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Ilan Pappè: verità sulla Nakba


Studi accademici dimostrano l'incontestabilità di quanto avvenuto nel 1948: l'espulsione forzata di centinaia di migliaia di palestinesi, spiega lo storico Ilan Pappè. Israele ha un'altra narrazione L'articolo Ilan Pappè: verità sulla Nakba proviene da P

di Michele Giorgio

Questa intervista è stata pubblicata il 14 maggio 2023 dal quotidiano Il Manifesto

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Pagine Esteri, 15 maggio 2023 – Nei giorni in cui Israele celebra la sua fondazione 75 anni fa, i palestinesi sono impegnati con raduni, sit in, conferenze, dibattiti a tenere viva la memoria della Nakba, la loro «catastrofe nazionale» parallela alla nascita dello Stato ebraico nel 1948. Una memoria fatta di esilio per centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini diventati profughi in campi allestiti nei paesi arabi vicini, di case e terre perdute e poi confiscate, di famiglie divise per sempre. Eppure, per quanto sia sempre viva e duratura tra i palestinesi, più parti, non solo Israele, spingono per spegnerla, per impedire che sia riconosciuta e prenda il posto che merita nella storia. Ne abbiamo parlato con lo storico Ilan Pappè, docente all’Università di Exeter, autore di saggi sulla storia di Israele e della Palestina tradotti in molte lingue.

Professor Pappè perché la Nakba viene oscurata, perché è sempre più difficile parlarne in pubblico?

Prima di spiegarne le ragioni chiariamo che le ricerche storiche fatte con professionalità a partire dagli anni ’80 da alcuni storici israeliani e stranieri e quelle realizzate prima di allora dagli storici palestinesi, hanno ottenuto risultati incontestabili sulla Nakba e le sue conseguenze. Studi e ricerche hanno documentato anche la pulizia etnica fatta da Israele nel 1948 (a danno dei palestinesi, ndr). Questi risultati, e rispondo alla domanda, contraddicono completamente la narrazione ufficiale israeliana ad uso interno ed internazionale. Mi riferisco alla versione che vuole l’esercito «più morale al mondo» impegnato nel 1948 a difendere Israele contro l’intero mondo arabo, alla tesi secondo cui gli arabi avrebbero chiesto ai palestinesi di abbandonare la loro terra mentre gli israeliani avevano chiesto loro di rimanere. E all’idea che Israele non ha avuto alcuna responsabilità nelle vicende del 1948 di cui sono stati vittime i palestinesi. In sostanza per questa narrazione, non c’è stata la Nakba. Le ricerche storiche ci hanno detto che tutto ciò è una pura fabbricazione. E che l’espulsione dei palestinesi, allora come oggi, è un crimine contro l’umanità. La preoccupazione delle autorità israeliane è che diffondendo, discutendo e analizzando gli esiti degli studi fatti dagli storici si ponga una questione morale sulla fondazione dello Stato di Israele. Se si comincia con questi interrogativi si arriva a sollevare una questione morale sull’intera impresa sionista (in Palestina, ndr) e a chiedersi perché il mondo ha permesso l’espulsione dei palestinesi.

Come spiega l’atteggiamento di varie istituzioni internazionali nonché di governi e partiti politici occidentali, di ferma opposizione, oggi più che in passato, al riconoscimento della Nakba?

Credo che tutte queste parti internazionali, occidentali, non intendano entrare in conflitto con Israele ed esporsi al rischio di accuse di antisemitismo che sempre più spesso sono rivolte a chi critica e solleva dubbi. Vanno considerati inoltre i rapporti economici, le vendite di armi, le relazioni di sicurezza con Israele. Quindi è molto più semplice ignorare la Nakba, zittire i palestinesi e negare la loro narrazione oltre che le loro aspirazioni. Allo stesso tempo la società civile occidentale è sempre più consapevole della Nakba e di quanto accade oggi nei Territori palestinesi occupati e si aspetta che i governi adottino delle politiche concrete contro la negazione dei diritti e di condanna di abusi e violazioni.

A livello accademico qual è oggi la consapevolezza della Nakba.

In termini generali si osserva da tempo un progresso un po’ ovunque. Tante università importanti, negli Usa e in Gb, nell’ambito di corsi di studi e seminari su Israele e palestinesi, hanno svolto ricerche sulla Nakba in modo corretto e professionale. Questo vale anche per l’Italia, la Spagna e la Scandinavia. All’Istituto Orientale di Napoli, ad esempio, ho apprezzato l’accuratezza del programma di studi su questi temi. Non mancano però all’interno delle università le attività di docenti che cercano boicottare questi lavori e di imporre la versione tradizionale degli avvenimenti del 1948 pur sapendo che contraddice la storia accertata in modo professionale dai loro colleghi. Da questo punto di vista penso che Francia e Germania siano i paesi più problematici.

Come giudica la linea fortemente pro-Israele dei partiti di destra che oggi governano in diversi paesi europei.

Per questi partiti accettare la narrazione ufficiale del 1948 e la versione di Israele di quanto accade oggi, vuol dire lavare e rendere bianco il proprio passato nero. Impressiona come alcuni di questi partiti che erano antisemiti e hanno sostenuto, persino partecipato, al genocidio degli ebrei, siano oggi i più accaniti sostenitori di Israele. Più hanno collaborato con il Nazismo e più appoggiano le politiche di Israele nei confronti dei palestinesi. Questi partiti, peraltro, sono islamofobici e per Israele è facile convincerli che non sta impedendo a un popolo di liberarsi dall’occupazione militare e che invece sta combattendo contro organizzazioni islamiche fanatiche.

Israele ha festeggiato qualche settimana fa, sulla base del calendario ebraico, il suo 75esimo compleanno mentre è nel pieno di una frattura interna alla sua maggioranza ebraica a causa della riforma giudiziaria avviata dal governo Netanyahu. Come legge le manifestazioni di massa a difesa della separazione dei poteri e della Corte suprema che vanno avanti da mesi.

È in atto uno scontro tra due modelli di nazionalismo. Le differenza è questa. Il primo, quello che porta avanti le proteste contro la riforma giudiziaria, vuole conservare il modello sostanzialmente laico, fondato su ciò che definisce una democrazia ebraica, precedente alla nascita, avvenuta alla fine dello scorso anno, del governo di destra estrema ora in carica. I suoi sostenitori accettano solo la bandiera israeliana alle manifestazioni, per affermare il carattere nazionalista della protesta contro il governo. Il secondo modello non punta alla difesa dei principi democratici, piuttosto vuole ridefinire l’Ebraismo nel 2023 e ritiene centrale dare un fondamento più religioso alla società israeliana. Entrambi però non mettono in discussione in alcun modo l’apartheid che viene praticato contro i palestinesi sotto occupazione militare e quelli con cittadinanza israeliana. Seguendo come i media hanno riferito sino ad oggi della spaccatura in atto in Israele, sono sorpreso che tanti giornalisti stranieri, anche quelli più esperti, non abbiano colto questi elementi politici ed ideologici tanto evidenti.

Questo è il presente, cosa vede in futuro?

Nel futuro immediato vedremo più repressione e più discriminazione nei confronti dei palestinesi e persino contro la minoranza di ebrei che si batte per la giustizia e i diritti. Si creeranno però più fratture e contraddizioni nel sistema con sviluppi significativi nella società civile locale e internazionale per la lotta all’apartheid. Ci vorrà del tempo ma non si potranno impedire i cambiamenti che da sempre attendono i palestinesi. Pagine Esteri

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Gli USA accusano il Sudafrica di armare la Russia


L’ambasciatore degli Stati Uniti in Sudafrica, Reuben Brigety, ha accusato le autorità di Pretoria di aver fornito armi alla Russia violando le sanzioni imposte a Mosca L'articolo Gli USA accusano il Sudafrica di armare la Russia proviene da Pagine Ester

di Redazione

Pagine Esteri, 12 maggio 2023 – L’ambasciatore degli Stati Uniti in Sudafrica, Reuben Brigety, ha accusato le autorità di Pretoria di aver fornito armi alla Russia utilizzando una nave cargo “segretamente attraccata” per tre giorni presso una base navale nei pressi di Città del Capo, lo scorso dicembre.

In una dichiarazione rilasciata all’emittente locale “News24”, Brigety ha affermato che gli Stati Uniti sono “sicuri” che le armi siano state caricate sulla nave Lady R – soggetta a sanzioni da parte degli Usa – mentre si trovava presso la base navale di Simon’s Town, e trasportate in Russia. L’ambasciatore ha aggiunto che una fornitura di armi a Mosca da parte del Sudafrica, durante la guerra in Ucraina, rappresenta una questione “estremamente seria” perché mette in dubbio la posizione neutrale adottate da Pretoria relativamente al conflitto tra Kiev e Mosca.

«La nave è rimasta attraccata presso la base navale di Simon’s Town dal 6 all’8 dicembre del 2022, ed è stata utilizzata per trasportare armi alla Russia», ha detto Brigety durante una conferenza stampa a Pretoria. Rispondendo ad un’interrogazione parlamentare, invece, il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa ha dichiarato che il governo del Sudafrica sta indagando sulla vicenda. «Siamo tutti a conoscenza delle notizie circolate e l’intera questione è in fase di esame. Lasciamo che l’indagine porti i suoi risultati. La questione è in fase di esame e col tempo saremo in grado di parlarne» ha affermato il capo dello Stato della Repubblica Sudafricana.

Secondo quanto riferito da fonti citate dal “Financial Times”, la nave – di proprietà di Transmorflot, una società che dallo scorso anno è sottoposta a sanzioni da parte degli Stati Uniti – la Lady R avrebbe spento il suo transponder mentre faceva scalo a Città del Capo dopo un viaggio lungo la costa occidentale dell’Africa. Dopo che la nave ha lasciato il porto, il ministero della Difesa sudafricano non ha fornito dettagli su ciò che la nave trasportasse.

Nel gennaio scorso il governo di Pretoria ha ufficialmente negato di aver approvato qualsiasi vendita di armi alla Russia da quando Mosca ha iniziato la sua invasione su vasta scala dell’Ucraina nel febbraio del 2022. Il Sudafrica ha dichiarato ufficialmente di essere neutrale nel conflitto in Ucraina, tuttavia ha subito numerose critiche per le sue consistenti relazioni con Mosca, in particolare per le esercitazioni navali congiunte con Russia e Cina condotte a febbraio al largo delle proprie coste.

Ramaphosa, inoltre, ha anche esteso l’invito al presidente russo Vladimir Putin a partecipare al prossimo vertice dei leader dei Brics in programma a Johannesburg ad agosto, una mossa che ha generato un acceso dibattito.
Il Sudafrica, che membro della Corte Penale Internazionale, sarebbe infatti legalmente obbligato ad arrestare Putin se si recasse nel Paese, dopo che il leader della Federazione Russa è stato condannato per la deportazione di un certo numero di bambini ucraini. Tuttavia di recente il Congresso nazionale africano (Anc) – movimento al governo in Sudafrica – ha stabilito che il governo debba ritirarsi dall’organismo.

La maggior parte dei paesi africani non ha esplicitamente condannato l’invasione russa dell’Ucraina, o comunque non ha aderito alle sanzioni comminate contro Mosca dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea. Da parte sua la Federazione Russa sta aumentando gli investimenti in alcuni paesi africani mentre la compagnia militare privata Wagner è ormai presente in numerosi territori del continente, affiancando le forze regolari di vari governi contro l’insorgenza jihadista o sostenendo i ribelli in armi contro governi invisi.

Negli ultimi mesi Washington ha lanciato una grande offensiva diplomatica e commerciale nel continente africano tentando così di recuperare un ruolo centrale e di rintuzzare la crescente egemonia cinese e russa. – Pagine Esteri

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Stefania Brai* C’è stato un tempo in cui gli autori denunciavano e lottavano contro ogni forma di censura: quella cinematografica, quella della Rai,

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La Difesa è il pilastro della pace. Cosa si è detto al think tank di Crosetto


Il lavoro delle Forze armate è il presupposto della sicurezza e il pilastro su cui poggiano democrazia e pace e per questo, però, è necessario comunicarlo e far conoscere alla società civile il lavoro della Difesa. Questo il cuore del discorso del ministr

Il lavoro delle Forze armate è il presupposto della sicurezza e il pilastro su cui poggiano democrazia e pace e per questo, però, è necessario comunicarlo e far conoscere alla società civile il lavoro della Difesa. Questo il cuore del discorso del ministro della Difesa, Guido Crosetto, che ha da poco presieduto la riunione di insediamento del Comitato per lo sviluppo e la valorizzazione della cultura della Difesa a Palazzo Esercito, insieme al capo di Stato maggiore della Difesa, ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, il Segretario generale della Difesa, generale Luciano Portolano, e i vertici di tutte le articolazioni delle Forze armate, Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri. In risposta ai repentini cambiamenti imposti dall’attuale quadro geostrategico sempre più complesso, l’obiettivo del Comitato è promuovere la cultura della Difesa attraverso un approccio nuovo e comunicare quello che rappresenta il sistema-Difesa a servizio del Paese.

Per una cultura della Difesa

Il comitato riunisce esponenti non solo del mondo militare, anzi, è pensato esattamente per aprire il più possibile il dibattito sulla cultura della Difesa all’interno della società italiana. Rappresentanti delle università, centri di ricerca, accademia, mondo della cultura e dell’informazione, dell’industria e dell’economia, costruiranno un dialogo serrato per consentire alla Difesa di “essere sempre un passo in avanti” nel discorso pubblico nazionale. “Oggi inizia un percorso di contaminazione biunivoca e virtuosa” ha detto il ministro, “questo deve essere un luogo di ascolto e un tavolo di dialogo per promuovere le Forze Armate e i loro valori”. Non solo missioni operative ma anche tecnologia, cultura e formazione, rispetto dei diritti e tutela dell’ambiente e del nostro patrimonio culturale, capacità empatica e generosità dei nostri uomini e donne in divisa che offrono il loro servizio nelle missioni all’estero e nella difesa del Paese.

