Sono disponibili le tracce della terza prova scritta della #Maturità2023 per le sezioni ESABAC e sezioni con opzione internazionale.
Potete consultarle qui ▶️ miur.gov.
Ministero dell'Istruzione
Sono disponibili le tracce della terza prova scritta della #Maturità2023 per le sezioni ESABAC e sezioni con opzione internazionale. Potete consultarle qui ▶️ https://www.miur.gov.Telegram
Formiche è partner istituzionale del Nato Public Forum al Summit di Vilnius
L’11 e 12 luglio 2023, i capi di Stato e di governo della Nato si riuniranno a Vilnius, in Lituania, in occasione del vertice dell’Alleanza Atlantica che dovrà affrontare le sfide dell’attuale contesto di sicurezza internazionale. Per l’occasione, l’Alleanza, insieme al Centro Studi sull’Europa Orientale, al German Marshall Fund degli Stati Uniti, alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco e al Consiglio Atlantico organizza il Nato Public Forum, un evento pubblico che mira a promuovere una migliore comprensione delle politiche e degli obiettivi della Nato e delle decisioni che saranno adottate al vertice di Vilnius.
Formiche, Partner istituzionale Nato
Quest’anno, Formiche sarà Partner istituzionale per l’Italia del Nato Public Forum. Sui nostri canali sarà dunque possibile seguire l’evento e, fino ad allora, promuoveremo tutti gli aggiornamenti che prepareranno la strada all’importante vertice lituano. Attraverso il dialogo e l’impegno di un gruppo unico e diversificato di parti interessate, dai capi di Stato e di governo e dai ministri, agli esperti di sicurezza internazionale, agli opinionisti, agli accademici, ai giornalisti e ai giovani, il Forum presenterà una serie di tavole rotonde, dibattiti e sessioni interattive su vari argomenti dell’agenda della Nato. In qualità di Partner istituzionale, invitiamo chi volesse partecipare al dibattito online aperto dalla Nato a registrarsi alla piattaforma web dell’iniziativa.
I temi del vertice
Dopo l’invasione russa dell’Ucraina sono molte le sfide in corso per la sicurezza dell’Alleanza Atlantica. Lo scenario globale appare infatti fortemente destabilizzato dalla guerra e aumentano le minacce provenienti da un ambiente sempre più fragile. Di fronte a tale contesto, la Nato è decisa a mantenere e rafforzare la sua posizione di deterrenza, con l’obiettivo di continuare a garantire la difesa e la sicurezza dello spazio euro-atlantico per fronteggiare le minacce emergenti, da quelle ibride a quelle provenienti dal quadrante Indo-Pacifico. In questo scenario c’è molta attesa per il vertice dell’Alleanza di quest’anno, che si terrà a luglio a Vilnius, nel quale ci si confronterà per affrontare le nuove minacce, da quella russa e, in prospettiva, cinese, senza dimenticare l’instabilità del Mediterraneo allargato.
Media israeliani: imminente rioccupazione Jenin per eliminare lotta armata
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della redazione
Pagine Esteri, 27 giugno 2023 – In Israele si levano con più forza le voci – soprattutto dall’estrema destra – che invocano una operazione militare su larga scala nel nord della Cisgiordania dopo che un gruppo palestinese ha provato ieri a lanciare due razzi verso una colonia israeliana. In sostanza in casa israeliana, spiegano i media locali, si teme che la Cisgiordania, occupata militarmente dallo Stato ebraico da più di 56 anni, si trasformi “in una nuova Gaza”. Il riferimento è alla lotta armata che le organizzazioni militari palestinesi avviarono nella Striscia di Gaza, con l’inizio della seconda Intifada nel 2000, contro l’esercito e i coloni israeliani. A detta di molti, quelle azioni armate costrinsero l’allora premier israeliano Ariel Sharon a pianificare e quindi, nel 2005, ordinare il “ridispiegamento”, ossia il ritiro da quel territorio palestinese.
I razzi di ieri – visibili in filmati postati su Telegram dal cosiddetto “Battaglione Al-Ayyash” – ricordano da vicino i “Qassam 1”, l’embrione di razzi e missili più evoluti che il movimento islamico Hamas e altre organizzazioni armate avrebbero sviluppato nel corso degli anni e che sono sparati verso i centri abitati israeliani quando (ma non solo) lo Stato ebraico lancia le sue offensive militari contro Gaza. Secondo indiscrezioni, Hamas in particolare sarebbe stato in grado di trasferire in Cisgiordania le conoscenze sulla costruzione dei razzi maturate a Gaza negli ultimi venti anni.
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Il “Battaglione Al Ayyash”, dal nome di un comandante militare di Hamas ucciso da Israele nel 1995, ha diffuso un filmato simile alla fine di maggio. L’esercito israeliano in quella occasione ritrovò una piccola rampa di lancio nel villaggio di Nazlet Zeid, a ovest di Jenin e vicino alla colonia di Shaked.
Secondo alcuni siti d’informazione ebraici, l’esercito israeliano sarebbe sul punto di effettuare un’ampia operazione a Jenin, roccaforte assieme a Nablus della militanza armata palestinese. L’obiettivo, spiegano, è quello di rioccupare la città palestinese, “eliminare radicalmente” le organizzazioni armate e ritirarsi nel giro di 48 ore. La destra estrema religiosa che governa Israele spinge per lanciare subito l’operazione ed evitare che la lotta armata palestinese metta in discussione la presenza e la vita quotidiana di chi vive degli insediamenti coloniali costruiti dopo il 1967 nei Territori palestinesi occupati in violazione del diritto internazionale e delle risoluzioni dell’Onu.
Ai vertici delle Forze armate persistono i dubbi. L’operazione militare corre il rischio serio di prolungarsi oltre le 48 ore pianificate di fronte alle capacità che i gruppi armati palestinesi hanno acquisito di recente e al costo in vite umane anche per i reparti israeliani. Senza dimenticare la possibilità che l’invasione di Jenin inneschi insurrezioni palestinesi nel resto della Cisgiordania.
Tra i palestinesi, come confermano sondaggi recenti, resta alto il sostegno alla lotta armata considerata dalla maggioranza della popolazione come l’unica possibilità di mettere fine all’occupazione militare israeliana dopo il fallimento di ogni trattativa ed opzione politica. Pagine Esteri
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“Doppio click”
Questa sera dalle ore 21 sarò ospite in diretta su Radio Popolare della trasmissione “Doppio click” condotta da Marco Shiaffino per parlare di tecnologie, internet e privacy. Qui il link alla diretta radiopopolare.it/ascolta-la-di…
Concorso nazionale “Laboratorio di Storia”: iscrizioni aperte fino al 30 giugno per le scuole che vorranno presentare i propri percorsi laboratoriali.
