Archivio Come Eravamo
La fotografia di Gianfranco Torossi
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Fotografie inedite di un’Italia tra gli anni ’40 e ’70 che descrivono magistralmente il Paese. Qui in una selezione di Gianfilippo De Rossi che ci racconta il suo lavoro di valorizzazione dell’archivio
#fotografia #fotografiaanalogica #pellicola #ferrania #kodak #adox #roma
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IL GUERRIERO DI CAPESTRANO
Metodologia della ricerca archeologica
Andrea Di Giovanni
istitutografico.com/articoli/a…
L’articolo pone una riflessione sul ruolo dell’archeologia nella società, sempre più interessata alla fanta-archeologia che alla storia delle civiltà.
Con una piccola storia della scoperta, del restauro e l’esposizione museale del guerriero, per far comprendere il valore e la bellezza di questa incredibile scultura italica
#archeologia #sociologia #abruzzo #sculturaitalica
IL GUERRIERO DI CAPESTRANO
Metodologia della ricerca archeologica - Andrea Di Giovanni. Con una piccola storia della scoperta, del restauro e l'esposizione musealeISTITUTO GRAFICO
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PEMMADORE
Romina Felicioni
istitutografico.com/articoli/a…
Romina fa un racconto fotografico della preparazione delle conserve di pomodoro
#istitutografico #cucinaitaliana #conservedipomodoro #spinetoli #ascolipiceno #tradizione #antropologia #fotografia
PEMMADORE
Romina Felicioni fa un racconto fotografico della preparazione delle conserve di pomodoroISTITUTO GRAFICO
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FAGLIA SS4
Earthquake view
Daniele Capriotti
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Il lavoro nasce da un’indagine sulla memoria e sulla stratificazione dei luoghi interessati dal sisma dell’Appennino Centrale, cercando su Street View eventuali tracce del bar dove Daniele trascorreva le vacanze estive da bambino.
#terremoto #pretare #pescaradeltronto #piedilama #arquatadeltronto #amatrice #castellucciodinorcia #accumoli #istitutografico #danielecapriotti
FAGLIA SS4
Earthquake view - Daniele Capriotti Un lavoro che nasce da un'indagine sulla memoria e sulla stratificazione dei luoghi interessati dal sisma dell'Appennino CentraleISTITUTO GRAFICO
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TERREMOTATI
Loïc Sutter
istitutografico.com/articoli/a…
Loïc Sutter, artista svizzero, nel 2024 intraprende un viaggio nell’Appennino centrale, un po’ come i numerosi del Grand Tour, e documenta attraverso la fotografia come le comunità cerchino di attuare la ricostruzione dei loro paesi terremotati, ma principalmente il paesaggio a cui normalmente ci si è abituati negli anni, fatto di cantieri e recinzioni
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CANZONE ITALIANA – Speciale Universo Femminile 1976-1985
Flavio Scutti
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Il consolidarsi dei movimenti femministi ha apportato delle innovazioni importanti nel panorama musicale italiano tra gli anni ’70 e ’80. In questa raccolta troviamo una selezione di canzoni di eccezionale bellezza realizzate da autrici e artiste che hanno descritto un nuovo ruolo della Donna nella società
#canzoneitaliana #musicaitaliana #femminismo #canzonierefemminista
CANZONE ITALIANA - Speciale Universo Femminile 1976-1985
Il consolidarsi dei movimenti femministi ha apportato delle innovazioni importanti nel panorama musicale italiano tra gli anni '70 e '80.ISTITUTO GRAFICO
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“LOCANZA”: VALORE IDENTITARIO DEL LUOGO
Anna Landi
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C’è una piccola grande Italia nascosta, borghi sparsi da Nord a Sud. Territori dove è sempre più difficile incontrare bambini che giocano e giovani che passeggiano. Il cuore dell’Italia che ha un battito sempre più lento e affaticato, ma dal temperamento determinato e tenace, con tanta voglia di riscatto. Quando si parla di codesti luoghi, lo si fa con la nostalgia del passato, ma è doveroso raccontarli con la complessità del presente e la necessità del futuro. Si potrebbe coniare un termine ricco di significato che ben sintetizzare l’essenza dei piccoli territori: “locanza”.
#istitutografico #locanza #annalandi #luogo #conoscenza #idee #valorizzazionedelterritorio #ripopolamento #areeinterne #paesi #paesologia #meridione #svilupposostenibile #valoreidentitario #tradizioni #innovazione
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MANUALE DEI RITORNANTI
Guida pratica per gli indecisi nel ritorno al Meridione
Vittoria Elena Simone
istitutografico.com/articoli/a…
Ho provato a stilare un mini manuale di cose da tenere presente per farlo nella maniera più pacifica possibile, considerando quelli che sono stati i problemi che ho affrontato in prima persona essendo tornata a più riprese prima di decidere di voler davvero vivere dove mi trovo
#meridione #questionemeridionale #paesologia #italia #ritornanti
MANUALE DEI RITORNANTI
Guida pratica per gli indecisi nel ritorno al Meridione (scritta da una persona che ha già fatto tutti gli errori del caso) - Vittoria Elena SimoneISTITUTO GRAFICO
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TOSCANA ISOLAZIONISTA
istitutografico.com/articoli/a…
Devid Ciampalini, con la sua Ambient Noise Session, dà forma ad una raccolta musicale molto interessante. Nel dicembre 2023 inizia a lavorare sul vasto panorama sperimentale toscano, che prende forma e si suddivide tra piccole province e paesi, molti dei quali isolati da ogni tipo di scena o movimento culturale. Diventando una specie di antropologo mette insieme ventitré progetti musicali, alcuni dei quali conosciuti, altri sconosciuti e difficilmente reperibili
#istitutografico #toscanaisolazionista #musicasperimentale #musicaelettronica #ricerchesonore #toscana #DevidCiampalini #ambientnoisesession
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ETICHETTE ITALIANE
Un viaggio nella Musica Sperimentale
istitutografico.com/articoli/a…
Se siete curiosi di scoprire la variegata complessità della musica sperimentale italiana, vi invitiamo ad esplorare i cataloghi delle etichette indipendenti di cui abbiamo parlato in questo articolo.
In un mondo musicale spesso omologato è un invito ad andare oltre i preconcetti e ad aprirsi a nuove sonorità, potreste trovare vere e proprie gemme nascoste, artisti talentuosi e generi musicali che vi sorprenderanno e vi appassioneranno
#musicaitaliana #musicasperimentale #etichetteitaliane #etichetteindipendenti #diy #autoproduzione
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domani, lunedì 1 settembre, nel podcast ‘la finestra di antonio syxty’: “moscografie”, di anna papa e silvia tebaldi
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#AnnaPapa #LaFinestraDiAntonioSyxty #podcast #presentazione #scritturaDiRicerca #SilviaTebaldi
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2 settembre 2025, h. 14, radio onda rossa: mahmoud darwish, “stato d’assedio” – lettura di lino musella
L’attore Lino Musella presenta la lettura di
STATO D’ASSEDIO
di Mahmoud Darwish
in streaming su Radio Onda Rossa 87.9 fm,
martedì 22 settembre 2025, ore 14:00
ondarossa.info/player-ror.html
un’intervista all’attore (a cura di Federico Raponi) qui:
youtu.be/jfrbzCtxUbs
#lettura #LinoMusella #MahmoudDarwish #Palestina #RadioOndaRossa #ROR #RORRadioOndaRossa
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Ringraziamenti di Mehmet Çakas dopo che la sua deportazione in Turchia è stata sospesa
Ai primi d’agosto come Giuristi Democratici ci siamo uniti all’appello per mobilitarsi contro la deportazione di Mehmet Çakas in Turchia dalla Germania.
A meno di un mese di distanza grazie alle pressioni e alle azioni intraprese la decisione sulla deportazione è stata sospesa.
Mehmet con una breve lettera trova le parole giuste per ringraziare chi si è impegnato nella mobilitazione perchè un’ulteriore violazione dei diritti umani non fosse compiuta contro i curdi.
Cari amici e compagni italiani,
come è noto, il 28 agosto avrei dovuto essere consegnato dalle autorità tedesche allo Stato turco.
Tuttavia, grazie a una lotta senza precedenti per i diritti e la giustizia, questa decisione è stata sospesa. In questa lotta per la giustizia, il contributo degli amici e compagni italiani occupa un posto prezioso e di grande importanza. In primo luogo, l’onorevole Marco Grimaldi, Domenico Lucano, Ilaria Salis, i Giuristi Democratici, il giornale Il Manifesto e tutti i sostenitori della libertà, gli amici e il popolo curdo meritano un profondo ringraziamento. Se non fosse stato per la loro voce alta e determinata, questo risultato non sarebbe stato raggiunto.
C’è un detto delle nostre antenate curde: «Oltre alle nostre montagne, non abbiamo amici». Ma ora sappiamo e vediamo chiaramente che, grazie alla lotta dei seguaci della libertà e alla forza delle lotte del socialismo democratico, anche al di là delle nostre montagne abbiamo amici, numerosi e forti.
Saluto ancora una volta con tutto il cuore questi amici e compagni e auguro loro ogni bene.
Auguro loro successo nella lotta per i diritti e la giustizia.
Mehmet Çakas
28 agosto 2025
Prigione di Uelzen
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10-14 settembre, roma: falastin festival, alla città dell’altra economia (testaccio)
#Cisgiordania #controIlGenocidio #FabioSebastiani #FalastinFestival #festa #festival #Gaza #GerusalemmeEst #IlariaGiovinazzo #Palestina
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marini agostini lasciati bloccati, pioggia forzata e vacanza vietata! (la miseria del meteo terribile di agosto)
Questo #agostopareva partito bene, ma lentamente (o forse nemmeno troppo…) è caduto inesorabilmente agli inferi. E oggi, che è l’ultimo giorno di questo mese, è quindi arrivato il momento di fare il resoconto, perché altrimenti vorrei quasi solo piangere. (E anche perché devo finire un altro post, prima ancora di poter fare un altro post qui, ma lascerò stare i miei disastri personali per questa fottutissima volta, visto che ora c’è piuttosto da prendersela solo coi piani alti.) 🏜️
Sorprendentemente, la profezia per cui dal primo di agosto avrebbe iniziato a fare maltempo tutti i giorni, data la precondizione che per mia madre iniziavano le ferie, non si è avverata; e anzi, soprattutto, la settimanina di vacanza fuori non è stata rovinata dal meteo! Certamente bello, ma in egual misura assurdo… e quindi, avendo i potery forty perso l’occasione buona di rovinarci le ferie in un bel colpo singolo ben piazzato, avrei quasi dovuto prevedere che nei giorni a seguire ci sarebbe stata la grande (ma terribilmente diluita) beffa che ci avrebbe impedito di enjoyare per bene il resto del nostro time. 😫
È infatti in quel momento, a vacanze finite ma ferie ancora in corso, che è partita una tendenza meteorologica ampiamente sfavorevole per dire poco — che, curiosamente, per metà replica quasi perfettamente un agosto di svariati anni fa ugualmente disperante. Con mia madre avente ancora le ferie, ha iniziato a piovere letteralmente tutti i pomeriggi (o quasi, ma io ricordo tutti… incluso ferragosto, per chi se lo è perso!)… ma vabbé che non era proprio la fine del mondo, perché in genere la mattina riuscivamo comunque ad andare al mare. Ecco, la vera maledizione si è piuttosto abbattuta questi due ultimi fini settimana, con il caldo assolato tutti i giorni mentre mia madre lavorava… fino a venerdì pomeriggio/sera, in cui puntualmente ha piovuto… ma mai tanto puntualissimamente quanto sabato mattina e pomeriggio, e quindi non si esce. E #mannaggia al carciofo acquatico!!! 🥦
Ma è assurda, spaventosa, la precisione con cui tutto questo mese è venuto a piovere oppure ha evitato; e loro mi vogliono far credere che non esista alcun complotto??? Possiamo solo ringraziare il cielo (letteralmente, visto che da lì altrimenti cadono le gocce) che, almeno la domenica mattina, stranamente non abbia fatto piovere, e infatti anche stavolta sono sulla spiaggia. Sporca di tutta la roba che il mare agitato avrà portato nella notte di tempesta, ma almeno è qualcosa. Il #mare in sé, però, è parecchio agitato… e io non ho più l’età per fare il roleplay di Goku che provoca le onde, quindi resto fuori. Insomma, grandi troiai da questo lato, e dall’altro (cioè domani) inizia settembre, quindi: se Lvi (il meteo) vuole, forse ci spunta fuori qualche altra mattina, ma il grosso è già fuori dalla finestra (e, se parliamo di pioggia, un po’ anche dentro, se ci si dimentica di chiudere i balconi). 🎻Marini agostini, rimarrai senza spiaggini! Con la faccia tosta di chi odia le ferie, la furia del mare si abbatte sulle nostre vite. Splash! L’acqua sbatte e si lancia per aria. La pace interrotta con greve periodo non è neanche l’inizio. Whoosh! Le gocce ascendono al cielo preparando la definitiva scarica mortale. Milioni non sono pronti ad accettare le conseguenze antispassose. Plic! Il demonio liquefatto così inizia a sperdersi, e non— PLOC! Precisamente militarmente i proiettili sono sparati giù sopra agli esseri condannati. Risulta impossibile godersi il destino. 💔
#agosto #estate #ferie #maltempo #Mannaggia #mare #meteo
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Il 1976 si rivela essere un anno cruciale per il PCI
La seconda metà degli anni ’70 ha acuito le difficoltà che l’Italia stava affrontando già dal decennio precedente: proprio per questo, l’ingresso del PCI nell’area di governo appare in modo più realistico come una necessità. Dal 1968 il PCI aveva cominciato a crescere a un ritmo importante nelle elezioni, e nel 1975 ottiene un ulteriore successo nelle elezioni amministrative. In particolare, con un grande aumento nelle regioni del Nord, il PCI salì dal 27,9% al 33,4% e la DC scese al 35,3%: con soli due punti di differenza, tuttavia, il PCI non avanzò richieste di governo poiché la situazione internazionale e la distensione erano ancora a rischio. <68
Berlinguer e il suo partito cercano quindi di incrementare le relazioni positive con gli altri partiti democratici nazionali ed europei, in particolare con le socialdemocrazie. Ormai, la questione comunista in Europa coincideva con il comunismo in Italia, al quale il mondo guardava con attenzione crescente. È chiaro che una responsabilità di governo in capo a un Partito comunista in un Paese NATO avrebbe significato un enorme cambiamento sul piano distensivo, e le due superpotenze avrebbero dovuto prendere in considerazione una modifica della strategia dei due blocchi contrapposti, che avrebbe anche potuto significare una dissoluzione degli stessi. <69 Stando al parere dei comunisti italiani, e in particolare del più stretto collaboratore di Berlinguer Antonio Tatò, un’apertura governativa al PCI avrebbe potuto guidare i Paesi del “socialismo reale” verso una spinta riformista e una maggiore accettazione dei valori di libertà. In realtà, anche all’interno del Partito comunista italiano si delineavano due diverse tendenze: da una parte, i realisti concepivano gli orientamenti nazionali internazionali come svincolati da principi diversi da quello dell’interesse di partito; la tendenza che invece difendeva l’identità poneva maggiore enfasi sulla missione egemonica del comunismo che puntava al rinnovamento della politica. <70 Berlinguer, tra queste due, teneva una posizione “centrista”, senza lasciare indietro l’identità del partito ma rivolta al realismo politico, infatti il percorso che stava tracciando con la collaborazione nel governo lasciava intravedere una maggiore garanzia dei rapporti con l’alleanza occidentale.
