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Gli estratti dal sito FilmPost.it intitolati "Claudio Caligari: Tre Film, Un’Eredità" offrono una panoramica toccante e critica sulla vita e l'opera del regista italiano Claudio Caligari. Il testo descrive come Caligari, autore di soli tre film, abbia dovuto lottare tenacemente contro l'ostilità e l'ipocrisia del cinema italiano per realizzare le sue visioni, come testimoniato dalla sua celebre frase a Valerio Mastandrea. La fonte si concentra in particolare sulla produzione del suo […]

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Rotolo, il cemento cancella il verde


Se c’è una città in cui manca il verde, in cui si continua a dichiarare “no al consumo di suolo” mentre si sfornano permessi di costruire che sacrificano le ultime aree libere, questa è Catania. Gli Uffici pensano che il problema si possa risolvere con la perequazione, vale a dire con un “va bene, costruisci pure, ma lascia libero un pezzettino di area dove piantare un arbusto e […]

Leggi il resto: argocatania.it/2025/11/14/roto…

#ComuneDiCatania #DirezioneUrbanistica #lungomare #verdePubblico

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pensieri autobussiaci dopo la giornata rapida tranquilla (gli autobus più vecchi della mia linea e i dettagli di spacc)


Oggi sono fortunatamente meno implosa e stanca di ieri… il che è strano, visto anche che stanotte ho dormito a malapena 4 ore, ma va bene così. Tuttavia, questo vuol dire che non ho proprio nulla di cui lamentarmi, e quindi ancora meno da raccontare, e che disastro e che male al cuore… (Ed ecco che magicamente starei in effetti facendo uscire una lamentela nuova di zecca dritta fuori dal mio culo, ma fare così equivarrebbe a imbrogliare, quindi evito.) 😩

Le sole cose spassose che posso raccontare oggi, allora, sono di quella categoria che credo interessi solo ai pazzi; ossia, gli autobus. Mi chiedevo, precisamente… com’è che sembra che la probabilità di incontrare gli autobussyni più vecchi aumenti tanto più si prendono corse tendenzialmente meno frequentate? Nel senso, sarà per caso un caso… oppure, nei limiti del possibile, verrà fatto apposta di piazzare i mezzi meno scassati negli orari più di punta (…eccetto per una specifica corsa la sera, che magicamente riesce a fare sempre eccezione a questa regola, per cui serve molta gente ma il pullman è vecchio e consumato)…? E sarà questo fatto per dare una falsa impressione di ottimo servizio ai più statisticamente ignari… o ci sarà dietro un motivo altruistico, del tipo di evitare che siano proprio i mezzi con più gente dentro a rischiare di avere disservizi in viaggio…? 👻

Vabbé, non so perché mi è salito proprio questo pensiero, proprio oggi pomeriggio, al mio ritorno a casa, tra tutti i possibili in cui potevo finire sommersaposso supporre che sia perché oggi, su 2 autobus totali, ho beccato sempre e solo dei vecchi. Anzi, in realtà 3 bus… perché il primo stamane l’ho perso per appena 5-10 secondi, perché per qualche motivo non aveva la scritta SITA dal lato in cui l’ho visto passare (o forse sono io che alle 8 di mattina non ci vedo… ma mi pare strano, perché invece quella “cotrac” l’ho letta), quindi non ho accelerato il passo quando dovevo, accorgendomi solo troppo tardi che quello era il mio autobus, e solo per aver intravisto salire una particolare persona che non conosco che lo prende sempre alla mia stessa fermata alla mia stessa ora (…e giuro che la situazione è meno creepy di quanto sembra a dirla così, non chiamate la polizia)… ma non voglio lagnarmi stavolta, ho detto, tanto ho accettato che sono una frana ad esistere. 😈

Comunque, l’autobus vecchio ha delle sue vibe a dir poco particolari che, certamente, non disprezzo affatto. Certo, quello con luci da gaming e porte USB per scroccare corrente ha un fascino irreplicabile, e quello che sa di nuovo con le sedute belle spaziose altrettanto, ma ogni tanto è bello anche cambiare aria… Oddio, farei volentieri a meno della puzza di piscio proveniente dai posti più in fondo… — e ok, un viaggio così da cesso mi è per fortuna capitato solo una volta l’anno scorso (o forse era due anni fa? …la cosa mi avrà microtraumatizzata al punto che il ricordo mi si è già corrotto?), e poi mai più ho sentito tanfi di quel tipo in autobus, ma il solo stare nell’ambiente mi riporta un minimo a quel momento, che non è proprio il massimo. Però dai, nel bus vecchio c’è pure un altro odore di stagionatura, lievemente meno disgustoso, ossia quello delle rivestiture interne (e nello specifico credo, ma non ne sono sicura, di tutta la gomma) consumate e bruciate dal sole nel corso dei decenni. 😳

A parte gli scherzi: si, le sensazioni dell’autobus vecchio, per quanto fin troppo memabili, hanno comunque qualcosa di speciale per me. Sarà perché al primo anno tornavo spesso a casa dall’università ad ora di pranzo, come piace a me, e quindi capitavano fin troppo spesso proprio i pullman vecchi, proprio come ancora adesso sembra comune a quell’ora per almeno metà delle volte (mentre, ad altre ore, per l’appunto, no; appaiono i modelli più wow). Sarà perché, forse per via delle ampie vetrate, a mezzogiorno entra molto sole, e gli interni si riscaldano, ed il mio lato piantifero di questo ne godrà senza nemmeno accorgersene. E poi, in generale, quel tale aspetto così rustico fa un effetto così tanto italiano e casalingo… tra i tasti di stop che non funzionano, le vetrate con la condensa dentro (e, a volte, pure i fiumi), le viti che mancano in certi punti secondari (…zio bullone), quindi la struttura che in generale si presenta molto traballante, ed il motore greve che ci aggiunge il suo per far tremare bene tutto pure da fermo; in generale, un vecchiume e una trasandatezza che fanno un po’ femcel-core (…octo-core). 😻

Ma, infine, beh… Se tali dettagli sono di serie su ognuno di questi mezzi d’altro secolo, ogni tanto, la fortuna fa apparire ai miei occhi anche particolarità più uniche e speciali… come questa scritta, affianco al mio posto di oggi: “SALERNO MERDA“. E beh, beh… ho l’impressione che qualche buontempone l’abbia depositata con l’intento di suscitare ira, ma… c’è per caso una singola anima qui, o sul pullman in questione, inorridita da ciò? Il bro — perché si, sarò misandrica di nuovo, ma dubito che possa essere stata una donna a scrivere qualcosa del genere sulle mura di una stanza su ruoteha oggettivamente sputato fatti; chi sa, sa. Quanto ci sarebbe ordunque da fantasticare anche su tutte le strade e i comuni di ‘sto cazzo che questo pullman ha visto, nella sua lunga vita, in cui avrà sicuramente fatto tante e tante tratte oltre a quella in cui, proprio oggi, mi ha servita… ed egregiamente, nonostante i pezzi che mancano e la copertura dell’appoggio per la salita che, in foto si intravede, è mezza strappata. 🥴
Foto del primo posto più avanti di quelli dietro, sulla destra, vicino al finestrino; sul materiale di gomma-tessuto, la scritta in verticale "SALERNO MERDA" scritta apparentemente in pennarello blu e con una grafia a tratti molto storta. Più avanti sulla sinistra si vede l'appoggio spellato come descritto.
#autobus #emozioni #pullman #vecchio #viaggio #vibes


qualche momento di octuriosa goduria in una giornata altrimenti smerdata (le cose apprezzabili successe dopo stamattina)


Ogni tanto, nonostante le cose marce… insomma le mattinate marce che promettono e professano giornate marce per intero e persino più (nel senso che poi il malumore facilmente si trascina addirittura ai giorni dopo, sopravvivendo persino il grande sonno a cui mi sottopongo… a cui in realtà non tutti i giorni posso sottopormi, ahimè e purtroppo, ma lasciamo stare)… Stranamente, se succedono le magie buone per sbaglio, è possibile ribaltare ogni cosa per tramite di istanti tanto impercettibili quanto potenti, e trasformare la giornata merdosa in apprezzabile… wow!!! Beh, almeno finché non arrivo a casa poi, e quindi le vibe si rovinano… ma OK che ora, ben dopo cena, mi rinchiudo nelle mie stanze prima, e nel lettino magico dopo, quindi dovrei sopravvivere. ❤️‍🔥

Scrivo allora, per la scusa di fare un altro post simpatico, e certamente meno vitrioloso di stamattina — anche perché, attualmente, la stuffoctt sembra essersi rispenta, quindi è cosa buona e giusta che di contro io riversi almeno qualche parola in più del solito riguardo i miei accadimenti qui sopra — quali sono stati gli elementi di magia che oggi, dal pomeriggio (perché appunto, la mattina è stata comunque un po’ cacca, e un po’ distrazioni o inutili o dolorose; certamente non indimenticabile), mi hanno temporaneamente, ma certamente, rialzata dalla disperazione. Li scrivo di modo che io magari possa ricordarmi di replicarli anche artificialmente, in futuro, qualora dovessi averne bisogno (seh, come se non fosse certo)… e anche perché diffondere ampiamente ciò che è epico per il beneficio del mondo è pur sempre la mia vocazione… 🙏

Oggetto magico 1: il pranzo… o meglio, la banconota europea grazie alla quale posso permettermi di andare legalmente a pranzare al ristorante. Indeed, il mio umore, dalla mattina a terra, è diventato assolutamente apprezzabile il pomeriggio dopo aver appena mangiato per bene, anziché con pane e acqua cercando nel frattempo di non svenire per il freddo come altrimenti mi tocca. Precisamente come un mese fa, ho speso appena 15 euro, godendone certamente, e stavolta oltre a primo e secondo ho preso anche il caffè direttamente lì — e non capisco perché cavolo si dice che sarei ricca per aver speso una tale cifra al ristorante nell’arco di un intero mese, ma vabbé. Ma proprio wow, ceh: sono andata a pranzo strascinante e sono uscita quasi zompettante, è irreale; e questo ha sicuramente potuto solo piantare una base buona per ciò che è seguito. 🥰

Arsenali magici 2: il quadernino di bubazza e la matita da ben 2 euro, che insieme permettono alle manine di fare cose particolari durante la lezione (per la quale non ho invece aggettivi positivi). Forse a questo punto non batterò le allegazioni di essere ricca, ma ieri mattina ho comprato una (1) matita 10B, per sfizio e per dovuta ricerca, e ho avuto modo di provarla solo un po’ ieri sera a casa… perché, misteriosamente, nello zaino dell’università non ho fogli o quaderni (ma solo carte volanti… ossia scontrini dei miei acquisti che, lasciamo stare, dai, vi prego). Dunque, oggi mi sono portata uno dei miei quadernini degli scarabocchini (oddio, sarà meglio dire scarabochietti però…). Avrei voluto allora provare la stecca meglio stamattina, ma prima ho speso 2 ore per scrivere quel post blursato, e poi nelle 2 ore dopo al prof. rompiscatoloni piace girare tra i banchi… quindi, rendetevi conto da quante decine di ore avevo ‘sta matita nel culo. Ebbene, l’ultima lezione del giorno è stata proprio il momento perfetto per provare a fare dei disegnini (con sia il quadernino che il telefono per le immagini nascosti dietro il portatile spento, che un po’ mi ha fatto sentire quello stealth della scuola), e… la matita è intrigante indubbiamente, ma meriterà un approfondimento a parte!!! 🗡️

Rituale magico 3: il gaming potente, grazie alla octo di ieri sera che si è ricordata di mettersi e mettermi il Nintendo Switch nello zaino (oltre al quadernino di cui sopra). Se il gran traffico ed il buio al ritorno dall’incubiversità sono infatti di per sé sgradevoli, aggiungendo un po’ di incredibile gaming al mix il tutto diventa non solo accettabile, ma godurioso!!! Ho infatti prima fatto un GP 200CC su MK8DX, sfrecciando alla gran faccia di tutti i motoristi imbottigliati, e poi una maratona 150 linee lv. 7+ su Tetris Effect… che, non solo non aprivo da secoli, ma, lì nell’autobus con le luci blu (da gaming anch’esse, se vogliamo essere pignoli) ha assolutamente le sue motivazioni esperienziali. Tra l’altro, ho temuto di non riuscire a finire la partita a Tetris in tempo, perché l’ho iniziata che praticamente il bus era quasi appena entrato nella mia città… ma anche lì, oltre che sull’autostrada, c’era talmente tanto traffico che alla fine ho avuto tutto il tempo (anche se ho dovuto mettermi il pepe al culo per riuscirci, ma oh, ce l’ho fatta), e quindi doppia goduria: partita non lasciata appesa, e assurda catarsi indotta dal pepe. 👾

Insomma, la morale della giornata di oggi forse è che, in fondo, le cose spiritualmente piccole possono essere perfettamente buone per tappare arrovellamenti grandi… e non bisogna nemmeno essere ricchi, no, smettiamola con questa storia, suvvia. E, ancora più in fondo, per quanto da un lato mi torturi, questo pendolo che mi oscilla addosso (quello dell’università per me, ma chiunque lo rimpiazzi col proprio) dall’altro mi dà: a volte (non sempre, non sono ricca, lo ripeto…) la scusa di andare al ristorante, poi quella di fare gaming con un’atmosfera che a casa non posso per ora più replicare (…perché, come raccontai, il controller delle mie strisce LED si fulminò… e ancora non ho sostituito nulla…), e quella di… boh, disegnare di nascosto, per quanto non abbia senso? 🤯

Vabbé, cioè, nel senso: è giusto — e dicono ideale, poi io non lo soprendersi i giusti attimi da parte per apprezzare i momenti apprezzabili, gradevoli… non so se perché prima o poi spariranno per sempre e l’unica cosa che ci rimarrà di essi sono solo i ricordi (e, per me, gli scritti, menomale), o perché è vera questa cosa che bisogna sempre ringraziare l’universo oltre che bestemmiarlo; in vista di un sempre più perfetto mio bilanciamento cosmico, vedrò di prestare attenzione a riportare su entrambe le cose, secondo questa ultima visione, comunque. Ma voi, invece… non so, provate ad apprezzare le vostre scemenze, altrimenti potete apprezzare la foto di quelle mie odierne; che, tuttavia, oltre a non contenere nulla di gaming, non include neanche il mio secondo, perché avendo fame ho completamente dimenticato di fare la foto, ops. Buonanotte. 😊
Foto del pranzo, spaghetti al pomodorino e caffè, e due disegni che ho rifatto come descritto, gnam anche quelli
#giornata #momenti #vita


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Altre robe sullo stesso tema pubblicate ultimamente su questo blog:

Porno? Non ne parliamo!

Il governo ha comprato un secchiello

Leggiamo che la data del 12 novembre 2025, ieri, termine per l’attivazione della censura su alcune decine di siti definiti pornografici dalle autorità italiane non è poi quella definitiva in quanto i siti messi all’indice hanno ancora qualche mese di tempo […]

pepsy.noblogs.org/2025/11/13/n…

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garzanti?


ma quella che pubblica questa robalinkata qui è la stessa Garzanti che pubblicava Rosselli, Insana, Porta e Pagliarani?

#Arminio #FrancoArminio #FrancoArminio #Insana #Pagliarani #Porta #Rosselli

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video: charles bernstein @ kgb bar, oct 14th, 2025


vimeo.com/1132932082

Charles Bernstein reading in Susan Lewis’s Monday series at KGB bar in NY.