Info ▶️ indire.
Ministero dell'Istruzione
#NotiziePerLaScuola Concorso nazionale “Laboratorio di Storia”: iscrizioni aperte fino al 30 giugno per le scuole che vorranno presentare i propri percorsi laboratoriali. Info ▶️ https://www.indire.Telegram
Lupin III – Il Castello di Cagliostro
Il primo film di cui vi voglio parlare è un anime ambientato in Italia, che si dice abbia ispirato il primo “Indiana Jones” di Spielberg e Lucas oltre a essere stato fonte di ispirazione per la Disney nel comporre una scena di “Basil L’Investiga Topo” e una nel finale del film “Atlantis - L’Impero Perduto”. #film #Anime
Questo inoltre è il primo film che vede alla regia Hayao Miyazaki il fondatore della casa di produzione animata Ghibli.
Storia della Crimea: un saggio storico e politico del 1787
La storia della Crimea, pur essendo relativa a una piccola penisola affacciata sul Mar Nero, è davvero ricchissima. Sulle fondamenta greche, romane e, soprattutto, romane d’oriente, si innestarono sia il commercio e l’ingegneria genovese cheContinue reading
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Ustica, la retorica degli anniversari rallenta la ricerca dei responsabili
Scrive Repubblica che il DC-9 Itavia caduto il 27 giugno 1980 vicino Ustica sarebbe stato abbattuto da un missile lanciato da caccia francesi decollati da Solenzara, in Corsica, e da una portaerei. Secondo una vignetta che campeggia sul muro esterno del Museo della Memoria di Bologna, quella notte il cielo di Ustica sarebbe stato pieno di caccia americani. Per il giornalista Claudio Gatti, la responsabilità della morte di 81 italiani innocenti sarebbe invece degli israeliani. Potrebbe bastare questo a spiegare perché l’assunto della battaglia aerea non sia riuscita ad affermarsi nei processi penali: l’assoluta assenza di segni di impatto di missile sul relitto recuperato in mare e di aerei intorno al DC-9 sulle registrazioni dei radar fu rilevata sin dal 31 luglio 1998 dai pubblici ministeri (non dagli avvocati difensori, si badi bene!).
A 25 anni di distanza, sembra prenderne atto anche la Procura di Roma, che secondo Repubblica si preparerebbe ad archiviare l’inchiesta riaperta nel 2007 dopo le rivelazioni dell’ex presidente Francesco Cossiga sulla responsabilità francese. Benché il reato di strage non vada mai in prescrizione, è chiaro che senza un’indagine attiva le probabilità di dare un nome agli esecutori materiali e ai mandanti dell’attentato è pari a zero. Eppure, come in ogni anniversario, la teoria del missile viene riproposta alla pubblica opinione non solo come l’unica possibile ma addirittura come quella confermata dalle sentenze. Non è così.
L’ipotesi della battaglia aerea avanzata da Rosario Priore – che, come giudice istruttore, non ha mai sentenziato sulla colpevolezza, limitandosi a ordinare il rinvio a giudizio di alcuni militari, poi assolti – non ha mai superato rigorosa analisi del dibattimento penale. Dopo i pubblici ministeri, la bocciarono la Corte d’assise, la Corte d’appello e la Corte di Cassazione. La Corte dei conti rifiutò di addebitare ai generali il costo del recupero del relitto, del quale qualcuno riteneva inutile disporre per un rigoroso esame tecnico. Perché?
È presto detto. Con la disponibilità di oltre il 90% del relitto, il Collegio peritale d’ufficio – nominato, cioè, non dalle parti ma dal giudice istruttore – concluse infatti all’unanimità che ad abbattere il DC-9 era stata una bomba. Presieduto dal prof. Aurelio Misiti e composto da alcuni dei maggiori esperti internazionali, il Collegio prima certificò l’assenza di tracce di missile (piccoli ma fitti fori di schegge proiettate dall’esplosione della testata a una certa distanza dal bersaglio) e poi individuò la posizione della bomba nella toilette. A dimostrarlo stavano un tubo tondo reso piatto da una pressione di 392 kg/cm2 e il lavabo accartocciato e bucherellato come un merletto. I due pezzi furono esibiti in Assise ma, curiosamente, non sono presenti a Bologna. (A proposito: la conclusione della bomba è spesso criticata per l’incertezza del suo posizionamento, peraltro confinato a un raggio di qualche decina di centimetri. Curiosamente, la stessa univocità non è richiesta ai caccia, che possono essere diversi, venire da basi diverse, lanciare missili diversi, senza che ciò infici la credibilità del racconto). Contemporaneamente, i radaristi escludevano la presenza di aerei in un raggio di cinquanta-sessanta miglia dal DC-9.
Di fronte a questi fatti tecnici, il partito del missile (peraltro abbandonato anche da Priore, che nelle ultime fasi d’indagine aveva sterzato verso la “quasi collisione”) si affida piuttosto alle testimonianze orali, indifferentemente di Cossiga o dell’ex marinaio Brian Sandlin. È il trionfo della “narrazione” sulla scienza, tanto che nel 2005 i giudici d’appello si spingono a scrivere che “l’accusa non è altrimenti dimostrabile se non affermando come certo quanto sopra ipotizzato ma non è chi non veda in esso la trama di un libro di spionaggio ma non un argomento degno di una pronuncia giudiziale”.
E la bomba? È vero che, come scrive Repubblica, nei messaggi del centro Sismi di Beirut non se trova cenno? Mica tanto. Alle 10 del mattino del 27 giugno, il colonnello Stefano Giovannone invia a Sirio, un non meglio identificato vertice dei Servizi, un messaggio urgente. “2013 Habet informatomi tarda serata due sei [26 giugno] che Fplp avrebbe deciso riprendere totale libertà azione senza dar corso ulteriori contatti, in seguito mancato accoglimento sollecitata noto spostamento data procedimento appello in conseguenza psicosi et reazione negativa determinatasi in Italia seguito rivelazioni PECCI [sic] su aspetti fornitura armi da palestinesi at Bravo Charlie [sic].” Nel Regno Unito e in Francia questo, insieme alla perizia d’ufficio, sarebbe bastato a indagare sulla bomba che undici ore dopo disintegrò in cielo il DC-9. Loro hanno scoperto esecutori e mandanti delle bombe di Lockerbie (1988) e del Ciad (1989). In Italia c’è invece chi in nome del missile cerca la testimonianza o il documento che da soli invalidino il relitto, 1.750.000 pagine di istruttoria, quattromila testimoni, 277 udienze (comprese otto in videoconferenza con gli Usa), 115 tra perizie e consulenze, ottanta rogatorie internazionali (di cui 36, che hanno tutte avuto puntuale risposta, a Francia e Usa). Sarà mica per questo che, dopo 43 anni, i responsabili di Ustica dormono sonni tranquilli?