Una prima possibilità di cambiamento nella politica italiana si apre quando, nel 1976, viene eletto il democratico Jimmy Carter alla Presidenza degli Stati Uniti. In realtà, a livello nazionale il cambiamento era già in corso con il governo Moro-La Malfa che, sostenuto da DC, PRI, PSI e PSDI, collaborava volentieri con il PCI perseguendo insieme la strada delle riforme, mentre l’incapacità della destra di allontanarsi dalla tradizione fascista la escluse a priori dalle responsabilità di governo. Tra questi, il partito che più di tutti faticava ad accettare il coinvolgimento dei comunisti era il PSI di De Martino, che aprì il 1976 dando le proprie dimissioni e creando, quindi, una crisi di governo. De Martino aveva difficoltà nel fare parte di un governo che dialogava più volentieri con il PCI piuttosto che con il PSI, e con il quale erano state introdotte importanti novità come il voto ai diciottenni e la riforma carceraria, su spinta proprio del PCI. Il PSI stava perdendo il ruolo di “cerniera” che lo aveva caratterizzato nel mantenere un dialogo tra la sinistra extra governativa e i partiti di governo. <71
Il ’76 si rivela essere un anno cruciale per il PCI, che proseguì sulla strada dell’istituzionalizzazione con l’assegnazione della Presidenza della Camera dei deputati al comunista Pietro Ingrao. Oltre a ruoli istituzionali, alle elezioni politiche del 1976 il PCI raggiunse il 34,4% dei voti, percentuale che segnerà il suo massimo storico. Il successo elettorale coincise con la crescita del credito assicurato da una buona parte della classe politica italiana: Berlinguer aveva, in certo senso, “occidentalizzato” il partito e creato una base di fiducia con gli altri partiti democratici della Repubblica. <72 Sull’organo di stampa comunista “L’Unità”, il giorno 30 luglio 1976, la prima pagina è dedicata alla nuova formazione del monocolore di Giulio Andreotti. Secondo il giornalista Claudio Petruccioli la DC stava prendendo atto della fine del suo “monopolio” in seguito ai risultati elettorali del giugno precedente. La DC aveva riconosciuto che: «Non esiste allo stato nel Parlamento italiano una maggioranza politica su cui fondare un governo con preminente responsabilità democristiana.» Grazie a questo riconoscimento, la DC non propone una maggioranza precostituita ma il programma e la struttura di un monocolore. Lo sviluppo positivo a cui l’articolo dava atto era la fine della discriminazione del Partito comunista, che ora invece presiedeva la Camera dei deputati e diverse commissioni permanenti. Anche gli altri partiti dell’arco costituzionale avevano rifiutato una maggioranza con la DC, e prendevano così parte alla formula delle astensioni. <73
Convocati quindi i sei partiti dell’arco costituzionale, La Malfa e Berlinguer discutono e trovano accordo sulla partecipazione comunista, che trova un prevedibile ostacolo nell’amministrazione americana di Ford <74 e in quella tedesca del cancelliere Schimdt. Così, matura la decisione del PCI di tenersi in disparte e nel mese di agosto del ‘76 viene formato un governo Andreotti, al quale il PCI prende parte con la particolare formula dell’astensione: con la garanzia di un coinvolgimento nelle decisioni, il PCI rimane nuovamente fuori dal governo dando inizio alla stagione della “solidarietà nazionale”. <75 Con la formula dell’astensione il PCI in un certo senso delude le aspettative del suo elettorato, proprio nel momento in cui questo gli aveva dato maggiore fiducia: prende piede in questo periodo un movimento di “dissenso” che aveva una matrice molto diversa da quella del ’68 e che protestava invece contro il PCI e lo stesso Berlinguer, e che ottenne come conseguenze l’avvicinamento di molti giovani a posizioni più estreme, come quelle delle Brigate Rosse, perché non si identificavano più nelle speranze riformiste del PCI, che venivano continuamente rimandate.76 La formula della solidarietà aprì una contraddizione interna al PCI, che si posizionò come partito in difesa dello Stato nell’emergenza terrorismo e che si affermò quindi come una parte della democrazia repubblicana, dando vita a una contraddizione identitaria. <77
[NOTE]68 Barbagallo F., 2006, Enrico Berlinguer, Roma, Carrocci, p.231
69 Pons S., 2006, Berlinguer e la fine del comunismo, Torino, Einaudi, pp.79-80
70 Pons S., 2006, Berlinguer e la fine del comunismo, Torino, Einaudi, p.83
71 Barbagallo F., 2006, Enrico Berlinguer, Roma, Carrocci, pp.249-250
72 Guerra A., 2009, La solitudine di Berlinguer. Governo, etica, politica. Dal “no” a Mosca alla “questione morale”, Roma, Ediesse, p.184
73 Petruccioli C., 30 luglio 1976, Fine di un monopolio, in «L’Unità», n.206
74 L’elezione del democratico Jimmy Carter si svolgerà alla fine dell’anno 1976
75 Pons S., 2006, Berlinguer e la fine del comunismo, Torino, Einaudi, p.90
76 Almagisti M., 2016, Una democrazia possibile: politica e territorio nell’Italia contemporanea, Roma, Carrocci, p.162-163
77 Pons S., 2006, Berlinguer e la fine del comunismo, Torino, Einaudi, p.157
Serena Nardo, Il ruolo del Partito comunista italiano nella Guerra Fredda: lotta per l’autonomia dalle superpotenze, Tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, Anno Accademico 2021-2022
#1976 #autonomia #crisi #DC #elezioni #EnricoBerlinguer #PCI #politiche #PRI #PSI #SerenaNardo #StatiUniti
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oggi, 31 agosto, a pescara, fondazione la rocca: “conversazioni sulle parole”
Conversazioni sulle parole
Talk con Gianni e Giuseppe Garrera, Matteo Fato, Simone Ciglia.
Ultimo appuntamento del Public Program nell’ambito della mostra Il difficile è dimenticare ciò che si è visto per casa. (Ritratto di Pescara per caso)
domenica 31 agosto – ore 18:30
Fondazione La Rocca
Via Raffaele Paolucci, 71
Ore 18.00 passaggio della paranza in navigazione in collaborazione con Mario Campione: Lungofiume Pescara, di fronte alla fondazione
Ingresso libero, posti limitati
Prenotazione obbligatoria
segreteria@larocca.foundation
Gianni Garrera, filologo e Giuseppe Garrera, storico dell’arte e collezionista, si confrontano in un dialogo sulle parole e sulle molteplici letture possibili dell’opera di Matteo Fato.
Gianni Garrera accompagna il lavoro di Fato dal 2010, partecipando con contributi teorici nella forma di assunti.
🔸Giuseppe Garrera è storico dell’arte e collezionista. È coordinatore scientifico del Master in Economia e Management dell’Arte e dei Beni Culturali della 24ORE Business School di Roma e di Milano, dove insegna “Strategie e modalità del collezionismo”. Per il centenario di Pasolini ha curato insieme a Clara Tosi Pamphili e Cesare Pietroiusti la grande mostra al Palazzo delle Esposizioni di Roma, dal titolo “Tutto è santo. Il corpo poetico”. Recenti sono le uscite di un saggio, Pasolini il femminile, per le edizioni Cambiaunavirgola; e del catalogo Pasolini e Maria Callas.
🔸Gianni Garrera, filologo musicale, traduttore e drammaturgo, è il curatore del Diario del seduttore e del Don Giovanni di Kierkegaard per i ‘Classici del Pensiero’ BUR e, per Morcelliana, della nuova edizione dei Diari di Kierkegaard.
Tra i suoi lavori: Indagini sulla musica dei cani e dei topi; Musicalità dell’Intelligenza
demoniaca; Saggio sulla musica della fine del mondo; Anacoresi animale e circense; Esercizi di spiritualità demoniaca; Il male musicale; Maledizione armonica; Finismundi ars musica; Antigrammatica; Ortografie del nome di Dio; Esplorazione del canto degli angeli; Rivelazione divina e genialità; Sacramenti per animali.
#art #arte #FondazioneLaRocca #GianniGarrera #GiuseppeGarrera #MarioCampione #MatteoFato #PublicProgram #SimoneCiglia #talk
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the aftermath of an israeli airstrike on multiple apartment buildings
general intent? to force civilian residents to leave. (a criminal intent, of course).
official target? izrahell says its aim was to hit Qassam Brigades spokesman Abu Obeida, from Hamas’ armed wing.
so, to hit one person, izrahell did this:
BEWARE: GRAPHIC IMAGES
video.wordpress.com/embed/cqSl…
src: instagram.com/reel/DOAzmdFAZu1…
and, obviously, this is only one example of what izrahell has been doing on a daily basis in the last two (+75) years in Palestine, a land it is the illegal occupier of.
#Gaza #genocide #genocidio #Palestine #Palestina #warcrimes #sionismo #zionism #starvingpeople #starvingcivilians #iof #idf #colonialism #sionisti #izrahell #israelterroriststate #invasion #israelcriminalstate #israelestatocriminale #children #bambini #massacri #deportazione #concentramento #famearmadiguerra #AbuObeida #airstrike
#AbuObeida #AbuObeida #airstrike #bambini #children #colonialism #concentramento #deportazione #famearmadiguerra #Gaza #genocide #genocidio #IDF #invasion #IOF #israelcriminalstate #israelestatocriminale #israelterroriststate #izrahell #massacri #Palestina #Palestine #sionismo #sionisti #starvingcivilians #starvingpeople #warcrimes #zionism
Al Jazeera English on Instagram: "Video shows injured children in the aftermath of strikes on Gaza City as #Israel’s military hit multiple apartment buildings in its campaign to force Palestinians out of the area. . Israel says it was targeting Qassam
28K likes, 2,146 comments - aljazeeraenglish on August 31, 2025: "Video shows injured children in the aftermath of strikes on Gaza City as #Israel’s military hit multiple apartment buildings in its campaign to force Palestinians out of the area. .Instagram
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Inaugurata la mostra Autunno in Inchiostro – 水墨清秋展覽開幕
Inaugurata la Mostra “Autunno in Inchiostro” dell’Associazione di Pittura a Inchiostro di Kinmen
La mattina del 30 agosto 2025 si è tenuta la cerimonia di apertura della Mostra “Autunno in Inchiostro” – organizzata dall’Associazione di Pittura a Inchiostro della Contea di Kinmen presso la Galleria dell’Ufficio Culturale della Contea. La cerimonia ha visto la partecipazione di illustri ospiti, tra cui il direttore dell’Ufficio Culturale Chen Rongchang, il direttore del Centro Culturale Lu Genzhen e il consigliere della contea Cai Qiyong, insieme a numerosi amici del mondo artistico e culturale.
La mostra, che rimarrà aperta fino al 10 settembre, presenta una ricca collezione di opere che incarnano lo spirito dell’autunno attraverso la tradizionale tecnica dell’inchiostro cinese. Durante la cerimonia, gli ospiti hanno espresso grande apprezzamento per gli sforzi dell’Associazione nella promozione delle attività artistiche e nella formazione di talenti locali.
Il direttore Chen Rongchang ha sottolineato l’importanza della pittura a inchiostro come forma d’arte fondamentale della cultura cinese, portatrice di una profonda eredità storica e saggezza filosofica. La mostra non solo permette ai visitatori di ammirare la bellezza delle opere, ma anche di percepire la riflessione degli artisti sulla vita e sulla natura.
Le opere in mostra abbracciano sia lo stile meticoloso (gongbi) che quello spontaneo (xieyi), offrendo una panoramica completa delle tecniche della pittura a inchiostro. Particolare attenzione è stata posta all’uso dello spazio vuoto (liubai), elemento caratteristico che crea respiro nelle composizioni e stimola l’immaginazione degli osservatori.
L’Associazione di Pittura a Inchiostro di Kinmen ha dimostrato negli ultimi anni un’intensa attività creativa, organizzando regolarmente mostre dei membri e scambi culturali con artisti di Taiwan, della Cina continentale e di Hong Kong. Il successo delle recenti mostre, inclusa quella di scambio di febbraio e la personale del maestro Xu Xinfu in aprile, testimonia la solidità e il potenziale dell’arte dell’inchiostro a Kinmen.
L’Associazione invita cordialmente il pubblico a visitare la mostra presso la Galleria dell’Ufficio Culturale, per un dialogo personale con l’arte e per scoprire le proprie risonanze con queste opere che rappresentano non solo una forma artistica, ma anche un’espressione dello spirito e delle emozioni.
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Piccolo requiem per Alessandro
In una città in cui le frange sociali più deboli sono sempre più abbandonate a se stesse e in cui l’arrivo di nuove sostanze molto pericolose altera i vecchi equilibri nel mercato locale delle droghe, cresce l’insicurezza e aumentano i fatti di sangue. C’è bisogno di un grande lavoro di analisi e confronto, a cui cercheremo di contribuire con un approccio che non dimentichi i principi di […]
Leggi il resto: argocatania.it/2025/08/31/picc…
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Se si intende sottovalutare il golpe Borghese
Quando si vuole a tutti i costi sminuire i rischi corsi dalla democrazia italiana con il progetto di golpe di Junio Valerio Borghese ci si arrampica sugli specchi come fa in questa parte della sua tesi Filippo Augusto Albarin, del resto in buona compagnia con Pansa, il quale sembrava proprio anticipare nell’intervista con il Principe Nero, dallo studente ampiamente menzionata, lo spregiudicato e qualunquistico revisionismo storico, che caratterizzò i suoi ultimi anni.
Sul tentativo di colpo di stato di Borghese è sufficiente una elementare considerazione per denunciarne la pericolosità: l’indubbio coinvolgimento di Licio Gelli, che nell’occasione fece quantomeno una prova generale dei suoi ben noti piani eversivi.
Nota del redattore
Il periodo degli “anni di piombo” in Italia è stato caratterizzato da una crescente tensione politica e sociale, con conflitti tra gruppi estremisti di destra e sinistra, oltre a interferenze da parte di servizi segreti e organizzazioni criminali. Questo contesto ha generato una diffusa paura nella popolazione, inclusa quella di poter trovare carri armati per strada al risveglio.
Durante questo periodo, si assistette a un confronto violento tra estremisti di destra, che miravano a instaurare un regime autoritario ispirato a modelli sudamericani come quelli del Cile e dell’Argentina, e forze di sinistra, che lottavano per una trasformazione sociale e politica radicale, inclusa la presa del potere attraverso una rivoluzione operaia.
Le attività di gruppi estremisti, organizzazioni criminali e interferenze dei servizi segreti crearono un clima di instabilità e diffidenza all’interno della società italiana, con la minaccia costante di violenza politica e azioni terroristiche. Questo periodo oscuro della storia italiana è stato caratterizzato da una serie di attacchi, omicidi politici e violenze che hanno avuto un impatto duraturo sul tessuto sociale e politico del paese.
E nella cronaca che seguiva questi eventi abbiamo visto che il modus operandi era sempre lo stesso: compiere un atto e accusare la parte opposta; ed è per questo che è fortemente credibile che anche l’evento in analisi, il presunto tentativo di golpe [Borghese], possa essere frutto di un invenzione, o meglio di una retorica di voluta esagerazione, messa in atto dalle forze di sinistra.
Per dovere di cronaca, ma anche per un’oggettiva convinzione che la storia che abbiamo raccontato fino ad adesso sia influenzata da una retorica fortemente complottista e di parte, presenteremo i punti in favore della teoria che vede questa storia come una grossa montatura.
Un primo esempio di quanto appena detto risiede in un’intervista che il Principe ha rilasciato il 5 dicembre [1970], quindi poco più di 24h prima del presunto golpe, a Gianluca Pansa; se riletta, questa intervista, conoscendo le accuse che sono state successivamente rivolte a Borghese, queste dichiarazioni hanno del paradossale. Vengono trattati temi che, se effettivamente fosse accaduto tutto quello raccontato da lì a poche ore, non avrebbe avuto senso trattare in un’intervista; in particolare, ritengo opportuno riportare uno stralcio dell’intervista, la parte in cui Pansa chiede al Principe la sua visione su un eventuale colpo di Stato:
P: Come vi comportereste di fronte ad un colpo di Stato? Cioè il vostro giudizio su un eventuale colpo di Stato?
B: Se il colpo di Stato dovesse partire da della gente che noi riteniamo nociva alle sorti del paese, il nostro atteggiamento sarebbe del tutto negativo. Se il colpo di Stato partisse da qualche organizzazione politica e noi lo ritenessimo soddisfacente per le finalità che ci proponiamo, potremmo anche considerarlo come un avvenimento positivo.
Poi l’intervento del fedelissimo Carlo Guadagni: “E sarebbe sempre, però, l’attuazione di quel secondo articolo del nostro Statuto che parla del ripristino dei massimi valori della civiltà italica.
B: sì, non ci interessa il colpo di Stato come colpo di Stato: non ci fermiamo di fronte alla drammaticità del fenomeno, che del resto non vedo come potrebbe svolgersi perché la nostra finalità non è quella del colpo di Stato: la nostra finalità è quella della creazione di uno Stato, cioè il nostro deve essere un apporto positivo e non negativo alla nazione.
P: Ma che giudizio da di un colpo di Stato tipo quello greco?
B: In Italia un colpo di Stato come quello greco mi sembra molto difficile.
[…]
P: Ma se oggi, per esempio, un gruppo di militari facesse in Italia un colpo di Stato e mettesse al governo, non per forza un generale, ma un governo “tecnico”?
