esponente politico vicino all’Occidente e pronto ad allentare i rapporti con l’Iran.

I contatti tra i funzionari sauditi e siriani hanno preso slancio a seguito di un accordo di riconciliazione marzo tra l’Arabia Saudita e l’Iran, il principale sostenitore di Assad. Il riavvicinamento tra Riyadh e Teheran fa parte di un riallineamento regionale tra le crescenti tensioni tra Iran e Israele. Le forze aeree israeliane hanno effettuato attacchi nella provincia siriana di Homs in un raid domenica scorsa. Pagine Esteri

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VIDEO. Gerusalemme, nuovo raid della polizia israeliana sulla Spianata di Al Aqsa


La seconda incursione consecutiva è scattata in serata. La scorsa notte centinaia di palestinesi erano rimasti feriti, contusi o intossicati dai gas lacrimogeni. 350 arresti. L'articolo VIDEO. Gerusalemme, nuovo raid della polizia israeliana sulla Spiana

AGGIORNAMENTO ORE 22

Questa sera la polizia israeliana ha lanciato la seconda incursione consecutiva sulla Spianata di Al Aqsa e nelle moschee per costringere i palestinesi, soprattutto quelli più giovani, a lasciare il sito religioso islamico e non rimanervi durante la notte. Si hanno notizie di feriti ed arresti. Da Gaza sono stati lanciati altri razzi verso il sud di Israele.

GUARDA IL NUOVO VIDEO

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della redazione

Pagine Esteri, 5 aprile 2023 – Notte di violenze a Gerusalemme con centinaia di palestinesi rimasti feriti, contusi o intossicati dai gas lacrimogeni, durante le cariche della polizia israeliana sulla Spianata della moschea di Al Aqsa. Fonti giornalistiche parlano di 350 arrestati. I primi incidenti sono avvenuti ieri in tarda serata, dopo il ferimento di un 15enne nel quartiere palestinese di Silwan. Decine di giovani si sono barricati nelle moschee. Quindi sono intervenute ingenti forze di sicurezza per sgomberarli. Non è noto se la prova di forza sia stata ordinata dal ministro della Sicurezza Itamar Ben Gvir, leader del partito di estrema destra Otzmah Yehudit e sostenitore dell’uso del pugno di ferro con i palestinesi. Ben Gvir peraltro reclama l’imposizione della piena sovranità israeliana sulla Spianata che è considerata dall’Ebraismo il biblico Monte del Tempio.

Il video che vi proponiamo mostra agenti di polizia che lanciano granate stordenti, colpiscono con i manganelli varie persone e le portano via tra urla di donne. I palestinesi denunciano che i poliziotti sono entrati in sale di preghiera dove centinaia di uomini, donne, anziani e bambini stavano pernottando. Devastata anche l’infermeria della moschea di Al Aqsa.

Queste scene hanno suscitato le proteste dell’Autorità nazionale palestinese, dell’Egitto, dell’Arabia saudita e della Giordania, custode della Spianata di Al Aqsa. In varie località della Cisgiordania si sono svolte manifestazioni di protesta. Poi da Gaza sono stati lanciati 9 razzi e proiettili di mortaio verso il sud di Israele che ha reagito colpendo con la sua aviazione il territorio palestinese.

La tensione in queste ore resta alta. Il movimento islamico Hamas – che ieri aveva chiamato ad impedire un progetto di estremisti religiosi israeliani (il gruppo Ritorno al tempio) di sacrificare agnelli sulla Spianata delle moschee – ha avvertito che non esiterà, come fece nel maggio del 2021, a usare i suoi razzi se il luogo santo di Gerusalemme sarà di nuovo violato dalle forze israeliane. Non si esclude che l’accaduto possa rappresentare il primo atto di una escalation prevista da molti in questo periodo in cui coincidono il Ramadan, la Pasqua ebraica e la Pasqua cristiana.

GUARDA IL VIDEO

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Uno stanziamento da 150 milioni di euro per l’anno scolastico 2023/2024, destinato alle figure professionali di “docente tutor” e “docente orientatore”: è quanto previsto dal decreto firmato oggi da Giuseppe Valditara, Ministro dell’Istruzione e del …


La nomina di Renzi a direttore del quotidiano Il Riformista è coerente con la sua storia e con quella della testata. Il giornale esordì- CONTROLLA con la dire

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5 aprile, incontro con i referenti regionali PNSD


Oggi ho avuto il piacere di essere intervenuto all’incontro con i referenti regionali PNSD organizzato dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, “Disseminazione e Accompagnamento”.


guidoscorza.it/5-aprile-incont…



La scarsa empatia di media, istituzioni e rappresentanze sociali nasce dalla loro tendenza a delegittimarsi reciprocamente


Sintesi dell’intervento del Segretario generale Andrea Cangini al convegno “Eisi, verso un indice nazionale di empatia nei processi decisionali e di informazione” che la Fondazione e Vera Comunicazione hanno tenuto oggi in Senato Dall’indagine curata da V

Sintesi dell’intervento del Segretario generale Andrea Cangini al convegno “Eisi, verso un indice nazionale di empatia nei processi decisionali e di informazione” che la Fondazione e Vera Comunicazione hanno tenuto oggi in Senato

Dall’indagine curata da Vera comunicazione e Fondazione Luigi Einaudi presentata oggi in Senato risulta che i capi azienda italiani considerano poco empatiche le Istituzioni, così come le rappresentanze sociali e i media. Per inquadrare il fenomeno è bene fare una premessa fondata su due casi di studio relativamente recenti. Eccoli.

Nel pieno della campagna elettorale per le presidenziali del 2004, gli psicologi Drew Westen, Stefan Haman e Clint Kilts selezionarono due gruppi di militanti politici, il primo composto da 15 democratici convinti, il secondo da altrettanti non meno convinti repubblicani. Collegarono, dunque, ciascuno di loro ad una macchina che attraverso la risonanza magnetica ne verificava le reazioni cerebrali e gli sottoposero una serie di affermazioni in video del candidato repubblicano (George W. Bush) e di quello democratico (John Kerry), molte delle quali denunciavano evidenti contraddizioni. Come sospettavano, la stragrande maggioranza dei militanti democratici percepì nitidamente le contraddizioni di Bush, mentre non avvertì affatto quelle di Kerry. E viceversa.