Don Yorty recorded the event & posted it here: vimeo.com/1132932082

#CharlesBernstein #DonYorty #experimentalPoetry #experimentalWriting #KGBBar #reading #SusanLewis #video

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crocus / robert rauschenberg. 1962


.

#art #arte #RobertRauschenberg

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su robert walser (interventi e materiali sul sito della radio della svizzera italiana)


Radio della Svizzera Italiana_ Articolo e materiali su Robert Walser
https://www.rsi.ch/cultura/letteratura/Robert-Walser-essere-apparire-o-scomparire–3245072.html (Mattia Mantovani)

#Hesse #Joyce #LAssistente #MattiaMantovani #Musil #narrativa #RadioDellaSvizzeraItaliana #RobertWalser #RSIRadioDellaSvizzeraItaliana #scrittura #Walser

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Barriere architettoniche, nominato il Commissario. Tappa importante ma non definitiva


Forse questa volta avremo davvero un Piano per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche (PEBA). Come facilmente prevedibile, vista la perdurante inadempienza del Comune, è stato nominato il commisario ad acta. Dopo il silenzio in cui sono trascorsi i 45 giorni concessi dal TAR al Comune per completare il provvedimento di adozione del Piano, i ricorrenti, hanno chiesto infatti, come […]

Leggi il resto: argocatania.it/2025/11/12/barr…

#AssociazioneLucaCoscioni #ComuneDiCatania #disabilità #PEBA #TARDiCatania

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stanchezza inspiegabile mi trascina l’anima in un baratro di cose non fatte e mi incazzo


Ahhh, ultimamente il sonno, la stanchezza, mannaggia a qualsiasi cosa mannaggiabile, mi sta proprio mangiando (non gnam). Lasciamo stare stamattina, che mi sono svegliata e definitivamente alzata dopo l’una, ma qui era non tanto per la stanchezza, quanto per il fatto che uso il dormire anche come metodo di coping contro gli orrori dell’esistenza… Ieri sera, più che altro, ero stranamente proprio stanca ad un certo punto, del tenore di zzz… e ciò, che in realtà non è una novità, stavolta mi ha seccata a tal punto che sono dovuta arrivare a riflettere sul fatto più del dovuto, come ahimè sono fissata per tutto… 🤕
me everyday
Ieri pomeriggio, già avevo una specie di sonno… dopo appena 4 ore dal mio risveglio praticamente, che è vergognoso, ma la colpa sarà stata della combinazione tra lezione noiosa e pranzo misero, quindi sorvoliamo… però vabbè, comunque facevo tranquillamente le mie cose per passare il tempo, la stanchezza era solo un po’ appostata dentro le pareti. Quando si è fatto veramente tardi però, dopo aver fatto la doccia e cenato, praticamente alle 22:30, si è inspiegabilmente presentata la stanchezza vera, e quindi non riuscivo più a continuare a fare le mie cose (ma, stranamente sono comunque andata a letto tardi, perché… non lo so, il PC è terribile, dovrei evitare di tenerlo acceso la sera, perché mi risucchia, ma purtroppo non ho altro modo se non esso di guardare YouTube su uno schermo grande). 🧐

A quell’ora praticamente volevo finire un disegno che avevo iniziato 6 fottute ore prima, che per tutto quel tempo non ho potuto neanche toccare, se non 3-5 minuti di merda subito prima di cena, perché zio caro le cose di mezzo, ma era difficile… anche perché, stranamente, pure gli occhi mi si mezzi chiudevano e non mettevano a fuoco da nessuna parte per più di qualche secondo di fila. Poi, avrei voluto scrivere già allora questo ennesimo post mortale, così da magari anche levarmi dalla testa questa variante della mia disperazione, ma non usciva niente… pure perché, se gli occhi non funzionano, figuriamoci la parte del cervello che elabora il linguaggio. Poi, dopo alcuni minuti, gli occhi mi si sono un minimo aperti e il disegno l’ho finito, anche se a fatica… forse, grazie alla mia adorata luce blu degli schermi, che in cambio mi ha sottratto solo 15-20 minuti di sonno. 🥱

Non si sa, ovviamente, da dove arriva tutta questa stanchezza. La mattina mi sono svegliata ad orario approvato, con calma sono andata alla spaccversità, lì ho scritto il post di ieri mentre mangiavo, poi a lezione ho soltanto disegnato, così come dopo finché non è stato momento di prendere l’autobus, in viaggio su questo ho fatto del semplice gaming, e a casa ho appena fatto merenda senza fare assolutamente niente (ero giusto col telefono a guardare YouTube), e infine la doccia e tutto. E pensare che pure oggi, seppur non sento esattamente stanchezza ora, il mio cervello comunque non collabora, e ci ho messo dunque fin troppo tempo a scrivere questo stupido post, mentre chissà più tardi come sclererò per chissà cosa finirò a fare (probabilmente, disegnare finché non dovrò poi scendere stasera, che non è che ho molte altre opportunità). 😩

Tra l’altro, collegandomi a questo, un’altra cosa che mi fa andare veramente ai matti è constatare quanto tempo perdo ogni giorno a semplicemente non fare niente per via dei “cambi di contesto”, li chiamerò così; ossia, i momenti in cui, per qualche motivo, si deve interrompere una data attività per fare qualcos’altro (sia di attivo che di passivo), per giunta con conseguente perdita della concentrazione. Cioè, avrò perso prima 5 e 10 preziosi minuti a non fare niente di ché (appena camminare e stare lì col telefono in mano) rispettivamente per prendere l’autobus all’andata e poi al ritorno della giornata — e, se è per questo, anche tante decine di minuti la mattina tra fare colazione e prepararmi — poi, tra entrare in classe, uscire e mettermi da altre parti, tutte queste cose qui, manciatine di minutini sono state bruciate ugualmente; e tanti ancora se ne perdono tra iniziare e finire di mangiare, lavarmi, vestirmi, mettere e togliere cose dallo zaino, chiudere la porta di casa a chiave, fare pipì… 😖

Boh, così tanto tempo si perde involontariamente in non fare niente, senza in tutto ciò nemmeno parlare delle distrazioni causate dalla tecnologia, e alla fine non rimangono proprio più tempo ed energia allo stesso tempo per fare cose effettive, di qualunque tipo questo siano. E poi, c’è ancora un altro problema, come il Professor Oak ricorda, cioè che non sempre si può fare una data cosa in ogni dato momento… e quindi, per esempio, non posso — sottinteso, realisticamente e comodamente, non parlo per forza di impossibilità oggettiva — disegnare mentre mangio o sono sull’autobus, o fare gaming molto dinamico mentre mangio, e non posso scrivere mentre mi faccio la doccia, o fare programmazione sfrenata quando ho solo il telefono alla mano… E quindi, a lungo andare, io di questo ci rimango male, perché che palle: nei momenti morti non posso fare cose epiche, e nei momenti vivi non ho poi la forza di farle. ☠️

#sonno #stanchezza #vita

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oggi, 12 novembre, a bologna: “dalla documentazione alla vociferazione” (incontro con enzo minarelli)


locandina incontro con Enzo Minarelli_ Bologna 12 nov 2025
cliccare per ingrandire

L’incontro, organizzato nell’ambito del laboratorio di Linguaggi dell’arte contemporanea del DAMS di Bologna, ruota attorno al percorso artistico, poetico e performativo di Enzo Minarelli, autore del Manifesto della Polipoesia (1987). Sarà questa l’occasione per conoscere gli aspetti più profondi della sua poetica a partire dalla presentazione di tre recenti pubblicazioni: Enzo Minarelli. Document’azioni 1976-80, a cura di Carlotta Cernigliaro, testo critico di Pasquale Fameli, Zero Gravità, Sordevolo 2023; Enzo Minarelli. Vociferazioni. L’orgasmo della voce/schemi d’esecuzione 1978-2019, a cura di Federico Fernandes,EDUEL, Londrina 2024 e Enzo Minarelli, Giorgio Borgatti. Phantasus di Arno Holz, a cura di Laura Ruffoni, Minerva, Bologna, 2025.

enzominarelli.com/documentazio…

enzominarelli.com/vociferazion…

enzominarelli.com/phantasus/

#ArnoHolz #art #arte #ComplessoDidatticoMolinoTamburi #DAMS #DAMSBologna #documentazione #documentazioni #edericoFernandes #EDUEL #EnzoMinarelli #GiorgioBorgatti #LauraRuffoni #linguaggiDellArteContemporanea #materialiVerbali #Minerva #PasqualeFameli #performance #Phantasus #vociferazione #vociferazioni #ZeroGravità

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“Il mio dottorato tra coleotteri, cactus e droni ghiacciati”

edu.inaf.it/approfondimenti/st…

Per la rubrica Space Jobs, il punto di vista molto speciale di Matteo Omilli, dottorando in Space Science and Technology (Università di Trento e Fondazione Bruno Kessler)

#astronomia #dottorato #dottoratoSst #spazio #tecnologia

@astronomia @astronomia


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L'articolo esplora il costo mentale e le sfide professionali che gli streamer affrontano sulle piattaforme come Twitch, mettendo in discussione l'idea che sia un modo di guadagno facile. Il testo evidenzia come la pressione per la costante performance, unita a ritmi di lavoro estenuanti e alla necessità di interagire in tempo reale con le chat, porti a problemi di salute mentale come il burnout e la depressione. Vengono citati gli esempi di streamer italiani di successo come ZanoXVII e Dario […]
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oggi, 12 novembre, a roma, bncr, seminario di studi sui fondi letterari della biblioteca nazionale centrale di roma


Dall’officina di lavoro all’officina di studio. Per i 10 anni del Museo Spazi900
Biblioteca nazionale centrale di Roma
oggi, 12 novembre 2025, Sala 1

Seminario di studi sui fondi letterari della Biblioteca nazionale centrale di Roma

PROGRAMMA:

Ore 10.00

Saluti
Stefano Campagnolo
Direttore della Biblioteca nazionale centrale di Roma

Introduce
Eleonora Cardinale
La Biblioteca del Novecento letterario

Modera
Gianluigi Simonetti (Università di Losanna)

Edoardo Barghini (Università di Roma Tor Vergata)
La responsabilità del sottotenente. La prima spedizione al fronte russo (1941-1942) in due libri inediti di Elia Marcelli

Giulia Pellegrino (Università del Salento)
Vecchie foto dalla Casa dei Guaglioni: immagini alla prova delle carte d’autore

Rita Bianco (Università di Roma Tor Vergata)
«I miei cari AUTORI anarchici». Le letture politiche di Elsa Morante

Elisiana Fratocchi (Università di Roma Tor Vergata)
Dalla biblioteca di Fabrizia Ramondino: postille e marginalia ai testi morantiani

Antonio D’Ambrosio (Sapienza Università di Roma)
Gli archivi di Ungaretti

§

Ore 14:45

Modera
Caterina Verbaro (Università Lumsa)

Elisa Gregorio (Università degli studi di Cassino)
Tra gli scaffali della biblioteca di Calvino: alla ricerca delle fonti delleFiabe italiane

Chiara Giammugnai (Università di Roma Tre)
Italo Calvino e i corrispondenti francesi: mappatura e commento delle lettere

Annamaria Piccigallo (Sapienza Università di Roma)
“Sui banchi lisci e nemici della biblioteca”: Pier Paolo Pasolini lettore alla Biblioteca nazionale di Roma

Serena Fornito (Sapienza Università di Roma)
Ricostruire il collezionismo di un critico letterario a partire dalla sua biblioteca: il Fondo Macchia

Caterina Schiera (Sapienza Università di Roma)
«il luogo della possibilità e della libertà»: l’attività del Centro d’arte e cultura Il Brandale dalle carte del fondo Bentivoglio

Conclude

Elio Pecora
L’archivio e la biblioteca del poeta

Nella ricorrenza dei 10 anni del Museo Spazi900 e del cinquantenario della morte di Pasolini è possibile visitare, all’interno della Sala Pier Paolo Pasolini, la nuova sezione espositiva dedicata a Ragazzi di vita: Per i 70 anni di Ragazzi di vita di Pier Paolo Pasolini. Dai dattiloscritti all’edizione a stampa (bncrm.beniculturali.it/it/790/…).

*

Ingresso libero
Lunedì – giovedì 10.00-18.00
Venerdì 10.00-14.30

È possibile visitare virtualmente il museo attraverso il portale Spazi900: digitale.bnc.roma.sbn.it/tecad…

Scarica la locandina

#AnnamariaPiccigallo #AntonioDAmbrosio #biblioteca #BibliotecaNazionaleCentraleDiRoma #BNCR #CaterinaSchiera #CaterinaVerbaro #CentroDArteECulturaIlBrandale #ChiaraGiammugnai #collezionismo #EdoardoBarghini #EleonoraCardinale #EliaMarcelli #ElioPecora #ElisaGregorio #ElisianaFratocchi #ElsaMorante #FabriziaRamondino #FiabeItaliane #FondoBentivoglio #FondoGiovanniMacchia #FondoMacchia #GianluigiSimonetti #GiovanniMacchia #GiuliaPellegrino #GiuseppeUngaretti #IlBrandale #ItaloCalvino #laBibliotecaDiCalvino #MuseoSpazi900 #PierPaoloPasolini #RagazziDiVita #RitaBianco #seminario #SerenaFornito #StefanoCampagnolo #Ungaretti

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Una visione sul futuro dei pagamenti elettronici


Secondo me tra un po’ con le commissioni zero sui bonifici istantanei potremmo pagare in tempo reale anche sugli acquisti spot negli esercizi commerciali.

Tecnicamente fattibile e possibile in poco tempo.