B: Se questo dovesse essere un fenomeno a breve termine e inteso per il ristabilimento dell’ordine, che oggi manca totalmente in Italia, o per impedire l’avvento dei comunisti al governo, poteremmo giustificarlo. Non lo giustificheremmo in linea politica perché un governo siffatto si presenta fin d’ora con le caratteristiche di un governo conservatore e noi non siamo conservatori, siamo dei progressisti. <54
Sarebbe una mossa sensata pronunciare queste parole a poche ore da un tentativo di colpo di Stato? Bisogna effettuare anche altre considerazioni su questa ipotesi; è di fondamentale importanza il contesto nazionale, che appariva molto deteriorato, almeno agli occhi della parte conservatrice del paese: scioperi, violenza, senso di insicurezza, insoddisfazione con il sistema politico (i governi in quel periodo spesso non duravano più di pochi mesi). Si aveva inoltre l’impressione che le sinistre, guidate dal PCI controllato da Mosca, volessero sovvertire con le loro manifestazioni l’ordine democratico.
L’idea che “qualcuno facesse qualcosa” non era quindi lontana da molti cuori. Quanto allo specifico del Golpe Borghese – che indubbiamente fu pianificato, con vari contatti cercati nei militari e in altri soggetti – vi sono diverse osservazioni sull’efficacia della sua pianificazione, per tacere della “realizzazione”. In particolare: – Numero limitato dei partecipanti; livello dei vertici (Borghese a parte) non particolarmente significativo; esiguità delle forze in campo (200 guardie forestali…); – Localizzazione geografica delle azioni molto limitata (Roma, qualcosa in Centro Italia, quasi niente al Nord, alleanze con la Mafia solo presunte al Sud: non proprio un’organizzazione capillare); – Non possibile realizzare il golpe (voleva essere un “golpe bianco”, ossia guidato dalle istituzioni, o no?) senza il coinvolgimento effettivo di almeno un corpo militare diffuso in tutto lo Stato: di fatto, si legge che “reparti” dell’esercito o dei Carabinieri avrebbero partecipato; di fatto, il referente dei Carabinieri sparì al momento dell’azione, segno evidente che l’Arma non era disponibile; – Colpisce l’improvvisazione del piano, in particolare per il “dopo”: anche ammettendo che i leader di sinistra e sindacali fossero catturati e deportati (li avrebbero trovati tutti? Il PCI sapeva…), cosa sarebbe successo in caso di manifestazioni di piazza? Spari sulla folla? Borghese disse
chiaramente che non voleva spargimenti di sangue… – Come si poteva pensare che PCI, PSI e sindacati, in grado in quegli anni di mobilitare grandi folle, non avrebbero reagito? – L’impressione è che gli USA (che in quegli anni non disdegnavano di rovesciare governi a loro nemici, ma non era il caso dell’Italia, anche aperta a sinistra) giocassero attraverso la CIA ad un gioco di “wait and see”, ma non fossero convinti della fattibilità del piano, e avessero comunque informato il Governo italiano; – Andreotti, il cui nome incontrava comunque l’ostilità di Israele, e quindi all’atto pratico probabilmente anche degli USA, probabilmente sapeva, e ha “dato corda” ai congiurati, per vedere
fin dove sarebbero arrivati. Non appare credibile l’ipotesi del rapimento del Capo dello Stato, a meno che i corazzieri non fossero parte del piano; – Non va poi dimenticato che fu proprio Andreotti (insieme a Moro) il fautore dell’apertura a sinistra, con il coinvolgimento sempre maggiore del PCI nei governi locali (per un coinvolgimento diretto dei comunisti a livello di appoggio al Governo, bisognerà aspettare ancora qualche anno); senza dimenticare la posizione assolutamente apicale ricoperta da Andreotti stessi in quegli anni nella politica Italia, quindi perché avrebbe dovuto cambiare una situazione in una difficilmente più vantaggiosa? – Appaiono poi totalmente trascurati gli aspetti economico-finanziari del Golpe: chi avrebbe remunerato i partecipanti? Soprattutto, se fossero emerse rivolte successive, con una evidente divisione e lotta tra diversi poteri dello Stato, con quali mezzi sarebbe stata finanziata la continuazione dell’esperienza golpista? Non si sa. Anche questo aspetto fa parte della pianificazione un po’ improvvisata, basata più sui “contatti” con i potenziali partecipanti che sugli aspetti pratici; – Da ultimo, non si può dimenticare che la Corte di Cassazione stabilì nel 1986 che un vero e proprio golpe non fu in effetti realizzato.
Insomma, per concludere, ci sono diversi punti interrogativi su questa vicenda, a cui difficilmente riusciremo a rispondere in questa sede; quella che ripetiamo essere solo la nostra opinione è semplice: qualcosa c’è stato, ma non nei termini quasi fantascientifici di molti degli autori che hanno trattato il tema.
[NOTA]54 G. Pansa, op. cit., pp. 114-115
Filippo Augusto Albarin, Il Golpe Borghese, Tesi di laurea, Università Luiss “Guido Carli”, Anno Accademico 2023-2024
Il tentativo di golpe, conosciuto successivamente come golpe Borghese, dal nome del principe Junio Valerio Borghese <54, è l’esempio forse più lampante di quella collusione tra poteri istituzionali, para-istituzionali ed illegali che formavano il doppio Stato. Nella notte tra il 7 e l’8 dicembre 1970, notte dell’Immacolata, avvenne il più volte rimandato <55 tentativo di colpo di stato. Durante la notte ci furono movimenti sospetti di reparti militari attorno alla capitale e alcuni neofascisti, guidati dal leader di AN Stefano Delle Chiaie, entrarono al ministero degli Interni per prelevare più di duecento mitragliette mentre uomini di Cosa Nostra e della ‘Ndrangheta attendevano un ordine per intervenire nelle rispettive regioni. Vennero inoltre interrotte le comunicazioni in alcuni centralini di diversi ministeri. In questo quadro Licio Gelli, Gran Maestro della Loggia massonica P2, era incaricato di arrestare il Presidente della Repubblica Saragat ma al golpe venne dato l’alt all’ultimo momento dal generale Borghese per ignote ragioni mai chiarite.
Anche in questo caso la lunga ombra atlantica della P2 ci mette lo zampino con Licio Gelli che riuscì ancora una volta a intrecciare e a far convergere gli interessi di più “istituzioni” (mafiosa/’ndranghetista – politica – militare) nel “gioco grande”, come usava chiamare la collusione tra gruppi criminali e istituzioni il giudice Giovanni Falcone.
[NOTE]54 Junio Valerio Borghese, ex-comandante della X Flottiglia MAS e sottocapo di stato Maggiore della Marina Nazionale Repubblicana della RSI. Fonda nel 1968, un anno prima di uscire dal MSI, il Fronte Popolare; movimento politico di estrema destra che avrà contatti strettissimi con Avanguardia Nazionale e un ruolo di primo piano nei fatti di Reggio Calabria del ’70.
55 Camillo Arcuri, 2004, Colpo di Stato, Milano: BUR FuturoPassato
Giulia Fiordelli, Dalla Konterguerilla ad Ergenekon. Evoluzioni del Derin Devlet, tra mito e realtà nella Turchia contemporanea: analogia con la stay-behind italiana, Tesi di laurea, Università Ca’ Foscari – Venezia, Anno Accademico 2012-2013
Inoltre, anche dal punto di vista terroristico, c’è da rilevare che, nel marzo 1971, se c’era una minaccia in tal senso, essa proveniva da destra: poco più di un anno prima la strage di Piazza Fontana aveva inaugurato la stagione delle bombe, nel luglio 1970 c’era stata la rivolta di Reggio Calabria e l’attentato alla “Freccia del Sud”, solo due mesi prima era scoppiato il caso dei campeggi paramilitari fascisti <32, senza contare che l’8 dicembre precedente era scattata l’operazione Tora-Tora ❤❤.
[NOTE]32 Aldo Giannuli, op. cit., p. 18.
33 Il tentativo di Borghese fu reso noto dal ministro degli Interni Restivo il 18 marzo 1971 (tredici giorni dopo la riunione dei piduisti), ma, come si vedrà meglio in seguito, è assai probabile che Gelli fosse già al corrente di tutto. Si aggiunga, a quanto detto nel testo, che otto soli giorni dopo la famosa riunione, a Milano si tenne una manifestazione della “Maggioranza silenziosa” e a Roma, il giorno successivo, se ne tenne una degli “Amici delle FF.AA.”: entrambe le organizzazioni, nei piani di un altro piduista, il conte Edgardo Sogno, avrebbero dovuto essere collaterali ai suoi Comitati di Resistenza Democratica (Allegato all’appunto SID, 25 marzo 1974, in Commissione P2, Allegati, serie II, vol. III, t. XI, p. 466).
Alberto Gemelli, La loggia P2 e il sistema politico italiano, Tesi di laurea, Università degli Studi di Torino, Anno Accademico 1994-1995
Per capire come anche gli americani sapessero tutto da tempo e probabilmente seguivano con attenzione lo svilupparsi della vicenda per poi confermare un possibile appoggio al golpe [Borghese], è importante ricordare le parole di Tommaso Buscetta di fronte ai giudici Falcone e Borsellino. Il pentito dichiarerà infatti che una volta tornato negli States dopo il meeting in Sicilia viene arrestato dall’FBI, e a sorpresa la prima domanda che gli viene posta è: “Allora lo fate questo golpe?” e alla sua prudente risposta, “Quale golpe?”, specificano “Quello con Borghese!”.
Il fallimento del golpe venne così spiegato sempre da Buscetta, il quale aggiunge che “In quei giorni c’era la flotta russa nel Mediterraneo, e agli americani non piaceva questa coincidenza…”.
Giulia Fiordelli, Op. cit.
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Non è Borghese a dirigere il tentativo di colpo di stato | Storia minuta
Nella ricostruzione di Fulvio Mazza, che pare essere forse un po' troppo di parte, a mezzanotte e mezza un gruppo di mafiosi siciliani e di elementi distoriaminuta (Storia minuta)
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Mucche matte
Mi ero recato per qualche giorno, per rinfrancare lo spirito, nelle montagne del Südtirol. Il mio amico Peter, abilissimo scultore e intagliatore del legno, mi aveva trovato un alloggio vicino alla sua casetta-laboratorio. Mentre Peter lavorava ai suoi straordinari manufatti, facevo lunghe passeggiate per i sentieri e per i boschi. Giunsi persino in un luogo di una bellezza eccezionale, a quasi duemila metri di altezza, dove si trovavano alcuni “uomini di pietra”, dei blocchi di massi posti uno sopra l’altro dall’aspetto di umanoidi che, secondo una leggenda, in alcune particolari notti dell’anno, si animerebbero vagando per le montagne. Peter mi aveva anche fatto conoscere un anziano artigiano, intagliatore di legno e di metallo, l’ultimo costruttore nella vallata di una particolare pipa, tipica del luogo. Restai estasiato dalla bellezza dell’oggetto, una delle ultime testimonianze di un’arte che stava sparendo, inghiottita dalla produzione industriale e seriale.
Un paio di giorni dopo il mio arrivo, Peter mi disse che in un pascolo di alta quota, vicino al sito degli “uomini di pietra”, le mucche si erano messe di traverso sul sentiero e non volevano più far passare nessuno. Addirittura, inseguivano gli escursionisti che cercavano di passare e i buoi minacciavano di prenderli a cornate. Mi recai anch’io fin lassù e verificai di persona: veramente, non c’era proprio verso di passare, le mucche sembravano impazzite, muggivano in continuazione e inseguivano i camminatori. Non si poteva fare altro che ridiscendere a valle: era come se quegli animali avessero avuto improvvisamente coscienza che quel territorio era il loro e l’uomo veniva sentito come un elemento estraneo, un inquinatore e un devastatore. Beh, non avevano proprio tutti i torti: mentre camminavo alla volta degli “uomini di pietra”, in alta montagna, avevo visto diverse cartacce sul sentiero, fazzoletti, perfino cicche di sigarette. Me ne tornai giù, in paese e mi recai in un bar tavola calda. Il menù era pieno di errori di italiano: “prezzelmolo”, “cotoleta alla millanese” (così era inopinatamente tradotta la parola “Wienerschnitzel, come se si trattasse della stessa cosa) e via di seguito. Possibile che siano sviste? D’altra parte sono così precisi in Südtirol! Forse era un rifiuto della lingua italiana tout court….
Insomma, arrivò Peter e mi fece improvvisamente uscire dai miei futili pensieri: mi disse infatti che le mucche erano vittime di un virus che proveniva dalla pianura, un’aria malsana che le rendeva matte e folli e che giungeva dagli allevamenti intensivi e dai campi coltivati con diserbanti chimici. Se in montagna, infatti, le mucche e gli altri animali erano liberi, bastava scendere giù per trovare pollai e allevamenti in cui galline, maiali e mucche erano ammassati in modo crudele e selvaggio. Tutti quei poveri animali andavano a far incentivare il consumo di carne anche qui in alta montagna, quelle “cotolete alla millanese” che avevo visto sui menu. Soffrivano ed erano folli quelle povere mucche, soffrivano sentendo la sofferenza delle altre loro simili destinate al macello.
“Caro Peter” – dissi – penso che allora sarà un problema irrisolvibile perché non si possono eliminare da un giorno all’altro gli allevamenti intensivi e le coltivazioni tossiche, tanto più che laggiù in pianura stanno ancora distruggendo boschi e prati selvatici per costruire nuovi siti di allevamenti e nuovi resort: ho visto le ruspe lavorare incessantemente mentre venivo su da te. “Sta’ tranqvillo, caro Guy” – rispose Peter – “in poko tempo i nostri feterinari skoprirano faccino per mukke! Il virus di Mukka Matta sarà skonfito!” Cavolo! Avevano già dato il nome a questo fantomatico virus, “Mucca Matta” (sulla falsariga, forse, della famigerata “Mucca Pazza”) e stavano già preparando un vaccino! Però, nei giorni successivi, la situazione non era migliorata e i veterinari brancolavano nel buio. Il problema, però, a mio avviso, andava risolto a monte o, meglio, a valle: eliminare gli allevamenti tossici e la distruzione dell’ecosistema che stava andando avanti incessantemente. Anche se le mucche staranno meglio, in poco tempo la situazione potrebbe peggiorare di nuovo e saremo punto e daccapo.
Però, come si suol dire, le leggende hanno un fondo di verità e così, per questa volta, la situazione venne salvata proprio dalla leggenda. Certo, quella degli umanoidi di pietra, vi ricordate? Si diceva che in alcune notti dell’anno essi prendessero vita e se ne andassero in giro per le montagne. Beh, quella doveva essere la volta buona, quando le esalazioni dello sviluppo selvaggio che si consumava in pianura giunsero fino alle mucche e ai pascoli di montagna. Quell’aria marcia di pianura stava facendo marcire anche l’aria pulita delle alte vette. E giunse anche agli “uomini di pietra”. Che si incazzarono alla grande. Una notte si mossero quindi dal loro sito e si diressero verso gli allevamenti intensivi e verso i cantieri di pianura. Con le loro mani e braccia di pietra colpirono le ruspe e le distrussero; abbatterono i recinti dei pollai e degli allevamenti e portarono con sé, in alta montagna, tutti quei poveri animali che vi erano rinchiusi. Come i magici “benandanti” friulani raccontati da Carlo Ginzburg, una specie di stregoni che secondo le dicerie popolari lottavano con il demonio, così gli “uomini di pietra” südtirolesi lottarono contro il demoniaco capitalismo delle nocività e delle deforestazioni. Per ogni albero abbattuto, per ogni animale ammassato, un colpo di pietra.
Ci sono alcuni malgari che raccontano di averla vista, quella processione notturna: gli “uomini di pietra” davanti e tutti gli animali dietro. Che si dispersero per i monti e trovarono una vita migliore. Per quella volta non ci fu bisogno né di veterinari né di vaccini. Però le devastazioni dell’ecosistema sono sempre in agguato e i signori delle ruspe e delle nocività ci avrebbero messo poco per riprendersi. Coraggio, umanoidi di pietra, ci sarà ancora bisogno di voi e della vostra leggenda.
gvs
(nel testo vi è un riferimento a C. Ginzburg, I benandanti. Stregoneria e culti agrari tra Cinquecento e Seicento, Einaudi, Torino, 1966).
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Craig Jones Invitational 2 — Risultati della prima serata (30 agosto 2025)
Craig Jones Invitational?2 è un evento di grappling organizzato da Craig Jones il 30 agosto?2025 presso il Thomas & Mack Center di Las Vegas, Nevada, Stati Uniti. Si tratta della seconda edizione del torneo, adotta un formato a squadre ispirato a Quintet, con otto team composti ciascuno da cinque lottatori di pesi differenti in gara per un montepremi complessivo di 1?milione di dollari. In contemporanea, si tiene un torneo femminile openweight con montepremi di 100?000?$.