Ancora. Questa volta la ricerca è stata condotta dagli psicologi americani Nalini Ambady e Bob Rosental. Selezionato il solito campione rappresentativo di cittadini statunitensi, mostrarono loro dei video lunghi appena una trentina di secondi nei quali, uno dopo l’altro, si vedeva il volto di alcuni professori universitari ripresi mentre tenevano la loro lezione all’inizio del semestre. Impossibile, però, ascoltarne la voce o percepire il tenore dei loro argomenti: l’audio era stato disattivato. Alle “cavie” fu allora chiesto di stilare una classifica dei professori più affidabili, quelli ritenuti più <capaci> e più <sicuri di sé>. Ebbene, il loro parere (lo ricordiamo: frutto di pure sensazioni) nella quasi totalità dei casi coincise con il parere che gli studenti di quegli stessi professori formularono al termine dei corsi semestrali, dunque sulla base di un’esperienza concreta.

Questo per dire che i giudizi umani sono spesso frutto di preconcetti o dinamiche irrazionali e che la cosiddetta empatia può essere intesa anche come un dono di natura: o ce l’hai o non ce l’hai. Quel che vale per le singole persone vale anche per le categorie, a maggior ragione per i soggetti pubblici o istituzionali. Un esempio. Nei primi anni Novanta, sulla scia di Mani Pulite, l’indice di popolarità della magistratura era alle stelle. Oggi, sulla scia del caso Palamara, dalle stelle è precipitato alle stalle. Eppure il sistema giudiziario italiano è sempre lo stesso. Non è una giustificazione, è una constatazione.

I bassi indici di empatia che i manager italiani attribuiscono a istituzioni, rappresentanze sociali e media non stupiscono. Empatia vuol dire fiducia, e viviamo tempi in cui la sfiducia è massima. La sfiducia nel futuro, la sfiducia nella politica, la sfiducia in ogni genere di autorità. Fino ad oggi, l’errore dei soggetti testati è stato quello di pensare di cavarsela aggredendo il soggetto confinante. I giornalisti attaccano i politici e le rappresentanze sociali, i politici attaccano le rappresentanze sociali e i giornalisti, le rappresentanze sociali si attaccano tra loro e attaccano giornalisti e politici. Tutti si delegittimano, l’immagine di nessuno se ne avvantaggia.

Proposta rivoluzionaria: e se ciascuno svolgesse il proprio ruolo col massimo della dedizione e del senso del dovere possibili?

L'articolo La scarsa empatia di media, istituzioni e rappresentanze sociali nasce dalla loro tendenza a delegittimarsi reciprocamente proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



La scarsa empatia di media, istituzioni e rappresentanze sociali nasce dalla loro tendenza a delegittimarsi reciprocamente


Sintesi dell’intervento del Segretario generale Andrea Cangini al convegno “Eisi, verso un indice nazionale di empatia nei processi decisionali e di informazione” che la Fondazione e Vera Comunicazione hanno tenuto oggi in Senato Dall’indagine curata da V

Sintesi dell’intervento del Segretario generale Andrea Cangini al convegno “Eisi, verso un indice nazionale di empatia nei processi decisionali e di informazione” che la Fondazione e Vera Comunicazione hanno tenuto oggi in Senato

Dall’indagine curata da Vera comunicazione e Fondazione Luigi Einaudi presentata oggi in Senato risulta che i capi azienda italiani considerano poco empatiche le Istituzioni, così come le rappresentanze sociali e i media. Per inquadrare il fenomeno è bene fare una premessa fondata su due casi di studio relativamente recenti. Eccoli.

Nel pieno della campagna elettorale per le presidenziali del 2004, gli psicologi Drew Westen, Stefan Haman e Clint Kilts selezionarono due gruppi di militanti politici, il primo composto da 15 democratici convinti, il secondo da altrettanti non meno convinti repubblicani. Collegarono, dunque, ciascuno di loro ad una macchina che attraverso la risonanza magnetica ne verificava le reazioni cerebrali e gli sottoposero una serie di affermazioni in video del candidato repubblicano (George W. Bush) e di quello democratico (John Kerry), molte delle quali denunciavano evidenti contraddizioni. Come sospettavano, la stragrande maggioranza dei militanti democratici percepì nitidamente le contraddizioni di Bush, mentre non avvertì affatto quelle di Kerry. E viceversa.

Ancora. Questa volta la ricerca è stata condotta dagli psicologi americani Nalini Ambady e Bob Rosental. Selezionato il solito campione rappresentativo di cittadini statunitensi, mostrarono loro dei video lunghi appena una trentina di secondi nei quali, uno dopo l’altro, si vedeva il volto di alcuni professori universitari ripresi mentre tenevano la loro lezione all’inizio del semestre. Impossibile, però, ascoltarne la voce o percepire il tenore dei loro argomenti: l’audio era stato disattivato. Alle “cavie” fu allora chiesto di stilare una classifica dei professori più affidabili, quelli ritenuti più <capaci> e più <sicuri di sé>. Ebbene, il loro parere (lo ricordiamo: frutto di pure sensazioni) nella quasi totalità dei casi coincise con il parere che gli studenti di quegli stessi professori formularono al termine dei corsi semestrali, dunque sulla base di un’esperienza concreta.

Questo per dire che i giudizi umani sono spesso frutto di preconcetti o dinamiche irrazionali e che la cosiddetta empatia può essere intesa anche come un dono di natura: o ce l’hai o non ce l’hai. Quel che vale per le singole persone vale anche per le categorie, a maggior ragione per i soggetti pubblici o istituzionali. Un esempio. Nei primi anni Novanta, sulla scia di Mani Pulite, l’indice di popolarità della magistratura era alle stelle. Oggi, sulla scia del caso Palamara, dalle stelle è precipitato alle stalle. Eppure il sistema giudiziario italiano è sempre lo stesso. Non è una giustificazione, è una constatazione.

I bassi indici di empatia che i manager italiani attribuiscono a istituzioni, rappresentanze sociali e media non stupiscono. Empatia vuol dire fiducia, e viviamo tempi in cui la sfiducia è massima. La sfiducia nel futuro, la sfiducia nella politica, la sfiducia in ogni genere di autorità. Fino ad oggi, l’errore dei soggetti testati è stato quello di pensare di cavarsela aggredendo il soggetto confinante. I giornalisti attaccano i politici e le rappresentanze sociali, i politici attaccano le rappresentanze sociali e i giornalisti, le rappresentanze sociali si attaccano tra loro e attaccano giornalisti e politici. Tutti si delegittimano, l’immagine di nessuno se ne avvantaggia.