La Difesa è uno strumento per perseguire la pace

“Quasi tutti pensiamo che la Difesa sia fatto importante, ma difficilmente si riesce a spiegare i motivi per i quali uno Stato moderno debba promuovere e garantire un proprio sistema di difesa efficiente, quali sono le ricadute industriali e tecnologiche, occupazionali o di ricerca scientifica ad esempio”. A dirlo in esclusiva ad Airpress è il segretario generale del Comitato Filippo Maria Grasso, direttore Relazioni istituzionali di Leonardo. “È la prima volta che il ministero della Difesa decide di avvalersi di un Comitato per trovare un momento di riflessione su come sono considerate e proposte le molte sfaccettature che questo mondo offre al servizio del Paese – ha continuato Grasso – Ragionare della Difesa non è un mezzo per promuovere l’intervento militarista. Non premia vocazioni bellicistiche. Tutt’altro. In Italia la difesa, senza se e senza ma, è uno strumento per perseguire la pace, lo sviluppo e la promozione delle nostre dimensioni di comunità. Questo è lo spirito con cui credo si sia voluto istituire questo Comitato, per trovare uno spazio nel quale fermarsi a riflettere su un aspetto così centrale eppure poco valorizzato del nostro Paese”.

I membri del Comitato

A formare il Comitato, presieduto dal ministro stesso, sono il presidente dell’Ansa Giulio Anselmi; l’economista Geminello Alvi; lo scrittore Pietrangelo Buttafuoco; la storica dell’arte Anna Coliva; il consigliere del ministro Pier Domenico Garrone; il professore di scienze e tecnologie aerospaziali del Politecnico di Milano Michèle Roberta Lavagna; il presidente dell’Associazione Produttori Audiovisivi Giancarlo Leone; l’editorialista Angelo Panebianco; il direttore dell’Alta scuola di Economia e relazioni internazionali dell’Università cattolica del Sacro Cuore professor Vittorio Emanuele Parsi; il segretario generale dell’Aspen Institute Angelo Maria Petroni; l’editorialista Gianni Riotta; il direttore de Il Sole 24 ore Fabio Tamburini; il presidente dell’associazione Big Data professore Antonio Zoccoli e il direttore Relazioni istituzionali di Leonardo Filippo Maria Grasso.


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Agenda della settimana


Quali sono i principali appuntamenti della settimana che sta per iniziare? Cosa farò? Quali saranno le sfide principali all’orizzonte… Mercoledì 17 maggio dalle 12.00 alle 12.45, nell’ambito delle iniziative organizzate per Forum PA 2023, parteciperò al panel “Digitalmente inclusivi: combattere le disuguaglianze attraverso l’alfabetizzazione digitale”, organizzato dal Miur. Per info qui. Giovedì 18 maggio... Continue reading →


Mini-naja? Meglio un servizio civile con regole militari. Parla il gen. Arpino


Ripristinare la leva militare? Un tema che spesso riaffiora e che sembra piacere all’attuale esecutivo. Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, durante la 94esima adunata nazionale degli alpini a Udine, ha precisato che quello della leva “è un tema ch

Ripristinare la leva militare? Un tema che spesso riaffiora e che sembra piacere all’attuale esecutivo. Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, durante la 94esima adunata nazionale degli alpini a Udine, ha precisato che quello della leva “è un tema che si può affrontare come ipotesi volontaria al servizio civile”. L’idea trova pieno appoggio nelle parole del presidente del Senato, Ignazio La Russa che vorrebbe una “mini naja” di 40 giorni. Ma siamo sicuri che sarebbe una strada percorribile? “Sarebbe meglio istituire un servizio civile, con regole militari che introduca tra i giovani valori, rigore e spirito di sacrificio, magari che includa attività organizzate da ex militari. Ma serve più tempo, non bastano 40 giorni”. La pensa così il generale Mario Arpino, già capo di Stato maggiore della Difesa e dell’Aeronautica.

Generale Arpino, immaginare una “mini naja” su base volontaria non sarebbe una strada percorribile?

La reintroduzione di questa mini-leva non servirebbe alle forze armate. Peraltro attualmente non ci sarebbero neanche più le strutture per organizzare un percorso di questo genere. Anche se, da parte del governo, penso che il problema si sia posto più sul versante educativo per i giovani.

Cosa intende dire?

Di fronte al precipizio culturale, è legittimo ed è apprezzabile l’intendimento dell’esecutivo. Anche se le forze armate non potrebbero svolgere un’azione sostitutiva delle agenzie educative, visto e considerato che i militari sono molto impegnati in altro. Servirebbe invece un servizio civile, magari con attività svolte e organizzate da ex militare, per instradare i giovani sulla via dei valori, del rigore e della disciplina. Ma non basterebbero certo 40 giorni.

Secondo lei di quanto tempo necessiterebbe questo percorso?

Ci vorrebbero dai tre ai sei mesi per incidere profondamente nelle coscienze. In questo modo si potrebbero educare i ragazzi allo spirito di sacrificio. Riconosco, insomma, l’esigenza di fare qualcosa per le nuove generazioni.

In che modo li impiegherebbe?

Ad esempio sarebbe interessante che i ragazzi prestassero servizio negli hub per l’accoglienza dei migranti. Un servizio dei giovani italiani in favore dei profughi. Sarebbe un grande insegnamento: servire gli altri e non se stessi.

Secondo lei una leva volontaria come immaginata dal governo non garantirebbe un ringiovanimento delle forze armate?

Il turnover è garantito e mi pare che le regole attuali abbiano dimostrato la loro efficacia. Non c’è nulla da toccare in questo senso. Più che altro i militari andrebbero impiegati per i compiti operativi anziché adoperati in maniera impropria.

A cosa si riferisce in particolare?

Quando i militari vengono impiegati per fare i piantoni davanti agli uffici, direi che il compito è improprio rispetto alla loro formazione e vocazione.


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La Difesa Ue scalda i motori, letteralmente. Il punto dell’ing. Scarpa (AvioAero)


Di fronte alle sfide e alle necessità del futuro, è indispensabile che i programmi per la Difesa, in particolare quelli internazionali, adottino una visione di lungo periodo, che identifichi i requisiti necessari alle piattaforme del domani per poter proc

Di fronte alle sfide e alle necessità del futuro, è indispensabile che i programmi per la Difesa, in particolare quelli internazionali, adottino una visione di lungo periodo, che identifichi i requisiti necessari alle piattaforme del domani per poter procedere allo sviluppo delle soluzioni tecnologiche adeguate. Nel campo aeronautico, le attività sempre più complesse che i mezzi saranno chiamati a svolgere richiederanno strumenti all’avanguardia per la gestione dell’energia, dalla propulsione al funzionamento di tutti i sistemi di bordo. L’Unione europea, attraverso il Fondo europeo della Difesa, sta procedendo in questo settore con diverse iniziative, da quello per l’elicottero di nuova generazione, l’Eu Next Generation Rotorcraft Technologies Project (Engrt), al progetto Novel energy and propulsion systems for air dominance (Neumann). Airpress ha parlato di queste iniziative con Pierfederico Scarpa, vice presidente Strategy, marketing e sales di Avio Aero, azienda che parteciperà alla definizione del sistema propulsivo dell’Engrt e che coordina il progetto Neumann. Stiamo assistendo ai festeggiamenti per il centenario dell’Aeronautica militare, dove si è vista la Forza aerea fortemente proiettata al futuro.

L’importanza del dominio aereo è riconosciuta anche a livello europeo. Tra i progetti finanziati dall’Ue tramite il Fondo europeo della Difesa, spicca quello per l’elicottero di nuova generazione, l’Eu Next Generation Rotorcraft Technologies Project. Di cosa si tratta?

Bisogna innanzitutto dire che questo programma non è ancora di produzione, e nemmeno di sviluppo. È un programma prodromico a queste fasi. Spesso ci si dimentica che certi ragionamenti hanno bisogno di tempi e di fasi iniziali indispensabili alla buona riuscita, poi, del progetto concreto. In questo caso, dunque, bisogna dare adito alla visione lungimirante della Commissione europea, e di quanto c’è dietro al Fondo europeo per la Difesa. Stiamo parlando, dunque, di definire i requisiti, operativi prima e tecnologici poi, che a loro volta influenzeranno lo sviluppo del progetto. L’obiettivo è andare ad analizzare quali sono i gap capacitivi rispetto ai futuri profili di missione, e da lì si comincia a impostare il lavoro affinché si arrivi poi alla definizione delle soluzioni necessarie per colmare questi “vuoti”.

Che ruolo giocherà Avio Aero nel progetto?

Com’è giusto che sia, capofila del progetto saranno gli airframer, coloro che definiranno e integreranno il sistema velivolo, Leonardo e Airbus Helicopters. Avio Aero, dunque, parteciperà alla definizione del sistema propulsivo, insieme agli altri motoristi europei come ITP, MTU Aero, Safran Helicopter Engines e Rolls-Royce Deutschland, tutte aziende con le quali già collaboriamo in altri programmi. In questa fase, dunque, ci supporteremo a vicenda per tradurre i requisiti operativi in tecnologie e caratteristiche di prodotto, cioè il motore, in linea con quanto emerso. Per noi è sicuramente una partecipazione importante e per nulla scontata. È indicativa di un percorso di crescita che ha fatto l’azienda e che ci consente oggi di poter dire la nostra in modo qualificato, grazie alle nostre competenze ingegneristiche e tecnologiche.

Tra l’altro l’azienda è presente anche in altri programmi all’avanguardia…

A livello europeo la versione militare del nostro motore turboelica Catalyst è stata selezionata nel marzo 2022 da Airbus Defense & Space per la motorizzazione dell’EuroDrone. Inoltre, siamo il partner europeo di riferimento per lo sviluppo del sistema propulsivo del caccia di sesta generazione che sarà realizzato all’interno del Global combat air programme (Gcap), dove siamo impegnati con Rolls-Royce e IHI Corporation. Una presenza frutto di una trasformazione che negli ultimi anni ci ha portato a diventare una delle principali aziende della propulsione europee. Sono tutti progetti all’avanguardia e sulla frontiera dell’evoluzione tecnologica nel campo della propulsione del futuro.

Per sviluppare sistemi aerei sempre più all’avanguardia, uno degli aspetti principali è rappresentato dalla propulsione. Come dovranno essere i motori del futuro?

Bisogna partire dalla premessa che l’obiettivo è quello di cercare di capire dove la tecnologia sarà tra qualche anno. Se vogliamo essere leader, e non follower, dovremo infatti contribuire a spostare la frontiera dell’innovazione, che abbiamo menzionato poco fa, sempre un po’ più in là. Si parla ormai di power and propulsion systems, concetto che prevede un maggior accoppiamento tra il motore aeronautico e la produzione di energia elettrica. Le varie piattaforme necessitano infatti di energia dal momento che i motori, oltre ad assolvere al compito di fornire la spinta necessaria al volo, dovranno sempre più produrre energia per i diversi sistemi installati sul velivolo. L’effetto collaterale è una maggiore produzione di calore, che dovrà essere smaltito attraverso dei sistemi di gestione termica (power and thermal management system), che sono in continuo sviluppo e miglioramento.

Sul tema della propulsione, Avio Aero coordina il progetto europeo Neumann. Come si articoleranno le fasi dell’iniziativa e quali sono gli obiettivi della società?

Per noi il progetto Novel energy and propulsion systems for air dominance (Neumann) è una vera punta d’orgoglio: coordiniamo un consorzio formato da 37 partner europei, composto da aziende, Pmi, università e centri di ricerca. Il budget stanziato dall’Unione Europea per il progetto è di circa 56 milioni di euro, che lo rende il più grande consorzio finanziato dal Fondo europeo della Difesa. L’obiettivo è quello di sviluppare tecnologie proprietarie europee per far fronte ai requisiti per i sistemi propulsivi di nuova generazione. Ricordiamoci che in Europa stiamo passando dalla quarta generazione (Eurofighter e Rafale) direttamente alla sesta, dal momento che l’F-35 non è stato sviluppato in Europa. Dai progetti degli anni Ottanta, quindi, il Vecchio continente si trova a fare un salto tecnologico importante. Non è una cosa banale, dato che le nuove piattaforme richiederanno sempre maggiore energia, anche perché si tratterà di “system of systems”. In questo senso, aver coinvolto nel progetto Neumann anche degli airframer ci permetterà di lavorare in maniera integrata, interfacciando i sistemi che dovranno operare insieme ai velivoli.

Sistemi e piattaforme del futuro dovranno tenere in conto sia le difficoltà legate a una supply chain resa più fragile da uno scenario globale più complesso, sia il necessario livello di sostenibilità dei sistemi stessi. Quali potrebbero essere possibili soluzioni?