Il video della prima giornata
Ho scoperto che la live sarà in chiaro e poi ci sarà un paywall (abbonamento a FloGrappling)
youtube.com/watch?v=62hdEjhpgF…
Main Card (primo turno torneo a squadre)
New Wave vs Team Americas
- Pat Downey vs. Luke Griffith — pareggio
- Elijah Dorsey vs. Vagner Rocha — pareggio
- Giancarlo Bodoni finalizza Gavin Corbe (rear-naked choke)
- Taylor Pearman finalizza Giancarlo Bodoni (heel hook)
- Taylor Pearman vs. Dorian Olivarez — pareggio
- Deandre Corbe vs. Mica Galvao — pareggio
New Wave vince su Team Americas per decisione unanime (40–36, 39–37, 39–36)
Bodono fa un “brazilian tap” sulla gamba di Taylor Pearman. Dopo un attimo di controversia l’incontro viene comunque interrotto e la vittoria assegnata. A fine match si becca anche una barcata di fischi.
Notevole anche il match di Deandre Corbe vs Mica Galvao
Atos vs Team Europe
- Pawel Jaworski vs. Lucas Barbosa — pareggio
- Charles Negromonte vs. Ronaldo Junior — pareggio
- Owen Jones vs. Kaynan Duarte — pareggio
- Marcin Maciulewicz vs. Felipe Pena — pareggio
- Paul Ardila vs. Diego Pato — pareggio
Atos vince su Team Europe per decisione unanime (49–46, 49–46, 49–46)
10th Planet vs Team Australasia
- Lucas Kanard vs. PJ Barch — pareggio
- Declan Moody vs. Ryan Aitken — pareggio
- Fabricio Andrey vs. Alan Sanchez — pareggio
- Belal Etiabari finalizza Geo Martinez (ankle lock)
- Kyle Boehm finalizza Belal Etiabari (heel hook)
- Kyle Boehm vs. Kenta Iwamoto — pareggio
Team Australasia vince su 10th Planet per decisione unanime (40–36, 40–36, 40–36)
Un altro caso di Brazilian Tap, Geo Martinez batte leggermente sul ginocchio di Belal.
B-Team vs Daisy Fresh
- Max Hanson (Daisy Fresh) vs. Jozef Chen (B-Team) – pareggio
- Nick Rodriguez (B-Team) finalizza Brandon Reed (Daisy Fresh) – submission (rear-naked choke)
- Nick Rodriguez (B-Team) vs. Michael Pixley (Daisy Fresh) – pareggio
- Jacob Couch (Daisy Fresh) vs. Chris Wojcik (B-Team) – Pareggio
- Victor Hugo (B-Team) vs. Dante Leon (Daisy Fresh) – draw
B-Team vince su Daisy Fresh
Torneo femminile — Semifinali
- Helena Crevar vince su Adele Fornarino via unanimous decision (30-27, 29-28, 29-28)
- Sarah Galvao vince su Ana Carolina Vieira per decisione unanima (29-28, 29-27, 29-27)
Contesto aggiuntivo
- La finale del torneo a squadre, le finali del torneo femminile e il superfight tra Craig Jones e Chael Sonnen sono programmati per il giorno successivo, 31 agosto?2025
- Il superfight originario contro Gable Steveson è stato annullato a causa di un infortunio al piede (turf toe) di Steveson, sostituito all’ultimo minuto da Chael Sonnen
Riepilogo rapido
Divisione | Risultati principali |
---|---|
Torneo a squadre | New Wave, Atos, Australasia avanzano; risultato B?Team vs Daisy Fresh ignoto |
Torneo femminile | Semifinali disputate; vincitrici non ancora note |
Superfight | Craig Jones vs Chael Sonnen confermato per il 31 agosto |
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[r] _ un articolo del 2022 su “the reappearing pheasant”, il convegno/reading svoltosi a novembre a new york
articolo di Luciana Capretti:
lavocedinewyork.com/arts/2022/…
in video: Francesco Muzzioli; al tavolo, da sinistra a destra: Fabrizio Bondi, Marco Giovenale, Daniele Poletti; foto di Terry W. Sanders
_
#CasaItalianaZerilliMarimò #CasaZerilliMarimò #CharlesBernstein #convegno #incontro #IstitutoItalianoDiCultura #LaVoceDiNewYork #LucianaCapretti #LuigiBallerini #NewYork #NewYorkUniversity #NYU #poesiaAmericanaContemporanea #poesiaItalianaContemporanea #StefanoAlbertini #TheReappearingPheasant #traduzione #traduzioni
“The Reappearing Pheasant”: poesia italiana e americana contemporanea a New York
Tre giorni di parole, fili immaginari fra passato e presente, fra poeti, critici, accademici di qua e di là dell’Atlantico.Luciana Capretti (La Voce di New York)
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su autoproduzione e autogestione nei centri sociali negli anni ottanta e novanta (1995)
“Su ahida online, la rielaborazione di un testo scritto a seguito di un convegno sul tema dell’autogestione e dell’autoproduzione organizzato presso il Forte Prenestino all’inizio del 1995. Nonostante i trent’anni trascorsi credo che i suoi contenuti abbiano ancora una qualche attualità.
In contemporanea alla diffusione di quel testo la rivista ‘DeriveApprodi’ realizzò un numero speciale dedicato ai Centri sociali in quel periodo in rilevante espansione. Il suo coordinamento editoriale vedeva la presenza oltre che di Sergio Bianchi e Mauro Trotta anche quella di Marco Philopat. Per l’occasione la grafica della rivista Andrea Wöhr realizzò un progetto speciale che non venne ripreso nei numeri successivi. La tiratura in mille copie andò presto esaurita e quel numero non fu più ristampato.
Si tratta quindi, a suo modo, di una piccola rarità ora scaricabile e consultabile nel PDF a piede di pagina” (Sergio Bianchi)
ahidaonline.com/post/archivisu…
#ahida #ahidaonline #centriSociali #cs #cso #csoa #DeriveApprodi #FortePrenestino #MarcoPhilopat #MauroTrotta #pdf #rivistaAndreaWöhr #SergioBianchi
archivi
Su autoproduzione e autogestione nei Centri sociali negli anni Ottanta e Novanta (1995)Sergio Bianchi (Ahida.online)
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dal 5 settembre @ paradiso (svizzera): pasolini+callas / a cura di silvia de laude e giuseppe garrera
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PIER PAOLO PASOLINI E MARIA CALLAS. CRONACA DI UN AMORE
in collaboration with @spazioferrobedo
An exhibition on rare documents, original photographs, magazines, and manuscripts retracing the unique and controversial bond between two extraordinary figures – suspended between myth, gossip and history.
Opening: 5 September, 6:00 pm
Artphilein Library, via San Salvatore 2 CH-6900 Paradiso
On view until October 3rd 2025
The exhibition accompanies the publication of the book “Pier Paolo Pasolini e Maria Callas. Cronaca di un amore”, edited by @silviadelaude and Giuseppe Garrera.
Part of Swiss Photomonth @swissphotomonth
#ArtphileinLibrary #CollezioneGarrera #CollezioneGiuseppeGarrera #documenti #documentiRari #Ferrobedò #foto #fotoOriginali #fotografie #GiuseppeGarrera #magazines #mostra #originalPhotographs #PasoliniECallas #PierPaoloPasolini #rareDocuments #SilviaDeLauda #SwissPhotomonth
Artphilein Foundation on Instagram: "PIER PAOLO PASOLINI E MARIA CALLAS. CRONACA DI UN AMORE in collaboration with @spazioferrobedo An exhibition on rare documents, original photographs, magazines, and manuscripts retracing the unique and controversial
47 likes, 1 comments - artphilein__foundation on August 26, 2025: "PIER PAOLO PASOLINI E MARIA CALLAS.Instagram
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31 agosto, pescara, fondazione la rocca: “conversazioni sulle parole”
Conversazioni sulle parole
Talk con Gianni e Giuseppe Garrera, Matteo Fato, Simone Ciglia.
Ultimo appuntamento del Public Program nell’ambito della mostra Il difficile è dimenticare ciò che si è visto per casa. (Ritratto di Pescara per caso)
domenica 31 agosto – ore 18:30
Fondazione La Rocca
Via Raffaele Paolucci, 71
Ore 18.00 passaggio della paranza in navigazione in collaborazione con Mario Campione: Lungofiume Pescara, di fronte alla fondazione
Ingresso libero, posti limitati
Prenotazione obbligatoria
segreteria@larocca.foundation
Gianni Garrera, filologo e Giuseppe Garrera, storico dell’arte e collezionista, si confrontano in un dialogo sulle parole e sulle molteplici letture possibili dell’opera di Matteo Fato.
Gianni Garrera accompagna il lavoro di Fato dal 2010, partecipando con contributi teorici nella forma di assunti.
🔸Giuseppe Garrera è storico dell’arte e collezionista. È coordinatore scientifico del Master in Economia e Management dell’Arte e dei Beni Culturali della 24ORE Business School di Roma e di Milano, dove insegna “Strategie e modalità del collezionismo”. Per il centenario di Pasolini ha curato insieme a Clara Tosi Pamphili e Cesare Pietroiusti la grande mostra al Palazzo delle Esposizioni di Roma, dal titolo “Tutto è santo. Il corpo poetico”. Recenti sono le uscite di un saggio, Pasolini il femminile, per le edizioni Cambiaunavirgola; e del catalogo Pasolini e Maria Callas.
🔸Gianni Garrera, filologo musicale, traduttore e drammaturgo, è il curatore del Diario del seduttore e del Don Giovanni di Kierkegaard per i ‘Classici del Pensiero’ BUR e, per Morcelliana, della nuova edizione dei Diari di Kierkegaard.
Tra i suoi lavori: Indagini sulla musica dei cani e dei topi; Musicalità dell’Intelligenza
demoniaca; Saggio sulla musica della fine del mondo; Anacoresi animale e circense; Esercizi di spiritualità demoniaca; Il male musicale; Maledizione armonica; Finismundi ars musica; Antigrammatica; Ortografie del nome di Dio; Esplorazione del canto degli angeli; Rivelazione divina e genialità; Sacramenti per animali.
#art #arte #FondazioneLaRocca #GianniGarrera #GiuseppeGarrera #MarioCampione #MatteoFato #PublicProgram #SimoneCiglia #talk
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Kinmen Island Life Festival – 金門島嶼生活節 2025
Nel 2025 Kinmen ospiterà un nuovo e straordinario evento culturale: il “Kinmen Island Life Festival” 金門島嶼生活節.
Il governo della contea ha tenuto lo scorso 29 agosto 2025 una conferenza stampa presieduta dal segretario generale Zhang Ruixin. Durante il suo discorso, Zhang ha sottolineato che si tratta del primo grande festival artistico interdisciplinare mai organizzato a Kinmen. L’evento si svolgerà da ottobre di quest’anno fino a febbraio del prossimo, coinvolgendo i cinque distretti della contea. Sarà un’esplosione di musica, arte, gastronomia, mercatini e cultura locale, trasformando Kinmen in un’“isola che respira” e offrendo ai visitatori un’esperienza profonda e inedita.
Il direttore dell’Ufficio del Turismo, Xu Jixin, ha dichiarato che il magistrato Chen Fuhai ha da tempo a cuore lo sviluppo culturale, musicale e ricreativo della regione, e ha incaricato il team di pianificare il festival con i principi di “interdisciplinarità, innovazione e radicamento locale”. L’obiettivo è mostrare la ricchezza culturale e il fascino contemporaneo di Kinmen, attirando non solo l’attenzione di Taiwan, ma anche dei turisti internazionali, promuovendo il turismo e l’economia locale.
Il festival prevede tre tipi di eventi principali:
- 10 concerti
- 10 mercatini
- 10 cosiddette “esperienze inebrianti”
Per la musica, si esibiranno gruppi di idol e cantanti famosi da Taiwan e Corea, insieme ad artisti locali, creando un palcoscenico di scambio internazionale. I mercatini offriranno piatti creativi a base di sorgo, cocktail artigianali e prodotti artistici locali, creando un’atmosfera unica e rilassata. Le installazioni artistiche immersive saranno realizzate da artisti internazionali e locali. Tra le opere più attese c’è “Dream Cloud” dell’artista giapponese Yosuke Yamauchi, ispirata alla lontra eurasiatica e all’upupa euroasiatica: di giorno sarà uno spazio per rilassarsi guardando il cielo, di notte si trasformerà in una nuvola luminosa che si fonde con le stelle, regalando una sensazione “inebriante anche senza bere il famoso liquore locale Gaoliang / Kaoliang”.
L’evento inaugurale si terrà il 5 ottobre presso il lago 莒光湖 – Juguang a Jincheng, con una performance spettacolare che vedrà la partecipazione di star internazionali:
- Il gruppo idol coreano 13Found
- Il gruppo giovanile taiwanese Ozone
- Il “principe delle ballate” Bii
- L’attore e cantante premiato ai Golden Horse Awards Xin Gan
- La nuova promessa dei Golden Melody Awards Chen Yongxi
- La cantante Chen Peiyin
- Il cantautore Huang Shaogu
- Inoltre sarà presente un gruppo di amatissime cheerleader, che apriranno lo spettacolo con energia e fascino!
Le cheerleader, come sa chi vive a Taiwan, Giappone, Corea, sono parte integrante delle manifestazioni sportive di altro livello, a partire da baseball e pallacanestro, e sono state dunque invitate a partecipare per come collegamento alla cultura sportiva locale. Inoltre, la presenza di gruppi idol coreani rafforza lo scambio culturale tra le due sponde dello Stretto e diventa un punto di attrazione per il turismo internazionale.
Il festival si svolgerà nei cinque distretti di Kinmen, con location che spaziano dal lago Juguang alle piazze cittadine, spiagge e porti. Sarà collegato ad altri eventi annuali come il Capodanno 2026, la Festa delle Lanterne e la Maratona di Kinmen, creando un’atmosfera festiva che intreccia sport, cultura e turismo. L’inizio coincide con le vacanze di metà autunno e la “settimana d’oro” cinese, sfruttando la popolarità delle band coreane per attirare visitatori da tutta l’Asia.
Il governo locale spera che il “Festival della Vita sull’Isola” diventi un marchio turistico stagionale, invitando i viaggiatori a riscoprire Kinmen attraverso musica, arte, gastronomia e uno stile di vita lento. L’evento è organizzato dal governo della contea di Kinmen, con il supporto dell’Ufficio del Turismo e la sponsorizzazione di aziende come Kinmen Kaoliang Liquor Inc. e l’hotel Jinhu. Tutti i turisti, locali e internazionali, sono calorosamente invitati a partecipare e vivere un’indimenticabile stagione autunnale e invernale immersi in musica e arte.
Date e luoghi principali del festival:
- Periodo: Ottobre 2025 – Febbraio 2026
- Distretti coinvolti: Jinsha, Jinhu, Jinning, Jincheng, Lieyu
- Evento inaugurale: 5 ottobre (domenica), ore 17:00–20:00, prato presso il lago Juguang a Jincheng
Programma dettagliato per ciascun distretto:
- Jincheng: 5 ottobre (lago Juguang), 18 ottobre (piazza Zongbing)
- Lieyu: 15 novembre (parco Xishan), 22 novembre (spiaggia Shuangkou)
- Jinning: 6 dicembre (ponte Kinmen, lato lago), 20 dicembre (parco commemorativo della pace)
- Jinsha: 3 e 10 gennaio (cinema Jinsha)
- Jinhu: 7 febbraio (galleria Gaodong), 28 febbraio (parco Xinshi)
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Vario fu l’atteggiamento del movimento partigiano nei confronti dei disertori tedeschi
Il contributo che i disertori [tedeschi] diedero alla lotta di Liberazione è di difficile valutazione dal punto di vista strettamente militare, perché per molti di loro non si hanno sufficienti informazioni, mentre in molti altri casi le informazioni disponibili provengono da un’unica fonte (ovvero partigiana) e furono prodotte spesso in momenti particolari che ci costringono per lo meno ad interrogarci sulla loro attendibilità (vale a dire in previsione cioè del rimpatrio nei paesi d’origine o in vista del lavoro delle commissioni per il riconoscimento delle qualifiche partigiane).
Si deve comunque considerare come molto spesso ad unirsi alle forze ribelli furono soldati che avevano già in passato combattuto su diversi fronti; la loro esperienza poté quindi rappresentare un valido aiuto, per un esercito come quello partigiano che era in buona parte costituito da civili con scarsi precedenti di guerra.
Deve essere valutato anche il contributo offerto da quanti, pur non lasciando le fila del proprio esercito, collaborarono in modi differenti fornendo, ad esempio, armi e materiale o informazioni di carattere militare (spostamenti delle truppe, loro armamento, nominativi circa le persone con ruoli di comando, morale all’interno delle formazioni). Degni di ulteriori ricerche sono anche gli episodi che videro il supporto della popolazione civile e degli enti religiosi a questi soldati in fuga in Italia, sia durante che al termine del conflitto.