Proposta rivoluzionaria: e se ciascuno svolgesse il proprio ruolo col massimo della dedizione e del senso del dovere possibili?

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Esecutivo


Non è un’esclusiva dell’attuale governo, ma questa è un’aggravante. Le tifoserie si soddisfano del dire: “anche quelli di prima”. Peccato che non solo aggrava il problema, ma fra quelli di prima ci sono anche quelli di adesso. Capita e capitò, dunque, di

Non è un’esclusiva dell’attuale governo, ma questa è un’aggravante. Le tifoserie si soddisfano del dire: “anche quelli di prima”. Peccato che non solo aggrava il problema, ma fra quelli di prima ci sono anche quelli di adesso. Capita e capitò, dunque, di sentire questo o quel ministro lamentare l’inefficienza della burocrazia, gli ostacoli alle realizzazioni, i tempi lunghi e non sempre concludenti della macchina pubblica. Colpisce il fatto che lo dicano non immaginando che tocchi a chi governa rimediare. E non si tratta soltanto di distrazione o demagogia, ma di una modifica profonda che l’istituzione governo ha subìto, quasi del tutto perdendo la funzione propria originaria.

In tutti gli Stati di diritto il potere del governo è denominato “esecutivo”. Vale a dire che ha il compito e il potere di eseguire quel che ritiene utile al Paese, sulla base delle leggi elaborate dal Parlamento, denominato “legislativo”. Il giudiziario è, o dovrebbe essere, estraneo alla politica. La Costituzione assegna al governo due possibili strumenti d’iniziativa legislativa: la presentazione al Parlamento di disegni di legge e l’emanazione di decreti legge, in entrambi i casi essendo necessaria la firma del Presidente della Repubblica. Firma che serve non a garantire la costituzionalità (altrimenti che ci starebbe a fare la Corte costituzionale?), ma che quell’iniziativa non scassi la Costituzione.

I disegni di legge non hanno avuto grande fortuna e, difatti, se ne presentano pochi. Sono sottoposti al normale iter parlamentare e quelli che incorporano una delega al governo stesso, affinché emani i decreti attuativi, hanno anche la maledizione d’essere disattesi e disertati dai governi stessi che li vollero. Furoreggiano, invece, i decreti legge. Avevano l’originaria funzione – nei rari casi di “necessità e urgenza” – di intervenire al volo e mettere una pezza dove si è creata un’emergenza o è esplosa una contraddizione legislativa. Hanno assunto la ben diversa funzione di principale strumento di governo, capace di occupare la gran parte dei lavori parlamentari. Ciò perché entrano in vigore subito e devono essere convertiti entro sessanta giorni.

Morale poco morale: il governo ha smesso d’essere un potere esecutivo ed è divenuto una fonte legislativa, sicché qualsiasi problema si tende ad affrontarlo con gli strumenti della legislazione e non dell’amministrazione, con il fare leggi anziché amministrare. Ecco perché il Pnrr s’inceppa, come prima s’inceppava altro: perché il governo dispone di pochi gestori (manager), di pochi esecutori e di un esercito di amministrativisti e consiglieri giuridici, mentre gran parte dei ministri non ci si raccapezza, non conosce la macchina dell’amministrazione e ciascuno pensa d’impadronirsene cambiando la legge. Risultato: non si capisce più neanche la legge, divenuta una storia infinita che ricomincia da dove termina.

C’è una colpa della politica – coadiuvata da tanto giornalismo – che seleziona protagonisti senza appigli a numeri o fatti, elaboratori immaginifici di parole bastevoli a sé stesse. Ma c’è anche una colpa dell’Italia produttiva, con tanti esecutori eccellenti, che snobba la vita politica e si presta solo a qualche rara lezione, tenuta in aule prive di alunni interessati.

La Ragione

L'articolo Esecutivo proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Aiuti militari per contenere la Cina. Così Tokyo cambia strategia


L’annuncio di aiuti militari rompe ufficialmente decenni di pacifismo sancito dalla Costituzione giapponese. Una mossa obbligata per contenere l’aggressività di Pechino, mentre Tokyo si ritaglia un ruolo peculiare nell’area, pur rimanendo alleato degli Stati Uniti

@Politica interna, europea e internazionale

Mercoledì il Giappone ha annunciato che modificherà la propria legislazione per poter fornire assistenza finanziaria a Paesi terzi allo scopo di potenziarne le difese militari. Questa è la prima dipartita inequivocabile dalle regole interne che vietavano l’uso di aiuti internazionali per scopi militari. Tokyo si trova a dover fronteggiare una Cina sempre più potente e aggressiva.

L'articolo di Matteo Turato su Formiche

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di Eleonora Martini - Diritti Il Rapporto e le richieste del Garante dei detenuti Mauro Palma Alfredo Cospito ma non solo. Sottoposte al regime di detenzione


NIGERIA. Uomini armati uccidono 12 persone in quattro attacchi


Gli attacchi sono avvenuti in diverse aree del paese africano dove violenze etniche e religiose sono all'ordine del giorno L'articolo NIGERIA. Uomini armati uccidono 12 persone in quattro attacchi proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/2023/

Pagine Esteri, 5 aprile 2023 – Almeno 12 persone sono state uccise e molte altre ferite o rapite in una serie di attacchi nel nord-est e nel centro della Nigeria. Nello stato di Adamawa uomini armati hanno fatto irruzione nel villaggio di Dabna, nel distretto di Hong, uccidendo tre persone.

Lunedì altri armati avevano attaccato località nello stato centrale di Kogi. Un politico locale è stato ucciso e altre persone sono state ferite.

Domenica miliziani erano entrati in una chiesa nel villaggio di Akenawe-Tswarev, nello stato centro-orientale di Benue, uccidendo un fedele e rapendone altri tre.