Negli Stati Uniti è boom dei senzatetto
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di Marco Santopadre*
Pagine Esteri, 27 giugno 2023 – Negli Stati Uniti il numero degli homeless è sempre stato abbastanza elevato, tanto che in molte città da sempre esistono enormi baraccopoli che ospitano chi non può permettersi un’abitazione.
Ma negli ultimi anni il fenomeno ha assunto dimensioni sempre maggiori, con un aumento del numero dei senzatetto generalizzato nel territorio e particolarmente evidente in alcuni territori. Tra le grandi città quelle maggiormente coinvolte sarebbero Chicago, Miami, Boston e Phoenix.
Secondo una ricerca portata avanti dal Wall Street Journal, che ha confrontato i rapporti di circa 150 enti, istituzioni e fondazioni che si occupano del fenomeno, oltre un centinaio di centri urbani del paese nel 2023 ha registrato un serio aumento dei senzatetto rispetto allo stesso periodo degli anni precedenti.
Secondo il quotidiano, l’aumento rispetto al 2022 sarebbe del 9% e invece del 13% rispetto al 2020.
La tendenza all’aumento è stata rilevata anche dal “Dipartimento per gli alloggi e lo sviluppo urbano degli Stati Uniti” – Housing and Urban Development (HUD)– che nel gennaio scorso ha pubblicato il suo primo rapporto, frutto di un lavoro di ricerca durato due anni. Per ora si tratta di una stima, per quanto particolareggiata, basata su una serie di dati preliminari raccolti in tutto il paese.
Alla fine dell’anno è prevista la pubblicazione di risultati più accurati grazie ai dati provenienti da alcune aree e città importanti. La stima finale sulla situazione nel paese dipenderà in gran parte dai dati provenienti dalla città di New York e dalla contea di Los Angeles, che lo scorso anno hanno registrato il numero di senzatetto più elevato e che quest’anno non hanno ancora trasmesso i conteggi aggiornati.
L’impennata del numero di homeless ha diverse cause. Da una parte l’aumento, soprattutto nell’ultimo anno, dei costi delle abitazioni e delle utenze.
In un settore – la contea di Maricopa – nell’area metropolitana di Phoenix (in Arizona), ad esempio, un’associazione governativa locale citata dal Wall Street Journal afferma che dal 2017 al 2022 gli affitti degli appartamenti sono aumentati mediamente del 68%. Contemporaneamente, il numero dei senzatetto avrebbe subito un’impennata del 7%.
Evoluzione del numero dei senzatetto negli Stati Uniti
A pesare sull’aggravamento del fenomeno anche la cancellazione di alcune misure di assistenza alle persone a basso reddito varate durante gli anni della pandemia di Covid19 che sono state recentemente sospese. Tra queste l’Eviction Bill, il provvedimento che vietava gli sfratti (almeno nella maggior parte dei casi) durante l’emergenza sanitaria. Dopo quattro rinnovi, il 31 luglio del 2021 il provvedimento federale non è stato più rinnovato dall’amministrazione di Joe Biden visto il disaccordo della maggioranza del Congresso. Molte delle persone sfrattate dopo la fine della moratoria non riescono a trovare una sistemazione a prezzi accessibili e vanno quindi a ingrossare il già consistente esercito degli homeless.
Il Dipartimento per l’edilizia abitativa e lo sviluppo urbano ha stimato che all’inizio del 2022 c’erano negli Stati Uniti circa 582.500 persone senza fissa dimora. La cifra cresce a 1 milione di persone se si includono tutti coloro che, anche solo momentaneamente e per un breve periodo, non hanno potuto contare su un alloggio.
Ma si tratta di una stima approssimativa che tiene conto soprattutto delle persone che usufruiscono dei rifugi messi a disposizioni da entità pubbliche, fondazioni e associazioni private ed organizzazioni religiose. Coloro che dormono in strada sono molto più difficili da censire e in gran parte, quindi, non rientrano negli studi.
In alcuni casi, però, l’aumento dei numeri è dovuto in parte anche all’affinamento delle tecniche di censimento. In particolare il WSJ cita il caso della contea di San Diego che quest’anno ha censito più di 10 mila senzatetto. L’aumento – del 22% rispetto all’anno scorso – è dovuto in parte al primo conteggio dei senza fissa dimora accampati nelle proprietà delle aziende di trasporto statale, compresi i cavalcavia. Ad ogni modo, anche senza questo aggiornamento, l’aumento sarebbe in un anno comunque del 14%.
Una parte consistente dei senzatetto soffrono di problemi di salute mentale oppure di dipendenze da alcool e stupefacenti. La rapida diffusione del fentanyl e di altri oppioidi incide molto sulla perdita del lavoro e della casa. Una parte degli homeless, poi, è rappresentata da immigrati appena giunti nel paese, anche richiedenti asilo, oppure da immigrati residenti nel paese da molti anni e che a causa della crisi economica scatenata dalla pandemia o dei forti aumenti del costo della vita dell’ultimo anno hanno perduto il lavoro o l’alloggio.
Una parte delle persone che rimangono senza casa riescono a usufruire dei voucher messi a disposizione dal governo federale e dai governi locali, ma solo in pochi casi queste sovvenzioni permettono agli homeless di trovare una sistemazione stabile.
I voucher e le sovvenzioni a tempo costano alle casse comunali e statali un forte esborso, che comunque riduce in minima parte un problema di carattere strutturale in un paese dove il libero mercato immobiliare la fa da padrone.
Ad esempio solo la California, negli ultimi quattro anni, ha speso ben 17 miliardi di dollari per cercare di contrastare il fenomeno, ottenendo però scarsi risultati. Il numero di senzatetto in California è infatti cresciuto di circa il 50% tra il 2014 e il 2022. Lo stato, che rappresenta il 12% della popolazione statunitense, ospita circa 115.000 senzatetto, secondo i dati federali e statali dell’ultimo anno, ed ha anche gli affitti e i prezzi medi delle case più alti degli Stati Uniti.
Secondo uno studio basato su migliaia di interviste, mediamente la popolazione homeless della California ha 47 anni, anche se la metà delle persone che non hanno un alloggio fisso supera i 50 anni. Le minoranze sono sovrarappresentate: i “latinos” sono il 35%, i neri sono il 26 e i nativi americani il 12%. Il 72% delle persone intervistate ha raccontato di aver subito un qualche tipo di violenza fisica nel corso della propria vita.