Vario fu l’atteggiamento del movimento partigiano nei confronti di quanti si consegnarono alle formazioni ribelli. La diserzione venne sicuramente considerata un fattore importante, sia da parte dei partigiani che degli alleati per lo svolgimento della guerra, come dimostrano i vari appelli lanciati in tal senso tramite volantini o altro materiale. Non mancarono però atteggiamenti di diffidenza, in particolare verso i disertori di origine germanica, motivati dal timore che tra di esse si potessero nascondere spie e infiltrati. Fondamentali per il giudizio dei partigiani erano anche le condizioni nelle quali questi soldati disertavano (ad esempio portando o meno con sé le armi) o venivano fatti prigionieri (opponendo o meno resistenza).
In alcuni casi, soprattutto negli ultimi mesi di guerra, si provvide a far loro “passare il fronte”, consegnandoli cioè agli alleati, sia perché essi stessi non intendevano continuare a combattere a fianco dei partigiani, sia perché il loro numero era aumentato in modo eccessivo e ciò poteva rappresentare un ostacolo a livello organizzativo, trattandosi spesso di persone che avevano disertato principalmente perché avevano riconosciuto come ormai persa la guerra.
Sicuramente le scelte dei disertori della Wehrmacht contribuirono anche al fatto che si iniziasse a valutare il nemico non più come un blocco omogeneo, ma a riconoscerne le specificità e le differenze (provenienza geografica, carriera militare, ruolo nell’esercito). Tali dettagli vennero a volte utilizzati come elemento discriminante nel decidere riguardo la prigionia, l’ingresso nelle formazioni o ancora l’uccisione di quanti venivano catturati, ma vennero anche sfruttati proprio per indebolire il fronte avversario, come nel caso degli specifici appelli alla diserzione lanciati da partigiani e alleati.
Questa differenziazione su base etnica ebbe però anche la conseguenza di relegare ai margini il riconoscimento nei confronti di quei soldati provenienti dalla Germania che decisero di ribellarsi al nazifascismo in Italia e di continuare la guerra all’interno delle formazioni partigiane. Ad essere riconosciuto, al contrario, fu il contributo soprattutto di sovietici e jugoslavi, sia perché rappresentavano una maggioranza all’interno di queste formazioni, sia perché facenti parti di nazioni che uscirono come vincitrici dalla guerra, sia infine per le affinità ideologiche di molti di questi con le bande partigiane di ispirazione comunista. Ricordare il contributo dei soldati provenienti dal blocco sovietico significava (anche) contrapporsi alla forza politica e militare americana, che nei nuovi equilibri creatisi in seguito alla guerra aveva nella Germania federale uno dei suoi primi alleati strategici in Europa. Come già riportato al termine del V capitolo, furono poi gli stessi soldati provenienti da questi paesi ad aver maggior interesse a veder riconosciuto, anche tramite i certificati prodotti nel dopoguerra, il ruolo che essi avevano svolto all’interno delle formazioni partigiane italiane, attestati che avrebbero anche dovuto avere una funzione riabilitativa rispetto alla loro passata militanza nell’esercito nazista.
Anche questo aspetto, come gli altri messi in luce nel VI capitolo, fece sì che molte delle esperienze di lotta dei soldati tedeschi andarono perse nel dopoguerra; circostanza questa che contribuì così al consolidarsi nella storiografia italiana di un’immagine che identificava il nemico nel “cattivo tedesco” <632 e che non contemplava la possibilità che ci potesse essere, anche tra questi soldati, chi si fosse ribellato alla guerra nazista.
Ricostruire la storia di quanti decisero di abbandonare le fila dell’esercito nazista, pur con la molteplicità di motivazioni che fu alla base di tali scelte, ci permette viceversa di porre in discussione questa costruzione e di ribadire il ruolo di internazionalità della lotta al nazifascismo.
Ci aiuta però anche a ricordare come, anche nelle condizioni più difficili, ci furono persone capaci di interrogarsi e riflettere sulla giustezza o meno del proprio comportamento e di quanto veniva loro ordinato di fare, insegnamento questo in grado di superare ogni limite temporale e geografico.
Forse le loro storie ci aiutano anche a rispondere a quanto affermò alcuni anni fa Nuto Revelli, che aveva prima combattuto in Russia ed era poi stato partigiano in Italia, il quale ripensando alla sua esperienza in guerra scrisse: “Non provo alcuna pietà nei confronti dei tedeschi. Ma se è esistito anche un solo tedesco diverso dall’immagine che io mi ero fatto di loro, vorrei proprio conoscerne la storia” <633.
[NOTE]632 Filippo Focardi, Il cattivo tedesco e il bravo italiano, cit. Su questo tema anche Massimo Castoldi (a cura di), 1943-1945: i «bravi» e i «cattivi». Italiani e tedeschi tra memoria, responsabilità e stereotipi, Donzelli Editore, Roma, 2016.
633 Nuto Revelli, Il disperso di Marburg, Einaudi, Torino, 1994, p. 35.
Francesco Corniani, “Sarete accolti con il massimo rispetto”: disertori dell’esercito tedesco in Italia (1943-1945), Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 2016-2017
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In Italia, fino all’ultimo, il numero delle diserzioni di soldati tedeschi rimase contenuto
I documenti ancora disponibili negli archivi hanno permesso un’analisi sistematica [n.d.r.: relativa ai disertori dell’esercito tedesco in Italia] solamente per la 10ª armata tedesca. Anche in questo caso però le informazioni non coprono tutto l’arco di tempo in cui l’armata fu presente in Italia, ed è presumibile che i dati riportati rappresentino per difetto, più che per eccesso la reale consistenza numerica (a causa ad esempio di fattori come la mancanza, il ritardo o ancora la perdita delle segnalazioni).
Si può comunque ritenere che il fenomeno abbia avuto una dimensione limitata, se rapportato al milione di soldati circa dell’esercito tedesco che furono presenti tra il 1943 e il 1945 in Italia <619. Qui i soldati della Wehrmacht si trovavano in un paese straniero, circostanza questa che di per sé poteva rappresentare un deterrente per i disertori, per un’insieme di motivi che andavano dalle difficoltà linguistiche alle conoscenze geografiche insufficienti, alla presenza di formazioni partigiane e alleate.
Appare cosi corretto affermare che gli episodi di diserzione dei soldati non furono in grado di costituire un rilevante pericolo per la tenuta delle forze militari della Germania in Italia; ciò sembra confermare il giudizio espresso da Carlo Gentile, secondo il quale: “Fino al crollo del Terzo Reich le truppe tedesche presenti in Italia non andarono soggette a tendenze disgregative degne di nota, per cui nel marzo del 1945 le autorità della Wehrmacht poterono rinunciare per buone ragioni a instaurare un sistema di repressione interna simile a quello messo in atto nel territorio del Reich per punire i disertori e i disfattisti […] In Italia, fino all’ultimo, il numero delle diserzioni rimase contenuto” <620.
Diversi furono comunque i provvedimenti assunti per contrastare gli episodi di diserzione; esemplificative sono in tal senso le azioni dei reparti di polizia militare e degli altri reparti di disciplina dell’esercito tedesco.
Già nell’autunno del 1943 in un interrogatorio alleato si fece menzione della presenza nella zona di Napoli di un Jägerbattaillon il cui compito principale era il mantenimento dell’ordine tra i soldati tedeschi. Alcuni militari trovati in abiti civili, erano stati uccisi dal battaglione, mentre si riferiva che altri soldati scaricavano nell’aria le loro munizioni, così da poter finger di aver esaurito i proiettili e di aver combattuto fino all’ultimo nel caso di un loro arresto <621.
Come ricorda lo stesso Gentile inoltre nei primi mesi estivi del 1944 venne inviato in Italia un reggimento di Feldjäger, adibito alla repressione della diserzione <622.
Nella primavera del 1945 si procedette a organizzare delle linee di controllo, che dovevano servire per evitare che i soldati si intrattenessero nelle retrovie o commettessero atti di indisciplina <623. Ancora ad inizio aprile il comandante supremo del gruppo d’armate C (Oberbefehlshaber Südwest), in una sua comunicazione dai toni chiaramente propagandistici e destinata a essere diffusa tra i soldati, affermava come coloro i quali erano passati nelle fila dell’esercito angloamericano venivano considerati come “ehrlose Verräter”, traditori senza onore. La circolare riportava infatti quanto avevano riferito alcuni soldati al loro ritorno in Germania, ovvero che non appena avevano terminato di fornire informazioni di carattere militare erano stati trattati non più come normali prigionieri di guerra, ma senza alcun rispetto ed onore, con livelli minimi di assistenza e non adeguati alle norme internazionali sul trattamento dei prigionieri di guerra, proprio perché disertori <624.
Osservando le cifre di quanti tra i fuggitivi vennero ricatturati appare però come tali tentativi furono piuttosto limitati nella loro efficacia. In tal senso va fatta una considerazione anche sull’operato dei tribunali militari tedeschi e sull’efficacia del loro modus operandi. I procedimenti penali che vennero condotti nei confronti dei disertori intendevano non solo punire i colpevoli, ma tramite l’esemplarità rappresentata dalle condanne a morte anche dissuadere il resto dei soldati da questo tipo di comportamenti.
Erano però molti anche coloro i quali, colpevoli di reati minori, proprio per evitare le conseguenze di un eventuale condanna sceglievano di fuggire e abbandonare le formazioni, rendendosi però così a loro volta colpevoli di diserzione, così come emerge anche da alcuni casi presentati nel IV capitolo <625. Dai procedimenti penali dei tribunali emergono gli sforzi che questi attuarono per individuare e giudicare i comportamenti ritenuti contrari alla disciplina militare da parte dei soldati. Nei casi di diserzione alcuni elementi (la falsificazione dei documenti, l’abbandono della divisa e l’utilizzo di abiti civili, il contatto con le formazioni partigiane, l’aiuto ottenuto da persone esterne) venivano valutati dai giudici come dettagli che testimoniavano la volontà degli accusati di allontanarsi in maniera definitiva dalla propria unità. L’assenza, in alcuni casi, di queste aggravanti era invece sottolineata nelle arringhe dei difensori per mettere in risalto al contrario le buone intenzione degli imputati.
Ancora sulla base dei dati presentati nel III capitolo emerge come la maggior parte di coloro i quali si resero colpevoli di diserzione o di essersi allontanati dalle proprie formazioni non fossero nati in Germania ma provenissero invece da “paesi dell’Est”, reclutati spesso forzatamente, da persone appartenenti alla “Deutsche Volksliste III” o ancora da austriaci, jugoslavi, francesi. Ne è una conferma anche il fatto che, nei dati presentati nelle tabelle del terzo capitolo, il maggior numero di diserzioni è attribuibile alla 5ª Gebirgs-Division e alla 44ª Infanterie-Division, composte proprio da soldati di origine austriaca e slovacca, nei confronti dei quali particolarmente attiva era la propaganda partigiana.
Un’ulteriore conferma arriva anche dalla preponderante presenza di questi soldati all’interno delle bande partigiane italiane, rispetto ai loro camerati germanici; si deve però ricordare come questi gruppi etnici rappresentassero una minoranza nel numero complessivo dei soldati della Wehrmacht, che si dimostrarono invece pronti a combattere fino agli ultimi giorni di guerra. A simili risultati, per quanto riguarda i disertori dell’esercito tedesco passati a combattere con le formazioni partigiane nella provincia di Parma è giunto anche Marco Minardi, come abbiamo visto nel paragrafo conclusivo del III capitolo.
Come emerge dagli interrogatori condotti dagli alleati, i timori che i soldati tedeschi nutrivano per la propria sorte e per quella della Germania, che in caso di sconfitta si riteneva potesse andare incontro a distruzione materiale e culturale, rappresentarono un fattore di forza (insieme all’indottrinamento ideologico, alla propaganda e alla repressione interna) <626 dell’esercito nazista, anche quando la disfatta appariva ormai inevitabile.
Le fonti alleate riportavano anche come le classi di soldati più giovani e quelle più anziane apparivano quelle dal morale più basso durante la guerra <627. Sarebbero però necessarie ulteriori ricerche per ricostruire con più precisione i profili biografici di un più ampio numero di disertori, per valutare l’esistenza o meno di una relazione tra la frequenza degli episodi di diserzione e l’impiego che venne fatto in guerra delle divisioni dalle quali essi provenivano. Ciò ci permetterebbe di mettere in relazione le scelte di quanti disertarono con, ad esempio, alcuni dei risultati raggiunti da Carlo Gentile, il quale individuava in alcuni fattori, come la giovane età dei soldati, un elemento chiave negli episodi di violenza di cui si resero responsabili alcune formazioni, rivalutando al contrario l’incidenza dell’“Osterfahrung”. È possibile rintracciare un’incidenza di questi due aspetti anche per quanto riguarda i casi di diserzione? Appaiono comunque corrette le considerazioni espresse da Ziemann, già richiamate nell’introduzione e che emergono dall’analisi di diversi studi, secondo le quali le motivazioni politiche in senso stretto rappresentavano solo in un ridotto numero di casi l’elemento decisivo che spingeva alla diserzione i soldati <628. Ciò appare naturale per quanto emerge dai documenti dei tribunali militari, nei quali gli imputati intendevano dissimulare le loro reali intenzioni, adducendo scuse e presentando delle giustificazioni ai loro comportamenti, per poter in qualche modo rendere meno pesante la loro condanna. Altri elementi apparivano così più decisivi nella scelta della diserzione, come le
preoccupazioni per la propria famiglia, la volontà di avere del tempo libero, le relazioni sentimentali. In alcuni casi emerge anche dai casi presentati in questa tesi come diffusi fossero i casi di quanti intendevano sottrarsi alla giustizia militare, prendendo la decisione di fuggire. I dati riportati nelle tabelle a conclusione del III capitolo non permettono di distinguere tra quanti, dopo aver disertato, si consegnarono agli alleati e quanti invece ai partigiani. È però necessario ricordare come entrare in contatto con gli alleati rappresentasse senza dubbio una circostanza più favorevole rispetto al consegnarsi alle formazioni partigiane e che offriva maggiori garanzie, quali la possibilità di essere trattati come prigionieri, di non dover continuare a combattere e di tornare alle proprie famiglie.
Allo stesso modo Ziemann affermava che non erano conosciute le cifre e i motivi di quanti decisero di consegnarsi agli alleati in Italia <629. Circa le loro scelte emerge però dagli interrogatori alleati e da quelli fatti dai partigiani come, tra le motivazioni che venivano espresse, più frequenti fossero quelle di natura politica, legate all’opposizione al regime nazista. Anche in questo caso è però necessario interrogarsi sulla genuinità di tali confessioni, che non poterono non essere condizionate dalla situazione in cui vennero rilasciate.
Ad influenzare il fenomeno della diserzione furono anche alcune valutazioni di carattere “militare” come il fattore della ritirata continua, spesso in condizione di caos, che favorì così la fuga dei soldati, la perdita di fiducia nella vittoria, la supremazia aerea degli alleati. A rendere possibile, o perlomeno più semplice da realizzare e con maggiori possibilità di successo, l’abbandono della propria formazione, potevano però anche essere le favorevoli condizioni meteorologiche o il trovarsi in un ambiente adatto a nascondersi o a ricevere aiuto da attori esterni (popolazione, formazioni alleate, strutture religiose); al contrario, questi elementi potevano anche trasformarsi in fattori di dissuasione. Ciò trova conferma anche nei dati che vedono per l’Italia nell’estate-autunno del 1944 e negli ultimi mesi di guerra nella primavera del 1945 i periodi in cui si verificarono la maggiore parte dei casi di diserzione. Per l’estate del ’44 questi dati si possono spiegare sia in riferimento alla ritirata disordinata delle armate tedesche che ebbe luogo tra la fine di maggio e l’inizio di giugno, conseguente allo sfondamento della linea Gustav e alla presa di Roma da parte degli alleati, sia con la crescita di attività delle formazioni partigiane, che causò il dilagare tra i soldati tedeschi di una sorta di “psicosi delle bande” <630.
Per quanto riguarda la primavera del 1945 un fattore decisivo fu invece rappresentato dalla consapevolezza sempre crescente che la guerra stava per terminare. Di conseguenza la presenza di disertori fu più alta nelle formazioni partigiane che operavano nelle regioni dove il fronte di guerra si fermò più a lungo e dove la presenza di militari della Wehrmacht fu maggiore (Emilia Romagna, Toscana, ma anche Piemonte e Veneto).