Il discorso di filiera è sicuramente importante e delicato. Il conflitto in Ucraina è infatti intervenuto su un sistema già fragilizzato dalla pandemia da Covid. Questo, tuttavia, ha contribuito ad accendere i riflettori su due elementi strategici della supply chain: la dipendenza dall’estero e la resilienza della filiera. Il tema della dipendenza, naturalmente, implica che al momento molte delle cose che ci servono dobbiamo comprarle fuori dall’Europa. Quello della resilienza, invece, misura la capacità del sistema di assorbire gli impatti. I fatti hanno purtroppo evidenziato che eventi che si ritenevano impensabili sono invece possibili. Dobbiamo allora considerare che, se la forza di una catena è data dal suo anello più debole, la supply chain della Difesa ha moltissimi anelli, sui quali bisogna agire per renderli sempre più capaci di resistere alle crisi. Le grandi aziende devono assumere un ruolo di guida e fare da catalizzatrici per una maggiore integrazione della filiera, ai fini di potenziarla e renderla resiliente di fronte alle sfide del futuro.


formiche.net/2023/05/difesa-ue…



Si chiama Echo, è israeliano e potrebbe essere l’incubo peggiore per la nostra privacy


L’idea è tanto semplice quanto pericolosa: acquistare e processare i dati personali che ciascuno di noi abbandona online, per poi rivenderli ad agenzie di intelligence e forze di polizia di mezzo mondo Potete leggere l’articolo completo qui huffingtonpost.it/rubriche/gov…


guidoscorza.it/si-chiama-echo-…

in reply to Informa Pirata

@Shamar@qoto.org

😂

Mettiamo un po' d'ordine: le "Licenze Rompi Cazzi" dette anche RCL hanno tre varianti:

RCL.1 — è la meno stringente, chiunque (essere umano o macchina) può leggere e usare il contenuto come gli pare ma se lo deve scordare dopo 2 minuti, una macchina la può solo tenere per il tempo consentito nella memoria RAM; in aggiunta non può essere letto o analizzato due volte di seguito nello stesso giorno. La RCL.1H è una variante specifica che si applica solo agli esseri umani e congiuntamente alla RCL.3.

RCL.2 — è la RompiCazzi per definizione: un AI e qualsiasi altro strumento surrogato, diretto e indiretto, non può usare il tuo contenuto per nessuna ragione, nemmeno se viene autorizzato dallo stesso autore, "ex ante" ed "ex post".

RCL.3: è una estensione della seconda, e oltre ad applicare la RCL 2, vieta a qualunque essere umano e a qualunque macchina di divugarne il contenuto ad un'altra AI e surrogati. Quando lo si divulga ad altro essere umano si può decidere di applicare una RCL.1H.

Questa voce è stata modificata (2 anni fa)

Maronno Winchester reshared this.

in reply to ❄️ freezr ❄️

@freezr

La #HackingLicense è più subdola: puoi farci quello che vuoi, ma tutto ciò che produci (incluso l'output o un "modello AI") deve essere distribuito sotto la stessa licenza.

monitora-pa.it/LICENSE.txt

@informapirata

Informa Pirata reshared this.



Le iniziative delle altre Autorità


Come collaborano gli altri: la prima istruttoria congiunta dei Garanti australiano e neozelandese Il Garante per la privacy austrialiano (OAIC) e quello neozelandese (OPC) hanno avviato, per la prima volta, un un’istruttoria congiunta. Nel mirino delle due autorità, la gestione di un data breach da parte del gruppo societario Latitude, che si occupa di servizi... Continue reading →


I rifugiati del Tigray affrontano nuovi terrori dopo essere scampati da una guerra genocida in Etiopia


Vivendo nei campi delle Nazioni Unite in un Sudan in rapido collasso, i rifugiati dall’Etiopia vengono rapiti, portati attraverso il Sahara e torturati per ottenere un riscatto, in una brutale industria multimilionaria. L’incubo di Selassie iniziò quando

Vivendo nei campi delle Nazioni Unite in un Sudan in rapido collasso, i rifugiati dall’Etiopia vengono rapiti, portati attraverso il Sahara e torturati per ottenere un riscatto, in una brutale industria multimilionaria.
Rifugiati nell'insediamento di Um Rakuba nel sud-est del Sudan. Fotografia: Ed Ram
Rifugiati nell’insediamento di Um Rakuba nel sud-est del Sudan. Fotografia: Ed Ram
L’incubo di Selassie iniziò quando uomini che si dicevano contadini lo presero, promettendogli lavori agricoli.

Dopo essere riuscito a lasciarsi alle spalle la violenza della guerra civile nella sua regione natale del Tigray , nel nord dell’Etiopia, alla fine del 2020, aveva svolto diversi lavori occasionali, raccogliendo sorgo e scavando canali di irrigazione per gli agricoltori vicino a Tunaydbah, un campo profughi nel sud- Sudan orientale.

Questa volta, dopo che Selassie e altri profughi sono saliti a bordo del camion, sono stati condotti nel profondo del deserto, dove i cosiddetti contadini hanno incontrato complici armati di AK-47. È stato solo allora che “ci siamo resi conto di essere stati rapiti”, dice.

Da lì, i profughi sono stati trafficati a nord, fino al confine libico, e venduti a un’altra banda. Nel corso dell’anno successivo, Selassie è stato trattenuto con altri rifugiati provenienti da Somalia, Eritrea ed Etiopia , torturata quasi quotidianamente e trasferita in una serie di angusti magazzini senz’aria nel deserto.
Il campo di Tunaydbah ospita 23.000 rifugiati del Tigray. Fotografia: Ikram N'gadi/MSF
Il campo di Tunaydbah ospita 23.000 rifugiati del Tigray. Fotografia: Ikram N’gadi/MSF
I trafficanti si sono rifiutati di rilasciarlo fino a quando la sua famiglia non ha pagato un riscatto di $ 6.000 (£ 4.800). Dopo che è stato pagato, invece di rilasciarlo, la banda lo ha semplicemente venduto ad altri, che hanno chiesto altri $ 2.000. Dopo che è stato pagato, è stato nuovamente passato a un altro gruppo di rapitori, che ha chiesto la stessa somma.

“Non pensavo che ne sarei uscito vivo”, dice Selassie.

La sua esperienza non è unica. Attivisti e altri tigrini hanno riferito al Guardian che i trafficanti depredano le persone a Tunaydbah e Um Rakuba, due insediamenti che fanno parte di una serie di campi gestiti dalle Nazioni Unite e dal governo sudanese nel Sudan sud- orientale . Insieme, i campi ospitano 70.000 persone fuggite dal Tigray.

I rifugiati sono le ultime vittime della vasta e brutale industria del traffico di esseri umani del Sahara, che si ritiene valga centinaia di milioni di dollari all’anno, che si estende in tutta l’ Africa e intrappola coloro che fuggono da guerre, persecuzioni politiche e difficoltà economiche. Chi non può pagare i riscatti chiesti dalle bande non ha alcuna prospettiva di liberazione.

Alcuni tigrini sono stati rapiti da trafficanti, come Selassie. Altri venduti dai poliziotti sudanesi, che li avevano sorpresi a uscire dai campi senza permesso.

Selassie era originariamente fuggito dal Tigray dopo essere stato coinvolto nella violenza a Mai Kadra , dove lavorava come autista di trattori, nel novembre 2020. Pugnalato al petto e alla gamba, si è riempito le ferite con foglie e pezzi di vestiti strappati.
Sopravvissuti al massacro di Mai Kadra, nell'ospedale di Gondar, nel nord dell'Etiopia, nel 2020. Foto: Eduardo Soteras/AFP/Getty Images
Sopravvissuti al massacro di Mai Kadra, nell’ospedale di Gondar, nel nord dell’Etiopia, nel 2020. Foto: Eduardo Soteras/AFP/Getty Images
Dopo il suo rapimento da Tunaydbah, la guerra è scoppiata anche in Sudan mentre l’esercito nazionale e il gruppo paramilitare rivale delle Forze di supporto rapido combattono per il controllo. Gli aiuti si sono prosciugati ei rifugiati hanno iniziato a lasciare i campi in cerca di cibo e riparo, esponendosi a ulteriori predazioni mentre il Sudan crolla nell’illegalità.

Un operatore umanitario afferma che il problema della sicurezza dei rifugiati tigrini è stata sollevata con le Nazioni Unite, ma che non sono state prese misure per aiutare. “Non volevano davvero sentirne parlare, ad essere onesti. Sembrava che stessero chiudendo un occhio su alcuni chiari problemi di protezione dei rifugiati”.

I rifugiati tigrini rapiti prima dell’attuale conflitto in Sudan affermano di essere stati portati nei magazzini di Tazirbu, Bani Walid, Kufra e Brak al-Shati, città nel deserto libico, dove sono stati trattenuti insieme a migliaia di altri.

I trafficanti che chiedono il pagamento frustano le loro vittime sui piedi e sulle natiche con cavi e tubi dell’acqua di plastica, affermano diversi rifugiati. Alcuni sono stati bruciati con le sigarette. Selassie dice che i suoi aguzzini lo hanno coperto d’acqua e lo hanno sottoposto a scosse elettriche. Quando gli altri venivano portati fuori, poteva sentire le loro urla.

“Non c’era spazio, eravamo soffocati”, dice. “Le persone si ammalavano, tutti avevano i pidocchi. Le persone erano coperte di croste”.

Mentre si trovava in un magazzino, si è svegliato due volte per scoprire che la persona che dormiva accanto a lui era morta. “Ho visto molti corpi”, dice.

I rifugiati del Tigray in Sudan vengono trafficati a scopo di riscatto


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Due donne e un uomo del Tigray affermano di aver subito abusi sessuali dai loro carcerieri in Sudan e in Libia. Una dice che tutte le donne sono state stuprate nel magazzino dove era tenuta a Kufra da trafficanti libici ed eritrei.

“Ci hanno preso ogni volta che volevano”, dice. “Sono stata violentata diverse volte. Minacciavano di metterci incinta se non avessimo pagato”.

Il rifugiato maschio crolla al telefono mentre racconta il suo calvario in un complesso di Omdurman, la città gemella di Khartoum, la capitale del Sudan.

“Un giorno sono andato in bagno. Poi è venuto un ragazzo e mi ha portato in un’altra casa. C’era un altro ragazzo lì dentro. Mi ha tirato dentro e mi ha spinto giù, e io ero sul pavimento. Mi hanno violentato. Sono tornato in bagno e stavo contemplando il suicidio. Ho provato ad allacciarmi la cintura per uccidermi, ma l’uomo è entrato e mi ha fermato. Mi ha rinchiuso dove ero prima con le altre persone.”


All’interno dei magazzini del deserto libico, ai profughi veniva data pasta semplice e acqua salata. Spesso c’era solo cibo sufficiente per un pasto al giorno.

Yohannes, un saldatore di 22 anni di Wukro nel Tigray, parla dall’interno di un magazzino a Brak al-Shati, dove è detenuto con altri 300, per lo più eritrei. È stato malato di malaria e ha sviluppato piaghe su tutto il corpo.
Sulla strada per Tunaydbah nello stato sudanese di Gedaref. Fotografia: Ikram N'gadi/MSF
Sulla strada per Tunaydbah nello stato sudanese di Gedaref. Fotografia: Ikram N’gadi/MSF

“È un posto molto caldo”, dice. “Siamo stipati così fitti che non posso voltarmi. Sul pavimento non c’è spazio per sdraiarsi, possiamo solo dormire su un fianco. Non possiamo uscire perché la porta è chiusa. Non te ne vai se non paghi”.


Intrappolato per quasi due anni, Yohannes dice di non avere questa opzione. Nel tentativo di proteggere la sua famiglia, non ha detto loro dove si trova.

“Non ho i soldi, ecco perché sono qui da così tanto tempo”, dice. “Vengo da una famiglia povera… non ho contattato mia madre. Lei è malata.”

Un blackout delle comunicazioni imposto al Tigray durante la guerra significava che la maggior parte non poteva telefonare alle proprie famiglie per chiedere aiuto.

“Sono stato picchiato quando ho detto loro che non potevo chiamare il Tigray perché la rete è chiusa lì”, dice Keshi, uno studente di 21 anni, rapito dal campo di Tunaydbah nel giugno 2021. “Hanno detto: ‘No, stai mentendo a noi.’ Arrivavano ubriachi e ci picchiavano”.


Keshi è stato tenuto in una stanza senza finestre da qualche parte a Kufra. L’esperienza lo ha lasciato parzialmente cieco. “Per nove mesi non abbiamo visto il sole”, dice.

Un trafficante di esseri umani eritreo, parlando a condizione di anonimato, afferma che c’è stato “un forte aumento” nel numero di tigrini che attraversano il Sahara verso la Libia da quando è scoppiata la guerra civile alla fine del 2020. Si sono uniti a una rotta già ben battuta da rifugiati provenienti da altre parti dell’Africa.

Il contrabbandiere, lui stesso un rifugiato, afferma che i trafficanti “possono guadagnare milioni” tenendo ostaggi. Si rifiuta di fornire dettagli sul suo coinvolgimento nel commercio, dicendo solo che trasportava 150 persone all’anno.

Diversi dei profughi intervistati dal Guardian sono riusciti a fuggire dai magazzini del deserto e ora si trovano a Tripoli, la capitale libica. Includono Selassie, il bracciante agricolo.

Anche lì non è al sicuro, dice Selassie. In mancanza di documenti, i profughi sono vulnerabili alle irruzioni della polizia libica, che li rinchiude e chiede tangenti per il loro rilascio, tattiche simili a quelle dei trafficanti.
Manifestanti durante la visita del segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, al centro di detenzione per migranti di Ain Zara a Tripoli, in Libia. Fotografia: Mahmud Turkia/AFP/Getty Images
Manifestanti durante la visita del segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, al centro di detenzione per migranti di Ain Zara a Tripoli, in Libia. Fotografia: Mahmud Turkia/AFP/Getty Images
Quindi vivono sottoterra. Qualche mese fa Selassie ha provato a prendere una barca dalla Libia, attraverso il Mediterraneo, verso l’Italia con decine di altri. Si capovolse a breve distanza al largo, lasciando una manciata di sopravvissuti.