Per di più, una serie di leggi e di ordinanze locali varate negli ultimi decenni contribuiscono a criminalizzare i senzatetto allo scopo di limitarne la visibilità in nome della difesa del decoro urbano, più che di risolvere il problema.
Persone che non hanno i soldi per permettersi un affitto ricevono multe perché dormono in posti proibiti e non potendo pagare a volte finiscono addirittura in carcere, o accumulano debiti di migliaia di dollari che contribuiscono a trasformare in permanente una condizione – l’assenza di una dimora fissa – che a volte ha carattere momentaneo.
Per questo circa 120 organizzazioni operanti in cinque diversi stati dell’Unione stanno appoggiando una legge che si propone di tutelare i diritti civili degli homeless, basata su una vera e propria Carta dei diritti dei senzatetto. La legge è stata approvata in alcuni stati – Illinois, Connecticut e Rhode Island – ed è in discussione in altri e si spera che presto possa approdare al Congresso federale. – Pagine Esteri
* Marco Santopadre, giornalista e scrittore, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna, America Latina e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria.
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La Cina rossa, Storia del Partito comunista cinese
Se vogliamo comprendere la Cina contemporanea non possiamo prescindere dalla storia del Partito comunista cinese. Ne ha determinato le sorti e i profondi cambiamenti, trasformando in cento anni un paese rurale nella seconda potenza economica mondiale. Oggi il Pcc conta oltre novanta milioni di iscritti e, dal 1949, è alla guida di un paese immenso e molto complesso. Con questa ambiziosa opera (pubblicata recentemente da Laterza, 26,00 euro) , che si avvale delle fonti più aggiornate, Guido Samarani e Sofia Graziani intrecciano la storia del Pcc alla storia della Repubblica popolare cinese, delineandone l’organizzazione, l’ideologia, la strategia interna e internazionale, i momenti gloriosi quanto gli eventi drammatici. China Files ve ne regala un estratto per gentile concessione dell'editore.
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In Cina e Asia – Al via la "Davos estiva” a Tianjin
I titoli di oggi:
Cina, al via la "Davos estiva" a Tianjin
Wagner, la Cina "crede nelle capacità della Russia di mantenere la stabilità"
Cina, Wang Yi incontra la delegazione Usa a Pechino
Cina, pronta la legge per cittadini "più patriottici"
Cina, Pechino inaugura il più grande impianto idro-solare al mondo
Tokyo rimuove Seul dalla lista nera per le esportazioni high-tech
Pakistan, al via il giro di vite tra i sostenitori di Khan nell'esercito
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Alle 8.30 la chiave ministeriale per decrittare il testo della terza prova scritta delle sezioni ESABAC e Internazionali è stata pubblicata sul nostro sito.
La trovate qui ▶️ miur.gov.
Ministero dell'Istruzione
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PRIVACYDAILY
“SIOS23 SUMMER”
Domani 27 giugno a partire dalle ore 18.00 parteciperò a Roma all’Università Luiss Guido Carli, all’evento “SIOS23 SUMMER”, organizzato da StartupItalia in collaborazione con Luiss. Qui per info startupitaliaopensummit.eu/sio…
“La Ricerca negli IRCCS e la regolazione della privacy”
Domani 27 giugno dalle ore 10.00 sarò a Milano all’Aula Magna della Fondazione IRCCS al convegno “La Ricerca negli IRCCS e la regolazione della privacy”. Per maggiori info qui istitutotumori.mi.it/contenuto…
È ufficiale, il gigante russo ha i piedi d’argilla
Non sappiamo cosa accadrà in Russia, se il leader dei mercenari della Wagner Yevgheny Prigozhin cadrà misteriosamente da una finestra di Minsk, se la milizia sarà smantellata, se il capo di Stato maggiore Valerij Gerasimov e il ministro della difesa Sergei Shoigu saranno rimossi dai loro incarichi o se Vladimir Putin, la cui immagine di uomo forte è stata gravemente lesa dal tentato golpe, riuscirà a recuperare credibilità agli occhi dell’establishment e della popolazione. Una cosa però è chiara: se la Wagner ha impiegato nove sanguinosi mesi per conquistare Bakhmut in Ucraina e sole nove ore per spingersi fino alle porte di Mosca, lo Stato russo si è rivelato un gigante dai piedi d’argilla.
Da questo fatto nascono tre riflessioni. La prima riguarda il nesso tra l’andamento di una guerra esterna e la tenuta interna di un regime. Le sconfitte militari in Russia hanno spesso generato sconquassi interni, sebbene in forme e tempi diversi. Nel 1905, la sconfitta contro il Giappone creò le condizioni per la prima rivoluzione. Nel 1917, la prima guerra mondiale diede il la alla seconda rivoluzione: prima quella di febbraio, poi quella d’ottobre, che a sua volta scaturì in una guerra civile. Nel 1991, due anni dopo la ritirata dall’Afghanistan, ci fu l’implosione dell’Unione sovietica. Questa fu preceduta da un tentato colpo di Stato contro Mikhail Gorbachev. Il tentativo fallì dopo tre giorni, ma fu solo questione di tempo perché venisse giù il castello di carta sovietico. La sconfitta strategica russa in Ucraina, determinata dal fallimento dell’unico vero obiettivo di guerra di Putin – eradicare l’Ucraina come Stato libero, democratico e indipendente da Mosca – causerà sconvolgimenti interni. Non ci è dato sapere se assomiglieranno più al 1905, al 1917 o al 1991, o se saranno cambiamenti immediati o scaglionati nel tempo. La storia si ripete, sebbene non allo stesso modo. Ma è evidente che il tentato golpe di Prigozhin, il primo dopo oltre trent’anni, è l’atto più eclatante di una crisi profonda in Russia.
Da qui discende la seconda riflessione: gli eventi delle ultime ore validano quella che viene definita la “teoria della vittoria” di Kyiv. In guerra, ogni combattente ha una sua “teoria della vittoria”, cioè un’idea di come raggiungere, militarmente, i propri obiettivi. La “teoria della vittoria” russa fa perno sull’inconsistenza dello Stato e dell’identità dell’Ucraina, così come sulla mollezza dell’Occidente, cioè le condizioni che – secondo il Cremlino – avrebbero dovuto portare Mosca a prevalere. L’invalidazione di queste premesse ha aperto la via alla sconfitta strategica russa. Per contro, per gli ucraini, la vittoria – ossia la liberazione del territorio e della popolazione occupati – è improbabile attraverso il solo strumento militare. Gli ucraini sanno di non avere le capacità militari per ristabilire l’integrità dei confini del 1991. Ma credono che una sconfitta relativa della Russia – ad esempio con la liberazione delle regioni del sud mettendo in discussione l’occupazione della Crimea, oppure con la riconquista di parte dei territori del Donbas persi nel 2014 – possa generare instabilità a Mosca, e che in questo caos si possa aprire un varco per liberare il resto del loro Paese. Il tentato golpe di Prigozhin suggerisce che la “teoria della vittoria” dell’Ucraina è quantomeno plausibile. Per le potenze occidentali che sostengono Kyiv questo dato è fondamentale. La guerra probabilmente sarà ancora lunga, ma l’Ucraina è sulla strada giusta.