Un’analisi del fenomeno della diserzione nei vari fronti sui quali l’esercito tedesco fu impegnato deve necessariamente tenere conto di questi diversi fattori (temporali, ambientali, politici). Nei primi anni di guerra i successi tedeschi, la fiducia nella vittoria, ma anche la minaccia rappresentata dal movimento partigiano rappresentarono un motivo di coesione per le forze armate tedesche, sul fronte orientale così come in Africa. Soprattutto a partire dalla metà del 1944 però, con il crollo del gruppo d’armate Mitte, l’avanzata sovietica verso la Germania e lo sbarco alleato in Francia, divenne chiaro che la guerra sarebbe terminata con una sconfitta, che l’esercito alleato e quello sovietico erano militarmente superiori e che la fuga rappresentava una buona possibilità, per i soldati, di poter sfuggire ai combattimenti e tornare a casa, nonostante questo significasse sfidare la giustizia militare o un periodo di prigionia <631.
[NOTE]619 Carlo Gentile, I tedeschi e la guerra ai civili in Italia, in Gianluca Fulvetti, Paolo Pezzino (a cura di), Zone di guerra, cit., p. 131.
620 Carlo Gentile, I crimini di guerra, cit., pp. 391-392.
621 Headquarters Fifth Army, Psychological Warfare Branch I.N.C., Subject: Weekly Reports on P/W’s, 14/10/1943, US NARA, Record Group 407, Entry 427, Box 2216.
622 Carlo Gentile, I crimini di guerra, cit., p. 138.
623 BA-MA, RH 19-X/47. Si veda anche Andreas Kunz, Wehrmacht und Niederlage, p. 285.
624 Der Oberbefehlshaber Südwest (Oberkommando Heeresgruppe C), Betr: Behandlung deutscher Überläufer in anglo-amerikanischer Kriegsgefangenschaft, 03/04/1945, BA-MA, RH 19X/47.
625 Rimane comunque ancora da valutare, come anche Ziemann osservava, quale fosse l’effettiva capacità deterrente, all’interno delle truppe, rappresentata dalle condanne a morte e da altri tipi di punizioni, Benjamin Ziemann, Fluchten aus dem Konsens zum Durchalten, cit., pp. 599-600.
626 Thomas Kühne, Gruppenkohäsion und Kameradschaftsmythos, cit.
627 Headquarters Fifth Army, Psychological Warfare Branch, Subject: Morale interrogations of German prisoners. Weekly report, 23/10/1943, US NARA, Record Group 407, Entry 427, Box 2216.
628 In tal senso anche Andreas Kunz, Wehrmacht und Niederlage, cit., p. 268.
629 Benjamin Ziemann, Fluchten aus dem Konsens zum Durchalten, cit., p. 597.
630 Carlo Gentile, I crimini di guerra, cit., pp. 136-146.
631 Cfr. Manfred Messerschmidt, Die Wehrmachtjustiz, cit., p. 161 e ssg. Qui è offerta anche un’analisi comparativa del numero dei reati documentati per quanto riguarda l’esercito tedesco, quello giapponese, americano, inglese, francese e sovietico. Per la partecipazione di soldati tedeschi ai movimenti di resistenza europei anche Gerhard Paul, Die verschwanden einfach nachts, cit.
Francesco Corniani, “Sarete accolti con il massimo rispetto”: disertori dell’esercito tedesco in Italia (1943-1945), Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 2016-2017
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L’Ordine Templare: Un romanzo epico che nasce dal cuore
Indice dei contenuti
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- L’autore
- Due note sull’autore
- Nota sulla collaborazione con Cristina Desideri
- Nota biografica su Cristina Desideri
- Alcune opere di Giuseppe Carlo Delli Santi: storia, spiritualità, teatro, avventura
- Alcune opere di Giuseppe Carlo Delli Santi
- In sintesi
- Romanzo da vivere: L’Ordine Templare
- Un romanziere che unisce storia, mito e vita vissuta
- I personaggi: un coro di voci memorabili
- La chiave storica: Medioevo tra fede e leggenda
- La chiave psicologica: l’uomo, la donna, il sacro
- L’importanza dell’opera
- Considerazioni personali
- Conclusione
L’ordine templare
Giuseppe Carlo Delli Santi
romanzo storico
422
L’autore
Romanziere appassionato di storia e di spiritualità, l’autore de L’Ordine Templare ha dato vita a una trilogia che esplora la nascita, la caduta e la rinascita del mito templare:
L’Ordine Templare (romanzo d’esordio della saga)
I Templari e il Graal, diviso in La caduta dei Templari e La rivincita del Graal.
La sua scrittura si distingue per la capacità di unire rigore storico, profondità psicologica e poesia narrativa. Nei suoi romanzi si avverte il respiro dell’epica, ma anche l’intimità dell’esperienza personale: la figura femminile di Laurenziana, ad esempio, è modellata sul ricordo della moglie Sola, prematuramente scomparsa.
Un autore che, più che raccontare la storia, la fa rivivere, trasformandola in un’esperienza letteraria capace di emozionare e far riflettere.
Due note sull’autore
Giuseppe Carlo Delli Santi: un autore eclettico e prolifico
Giuseppe Carlo Delli Santi è un autore estremamente prolifico, con ben 52 opere all’attivo, tra romanzi, raccolte di poesie, sceneggiature, saggi, racconti e libri brevi. Molte di queste sono autopubblicate, disponibili sia in formato ebook sia cartaceo attraverso piattaforme quali Ilmiolibro e Kobo Writing Life .
Vanta una carriera professionale diversificata: iniziata in ambito pubblicitario (come titolare di un’agenzia a Milano), proseguita nel giornalismo freelance (anche per Il Sole 24 Ore), e poi approdata alla narrativa con uno stile personale, spesso contraddistinto da forte intensità emotiva e apertura culturale.
A livello umano, è descritto come figura ricca di esperienza di vita: viaggi, dolore, gioie, sensibilità culturale e affetti. Padre e nonno, con un passato tra marketing e creatività, ha scoperto tardi la passione per la scrittura, che coltiva con costanza e varietà espressiva.
Nota sulla collaborazione con Cristina Desideri
Delli Santi ha collaborato con la dott.ssa Cristina Desideri, psicologa, scrittrice e illustratrice, per la realizzazione di un’opera illustrata: “Piccole fiabe”, una raccolta illustrata che unisce narrativa per l’infanzia e sensibilità psicologica, con illustrazioni appunto, curate da Cristina Desideri. Questo lavoro dimostra l’attenzione dell’autore all’infanzia, alla dimensione educativa e al coinvolgimento emotivo dei lettori più giovani.
Nota biografica su Cristina Desideri
La dott.ssa Cristina Desideri è una psicologa, scrittrice e illustratrice italiana. Ha collaborato con Giuseppe Carlo Delli Santi nella realizzazione di un testo illustrato come “Le Piccole Fiabe”, dove le sue illustrazioni arricchiscono la narrazione con una sensibilità psicologica ed educativa. La sua formazione in psicologia le consente di creare contenuti che stimolano la crescita emotiva e cognitiva dei bambini, rendendo le sue opere strumenti preziosi per genitori, educatori e piccoli lettori.
Alcune opere di Giuseppe Carlo Delli Santi: storia, spiritualità, teatro, avventura
Profilo e stile
Giuseppe Carlo Delli Santi è noto per:
Ricerca storica accurata, spesso intrecciata a elementi fantastici e mitici.
Profondità psicologica dei personaggi, che riflette i dilemmi, le passioni e le sfide umane.
Versatilità narrativa, passando dal romanzo storico, al fantasy, al teatro, fino alla narrativa per l’infanzia.
Autopubblicazione consapevole, con controllo completo sulle opere e distribuzione digitale e cartacea.
Alcune opere di Giuseppe Carlo Delli Santi
Romanzi ambientati tra i Nativi Americani
1. Wambli Woitope for President!
Un romanzo di fantapolitica che esplora le sfide e le speranze di un leader nativo americano in un contesto contemporaneo.
2. Matui Eram
Un’opera che approfondisce le tradizioni e le lotte dei Nativi Americani attraverso la storia di un giovane guerriero.
3. Noah
Il protagonista, Noah, è un nativo americano che affronta le sfide del suo popolo in un periodo di cambiamenti radicali.
4. Leha Muran
Storia di una giovane donna nativa americana che cerca alleanze per proteggere la sua tribù dalle minacce esterne.
5. Squaw delle Pianure
Ultimo capitolo di una trilogia che narra le vicende delle donne native americane, basato su eventi storici reali.
6. Alidewee
Un racconto che esplora la vita di una giovane nativa americana e le sue interazioni con il mondo esterno.
Altri romanzi significativi
Nefertari
Un romanzo storico che racconta la vita della regina Nefertari nell’antico Egitto.
Il Corsaro René
Serie di romanzi che seguono le avventure del pirata René in diverse ambientazioni storiche.
Dubitaverunt
Un’opera teatrale che esplora temi spirituali e filosofici attraverso il dialogo e la riflessione.
Un pittore a Roma
Storia di un artista che cerca di farsi strada nel mondo dell’arte nella capitale italiana.
Rwanda
Un romanzo che affronta le tragedie e le speranze del popolo ruandese.
Le incredibili gesta di Adam Freeman
Avventure di un eroe moderno che affronta sfide straordinarie.
Aux armes, citoyens
Un’opera che esplora temi di rivoluzione e cambiamento sociale.
Opera per l’infanzia e illustrata
Le Piccole Fiabe
Raccolta di fiabe illustrate, illustrata dalla dott.ssa Cristina Desideri, che unisce narrazione e psicologia per bambini.
In sintesi
Giuseppe Carlo Delli Santi è un autore innovativo, prolifico e poliedrico, con una produzione che spazia tra romanzo storico, fiction religiosa, teatro, avventura, introspezione filosofica. Utilizza soprattutto l’autopubblicazione tramite piattaforme italiane come Ilmiolibro, DSR Editore o Lulu, Kobo e distribuisce le sue opere in digitale e cartaceo.
Romanzo da vivere: L’Ordine Templare
Ci sono romanzi che si leggono e altri che si vivono. L’Ordine Templare appartiene senza dubbio alla seconda categoria: un libro che non solo racconta, ma avvolge, accompagna, trascina dentro un mondo epico in cui la storia medievale si intreccia con il mito del Graal, la spiritualità con la passione, la cavalleria con l’amore.
L’autore, con una scrittura intensa e poetica, ci conduce negli ultimi anni dell’Alto Medioevo, poco dopo il 1190, quando il giovane cadetto ligure Errico De Mari si trova investito di una missione più grande di lui: dalla Terra Santa a Seborga, da Genova a Gerusalemme, fino ai Pirenei e a Santiago di Compostela, il suo destino diventa la trama stessa della nascita dell’Ordine Templare.
Un romanziere che unisce storia, mito e vita vissuta
Non siamo davanti a un semplice narratore di cronache medievali, ma a un romanziere capace di fondere rigore storico, fantasia poetica e autobiografia. La genesi del romanzo è rivelatrice: l’autore ringrazia le fonti storiche, la Massoneria di Rito Scozzese Antico Accettato – che gli ha trasmesso documentazioni preziose sulla nascita templare – e soprattutto la moglie Sola, scomparsa prematuramente e divenuta il modello ispiratore di Laurenziana, la co-protagonista del romanzo. Questo legame intimo trasforma la narrazione in un atto di memoria e amore, rendendo Laurenziana non solo un personaggio letterario, ma anche un tributo personale.
La forza narrativa dell’autore si coglie anche nella vastità del progetto: L’Ordine Templare non è un’opera isolata, ma il primo atto di una trilogia che prosegue con I Templari e il Graal, suddiviso in La caduta dei Templari e La rivincita del Graal. Un vero e proprio ciclo epico, che unisce fedeltà storica e dimensione mitica, destinato a restare come una delle saghe più originali sulla cavalleria templare.
I personaggi: un coro di voci memorabili
Il cuore del romanzo è Errico De Mari, un eroe giovane, a tratti inesperto, ma capace di incarnare le contraddizioni dell’epoca: fede e paura, desiderio d’amore e spirito di sacrificio, fragilità e coraggio. Il lettore lo segue nella sua crescita, nei suoi dubbi e nel suo martirio finale, che lo porterà a incontrare il divino in una dimensione ultraterrena.
Accanto a lui spicca Laurenziana Cicala, amatissima moglie e compagna, figura luminosa e profondamente umana. Non è solo “la donna dell’eroe”, ma un personaggio che incarna la forza salvifica dell’amore, la resilienza femminile e la spiritualità capace di superare la morte. In lei si specchia l’esperienza personale dell’autore, che le dona un’intensità emotiva unica.
Il romanzo è popolato da un’ampia galleria di personaggi storici e immaginari: dal nobilissimo Ugo de Payens, al tragico Ruiz di Siviglia, fino al piccolo Marcello, all’anziano Fra Grisante e a cavalieri come Gotfried di Magonza, Geoffrey Bisol, André de Montresor. Tutti contribuiscono a creare un affresco corale, dove i grandi della storia e gli “umili” si intrecciano senza gerarchie: ciascuno ha un ruolo nella nascita dell’Ordine.
La chiave storica: Medioevo tra fede e leggenda
L’autore ci trasporta dentro l’atmosfera degli ultimi anni dell’Alto Medioevo con grande ricchezza di dettagli. Genova, Seborga, Lérins, Gerusalemme, Costantinopoli non sono semplici sfondi, ma veri luoghi vivi, resi con cura storica e passione narrativa. Le Crociate, le tensioni tra la Cristianità e l’Oriente, il fragile equilibrio politico dell’epoca emergono con forza, senza mai soffocare la trama romanzata.
Il Santo Graal diventa il nucleo simbolico: ritrovato e poi nascosto, perché troppo pericoloso per l’umanità, è al tempo stesso reliquia, mito e monito. Qui il romanzo si avvicina alle leggende arturiane, ma con un ancoraggio più saldo alla storia delle Crociate e alla spiritualità cristiana medievale.
La chiave psicologica: l’uomo, la donna, il sacro
Uno degli aspetti che più mi ha colpito è la profondità psicologica con cui i personaggi sono costruiti. Errico non è un eroe perfetto: è un uomo che sbaglia, soffre, ama, e proprio per questo diventa vicino al lettore moderno. In lui si riflette la tensione di ogni essere umano chiamato a confrontarsi con un destino più grande.
Laurenziana, a sua volta, è la personificazione della femminilità che salva, dell’amore che trasfigura e resta oltre la morte. Non solo figura storica, ma simbolo eterno.
Il Graal assume anche qui un valore psicologico: non soltanto oggetto sacro, ma specchio dei desideri e dei pericoli dell’animo umano. È la tentazione dell’assoluto, il sogno di possedere Dio, ma anche il monito sulla fragilità dell’uomo di fronte al divino.
L’importanza dell’opera
L’Ordine Templare è importante perché non è né puro romanzo né mera ricostruzione storica: è epica moderna. La sua forza sta nella capacità di parlare a diversi livelli: agli appassionati di storia medievale, agli amanti delle saghe cavalleresche, a chi cerca un racconto d’amore e sacrificio, ma anche a chi vuole riflettere sulla condizione umana e sul rapporto con il mistero.
È un libro che dimostra come la narrativa storica possa essere molto più di un esercizio erudito: può diventare un canto, una leggenda nuova, una parabola universale.
Considerazioni personali
Devo dire che questo romanzo mi è piaciuto molto. Non solo per l’avventura e la coralità dei personaggi, ma per l’intensità emotiva e psicologica che trasmette. Ho amato la figura di Errico, con le sue debolezze e il suo coraggio, ma soprattutto Laurenziana, presenza dolce e luminosa, capace di restare impressa come simbolo eterno di amore e resilienza.
La scrittura dell’autore alterna pagine di grande azione a momenti poetici e contemplativi, e proprio questo equilibrio lo rende speciale: è un libro che conquista sia la mente sia il cuore. Alla fine della lettura resta una sensazione rara: quella di aver compiuto un vero viaggio, insieme ai personaggi, dentro la storia e dentro l’animo umano.
Conclusione
L’Ordine Templare è un romanzo che unisce storia, mito, poesia e psicologia in un unico respiro epico. È l’inizio di una saga che proseguirà con I Templari e il Graal e che promette di restare a lungo nella memoria dei lettori.
Per chi ama i Templari, le Crociate, il mito del Graal, ma anche per chi cerca un romanzo che sappia emozionare profondamente, questo libro non è solo una lettura: è un’esperienza.