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precario per scelta, ma di qualità (spero)

anime nere

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Treno merci con E652.037 in transito a San Vincenzo (25/12/2024)


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✅ Cecina Stazione FS: treni.creeperiano99.it/u/cecin…
✅ Empoli Stazione FS: treni.creeperiano99.it/u/empol…
✅ Campiglia Marittima Stazione FS: treni.creeperiano99.it/u/campi…
✅ Livorno Centrale Stazione FS: treni.creeperiano99.it/u/livor…
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“Archlinux dà meno problemi di Fedora, a quanto pare.” (Fedora merdistico per morrolinux vs. octospacc)


Come qualcuno saprà, l’altro mese avevo installato Fedora KDE in dual boot sul mio portatile, perché Windows (merda) mi si è stranamente corrotto, al punto che fallisce tutti i tipi di aggiornamenti, e io non posso permettermi di formattare il disco per fare una reinstallazione pulita, quindi yikes… Ebbene, io cercavo stabilità, un sistema operativo che porca puttana semplicemente funzionasse e basta senza mai rompersi, criteri per cui Fedora sembra fin troppo venduto in giro… e invece, è stato il peggiore errore della mia vita: dopo 2-3 settimane scarse di uso, si è rotto senza che io facessi un cazzo di niente!!! Una mattina ha preso, e il desktop con tutti i servizi annessi non partiva più, e tutt’ora non parte più; riesco giusto ad accedere alla TTY (col WiFi che nemmeno si collega automaticamente) e constatare che nei log non trovo un cazzo di niente di utile (poi, c’è da dire che io ho problemi di skill a leggere i log, ma comunque). E quindi sono dovuta tornare a Windows. 🤡

Non lo avevo mai detto, sia perché mi è sfuggita l’occasione, ma anche perché altrimenti so che arrivano certi a dire che ho sbagliato qualcosa io, e che non è vero che Linux si rompe, e soprattutto non Fedora oooh ma come puoi bestemmiare in questo modo… e tutte queste stronzate che mi fanno desiderare che seduta stante esplodano o tutte le persone o tutti i computer, perché ormai io non reggo più tutto ciò… Ma, se è morrolinux in persona — che, per chi non lo conoscesse, è il capo di Linux, come suggerisce il fatto che il nome di Linux deriva dal suoa dire che Fedora dà in realtà più problemi persino di Arch — distribuzione memeticamente nota per essere piena di problemini e spaccarsi di continuo, al punto che solo chi abita nello scantinato dei genitori può usarlo come daily driverallora direi che qualche parola sulla stessa falsa riga posso permettermela. 🥰

youtube.com/watch?v=B5RyT6IPfW…

Lui (che ha usato Fedora GNOME) ha avuto in realtà altri problemi, comunque minori, non il sistema operativo che un giorno prende e si suicida (e poi dicono che non dovrei farlo io come conseguenza degli effetti del dover stare appresso a tutti ‘sti rottami di software…), ma l’andazzo è chiaro ed è comune. Su Arch, conferma lui, i problemi ci sono (fin troppi per i miei gusti, quindi io certamente me ne tengo a debita distanza…), ma sono piccoli e in genere facilmente risolvibili, e magari capitano in seguito ad aggiornamenti di pacchettini di merda… Su Fedora, invece, quando qualcosa si spacca, non si capisce perché cazzo è successo, e soprattutto che minchia fare per risolvere. Prima, gli è in realtà apparso un problema di freeze random, che non succede con un’installazione pulita, quando ha scambiato il disco del sistema mettendolo in un PC diverso… e (per quanto ne sappiamo) nessuna altra distro fa questa cosa. Poi, da installazione pulita, dopo un aggiornamento, sono apparsi problemi infiniti, anche questi a caso, con lo stack audio, che zio pera… E che dire, a questo punto. 🪱

Comunque, nel mio caso, anche se avesse avuto la decenza di non esplodere senza alcun cazzo di motivo, Fetora è ad ogni modo smerdato e non mi faceva fare tutto quello che mi serviva… Non voglio proprio parlare del fatto che bastasse tenere aperto il browser e 3 altre app pesanti per saturare la RAM e far freezare completamente il PC costringendo nel 50% dei casi ad un hard reboot, perché mi capita con tutte le distro Linux su tutti i PC, anche se su Windows no… Ma non riuscivo a fare una fottuta condivisione di schermo su OBS o in qualsiasi browser, perché o Wayland è ancora rotto in culo, o Fedora lo ha configurato spaccato; ma proprio non c’era versi, né con le versioni native delle app né con Flatpak… una schifezza; per fare la live di Pokémon Z-A mentre ero all’università dovetti usare Windows. E pensare che io l’ho installato comunque controvoglia, solo per una speranza di OS stabile, perché ha aspetti schifosi come i codec video mancanti (che non sono riuscita ad installare del tutto dopo averci provato)… e manco quello ho avuto! Che truffa!!! 😭

Vabbé, sono cucinata. Prossima volta installo Ubuntu, anche se lo so che mi si romperà pure quello, e io piangerò. Siamo nel 2025 e ancora non c’è un fottuto sistema operativo desktop che funziona e basta, perché Linux si rompe, Windows è programmato con l’IA e si rompe, odio aver bisogno dei computer per esistere, bla bla bla, l’ho già detto fin troppe volte… Ma, comunque, con questa storia una lezione nuova l’ho imparata: meglio stare lontani da Fetora in particolare tra le distro perché, come dice il nome, è veramente puzzolente e vi porterà alla morte dell’anima per asfissia. E vorrei zio pertuso togliere il pelo completamente al pinguino di Linux, perché quello sta lì tutto innocente, come se ne avesse il diritto… e ok, sul server Linux è epico, nulla da dire, ma mi servirà anche un PC utilizzabile, no??? 🚮

#bug #desktop #Fedora #Linux #morrolinux #problemi


linuxanza di emergenza nei momenti di peggior viaggio mentale (installo Linux in autobus perché Windows si è rotto)


In questi giorni si è verificato un meme molto conosciuto ma altrettanto sgradito, e cioè che ho scoperto che Windows 10 sul mio portatile è corrotto malamente, chissà da quanto tempo e chissà perché… È corrotto al punto che durante l’uso normale non si nota nulla di particolarmente anomalo, al di là delle solite piccole stranezze che non si capisce mai se sono di design o no (si sa che Microsoft non può mai e poi mai fare software 100% funzionanti, altrimenti nessuno comprerebbe più le versioni successive, e loro andrebbero quindi in bancarotta), ma certa roba a livello di sistema non funziona… e l’ho scoperto veramente a caso, provando ad installare l’emulatore di Android Studio, che però da un errore incomprensibile nell’attivare il servizio di virtualizzazione… mentre, provare ad attivare quello interno di Windows fallisce con un avviso per cui il registro di sistema sarebbe corrotto. 😐

La cosa veramente merdosa però, e davvero non so come facciano pure i fan più sfegatati di Windows a non odiare ancora Microsoft nonostante questi continui avvenimenti (che capitano non solo a me in particolare, ma scommetto a decine o centinaia di utenti al giorno in generale, in diverse salse), è che il sistema è totalmente irreparabile. Ho provato ad aggiornare a Windows 11 dalle impostazioni, sospettando potesse essere in realtà un complotto per farmelo fare… ma, alla fine, ha preso e annullato tutte le modifiche, in culo al mio tempo. Ho pure provato a reinstallare Windows 10 da ISO, con l’opzione di non formattare, ma ha fatto la stessa identica schifezza… e quindi… 😭

Lo schifo di Windows meriterà forse un ennesimo suo approfondimento, ma il punto è: visto che non posso e/o non voglio formattare il disco, ma dovrei farlo se voglio riparare ‘sto OS di merda… piuttosto, ne ho liberato quasi metà e ho deciso di installare (in dual boot) Linussy, cioè Linux ma sussy. (Semplicemente Fedora KDE Plasma, nessuna distribuzione strana, però non farebbe ridere detto così.) Ok, il sistema operativo non sarà intrinsecamente sussy, ma il mio processo di installazione si, visto che, tra tutti i posti del pianeta Terra, è avvenuto proprio… in autobus (quindi, tecnicamente, in più posti contemporaneamente, che è doppiamente assurdo). Almeno, questa era l’idea iniziale, venuta un po’ per l’estremo potenziale memetico, e in altra parte per ottimizzare il tempo, evitando di privarmi del portatile nei momenti in cui poteva servirmi… 😤

Ovviamente, nemmeno i piani che faccio per ridere vanno mai a buon fine. Avrei dovuto fare questa cosa ieri mattina, ma ho dovuto prima perdere tempo a comprimere la partizione NTFS per ricavare spazio utile dal disco… per 2 volte, perché farlo da Esplora Risorse non ha sortito effetto alcuno (…però il tempo me lo ha sprecato tutto… oh, va bene il registro corrotto, ma a me questa installazione sembra proprio affetta da una maledizione…), e quindi ho dovuto poi farlo di nuovo da riga di comando (e lì ha funzionato). Da ieri mattina, allora, sono arrivata alla sera tardissimo, e ho quindi dovuto di nuovo posticipare il momento Linux in sé… a stamattina, con una nuova fresca occasione autobussiaca. Beh, stamane mi sono ricordata che la mia chiavetta con Ventoy era mezza sfatta, vedendo che la ISO di Linux scaricata la sera prima non si avviava, e ho dovuto perdere altro tempo… a copiare tutti i file dalla pennetta al PC, formattare la pennetta, e ricopiare tutto sopra; l’intera mattinata di lezioni (ma nel mentre il computer era operativo, chiaramente, quindi non un problema). 🥱

Alla fine, sembrava che l’installazione vera sarebbe avvenuta nell’autobus di ritorno di oggi, ed ero così vicina a vedere ciò essere il caso… ma, purtroppo, rimpicciolire la partizione di Windows per fare spazio per Linux ha impiegato praticamente l’intero tragitto, e quindi alla fine dei conti Fedora si è installato quando io ero già bella a casina, a pranzo. Però… nell’autobus ho avviato il sistema live di Linux, e anche l’installer, pure se intanto ho dovuto perdere tempo con il gestore delle partizioni, quindi… si può dire che, almeno a metà, ho effettivamente installato Linux in un pullman??? Se si, questa cosa fa così tanto utente Linux che credo di meritarmi sticker gratis, o qualcosa del genere… 😈

Comunque, appurato che Fetora funziona, finché non escono problemi non farò nessun aggiornamento di sistema, mai; aggiorno solo le app (rigorosamente Flatpak) e vedremo se, in questo modo, finalmente avrò un sistema Linux desktop che non si spacca puntualmente da solo con il troppo uso… anche se, venendo da Windows su quel portatile, che si spacca puntualmente da solo con il troppo uso pur senza fare aggiornamenti, forse non dovrei lamentarmi comunque. (E a parte tutto, sono stata relativamente sculata in questa impresa, perché il portatile acceso nel mio zaino con la chiavetta inserita c’è entrato a filissimo… altrimenti, dovendo scendere dall’autobus erano cazzi, perché ovviamente non potevo interrompere la modifica delle partizioni a metà. Anche questa, però, è linuxeria.) 👌👌👌
💖💣, [26/09/2025 13:21]o.gnam💖💣, [26/09/2025 13:29]forse questo è l'unico problema. vediamo quanto ci metterà..💖💣, [26/09/2025 13:34]rido a ridimensionare le partizioni in autobus ma non c'è niente di divertente(P.S., dedicato a chi non crede nella mia potenza Anche se purtroppo non si vede benissimo, dai bordi delle foto si nota l’ambiente autobus; godete, è tutto reale!!!)
#autobus #computer #Fedora #laptop #Linux #portatile


Questa voce è stata modificata (6 giorni fa)

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a roma, 12-13 novembre: bienalsur 2025


IILA – Organizzazione internazionale italo-latino americana – iila.org

Roma è BIENALSUR: La capitale entra nel vivo di BIENALSUR 2025, la biennale internazionale d’arte contemporanea che costruisce una mappa transnazionale della cultura, attraversando città, continenti e istituzioni con un modello espositivo diffuso. Dopo l’inaugurazione milanese, il progetto “Invocazioni”, a cura di Benedetta Casini, approda a Roma con una serie di mostre che apriranno in contemporanea mercoledì 12 e giovedì 13 novembre, coinvolgendo alcune delle principali sedi culturali della città: Museo di Roma a Palazzo Braschi, Ambasciata del Brasile – Galleria Candido Portinari, Ambasciata di Spagna e Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone.

Il filo conduttore del progetto è il rapporto tra corpo umano e corpi non umani: paesaggi, animali, piante, pietre. Ogni esposizione esplora un diverso aspetto di questa relazione, proponendo una riflessione sulla necessità di spostare lo sguardo, decentrarlo, rinunciando alla centralità dell’essere umano. Il titolo “Invocazioni” è tratto da una conferenza di James Hillman, che descrive l’invocazione come un gesto di apertura verso l’invisibile, una propiziazione che invita a ripensare il nostro posto nel mondo, oltre l’ego e la biografia individuale.

Le sedi romane ospitano mostre pensate per i luoghi che le accolgono: “Contact Ecologies” all’Ambasciata del Brasile intreccia geografie e narrazioni minoritarie tra Italia e Sud America; “My Mortality Should Move You” all’Ambasciata di Spagna propone un dialogo poetico e materico con la pietra; a Palazzo Braschi, “Invocations” mette in scena paesaggi vegetali tra memoria e percezione, mentre all’Auditorium Parco della Musica, con “A Sound Deep in the Ear”, il percorso si fa sonoro, attraversando corpi e linguaggi in una dimensione percettiva e sensoriale.

Info QUI

#AmbasciataDelBrasile #AmbasciataDiSpagna #art #arte #AuditoriumParcoDellaMusicaEnnioMorricone #BenedettaCasini #bienalsur #GalleriaCandidoPortinari #IILA #modelloEspositivoDiffuso #MuseoDiRoma #MuseoDiRomaAPalazzoBraschi #OrganizzazioneInternazionaleItaloLatinoAmericana #palazzoBraschi

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oggi, 11 novembre: lidia riviello @ biblioteca pagliarani, in colloquio con giovanni greco


Lidia Riviello_ biblioteca Pagliarani_ 11 novembre 2025_ in colloquio con Giovanni Greco
cliccare per ingrandire

Lidia Riviello in colloquio con Giovanni Greco
@ Biblioteca Elio Pagliarani, oggi, 11 novembre,
in Via Marcantonio Bragadin 122b
e anche in collegamento da remoto qui:
meet.google.com/agk-msky-mtm

_

#BibliotecaPagliarani #dialogo #GiovanniGreco #LidiaRiviello #poesia #prosa #SpazioPagliarani

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lavoro ignegnisoftico dalla fogna universitaria è quindi il momento di iniziare a soffrire (la mia situazione assurda ad Ingegneria del Software)


Quest’anno, come ho già detto, ma non più di troppo, a questa università sto raggiungendo picchi di imprevista pazzia che io proprio… temevo, forse, sotto sotto, ma non immaginavo davvero. Ma il problema non è solo la noia mortale, che vabbé, ci ho fatto pace con il fatto che sarà la mia croce, credo, anche perché quella veramente mi colpisce durante tutti i corsi… bensì, c’è una materia in particolare che credo mi manderà definitivamente ai matti, ma in un modo squisitamente diverso da come lo fanno le materie con cui sono storicamente bisticciata, tipo quelle perlopiù matematiche: Ingiegnieria (si, con 3 i, e se potessi ce ne ficcherei pure una quarta) del software… 🙀

La storia con questa merda è stata davvero spassosa finora, per questo primo mese e mezzo, ma da qui in avanti non posso più mettere la realtà sotto il tappeto, e quindi non mi resta che piangere. Sostanzialmente, l’esame pratico di questo corso consiste nello sviluppare una roba (e fin qui, se non sto bruciata, non ci sono problemi), seguendo i principi di programmazione (ok…) e in parte organizzazione che si studiano nel programma (e già da qui, insomma…), in un gruppo di persone, altrimenti detto team nel gergo di tutte queste vere e proprie pippe mentali… e da qui è nato tutto il problema. 😝
“pair up into groups!”(i'm gonna be alone as always)
Mi causa infatti molte risate constatare ogni giorno di essere un’assoluta emarginata sociale, e di non essere in confidenza con letteralmente nessuno nella mia classe (mentre, accontentandomi più o meno di circa una conoscenza reciproca base-media, le anime totali salgono a non più di 1), ma ciò ha comportato inevitabilmente problemi per questo corso: per la prima deadline (altra parola che mamma mia), per giunta così ravvicinata che io manco me ne sono accorta e già era passata, a 2 settimane dall’inizio dei corsi, i gruppi si erano già tutti formati, ed io non ero in nessuno… Ed ecco, ovviamente il professore, che ha i suoi anni (la sua foto sul sito e lui fisicamente sembrano due persone diverse… ma non sono qui per giudicare, un bacino al prof.) sapeva che situazioni del genere possono capitare, quindi mi avrebbe combinata in un gruppo con i (pochissimi) altri sfigati rimasti fuori… ma questi poi hanno a quanto pare smesso di venire a lezione (e beh, non li biasimo), quindi sono rimasta definitivamente da sola. 🥰