L’ultima riflessione va, in un certo senso, in direzione opposta: l’Occidente non ha alcun potere su ciò che accade in Russia, per quanto terribile ciò sia. Capiamoci: l’Europa e gli Stati Uniti possono influenzare la vittoria dell’Ucraina. Sostegno militare, ricostruzione e adesione alle istituzioni euro-atlantiche sono ingredienti chiave della vittoria di Kyiv. Al contrario, gli sviluppi interni in Russia sono totalmente al di fuori della nostra sfera di controllo. E qui sta il più grande dei paradossi: nei primi anni Duemila, con le rivoluzioni colorate in Georgia e proprio in Ucraina, Putin si era convinto che dietro le rivolte nello spazio post-sovietico ci fosse la “longa manus” dell’Occidente, il cui vero obiettivo era un cambio di regime a Mosca. Il capo del Cremlino non ha mai creduto, infatti, che queste rivoluzioni potessero essere genuinamente animate dall’interno. Oggi si ritrova a fare i conti con la stessa situazione, ma stavolta in casa sua. Prigozhin è una sua creatura, un Frankenstein creato non dalla Cia, dalla Nato, dall’Ue o da Soros, ma dalle sue stesse mani. L’Occidente non può che stare alla finestra: non abbiamo il men che minimo potere sulla faida interna in Russia, né candidati che vorremmo vedere al potere. È Putin il solo artefice della sua eventuale disfatta. Qualche mese fa, alla domanda su chi fossero i consiglieri più ascoltati da Putin, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov rispose: “Caterina (la Grande), Pietro (il Grande) e Ivan (il Terribile)”. Sbagliava. Sembrerebbe, semmai, che Putin stia dando retta a Nicola II. L’ultimo imperatore.
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Russia. Telegram: ministro difesa Shoigu sarà sostituito, uomini Wagner attesi a Osipovich
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della redazione
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Ustica, la verità si basi sui fatti. La lettera di Cavazza e Bartolucci (Avdau)
Siamo due donne, drammaticamente colpite dalla tragedia della caduta del DC9 Itavia del 27 giugno 1980. Una di noi ha perso la madre quando aveva solo 17 anni, un’età critica in cui gli affetti familiari sono importantissimi. L’altra ha vissuto per 43 anni, e tuttora vive, il dramma di un padre costantemente accusato, prima dalla giustizia, poi dall’opinione pubblica, di avere tradito la Patria, ignorando che i fatti di cui era accusato non erano mai esistiti.
Siamo la presidente onoraria e la presidente dell’Associazione per la verità sul disastro aereo di Ustica, una associazione di gente per bene che ha per scopo sociale quello di perseguire la verità in tutto ciò che riguarda la tragica vicenda di Ustica. Ribadiamo: la Verità a caratteri maiuscoli, la verità che parta da fatti veri, non da fantasie, supposizioni e invenzioni. Sì, perché la verità che viene richiamata dalla maggior parte dei media non è verità; è una storia fondata su falsità.
È una falsità quella che il giudice istruttore Rosario Priore abbia emesso una sentenza in cui affermava che ci fosse stata una battaglia aerea, che il DC-9 fosse stato abbattuto all’interno di un episodio di guerra aerea. Priore non ha mai emesso sentenze di quel genere, essendo lui un giudice istruttore. Si trattava, invece, solo una sua ipotesi, in base alla quale rinviò a giudizio i vertici dell’Aeronautica militare. A conclusione di quel giudizio, la Corte d’appello, a pagina 87 del documento emesso a riguardo, scrisse testualmente: “la conclusione cui perviene l’accusa […] può essere accettabile come ipotesi accusatoria, sia pure fondata su elementi incerti ed equivoci da dimostrare, ma è inaccettabile quale motivazione di una sentenza in quanto si dà per certo un risultato partendo da dati del tutto ipotetici e peraltro del tutto sconfessati dagli elementi probatori certi ed inequivocabili come sopra messo in evidenza”. È sufficientemente chiaro?
È una falsità quella della presenza di aerei estranei in prossimità del DC9 Itavia, visto che già la Corte d’assise a pagina 135 scrive che “Il dibattimento ha d’altra parte dimostrato l’infondatezza dell’ipotesi del G.I. sulla battaglia aerea” e la Corte d’appello ha aggiunto a pagina 115 della propria sentenza che “nessun velivolo ha attraversato la rotta dell’aereo Itavia, non essendo stata rilevata traccia di essi dai radar militari e civili, le cui registrazioni sono state riportate su nastri da tutti i tecnici unanimemente ritenuti perfettamente integri”. Dovremmo quindi dire che i giudici di una Corte d’assise e di una Corte d’appello hanno così smaccatamente mentito?
Di menzogne è piena la narrativa corrente essendo basata su supposizioni, congetture, fatti totalmente inventati che perdurano da oltre quattro decenni. A tutto ciò si aggiungono le offese, come quelle recentemente formulate da Daria Bonfietti “che è solo una provocazione offensiva il continuo contrapporsi, sistematicamente, alle iniziative dell’Associazione delle vittime, rappresentante delle esigenze di giustizia e verità dei familiari liberamente associati” e “che è soltanto un’offesa alla dignità organizzare visite al Museo per la memoria di Ustica schiumanti rabbia e risentimento”. Il Museo per la memoria non può essere monopolio di un gruppo, anche perché, “è un luogo che deve rimanere ‘un tempio della memoria’” per tutti i parenti delle vittime, visto che certamente raccoglie gli effetti personali anche della madre di una di noi. La nostra visita al Museo è stata improntata al massimo rispetto delle vittime, delle loro famiglie e di ciò che il Museo si propone di rappresentare.
Chi cerca sinceramente la verità cominci a mettere da parte le falsità di cui è infarcita la storia di Ustica. La verità è unica, e noi, e la nostra associazione, lo stiamo facendo.
Scuola digitale? Il valore imprescindibile di carta e penna
Martedì 18 luglio 2023 alle ore 11:00 presso la Sala Zuccari del Senato della Repubblica, sarà presentato il paper “Scuola digitale? Il valore imprescindibile di carta e penna“, su iniziativa del Senatore Marco Scurria.