Selassie è stato tirato fuori dall’acqua dalla guardia costiera libica, che ha ricevuto centinaia di milioni di finanziamenti dall’UE per impedire ai richiedenti asilo di intraprendere il pericoloso viaggio verso l’Europa. Dice che lo hanno consegnato alla polizia.

“Sono stato in prigione per tre mesi e ho pagato loro una tangente di $ 1.600 per essere rilasciato”, dice. “Sono stato fortunato a poter pagare. C’erano circa 2.000 persone lì. Alcuni di loro erano stati detenuti per uno o due anni”.


Selassie si nasconde ancora a Tripoli, giocando al gatto col topo con le autorità libiche, cambiando regolarmente casa per evitare i loro raid. Non sa cosa riserva il futuro.

“Non ho abbastanza soldi per sopravvivere”, dice. “Se posso ottenere un’istruzione e un lavoro in Europa, forse ho speranza di cambiare la mia vita.”


Alcuni nomi sono stati cambiati


FONTE: theguardian.com/global-develop…


tommasin.org/blog/2023-05-15/i…



Summary of Statement Public Prosecutor’s Office, Central and Contact Point Cybercrime (ZAC) on the public hearing of the Digital Affairs Committee of the German Bundestag on “Chat Control”


Original Statement here. The assessment is made primarily from the perspective of prosecutorial and general law enforcement practice. The perspectives of prevention, improved compliance and other effects on societal, political … https://www.bundestag.de

Original Statement here.

The assessment is made primarily from the perspective of prosecutorial and general law enforcement practice. The perspectives of prevention, improved compliance and other effects on societal, political as well as technical aspects are only examined in their respective interaction with law enforcement in view of the expertise available here.

The proposal for a regulation also has an impact on the activities of the national law enforcement authorities dealing with the crime of child abuse in the digital space.

Compared to a risk-based general intervention also in end-to-end encrypted communication infrastructures, concrete, effective, but always occasion-related criminal prosecution is likely to be a much milder, but (at least) equally suitable means to improve the fight against net-related child abuse.

Without a human, evaluative and legally and criminally competent review of the cases identified as relevant, a reliable identification of criminally relevant cases on the basis of AI alone is unlikely to be possible.

Scanning activities by major internet corporations (of unencrypted messenger messages and emails, hosted files and posted content) should now be mandatory for service providers (including host providers, interpersonal communication services, app stores, access providers).

Age verification: any anonymous use of communication services would become de facto impossible (as effective exclusion of minors would only be achievable through personal identification, not through mere age confirmation)

Targeted detection obligations on the basis of so-called detection orders


  • Provider decides whether to use own software or that of the EU Centre against Child Abuse.
  • Commitment only possible through fully comprehensive, automated, largely AI-based review of communication content
  • Automated scanning of all content of a service are an encroachment on European (and national) fundamental rights
  • Scanning of end-to end encrypted content would have to take place on users’ devices (client-side scanning), so that encryption is not completely abolished or technologically weakened.
  • Detection orders significantly affect information security (predetermined breaking point for encryption technology with evidenced potential for risk and misuse)
  • Private conversations and private image and video files that can be attributed to the private sphere will also have to be noted and examined by a large number of examiners.
  • Service providers are to report content deemed relevant to a new EU centre to be set up and remove the material.
  • Prior verification by the EU Centre before onward transmission
  • Effective legal remedy for both providers and users: inter alia, legal remedy before the courts of the Member State, the competent judicial authority or the independent administrative authority.
  • Individual remedies are not a sufficiently suitable corrective for any misuse of detection orders. Providers with vested interests cannot adequately fulfil the legal function for users. Urgent introduction of a strong and independent control mechanism is needed.
  • All digital communication services and devices are covered by the regulations, without range or usage thresholds
  • Criminal law is applied proportionality, criminal prosecution at any price is not a viable alternative under German and European constitutional law.


Commission proposal in the sense of the classic proportionality triad must be appropriate, necessary and proportionate in the narrower sense


  • The detection order does not prove to be fully necessary to achieve the goal of an improved and effective fight against network-related child abuse. Furthermore, it encounters – partly far-reaching – concerns with regard to its appropriateness.
  • There are no doubts about the fundamental legitimacy of the purpose
  • Means also likely to be suitable, i.e. at least conducive, in relation to the purpose sought.
  • Despite possible crowding-out effects to other technologies or providers, the proposed measure is not to be qualified as per se unsuitable
  • Significant and, in the end, far-reaching concerns exist with regard to necessity, especially insofar as they are directed against end-to-end encrypted communication
  • The Commission proposal assumes a lack of knowledge and information on the part of the law enforcement authorities
  • End-to-end encryption of perpetrator communications in the field of net-related child abuse is only in a significantly smaller number of cases a significant obstacle to investigation
  • The scope of knowledge arises from a combination of server-side monitoring, the investigation procedures themselves and from third party tips
  • Commission moves significantly away from the reality of law enforcement practice with regard to end-to-end encrypted communications. Rather, there is a structural deficit in action due to insufficient technical and personnel resources of the law enforcement agencies.
  • Improved European cooperation between investigative authorities through an EU centre can be an essential contribution, also for ensuring a unified European intelligence practice
  • Multinational so-called Joint Investigation Teams are to be set up on a permanent basis instead of only on a trial-by-trial basis.
  • The risk of innocent citizens being affected by official investigations is significant.
  • False-positive reports are a misallocation of resources for the investigating authorities
  • Pre-filtering in the EU centre means additional resource requirements


Detection delta


  • Hashes for known and classified abuse material.
  • AI should detect unknown misuse material but is prone to error and requires invasive methods
  • Hashes can significantly minimise the intensity of intervention, which is appropriate in terms of results, and is sufficiently effective
  • Closing the detection delta by upgrading the law enforcement authorities
  • End-to-end encryption is the only effective means of protecting the confidentiality of digital communications. It is the most important digital protection measure for individuals, businesses, public authorities and law enforcement (including specially protected professions such as defence lawyers). Encryption is either effective or compromised from a technical perspective. Encryption that is weakened or structurally undermined by an instrument such as the discovery order is, in effect, no encryption.


Recommendations


  • Empower and strengthen law enforcement agencies.
  • Instead of “data retention” rejected by the European Court of Justice, limited IP allocation
  • Live extraction of current IP data without a retrograde storage (“login trap”), with a very limited storage period for IP assignment data of one week.
  • Improving international cooperation at European level
  • EU Centre as a competence and coordination hub
  • Netblocks are easy to circumvent, better delete material and prosecute people. “Track instead of just block”

patrick-breyer.de/en/summary-o…



#NotiziePerLaScuola

È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.



Summary of Statement by the Federal Commissioner for Data Protection and Freedom of Information on the public hearing of the Committee on Digital Affairs of the German Bundestagon the topic of “Chat Control”


Original Statement here. The fight against child sexual abuse is an extremely important social task that must be fulfilled with all suitable and appropriate means at our disposal. The so-called … https://www.bfdi.bund.de/SharedDocs/Downloads/DE/Dokument

Original Statement here.

The fight against child sexual abuse is an extremely important social task that must be fulfilled with all suitable and appropriate means at our disposal. The so-called chat control, however, significantly exceeds the goal of this task. It hardly offers greater protection for children, but instead it would be Europe’s and Germany’s entry into a disproportionate, unconditional and comprehensive surveillance of private communication.

Implications


  • Not compatible with the right to respect for private life under Article 7.
  • Incompatible with the right to protection of personal data under Article 8 of the EU Charter of Fundamental Rights (CFR).
  • From a constitutional point of view, not compatible with the secrecy of telecommunications under Article 10 of the German Basic Law (GG).
  • From a constitutional point of view, not compatible with the right to informational self-determination Article 2(1) in conjunction with Article 1(1) (GG)
  • Mandatory risk assessment lacks clarity in standards and in determining which parameters are used as a basis and to what extent they are weighted.
  • Detection orders require service providers to view private communications and information content (all content of all users of a service and, if necessary, break encrypted communication)
  • Not compatible with the right to respect for private life under Article 7 CFR
  • No exceptions are provided for, not even for professionals with confidentiality requirementssuch as doctors, psychologists, lawyers or state-recognised youth and social workers. Paragraph 1 of the Criminal Code (Strafgesetzbuch, StGB) provides for a penalty of up to one year’s imprisonment for the unauthorised disclosure of information by persons subject to professional secrecy and thus underlines the special worthiness of protection of this communication.
  • Voice messages would also be intercepted despite the special protection afforded to the spoken word by the provision of section 201 of the Criminal Code (Strafgesetzbuch, StGB).
  • Infringement of the principle of transparency under Article 5(1)(a) of the General Data Protection Regulation (GDPR)
  • Undifferentiated search for CSA material contradicts the principle of data minimisation under Article 5(1)(c) GDPR.
  • According to the case law of the European Court of Justice, unprovoked mass surveillance is not compatible with the EU Dharter of Fundamental Rights (GRCh)
  • Lack of data protection supervision (data protection supervisory authorities should only be able to participate with non-binding opinions prior to deployment, Article 7(3) Draft Regulation).
  • Detection order: All services and devices on which digital communication takes place or could take place are covered by the provisions of the draft regulation. It is irrelevant whether the services are actually used to exchange abusive material or whether grooming takes place there; a “significant risk” that they could be used for this purpose is sufficient. This means that hosting services, stores for software applications or internet access services are covered by the scope of application. In addition, personal cloud storage, which serves as a backup of one’s own photos on mobile phones and is not shared, is also covered.
  • Scanning all textual communication for ‘grooming’ affects everyday conversations of participants of all ages and age constellations.
  • False reports and false positives as well as the screening of personal communication will also lead to users only using the respective services to a limited extent or not at all for fear of continuous surveillance (so-called “chilling effects”).
  • There are no known technologies that can reliably distinguish between harmless, sexually or romantically charged communication and grooming.


Sensible measures


  • Strengthening and expanding the resources of law enforcement agencies
  • Prevention of child sexual abuse – also outside the online world
  • Require service providers to set up low-threshold reporting channels for affected persons that are linked to law enforcement agencies or other state counselling centres.
  • Login traps and quick freeze (targeted investigation after initial suspicion and court order)


Critique


  • In my opinion, the draft regulation leads to unjustifiable encroachments on the fundamental rights enshrined in the EU Charter of Fundamental Rights and the Fundamental rights.
  • End of confidential communication, whether by breaking end-to-end encryption or by so-called client-side scanning.
  • Mandatory age controls by app and software stores incl. exclusion of certain age groups from software applications leads to a restriction of communication and endangers the possibility of anonymous/pseudonymous internet use.
  • Lifting anonymity would have serious consequences in many countries, especially for opposition members or whistleblowers, both within and outside the European Union.
  • Technologies for finding CSA material, still have error rates of up to 12% in some cases.
  • Once introduced, there is a threat of an expansion of monitored content in Europe as well.
  • Apart from official identity documents, such as the German electronic identity card, I am not aware of any technologies that enable reliable, anonymous age verification.
  • Alternative technologies, such as AI-based age verification (facial recognition, behavioural analysis) regularly fall short of the necessary level of reliability. They regularly require additional, often sensitive personal data. The collection and recording enables identification, which jeopardises anonymity.
  • The use of third-party providers bears the risk that calls are linked and users are identified.
  • The lifting of anonymity in certain countries (especially for opposition members, whistleblowers) can have dangerous or even life-threatening consequences.
  • As soon as technologies and interfaces are implemented, there is nothing to prevent illegitimate use (by authoritarian states or malicious actors), these would be “surveillance ready” in the future.
  • False-positive reports in connection with possible criminal investigations (e.g. in the case of consensual sexting among young people) threaten unnecessary contact with criminal investigation authorities, which could well have a formative character for these young people.
  • Chilling effect on the exercise of free will undermines the foundation of a free society.
  • The blocking of entire domains regularly leads to excessive blocking (so-called overblocking) and does not meet the requirements of the European Court of Justice for targeting.

patrick-breyer.de/en/summary-o…



“Artificial intelligence, robots and torts: challenges and perspectives” di Pier Giorgio Chiara (Aracne)


Le tecnologie digitali emergenti, come l’intelligenza artificiale, la robotica avanzata e i sistemi autonomi, hanno portato alla creazione di prodotti e servizi innovativi che consentono nuove opportunità per la nostra economia e società, creando sistemi nuovi e ambienti complessi che migliorano significativamente la vita quotidiana delle persone. Il volume “Artificial intelligence, robots and torts: challenges... Continue reading →


Statement by the Child Protection Association (Der Kinderschutzbund Bundesverband e.V.) on the Public Hearing of the Digital Affairs Committee on “Chat Control” 


Summary of statement found here: https://kinderschutzbund.de/wp-content/uploads/2023/02/Statement-for-the-public-hearing-on-chat-control-on-March-1-2023_DKSB.pdf The proposal and its implications The EU initiative sends a clear signal to all EU states t

Summary of statement found here: kinderschutzbund.de/wp-content…

The proposal and its implications


The EU initiative sends a clear signal to all EU states to take stronger action against sexualised violence against children. We strongly welcome this. To implement this important goal, the directive proposes necessary and correct measures, but goes too far at crucial points.