La soluzione assurda che il capo (e beh, all’interno di questa gigantesca simulazione da circo aziendale si potrebbe dire che egli ha proprio quel ruolo) ha quindi cacciato, alla fine, sarebbe di lavorare su un progetto degli anni passati, aggiungendo delle funzionalità nuove (tutto ovviamente proporzionato al fatto di essere da sola), ma comunque secondo tutte le innumerevoli pippe mentali del caso… praticamente, simulando di star lavorando in team in modo asincrono, come se io fossi arrivata lì dopo appunto un annetto (o più, boh) che i primi schiavi—ehm, volevo dire sviluppatori—hanno realizzato il progetto, poi questo è stato fermo, e ora vada rimesso in moto. Ed allora, ahimè, da qui in poi non posso solo disegnare tutto il giorno sia a lezione che a casa, bensì devo iniziare a capire come cazzo lavorare a ‘sta robaccia… che non è solo scrivere codice, ma anche aggiornare documenti e schemini dell’altro mondo secondo cosa è richiesto; è questo il brutto. 💩

Vabbé, per oggi la disperazione è già abbastanza… magari, prima di chiudere, vediamo un altro aspetto divertente di tutta la faccenda: una ulteriormente incredibile quantità di tempo (2-3 settimane) è stata ben persa ultimamente, perché, per arrivare a questa soluzione, prima il professore ha fatto passare un po’ di tempo, poi io con la mia testa rotta ho procrastinato di quasi una (1) settimana l’inviargli una mail per confermargli i fatti per procedere, lui poi mi ha risposto solo l’altro ieri, ma io infine non me ne sono accorta se non stamattina — perché, a quanto pare, l’inoltro di GMail (verso la mia casella self-hostata, che uso in sola lettura) va in sciopero per le mail che sono tipo thread (cosa che stranamente proprio ora deve rompere i maroni, nonostante non sia mai successa in 2 anni di università, zio cane), e quindi ho scoperto di aver avuto risposta solo oggi dal prof. personalmente… odio Google odio Google odio Google… Però pazienza: senza questa marciscenza, non sarei più io, quindi ci sta che almeno un corso a semestre deve andarmi di traverso. (Prima o poi però mi andrà l’anima di traverso, oooh, non avete idea…) 👌

#IngegneriaDelSoftware #università

Questa voce è stata modificata (1 settimana fa)


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podcast del secondo incontro della ‘finestra di antonio syxty’ con il n. 19 della rivista ‘la scuola delle cose’ sulla scrittura di ricerca


open.spotify.com/episode/2PcrJ…

open.spotify.com/episode/2PcrJ…

‘La finestra di Antonio Syxty’ dedica un secondo incontro a ‘La scuola delle cose’ n. 19, fascicolo dedicato alla SCRITTURA DI RICERCA. In dialogo con Antonio Syxty: Chiara Serani, Gian Luca Picconi e Marco Giovenale

Link all’incontro precedente:
slowforward.net/2025/08/25/25a… = https://open.spotify.com/episode/25XmnENNlEAC1f13UYuEaT


cliccare per accedere
La scuola delle cose, n. 19, aprile 2025, SCRITTURA DI RICERCA (pubbl. Mudima / Lyceum)
slowforward.net/2025/06/11/un-…

#AntonioSyxty #audio #ChiaraSerani #dialogo #FondazioneMudima #GianLucaPicconi #GinoDiMaggio #intermedialità #LaFinestraDiAntonioSyxty #LaScuolaDelleCose #Lyceum #ManifattureTeatraliMilanesi #MarcoGiovenale #MTM #MTMManifattureTeatraliMilanesi #Mudima #podcast #ricercaLetteraria #scritturaDiRicerca #scrittureDiRicerca


un inquadramento della scrittura di ricerca: nel n. 19 della ‘scuola delle cose’ (lyceum/mudima)


post in continuo aggiornamento

La scuola delle cose, n. 19, aprile 2025, SCRITTURA DI RICERCA (pubbl. Mudima / Lyceum)
cliccare per ingrandire

forse per la prima volta dopo oltre 20 anni di non disonorevole attività, un certo modo di fare sperimentazione letteraria ottiene un inquadramento teorico-critico complessivo, pur sintetico.

esce cioè il n. 19 del periodico ‘La scuola delle cose’, dell’associazione Lyceum (grazie alla Fondazione Mudima), interamente dedicato alla SCRITTURA DI RICERCA.

lo si sa e lo si è ripetuto assai: la (formula) “scrittura di ricerca” ha una storia di lunga durata, attraversando un po’ tutto il Novecento, almeno dagli anni Quaranta-Cinquanta, e in maniera nemmeno troppo carsica.
d’accordo. tuttavia questo numero della “Scuola delle cose” non è una disamina storica integrale, semmai un lavoro sugli ultimi venti-venticinque anni di ricerca letteraria, o scrittura complessa. con (ovviamente, immancabilmente) puntuali affondi nel passato e nella produzione di certi autori a dir poco fondativi, soprattutto Corrado Costa e Jean-Marie Gleize.

*

prima occasione di presentazione: 19 giugno, Milano, Fondazione Mudima:
slowforward.wordpress.com/wp-c…

audio della presentazione a Milano (19 giu. 2025):
slowforward.net/2025/07/01/pod…

audio di una successiva presentazione, a Roma (5 lug. 2025):
slowforward.net/2025/07/24/pap…

RadioTre Suite: presentazione di Prima dell’oggetto, di MG, e – in conclusione – “La scuola delle cose” (24 ago. 2025):
slowforward.net/2025/08/25/rad…
= https://www.raiplaysound.it/audio/2025/08/Radio3-Suite—Magazine-del-24082025-aef7d6cc-546a-474c-bcbb-3db0019727f8.html

podcast della prima presentazione ospitata da La Finestra di Antonio Syxty (25 ago. 2025):

= open.spotify.com/episode/25Xmn…

podcast della seconda presentazione ospitata da La Finestra di Antonio Syxty (10 nov. 2025):
slowforward.net/2025/11/10/fin…
= open.spotify.com/episode/2PcrJ…

*

e, rapidamente descrivendo (dal primo comunicato realizzato):

dettaglio de La scuola delle cose n 19_ 2025__ foto di Antonella Anedda
dettaglio da una foto di Antonella Anedda. cliccare per ingrandire

l’espressione “scrittura di ricerca” è in azione da diversi decenni, e di certo – come detto sopra – si perde già nelle “profondità” del Novecento.
tuttavia, dagli anni 2003-2009 (ovvero fra l’esplosione dei blog letterari e l’uscita del libro collettivo Prosa in prosa – edito da Le Lettere; ora da Tic edizioni) e fino a oggi, il numero di materiali sperimentali e saggi sugli stessi è decisamente cresciuto.
ha dunque senso ed è forse addirittura indispensabile iniziare a fare il punto della situazione.
un primo e senz’altro assai sintetico tentativo è rappresentato da questo numero de ‘La scuola delle cose’, che raccoglie otto interventi di altrettanti studiosi e studiose, intorno alla ricerca letteraria e alle scritture complesse.

*

queste le autrici e gli autori dei saggi, e i titoli degli interventi:

Gian Luca Picconi,
Scrittura di ricerca, prosa in prosa, letteralità

Massimiliano Manganelli,
Appunti sulle scritture procedurali

Luigi Magno,
Cinque nomi (più uno) e dieci titoli. La poesia di ricerca francese (oggi) in Italia

Chiara Portesine,
Il compromesso fonico: l’eredità di Corrado Costa

Renata Morresi,
Il movimento chiamato Language Poetry in Italia oggi

Chiara Serani,
Scritture non convenzionali e intermedialità (2000-2025)

Luigi Ballerini,
Intervento sulla poesia che si potrebbe fare

Daniele Poletti,
Scritture complesse. Il superamento dell’appartenenza

*

il tabloid gratuito è disponibile a Milano in Fondazione (via Tadino 26); a Roma presso la Libreria Tic (piazza San Cosimato 39) e in Camera verde (via G Miani 20, chiamando prima il numero 3405263877); a Perugia nella libreria Mannaggia (via Cartolari 8); a Bologna da Modo Infoshop (via Mascarella 24/b); a Napoli alla libreria Luce (piazzetta Durante 1).

*

incontri, presentazioni e altre occasioni legate alla rivista:

22 maggio 2025: intervista a Rai RadioTre Fahrenheit

25 maggio: presenza del tabloid alla Serata del Premio Pagliarani al Palazzo delle Esposizioni (Roma)

31 maggio: presenza al reading collettivo “Roma chiama poesia”, Teatro Basilica (Roma)

3 giugno: presenza allo Studio Campo Boario (Roma), in occasione della presentazione di NZ, di A. Syxty

8 giugno: presenza nella libreria Tic di piazza San Cosimato (Roma)

17 giugno: presenza al reading di Giovenale e Perinelli allo Studio Campo Boario

19 giugno: prima presentazione ufficiale del tabloid presso la Fondazione Mudima (Milano), con Luigi Ballerini, Laura Di Corcia e Giancarlo Sammito

26 giugno: ex Discoteca di Stato in via Caetani (Roma), dialogo sulla memoria delle avanguardie

Da luglio 2025: presenza alla Libreria Luce, Napoli

5 luglio: presentazione della rivista in occasione del festival Inverso, a Roma

24 agosto: a RadioTre Suite, presentazione di Prima dell’oggetto, di MG, e – in conclusione – del tabloid

25 agosto: va in onda il podcast della presentazione ospitata da ‘La Finestra di Antonio Syxty’

5-6-7 settembre: presenza di molte copie del tabloid ai tre giorni dell’incontro ‘Esiste la ricerca’, presso lo Studio Campo Boario

26 settembre, accenno di presentazione + distribuzione del tabloid in occasione dell’incontro sul libro Prati, di Andrea Inglese, alla Libreria Tic

dal 2 ottobre: presenza del tabloid presso La camera verde (Roma, via G. Miani 20)

18 ottobre, Parma, copie della rivista sono presenti all’Associazione Remo Gaibazzi in occasione di un incontro dedicato a Corrado Costa e Patrizia Vicinelli, organizzato da Daniela Rossi

24 ottobre, Roma, numerose copie presso l’Istituto Tedesco di Villa Massimo, in occasione di una lettura multilingue di poesie e prose, in italiano e in tedesco

10 novembre: è online il secondo podcast ospitato da La Finestra di Antonio Syxty


Lyceum _ Scuola delle Cose _ dati editoriali e redazionali
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Fondazione Mudima
FONDAZIONE MUDIMA

Via Tadino 26, Milano
info@mudima.net
mudima.net

*

in collaborazione con
l’associazione dipoesia
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#ChiaraSerani #CorradoCosta #DanielePoletti #EsisteLaRicerca #FondazioneMudima #GianLucaPicconi #GinoDiMaggio #intermedialità #kritik #LaFinestraDiAntonioSyxty #LaScuolaDelleCose #langpo #languagePoetry #letteralità #LuigiBallerini #LuigiMagno #Lyceum #MassimilianoManganelli #MicheleZaffarano #Mudima #poesiaDiRicercaFrancese #ProsaInProsa #RadioTreSuite #RenataMorresi #ricercaLetteraria #scritturaComplessa #scritturaDiRicerca #scritturaNonAssertiva #scrittureComplesse #scrittureDiRicerca #scrittureNonAssertive #scrittureNonConvenzionali #scrittureProcedurali #ScuolaDelleCose #segnaliEAzioni #StudioCampoBoario #traduzione #traduzioni #zinesAuthorsETaggatoComeChiaraPortesine


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La proliferazione degli anglicismi: l’inevitabile conseguenza della nostra sudditanza culturale


Di Antonio Zoppetti

Ogni anno, con il cambio dell’ora legale, i giornali sfornano i consueti articoletti che illustrano i disturbi del sonno che ne derivano, oppure il risparmio energetico che ne consegue, ma la novità di quest’anno è che sono comparsi titoli che mettevano in risalto “cosa cambia con gli Usa” ed evidenziavano un (perturbante?) “disallineamento” con gli Stati Uniti, che la redazione del Corriere si è affannata a precisare che era solo “temporaneo” (per fortuna!), visto che oltreoceano il cambio dell’ora entra in vigore la prima domenica di novembre, invece che l’ultima di ottobre.

Gli Usa sono ormai il nostro punto di riferimento – qualcuno potrebbe dire il benchmark, per sentirsi più figo – di qualunque cosa, persino dello scandire del tempo, delle stagioni o delle generazioni i cui nomi sono stati decisi negli Stati Uniti (gen Z, gen X, Millennials…).
Qualche giorno dopo si è infatti celebrata la ricorrenza di Halloween, una festa introdotta in Europa dalle multinazionali alla fine degli anni Novanta, che nel nostro Paese si è particolarmente radicata. I “nativi halloweeniani”, cioè le nuove generazioni nate e cresciute nel nuovo contesto, non sembrano consapevoli del cambio di paradigma avvenuto, sono forse convinti che ci sia sempre stata, anche perché il loro immaginario è basato su film, prodotti di intrattenimento e pubblicità statunitensi che si fondono con le nostre emulazioni tutte interne (le feste a tema nei locali, i prodotti sugli scaffali dei supermercati e nelle vetrine). Dunque per loro è una festa molto sentita, ben di più del vecchio Carnevale che era invece una delle date più attese dei bambini e dei giovani del Novecento, ma che oggi è in via di regressione.

Cambiamo mese. Dopo il nostro ottobre, sembra che da quest’anno sia arrivato il “Black November”, invece del mese di novembre, almeno su certi giornali.

Di nuovo tutto ciò è legato all’espansione delle multinazionali che hanno esportato la tradizione americana degli sconti prenatalizi, il Black Friday, legato soprattutto alla globalizzazione delle merci via internet, cioè quello che da noi si chiama ormai e-commerce e shopping online. Quando le merci (e i loro sconti) si rivolgono a tutto il mondo, è inevitabile che anche le tradizioni locali dei colossi che le propongono diventino un fenomeno globale, che viene espresso nel proprio idioma in una più ampia strategia commerciale che punta a rendere “universali” le proprie tradizioni, i propri costumi, la propria cultura e anche la propria lingua spacciata per “internazionale”.

Il passaggio dalle offerte internettiane ai punti vendita fisici (denominati ormai store, shop, outlet…) da noi è esploso nelle grandi città nel 2020, come avevo documentato fotografando le vetrine milanesi quando il fenomeno era ancora una novità, prima della sua istituzionalizzazione. Ma per un Paese satellite degli Usa, dove importiamo in modo gioioso e asservito qualunque cosa ci arrivi dall’America, i risultati linguistici sono imprevedibili e soprattutto incontenibili. E così il “venerdì nero” – come si potrebbe tradurre letteralmente – si declina in modo fantasioso e diverso rispetto a ciò che proviene dalla “casa madre”. Viene per esempio prolungato di qualche giorno, e si pubblicizzano “venerdì neri” che valgono anche per il fine-settimana (= weekend), oppure si parla di Black Week in una rivisitazione dove la parola d’ordine è evocare l’inglese (a costo di reinventarlo). In questo modo black diventa sinonimo di sconti, e si arriva al Black November che non è solo una ripresa lessicale, ma anche sintattica, visto che manteniamo l’inversione delle parole all’inglese.

Intanto, pochi giorni fa, i giornali italiani (non vedo un analogo interesse da parte dei mezzi di informazione spagnoli o francesi) hanno ribattuto che la parola dell’anno, secondo il Collins Dictionary, è “Vibe coding”, e il Corriere si è subito prodigato a spiegare anche agli italiani che cosa significhi, come se le parole dell’anno inglesi fossero anche le nostre, e come se la nostra cultura satellite non possa fare altro che ripeterle e adottarle, invece di adattarle o tradurle.