#recensioneLibri #romanzoStorico #templari
L’Ordine Templare: Un romanzo epico che nasce dal cuore
L’Ordine Templare: Un romanzo epico che nasce dal cuore - Recensioni libri - Il Mago di OzCristina Desideri (Magozine.it)
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[r] _ the complete videos of “the re-appearing pheasant”: an encounter of american and italian poets and critics, new york, 11-12-13 nov 2022
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The Re-Appearing Pheasant
An Encounter of American and Italian Poets and Critics
New York, November 11-12-13, 2022
Convened by
Luigi Ballerini
Presented by
Casa Italiana Zerilli-Marimò at New York University
Stefano Albertini, Director
In Cooperation with
The Italian Cultural Institute of New York
Fabio Finotti, Director
#AmericanAndItalianPoetsAndCritics #AmericanPoets #CasaItalianaZerilliMarimò #criticism #critics #event #FabioFinotti #ItalianPoets #LuigiBallerini #NewYorkUniversity #poems #poetry #poets #proseInProse #prosePieces #StefanoAlbertini #TheItalianCulturalInstituteOfNewYork #TheReAppearingPheasant
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mikulogicoso inufficiale programmato con l’asciaflissa (rilascio “MikuLogi: Octt Unofficial Edition”)
Ultimamente mi succede una cosa stramba, ossia che da un lato posto le cose e poi non le faccio… e dall’altro, faccio le cose ma poi non le posto!!! Ebbene, prima che anche quest’ultima cosa fatta cada nel nonpostatoio (o forse, prima che passi talmente tanto tempo che io nel frattempo faccia numerosi aggiornamenti), ecco all’intero mondo il giochino che nemmeno troppo velatamente avevo detto avrei costruito clonando malamente il Picross di Miku lì: https://octt.itch.io/mikulogi-octt (giocabile nel browser!) 🧨
Insomma, in appena qualche giorno MikuLogi Octt Unofficial Edition è diventato reale, e già giocabile per sempre… nonostante sia una versione ancora sperimentale, decisamente sia meno curata che meno piena, non solo in confronto a quello che programmo di fare ancora, ma anche rispetto all’originale… vabbè. Ed è la prima robina in assoluto che creo con HaxeFlixel, che sembra decisamente un motore di gioco molto gustoso, e che col tempo farò bene ad esplorare per bene. Forse non sembra così buono giocando con una build web del mio gioco, perché le prestazioni lasciano a desiderare su alcuni dispositivi, ma a parte fare alcune ottimizzazioni a breve pubblicherò anche delle build native, quindi si abbia pazienza. 🤥
Il bello è che di base, a parte i bug pazzurdi intrinseci del programmare videogiochini, e diverse cose non proprio convenienti che devo ancora sistemare, programmare un giochino di Picross è stato a dire il vero semplicissimo… dato che nel mio caso si è trattato appunto di pura programmazione, visto che tutti gli asset li ho gentilmente prelevati, ma (di nuovo) vabbé. E il codice… beh, è pubblico come al solito (anche se ancora non ho deciso la licenza), ma terribile in culo… per chi non ha paura, però, eccolo: gitlab.com/octospacc/MikuLogi-…. ❗
Ci sarà a questo punto sicuramente chi dirà che questo giochino non è affatto supermiao, perché non scala a qualsiasi rapporto d’aspetto, e perché ancora l’unico metodo di input per le caselle è il click semplice, e perché ho per il momento incluso solo i primi 150 puzzle dal gioco che ho copiato, e perché non c’è un menu di selezione per essi, ma se ne può scegliere solo uno a caso per volta per difficoltà, e perché non si sbloccano le immaginine dei Vocaloid… e ok, onesto abbastanza. Ma allora, se le cose stanno così… semplicemente lasciatemi cucinare, e avrete non solo il piatto a base di Miku, ma anche qualcosa di più, a lungo andare, sempre con gusto picrossoso. (Ma penso comunque che il gioco sia già ora divertente… il contenuto è sufficiente e la UX è passabile!) 🤗
Ah e, a proposito: ringraziamo lo Ximi che, come al solito, si dimostra merda, stavolta avendo creato una registrazione schermo del #gameplay che include il suono solo dopo un bel po’ dall’inizio… mamma che monnezza.
#gamedev #gameplay #HatsuneMikuLogicPaint #HaxeFlixel #MikuLogi #OcttUnofficialEdition #picross
MikuLogi: Octt Unofficial Edition by octt
(WIP) Free recreation of Hatsune Miku Logic Paint, just for fun.itch.io
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Treno Merci “Il Biancone” con E652.123 + G2000.02 in transito a Castagneto Carducci (20/02/2024)
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De Mita intendeva riportare la politica italiana su binari consueti
Dopo le elezioni regionali del 1985, tra DC e PSI i rapporti iniziarono a peggiorare: cresceva e diventava sempre più forte infatti, la conflittualità fra i due partiti. Il principale obiettivo democristiano rimase lo stesso: vincolare il PSI ad un rapporto più stretto con la DC, e a tale obiettivo si sarebbe aggiunta la contesa per riconquistare la Presidenza del Consiglio <117. Il 13,3% ottenuto dal PSI evidenziò la mancanza di un “effetto Craxi”, ossia il significativo balzo in avanti elettorale trainato dal primo governo a guida socialista dell’Italia Repubblicana e di tutta la storia unitaria <118. Proprio questa mancanza di una spinta provocata dal primo governo Craxi incoraggiò i democristiani: se la pesante sconfitta del 1983 aveva spinto la DC ad accettare un ruolo subalterno rispetto al PSI e a cercare una collaborazione vera con il segretario socialista, il risultato del 1985 la spinse ad assumere un
atteggiamento più conflittuale <119.
Dopo le elezioni, il segretario democristiano De Mita cercò innanzitutto di mutare la natura del governo, trasformando il pentapartito in una vera coalizione politica. Contemporaneamente preparò l’elezione del nuovo presidente della Repubblica coinvolgendo anche i comunisti. Il segretario democristiano intendeva riportare la politica italiana su binari consueti, riaffermando il primato politico della DC e iniziando un’opera di correzione “dell’anomalia” craxiana <120. Nel Congresso del 1986, De Mita rilanciò la sua prospettiva <121 affermando: “senza un obiettivo comune non è possibile tenere insieme una maggioranza. In questo senso abbiamo parlato e continuiamo a parlare di strategia. Una visione comune non è un desiderio: è una necessità” <122. Non erano posizioni nuove, ma ora la DC era più forte e dal Congresso uscì rafforzata anche la segreteria di De Mita, che fu rieletto con il 75% dei voti. In tale contesto, si aprì una nuova contesa per la riconquista della Presidenza del Consiglio. Il segretario della DC dovette però anche constatare due novità in contrasto con la sua linea: da un lato, Cossiga, della cui elezione De Mita era stato il principale artefice con il consenso dei comunisti, non sposò gli interessi democristiani e mostrò attenzione verso le richieste socialiste, dall’altro lato, Andreotti, che pure aveva difeso a lungo la politica di solidarietà nazionale, polemizzando apertamente con Craxi, si spostò verso una linea di collaborazione con il PSI. Proprio ciò che spingeva De Mita e la maggioranza della DC a rivendicare la Presidenza del Consiglio, in altre parole, suggerì viceversa ad Andreotti un atteggiamento più possibilista verso le richieste del PSI <123. Il conflitto tra democristiani e socialisti portò alla fine del governo Craxi cui però non seguì una “staffetta” e cioè la riconquista della guida del governo da parte della DC. Si andò nuovamente ad elezioni anticipate nel 1987, da cui ebbe inizio l’ultima legislatura della Prima repubblica. La DC riuscì a recuperare una parte dei consensi perduti, mentre il PCI post-berligueriano subiva un crollo pesante e il PSI otteneva un buon risultato alla Camera <124. De Mita tornò a rivendicare la guida del governo democristiano, i numeri effettivamente gli davano ragione: si trattava del partito di maggioranza relativa, rafforzato dal risultato elettorale. Malgrado il rafforzamento del segretario democristiano, Craxi si oppose ad un governo da lui guidato, nel silenzio di Forlani ed Andreotti. Cossiga allora chiamò Goria, già ministro del Tesoro nel governo Craxi, a formare il nuovo esecutivo.
Mentre continuava il braccio di ferro con i socialisti, i leader della DC si trovarono in modo sempre più evidente davanti ad un dilemma insolubile: da un lato cresceva l’insofferenza verso “l’egemonia democristiana” ma, dall’altro lato, “la stabilità del governo continuava ad essere garantita dall’impegno della DC” <125. Ciononostante, De Mita sperò di poter realizzare un governo in grado di affrontare problemi cruciali, a partire dal risanamento della finanza pubblica, e di avviare una riforma politico-istituzionale, e nel 1988 raggiunse l’obiettivo di assumere la Presidenza del Consiglio. Questo tentativo sarebbe durato solo pochi mesi: nella primavera del 1989, De Mita venne sostituito da Forlani alla guida del partito e, poco dopo, da Andreotti a quella dell’esecutivo.
[NOTE]117 Il risultato si prestò a più letture. Quattro milioni di elettori, sottolinearono i socialisti, avevano lasciato i due partiti maggiori. In questa luce le elezioni sancivano una sconfitta del duopolio DC-PCI, mentre si modificarono i rapporti di forza tra i due partiti di sinistra a vantaggio dei socialisti. Cfr. Colarizi, Gervasoni, La cruna dell’ago, Editori Laterza, 2005, cit. p. 185.
118 Sangiorgi, Piazza del Gesù, Mondadori, 2005, cit. p. 187.
119 A. Giovagnoli, La Repubblica degli Italiani 1946-2016, Editori Laterza, Bari, 2016, pp. 124-147.
120 Craxi “non si comportava da presidente del Consiglio ma da capo autoritario del governo” Sangiorgi, Piazza del Gesù, Mondadori, 2005, cit. p. 275; Il PSI non gestiva il potere in base a un’investitura ricevuta, ma adoperava il potere per cambiare la politica chiedendo a posteriori la legittimazione di un arbitrio, ivi p. 281; Craxi, che governava con la DC e preparava l’alternativa alla DC, teneva i piedi in due staffe, ibidem
121 De Mita voleva tornare al centro-sinistra tradizionale. A suo avviso “affidare la guida del governo a un uomo del partito di maggioranza relativa era la regola non l’eccezione”; l’alleanza di pentapartito doveva essere intesa come impegno pluriennale esteso anche alla legislatura successiva; da vent’anni c’erano rapporti positivi tra DC e PSI, anche se molte cose erano cambiate e occorreva tener conto dei problemi specifici di un partito di sinistra al governo; il PSI doveva mostrare coerenza con la politica nazionale nelle scelte a livello locale. A. Giovagnoli, La Repubblica degli Italiani 1946-2016, Editori Laterza, Bari, 2016 cit. p. 93.
122 Ibidem
123 Sangiorgi, Piazza del Gesù, Mondadori, 2005.
124 Risultati Camera dei Deputati: DC 34,31%, PCI 26,57%, PSI 14,27% Risultati Senato della Repubblica: DC 33,62%, PCI 28,33%, PSI 10,91% dati presi dall’ archivio del portale dell’Istituto Cattaneo cattaneo.org/archivi/archivio-…
125 Sangiorgi, Piazza del Gesù, Mondadori, 2005, cit. p. 435-459.
Isabella Alfano, 1968-1994: dalla prima repubblica alla “discesa in campo” di Berlusconi, Tesi di Laurea, Università Luiss “Guido Carli”, Anno Accademico 2017-2018
#1985 #1987 #amministrative #ArnaldoForlani #BettinoCraxi #CiriacoDeMita #Cossiga #DC #elezioni #GiulioAndreotti #governo #IsabellaAlfano #PCI #politiche #presidente #PSI #repubblica
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Craig Jone vs Mikey Musumeci – moderatore Mighty Mouse
E alla fine il dibattito è arrivato, con perfetto tempismo e con un moderatore di eccezione.
Si parla di TANTE cose, da UFC BJJ, e i suoi contratti di esclusività, alla cintura nera di Moneyberg
Ecco il video, sotto un mega riassuntone
youtube.com/watch?v=wOfRv88NNb…
Craig Jones vs Mikey Musumeci: Il Dibattito su UFC BJJ e CJI
Un confronto acceso ma rispettoso: Craig Jones e Mikey Musumeci si sono seduti al tavolo per discutere del futuro del Brazilian Jiu-Jitsu professionistico.
Al centro: i contratti esclusivi, la nascita di UFC BJJ e il ruolo di CJI (Craig Jones Invitational).
Fra aneddoti, battute e momenti seri, emerge un quadro complesso: più soldi e visibilità per gli atleti, ma anche rischi di monopolio e promesse non mantenute.
Intro
Un’apertura leggera, tra sponsor e saluti, prepara il terreno. L’atmosfera sembra rilassata, ma l’attesa per il dibattito vero è palpabile.
- time stamp: 0:00
The Debate Begins
Craig e Mikey iniziano a scaldarsi: tono ancora scherzoso, ma la direzione è chiara. Sta per arrivare la prima domanda pesante.
- time stamp: 1:31
Are Exclusive Contracts Good for BJJ?
Craig solleva dubbi sull’impatto dei contratti esclusivi: rischiano di bloccare gli atleti, privandoli di opportunità.
Mikey ribatte che l’esclusività può dare stabilità, a patto che ci siano soldi veri e garanzie concrete: “Se ti legano, devono darti match, soldi e visibilità”.
DJ aggiunge il rischio più grande: il monopolio UFC, che eliminerebbe la leva contrattuale degli atleti.
- time stamp: 3:02
Did UFC BJJ Steal CJI’s Rules and Pit?
Craig accusa: “Hanno preso il nostro format, cambiando solo un minuto”. Mikey riconosce i meriti: “Craig ha creato il miglior ruleset”.
UFC BJJ ha adottato regole e persino il concetto del pit. Per Craig è plagio, per Mikey è ispirazione inevitabile.
- time stamp: 10:05
Why Craig Jones Didn’t Sign with UFC BJJ
Craig racconta delle offerte UFC: volevano metterlo come coach accanto a Mikey in un reality.
Quando rifiuta, improvvisamente gli atleti di CJI vengono bloccati: “False promises, breaking my heart”.
Mikey ammette che l’accordo c’era, ma sarebbe stato sotto pieno controllo UFC.
- time stamp: 17:25
Are Exclusive Contracts Good for BJJ? PT 2
Il dibattito si accende: Mikey porta esempi concreti di match saltati per infortuni in eventi extra. “Ecco perché a volte serve l’esclusività”.
Craig ribatte: un evento all’anno non giustifica il blocco totale. DJ insiste: se l’esclusività diventa monopolio, gli atleti perdono ogni leva.
- time stamp: 20:19
Is Derek Moneyberg a LEGIT Black Belt?
Tema insolito ma virale: Derek Moneyberg e la sua cintura nera.
Mikey chiarisce: “Non gliel’ho data io. Ha conoscenze, ma fisicamente non sembra un black belt”.
Craig ironizza, trasformando la discussione in siparietto, ma Mikey rilancia: “Forse serve un test standard per il grado di cintura”.
- time stamp: 26:56
Craig Asks Mikey to Take an Autism Test
Craig provoca Mikey con un test sull’autismo, richiamando accuse precedenti.
Mikey reagisce con sincerità, spiegando la sua ADHD e i fraintendimenti durante eventi live.
Tra battute e ironia, il discorso vira sul rapporto con UFC: “Devono dimostrare di mantenere le promesse”.
- time stamp: 34:44
Did UFC BJJ Steal CJI’s Rules and Pit? PT 2
Craig insiste sul plagio: “Hanno preso regole e nomi parola per parola”.
Mikey riconosce che il pit e le regole portano la firma Craig Jones: “Meriti credito”.
Craig scherza: “Almeno datemi la Hall of Fame”.
- time stamp: 39:42
Why Mikey Didn’t Compete in CJI 1
Craig lo accusa di non aver letto il contratto. Mikey ammette: “L’avevo letto, ma ho mentito per non dirti subito di no. Ci tenevo a esserci”.
Nonostante il vincolo con One Championship, Mikey aveva persino proposto un seminario gratuito per supportare CJI.
- time stamp: 41:39
DJ’s Take on Why Exclusive Contracts are BAD for BJJ
DJ prende posizione: “Se gli atleti fossero pagati benissimo, ok. Ma spesso restano bloccati senza possibilità”.
Rischio concreto: promesse non mantenute e carriere ferme.
- time stamp: 45:51
Claudia Gadelha Boring Match Comments REACTION
Craig e Mikey reagiscono alle critiche di Claudia Gadelha, che aveva definito “noioso” un match.
Mikey: “È sbagliato mettere pressione agli atleti: nei match di altissimo livello non sempre c’è una finalizzazione”.
Craig aggiunge ironicamente: “Tipico, aspettative irrealistiche”.
- time stamp: 46:33
Why Some High-Level BJJ Matches Are “Boring”
Gli atleti spiegano: a livello top, gli incontri possono sembrare lenti, ma è il risultato di strategie raffinate e parità tecnica.
Mikey sottolinea: “Il nostro compito è vincere, non fare show a tutti i costi”.
- time stamp: 49:40
Is UFC BJJ Steroid Testing Legit?
Craig dubita della credibilità del nuovo sistema antidoping UFC. DJ difende USADA: “Era l’unica agenzia che ti trovava ovunque, anche in piscina o al supermercato”.