Intervengono:
ANDREA CANGINI, Segretario generale della Fondazione Luigi Einaudi
ALESSANDRA GHISLERI, Direttrice di Euromedia Research
MASSIMO AMMANITI, Psicoanalista
MARIA TERESA MORASSO, Grafologa
MASSIMO DONÀ, Filosofo
SERGIO RUSSO, Insegnante
DIEGO CIULLI, Direttore Politiche pubbliche Google Italia
Conclude il Ministro dell’Istruzione GIUSEPPE VALDITARA
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Bruxelles approva lo spionaggio sui media per motivi di “sicurezza nazionale” | L'Indipendente
"Impossibile non notare come la norma contenga un controsenso intrinseco, dal momento che aspira a garantire ai giornalisti una maggiore indipendenza e libertà da eventuali minacce aumentando la sorveglianza e il controllo sul loro operato. Il risultato, anzi, parrebbe essere proprio il contrario, ovvero condizionare ulteriormente l’attività di indagine dei professionisti dell’informazione, già sottoposta a crescenti restrizioni in diversi Paesi europei."
Guatemala. Presidenziali, ballottaggio nel centrosinistra tra Torres e Arevalo
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della redazione
Pagine Esteri, 26 giugno 2023 – La leader di “Une”, il partito di Unità nazionale della speranza (centrosinistra), ed ex first lady Sandra Torres è avanti ai suoi avversari nelle elezioni presidenziali tenute ieri in Guatemala. Ma è lontana dal poter vincere al primo turno. Con oltre il 90 per cento dei seggi elettorali scrutinati, Torres raccoglie il 15 per cento delle preferenze. “Vinceremo, non potranno toglierci la vittoria, chiunque esso sia”, ha detto ai suoi sostenitori riferendosi al secondo turno il prossimo 20 agosto.
Al secondo posto, con il 12 per cento, è posizionato il candidato di “Semilla” (sinistra ecologista) Bernardo Arevalo. Solo al terzo posto il candidato della destra Manuel Conde di “Vamos” (destra), con l’7,84 per cento dei voti.
Il voto di protesta comunque è quello più alto: il 17 per cento di chi si è recato alle urne ha annullato la scheda.
Da notare che una sentenza del Tribunale elettorale supremo del Guatemala, ha impedito all’imprenditore Carlos Pineda, del partito di destra “Prosperità cittadina”, in cima nei sondaggi prima del voto, di prendere parte alle elezioni. Pineda è stato il quarto candidato bloccato da una decisione delle autorità giudiziarie, circostanza che suscitato allarme dei centri per i centri per la tutela dei diritti umani e politici. L’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Turk, ha parlato di “continua erosione dello stato di diritto in Guatemala”. Pagine Esteri
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Perù. Cancellata la legge per lo sfruttamento industriale, le organizzazioni indigene festeggiano
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dal Comunicato stampa di Survival International
Pagine Esteri, 26 giugno 2023. Straordinario colpo di scena in Perù, dove una importante commissione del Congresso ha bocciato il Progetto di Legge 3518, che i popoli indigeni del paese avevano anche definito “Progetto di legge genocida” per gli effetti devastanti che avrebbe avuto se fosse stato approvato.
Il PL 3518-2022 era già stato mandato al Congresso per il voto ma ora, grazie alla bocciatura e archiviazione da parte della “Commissione per la decentralizzazione”, il suo percorso è bloccato.
Teresa Mayo, ricercatrice di Survival International l’ha definita “una grande vittoria per i popoli indigeni del Perù, per le loro organizzazioni e per le migliaia di persone comuni che in tutto il mondo hanno sostenuto la campagna contro questo devastante progetto di legge.”
Le organizzazioni indigene peruviane AIDESEP e ORPIO hanno esercitato forti pressioni e oltre 13.000 sostenitori di Survival hanno scritto ai membri della Commissione per la decentralizzazione, esortandoli a bloccare il disegno di legge.
Il progetto legislativo era stato avanzato da membri del Congresso pro-Fujimori legati alla potente industria degli idrocarburi, e rappresentava una gravissima minaccia specialmente per le tante tribù incontattate del paese, le cui terre sarebbero state esposte allo sfruttamento industriale.
“Sono molto felice perché abbiamo lavorato duramente per fermare questo disegno di legge che viola i diritti dei popoli incontattati e di recente contatto. L’archiviazione del disegno di legge protegge i nostri parenti incontattati, i loro diritti e le loro vite, ed evita il genocidio e l’ecocidio che avrebbe scatenato” ha dichiarato Tabea Casique (Ashaninca) di AIDESEP.
Per Roberto Tafur, dell’organizzazione indigena peruviana ORPIO, la decisione mette in risalto “la partecipazione di coloro che hanno una coscienza che li ha spinti a preoccuparsi dei nostri fratelli PIACI. Perché la vita viene prima del denaro. Per arrivare qui abbiamo combattuto molto. E dobbiamo continuare a lottare per i nostri fratelli che sono nel folto della foresta, che non sanno che noi stiamo combattendo per loro”.
I popoli incontattati e di recente contatto sono noti collettivamente in Perù con il nome di PIACI. In Perù, l’industria del petrolio e del gas ha già avuto un impatto catastrofico su questi popoli. Negli anni ‘80, ad esempio, a seguito delle prospezioni petrolifere effettuate dalla Shell, furono introdotte malattie mortali che uccisero oltre la metà del popolo Nahua (che era precedentemente incontattato).
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“La sostenibilità digitale a scuola nel pieno rispetto del CAD e del GDPR”
#cosedagarante|Dalle ore 17.00, parteciperò al seminario “La sostenibilità digitale a scuola nel pieno rispetto del CAD e del GDPR”, ideato e curato da Massimo Corinti e promosso dalla rete “ARETE”. Qui il modulo di iscrizione al seminario nc.fuss.bz.it/apps/forms/s/JCZ… Per info qui fuss.bz.it/post/2023-06-26_inc…
È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.
Ministero dell'Istruzione
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Sterilizzazioni forzate per i disabili: il Giappone fa mea culpa
Un rapporto fa luce sulle vittime, fra cui due bambini, della legge abrogata nel 1996. I cittadini con disabilità o malattie mentali sono stati operati anche con l’inganno Nel secondo dopoguerra in Giappone la presenza di persone con disabilità, malattie mentali o disturbi ereditari doveva essere ridotta. Con l’inganno o con la forza. In soccorso al governo intenzionato a portare ...