  • Scanning private communications in messenger services or e-mails without any reason is neither proportionate nor effective.
  • An environment in which freedom of expression and confidential communication are taken for granted is an essential pillar of democracy and participation.
  • Scanning without any reason criminalises children and young people even more often.
  • Data protection and child protection should not be played off against each other, children’s rights need both: the right to physical integrity, but also the right to protected communication.
  • Only if they can trust that they will not be constantly monitored can they develop the necessary trust in their guardians, teachers and friends that will help them seek help from trusted people when they need it.
  • Could lead to millions of legal message exchanges being unfairly targeted by authorities.
  • Chat control would create a surveillance structure that could be misused for other purposes.
  • The proposal also threatens, for example, certain professions that are bound to secrecy.
  • Technology that makes it possible to censor certain content even before it is sent or uploaded endangers people living in (partly) authoritarian countries who are politically active, journalists or people in the LGBTIQ+ communities. This affects children just as much, especially the most vulnerable children.
  • It is not justifiable to abolish the confidential private communication guaranteed by the Basic Law by means of algorithms.


Sensible measures for children’s rights online and against cyber grooming:


  • Effective age verification (in conformity with fundamental rights: without compulsory identification, without collecting biometric data, without interfering with encrypted communication), in both directions (hiding content from younger users; preventing older users from accessing content used by children).
  • Security requirements and mandatory risk assessments for providers (hosting and social media platform providers)
  • High-quality, sensitive moderation of chats
  • Pattern analysis to detect groomers in order to block and/or report them
  • Easily accessible reporting procedures for children and young people who need help
  • Server side scanning of public platforms: Mandatory scanning of footage on platforms’ servers and filehosters (searching for known footage with hashes and new data with AI support)
  • Establish a central authority (which, like NCMEC, collects data, develops strategies, supports new technical procedures, monitors companies and assists with risk assessments). This must be independent (especially from Europol) and work closely with child protection organisations.
  • Invest more in research. Facts, data and figures are needed to put the broad discussion on a reliable basis.
  • Strengthen investigative capacities
  • Abuse material offered e.g. in closed groups, also on the darknet, could best be discovered by enabling investigators to “patrol” online more often. The legal possibilities to do so exist (e.g. offering artificially generated material as an “entry ticket”).
  • Adequate funding for institutions that actively work for the protection of children
  • Technical support through Quick-Freeze, governmental reporting centres on the net
  • Hold providers accountable (track down/report/delete material, implement transparent protection concepts)
  • Prevention and education (e.g. promotion of media literacy)
  • Extend the exemption once again so that file hosters can scan their servers and report to the American non-governmental organisation NCMEC (permission is provided by an exception to a data protection regulation, the EU Privacy Directive). In this way, the BKA receives data from the NCMEC (National Center for Missing and Exploited Children) for further investigations.
  • Pattern analysis for communication platforms (e.g. incident-related investigation if an account contacts other accounts that have reported abuse).
  • Make platform operators more accountable. (In the area of monitoring interaction possibilities, in the case of offerings that are heavily frequented by children, behaviour that points to adult users, switching offerings to child-friendly as soon as their own systems assume that they are dealing with a child as a user).
  • Offer an easily accessible explanation in plain language in addition to the imprint/general terms and conditions/privacy policy in order to explain the purpose and background of the website to children and to offer advice and help.
  • In the case of providers of discounted “family accounts“, parents and their children would have to make the age statement (not changeable and possibly readable for apps for age verification)
  • Focus on prevention, see also the EU Commission’s BIK (Better Internet for Kids) initiative.
  • Deletion of illegal material instead of net blocks


Criticism:


  • Rejection of the so-called “detection order” described as “chat control”. (At the end of an official and legal procedure to scan the communication of all customers of a provider for weeks and months).
  • If service providers do not follow the requirements, the right of the customers is restricted (in the case of the Money Laundering Act, this would mean that the accounts of all customers are monitored if banks are negligent).
  • The focus on a technical solution is too one-sided and remains blind to a problem that affects society as a whole.
  • Trusting in technology that has the potential for mass surveillance is naïve and ignores the fundamental rights of all people.
  • Trusting in a high hit rate of automated systems based on the information provided by the manufacturers is a mistake.
  • The regulation focuses exclusively on the dissemination on the internet, but not on the actual production of sexualised violent depictions of children.
  • Measures are inadequate to combat dissemination.
  • The enormous amount of false reports hinders the investigation of the perpetrators.
  • Depictions of sexualised violence by organised groups are hardly disseminated through the channels controlled by this law.
  • Fundamental question of how an AI is supposed to distinguish between innocuous and sexualised communication. (Training with which data sets?)
  • Technology cannot be a substitute but only a support for investigations.

patrick-breyer.de/en/statement…



Oltre i confini del web – le digital skills tra diritti, rischi e opportunità


📌 A partire dalle dalle 15.00 avrò il piacere di partecipare ai lavori del Convegno “Oltre i confini del web – le digital skills tra diritti, rischi e opportunità” organizzato da Unicollege SSML


guidoscorza.it/oltre-i-confini…



MICHAEL KHILL – INFIERIRE SUL MALESSERE


Debutto discografico per il mostro musicale chiamato Michael Khill, un concentrato di deathcore, hardcore, crust, metal, grindcore e anche beatdown.

@Musica Agorà #metal

iyezine.com/michael-khill-infi…

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Il #MinistroRisponde: è online sul canale YouTube del Ministero la quarta puntata della...

Il #MinistroRisponde: è online sul canale YouTube del Ministero la quarta puntata della videorubrica con il Ministro Giuseppe Valditara intervistato dalla giornalista Maria Latella.



È troppo presto per un Medio Oriente "cinese”


È troppo presto per un Medio Oriente Iran Arabia Saudita
Il 10 marzo scorso, a Pechino, Iran e Arabia Saudita raggiunto un accordo per impegnarsi a ristabilire le relazioni bilaterali, interrotte nel 2016. Abbiamo parlato del ruolo della Cina nel negoziato con Jacopo Scita, Policy Fellow del think tank Bourse & Bazaar Foundation.

L'articolo È troppo presto per un Medio Oriente “cinese” proviene da China Files.



In Cina e Asia – Elezioni in Thailandia: vince il Move Forward davanti al Pheu Thai


In Cina e Asia – Elezioni in Thailandia: vince il Move Forward davanti al Pheu Thai Thailandia
I titoli di oggi:

Elezioni in Thailandia: vince il Move Forward davanti al Pheu Thai
L'UE discute la sua strategia sulla Cina e sull'Indo-Pacifico
Cittadino americano condannato all'ergastolo per spionaggio
Xi Jinping spinge sulla megaregione Jing-Jin-Ji per la "modernizzazione cinese"
Le accuse di un ex dirigente a ByteDance

L'articolo In Cina e Asia – Elezioni in Thailandia: vince il Move Forward davanti al Pheu Thai proviene da China Files.



PRIVACYDAILY


ELISABETH BORNE, PRIMO MINISTRO FRANCESE, PRONTA A FARE CAUSA PER IL LIBRO CHE VIOLA LA SUA PRIVACY; LA MONETA DIGITALE CINESE SOLLEVA PREOCCUPAZIONI, MENTRE I SALARI DI MIGLIAIA DI DIPENDENTI PUBBLICI PASSANO ALLA MONETA ELETTRONICA ; IL GARANTE MESSICANO E’ SOSPESO FINCHE’ IL SENATO NON AVRA’ NOMINATO IL MEMBRO MANCANTE N. 116/2023 Il primo ministro... Continue reading →


Dopo l'ennesima campagna di spam prodotta nell'istanza del fondatore di mastodon, sempre più amministratori di istanza stanno silenziando distanza più grande al mondo

@Che succede nel Fediverso?

Gli amministratori delle istanze più piccole sono sempre più insofferenti nei confronti della mancanza di controllo da parte del server di Eugen Rochko!

Ci auguriamo che gli amministratori di mastodon.social riescano a risolvere questo ennesimo problema di spam, anche solo limitando le nuove iscrizioni, ma siamo piuttosto pessimisti.

È sempre più chiaro che i gestori di mastodon.social puntano ad avere il massimo numero di utenti, probabilmente perché questo numero incide direttamente sui potenziali investimenti da parte dei finanziatori.

#mastoadmin #mastodon

in reply to Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂

io sono l'amministratore di una istanza piccola e vi pregherei di non fare generalizzazioni all'ingrosso, grazie 😅 L'unica cosa a cui sono insofferente sono gli atteggiamenti di chi non prende con la dovuta serietà la scelta di defederare, come se fosse un ban individuale mentre è un danno per migliaia di persone e milioni di interazioni.
in reply to Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂

io gli spammer li voglio bloccare, non rendere invisibili lasciandoli attivi. Per farlo ognuno deve fare la sua parte: dal lato loro, i moderatori e gli admin di mastodon.social devono bloccare a mano gli spammer e introdurre opportuni filtri sui domini e gli IP, dal lato mio io controllo la federata per vedere se ci sono ospiti sgraditi, dal lato della community mi vanno segnalati gli account molesti. Silenziare è mettere tutto sotto il tappeto lavando ognuno i propri panni sporchi.
in reply to Carlo Gubitosa

in altre parole, silenziare 1,1 M di utenti per poche decine di spammer non è considerata cosa buona e giusta da tutti, e la mia insofferenza non è verso un solo account di spam che ho dovuto bloccare a mano con gli altri già bloccati da mastodon.social, ma verso i messaggi anticooperativi in cui si creano conflitti inutili invitando a silenziare tizio, lasciare l'istanza di caio o contestare sempronio, mentre contro lo spam ogni community deve fare la propria parte e fare fronte comune
in reply to Carlo Gubitosa

@gubi condivido in pieno. Invece di "emarginiamo l'aggredito", avrei preferito diamoci da fare e "aiutiamo l'aggredito".
in reply to Carlo Gubitosa

@gubi
aspetta scusa, non ho capito, una volta che hai segnalato gli account molesti di turno (in realta’, ne faccio una, non dodici, assumo che quando lo spam arriva a me, social avra’ gia’ avuto centinaia di segnalazioni), silenziare mi sembra l’opzione temporanea piu’ sana. Fa parte del processo.

Anzi, visto che i messaggi sono tutti uguali e pubblicitari di qualcuno, su pleroma silenzio per regexp , neanche per utenti fake.

in reply to Luca Sironi

@luca si parlava di manutenzione lato admin. Su sociale.network abbiamo avuto solo un paio di segnalazioni, e ne ho dovuto bloccare solo uno, perché erano già stati bloccati tutti a monte da mastodon.social. Non ho sentito il bisogno di silenziare 1.1 milioni di utenti di mastodon.social, (mutilando l'esperienza del fediverso per la nostra community) solo per quella sporca dozzina di spammer bloccati in poche ore.
in reply to Carlo Gubitosa

@gubi con me sfondi una porta aperta. All’ondata di spam precedente ho letto di cose folli come defederazioni fatte intenzionalmente o per errore.

Milioni di persone che si vedono sparire decine di follower e manco se ne possono accorgere

reshared this

Unknown parent

mastodon - Collegamento all'originale
Carlo Gubitosa

@sparkit
se il discorso è più grande, non prendiamo a pretesto per polemiche pretestuose questa ondata di spam.

(che peraltro era gestibile in cinque minuti senza scatenare polemiche per cinque giorni. Cfr. sociale.network/@gubi/11037744… )

Proprio perché il discorso è molto grande e complesso, ogni parte del discorso va affrontata nelle sedi opportune.

Ad esempio, chi non ha gradito le feature algoritmiche può dirlo chiaramente su github:

github.com/mastodon/mastodon/i…



🧨 Intervista a Bernardino Costantino


#arte #dark #newwave

Mi chiamo Bernardino Costantino, vivo e lavoro a Mestre in provincia di Venezia ed ho cinquantuno anni. Il mio percorso creativo spazia in diversi ambiti: disegno, pittura, scrittura, musica e video. Collaboro con diversi musicisti dell’area dark/wave, post/punk ed industrial nella realizzazione di art work,illustrazioni, video e riviste di matrice sperimentale.

iyezine.com/bernardino-costant…



Zelensky ha incontrato Papa Francesco, Giorgia Meloni, il ministro Tajani e il Presidente della Repubblica Mattarella indossando una maglia con il tridente con


Vi spiego il successo di Israele nell’IA. Parla Antebi (Inss)


“Non c’è tempo da perdere” secondo Naftali Bennett. “Lo Stato di Israele deve darsi un obiettivo preciso: diventare una delle tre potenze leader nell’intelligenza artificiale entro il 2030”. L’ex primo ministro israeliano ha scritto su Twitter una lunga r

“Non c’è tempo da perdere” secondo Naftali Bennett. “Lo Stato di Israele deve darsi un obiettivo preciso: diventare una delle tre potenze leader nell’intelligenza artificiale entro il 2030”. L’ex primo ministro israeliano ha scritto su Twitter una lunga riflessione su questo tema, osservando che come “ogni esercito del mondo dovrebbe ora adottare tecnologie che potrebbero sostituire l’invio di soldati al fronte”.

L’intelligenza artificiale sta già cambiando il mondo della difesa. A spiegarlo a Formiche.net è Liran Antebi, ricercatrice dell’Institute for National Security Studies di Tel Aviv, in Israele, a capo del programma su tecnologie avanzate e sicurezza nazionale. L’esperta ha partecipato venerdì all’AeroSpace Power Conference, conferenza internazionale ed esposizione aerospaziale organizzata dall’Aeronautica militare, nell’anno del centenario della costituzione della forza armata.