Per la cronaca, l’espressione si riferisce alla possibilità di una “programmazione naturale” che consiste nel chiedere ai sistemi di intelligenza artificiale – utilizzando il nostro linguaggio naturale – una soluzione che sarà l’IA (anzi il suo prompt) a tradurre in codici in grado di generare un programma che soddisfi la richiesta. Ma sui giornali come il Corriere non si parla di IA, ma di AI come ha deciso di insegnarci Google (AI mode) – che in televisione è pronunciata “ei-ai” – e ancora una volta, dietro queste scelte lessicali anglomani, si rivela tutta la nostra sudditanza nei confronti degli Usa.

Il vecchio “pappagallo italiano” che importunava le ragazze per strada con apprezzamenti sessisti è ormai superato, al suo posto è stato introdotto il concetto tutto inglese di “catcalling” (in una più generale anglicizzazione della derisione fisica denominata body shaming, della persecuzione divenuta stalking, della vessazione divenuta mobbing e via dicendo). Il nuovo pappagallo italiano del Duemila è invece colui che non sa fare altro che scimmiottare pateticamente ciò che ci arriva dall’anglosfera.

E così, sulla scia del trumpismo, un grande intellettuale come Gennaro Sangiuliano, candidato alle elezioni campane, distribuisce patetici cappellini rossi con la scritta “Make Naples Great Again”, ma sul fronte politico opposto, dopo il successo elettorale di Mamdani a New York, la sinistra si chiede se sia possibile emulare lo stesso risultato e le stesse proposte politiche nella città satellite italiana, cioè Milano, che ormai da qualche decennio si configura come una piccola succursale di provincia della città madre, in cui accanto ai nuovi grattacieli che ridisegnano lo “skyline” metropolitano si anglicizza un po’ tutta la toponomastica; i vecchi quartieri – diventati “district” – assumono nuovi nomi, come il NoLo (North of Loreto), o l’area della ex-fiera divenuta CityLife

È questo il contesto socio-culturale da cui nasce l’anglicizzazione della lingua italiana. Un contesto figlio di una sorta di neocolonialismo che proviene dagli Stati Uniti sposato e favorito da una classe dirigente anglomane che ha smarrito la propria identità e le proprie radici e non sa fare altro che emulare la cultura superiore dell’anglosfera di cui pensa di essere l’espressione, come il Nando Mericoni di Alberto Sordi che voleva fare l’americano. Ma se l’alberto-sordità era ridicola, oggi è invece presa sul serio ed elevata a modello virtuoso, ed è per questo che tra gli addetti ai lavori nasce una newlingua ibrida a base inglese presentata come maggiormente tecnica e più solenne, dove parlare di economia – tra i mille esempi che si potrebbero fare – significa ricorrere a espressioni come small cap, Big Tech, blockchain, trading e asset tokenizzati.

Le lingue cambiano e si evolvono insieme al mondo, certo. Ma dietro questa banalità, quello che certi linguisti non sembrano in grado di cogliere è come la nostra lingua si stia evolvendo e soprattutto perché.

#anglicismiNellItaliano #anglomania #globalese #globalizzazione #globalizzazioneLinguistica #inglese #interferenzaLinguistica #itanglese #linguaItaliana #paroleInglesiNellItaliano #rassegnaStampa


L’Italia: un Paese satellite degli Usa, culturalmente e linguisticamente


Di Antonio Zoppetti

Nel libro Casa Bianca-Italia. La corruzione dell’informazione di uno stato satellite (PaperFIRST, Roma, 2025), il criticatissimo Alessandro Orsini denuncia la “corruzione del sistema dell’informazione in Italia” sui temi della politica internazionale, per esempio la “santificazione di Zelensky e la mostrificazione di Putin” che secondo l’autore fanno parte di una propaganda rivolta ai cittadini basata sulla disinformazione.

La disinformazione non si fonda solo sulla manipolazione o la ricostruzione forzata dei fatti, ma anche sull’omissione di ciò che non fa comodo, e in particolare l’autore punta il dito contro la mancanza di un dibattito pubblico sul fallimento della strategia della Nato in Ucraina che ci tocca tutti da molto vicino sia perché agli italiani costa miliardi di euro, sia perché ci sta esponendo a seri rischi che potrebbero sfociare in una terza guerra mondiale. “In una società libera, con un sistema dell’informazione sulla politica internazionale libero e sano” questo dibattito dovrebbe invece essere aperto e centrale, ma ciò non avviene perché siamo uno “stato Satellite degli Usa”, un po’ come la Bielorussia gravita solo attorno alla politica del Cremlino. Dunque Orsini riflette sulla libertà di uno Stato satellite, e anche se la comunità giornalistica italiana dichiara di essere libera di dire tutto ciò che vuole, avanza il “sospetto” che ciò non sia affatto vero e lo documenta con una serie di fatti e di episodi che lo portano a concludere che i mezzi di informazione disinformano i cittadini “per compiacere il potere politico”.

Personalmente non sono così convinto che i giornalisti facciano tutto ciò per compiacere il potere in modo consapevole e calcolato. A parte qualche caso eclatante, mi pare che siano semplicemente partigiani e schierati in modo tendenzioso ma sentito. Quando per esempio fanno cominciare la guerra in Ucraina con l’invasione russa, o la questione del “genocidio” palestinese con il massacro del 7 ottobre 2023, indubbiamente semplificano e distorcono la realtà, visto che questi episodi sono il culmine di interminabili conflitti che si trascinano da decenni, se non da secoli. Ma questa disinformazione è la conseguenza di una precisa visione politica ideologizzata, più che una ricostruzione funzionale a legittimare il sistema di potere. Certo, allinearsi alla visione dominante aiuta a far carriera, ma non c’è solo questo aspetto a determinare certe prese di posizione.

Il “metodo del sospetto” ripreso da Orsini è infatti un presupposto che – secondo il filosofo francese Paul Ricoeur – era alla base delle speculazioni di autori come Marx o Freud, i quali avevano messo in luce come sotto ogni presa di posizione – dietro le giustificazioni e le apparenze – ci sono sempre forze più profonde che regolano i comportamenti umani e sociali: per Marx erano le motivazioni economiche a determinare certi giudizi, per Freud c’erano delle pulsioni psicologiche non sempre consce. In questa prospettiva potremmo concludere che davanti alla propaganda giornalistica in tempi di guerra siano soprattutto le visioni politiche dominanti e filoamericane a governare l’interpretazione e la ricostruzione dei fatti.

Fatte queste premesse, vorrei provare a estendere queste considerazioni al di fuori dell’ambito politico per riflettere sugli aspetti culturali e linguistici che emergono dagli stessi presupposti. Perché anche su questo aspetto in Italia manca ogni dibattito, in modo ancora più eclatante di quanto non avvenga a proposito del fallimento delle strategie della Nato.

L’Italia non è solo uno Stato satellite, ma anche una cultura satellite

In una rissa televisiva sulla questione di Gaza, recentemente, uno degli ospiti si chiedeva: “Quando la Meloni riconoscerà la Palestina, come hanno già fatto oltre 150 Stati su circa 200?”. E concludeva: “Quando lo farà anche Trump, o quando gli americani le diranno di farlo.” La risposta, anche se può sembrare una battuta, è invece in linea con la realtà. Mentre Orsini si affanna a dimostrare, dati alla mano, che l’Italia è un Paese satellite degli Usa, per altri tutto ciò è semplicemente evidente e scontato, a livello politico, anche se manca un dibattito serio sulla questione.

È proprio la mancanza di dibattito a caratterizzare il nuovo contesto storico del Duemila, perché questo dibattito c’è sempre stato, sino al Novecento, benché oggi sia stato nascosto sotto al tappeto. Come ho provato a riassumere nel libro Lo tsunami degli anglicismi. Gli effetti collaterali della globalizzazione linguistica – le controversie sulla nostra dipendenza dagli Usa hanno caratterizzato la nostra storia almeno dalla Liberazione sino al crollo del muro di Berlino, dell’Unione Sovietica, e alla fine della guerra fredda. Ma le polemiche tra “americanisti” e “anti-americanisti” si ritrovano ben prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale, e già Gramsci (“Americanismo e Fordismo”, 1934) prendeva posizione in questo dibattito ritenendo che l’antiamericanismo a priori era “comico, prima di essere stupido”, anche se – come molti altri pensatori – fu al tempo stesso attratto e inorridito dalla società statunitense che tra le due guerre mondiali si stava imponendo all’attenzione di tutta l’Europa. L’atteggiamento sanamente e lucidamente critico nei confronti degli Usa non caratterizzava solo gli autori legati al comunismo, che vedevano in quel Paese l’incarnazione più aggressiva del capitalismo concepito come “il male”, era invece un sentimento trasversale. La chiesa cattolica già alla fine dell’Ottocento aveva duramente condannato l’individualismo, il materialismo e l’immoralità della società statunitense, e dopo la Liberazione De Gasperi era molto preoccupato e critico davanti all’invadenza della Casa Bianca con cui però la Democrazia cristiana si era dovuta alleare in funzione anticomunista. Ma anche a destra i fascisti e i post-fascisti denunciavano la trasformazione del nostro Paese in un satellite politico degli Usa manifestando la preoccupazione per l’invasione dei prodotti culturali americani che insidiavano la nostra cultura.
Accanto a simili prese di posizione critiche, in ogni schieramento c’era però allo stesso tempo il riconoscimento degli elementi positivi che arrivavano d’oltreoceano, e se la Dc si schierava con la Casa Bianca, anche la destra appoggiava il nostro inserimento nel patto atlantico in contrapposizione al blocco comunista, mentre a sinistra c’era chi vedeva negli Usa la patria della democrazia e della libertà che ci aveva liberati dal fascismo, nonostante la stigmatizzazione della caccia alle streghe del maccartismo, dell’appoggio alle dittature sudamericane e di moltissime altre nefandezze che andavano nella direzione contraria. Davanti al ruolo dominante degli Usa, in altre parole, in ogni schieramento prevaleva un atteggiamento critico, che ne accettava ed esaltava alcuni aspetti per respingerne altri. Il piano Marshall, per esempio, che oggi è invocato e salutato come una specie di “gesto filantropico” che ha determinato il “boom economico” e il “miracolo italiano”, ha dato vita a un dibattito enorme sulla sua funzione, e se Togliatti lo definì un “ricatto politico”, anche per molti intellettuali europei non comunisti costituiva “un vendere l’anima al diavolo” in cambio di una ricchezza immediata che ci avrebbe condotto a un’americanizzazione non solo politica, ma anche sociale e culturale (si pensi a De Gaulle che lo ha accettato per necessità ma con estrema diffidenza).

Oggi, questi questi dibattiti sono però stati sepolti e dimenticati. Negli anni Duemila la nostra americanizzazione è ormai data per scontata e nessuno sembra più riflettere sulle sue conseguenze negative. Con la fine della logica dei due blocchi e l’avvento di una globalizzazione che tende a coincidere con l’americanizzazione del mondo, dopo il “siamo tutti americani” che ha caratterizzato la svolta dell’11 settembre 2001, è venuto a mancare il fronte critico trasversale che in qualche modo si contrapponeva all’espansione dei modelli economici e culturali d’oltreoceano.

Come ha evidenziato Andrea Zhok in articolo su “La sovranità italiana in una prospettiva storica” (L’antidiplomatico.it, 7 giugno 2021), da tempo ci siamo lasciati alle spalle le denunce sulle ingerenze americane esplicite o su quelle occulte perpetrate dai servizi segreti o dalla Cia, “ma ne siamo lontani semplicemente perché ciò che spontaneamente si agita nella politica italiana è già totalmente asservito, e non richiede una manipolazione troppo robusta. Facciamo una politica estera che ci viene dettata nei dettagli dagli Usa, abbaiando obbedienti ai loro avversari. Facciamo una politica interna innocua e perfettamente inconcludente, e una politica economica apprezzata dagli Usa.” Oltre a questa sudditanza politica, una parte significativa della classe dirigente del nostro Paese sta riducendo l’Italia “a una colonia culturale. Ciò avviene in mille modi, dall’adozione di modelli formativi di ispirazione americana, all’assorbimento passivo illimitato della filmografia americana (e dei suoi temi, che siamo indotti a immaginare siano i nostri), alla resa incondizionata a tonnellate di imprestiti linguistici da parvenu (ci muoveremo grazie al Green pass, canteremo le lodi del Recovery fund, che ci permetterà di ribadire il Jobs act, dopo essere finalmente usciti dal Lockdown, in attesa che vadano al governo quelli della Flat tax al posto di quelli del Gender fluid, e ci dedicheremo allo Smart working, rivitalizzando i settori del Food e del Wedding, mentre lotteremo impavidi contro le Fake news).”

E per tornare al “metodo del sospetto”, ciò che per Orsini produce la disinformazione politica fa parte di una più ampia analoga “disinformazione” culturale e linguistica. Ormai privi di una nostra identità che ci distingue, inglobati in un Occidente guidato dagli Usa, abbiamo accettato tutto ciò e siamo passati all’orgoglioso “collaborazionismo”, tutto interno, nei confronti di una pressione esterna che è fortissima, e che invece di arginare agevoliamo compiaciuti fin nelle ricadute lessicali che celano, sotto la superficialità dell’itanglese, una nostra trasformazione ben più profonda.

L’itanglese: la nuova lingua satellite dell’angloamericano

Prendiamo un articolo di giornale, tra i mille, che abbandonano l’italiano per rivolgersi ai cittadini in una lingua ibrida in cui l’inglese e l’italiano sono mescolati.

Perché il titolo del Corriere che parla di AirBnB è etichettato con la frase in inglese “whatever it takes” (“a tutti i costi”)? Perché l’espressione è diventata uno “slogan” dopo essere stata pronunciata da Mario Draghi nel 2012, quando era direttore della Banca Centrale Europea, per ribadire che avrebbe fatto “tutto il necessario” per evitare speculazioni sulla nostra moneta. Ma è anche il titolo di un film e di una canzonetta che ne rafforzano la circolazione. Il ricorso all’inglese, e la scelta di usare una locuzione che non è affatto trasparente per la maggior parte dei cittadini, è la conseguenza del fatto che l’inglese è spacciato come più solenne e prestigioso dai giornalisti e dalla nostra classe dirigente, dunque l’italiano retrocede a una lingua satellite che si impiega per spiegare ciò che si esprime nella lingua superiore e che possiede una precisa gerarchia: al vertice c’è la concettualizzazione in inglese, poco importa che sia “whatever it takes”, o di volta in volta il body shaming al posto della derisione fisica, l’underdog e l’outsider invece dello sfavorito o il fact checking invece della verifica dei fatti. Allo stesso modo, fa accapponare la pelle leggere che la figura dell’host costituirebbe un nuovo “ceto sociale”, ma in un Paese satellite come l’Italia questo lessico dipende dal fatto che le multinazionali esportano la propria terminologia nella propria lingua, e i giornalisti, invece di tradurla, la ripetono e la rafforzano educando tutti alla newlingua che prende corpo nella loro testa. Tutto nasce dal fatto che AirBnB, in un Paese-colonia come il nostro, ha introdotto la figura dell’“host” al posto di ricorrere alla parola italiana “locatore”, mentre ai francesi o agli spagnoli il programma si rivolge con le parole autoctone (hôte e anfitrión), esattamente come Google in Italia propone il servizio denominato in inglese AI mode, che in Francia e Spagna è invece tradotto con Mode IA e Modo IA.