Sabato, nello stato del Niger centro-occidentale, uomini armati hanno attaccato diversi villaggi nei distretti di Mashegu e Munya, uccidendo almeno sette persone e rapendo altre 26.Pagine Esteri

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Squilibrati


Ci si è resi conto che la strada dello scaricabarile conduce alla perdizione. Provare a dare la colpa ad altri può eccitare qualche forsennato digitale che non ha capito la più ovvia delle cose: quando si è al governo non serve essere “contro”, si deve di

Ci si è resi conto che la strada dello scaricabarile conduce alla perdizione. Provare a dare la colpa ad altri può eccitare qualche forsennato digitale che non ha capito la più ovvia delle cose: quando si è al governo non serve essere “contro”, si deve dimostrare di saper realizzare qualche cosa, altrimenti continuerà ad andare come va dal 1994: lo scorso vincitore sarà il prossimo perdente, fino a consunzione. Se le riforme e gli investimenti legati a Next generation Eu si rivelassero un fallimento il governo di destra ne sarebbe seppellito. Ma siccome sarebbe anche una tragedia per l’Italia, sbaglia chiunque, opposizioni comprese, punti su quel fallimento per sbarazzarsi dei vincitori delle scorse elezioni. Ergo: fermare le corride a chiacchiere e mettere la testa sui problemi. Perché il governo è a un bivio e quelli non sono solo affari loro, ma di tutti.

Da una parte, preoccupati di riuscire ad utilizzare una grande quantità di soldi, si potrebbe essere tentati di accedere alla tesi che già molti amministratori locali, di diverso colore politico, sostengono: dirigiamoli dove si sa spenderli, i progetti sono già pronti e le stazioni appaltanti funzionanti. Tesi non priva di fondamento, ma che comporta la rinuncia a superare gli squilibri infrastrutturali e territoriali, che anzi sarebbero accresciuti. Dall’altra parte non si può non vedere che se si tiene a mente la missione del riequilibrio si deve fare i conti con un sistema amministrativo meridionale disfunzionale, limaccioso e clientelare. E noi terroni non ne usciremo mai, se non cominceremo almeno a dircelo. Quindi si dovrebbe centralizzare la gestione dei fondi, magari creando un organismo specificamente dedicato e chiamandoci non un esercito di amministrativisti, ma un plotone di realizzatori, presenti in tante imprese di successo (come anche in giganti pubblici).

Non è una scelta facile ed è tutta politica, ma è da squilibrati pensare di tenersi gli squilibri e neanche investire i soldi, solo perché al bivio non si sa quale strada imboccare.

Un esempio: la scuola. Al Vinitaly, prezioso appuntamento di un settore d’eccellenza, cresciuto con investimenti e cultura, s’è detto che piuttosto che poltrire meglio mandare i giovani a zappare. Ma basta guardare una vigna e visitare una cantina per sapere che quello non è lavoro bracciantile, ma altamente specializzato. Serve conoscenza. Il che vale per quasi tutto, nell’era digitale. La scuola funziona da ascensore sociale se meritocratica e selettiva, altrimenti funge da morfina sociale. Per averla efficiente servono insegnanti selezionati e continua valutazione dei risultati. Questa non è una cosa da regione o provincia, ma da Stato nazionale che anche questa missione ha fallito. Ed è l’esempio perfetto di coincidenza fra riforma, innovazione digitale, modifica contrattuale, interazione con la produzione e investimento strutturale. L’alternativa non è tirare a campare, ma destinarsi a capitolare perdendo quello che fu un vantaggio nazionale.

La scuola è stata gestita, a turno, da destra e sinistra. Se qualcuno vuol sostenere di avere avuto dei successi si accomodi pure al concorso faccia tosta. Hanno fallito perché sono rimasti dentro uno schema già morto. Il Pnrr è un’occasione per forzare l’uscita e riprendere a correre, perché unisce gli scopi e li dota di risorse finanziarie. Se dovessimo fallire questo appuntamento non è che sarà un male per la destra o per la sinistra e un vantaggio per questo o quello, ma uno svergognamento generale, capace solo di giustificare una classe dirigente che non conosce la storia, non sa far di conto ed è convinta il congiuntivo sia un’infezione che prende agli occhi. Una classe dirigente che per avere consensi cerca i propri simili in ignoranza, giornalisti compresi, e invoca gli avversari, unica ragione della loro identità.

L’occasione per uscirne c’è. La responsabilità di un eventuale fallimento non sarà divisa equamente, ma esploderà violentemente su tutti. Meglio evitarlo.

La Ragione

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REPORTAGE. Il sacrificio di Gerusalemme


Sotto l'ala protettiva del ministro Ben Gvir, per la Pasqua ebraica il gruppo messianico Ritorno al Tempio promette di sacrificare un agnello sulla Spianata delle moschee di Al Aqsa e della Roccia. Una miccia pronta ad esplodere L'articolo REPORTAGE. Il

di Michele Giorgio

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Rafael Morris

Pagine Esteri, 5 aprile 2023 – Nel paese che ha fatto del successo delle startup e dell’hi tech il suo biglietto da visita, Rafael Morris rappresenta un altro mondo, antico, opposto alla modernità, quello degli israeliani ebrei che hanno abbracciato le profezie messianiche. Il suo ardente desiderio di accelerare la ricostruzione, dopo oltre 1900 anni, del Tempio ebraico sulla Spianata delle moschee di Gerusalemme dimostra quanto i miti del passato siano radicati nelle aspettative del futuro ponendo le basi per nuove guerre e violenze. Morris, leader del gruppo Ritorno al Tempio, lunedì è stato fermato dalla polizia e interrogato. Gli succede ogni anno. Dopo qualche ora, lo hanno rimandato a casa tra gli applausi dei suoi compagni dopo aver promesso che oggi si terrà lontano dalla Spianata. La rispetterà? Ormai da alcuni anni, in occasione della Pasqua ebraica (Pessah), Morris annuncia il proposito di compiere sacrifici di agnelli sulla Spianata – l’Haram Sharif (Nobile Santuario), terzo luogo santo dell’Islam – ritenuta dalla tradizione religiosa ebraica l’area del monte dove sorgevano il Tempio di Erode e il Tempio di Salomone. Il sacrificio, simile a quello praticato nell’antichità, secondo Morris accelererà l’avvento del Messia e la ricostruzione del Tempio.