Mikey spera che UFC introduca test seri per professionalizzare il BJJ, pur riconoscendo che al momento “non hanno ancora testato nessuno”.
- time stamp: 50:34
Are Craig’s Antics Bad for BJJ?
Gli viene chiesto se le sue provocazioni danneggiano l’immagine del BJJ.
Craig risponde netto: “Il nostro sport era troppo macho e omofobo. Io bilancio con ironia e leggerezza. Non sono un modello per i bambini, ma serviva un contrappeso”.
Mikey ribadisce l’importanza di rendere lo sport più professionale con regole e controlli.
- time stamp: 54:40
Should BJJ Athletes Make Lots of Money?
DJ lancia una provocazione: “Forse gli atleti BJJ non sono destinati a guadagnare tanto”.
Craig ribatte con sarcasmo, Mikey spinge sull’importanza di costruire il proprio brand: social, seminari, instructionals.
La realtà: nel BJJ non bastano i titoli, servono numeri e visibilità.
- time stamp: 57:28
Why UFC BJJ is Good for Athletes
Mikey difende la scelta UFC: “In pochi mesi la mia pagina è cresciuta da 500k a 1M. Questa esposizione porta opportunità economiche”.
Craig rimane scettico: “Non basta essere UFC per crescere davvero, serve impegno anche da parte loro”.
- time stamp: 59:41
Is the UFC Good at Promoting Athletes?
DJ porta la sua esperienza: “UFC non sempre promuove gli atleti, spesso ricade tutto su di noi. Ti dicono che ti faranno crescere, ma non è garantito”.
Craig aggiunge: “CJI sacrifica immagine personale per promuovere davvero i ragazzi”.
- time stamp: 1:05:03
Is Mikey Picking Easy Opponents?
Craig lo punzecchia: Mikey evita i nomi più duri?
Mikey si difende: “Scelgo match che abbiano senso per la mia carriera e la mia crescita”.
- time stamp: 1:08:26
Craig’s Biggest Problem with UFC BJJ
Craig espone la critica centrale: troppe promesse non mantenute, soprattutto la libertà per gli atleti.
“Ti dicono che sei libero, poi ti bloccano al primo no”.
- time stamp: 1:12:56
Is Mikey Ducking Tough Opponents?
Ancora accuse di avoidance, ancora difese: Mikey ribadisce che le scelte dipendono da contratti ed esposizione, non dalla paura.
- time stamp: 1:15:48
Why UFC BJJ Doesn’t Let Their Fighters Compete at CJI
Craig denuncia la mossa punitiva: dopo il suo rifiuto, UFC ha bloccato gli atleti dal partecipare a CJI.
Per lui è un danno non solo personale, ma per lo sport intero.
- time stamp: 1:16:26
The UFC BJJ Executives Don’t Care About BJJ?!
Craig lancia l’accusa più dura: “Ai dirigenti UFC non importa del BJJ, solo del controllo”.
Mikey è più diplomatico: “Se mantengono le promesse, possono aiutare lo sport a crescere”.
- time stamp: 1:20:18
Mikey’s Honest Thoughts on the UFC BJJ Belt
Mikey chiude con sincerità: il titolo UFC BJJ non ha ancora la storia di IBJJF o ADCC, ma può diventare importante se supportato da eventi solidi.
- time stamp: 1:30:22
Craig Jones’ Closing Statement
Craig chiude con tono sarcastico ma diretto: “Almeno datemi credito per quello che ho creato”.
- time stamp: 1:32:44
Mikey’s Closing Statement
Mikey sottolinea la sua speranza: “Voglio che UFC mantenga le promesse e che il nostro sport cresca davvero”.
- time stamp: 1:33:51
Will there be a CJI 3?!
Craig lascia intendere che ci sarà un CJI 3, mantenendo viva la sfida alternativa a UFC BJJ.
- time stamp: 1:39:38
Craig asks to corner Mikey in UFC BJJ!
Momento ironico: Craig si propone come cornerman di Mikey in UFC BJJ.
- time stamp: 1:41:18
Who is Gable Steveson’s replacement?!
Discussione rapida su chi prenderà il posto di Gable Steveson.
- time stamp: 1:41:55
CJI President Seth Belisle’s argument for CJI
Seth Belisle difende la visione di CJI: un’alternativa libera, senza vincoli e più vicina agli atleti.
- time stamp: 1:42:18
Induct DJ into UFC Hall of Fame!
Battuta che diventa coro: “DJ merita la Hall of Fame UFC”.
- time stamp: 1:45:27
CJI 2 is this weekend!
Craig ricorda che CJI 2 è imminente, sottolineando la forza dell’evento libero su YouTube.
- time stamp: 1:48:51
Mikey promotes CJI 2!
Nonostante il suo contratto UFC, Mikey promuove l’evento di Craig: “Voglio che cresca, se cresce lo sport vinciamo tutti”.
- time stamp: 1:49:17
Mikey competes at UFC BJJ 3!
Mikey conferma la sua prossima apparizione con UFC BJJ.
- time stamp: 1:50:11
DJ recaps The Mighty Debate!
DJ chiude l’episodio con un riassunto leggero e un brindisi finale.
- time stamp: 1:50:55
Conclusione
Il dibattito tra Craig Jones e Mikey Musumeci non ha vincitori netti, ma mette in luce il nodo cruciale del BJJ moderno:
- più soldi e visibilità grazie a UFC,
- ma rischio di monopolio e perdita di libertà per gli atleti.
CJI rappresenta la via indipendente, UFC BJJ quella istituzionale.
Forse la verità sta nel mezzo: servono piattaforme forti, ma anche la possibilità per gli atleti di scegliere.
Il futuro del BJJ si giocherà proprio su questo equilibrio.
Conclusione 2
hanno parlato. tanto di personal branding e citato anche dei lottatori che stanno facendo un buon lavoro
Match e lottatori citati
- Andrew Tacket ? Craig racconta che dopo il suo rifiuto a UFC, Tacket non ha più potuto fare CJI (17:25).
- Mika (probabilmente Galvão) ? menzionato come atleta di Who’s Number One / One Championship (19:14 e 20:00).
- Baby Shark (Diogo Reis) ? Mikey dice che avrebbe dovuto affrontarlo in One, ma l’infortunio lo ha bloccato (20:36).
- Kade Ruotolo ? citato più volte, incluso il match mancato con Mikey per infortunio da CJI (20:24).
- Bruno Malfacine, Diego Pato ? Mikey li cita come grandi avversari del suo passato in IBJJF (23:36).
- Kennedy Maciel ? collegato alle critiche di Claudia Gadelha su un match “noioso” (46:33).
- Claudia Gadelha ? ex fighter UFC che critica direttamente un match di BJJ (46:33).
- Nicky Rod (Nick Rodriguez) ? citato da Mikey come esempio di livello che Derek Moneyberg non potrebbe mai reggere (28:47).
- Alex Volkanovski ? Craig e Mikey raccontano di un possibile match/esibizione (42:40).
- Morab Dvalishvili e Sean O’Malley ? citati come esempi di gestione del brand in UFC MMA (1:06:30).
- CM Punk ? paragonato a UFC BJJ: più pagato nonostante risultati inferiori (1:01:48).
- Gable Steveson ? discussione sul suo sostituto (1:41:55).
- YouTube
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letter / serse luigetti. 2025
#abstract #abstrasemic #art #arte #arteAstratta #asemic #asemicWriting #astrazione #letter #scritturaAsemica #SerseLuigetti
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La mappa del potere locale cambia radicalmente nel 1975
Nella primavera del 1975 però è la procura di Milano che comincia a lavorare sugli appoggi politici a Sindona, in particolare su un finanziamento di due miliardi fatto alla Dc (secondo alcuni in cambio della nomina di Mario Barone a consigliere di amministrazione del Banco di Roma, circostanza confermata anche da Aldo Moro nel “memoriale” scritto durante il sequestro operato dalle Br nel 1978), su cui i magistrati intendono sentire l’On. Micheli, responsabile amministrativo del partito, che però si dice disponibile solo dopo le elezioni amministrative di giugno. Successivamente però Micheli non chiarirà l’origine dei due miliardi che la Dc non può negare di aver ricevuto, mentre i magistrati milanesi inviano una comunicazione giudiziaria anche a Carli, governatore della Banca d’Italia, per l’autorizzazione data al salvataggio (rivelatosi poi inutile) della Banca Privata.
La procura di Milano fin dal gennaio 1975 aveva inviato la richiesta di estradizione di Sindona al ministero di Grazia e giustizia per l’inoltro negli Usa (dove il bancarottiere era stato intanto tratto in arresto per il fallimento della banca USA Frankin, acquistata da Sindona pochi anni prima) ma, nel meccanismi della burocrazia qualcosa si era inceppato e la domanda non aveva ottenuto esiti. Secondo la denuncia dei comunisti si era trattato di una mossa deliberata per aiutare Sindona; inoltre si era prospettata anche la possibilità che emissari della Dc avessero contattato il finanziere per indurlo a dichiarare di aver ricevuto la restituzione dei due miliardi <211. In seguito, nel febbraio 1976, Giovanni Guidi, amministratore del Banco di Roma, affermerà ai magistrati di Milano che erano stati Fanfani e Andreotti a propiziare il finanziamento di 100 milioni di dollari da parte del Banco di Roma a Sindona <212, imponendo Mario Barone come consigliere e amministratore delegato della banca. Guidi spiegherà anche che il prestito era stato deciso in autonomia dalla banca e che Carli era stato informato solo dopo, a luglio.
Nel seguire tutte le vicende l’Avanti non usa particolari cautele nei confronti dell’alleato di governo. Già nell’ottobre del 1974 aveva parlato, sebbene in termini generali, “delle compiacenze di cui ha goduto” Sindona <213; ma fra maggio e giugno del 75, con l’avvicinarsi delle amministrative, e quando il ruolo di esponenti della Dc appare pienamente documentato, un paio di articoli di Ugo Intini segnano un affondo del Psi <214. Afferma Intini che «La particolare caratteristica del crimine nel nostro Paese trova le sue radici […] nella corruzione del potere», inoltre il giornale attacca la politica di law & order promossa da Fanfani e dalla Dc, affermando che in realtà il pericolo per la legalità viene dal legame tra criminali e potere e cita ad esempio il caso Sindona. La Dc sui propri giornali quasi non si occupa della questione, in alcune delle poche circostanze in cui lo fa sostiene che l’operazione del Banco di Roma, tutto sommato è stata vantaggiosa e comunque era stata autorizzata dalla Banca d’Italia <215; molto simili nei loro contenuti le dichiarazioni del ministro del Tesoro Colombo su La Discussione <216.
La definizione di “terremoto” <217 elettorale per le amministrative del giugno 1975, in un paese in cui lo spostamento di consensi da un partito all’altro è sempre stato piuttosto ridotto, sembra decisamente azzeccata. La Dc perde due punti e mezzo rispetto alla tornata del 1970, i socialisti guadagnano quasi due punti. Ma è soprattutto l’affermazione del Pci, il quale passa dal 27,9% al 33,5 e si trova quindi a meno di due punti dai democristiani, che crea sensazione. La mappa del potere locale cambia radicalmente, comincia la stagione delle “giunte rosse” che, per alcuni, potrebbero costituire un anticipo dell’affermarsi dell’”alternativa” anche al livello del governo centrale. Eppure i comunisti sono coerenti nel portare avanti la strategia del “compromesso”, che la grande affermazione contribuisce semmai a confermare. Tra i socialisti, nonostante l’incremento di voti, traspare una certa delusione perché l’altro partito della sinistra ha guadagnato ben di più, un dirigente socialista fa notare che «noi abbiamo scosso l’albero ma i comunisti hanno raccolto i frutti» <218; l’adesione al governo, è la riflessione di molti, penalizza il partito. In occasione del comitato centrale che ha luogo a luglio <219 comincia un periodo di riflessione che dura fino al CC successivo, nel mese di ottobre; in questa fase «si consuma la completa conversione del gruppo dirigente di quel partito alla linea dell’alternativa» <220, cambiamento di rotta poi formalizzato in occasione del congresso del marzo 1976.
Ma chi subisce il travaglio più significativo all’indomani delle elezioni di giugno 1975 sono i democristiani i quali, per usare le parole di Moro, si rendono conto che il destino «non è più, in parte, nelle [loro] mani» <221. Fanfani, nonostante la sua strenua resistenza, perde la segreteria e dopo alcune convulsioni da parte delle correnti prevale la soluzione patrocinata con grande abilità tattica dal presidente del consiglio: il nuovo leader diviene Benigno Zaccagnini, almeno in via provvisoria, in attesa del congresso previsto per il 1976 <222. La sua figura <223 diverrà il simbolo del rinnovamento del partito e del tentativo di liberare dalla sua immagine l’associazione con una serie di episodi torbidi contrassegnati da corruzione, collusione con la criminalità organizzata e, secondo molti, anche con le vicende eversive in funzione anticomunista. Anche le strategie del partito per quanto riguarda le alleanze subiscono cambiamenti; quando Aldo Moro tiene il suo noto discorso in occasione della Fiera del Levante a Bari, a settembre, diviene chiaro che la Dc sta mutando atteggiamento nei confronti dei comunisti: «nessuno può disconoscere la forza e il peso del Pci nella vita del Paese. Nessuno può oggi sottrarsi ad un confronto serio, non superficiale né formale con la massima forza di opposizione…» <224
Tuttavia il nuovo corso della Dc è ben lungi dall’essere accettato da tutte le sue componenti e le abilità di mediazione di Moro non impediscono alla nuova segreteria di essere oggetto di attacchi, soprattutto da parte dei dorotei <225.
Ma le tensioni non si limitano al partito di maggioranza relativa: anche nell’ambito delle forze che sostengono il governo Moro il malcontento viene espresso in maniera sempre più esplicita, in particolare dai socialisti che alla fine dell’anno giungono a provocare la crisi, quando il loro segretario dichiara la «morte» del centrosinistra e reclama un governo che coinvolga in qualche modo i comunisti. Ma una simile mossa non viene raccolta dalla Dc e i socialisti non riescono ad ottenere un epilogo a loro favorevole. Moro può quindi costituire il suo ultimo governo, al quale questa volta partecipa il Psdi al posto del Pri, che pure assicura, come i socialisti, il sostegno parlamentare.
[NOTE]211 “Sindona doveva asserire che la Dc gli aveva restituito i due miliardi” Unità del 13 settembre 1975
212 “Il banchiere Guidi chiama in causa la Dc e Fanfani per il crack Sindona”, Unità del 20 febbraio 1976.
213 “Nel sistema le radici del caso Sindona”, Avanti del 10 ottobre 1974.
214 “Crimine, mafia, banche e politica”, Avanti del 09 maggio 1975, e “Il volto inquietante del potere” Avanti del 12 giugno 1975.
215 “Piena luce sul caso Sindona”, Il Popolo del 12 ottobre 1974.
216 “Colombo sul caso Sindona”, La Discussione N. 1044 del 11 novembre 1974.
217 L’espressione viene introdotta nel dibattito pubblico per indicare gli esiti delle elezioni amministrative del 1975 da C. Ghini, Il terremoto del 15 giugno, Feltrinelli, Milano, 1976.
218 G. Galli, Ma l’Italia non cambia, Studio Tesi, Pordenone, 1978. Pag. 146
219 Vedi l’Avanti del 29/07/75, “Una via democratica per rinnovare il Paese”, nella sua relazione al partito De Martino afferma chiaramente che è necessario “superare il centrosinistra”
220 G. Amato e L. Cafagna, Duello a sinistra. Cit. pag. 106
221 La nota frase viene pronunciata in occasione del discorso detto “della terza fase”, in occasione del Consiglio nazionale del luglio 1975.
222 G. Galli, Mezzo secolo di Dc. Cit. Pag.285.
223 Zaccagnini aveva sorpreso non pochi osservatori quando, alcuni mesi prima, nel corso di un’intervista, (apparsa su Panorama del 26 settembre 1974) aveva espresso l’opinione che il partito doveva rinnovarsi profondamente e abbandonare la ricerca del potere ad ogni costo, ricerca che era divenuta l’«elemento primario».
224 Passaggi del discorso sono riportati su l’Avanti del 13/09/75, “Bilancio di Moro sulla situazione politica”.
225 Vedere “Situazione pesante all’interno della Dc”, l’Avanti del 09 ottobre 1975 e “Piccoli attacca la segreteria e rilancia la centralità”, Avanti del 09 novembre 1975
Edoardo M. Fracanzani, Le origini del conflitto. I partiti politici, la magistratura e il principio di legalità nella prima Repubblica (1974-1983), Tesi di dottorato, Sapienza – Università di Roma, 2013
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