La disinformazione giornalistica che, seguendo Orsini, fa del nostro Paese uno Stato satellite dal punto di vista politico, agisce nello stesso modo anche dal punto di vista linguistico, e più in generale culturale. Per fare un altro esempio, mi ha colpito un articolo di un linguista intitolato “Estensione dello «switch» nella lingua incassata. Alcune osservazioni sul Matrix Language Frame” che ricorre a una terminologia “coloniale” dove i concetti – per l’ennesima volta – sono espressi in inglese, dunque si parla come fosse la cosa più normale di code mixing, system morphemes, codici embedded, insertions, bare forms, discourse marker… in una trasposizione che non fa altro che ripetere pappagallescamente le concettualizzazioni di autori anglofoni con la loto terminologia in inglese che diventa intoccabile e tecnica (talvolta solo affiancata tra parentesi da una sommaria indicazione di cosa significa in italiano). Negli articoli dei linguisti, sino al Novecento, la terminologia era praticamente quasi solo in italiano, ma in un Paese satellite degli Usa tutto quanto si srotola con una rapidità preoccupante. E se questa sottomissione ai modelli anglofoni sta prendendo piede persino tra i linguisti, negli altri settori è anche peggio.

La lingua, per tornare a Freud, è la spia dell’inconscio, e per comprendere il perché dell’esplosione incontrollata degli anglicismi e più in generale di un riversamento dell’inglese sempre più incontenibile, dovremmo cominciare a riflettere sul fatto che siamo un Paese satellite degli Usa non solo dal punto di vista politico o economico, ma anche sociale e culturale.

Eppure il dibattito manca e sulla questione tutto tace. Persino tra chi denuncia il nostro gravitare attorno alla politica della Casa Bianca con delle sacrosante riflessioni che andrebbero però estese a un contesto più ampio: se la libertà di stampa è minata da un sistema di informazione omologato sul pensiero politico dominante che ci proviene d’oltreoceano – e spesso chiamato non a caso mainstream – ciò non vale solo per la narrazione della guerra o della politica internazionale, ma coinvolge la nostra intera visione e del mondo e della cultura, che invece di produrre un pensiero autonomo si riduce a ripetere ciò che proviene dall’anglosfera. In questo processo anche le nostre parole vengono dismesse e sostituite dalle categorie espresse in inglese, perché il fenomeno fa parte dello stesso pacchetto.

#anglicismiNellItaliano #anglomania #globalese #globalizzazioneLinguistica #globish #inglese #interferenzaLinguistica #itanglese #linguaItaliana #paroleInglesiNellItaliano #rassegnaStampa


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Italian Teacher Programme Galileo 2025: formazione sotto il cielo delle Canarie

edu.inaf.it/news/eventi/report…

Si è conclusa l’edizione 2025 dell’Italian Teacher Programme Galileo: abbiamo raccolto per voi le impressioni dei protagonisti.

#astronomia #CERN #didattica #formazioneInsegnanti #INAF #scuola #TNG

@astronomia @astronomia


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esce il n. 89 (ottobre 2025) del ‘verri’: “lingue senza madre”

il verri n 89_ 'lingue senza madre'_ ottobre 2025È uscito l’ultimo numero del verri:
“lingue senza madre”


in copertina:
Angela Passarello,
New Old, Crociate n. 10
(pasta bianca d’acquarello su acrilico nero, libro d’artista, 2025, cm 30×15)

INDICE

Jennifer Scappettone
La poesia oltre il barbarismo
L’invenzione di lingue senza madre e la resistenza al fascismo
Nota di Federica Parodi

Nicola Cipani
Lo psittaco e il molteplice.
Note su Tape Mark I

Marilina Ciaco
«Donna di troppi colori»
Soggetto eccentrico e genere come performance in Niccolai, Graffi, Vicinelli

Matteo Ciambella
Guy Debord: co-autore del Rapporto veridico sulle ultime opportunità di salvare il capitalismo in Italia

– su Germano Lombardi
Federico Francucci
Come funziona Il confine: meccanismi del
romanzo e politica del discorso

Anna Guadagnoli
Un concorso nel tempo delle guerre locali. Germano Lombardi.
Primi affondi critici di una pièce parzialmente inedita

Andrea Gialloreto
«La letteratura oggi ha un colore ‘giallo’ e una tinta nera».
Il romanzo a puntate L’amico argentino

Marco Carmello
Fra le linee di un mobile confine:
per una “fenomenologia” di Germano Lombardi

– su Angelo Lumelli
Andrea Inglese
Quel parlare come la chiarezza dell’ignoto.
Leggendo Lumelli

Giusi Drago
Cosa sa il linguaggio oltre a quello che dice?
Su bianco è l’istante di Angelo Lumelli

il punto
Tommaso Ottonieri
Il romanzo, la morte.
Su un falso diario di Rino Genovese

Lorenzo Geri
Per Il libro dei liquidi di Irene Santori

ilverri.it/magazine/4339/lingu…

#AndreaGialloreto #AndreaInglese #AngelaPassarello #AngeloLumelli #AnnaGuadagnoli #antifascismo #biancoèLIstante #Censor #critica #fascismo #FedericaParodi #FedericoFrancucci #GermanoLombardi #giallo #GiuliaNiccolai #GiusiDrago #Graffi #GuyDebord #IlLibroDeiLiquidi #ilVerri #inediti #IreneSantori #JenniferScappettone #kritik #LaPoesiaOltreIlBarbarismo #LAmicoArgentino #lingueSenzaMadre #LorenzoGeri #MarcoCarmello #MarilinaCiaco #MatteoCiambella #MilliGraffi #nero #Niccolai #NicolaCipani #noir #PatriziaVicinelli #RapportoVeridicoSulleUltimeOpportunitàDiSalvareIlCapitalismoInItalia #resistenzaAlFascismo #RinoGenovese #romanzo #romanzoAPuntate #scritturaDiRicerca #scrittureDiRicerca #Situazionismo #TapeMarkI #tintaNera #TommasoOttonieri #verri #Vicinelli

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link e materiali per “vamp” (la camera verde, 2025)


VAMP, di Marco Giovenale (La camera verde, 2025)_ copertina
cliccare per ingrandire

Marco Giovenale, VAMP/ derelizione in prosa (in prosa) su certi ultimi nanosecondi occidentali

La camera verde, Roma, novembre 2025,
pp. 24
Collana ‘Visioni dal Cinematografo’
a cura di Giovanni Andrea Semerano

info e acquisti:
slowforward.net/2011/11/01/la-…

Prima presentazione:
Roma, 6 novembre 2025

Una segnalazione (con una parte di autoannotazioni) su Settanta/Milieu: slowforward.net/2025/11/03/la-…

*

Vampyr di Carl Theodor Dreyer (1932):
youtu.be/YoW1NQC9RyA

#annotazioni #CameraVerde #derelizione #derelizioneInProsaInProsa_ #Gians #GiovanniAndreaSemerano #laCameraVerde #microprosa #microprosaInProsa #prosa #prosaBreve #ProsaInProsa #proseBrevi #scritturaDiRicerca #scrittureDiRicerca #SettantaMilieu #Vamp #VisioniDalCinematografo


6 novembre, roma: presentazione di “vamp”, prosa breve di mg (la camera verde, 2025)


locandina VAMP 6 nov 2025 Camera verde_ via Miani 20_ Roma
cliccare per ingrandire

a Roma, giovedì 6 novembre 2025, ore 18:00
La camera verde, via G. Miani 20 (Ostiense)

presentazione/lettura di

VAMP


derelizione in prosa (in prosa) su certi ultimi nanosecondi occidentali

di
Marco Giovenale

(Ed. La camera verde, novembre 2025)

Collana Visioni dal Cinematografo
A cura di Giovanni Andrea Semerano

Su Mobilizon:
mobilizon.it/events/5f1991be-9…
Evento facebook:
facebook.com/events/2352745261…

_

#CameraVerde #CarlThDreyer #Dreyer #laCameraVerde #microprosa #occidente #prosa #prosaBreve #ProsaInProsa #scritturaDiRicerca #scrittureDiRicerca #TheodorDreyer #Vamp #VisioniDelCinematografo


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L’impegno per la pace diventa calendario


Non c’è solo la scuola che educa al patriottismo e alla guerra, c’è anche la scuola che educa alla pace. E non soltanto con belle parole. Lo ha fatto, a Catania, il progetto di Pax Christi che ha coinvolto gli studenti di quattro scuole nella preparazione del calendario 2026, dedicato ai “Testimoni di pace”.

Quest’anno, infatti, il calendario promozionale che ogni anno Pax Christi […]

Leggi il resto: argocatania.it/2025/11/10/limp…

#educazioneAllaPace #IPM #istitutoPenaleMinorileDiCatania #nonViolenza #PaxChristi

Questa voce è stata modificata (1 settimana fa)

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“Maybe the real treasures in life are the screenshots we take along the way” (il Pignio aggiornato in un mondo di immagini)


Nei momenti in cui l’archiviazione del mio maledetto telefono è piena, e devo aprire la galleria per capire cosa c’è di inutile da poter cancellare, nell’attimo in cui non trovo granché di sparibile mi chiedo inevitabilmente caspita, ma queste migliaia di screenshot, che sento di non poter cancellare, servono veramente a qualcosa???… e, puntualmente, non ottengo mai risposta. (E beh, ovviamente questo vale anche per le foto scattate, ma ha senso che quelle non si riescano a cancellare, in quanto comunque espressione artistica di momenti ambientali vissuti non attraverso lo schermo, ma solo resi permanenti su di esso; è già un discorso diverso.) 🤥

Ma… può essere che, forse, è la domanda ad essere sbagliata? Dopo aver trovato questo memino, anche questo inevitabilmente un’immagine digitale, dirò che forse si, il problema è la prospettiva. Magari, le catture di schermata — tranne quelle fatte per sbaglio, che mi fanno solo alzare la pressione, e in generale quelle a scopo temporaneo, che devono sparire — non sono cancellabili perché, a loro modo, sono la cristallizzazione di piccoli momenti che avvengono nel telefonino, e quindi sono probabilmente dei veri e propri tesoretti, che si ottengono durante le semplici azioni di vita quotidiana sul dispositivo… Eppure, in fondo, chissà se davvero è così. 🥴
MAYBEthe realtreasuresin Life aretheScreenshotsWe takealongthe way
…Una cosa tuttavia certa, rimanendo pur sempre squisitamente nel contesto di immaginette trovate e salvate, è che la roba che finisce — nel corso di duri mesi e, con abbastanza tempo, anche dolorosi annisalvata sul Pignio… quella si che costituisce una serie di piccoli tesori ottenuti per la via della vita, senza ombra di dubbio; altro che gli screenshot che si, non riesco a cancellare, ma se perdessi per problemi di skill (…e mi è già successo) non mi metterei a piangere (invece, le pigne si). E ciò non solo per tutta la questione di preziosità indotta che si verifica col salvare, per poi ordinare in collezioni, sapendo che i dati sono sempre comunque sotto il mio controllo… ma quanto più per le inaspettate sorprese che le immagini messe lì da parte possono riserbare, almeno a me che ho l’anima grossa e la voglia di fare cose. 😤

A parte quando ritorno lì apposta con in mente l’idea di ritrovare una specifica immagine necessaria per scrivere l’ennesimo post pseudo-giornaliero dei miei, oppure per qualsiasi altra situazione specifica… in questi ultimissimi giorni, avere il Pignio a mio servizio, con centinaia di fotine e disegnini salvati, mi sta essendo utile banalmente per trovare cose simpatiche da disegnare al volo in ogni momento, essendomi come ho detto inspiegabilmente fissata con tale attività nel mentre che per qualche motivo non ho voglia di fare granché altro. Beh, in realtà, questa benedetta domenica però almeno un po’ di programming l’ho fatta… esattamente sul Pignio, per adeguarlo alle mie nuovissime esigenze spuntate fuori appunto ultimamente. 👌

A parte iniziare un potenziamento cosmico della ricerca, aggiungendo per ora la possibilità di accendere e spegnere il case-sensitive, filtrare i risultati cercando in specifici campi di metadati (titolo, descrizione, link, ecc…) e non per forza tutti, nonché filtrare per utente creatore (…che sulla mia istanza è inutile, ma ad altra gente sarà comodo)… Ho anche sistemato la generazione dei siti statici, che si era rotta in modo inspiegabilmente assurdo (e giuro che manco io ho capito esattamente cosa è successo)… E infine, cosa veramente figa in questo così toccante contesto di immaginette, ho aggiunto una lightbox decente che permette di visualizzare le immagini a qualsiasi livello di zoom, incluso su desktop, che è per l’appunto estremamente comodo per guardare i riferimenti mentre disegno (altrimenti, dovevo ogni volta aprire le immagini in una scheda a parte, e modificare lo zoom del browser lì, che fa schifo). 😁

Vabbé, niente di particolare da vedere a ‘sto giro, in realtà… niente screenshot, ironicamente, insomma. Per provare la lightbox, basta aprire la pagina di qualsiasi immagine e cliccarci sopra, e si può zoomare con la rotella del mouse (…dovrei forkare la libreria per supportare anche la tastiera). La ricerca, invece, funziona come sempre di base, ma la pagina dei risultati ha anche tastini e controlli per le nuove opzioni, che temo col tempo diventeranno molto più incasinate. Ancora un’altra volta, però, sono riuscita ad ingannare chiunque nello scoprire altri casi d’uso del Pignio facendo finta che io avessi qualcosa di più interessante da dire, che non è poco… e oggi ho quindi forse marcito un po’ meno di ultimamente, però conseguentemente ho disegnato di meno, e quindi rip. Invece, ora, è tardi e mi tocca dormire, e quando dormo non posso usare il Pignio, quindi rip e a domani. 😾

#meme #Pignio


“octo condannata ad uscire dal letto” (come questo sabato mattina ci ho messo 1 ora per alzarmi dal letto quando non volevo)


Oggi è sabato, e quindi… aridaje, non credo di dover ripetere per l’ennesima volta quali sono le vibe mortali del mio fine settimana. Di conseguenza, anche oggi ci sono accadimenti e realtà che forse fanno ridere, seppur non dovrebbero… del tipo di cosa succede quando arriva l’ora di alzarmi dal letto, al mio orario benedettissimo della mattina senza impegni, ma ovviamente io non, perché in quel momento la mia anima è già abbastanza appesantita dall’essermi in primo luogo svegliata. Niente di nuovo neppure in tutto ciò, ovviamente, ma stavolta le aggiunte alla mia disperazione sono abbastanza degne di nota. 👌

Praticamente, mi sono svegliata circa alle 11, e a quel punto non riuscivo più a riaddormentarmi, nonostante io abbia quindi dormito appena 10 ore, che per gli standard dei miei desideri è pochino. Sarà stato perché un po’ avevo tipo da andare in bagno, un po’ avevo la gola tipo secca di sete, un po’ l’aria della stanza era a quel punto diventata ben marcia a causa delle mie solfatare… e, sorvolando sul fatto che almeno 2 di queste cose saranno sospettosamente in comune con le piante, il problema è che comunque non avevo proprio voglia di alzarmi. Cioè, che palle alzarmi, perché mai dovrei quando tanto non ho comunque un assoluto niente da fare (eccetto un piccolo frangente questo specifico pomeriggio)!?!?!!?? 😤