“Tra le innovazioni più importanti dell’intelligenza artificiale nel mondo militare, vi è la logistica, con sviluppi molto simili a quelli che vediamo nel mondo civile”, dice facendo l’esempio delle automazioni nei depositi. “Inoltre, l’intelligenza artificiale può migliorare il lavoro dell’intelligence. Basti pensare che, durante la crisi del 2021, grazie all’intelligenza artificiale, l’aviazione israeliana ha ottenuto 200 obiettivi in soli 22 giorni. Prima sarebbe servito un anno per ottenere un numero così alto di obiettivi. Di questi 200, la metà sono stati colpiti”, aggiunge. Un esempio che dimostra, dice, che “intelligenza artificiale e aeronautica sono ottimi assieme, come la pasta con il cacio. Ma per avere una combinazione perfetta serve il pepe. E in questo caso è il talento”.

Un recente rapporto del Center for Security and Emerging Technology, think tank della Georgetown University di Washington DC, spiega che Israele “ha di gran lunga” l’ecosistema di intelligenza artificiale più grande del Medio Oriente in termini di aziende e investimenti finanziari. “Il successo di Israele nell’intelligenza artificiale è il frutto di una necessità geopolitica urgente e di un ecosistema che funziona, che connette l’esercito, le aziende, le start-up e il mondo accademico”, dice Antebi.

“Gli investitori stranieri svolgono un ruolo critico nella crescita del mercato dell’intelligenza artificiale in Israele”, si legge ancora nel documento che analizza la situazione anche con la lente americana della competizione con la Cina. Gli investimenti americani sono maggiori di quelli cinesi nel settore dell’intelligenza artificiale israeliana. Tuttavia, “dal punto di vista della sicurezza nazionale degli Stati Uniti, gli investimenti da parte di concorrenti strategici come la Cina in un mercato con pesanti investimenti statunitensi potrebbero mettere a rischio alcune di queste tecnologie emergenti”. Ciò è dovuto al fatto che la strategia cinese sulla tecnologia rimane quella di “acquisire il capitale intellettuale attraverso partnership, trasferimenti di tecnologia e acquisizioni di aziende straniere”.

Commentando la decisione italiana che aveva portato al blocco di ChatGPT, Antebi dice: “Bloccare ChatGPT e simili rischia soltanto di lasciare indietro i Paesi che lo fanno. Collaborare con partner like-minded è cruciale per affrontare le sfide dell’intelligenza artificiale”.


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Elicotteri di quinta generazione? Le sfide dell’industira secondo Alegi


Problema: se l’utilità del mezzo aereo è proporzionale alla sua velocità, e se l’elicottero ha limiti intrinseci di velocità per motivi aerodinamici, come fare per aprire e sfruttare nuovi mercati per il volo verticale? Questa semplice domanda spiega il f

Problema: se l’utilità del mezzo aereo è proporzionale alla sua velocità, e se l’elicottero ha limiti intrinseci di velocità per motivi aerodinamici, come fare per aprire e sfruttare nuovi mercati per il volo verticale? Questa semplice domanda spiega il fervore che da qualche anno caratterizza il settore elicotteristico. Maggiore velocità significa competitività nel trasporto punto-punto, efficacia nel soccorso, minor rischio nei lunghi voli sull’acqua.

A rendere concreta la prospettiva di una nuova generazione di elicotteri veloci sono i programmi sperimentali portati avanti dai costruttori mondiali. In Europa, AgustaWestland (oggi Leonardo Helicopters) punta da tempo sul convertiplano, che decolla come un elicottero e poi ruota i rotori per correre come un aeroplano, mentre Eurocopter (oggi Airbus Helicopters) ha preferito il compound, un elicottero tradizionale con l’aggiunta di due eliche propulsive ai lati della fusoliera. I costruttori americani hanno sviluppato approcci diversi. Bell, il maggior esperto mondiale di convertiplani grazie al V-22 Osprey, continua su questa strada con il V-280 Valor, nel quale però non ruota l’intera gondola motore ma solo la parte anteriore. La tecnologia più innovativa sembra la X2 di Sikorsky (gruppo Lockheed Martin), caratterizzata da rotori controrotanti sovrapposti ed elica spingente in coda.

Se ciascuna di queste soluzioni ha pregi e difetti in termini di tecnologia e di costo, la velocità non è però l’unica sfida da affrontare. In campo militare, per esempio, ce n’è una seconda, meno visibile, ma non per questo meno importante: far sopravvivere gli elicotteri in un campo di battaglia sempre più denso di sensori e armi micidiali. Non è una sfida da poco. Se in Afghanistan e Iraq, con completo dominio dell’aria, è stato possibile operare con macchine di vecchia generazione come gli AB.212 (primo volo 1968) e HH-3F (1966), in Ucraina la musica è molto diversa. Secondo i dati aperti di Oryxspioenkop.com, sinora gli invasori avrebbero perso settanta elicotteri (dei quali 57 da attacco, compresi 33 moderni Ka-52 Hokum) e i difensori 25 (tre da attacco).

Come fare? Anche se per ora nessuno parla di elicottero di quinta generazione, l’US Army ha da tempo lanciato il programma-quadro Future vertical lift, per rinnovare completamente la propria linea di elicotteri. A parte gli aspetti per così dire meccanici – motori e trasmissioni, per intendersi – la risposta starebbe in una trasformazione simile a quella che ha portato a far nascere il caccia F-35: una combinazione di bassa visibilità, sensori, armamento e soprattutto integrazione di dati e connettività. Il primo punto è il più semplice: l’ottimizzazione della forma, con lo spostamento di tutti i carichi all’interno, è in fondo la stessa necessaria per ridurre la resistenza e aumentare la velocità; il resto lo faranno i materiali.

Allo stesso modo, sensori e armamento sono in larga parte esistenti o estrapolabili da essi. Restano i dati, dall’architettura di sistema alla loro gestione e trasmissione, necessariamente più avanzata del precedente standard Nato Link-16. Solo così, secondo gli Usa, il Future attack reconnaissance aircraft (Fara) potrà inserirsi nei contesti operativi più difficili. Un cambiamento di capacità e filosofie non diverso dal salto dai vecchi “zanzaroni” Bell 47 a pistoni con rotori in legno agli ubiqui Bell 205 a turboelica e pale metalliche, o da questi agli AW139 con avionica digitale e rotori in compositi.

Alla nuova filosofia risponde già il Fara, i cui prototipi dovrebbero volare all’inizio del 2024 (salvo ulteriori ritardi del motore GE T901). In Europa, la Nato ha lanciato nell’ottobre 2020 l’iniziativa Next-generation rotorcraft capability (Ngrc), per un elicottero medio multiruolo, con la partecipazione di Francia e Germania (cioè Airbus), Italia e Regno Unito (cioè Leonardo) e Grecia. In Italia, il futuro dell’elicottero (o l’elicottero del futuro) è stato oggetto di un contratto di studio assegnato dal ministero della Difesa a Leonardo e Lockheed Martin per valutare una possibile collaborazione in ambito Fvl e, in particolare, di un Future fast rotorcraft previsto dall’iniziativa Next generation fast helicopter inserita nel Documento programmatico pluriennale (Dpp) della Difesa 2021-2023 con una previsione di 129 milioni di euro nell’arco di dodici anni.

Il Dpp si sbilanciava fino a indicare quali soluzioni caratteristiche dell’Ffr “rotori a tecnologia coassiale, pusher propeller, eccetera”, cioè proprio quelle dell’X2. A questa apparente scelta di campo non è seguito alcun fatto concreto. Anche il recente incontro di Lockheed Martin con la stampa di settore si è limitato a generici riconoscimenti delle capacità di Leonardo e altrettanto vaghi auspici di collaborazione. Non è bastato a dissipare le voci di tensioni tra Difesa, che punta molto sull’innovazione, e industria, più attenta alla difesa delle proprie tecnologie e mercati domestici. Ed è un peccato, perché si rischia di perdere in un colpo solo due treni: quello dell’innovazione e quello dell’attenzione ai temi della Difesa italiana ed europea.

(Articolo pubblicato sul numero 143 della rivista Airpress)


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Lezioni dal caccia del futuro. La linea di Mariani per accelerare sulla Difesa


La sovranità non sia un ostacolo allo sviluppo dei programmi congiunti, che possono basarsi anche sulla leadership di due o tre Paesi. A dirlo è Lorenzo Mariani, amministratore delegato di Mbda Italia e direttore esecutivo Sales and business development d

La sovranità non sia un ostacolo allo sviluppo dei programmi congiunti, che possono basarsi anche sulla leadership di due o tre Paesi. A dirlo è Lorenzo Mariani, amministratore delegato di Mbda Italia e direttore esecutivo Sales and business development del consorzio internazionale, da poco confermato al ruolo di condirettore generale di Leonardo (a partire dal 1° giugno) dove assumerà la guida della nuova direzione generale Business and operations. “Una sola nazione non può riuscire a sviluppare nei tempi necessari” i sistemi complessi richiesti dalla realtà geopolitica, ha osservato Mariani, che ha aggiunto come “a livello europeo è difficile pensare che programmi-chiave, come quelli della Difesa, possano essere condotti senza una leadership forte di due-tre nazioni”.

Il caso Gcap

Le affermazioni del nuovo condirettore generale del gruppo di piazza Monte Grappa assumono un’importanza particolare se lette alla luce del programma del caccia di sesta generazione che l’Italia sta portando avanti insieme a Giappone e Regno Unito. Il Global combat air programme, infatti, si configura esattamente come un programma all’avanguardia in cui tre nazioni si assumono la leadership e la responsabilità di realizzare una piattaforma all’avanguardia per la loro difesa, e potenzialmente per quella dei futuri Paesi che decidessero di acquistare il sistema.

Superare i limiti europei

Per Mariani, dunque, l’approccio che sembra essere stato adottato nel campo della Difesa, soprattutto quella comune europea, può rappresentare “un limite”. Anche dal momento in cui i Paesi del Vecchio continente si trovano nella necessità di “lavorare con urgenza per superare i limiti” propri nello sviluppo tecnologico, dal momento che la severità della minaccia globale non permette ritardi. Il rischio, sottolinea ancora il managing director di Mbda Italia, è che l’urgenza di tutelare la propria sovranità rischi di essere la ragione per cui non vengono istituiti programmi di collaborazione. E in questo quadro “l’industria, soprattutto le grandi aziende, possono dare soluzioni compatibili con la politica, oppure possono creare ostacoli – ha detto Mariani – e io ovviamente sono a favore della prima opzione”. Chiusure e gelosie che non devono caratterizzare nemmeno il rapporto con gli Stati Uniti. “Penso sia possibile fare di più anche a livello di cooperazione transatlantica, purché adottiamo l’approccio giusto, prendendo in considerazione lo sviluppo di partenariati”, ha concluso Mariani.


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Renewable energy communities workshop


One of the key pillars of the energy policy of the European Commission is to put citizens at the centre of energy transition. Citizens should become an active part of the decarbonisation process by adopting, e.g., self-consumption or selling renewable ele

One of the key pillars of the energy policy of the European Commission is to put citizens at the centre of energy transition. Citizens should become an active part of the decarbonisation process by adopting, e.g., self-consumption or selling renewable electricity and flexibility services to the market.

Renewable Energy Communities (RECs) are one of the models envisaged by the EU legislation to promote such active role of citizens and achieve ambitious decarbonisation targets. The project aims at investigating the legislative framework of different EU Member States ( Portugal, Germany, Italy, Bulgaria and Denmark) to achieve an understanding of the state of the art of national legislation in promoting RECs.

The event consists in a workshop aimed at presenting to participants the goals and the methodological approach of the research and the structure of the final publication presenting the results of the study. To this aim, following the introduction of Francesco Cappelletti (European Liberal ForumProject Officer) and Renata Gravina (Luigi Einaudi Foundation European projects coordinator) Simona Benedettini (Luigi Einaudi Foundation RECs project leader) will provide

  • aims of the research
  • relevance of the research for Europe and the EU debate on climate and energy policies;
  • methodological framework of the research (areas of investigation, specific issues to be addressed for each area);
  • contents and structure of the final publication
  • next steps of the project;


Programme

Wednesday 15 May 2023


10:00 – 19:00 Participants arrival to the HF Fénix Lisboa Praça Marquês de Pombal, 8 1269-133 Lisboa

19:15 Meeting at the lobby for welcome and introduction

  • Speaker: Renata Gravina, Fondazione Luigi Einaudi

19:30 Dinner Restaurante Laurentina Avenida Conde Valbom, 71A 1050-067 Lisboa

Thursday 16 May


Venue HF Fénix Lisboa Praça Marquês de Pombal, 8 1269-133 Lisboa

09:30 Introductory Remarks

  • Speaker: Renata Gravina, Fondazione Luigi Einaudi
  • Speaker: Francesco Cappelletti, European Liberal Forum Project Officer

09:45 CITIZENS AND ENERGY TRANSITION: THE ROLE OF RENEWABLE ENERGY COMMUNITIES purpose, objective, and scope

  • Speaker: Simona Benedettini, Luigi Einaudi Foundation RECs project leader

11:00 Coffee Break

11:15 Dialogue with the participants of the workshop and follow-up in view of the publication of the volume on Renewable Energy Communities

  • Speaker: Simona Benedettini, Luigi Einaudi Foundation, Italy
  • Speaker: Ricardo Silvestre, Social Liberal Movement, Portugal
  • Speaker: Someone from Green Power Denmark TBC (ONLINE)
  • Speaker: Gero Scheck, Friedrich Naumann Foundation, Germany
  • Speaker: Slavtcho Ivanov, Liberal International, Bulgaria

12:30 Highlights of the event goals and conclusive remarks

  • Speaker: Renata Gravina, Fondazione Luigi Einaudi

12:40 End of event & lunch with participants TBC

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Università, Economia, Politica, Istituzioni e Giornalismo nell’opera di Luigi Einaudi: L’economia


15 maggio 2023 Il seminario affronterà il pensiero economico di Luigi Einaudi, anche nella sua esperienza di Governatore della Banca di Italia, e verificherà l’eventuale attualità delle sue proposte. Relatori Emanuele Alagna, Direttore Banca D’Italia sede

15 maggio 2023

Il seminario affronterà il pensiero economico di Luigi Einaudi, anche nella sua esperienza di Governatore della Banca di Italia, e verificherà l’eventuale attualità delle sue proposte.