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In Cina e Asia – Rivolta Wagner: la Cina "sostiene la stabilità nazionale della Russia”
Rivolta Wagner: la Cina "sostiene la stabilità nazionale della Russia"
Gli Stati Uniti accusano quattro aziende cinesi di traffico dei precursori del fentanyl nel paese
Il viceministro degli Esteri cinese Ma Zhaoxu responsabile delle relazioni con gli Usa
Picco di viaggi in Cina. Ma secondo gli analisti servono sussidi alle famiglie
Disoccupazione giovanile in Cina: donne con lauree umanistiche tra le più colpite
La Cina non esporta più grafite in Svezia
Nel 73° anniversario della guerra di Corea, il Nord minaccia la distruzione degli Usa
Vietnam, Corea del Sud e Usa: focus sui minerali critici e la cooperazione militare
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“Web3 e Blockchain, il futuro della digitalizzazione in Italia”
A partire dalle 10.30 parteciperò a Roma al convegno “Web3 e Blockchain, il futuro della digitalizzazione in Italia”, organizzato da Olitec, Decripto e FederItaly. Per info qui eventbrite.co.uk/e/biglietti-w…
REPORTAGE. Il popolo dimenticato dei bambini sfollati e profughi
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di Valeria Cagnazzo
Pagine Esteri, 26 giugno 2023 – Ho conosciuto Saeed, nome di fantasia, qualche anno fa, in un piccolo ristorante nella valle della Bekaa, in Libano. Si mangiava all’aperto, in giardino, intorno a tavoli di plastica bianca. Sulle griglie si arrostiva la carne degli agnelli e dei vitelli sgozzati che stavano appesi per le zampe al soffitto all’ingresso del locale. Saeed aveva otto o nove anni, la sua mamma era stata invitata a quel tavolo da un’associazione di medici italiani che l’aveva conosciuta in una missione precedente e che adesso voleva donarle una busta di banconote per aiutarla a sfamare i suoi figli. Appena oltre la recinzione di rete a larghe maglie di quel giardino si scorgevano le montagne azzurrissime del suo Paese, la Siria. Saeed sedeva con la schiena drittissima, staccata dallo schienale. Non toccava neanche il cibo che gli veniva offerto, l’insalata tradizionale di prezzemolo, pomodori e pane croccante, i bocconcini di carne grigliata.
Era bene educato, Saeed, e nonostante i suoi occhi accarezzassero quei piatti con desiderio, non si azzardava a prendere del cibo, continuava a scuotere la testa e a ripetere grazie a quei medici occidentali. Poi sua madre gli aveva rivolto un cenno del capo, a dirgli che sì, gli era permesso di mangiare, e allora lui, ancora ringraziando, timidamente si era avvicinato al piatto. In Siria, solo quattro anni prima, era stato il figlio di un imprenditore e aveva vissuto in un quartiere benestante di Damasco. Nel salotto di casa sua, c’erano stati un televisore a schermo piatto e i joystick della sua playstation. Aveva avuto una brevissima vita agiata, Saeed. Poi era scoppiata la guerra. Sua madre si era messa lui e le sue sorelle in macchina e se li era portati, orfani di padre, oltre il confine con il Libano, in un viaggio notturno e clandestino.
Di colpo, la vita in una tenda, in un campo profughi sovraffollato dove bisognava mettersi in fila per il riso e poi per riempire una tanica d’acqua, e dove lei, la mamma, una laurea in ingegneria e mani morbide, si era trasformata in una tigre per difendere i suoi figli. Era bastato un viaggio notturno per cancellare dalla vita di Saeed la tv a schermo piatto, la playstation, la scuola in cui prendeva ottimi voti e le maestre gli dicevano che avrebbe fatto il dottore. Il passato, però, ancora gli si leggeva in quella schiena dritta, nelle guance che arrossivano, nei capelli dritti, tenacemente pettinati. Quando si era allontanato dal ristorante tenendo per mano la sua mamma, finalmente gli avevamo sentire pronunciare parole diverse da “Shoukran”. Lontano dalle nostre orecchie estranee una voce bambina era riemersa da qualche abisso per chiederle, rivolgendosi a quel mazzetto di banconote che avevano ricevuto: “Possiamo comprare un pallone?”.
Non ho più notizie di Saeed, la sua esistenza si è unita alla matassa di quelle di milioni e milioni di bambini sfollati nel mondo, come se non fossero tutti individui con volti, nomi, personalità come lui, che era gentile e riservato.Il più recente rapporto dell’Unicef parla di 43,3 milioni di bambini sfollati. Il numero più alto nella storia, eppure sempre un numero tra tanti. Un numero che, però, a pensarci bene, starebbe a significare che la popolazione di un Paese come la Spagna o l’Argentina potrebbe essere interamente costituita da bambini sfollati. Un popolo, una nazione di bambini costretti ad abbandonare la propria casa, per fuggire all’interno del proprio Paese o oltre i suoi confini, come Saeed, per salvarsi la vita. Solo nell’ultimo decennio, questa popolazione di bambini sradicati dalla loro terra è raddoppiata.
Nel 60% dei casi (25.8 milioni), si tratta di sfollati interni. Quando cercano rifugio all’estero, le destinazioni più frequenti sono la Turchia, l’Iran, la Colombia, la Germania e il Pakistan.
17,5 milioni di bambini sono in fuga dalla guerra. Il rapporto, che si ferma alla fine del 2022, non include tra questi i bambini fuggiti in questi mesi dal conflitto in Sudan, che secondo l’Unicef al momento dovrebbero essere almeno 940.000. Il conflitto tra Russia e Ucraina, poi, ha costretto almeno 4 milioni di bambini ucraini a lasciare la propria casa: oltre due milioni di loro hanno abbandonato il loro Paese e oltre un milione sono sfollati interni. Sono almeno un centinaio i conflitti attualmente in corso nel mondo, ed è dalle loro spirali di violenza, anche quando dimenticate, che le famiglie continuano a cercare di salvare i propri figli, ingrossando le fila dei rifugiati.
Vivere da rifugiati significa, nella maggior parte dei casi, non avere diritto alla protezione sociale, all’istruzione, alla salute, neppure a ricevere le vaccinazioni durante l’infanzia secondo calendario. Una vulnerabilità che ha un inizio, come l’arrivo di Saeed in Libano in piena notte, ma non vede una fine. Come ha notato, infatti, Verena Knaus, capo della commissione Unicef sulla migrazione e lo sfollamento, “La maggior parte di questi bambini che sono sfollati oggi molto probabilmente resterà sfollata per l’intera durata dell’infanzia”.