Alla fine mi sono effettivamente alzata, purtroppo… dopo praticamente 1 ora sveglia (gli spiriti proprio non volevano che io continuassi a mimire…) lì un po’ ferma a fare niente, un po’ a cercare di alzarmi fallendo miseramente tra le 5 e le 10 volte. Ho però notato che, quasi ogni volta che provavo ad alzarmi, curiosamente (ma forse neanche troppo…), qualcosa mi rimbalzava verso il lato dove avevo il secondo cuscino, e finivo per volerlo abbracciare malamente… ops. E che dobbiamo fare; da vera femcel sono assolutamente touch-starved, e questo forse non è neanche il più grosso dei miei problemi… almeno, sicuramente in quel momento il più grave era questo mio combattimento intero tra il dovermi e il non volermi alzare. 😵

Probabilmente sarei riuscita in questa mia impresa con meno difficoltà (non zero, eh) se ci fosse stato qualcuno ad alzarmi le persiane, visto che — e con ciò certamente non batterò le allegazioni di fare la fotosintesi come le piante, ma questa è una cosa che so da prima della mia scoperta di ieri — vedere la luce naturale del sole mi da un attimo una forza di vivere, e quindi di alzarmi, che altrimenti mi sfugge… oppure, se semplicemente avessi alzato le lenzuola così da rotolare fuori, ma lo spostamento di aria causato da ciò mentre sto bella al caldo gnam mi urta non poco… ma ecco, io sono complicata. Alla fine, però, ho detto basta e, con il cuscino ben abbracciato, sono in qualche modo strisciata fuori dalla mia bara, mettendomi prima tipo seduta verso l’uscita, poi tirando fuori le gambe, e infine mettendo i piedi per terra ed alzandomi. E buongiorno principessa, suppongo. 😳
Disegno di me come descritto, una ragazza bruttina in pigiama che abbraccia un cuscino che le copre la parte di sotto della faccia. Testo sopra: "octo condannata ad uscire dal letto"Allora, finalmente, dopo questa come al solito infinita spiegazione, eccomi com’ero nell’esatto momento in cui mi sono alzata, ed ero lì, boh, da sola… però, col cuscino ancora bello stretto, che mamma mia, sono così sola, col freddino dentro e addosso, e i capelli scombinati ancora più del solito, me misera tapina (tutto confermato guardandomi allo specchio). Ovviamente, non avevo le guance luccicanti fisicamente… però, dentro di me, sotto sotto, mi sento un po’ così… chissà che cavolo penso, così nel profondo che nemmeno riesco a percepirlo razionalmente, mentre stringo forte questo affare costretto a supportarmi fisicamente e spiritualmente ogni notte. Spero che un giorno magari qualcuno mi potrà abbracciare come io abbraccio il mio cuscino, non sia mai che me lo merito, aaaahh… 💔
(E comunque, si, in questi ultimi giorni mi sono assolutamente iperfissata col disegnare, e non capisco proprio perché… voglio dire, non è una cosa che ho mai fatto particolarmente nell’ultimo decennio. Sarà perché le altre mie cose che faccio di solito ora non mi vanno, ma io ho pur sempre bisogno di fare almeno qualcosa per sopravvivere, altrimenti davvero non mi alzerei proprio più dal letto, e quindi sarò stata spinta proprio su questo dagli spiriti… e, in effetti, non ci sono troppe altre alternative congruenti con la mia personalità, quindi forse era inevitabile. Se questa cosa non scemerà, credo che godrò.)

#cuscino #dormire #lore #sonno


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Threads e la federazione con il fediverso libero

Ormai è chiaro che abbiamo sopravvalutato il temuto rischio principale della federazione con Threads: lo tsunami che avrebbe invaso le timeline delle nostre istanze libere, con gravi ripercussioni sul carico di lavoro del server, non c’è stato e non c’è stato perché Threads ha deciso deliberatamente di non federarsi mai per davvero. Ma questo cambia davvero qualcosa?

In questo post faremo un riepilogo della questione "Threads vs. Fediverso libero", traendo spunto da alcune recenti occasioni di confronto sull'argomento. Il post viene pubblicato anche sulla comunità Lemmy @[url=https://feddit.it/c/fediverso]fediverso@feddit.it[/url] che raccoglie gli aggiornamenti e le notizie sul Fediverso e che può essere seguito da tutti gli account social del Fediverso (ma non dagli utenti di Threads…).

Cos’è successo finora: la finta federazione di Threads


Ormai è chiaro che abbiamo sopravvalutato il temuto rischio principale della federazione con Threads: lo tsunami che avrebbe invaso le timeline delle nostre istanze libere, con gravi ripercussioni sul carico di lavoro del server, non c’è stato e non c’è stato perché Threads ha deciso deliberatamente di non federarsi mai per davvero.

Al di là delle scelte di carattere ideologico o finalizzate alla protezione dei propri utenti (qui per esempio un post di @gubi e qui la presa di posizione di @kenobit ), tutte legittime (sia chiaro), la motivazione più rilevante tecnicamente tra quelle alla base della defederazione di Threads era proprio quella di evitare l’invasione dei suoi post, sia dal punto di vista qualitativo (a causa della tolleranza di Meta verso i contenuti suprematisti e monnezzari), sia da quello quantitativo (a causa dell’enormità di differenze di scala tra loro e noi).

Alcune istanze hanno praticato un silenziamento preventivo (qui l’annuncio di @devol in occasione della prima parziale federazione di Threads) che consentiva agli utenti di seguire liberamente i contenuti di Threads, mentre altre istanze (tra le istanze più grandi di Mastodon e Pixelfed, gestite da @Gargron e @dansup ossia gli sviluppatori stessi di quei due software) hanno tenuto un atteggiamento entusiasta.

A proposito, c’è qualcosa di molto singolare: mi sembra che la federazione tra pixelfed.social e threads.net non funzioni affatto: da Threads non si vede Pixelfed e viceversa, ma come se non bastasse, da Pixelfed, le menzioni a Threads sono abbastanza diverse da come si vedono da Mastodon

Le scelte praticate dalle nostre istanze poliverso.org + poliversity.it + feddit.it + citiverse.it


Le nostre scelte sono state orientate fin dall’inizio da aspetti tecnici: volevamo evitare di pagare banda e risorse per uno dei conglomerati industriali più orrendi della storia recente.

Nello specifico:

  1. Feddit.it non vede Threads per una incompatibilità logica tra Lemmy e Threads (Threads non supporta i gruppi e Lemmy vede solo chi supporta i gruppi)
  2. Citiverse.it non vede Threads semplicemente perché… a nessun utente di citiverse.it interessa nulla di Threads
  3. Poliversity.it non blocca Threads, ma lo silenzia
  4. Poliverso.org non blocca Threads, ma offusca i dati personali degli utenti di Poliverso al server di Threads

Quello che ho potuto riscontrare come utente abbastanza assiduo del Fediverso, come amministratore di 4 piccole istanze (oltre che come moderatore di un’istanza molto grande, come mastodon.uno) è che i contenuti di Threads sono una minoranza sparuta e che non ho mai visto contenuti problematici né ho mai ricevuto una sola segnalazione da parte di altri utenti.

Alla luce di quello che è avvenuto (cioè molto poco) è opportuno rivedere il nostro approccio verso Threads?


Ricapitolando le tre questioni più importanti:

  1. Threads fa parte di un’azienda eticamente ributtante: no, questo non è cambiato e non cambierà mai
  2. Threads rischia di invadere la timeline del Fediverso libero: questo non è ancora avvenuto e probabilmente non succederà
  3. Threads rischia di riversare nel Fediverso contenuti raccapriccianti: neanche questo è avvenuto (ma se qualcuno tra voi ne trovasse contenuti problematici visibili dal Fediverso, ce lo segnali a @informapirata

Resta però un problema non secondario: la federazione tra Threads e il Fediverso è limitata e ritardata e, soprattutto, lo è per scelta deliberata di Meta.

Federazione limitata


Infatti gli utenti di Threads possono essere federati solo se vogliono (e alcuni semplicemente non lo sanno) e in ogni caso gli utenti europei non possono accedere al Fediverso. La motivazione? Alcune supercazzole sul GDPR e sul presunto rischio privacy del Fediverso.

Il risultato è che probabilmente solo una ventina di miliaia di persone sono effettvamente federate. Su Poliversity.it per esempio dei cento milioni di utenti attivi di Threads (seh, vabbe’), sono solo più di un migliaio quelli conosciuti dalla nostra istanza
1.099 utenti Threads sono conosciuti dall'istanza Poliversity. Gli utenti più seguiti sono:barackobama4 followerpotus3postopinions2mosseri2docpop2quillmatiq1nerd4cities1zuck1Malgrado questo abbiamo un gigabyte di monnezza memorizzataI numeri Meta visti da Poliversity
Per fare un esempio, l’istanza tedesca troet.cafe, con 47.000 utenti complessivi e poco più di 6.000 utenti attivi (numeri di oggi, ma con un picco massimo di 14.000 utenti attivi raggiunti due anni fa), presenta numeri più alti rispetto a Threads.
1.702 utenti troet.cafe sono conosciuti dall'istanza Poliversity. Gli utenti più seguiti sono:Asterix_Archiv2Mikim1verbraucherzentrale_sh1cheefoo1krille1docwu0KaeptnWah0Witteg0NB: 1700 utenti troet.cafe sporcano come 1000 utenti Threads...
Troet.cafe è un’istanza ben gestita dal suo amministratore @martinmuc ma l’abbiamo scelta proprio perché, essendo praticamente un’istanza che parla solo in lingua tedesca è estremamente “lontana” da un’istanza italofona come poliversity.it e quindi rappresenta un termine di paragone che sicuramente non distorce i dati a scapito di threads.net!

Ok, il problema probabilmente risiede semplicemente nel fatto che su Threads su poliversity è stata silenziata. Sarei tuttavia curioso di conoscere i dati di federazione di mastodon.social…

Oggi Threads (ovviamente) non ha rilasciato dati sugli utenti che effettivamente hanno deciso di federarsi con il Fediverso libero. Sta di fatto che gli studi che hanno cercato di sondare Threads non non hanno mai rilevato più di 20.000 utenti federati!

Mi chiedo se effettivamente federare Threads sia davvero un valore aggiunto

Federazione limitata


Come se non bastasse, a tutti i post condivisi da Threads viene applicato un ritardo di 15 minuti per la distribuzione nel Fediverso libero. La motivazione ufficiale è che si è voluto far coincidere la finestra di modifica di un post con il ritardo della distribuzione nel Fediverso, ma è evidente come questa sia una scusa per recintare il giardino di Threads.

Sebbene molti amministratori del Fediverso abbiano avuto la presunzione di ritenere di poter tenere isolata “l’istanza” Threads, in realtà è Threads che sta isolando il Fediverso libero: Threads tiene il Fediverso in una perpetua anticamera e di fatto lo silenzia. Non si tratta di un rapporto simmetrico e il minimo che si possa fare è silenziarla.
Ribadisco il mio dubbio: qual è il valore aggiunto di far entrare liberamente dentro la propria istanza i contenuti di Threads? Di fatto è come se Threads stesse facendo pubblicità a sé stesso sui nostri spazi, senza concederci però spazio. Il modello operativo di Threads è quello di consentire un “rapporto completo” con i propri utenti solo per chi sta dentro all’istanza; quello che l’istanza lascia trapelare all’esterno è solo pubblicità broadcast ed è pure pubblicità a trasmissione ritardata!

Le Fake news di Meta


Threads ha praticato un approccio estremamente scorretto: non solo ha di fatto segregato i propri utenti, ma ha spacciato ovunque l’idea della federazione in maniera maliziosa distribuendo qui in Europa (dove già avevano deciso che la federazione non sarebbe avvenuta) comunicati stampa falsi (puntualmente raccolti dalle peggiori testate on line) nei quali parlava di apertura al Fediverso. Ha cercato di usare il pubblico sensibile al concetto di Fediverso come mandria da mungere e il concetto di Fediverso l’ha usato come buzzword per rubare visibilità ai nostri progetti. Threads è a tutti gli effetti di una presenza ostile e come tale va contenuta, cercando di evitare estremismi ma mantenendo comunque una linea salda.

Non è questione di purezza, ma è questione di salvaguardia della concorrenza: la nostra impressione è che Meta stia giocando sporco e stia sfruttando l’apertura di gran parte del Fediverso libero per strappare utenti al Fediverso, che già ne perde troppi da solo.

Anche i modelli economici improntati al massimo liberismo puntano a salvaguardare il sistema degli scambi economici dagli attori che viziano il mercato facendo dumping perché si avvalgono di aiuti di stato o di sistemi basati sullo schiavismo.

Per rispettare pienamente il principio di apertura e federazione aperta è fondamentale almeno limitare chi ha deliberatamente scelto di chiudere di fatto l’accesso al Fediverso libero.

Proprio per questi motivi, non bloccheremo Threads, ma di certo manterremo il silenziamento!

Vuoi segnalare un errore o dare un suggerimento? Scrivici su Friendica, Twitter, Mastodon o sul gruppo telegram Comunicazione Pirata

Segui il canale di InformaPirata

informapirata.it/2025/11/09/th…

#Fediverso #Mastodon #Threads

informapirata.it/2025/11/09/th…


In quali modi il Fediverso può reagire all’irruzione di Threads?

Lo scossone per il Fediverso sarà enorme: guardando alla sproporzione di risorse tra Meta e l’universo federato, sembra chiaro che tutto ciò porterà a una distruzione del Fediverso per come lo conoscevamo

informapirata.it/2023/12/15/in…

#CarloGubitosa #Feddit #Fediverso #Friendica #kenobit #Lemmy #mastodonUno #Meta #Poliversity #Poliverso #Threads #XMPP

informapirata.it/2023/12/15/in…


in reply to informapirata

curioso che di questi tempi l'etica diventi "ideologia" come se principi e integrità fossero roba da estremisti ideologizzati. Ma coninuo a non considerare "ideologico" (secondo quale ideologia, poi?) dire "non voglio interagire con aziende che alimentano brexit, suprematismo bianco, propaganda russa e genocidio in Birmania". A me sembra solo un atto dovuto di umana decenza, come dire "non voglio avere niente a che fare con mafiosi, pedofili e trafficanti di organi". Sarà l'età.
in reply to Carlo Gubitosa

Se per te l’ideologia è una cosa negativa, il problema non è mio
in reply to informapirata

a differenza degli ideali che sono espressione di principi condivisibili e ampiamente condivisi, l’ideologia per il vocabolario, con accezione neutra, è “il complesso delle credenze e dei valori che orientano un determinato gruppo sociale”. In questo caso come si chiama l’ideologia e quale sarebbe il gruppo sociale? Le persone che credono nei diritti umani universali, nella Costituzione, nell’umana decenza? E non è altrettanto “ideologico” non farne parte?
in reply to informapirata

in parole povere cosa farà poliverso.org? Continuerà a oscurare i dati degli utenti senza bloccare thread, comincerà a silenziarlo?
in reply to Sabrina Web 📎

mi pare di aver capito da quello che c'è scritto in fondo che resterà federato ma silenziato.
in reply to Carlo Gubitosa

@Carlo Gubitosa sì, poliversity (mastodon) lo continuerà a silenziare Threads; poliverso (friendica) invece si limiterà a "nascondere" a Threads i dati degli utenti di poliverso

@Sabrina Web 📎

Fediverso reshared this.

in reply to Informa Pirata

continuo a non capire i vantaggi di queste scelte, vedo solo rapporti asimmetrici con una piattaforma aziendale e inutile consumo di banda, ma il fediverso è bello perché è vario <img class=" title=":fediverse:"/> e se mai dovesse arrivare qualcuno che si lamenta perché non può leggere qualche utente di threads so dove mandarlo 😅 e dove indirizzarlo.
in reply to Sabrina Web 📎

@sabrinaweb71 Poliverso, in quanto server basato su Friendica può praticare questo offuscamento dei dati grazie allo sviluppo portato avanti da uno dei creatori di Friendica. Su Mastodon ci dobbiamo accontentare del semplice silenziamento.
in reply to informapirata

la cosa più deleteria che ha fatto threads sul fediverso, in europa, sono state le discussioni inutili.