In passato andava a tirar fuori Morris dalle stazioni di polizia il suprematista Itamar Ben Gvir, oggi ministro della Sicurezza nazionale del governo Netanyahu ma che fino a qualche mese fa era l’avvocato di coloni ed estremisti di destra. Ben Gvir ora non ha una piena libertà di movimento. Se in cuor suo vorrebbe dar sfogo ai suoi sentimenti messianici, da ministro non può non tenere conto della posizione della Giordania, custode delle moschee della Roccia e di Al Aqsa, che potrebbe interrompere le relazioni con Israele di fronte a violazioni dello status della Spianata concordato con Tel Aviv. A gennaio la «passeggiata» di Ben Gvir su Haram Sharif provocò reazioni in tutto il mondo islamico e anche in Occidente.

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Morris comunque non si arrende. Sostenuto dalle sue schiere sempre più folte, forte dell’appoggio silenzioso di non pochi deputati alla Knesset e incitato a continuare dalla moglie Aviya –, una ultranazionalista che nel 2015 scatenò un putiferio urlando «Maometto è un porco» ai palestinesi musulmani diretti alla moschea di Al Aqsa -, anche quest’anno Morris ha fatto distribuire dal suo movimento volantini nella Città Vecchia invitando gli attivisti a portare un agnello sul Monte del Tempio promettendo 2.500 shekel (700 dollari) per chiunque sarà arrestato dalla polizia e 20.000 shekel (circa 8.300 dollari) per chi riuscirà a compiere il sacrificio. Non solo, ha anche offerto una ricompensa in denaro a chiunque nel quartiere musulmano sarà disposto a prendersi cura di un agnello fino a quando non potrà essere sacrificato. Oggi e i prossimi giorni diranno se Rafael Morris e i suoi seguaci riusciranno a realizzare i loro propositi, magari approfittando della silenziosa compiacenza del ministro Ben Gvir. L’eventuale realizzazione del sacrificio in pieno mese di Ramadan provocherebbe un’ondata di violenze. Nel 1990 l’annuncio dell’«avvio della ricostruzione del Tempio» provocò scontri che si conclusero con l’uccisione di 20 palestinesi da parte della polizia. La tensione in questi giorni è già alta per i «tour» che, con la scorta della polizia, compiono sulla Spianata gruppi di estremisti religiosi descritti ufficialmente come «fedeli ebrei».6379790

Si commette un grave errore considerando i propositi di Morris delle semplici «bizzarrie» di fanatici fuori dal tempo. La ricostruzione del Tempio è un progetto da attuare per una porzione non marginale di israeliani credenti e nazionalisti anche se da un punto di vista teologico era e resta vietata agli ebrei. La svolta è giunta con l’occupazione israeliana di Gerusalemme e del resto dei Territori palestinesi nel 1967. Per quelli inclini a sentirlo, la sopraggiunta sovranità ebraica su tutta Eretz Israele è un disegno divino per la realizzazione della redenzione. La spartizione della Spianata delle moschee è perciò invocata da coloro che pianificano di realizzare a Gerusalemme la «soluzione» di Hebron dove le autorità militari israeliane, dopo la strage di 29 palestinesi nel 1994, divisero in due la Tomba dei Patriarchi assegnandone una metà ai coloni ebrei insediati nella città.

Il fervore messianico coinvolge un numero crescente di fanatici, a partire dai cristiani sionisti di ogni parte del mondo divenuti tra i più accaniti sostenitori della ricostruzione del Tempio. Il regno di Dio è vicino, credono queste persone, spesso ex hippy diventati all’improvviso credenti. E la chiave per la salvezza è il Monte del Tempio di Gerusalemme. Guardano al sito anche i fondamentalisti americani che da un lato forniscono un sostegno incessante a Israele e dall’altro attendono con impazienza un’apocalisse in cui si aspettano che gli ebrei muoiano o si convertano al cristianesimo. Gli esperti di storia delle religioni avevano pronosticato che la febbre da Armageddon dell’anno Duemila si sarebbe smorzata una volta superata la soglia del nuovo millennio. Non è stato così. E tutto si complica quando i politici cercano di incanalare queste insane passioni religiose per i propri scopi.

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Anni fa un’ondata di fervore messianico ha investito i religiosi nazionalisti in Israele dopo che avevano appreso che in un’azienda agricola era nata una giovenca rossa, senza peli bianchi o neri nel mantello, quindi perfetta per il sacrificio necessario per ricostruzione del Tempio. Secondo la Bibbia, le ceneri di una giovenca rossa erano utilizzate migliaia di anni fa dai sacerdoti di Gerusalemme per purificare il popolo ebraico. Dopo averne ispezionato il colore del pelo, rosso intenso dal naso umido fin quasi alla punta della coda, due rabbini Menachem Makover e Haim Richman, stabilirono che la giovenca era quella giusta. Il quotidiano Haaretz invece vide giustamente nella giovenca rossa una «bomba a quattro zampe» potenzialmente in grado di infiammare tutta la regione. Poi, crescendo, sul mantello della giovenca spuntarono dei peli bianchi e la «bomba» fu disinnescata.

L’attesa dei religiosi più nazionalisti come Rafael Morris però resta intatta assieme ai programmi di partiti e uomini politici della destra estrema. «Siamo di fronte a gruppi di piccole dimensioni ma che con le loro azioni, specie se compiute in determinati periodi dell’anno, come la Pessah e il Ramadan, posso provocare un disastro gigantesco e gettare il Medio oriente in una nuova guerra», avverte l’analista ed esperto di nazionalismo religioso Michael Warshansky. Pagine Esteri

Questo articolo è stato pubblicato in origine dal quotidiano Il Manifesto

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New Kind of Kicks-Marzo 2023


#MastoRadio #fediradio @Musica Agorà

Cerco nei meandri più reconditi la via di fuga dalla normalità, cerco persone non allineate, cerco pensieri fuori dalla scatola e, per fortuna, ogni mese ne trovo.
Con : 3D and the Holograms, Dell’Anima Nella Serpe, Dyatlov, Gravitsapa, Heavy Mother, Itchy & the Nits, Red Mass, Hood Rats, Zoids, Josnali, Bzdet, Legume Sex, Losers Parade, Nightman, Nosferatu, Parking Lot, Poster Fantasi, Receptacles, Sarin Reaper, Teo Wise, Timber Rattle, Uma Vox, Yamamara, Wasted Pido, Zipper

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Fr.#25 / Di guardie e ladri digitali


Nel frammento di oggi: Il Garante Privacy blocca OpenAI / La Germania se la prende con Twitter / Niente da nascondere? L’inc… è dietro l’angolo / Meme e citazione del giorno.