Relatori
Emanuele Alagna, Direttore Banca D’Italia sede di Palermo
Pietro Busetta, Ordinario di statistica economica
Andrea Mario Lavezzi, Ordinario di Economia Politica

Progetto Università, Economia, Politica, Istituzioni e Giornalismo nell’opera di Luigi Einaudi

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Una delegazione del Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea, di cui fanno parte il segretario nazionale Maurizio Acerbo e Anna Camposampiero del


Ustica, l’indagine segua la verità processuale. L’opinione di Tricarico


Di recente, l’Associazione per la verità sul disastro aereo di Ustica (Avdau), di cui mi onoro di far parte, è stata ammessa a integrare lo specifico comitato avente lo scopo di reperire e rendere pubblica ogni utile documentazione attinente alle stragi d

Di recente, l’Associazione per la verità sul disastro aereo di Ustica (Avdau), di cui mi onoro di far parte, è stata ammessa a integrare lo specifico comitato avente lo scopo di reperire e rendere pubblica ogni utile documentazione attinente alle stragi del secondo dopoguerra italiano costituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.

Il fatto ha provocato la reazione scomposta soprattutto di Daria Bonfietti, presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime di Ustica, la quale, sul Manifesto e attraverso altri media ha divulgato una serie di elementi che non corrispondono a mio parere alla realtà.

Controbattere a questi, pur essendo cosa agevole sotto il profilo della verità dei fatti, risulta piuttosto oneroso e fa correre il concreto rischio di prendere il lettore per stanchezza.
Pertanto, converrà mirare al bersaglio più grosso, quello con cui si afferma di noi che siamo una “associazione che vive soltanto per sostenere la tesi depistante della bomba araba come causa della caduta del DC9 Itavia”.

Chi lo afferma non ricorda forse che non siamo noi a sostenere la tesi della bomba bensì che questa è la verità emersa nel processo penale che, bollando come fantascientifica la battaglia aerea e il missile, assevera in maniera incontrovertibile le numerose evidenze e prove di una bomba esplosa nella toilette posteriore del velivolo quale causa della tragedia. Una verità sbocciata limpida e inattaccabile in tre i gradi di giudizio, dopo 272 udienze, l’escussione di circa quattromila testi, il parere concorde dei massimi esperti al mondo componenti il collegio peritale Misiti.

Inoltre viene sbandierata come sentenza del giudice istruttore Priore quella che altro non è che (secondo la terminologia del vecchio rito) un mero rinvio a giudizio con il quale le tesi di Priore sono state impietosamente smontate, una ad una, nel successivo dibattito in aula.

La presidente Bonfietti sa anche che nel processo civile, quello cui lei fa sempre riferimento, quello che ha condannato il cittadino italiano a rifondere gli aventi titolo con centinaia di milioni di euro per un fatto mai avvenuto, le sentenze pronunciate trovano fondamento nel fasullo impianto accusatorio di Priore bollato dai giudici penali come “fantasioso”, “la trama di un libro di spionaggio ma non un argomento degno di una pronuncia giudiziale” “ fantapolitica o romanzo che potrebbero anche risultare interessanti se non vi fossero coinvolte ottantuno vittime innocenti”.

Possono essere questi “apprezzamenti” per le tesi di Priore, quantomeno umilianti per un magistrato che ha condotto le indagini, le giuste fondamenta per le sentenze civili, anche avuto riguardo ai diversi criteri di valutazione che sovraintendono al rito civile?

Evidentemente è stato malinteso il nostro impegno che, fondato sulla certezza ormai inoppugnabile della bomba come causa della tragedia, ne vuole cogliere le prospettive per fini di giustizia. Siamo determinati in altre parole a stimolare con ogni possibile mezzo la magistratura a indagare su chi possa aver messo quella bomba a bordo del DC9, a indagare in direzioni mai esplorate in virtù della tesi falsa del missile assassino con cui è stato operato un colossale imbroglio ai danni del cittadino e delle istituzioni. E dell’erario pubblico.

Da ultimo, sperando che sia colta la genuinità dell’auspicio più che la durezza per qualcuno dei contenuti, tutti noi siamo fermamente convinti che liberare l’orizzonte dalla nebbia delle mistificazioni, puntellare in partenza lo scenario della dinamica della tragedia e cogliere le residue ipotizzabili opportunità di consegnare alla giustizia gli autori dell’attentato sia l’unica maniera per onorare e rendere giustizia alla memoria delle 81 vittime.

Non esistono alternative, soprattutto quelle fondate su ipotesi “fantasiose” – per dirla con l’unica sentenza penale pronunciata – e che negli anni hanno impedito alla giustizia di compiere il suo corso.


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Mentre Lollobrigida reitera esternazioni deliranti di matrice nazifascista - sostituzione etnica, etnia italiana - il ministro della sovranità alimentare della


Cosa manca per la forza Ue di intervento rapido? L’analisi di Samorè (Ecfr)


All’indomani della pubblicazione della Bussola Strategica, nel marzo 2022, la comunità europea degli esperti di sicurezza e difesa ha sicuramente guardato con curiosità e speranza alla previsione di creazione della EU Rapid Deployment Capacity (EU RDC). Q

All’indomani della pubblicazione della Bussola Strategica, nel marzo 2022, la comunità europea degli esperti di sicurezza e difesa ha sicuramente guardato con curiosità e speranza alla previsione di creazione della EU Rapid Deployment Capacity (EU RDC). Questo strumento, infatti, potrebbe davvero portare l’Unione europea ad affermarsi in maniera molto più credibile come attore geopolitico in grado di garantire la stabilità del suo quadrante geografico. La proposta iniziale era pervenuta a Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, nel maggio 2021 in un meeting con i ministri della Difesa dei Paesi membri. In quell’occasione, quattordici di essi avevano chiesto che lavorasse alla creazione di una forza di reazione rapida per rispondere alle crisi anche al di fuori dei confini dell’Unione europea. Tra questi troviamo Italia, Francia e Germania. La richiesta è stata accolta e inserita appunto nella Bussola Strategica, fissando al 2025 la scadenza ultima per la sua realizzazione.

Nella Strategic Compass del 2022, l’EU RDC viene descritto come una forza modulare di almeno 5.000 unità, da concepirsi come una versione migliorata degli EU Battlegroups, in funzione dal 2007 ma mai adoperati a livello operativo. La caratteristica di questo nuovo strumento è innanzitutto la combinazione di diverse componenti (terrestre, aerea e marittima), con la finalità di agire in maniera rapida di fronte alle crisi in diversi scenari operativi. Il dibattito che ha animato la comunità dei ricercatori e degli esperti sembrava essersi arenato, fino a che a marzo il comitato Affari esteri del Parlamento europeo ha adottato un documento che è stato infine discusso in seduta plenaria, portando alla pubblicazione di un report intitolato “EU Rapid Deployment Capacity, EU Battlegroups and Article 44 TEU: the way forward” il 19 aprile 2023.

Il Parlamento europeo innanzitutto riconosce l’importanza strategica della creazione dell’EU RDC nel più breve tempo possibile, considerandolo forse uno dei risultati attesi più significativi della Bussola Strategica. Nelle premesse del documento vengono citate moltissime considerazioni in merito alla sua necessità per rafforzare le capacità dell’Unione nello svolgimento delle missioni di CSDP (Common Security and Defence Policy), come il rischio che un ritiro prematuro possa in realtà lasciare la nazione ospitante ancora in condizioni di debolezza tali da non poter provvedere da sola alla sicurezza della propria popolazione. Ma ovviamente gli elementi più interessanti riguardano le lezioni apprese dall’esperienza dei Battlegroup.

Benché si affermi che la loro esistenza sia stata funzionale ad un miglioramento delle capacità di cooperazione in materia di sicurezza e difesa, il fatto che non siano mai stati attivati ne dimostra le fragilità intrinseche. In particolare, uno dei maggiori ostacoli al loro utilizzo riguarda le modalità di finanziamento che seguono il principio “costs lie where they fall”: essendo unità militari fornite a rotazione dagli stati membri, il costo del loro impiego sarebbe ricaduto interamente su coloro che al momento stavano fornendo personale e risorse. Questo, unito al fatto che l’iter decisionale per il loro impiego prevede l’unanimità, hanno sempre disincentivato gli stati coinvolti ad approvare la loro attivazione. Per questo motivo, il Parlamento europeo auspica e propone di prevedere diverse modalità di finanziamento per l’RDC, utilizzando il budget dell’Unione per i costi di tipo amministrativo e per tutto il resto, compresi gli aspetti che riguardano più nello specifico la componente militare, uno Strumento Europeo per la Pace (EPF) potenziato, ma pur sempre fuori bilancio, così da non infrangere le disposizioni dell’articolo 42 del Trattato di Lisbona.

Il report arriva a definire diversi aspetti della configurazione di questa nuova capacità di reazione rapida, tra cui l’assegnazione dell’MPCC (Military Planning and Conduct Capability) come operational headquarter, ma forse uno degli aspetti su cui insiste maggiormente, insieme a quelli legati al finanziamento, riguarda la necessità impellente di migliorare le capacità degli Stati membri in merito agli enablers strategici. Le finalità operative di questo strumento sarebbero infatti impossibili da raggiungere se permane l’attuale situazione di dipendenza da parta europea degli asset strategici statunitensi, che in ambito Nato possono non costituire un problema, ma lo diventano in prospettiva del raggiungimento di una maggiore autonomia strategica. L’Europa ha capito che deve migliorare le sue capacità come security provider nel suo scenario di riferimento, il vicinato meridionale e quello orientale in primis, ma questa consapevolezza arriva anche con la responsabilità di intraprendere una strada verso un miglioramento concreto delle proprie capacità.

Nell’attesa di vedere quali saranno i prossimi passi, verosimilmente nelle mani del Consiglio e della Commissione, in autunno 2023 è prevista la prima esercitazione nel Sud della Spagna, almeno stando alle previsioni della Bussola Strategica. Se questa è la via, l’impegno degli Stati membri, inclusa l’Italia, sarà determinante affinché quello che sembra essere il più promettente strumento di politica di sicurezza e difesa in mano all’Europa si trasformi in realtà quanto prima.


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📢 Al via la campagna realizzata dal Ministero dell’Istruzione e del Merito sui docenti tutor che, a partire dal prossimo anno scolastico, accompagneranno nel loro percorso e nella costruzione del loro futuro gli studenti dell’ultimo triennio delle sc…


Missili a lungo raggio per Kiev. La decisione di Londra (e il vertice di Roma)


La Gran Bretagna sarà il primo Paese a fornire all’Ucraina missili a lungo raggio Storm Shadow, in grado di colpire le truppe e i depositi di rifornimenti russi in profondità, potenzialmente anche dietro le linee del fronte. Nonostante l’Ucraina abbia chi

La Gran Bretagna sarà il primo Paese a fornire all’Ucraina missili a lungo raggio Storm Shadow, in grado di colpire le truppe e i depositi di rifornimenti russi in profondità, potenzialmente anche dietro le linee del fronte. Nonostante l’Ucraina abbia chiesto per mesi questo tipo di munizioni, gli alleati avevano limitato il proprio supporto in questo settore a sistemi a più corto raggio. Il timore, condiviso da Londra, Washington e le altre capitali della coalizione pro-Kiev, era che la Russia potesse usare un attacco sul proprio territorio da parte ucraina come giustificazione per una ulteriore escalation. Invece, di fronte alla massiccia campagna di bombardamenti indiscriminati da parte di Mosca, le reticenze britanniche sono venute meno.

Verso la controffensiva

Per il ministro della Difesa Ben Wallace: “La Russia deve riconoscere che solo le sue azioni hanno portato alla fornitura di questi sistemi”. Secondo il ministro, Downing Street avrebbe ricevuto assicurazioni e garanzie da parte di Kiev affinché l’Ucraina si limiti ad utilizzare i missili per colpire le forze russe all’interno del proprio territorio. La fornitura di questi sistemi d’arma, inoltre, si inserisce nella pianificata controffensiva che l’Ucraina dovrebbe lanciare a breve, dopo sei mesi passati sulla difensiva e aver bloccato l’attacco invernale russo.

Gli Storm Shadows

Gli Storm Shadows, realizzati da Mbda, il consorzio missilistico europeo composto da BAE Systems, Airbus e Leonardo, sono missili da crociera aria-superficie utilizzati da diversi Paesi europei, tra cui Regno Unito, Francia e Italia, progettati per attacchi contro obiettivi di alto valore, come bunker blindati, e hanno una gittata di oltre 250 chilometri. Si tratta di missili a guida Gps, che volano vicino al suolo per evitare il rilevamento da parte delle difese aeree prima di effettuare una brusca ascesa in prossimità del bersaglio e tuffarsi su di esso per sganciare una testata di 450 chili.

Mosca indietreggia

La decisione britannica di fornire gli Storm Shadows mette a portata di tiro i depositi di munizioni russi, dopo che l’anno scorso le truppe di Mosca si sono adattate all’introduzione del sistema missilistici Himars forniti dagli Stati Uniti, spostando gli arsenali al fuori dal raggio d’azione di queste piattaforme. Inoltre, gli Storm Shadows potrebbero essere utilizzati anche per colpire le navi russe nel porto di Sebastopoli, in Crimea, impiegati dal Cremlino come basi missilistiche dalle quali lanciare i bombardamenti del territorio ucraino.