Che tanto, campa cavallo

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Il nuovo femminicidio voci a confronto – Intervento dell’Avv. Aurora d’Agostino


Femminicidio: dalla cultura alla definizione normativa (e ritorno) – Note e criticità del disegno di legge governativo

Si è svolto il 6 novembre 2025 presso l’Università degli studi di Verona l’incontro “Il nuovo reato di femminicidio. Voci a confronto”. All’evento organizzato per discutere del nuovo reato, con l’obiettivo di confrontare diverse prospettive sul tema e che rientrava tra le iniziative promosse dagli assessorati alla Parità di Genere e Pari Opportunità per la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne è intervenuta l’Avvocata Aurora D’Agostino del Foro di Padova, Co-Presidente dell’Associazione Giuristi democratici.

Di seguito vi proponiamo il suo intervento

INTERVENTO AVVOCATA AURORA D’AGOSTINO

«Femminicidio: dalla cultura alla definizione normativa (e ritorno) – Note e criticità del disegno di legge governativo»

Vorrei partire, in questa riflessione, da un dato di fatto incontrovertibile: questo disegno di legge governativo, non richiesto o sollecitato da nessuna delle realtà che operano quotidianamente nella rete contro la violenza maschile sulle donne, è stato volutamente caricato di un forte valore simbolico, a partire dalla data della sua comunicazione (l’8 marzo) e della programmata votazione (il 25 novembre).

Chi lavora contro la violenza maschile lo fa tutti i santi giorni, lo fa, soprattutto, confrontandosi continuamente con una materia complessa, piena di difficoltà materiali, di risvolti relazionali ed emozionali, di avanti indietro che caratterizzano in maniera forte e frequente i percorsi di fuoriuscita dalla violenza. Lo fa, necessariamente, con un’elaborazione continua delle pratiche e delle soluzioni, con gli adeguamenti indispensabili alle più disparate situazioni.

Il governo invece ha imposto una tempistica accelerata, predeterminata e del tutto propagandistica all’introduzione del reato autonomo di femminicidio, anziché cercare, come, vedremo, sarebbe stato necessario, un’elaborazione attenta e condivisa di un testo che certamente solleverà (ed ha già sollevato) grandi perplessità e che sarà inevitabilmente oggetto di eccezioni, interpretazioni e critiche da parte di dottrina, giurisprudenza e, mi permetto sin d’ora di anticipare, anche di questioni anche di legittimità costituzionale già prospettate da molti penalisti. Basti una lettura delle posizioni delle Camere Penali per rendersene conto. Da ultima, le osservazioni al DDL C2528 del 15 ottobre scorso alla Commissione Giustizia.

L’assurdità di questo modo di procedere, a fronte di quella che alcuni considerano “una svolta epocale”, è dimostrata in maniera chiarissima dalla presa di posizione di DiRe, cioè della Rete dei Centri Antiviolenza, che ha deciso di non partecipare all’audizione frettolosamente fissata in Commissione Giustizia della Camera.

Nel precedente ciclo di audizioni, sul testo originario, erano state svolte anche osservazioni puntuali, di cui c’è traccia e che, in minima parte, sono state incluse nel testo approvato il 23 luglio 2025 dal senato. L’inclusione specifica dei Centri Antiviolenza e della Case Rifugio quali associazioni titolate ad intervenire nel processo penale, ad es. La prenotazione a debito delle spese per l’esecuzione delle condanne al risarcimento e la previsione dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato anche in caso di superamento del – risibile- limite di reddito vigente anche nel caso si proceda per i reati di omicidio aggravato dalla relazione di coniugio o appunto di femminicidio, ovviamente in forma tentata (si tratta delle uniche spese previste da questa proposta di legge-quasi legge). Il legislatore dimentica ancora che buona parte delle ipotesi di reato (lo stesso 612 ter, il cd. “revenge porn”, su cui pure si interviene nel testo prevedendolo come uno dei reati aggravabili se commesso come “atto di odio o di discriminazione o di prevaricazione o come atto di controllo o possesso o dominio in quanto donna, o in relazione al rifiuto della donna di instaurare o mantenere un rapporto affettivo o come atto di limitazione delle sue libertà individuali”

Penso quindi e anzitutto che se veramente si fosse voluto dare gambe solide a questa innovazione legislativa, si sarebbe dovuto affrontare un percorso molto più approfondito e ragionato, e possibilmente anche condiviso, soprattutto con chi- operatrici della rete antiviolenza, avvocate e avvocati, magistrate e magistrati, hanno a che fare direttamente con la violenza maschile nel territorio e nelle aule di tribunale.

La mia associazione, i Giuristi Democratici, ad esempio, non è stata neppure interpellata, pur occupandosi direttamente e spesso delle tematiche e pur essendo stata chiamata ad audizioni in numerose altre occasioni inerenti riforme di carattere penale ( sulla perseguibilità della PMA, sul ddl sicurezza, ad esempio).

Non è solo una questione di metodo, non lo dico per indignazione, perché sono offesa per la mancata convocazione, anzi: lo dico perché nel nostro paese esiste una poderosa produzione legislativa in materia di violenza sulle donne, dal Codice Rosso in poi, incrementata anche dal governo in carica, che fino a ieri ci hanno detto essere più che sufficiente, essere solida (così almeno, tutti i rappresentanti delle forze dell’Ordine nelle audizioni presso la Commissione Parlamentare di inchiesta sul Femminicidio). Certamente non c’è alcuna urgenza che giustifichi l’accelerazione in corso.

L’altro aspetto generale che non mi pare affatto condivisibile, ed anche in questo sono perfettamente d’accordo con quanto hanno già comunicato le associazioni della Rete Antiviolenza, è l’ostinazione nella pretesa di rialzo punitivo che caratterizza anche questa proposta di legge, e per di più non accompagnata da alcun intervento di formazione e prevenzione, se non a costo zero. Non mi soffermo oltre su questa ovvietà, segnalata ormai più volte: non si fa prevenzione e non si fa tutela senza investimento di risorse; di penalità ulteriori non credo ci sia bisogno, dopo gli aggravamenti disposti ormai da tempo e, per ultimo, dalla legge 168/2023. Di aggiustamenti senz’altro, a partire dalle informazioni alle persone offese, al rendere effettivo l’esercizio dei loro diritti, ma soprattutto, e ce lo dicono i fatti di questi ultimi tempi, occorre investire bene e tanto in strumenti di prevenzione. Vogliamo parlare dei braccialetti elettronici, dei loro malfunzionamenti e delle loro caratteristiche? Vogliamo parlare della “scarsa formazione” di tanti, ancora troppi, appartenenti alle forze dell’ordine? Io sono appena uscita dall’incubo di un processo per un femminicidio orribile, che si è concluso con un ergastolo, come la gran parte di questa tipologia di processi, ma anche con la trasmissione degli atti alla Procura Generale per la valutazione delle responsabilità delle ff.oo. in relazione agli interventi (tutti pessimi, lo dico senza alcun timore) effettuati quanto quella povera donna era ancora in vita ed ai quali non è seguito alcun procedimento a carico del marito che poi l’ha ammazzata. Anche in presenza di reati perseguibili d’ufficio.

Riparto da qui, perché i miei dubbi e le mie perplessità nascono proprio dall’esperienza concreta, in aula di udienza e nei tentativi di tutela giudiziale delle donne nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza.

Si dice ora, alla luce delle modifiche apportate al testo originario, che la “tipizzazione del reato “è perfezionata e non hanno più senso le critiche precedentemente svolte al testo proposto inizialmente dal governo. Io non ne sono così certa.

Quelle che il Dott. Menditto nel suo (credo) più recente intervento, pubblicato su Giurisprudenza Penale “le plurime condotte alternative raggruppate” introdotte nel testo e che io definisco indicatori di contesto dovranno essere necessariamente oggetto di specifica ed approfondita indagine. Io francamente non sono così ottimista da pensare che quegli appartenenti alle forze dell’ordine di cui parlavo prima (e purtroppo non solo loro) saranno così diligenti da ricercare e assicurare al processo quegli elementi necessari a provare in aula l’esistenza e le caratteristiche di quelle condotte. Ma sono certa invece che le difese degli imputati si dedicheranno a provare il contrario, e che questo avrà degli effetti pessimi sulla durata, sulla tecnica dei processi, sull’invasività delle domande relative alle vittime. Che questo sia uno scenario possibile, per altro, gli estensori del testo attuale sono ben consapevoli, tant’è che all’art. 3 co 1 lettera T, ci si è preoccupati di aggiungere all’art 499 cpp un comma 6 bis che recita: “Quando si procede per i delitti previsti dall’articolo 362, comma 1-ter, il presidente assicura che le domande e le contestazioni siano effettuate in modo tale da evitare l’esposizione della persona offesa esaminata come testimone a lesioni della dignità e del decoro e a ogni altra forma di vittimizzazione secondaria”. Disciplina, ovviamente prevista ed applicabile solo per le ipotesi in cui le condotte plurime indicate siano contestate come aggravanti. Disposizione inapplicabile nel caso di contestazione dell’art. 577bis cp (femminicidio), se non nella forma tentata, in cui la persona offesa può essere presente e rispondere a domande, ma in cui domande chiaramente irrispettose della vittima, non più presente, certamente non mancheranno.

Ma poi, quando si leggono sentenze in cui troviamo termini come quelli contenuti nella sentenza della Corte d’Assise di Modena (sentenza Montefusco) o quella più recente del Tribunale di Torino, in cui si definiscono “comprensibili” le violenze accertate, l’analisi non si può fermare qui e la formazione si rivela un problema davvero serio. Le parole sono importanti, anche e soprattutto direi, nelle sentenze. E lo dico non con riferimento alla pena, ma alle motivazioni.

Grande confusione, poi, regna in punto compatibilità delle aggravanti già previste ed ordinariamente applicate nei processi per femminicidio, al cui riordino si dovrà senz’altro provvedere.

Ed ancora, la contestazione dell’aggravante specifica introdotta dal ddl comporterà , per i reati di cui agli artt. 572 e 612 bis c.p., la competenza collegiale, con gli inevitabili e noti effetti di aggravio del sistema e di durata del processo, vanificando, quanto al reato di cui all’art. 572 cp, la disposizione dell’art. 3 che invece la attribuisce (opportunamente) al Tribunale in composizione monocratica.

Torno al titolo di questo intervento. E’ sufficiente “nominarlo” in un testo di legge, il femminicidio? E’ un termine che oramai è invalso nella cultura e nel lessico comune, ma anche nella giurisprudenza, di merito, di legittimità e anche nelle sentenze della Corte Costituzionale. Ma basta trasporlo nel Codice Penale per determinarne l’importanza ed il disvalore? E come va inserito e definito? Ripeto, rispetto al testo originario quello ora in esame e prossimo all’approvazione è senz’altro migliorato, ma restano, ad avviso mio e non solo mio, parecchie criticità.

Un accenno lo voglio fare, molto rapidamente, alla storia del termine femminicidio o femicidio, che è stato oggetto di ampio e approfondito dibattito, li sì sollecitato dal movimento delle donne, ormai decenni fa, in America Latina. Una situazione ben diversa dalla nostra, assolutamente neppure lontanamente paragonabile, per fortuna, in cui si parlava di “stragi di donne”. Per chi volesse ripercorrerne i passaggi e capirne meglio i vari contenuti consiglio caldamente la lettura del libro “femminicidio- dalla denuncia sociale al riconoscimento giuridico internazionale” della collega Barbara Spinelli. E’ un testo risalente ormai a più di 15 anni fa, ma che analizza approfonditamente quel dibattito e la definizione che ne è maturata.

Ecco, a me pare che di quel dibattito e di quella definizione, mutatis mutandis, perché è passato il tempo e l’origine di quel dibattito è ben diversa da quella odierna, qui ed ora, il nostro non dibattito, in realtà, sia carente proprio di quella caratteristica fondamentale individuata ed insita nel concetto stesso di femminicidio: l’assunzione di responsabilità da parte dello Stato quanto meno dell’incapacità di difendere e proteggere le donne ed i loro diritti.

Quelle prime esperienze, distanti certamente da noi, di introduzione della fattispecie giuridica del femminicidio, hanno poi avuto, secondo la maggiorparte di chi le ha studiate, effetti certamente di molto inferiori a quanto si pensasse possibile e realistico. Ne abbiamo parlato? Ne abbiamo discusso? Ne abbiamo capito i perché prima di buttarci a capofitto del “nominare giuridicamente” il femminicidio? Capiamoci, non per buttare via il bambino insieme all’acqua sporca, ma per fare qualcosa di veramente utile, di veramente importante perché le donne non muoiano più per aver rivendicato la propria dignità e la propria libertà.

Qui manca in modo assoluto l’assunzione di responsabilità dello Stato per questa violenza, che tutti ormai diciamo essere sistemica. E che si estende paurosamente anche nelle fasce più giovani della popolazione. Un dato che ci dovrà ben dire qualcosa, o ci accontentiamo di mettere in galera a vita anche i ragazzini?

Vado a concludere con un’osservazione generale, che ho lasciato volutamente in fondo a questo mio contributo al dibattito. L’innalzamento delle pene, in questa materia, ma non solo in questa, non è la soluzione. Agli autori di femminicidio non fa da deterrente la previsione dell’ergastolo, ma neanche di 2-3 ergastoli insieme.

La prospettiva punitivista a cui ci stanno abituando non ferma né i femminicidi, né i maltrattamenti, né tutte le altre violenze a cui le donne sono sottoposte nelle relazioni di intimità. Lo dicono i dati, che attestano la stabilità del numero dei femminicidi e delle condotte violente maschili in un contesto, invece, di calo complessivo dei delitti violenti. Lo dice il dato che l’unico paese europeo in cui i delitti contro le donne sono in progressiva, ma significativa riduzione, è la Spagna, che in materia ha investito moltissimo. Investito risorse economiche, intendo.

E io continuo a pensare che l’ergastolo sia una pena incompatibile con il nostro ordinamento giuridico e con la civiltà giuridica.

Nominare il femminicidio è importante, certo. Nominarlo per intero, in tutta la sua valenza sistemica, in tutte le sue forme. Ma io continuo a ritenere più importante e decisivo e doveroso per lo Stato lavorare incessantemente ad impedirlo, a farne assumere il disvalore reale in ogni sede, a partire, certo, dalle scuole, dai posti di lavoro, da ogni luogo di aggregazione, a diffondere invece il valore del rispetto e della libertà, la cultura contro il femminicidio. E soprattutto, a tutelare realmente le donne sottoposte a violenza, con strumenti tempestivi ed idonei. Non si fa a costo zero.

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video della presentazione di “80 fiori”, di louis zukofsky, allo studio campo boario, 25 ott. 2025


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CentroScritture:
Per il ciclo “Retrospettive”, presentazione del libro 80 fiori di Louis Zukofsky (Benway Series, 2024) allo Studio Campo Boario di Roma.

Coordina Valerio Massaroni
Presentano Giulio Marzaioli e Antonio Francesco Perozzi
Intervengono Rita R. Florit e Paul Vangelisti

Il libro:
benwayseries.wordpress.com/202…

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