Il Garante Privacy blocca OpenAI, un commento


Lo saprete tutti: da qualche giorno chatGPT non è più disponibile per l’Italia. Il servizio è stato sospeso dopo un provvedimento del Garante Privacy contro OpenAI, la società dietro al sistema d’intelligenza artificiale.

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I motivi della sospensione possono essere sintetizzati nelle seguenti violazioni della normativa privacy europea:

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  • Mancanza di una informativa agli utenti e a tutti gli interessati i cui dati vengono raccolti da OpenAI
  • Assenza di una base giuridica per la raccolta e conservazione di dati personali usati per “addestrare” gli algoritmi
  • Assenza di un filtro per la verifica dell’età degli utenti

Il Garante ha quindi disposto la limitazione immediata del trattamento dei dati di tutti gli utenti situati nel territorio italiano. OpenAI avrà 20 giorni di tempo per comunicare al Garante le misure intraprese per risolvere le violazioni, in attesa dello svolgimento dell’istruttoria aperta.

Guido Scorza, membro del Collegio, commenta così il provvedimento di sospensione1:

Davvero si tratta di scegliere se imboccare la strada dell’innovazione o quella del rispetto dei diritti, delle libertà e della dignità delle persone ed è impossibile pensare di orientare l’innovazione in una direzione più rispettosa delle persone?


Il problema è che la risposta di OpenAI è stata molto semplice: bloccare l’accesso al servizio a 60 milioni di italiani e continuare come se niente fosse. Era la soluzione più efficiente, veloce e scontata. Tutti sapevano che sarebbe andata così.

Ma a parte la risposta di OpenAI, c’è da dire che questo è un provvedimento strano, che non capisco. È strano il suo tempismo, perché è stato qualificato come provvidimento “in via d’urgenza” ancor prima di concludere un’istruttoria. Era davvero urgente sospendere un servizio del genere per mancanza dell’informativa privacy e delle verifiche sull’età degli utenti? Perché poi ricorrere a una misura così forte? La sospensione totale del trattamento non è mai stata richiesta neanche a Google, Meta o TikTok in casi analoghi o ben più gravi. Perché per OpenAI è diverso?

Bloccare l’accesso a 60 milioni di persone crea più danni di quanti ne risolva. Anche a livello sistemico. Sembra infatti che anche altri paesi europei si stiano interessando all’esempio dell’Italia e potrebbero arrivare a bloccare OpenAI. Chi mai vorrebbe investire in UE su tecnologie controverse come l’intelligenza artificiale, sapendo che i loro servizi potrebbero essere bloccati da un momento all’altro? Il rischio imprenditoriale è troppo alto.

Noi italiani / europei potremmo davvero rimanere senza accesso per molto tempo. Con la velocità delle sperimentazioni in questo campo, perdere anche solo qualche mese significa rimanere indietro rispetto al resto del mondo. Perdere accesso del tutto sarebbe un cataclisma.

A che punto l’applicazione della legge smette di essere a tutela delle persone e diventa harakiri?

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I tedeschi se la prendono con Twitter


Pare che la Germania ora ce l’abbia con Twitter. Dopo aver perseguito Telegram adesso hanno deciso che è Twitter a non seguire le regole.

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L’Internet non è un luogo senza regole, dicono. Vero, dico io, ma non è detto che le regole debbano essere quelle imposte da loro con la forza. Il Ministro della Giustizia tedesco Marco Buschmann del partito FDP (liberali) avrà sicuramente una sua personalissima idea di regole e giustizia, che grazie alla sua posizione di potere vuole imporre a qualcun altro.

Twitter oggi non piace ai liberali perché è espressione delle idee di Elon Musk, come giusto che sia. Ai liberali non piacciono le idee altrui, specie quando sono apprezzate secondo meccanismi di libero mercato e non imposte con la forza. E non è neanche la prima volta che Musk viene velatamente minacciato da qualcuno dell’Unione Europea.

Magari fra qualche mese ci servirà una VPN per connetterci anche a Twitter, oltre che chatGPT.

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Se non hai niente da nascondere, l’inc… è dietro l’angolo


E se in Europa abbiamo Autorità e legislatori che pretendono il rispetto delle regole, in Egitto abbiamo invece un esempio di come le autorità siano sempre al di fuori di ogni regola di decenza.

La notizia del giorno è che la polizia egiziana sta usando profili fake o profili reali sequestrati a utenti di Grindr per individuare e arrestare gay e altre persone LGBT.

Da qualche giorno infatti il fornitore dell’applicazione ha diffuso un avvertimento2 che non lascia molto alla fantasia:

“We have been alerted that Egyptian police is actively making arrests of gay, bi, and trans people on digital platforms. They are using fake accounts and have also taken over accounts from real community members who have already been arrested and had their phones taken. Please take extra caution online and offline, including with accounts that may have seemed legitimate in the past.”


Quale esempio migliore per ricordare a tutti che privacy e anonimato non sono solo dei vezzi, ma una protezione contro l’abuso dei più forti? Queste persone certamente non avranno nulla da nascondere, ma forse dovrebbero iniziare a farlo e preferire app in grado di tutelare i loro interessi, piuttosto che questi aggregatori che diventano facilmente degli honeypot per le autorità.

Meme del giorno


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Citazione del giorno

“Government” itself does no harm, because it is a fictional entity. But the belief in “government” – the notion that some people actually have the moral right to rule over others – has caused immeasurable pain and suffering, injustice and oppression, enslavement and death.”
Larken Rose

Articolo consigliato


Immagine/fotoPrivacy Chronicles

Collettivismo vs Privacy

Questa settimana ho letto un interessante articolo tradotto da Bitcoin in Italiano che parla di Bitcoin vs Collettivismo e mi sono detto: cavolo, questa è anche roba da Privacy Chronicles. Possibile che in questi due anni io non abbia mai dedicato un articolo specifico al tema…
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4 days ago · 8 likes · Matte Galt

Leggi gli altri Frammenti!