Faceva una riflessione analoga la giornalista Lucia Goracci alcuni giorni fa, commentando l’ennesima strage di migranti in mare al largo della Grecia il 16 giugno scorso, in cui si stima abbiano perso la vita 600 persone. A proposito di una ragazza di 20 anni che dal barcone aveva cercato di lanciare l’allarme col suo cellulare, scriveva, infatti: “Era di Daraa, dove la guerra civile siriana è cominciata. Aveva 20 anni. Cioè era una bimba di 8, quando la guerra è entrata dentro casa sua”. Se per i giornali e i libri di storia la durata delle guerre si misura in anni, per i bambini che ci nascono e ci vivono in mezzo e che poi, a volte, si trasformano in profughi, i conflitti corrispondono ad anni di infanzia perduta, talvolta a un’infanzia intera, dalla nascita all’adolescenza, senza possibilità di ripartire dall’inizio.
A sfollare i bambini non sono solo i conflitti ma anche i cambiamenti climatici. Deforestazione, siccità, alluvioni e inondazioni a causa del cambiamento climatico hanno costretto fino al 2022 almeno 12 milioni di bambini a emigrare dalle loro terre d’origine. Spesso, anche in questo caso, per trasferirsi in campi di rifugiati sovrappopolati in cui i diritti dell’infanzia non sono garantiti.
I bambini pagano le spese dei disastri bellici ed ecologici degli adulti in maniera per giunta sproporzionata: rappresentano il 31% della popolazione mondiale, ma costituiscono almeno il 60% del popolo di sfollati che si muove nel mondo. Un’emergenza che Catherine Russell, Direttrice esecutiva dell’Unicef, commenta così: “L’aumento (del numero di bambini sfollati, ndr) va di pari passo con l’impennata di conflitti, crisi e disastri climatici nel mondo. Ma sottolinea anche la risposta deludente di molti governi nel garantire che ogni bambino rifugiato o sfollato interno possa continuare a imparare, a rimanere in salute e a sviluppare il proprio pieno potenziale”.
A pochi giorni dalla Giornata mondiale del Rifugiato, il dato del Refugee Funding Tracker è scoraggiante: nei primi sei mesi del 2023, sarebbe stato versato solo il 22% dei 10 milioni di dollari che erano stati richiesti a livello mondiale per il soccorso dei rifugiati. Né le politiche occidentali nei confronti dei migranti lasciano presagire scenari molto migliori, per i bambini che da un giorno all’altro chiudono con la loro infanzia per trasformarsi in sfollati. Sarebbe forse un nuovo sistema da proporre nelle sedi istituzionali, quello di misurare la durata e la gravità dei conflitti e dell’emergenza climatica non in anni e in percentuali, ma in infanzie interrotte. Pagine Esteri
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PRIVACYDAILY
Irish Gov makes critizising Big Tech and Irish DPC a crime!
Il governo irlandese considera reato criticare le Big Tech e il DPC irlandese! Il governo irlandese tenta di introdurre di nascosto una disposizione nella legge irlandese sulla protezione dei dati che consente di dichiarare "riservata" qualsiasi parte della procedura. Le critiche legittime diventerebbero un reato.
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Mio figlio ha una 4 ruote
Durante lo stage "Mio figlio ha una 4 ruote" MF4R (policlinico.mi.it/news/2023-06…) organizzato a Lignano Sabbiadoro dal Sapre, un servizio pubblico del Policlinico di Milano che si occupa da più di 30 anni dei genitori di bambini affetti da SMA (atrofia spinale muscolare) promuovendone l'empowerment, si è svolta una camminata di circa 5 km percorribile a piedi, in bici, con carrozzine manuali/elettroniche e passeggini.
Il percorso, individuato con la collaborazione di #FIAB Monfalcone - BisiachINbici, tra la Riserva naturale regionale Foce dell'Isonzo-Isola della Cona e Marina Julia (Monfalcone) si è svolto su un tratto della pista ciclabile Adria Bike (adriabike.eu/it/interactive-ma…) scelto in particolare perché privo di barriere architettoniche.
Alla camminata ha partecipato un gruppo di circa 150 persone tra cui 50 bambini in carrozzina elettronica le cui famiglie arrivano da tutta Italia e dall'estero.
Un grande esempio del ruolo del servizio sanitario pubblico e un esempio (un po' più piccolo) dell'importanza di una mobilità sostenibile per tutti, non solo per gli amici della #bicicletta.
@maupao @macfranc @Rivoluzione mobilità urbana🚶🚲🚋 @:fedora: filippodb :cc: :gnu:
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Ancora un raid di coloni israeliani in Cisgiordania. L’esercito uccide due palestinesi armati
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della redazione
Pagine Esteri, 24 giugno 2023 – Per il sesto giorno consecutivo i coloni israeliani hanno attaccato villaggi palestinesi in Cisgiordania per vendicare l’uccisione martedì di quattro israeliani, il giorno dopo un raid dell’esercito a Jenin che ha ucciso sette palestinesi, tra cui un ragazzo e una ragazza di 15 anni.
Oggi è stato preso di mira Umm Safa, nella Cisgiordania centrale, in cui sono stati feriti alcuni abitanti e sono state date alle fiamme diverse case e automobili. Un soldato israeliano è stato ferito da una pietra.
Secondo il sindaco di Umm Safa, Marwan Sabah, almeno 100 coloni hanno attaccato la città sotto la protezione dell’esercito israeliano. “I soldati erano con loro e li hanno difesi”, ha detto, aggiungendo che “hanno lanciato gas lacrimogeni e sparato proiettili di gomma contro gli abitanti”. I palestinesi a loro volta hanno bruciato un veicolo militare israeliano.
La ministra della Sanità palestinese Mai Al-Kaila ha denunciato che i coloni hanno lanciato pietre contro un’ambulanza che trasportava un paziente dal villaggio di Beit Rima vicino a Umm Safa, ferendo leggermente l’autista.
In totale questa settimana i coloni israeliani hanno ferito decine di palestinesi e distrutto decine di case ed automobili palestinesi a Turmusaya, Urif, Huwara, Luban al Sharqieh, Jaloud e altri villaggi. Un palestinese è stato ucciso a Turmusaya dal fuoco della polizia israeliana.
Sempre oggi un palestinese di 17 anni, Isaq Al Ajloni, è arrivato al checkpoint di Qalandiya a nord di Gerusalemme e ha aperto il fuoco contro i militari. Al-Ajlouni, ha ferito leggermente una guardia di sicurezza prima di essere colpito e ucciso. Secondo la polizia, Al-Ajlouni era armato con un fucile M-16. L’uccisione è avvenuta poche ore il decesso in ospedale del 39enne Muhammad Idris, un residente del campo profughi di Askar (Nablus). Idris, un combattente, è stato colpito allo stomaco ieri a Nablus durante una incursione dell’esercito israeliano.
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All’anagrafe
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Piero Bosio
in reply to Informa Pirata • • •Ma perché un servizio importante come la telemedicina non lo gestisce il Servizio Sanitario Nazionale o Regionale?
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