Il supporto di Londra

Al contrario del nostro Paese, la Gran Bretagna non ha mai fatto mistero dei mezzi e delle piattaforme inviate a sostegno di Kiev. Londra è il secondo fornitore di aiuti militari all’Ucraina con una spesa che lo scorso anno ha raggiunto i 2,3 miliardi di sterline (poco meno di tre miliardi di euro). Prima dell’invasione, il Regno Unito ha inviato batterie a spalla aeree e anticarro, e a febbraio ha annunciato che sarebbe stato il primo Paese ad iniziare l’addestramento dei piloti ucraini sui jet da combattimento della Nato. Londra ha anche inviato quattordici dei suoi carri armati all’Ucraina, un impegno poi seguito da altre nazioni come Stati Uniti e Germania.

L’incontro Meloni- Zelensky

Il tema delle forniture sarà sicuramente anche sul tavolo dell’incontro tra il leader ucraino Volodymyr Zelensky e il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in occasione della sua visita a Roma, la prima in Italia dall’inizio dell’invasione russa. Sul tema è intervenuto di recente anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che si è rivolto all’opinione pubblica sostenendo la necessità di aiutare l’Ucraina contro l’invasore anche con l’invio di armi. Roma invierà a Kiev il suo sistema di difesa aerea Samp-T, e al momento le Forze armate italiane stanno addestrando un gruppo di militari ucraini al loro impiego. L’invio degli Storm Shadow decisi da Londra (che vedono comunque una partecipazione italiana via Mbda) potrebbe essere raccolto da Zelensky per invitare il Paese a continuare sulla via del sostegno e degli invii di sistemi d’arma.

Foto: MBDA


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Taiwan Files – La strada verso le presidenziali


Taiwan Files – La strada verso le presidenziali 7111261
È il 2 gennaio 2019. Xi Jinping prende la parola per un messaggio di inizio anno rivolto ai “compatrioti” di Taiwan, in occasione del 40esimo anniversario del primo messaggio del 1979. Sotto la guida di Deng Xiaoping, allora si era passati dall’utilizzare il termine “liberazione” a quello “riunificazione”. Quattro decadi dopo, è però cambiato tanto. La Repubblica di Cina non è più un regime a partito unico sotto ...

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PRIVACY DAILY 115/2023


Toyota Motor Corp ha dichiarato venerdì che i dati dei veicoli di 2,15 milioni di utenti in Giappone, ovvero quasi l’intera base di clienti che si sono iscritti alle sue principali piattaforme di servizi cloud dal 2012, sono stati disponibili in maniera pubblica per un decennio a causa di un errore umano.L’incidente, che ha riguardato... Continue reading →


Toglie dai libri di scuola le immagini di Khomeyni, Parmis Hamnava uccisa a bastonate


Parmis Hamnava aveva appena 14 anni e frequentava una scuola di istruzione secondaria di Iranshahr, nel cuore della terra dei beluci, nella provincia iraniana del Sīstān-Balūcistān. Le forze di sicurezza volontarie dei paramilitari basij, affiliate ai

Parmis Hamnava aveva appena 14 anni e frequentava una scuola di istruzione secondaria di Iranshahr, nel cuore della terra dei beluci, nella provincia iraniana del Sīstān-Balūcistān. Le forze di sicurezza volontarie dei paramilitari basij, affiliate ai pasdaran, l’hanno uccisa a bastonate per aver rimosso dai suoi libri di scuola le immagini del fondatore della Repubblica islamica Ruḥollāh Khomeynī.

La scuola superiore frequentata da Parmis era intitolata a Parvin Etesami (1907-41), famosa poetessa persiana che nel 1935 aveva accolto con favore la messa al bando del velo, con l’inizio della dinastia di Reza Shah Pahlavi. Nei suoi versi Etesami definiva ipocriti coloro usavano la religione come strumento politico. Da allora la poetessa diventò uno dei più forti riferimenti alla lotta contro l’apartheid di genere.

Gli attivisti per la difesa dei diritti dei beluci “Baloch Activists’ Campaign”, nel loro report riportano il fatto che l’adolescente ha sofferto di una emorragia nasale mentre era a scuola, dopo essere stata duramente picchiata, in classe, davanti alle sue compagne, dalle forze di sicurezza dopo una loro ispezione in atto nella scuola. Il 25 ottobre 2022, gli agenti avevano notato che nei suoi libri mancavano le immagini del fondatore della Repubblica islamica, il carismatico leader religioso che nel 1979 impose la legge islamica nel paese. Parmis quel giorno fu portata d’urgenza in ospedale, ma poche ore dopo è spirata.

L’intelligence iraniana ha minacciato la sua famiglia e i suoi amici, intimandoli di non rivelare ai media la causa della morte della ragazza altrimenti non sarebbe stato restituito loro il suo corpo.

Nonostante le restrizioni su Internet progettate per impedire che i giovani si dessero appuntamento e per impedire la diffusione delle coraggiose immagini delle proteste, i manifestanti sono riusciti ad aggirare la censura in Rete, collegandosi a provider VPN per trasmettere i loro messaggi e condividere filmati con il mondo esterno. Ciò ha portato all’inasprimento della repressione da parte del regime. I servizi di sicurezza controllano soprattutto le scuole e il percorso degli studenti quando entrano ed escono dal loro istituto. Non hanno scampo, l’occhio delle telecamere posizionate anche nelle aule, oltre che ad ogni angolo delle strade, li osserva e li registra.

Parmis Hamnava non è, purtroppo, l’unica vittima della brutale repressione contro il giovani che chiedono libertà in Iran.

La lista delle ragazze e dei ragazzi che stanno perdendo la vita in Iran a causa delle violenze da parte delle forze dell’ordine governative continua ad allungarsi, a oltre otto mesi dall’inizio delle proteste per l’assassinio della giovane cruda di Saqqez, Mahsa Amini, uccisa dalla cosiddetta “polizia morale” per non aver indossato correttamente il velo.

Dopo appena due settimane dallo scoppio delle rivolte per la liberazione dell’Iran dalla Repubblica islamica, dal 16 settembre 2022, nella provincia iraniana del Sīstān-Balūcistān vi fu un “venerdì di sangue” che si consumò nella città di Zahedan, capoluogo di quella provincia. Furono massacrati almeno 90 civili per mano delle forze paramilitari basij del Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche (IRGC) dell’Iran.

La provincia del Sīstān-Balūcistān è la sede della comunità etnica beluci che professa l’Islam sunnita e per questo è vessata dal regime sciita del governo centrale iraniano.

Sull’onda delle rivolte divampate in tutto l’Iran dopo l’uccisione di Mahsa Amini, il 30 settembre 2022 le forze paramilitari del regime teocratico aprirono il fuoco contro fedeli e manifestanti beluchi nella moschea Ahl-e-Sunna a Zahedan, trucidando 96 persone e ferendone 350.

Secondo quanto è stato pubblicato il 23 ottobre in un rapporto di una organizzazione locale di attivisti beluchi, le proteste si estesero in tutta la provincia e numerosi altri manifestanti furono uccisi a colpi di fucile dalle forze basij.

Si trattò di uno dei più cruenti massacri compiuti dalle forze di sicurezza iraniane dal 16 settembre.

Prima del massacro di Zahedan, una ragazza di 15 anni della comunità sunnita di beluchi, nella città di Chabahar, era stata stuprata da un comandante della polizia locale. Dopo le preghiere del venerdì nella moschea Makki di Zahedan, gli abitanti in preda alla rabbia marciarono verso la vicina stazione di polizia e furono presi di mira dai cecchini delle basij appostati sui tetti delle abitazioni circostanti.

Le autorità iraniane affermano che i manifestanti erano armati, ma ciò è stato smentito dalla popolazione locale e da organizzazioni per i diritti umani che sostengono che le autorità di polizia fecero uso di droni per prendere di mira i rivoltosi, mentre elicotteri e cecchini sparavano all’impazzata sulla folla.

In quelle ore, mentre si compiva l’eccidio, il regime operò un lungo blackout di Internet. L’intera regione rimase disconnessa dal resto del paese e dal mondo per giorni.

Ma i coraggiosi attivisti del Balūcistān affermano di essere riusciti a raccogliere dati, a verificare l’affidabilità dei testimoni e delle loro testimonianze. Nei rapporti dell’Iran Human Rights (IHR), con sede a Oslo, si documenta che tra le vittime vi furono donne, anziani, disabili e bambini di appena due anni, freddati da colpi di fucile davanti alle loro case: erano stati semplici spettatori delle proteste.

Amnesty International ha documentato l’uccisione di 82 persone, tra cui 10 bambini colpiti da proiettili sparati alla testa, al torace o ad altri organi vitali.

Un medico di Zahedan dimostrò la falsità della versione del governo secondo la quale le vittime erano armate, ma la maggior parte dei feriti che ha curato e delle persone uccise mostravano con chiarezza di essere stati colpiti alle spalle mentre scappavano.

Quando il massacro è venuto alla luce, sono scattati online appelli per la donazione di sangue poiché gli ospedali di Zahedan erano stracolmi di persone ferite.

“Da Zahedan a Tehran, sacrificheremo le nostre anime per l’Iran”, cantano ancora oggi rivoltosi in tutte le città del Sīstān-Balūcistān.

I media statali iraniani diffondono la più spudorata delle propagande definendo terroristi i manifestanti anti regime e le vittime.

Le testate governative attribuirono la responsabilità dei disordini a Jaish ul-Adl (l’Esercito della giustizia), un gruppo militante islamista salafita che si batte per i diritti delle minoranze religiose ed etniche e che in passato aveva rivendicato molti attacchi alle forze di sicurezza.

Ma questa volta Jaish ul-Adl ha negato qualsiasi coinvolgimento nelle manifestazioni precisando in un suo comunicato che la loro organizzazione era rimasta inattiva durante le proteste per Mahsa Amini per non fornire al regime un pretesto per collegare i manifestanti ai gruppi di opposizione organizzati.

All’indomani del massacro, nonostante le interruzioni di Internet, molti membri della comunità beluchi, grazie ai provider VPN, sono riusciti ad aggirare la censura e a sfidare la propaganda statale che aveva definito i manifestanti come “separatisti”. Hanno condiviso post sull’agonia della loro comunità etnica vessata da decenni di discriminazione ed emarginazione, “sistematicamente” imposta dalla Repubblica islamica.

Quest’area dell’Iran è stata storicamente un facile bersaglio per il regime teocratico quando si trattava di schiacciare il dissenso col pretesto del “separatismo” e del “terrorismo”.

Il regime iraniano è arrivato addirittura a negare i certificati di nascita ufficiali a migliaia di membri della comunità beluchi, lasciandoli privati di una serie di servizi, come l’istruzione e la mobilità nella scala sociale.

Il gruppo per i diritti umani Haalvsh, nel rendicontare sul massacro di Zahedan, ha riferito che un certo numero di vittime deve ancora essere identificato poiché l’identità di queste ultime non è mai stata registrata all’anagrafe.

La popolazione delle città del Sīstān-Balūcistān e del Kurdistan iraniano, nonostante venga incessantemente oppressa e presa di mira a colpi di fucile e di granate dalle forze paramilitari, addirittura dentro le case, esce fuori a ballare. Uomini e donne ballano insieme attorno a un fuoco, ancestrale retaggio della vittoria degli oppressi sugli oppressori.

La giovane quattordicenne Parmis Hamnava, bastonata fino alla morte, era della comunità beluci. La sua famiglia come tutte le altre della comunità erano costrette a celare la propria identità non sciita. La ribellione dei giovani, donne e uomini, che è divampata dal 16 settembre 2023, ha un significato molto profondo e dirompente: i giovani sia del centro che della periferia del paese usano un linguaggio molto inclusivo rispetto ai diritti di tutte le minoranze e si registra una inedita sintonia tra centro e periferia.

La pacifica ribellione dei giovani in Iran contro il regime islamico ha già determinato una profonda rivoluzione culturale che punta a rovesciare l’intero assetto politico-istituzionale della Repubblica islamica nata nel 1979.

Per questo diciamo che una rivoluzione culturale sembra già compiuta, dopo un lungo processo durato 44 anni al culmine del quale la società, dopo l’uccisione della ventiduenne curda Mahsa Amini, appare trasformata.

Per la prima volta, dal 16 settembre 2022, la popolazione di Tehran, cuore culturale e politico del paese, è scesa in strada per ribellarsi contro l’uccisione di una ragazza curda, non persiana e non sciita, cioè di una persona che apparteneva alla periferia, al Kurdistan. E, per la prima volta, la popolazione sia del centro che della periferia, e di ogni angolo del paese, è scesa per le strade per protestare contro la morte di una donna, per giunta curda.

Questo rappresenta il primo passo di una profonda rivoluzione culturale che nell’arco di circa 250 giorni ne ha fatti compiere molti altri con l’abbattimento di fatto dell’apartheid di genere e della distanza tra centro e periferia e questa rivoluzione gandhiana ancora in corso sta provocando un vero e proprio risorgimento iraniano anche riguardo alla questione delle minoranze etniche e religiose non più viste come elemento di divisione e di conflitto, ma come componenti titolari di uguali diritti all’interno dello stato.

L'articolo Toglie dai libri di scuola le immagini di Khomeyni, Parmis Hamnava uccisa a bastonate proviene da Fondazione Luigi Einaudi.