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https://startupitalia.eu/195521-20230401-ecco-perche-abbiamo-deciso-di-silenziare-chatgpt

2

abcnews.go.com/International/w…



In Cina e Asia – Manca il nome di Xi: ritirate milioni di copie del Quotidiano del Popolo


In Cina e Asia – Manca il nome di Xi: ritirate milioni di copie del Quotidiano del Popolo xi
I titoli di oggi: Manca il nome di Xi: ritirate milioni di copie del Quotidiano del Popolo Pentagono: si intensificano i movimenti di sottomarini cinesi con armi nucleari nel mar Cinese meridionale CATL nel mirino sia di Pechino che di Washington Cina, cambiano i nomi di 11 località tibetane Cina, aumentate le quote dei poliziotti di ronda Un servizio che ...

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PRIVACY DAILY 86/2023


L’Autorità garante privacy del Regno Unito (ICO) ha annunciato una sanzione pecuniaria pari a 12,7 milioni di sterline a TikTok per non aver protetto adeguatamente la privacy dei bambini. Secondo un’indagine dell’ICO, il sito di condivisione video ha utilizzato i dati di minori di età inferiore ai 13 anni senza il consenso dei genitori. Secondo... Continue reading →


VIDEO. GERUSALEMME, cariche della polizia israeliana sulla Spianata delle moschee


Una dozzina di palestinesi sono rimasti feriti e altre decine contusi e intossicati dai lacrimogeni. Proteste dell'Anp, Egitto, Giordania e Arabia saudita. Israele bombarda Gaza dopo lancio razzi L'articolo VIDEO. GERUSALEMME, cariche della polizia israe

della redazione

Pagine Esteri, 5 aprile 2023 – Notte di violenze a Gerusalemme con una dozzina di palestinesi rimasti feriti e altre decine contusi e intossicati dai gas lacrimogeni, durante le cariche della polizia israeliana sulla Spianata della moschea di Al Aqsa. Numerosi gli arrestati. I primi incidenti sono avvenuti ieri in tarda serata, dopo il ferimento di un 15enne nel quartiere palestinese di Silwan. Decine di giovani si sono barricati nelle moschee. Quindi sono intervenute ingenti forze di sicurezza per sgomberarli. Non è noto se la prova di forza sia stata ordinata dal ministro della Sicurezza Itamar Ben Gvir, leader del partito di estrema destra Otzmah Yehudit e sostenitore dell’uso del pugno di ferro con i palestinesi. Ben Gvir peraltro reclama l’imposizione della piena sovranità israeliana sulla Spianata che è considerata dall’Ebraismo il biblico Monte del Tempio.

Il video che vi proponiamo mostra agenti di polizia che lanciano granate stordenti, colpiscono con i manganelli varie persone e le portano via tra urla di donne. I palestinesi denunciano che i poliziotti sono entrati in sale di preghiera dove centinaia di uomini, donne, anziani e bambini stavano pernottando. Devastata anche l’infermeria della moschea di Al Aqsa.

Queste scene hanno suscitato le proteste dell’Autorità nazionale palestinese, dell’Egitto, dell’Arabia saudita e della Giordania, custode della Spianata di Al Aqsa. In varie località della Cisgiordania si sono svolte manifestazioni di protesta. Poi da Gaza sono stati lanciati 9 razzi e proiettili di mortaio verso il sud di Israele che ha reagito colpendo con la sua aviazione il territorio palestinese.

La tensione in queste ore resta alta. Il movimento islamico Hamas – che ieri aveva chiamato ad impedire un progetto di estremisti religiosi israeliani (il gruppo Ritorno al tempio) di sacrificare agnelli sulla Spianata delle moschee – ha avvertito che non esiterà, come fece nel maggio del 2021, a usare i suoi razzi se il luogo santo di Gerusalemme sarà di nuovo violato dalle forze israeliane. Non si esclude che l’accaduto possa rappresentare il primo atto di una escalation prevista da molti in questo periodo in cui coincidono il Ramadan, la Pasqua ebraica e la Pasqua cristiana.

GUARDA IL VIDEO

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Meno emotività e più realismo. Alegi legge l’intervista al gen. Milley


La retorica di una prossima guerra tra Stati Uniti e Cina è “sopravvalutata”. E c’è da fidarsi se a dirlo è il capo di Stato maggiore congiunto delle Forze armate Usa, il generale Mark Milley, nel corso di una intervista con Defense One. In particolare, i

La retorica di una prossima guerra tra Stati Uniti e Cina è “sopravvalutata”. E c’è da fidarsi se a dirlo è il capo di Stato maggiore congiunto delle Forze armate Usa, il generale Mark Milley, nel corso di una intervista con Defense One. In particolare, il generale ha messo in guardia dalla retorica pericolosa che le due superpotenze sarebbero “sull’orlo di un conflitto” a seguito di una imminente invasione cinese di Taiwan. Per il generale, infatti, occupare l’isola sarebbe un’operazione “estremamente difficile” per le forze militari di Pechino. Naturalmente, la situazione è lontana dalla stabilità, e Washington deve continuare a supportare Taipei con tutte le capacità militari di cui l’isola ha bisogno. “Penso però – ha detto Milley – che gli Usa debbano affrontare la questione con più realismo e meno emotività”, portando le Forze armate a dominare in tutti i settori per dissuadere Pechino “fin dall’inizio”.

Il pericolo della retorica

L’ottica del generale è in particolare orientata all’onda di panico che ha coinvolto in particolare i legislatori Usa a seguito della crisi rappresentata dall’apparire sui cieli statunitensi dei palloni aerostatici cinesi. Nelle ultime settimane i membri del Congresso hanno infatti rivolto al generale Milley e al segretario alla Difesa, Lloyd Austin, una lunga lista di preoccupazioni nei confronti di Pechino, dai chip all’arsenale nucleare. Nervosismi che hanno trovato il concorde sforzo dei due vertici, politico e militare, dello strumento difensivo a stelle e strisce per abbassare la tensione e ribadire che la guerra con Cina (e Russia) non né imminente, né inevitabile. “Penso che ci sia molta retorica che potrebbe creare la percezione che la guerra sia proprio dietro l’angolo” ha detto Milley, registrando che sebbene la possibilità di un incidente che porti all’escalation sia sempre possibile, “la retorica stessa potrebbe contribuire a surriscaldare l’ambiente”.

La lettura di Alegi

Per Gregory Alegi, storico e professore di storia americana e di studi strategici interpellato da Airpress, “la preoccupazione degli Usa nei confronti della Cina come competitore strategico ha ormai più di vent’anni. Numerose azioni stanno a testimoniarlo, dal Pivot to Asia di Obama agli accordi Aukus per i sommergibili, in chiara chiave di contenimento della sfida cinese nel Pacifico. Nulla di questo viene negato dal gen. Milley nella sua intervista”. Per Alegi, allora, la preoccupazione del generale sembra essere piuttosto quella “di una sfida autoalimentante nella quale le reciproche preoccupazioni dei due soggetti alimentano una corsa agli armamenti e un clima di tensione maggiore di quello naturale”. In questo senso, l’avvertimento “più che militare sembra essere di tipo politico, rivolto quindi a chi usa una retorica più incendiaria del necessario”.

La sfida su Taiwan

Per lo storico, allora, l’intervista al generale Milley deve essere letta su due livelli diversi. Il primo, esplicito, “è relativo alle capacità difensive di Taiwan. Il secondo, implicito, è la capacità degli Stati Uniti di proteggere l’isola e dissuadere la Cina dall’intervento armato”. A queste due posizioni corrispondono la necessità di riequipaggiare velocemente Taipei, “il cui margine qualitativo rispetto a Pechino va erodendosi, basti pensare alla rapidissima accelerazione cinese nello spazio, con tutto ciò che comporta per le comunicazioni e le osservazioni militari, o ai caccia di quarta e quinta generazione”. Da questo punto di vista, per Alegi, Taiwan non è riuscita a tenere il passo “con i cugini continentali, anche perché in passato le amministrazioni a stelle e strisce hanno tentato di non provocare la Cina”. Oggi questo si traduce in una relativa arretratezza o complessiva parità tra i due Paesi. “Questo senza trascurare i rapporti puramente numerici, come abbiamo visto in Ucraina anche una forza relativamente meno avanzata può ottenere successi parziali semplicemente tentando di saturare i sistemi avversari”.

La corsa tra aquila e dragone

“L’altro aspetto, quello americano, riguarda invece la quantità” ha continuato Alegi. “Non c’è dubbio che i sistemi Usa siano largamente superiori a quelli cinesi”, ma i numeri relativamente modesti, ulteriormente ridotti dagli invii di materiali in Ucraina, “rendono più che lecita la domanda sulla capacità Usa di affrontare due guerre di grandi dimensioni ancorché non necessariamente avanzate”. Per lo storico, i dati sul consumo di proiettili di artiglieria o missili Stinger “sono probabilmente solo la punta dell’iceberg dei problemi di forze armate che per quindici anni hanno combattuto contro avversari qualitativamente e numericamente inferiori”. Da questo punto di vista “gettare acqua sul fuoco in pubblico – come sta facendo Milley – può servire a prendere tempo per ripensare e ribilanciare lo strumento militare statunitense, nonché per rinforzare gli alleati chiave in quello scacchiere come Giappone e Corea del Sud”.

Lo sguardo di lungo periodo di Milley

“Più che negare la competizione con la Cina, mi sembra che Milley suggerisca di non allarmare i cinesi per non innescare una spirale competitiva alla quale gli USA al momento non sono pronti”, ha concluso Alegi, aggiungendo come “questo fatto, frutto di almeno trent’anni di decisioni e amministrazioni precedenti, non muterebbe neppure con un cambio di inquilino alla Casa bianca”, perché “costruire fabbriche, approvvigionare materiali strategici, ridisegnare le catene di fornitura e altri aspetti sono processi che richiedono molti anni, scavallando inevitabilmente il quadriennio di questo o quel presidente”.


formiche.net/2023/04/intervist…



L’Europa alla corte di Xi: un po’ di Ucraina, tanto business


L’Europa alla corte di Xi: un po’ di Ucraina, tanto business Europa
Domani l'incontro a Pechino con Macron e von der Leyen. In contemporanea negli Stati uniti arriva la presidente di Taiwan: la Cina promette reazioni

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Affrontare la disinformazione russa richiede il coordinamento di diverse componenti della società dell'informazione.

@Giornalismo e disordine informativo

Contrasto a operazioni di disinformazione a lungo termine, immunizzazione della società agli strumenti della manipolazione, strumenti open source, finanziamento al giornalismo attendibile e integrato: ecco le possibili strategie da adottare

Di Alexandra Brzozowski su Euractiv

euractiv.com/section/europe-s-…

Questa voce è stata modificata (2 anni fa)

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in reply to Naixke

@Naixke :mastodon: hai ragione... la nostra delusione è la stessa delusione dell'agente 2293! Questa non è una dittatura sanitaria seria...


L'appello per le dimissioni di La Russa che abbiamo lanciato sabato pomeriggio ha già superato le 52.000 adesioni. Siamo certi che è solo l'inizio. Le grav


Il Ministro Giuseppe Valditara e il Presidente della Fondazione Fratelli Tutti, Cardinale Mauro Gambetti, hanno firmato oggi il Protocollo d’intesa “Sensibilizzare i giovani nei confronti delle tematiche legate alla pace, al dialogo, alla salvaguardi…


Banane, una potente arma geopolitica


Le banane sono uno dei prodotti alimentari più popolari al mondo che oggi si possono trovare in ogni supermercato. Molti consumatori li consumano come alimento gustoso e perché hanno numerosi benefici per la salute. Le banane erano spesso considerate un simbolo di una bella vita (un certo lusso) e nel corso del XX secolo numerosi […]

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Istruzione, un diritto umano fondamentale per le donne afghane


L’istruzione è ampiamente riconosciuta come un diritto umano fondamentale, essenziale affinché gli individui conducano una vita appagante e piena di potere. Purtroppo in alcune regioni del globo, soprattutto per le donne, l’accesso all’istruzione non è garantito. Il recente ritorno al potere dei talebani in Afghanistan ha esacerbato gli ostacoli di lunga data che le donne […]

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Armenia – Azerbaigian: i vantaggi della riconciliazione


L’esercito azero la scorsa settimana ha adottato misure per controllare nuove alture al confine con l’Armenia lungo una strada di recente costruzione. Ciò era in linea con i termini dell’accordo tripartito di cessate il fuoco del 9 novembre 2020. Questo accordo stabiliva che doveva essere costruita una nuova strada per collegare l’Armenia al Nagorno-Karabakh, evitando […]

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