Salta al contenuto principale


In risposta al "Wilson" di oggi


Per chi non lo conoscesse, "Wilson" è il nuovo podcast di Francesco Costa, direttore del Post.

Nel numero di oggi Francesco Costa ha fatto alcune osservazioni, in parte condivisibili in parte no, per spiegare l'esito dei referendum.

A scanso di equivoci, premetto che per me che milito nella CGIL da quasi 15 anni questo referendum è stato una sconfitta tremenda. Non c'è nessun bicchiere mezzo pieno da guardare, c'è solo un bicchiere vuotissimo. Chi sta cercando di vedere la parte mezza piena del bicchiere (il mondo politico) si sta cimentando in un'opera ammirevole di free climbing sugli specchi che però mi sembra non avere alcuna consistenza sul piano dei contenuti.

Il segretario Landini ha affermato "Non abbiamo raggiunto il quorum. Non è una vittoria" che se da un lato non rende affatto l'idea di quanto sia stata una sconfitta pesante per tutti noi che ci abbiamo sperato e abbiamo lavorato per la sua riuscita, almeno ha il pregio di non attirare il ridicolo sui militanti della sua organizzazione. Ai militanti del PD non è andata altrettanto bene, e me ne dispiace; la ridicolaggine di certe affermazioni dei loro leader va ben oltre il giustificabile.

Per tornare al podcast, mi ha colpito innanzitutto la sicurezza con cui Francesco Costa ha individuato tutti i punti per cui, a suo parere, il referendum non doveva essere fatto, tutti i motivi che facevano capire fin dall'inizio che sarebbe andata male. Come scrivevo sopra, in parte concordo con le sue osservazioni, mi domando solo perché abbia aspettato il "dopo" per snocciolare le ragioni del fallimento e non l'abbia fatto prima. Mi è sembrato un tango ballato sulle note del senno di poi.

Ho anche riascoltato l'evergreen sulla "difficoltà dei quesiti", a suo dire troppo tecnici. Siamo un paese ben strano se ancora non abbiamo capito che un parere sul quesito non ce lo possiamo fare dentro la cabina, il giorno dei referendum, leggendo il testo sulla scheda, perché neanche il presidente dell'ordine degli avvocati ce la farebbe a raccapezzarsi tra quelle proposte di cancellare una parola sì e una no in leggi che rimandano ad altre leggi che rimandano ad altre leggi ancora. Il quesito lo si deve capire prima e altrove, nelle settimane che precedono il voto e sui giornali. Il Post ad esempio ha fatto diversi ottimi articoli e podcast sugli argomenti oggetto del referendum. Chi voleva capire di cosa si stava parlando lo poteva fare abbastanza facilmente informandosi al solito modo, leggendo e ascoltanto chi ne scriveva e ne parlava, non credo siamo un paese con bisogni educativi speciali.

E poi mi hanno colpito le assenze, quei temi che non ha toccato neanche di striscio. Provo a buttarne giù un paio.

Davvero non c'è nulla da dire sul fatto che venga indetta una consultazione e che il 70% dei votanti preferisca non andare a votare? Basta accennare, come è stato fatto nel podcast, al fatto che questi sono gli anni con il più gran numero di occupati a tempo indeterminato, che il problema dei licenziamenti non è sentito e che invece la gente si preoccupa dei salari che non crescono? Ma lo sa Francesco Costa quali sono le percentuali di metalmeccanici che partecipano agli scioperi per il rinnovo del loro contratto (quindi per il problema dei salari che non crescono)? Beh, nella mia azienda (150 impiegati) sono circa il 4%. Dov'è tutta questa gente che non si preoccupa dei licenziamenti e che vorrebbe invece occuparsi dei salari? A me sembra il solito "benaltrismo", quell'invenzione cognitiva in virtù della quale qualsiasi sia il problema c'è sempre un ottimo motivo per non occuparsene.

E ancora, è accettabile che in una consultazione referendaria il comportamento di chi non ha nulla da dire conti più di quello di chi invece ce l'ha qualcosa da dire? Possiamo aprire un dibattito sulla ragione per cui ci debba essere un quorum ai referendum abrogativi? Magari chi ritiene che il quorum sia utile ci potrebbe spiegare perché è utile solo sui referendum abrogativi e non, ad esempio, sui referendum costituzionali.

Perché ad un referendum sull'abolizione dell'articolo più insulso di una legge sulla materia più insulsa viene richiesto di garantire, tramite il raggiungimento di un quorum, che la decisione non sia presa da una minoranza di persone mentre ad un referendum costituzionale per l'approvazione di una riforma che sostituisse la Repubblica con la Monarchia, la Magistratura con le telefonate da casa e togliesse il diritto di voto a chi ha il cognome che inizia con "P" non verrebbe richiesto alcun quorum ma basterebbe il voto di una sola persona per procedere alla suddetta modifica?

E insomma, già perdere fa male, se poi bisogna anche elaborare il lutto con questi contributi del Post... sem a post!

#ilPost #referendum #CGIL



Lettera aperta a Nicola Ghittoni, conduttore e autore del podcast "Morning"


Lettera aperta a Nicola Ghittoni, conduttore e autore del podcast "Morning", una rassegna stampa del Post che va in onda dal lunedì al venerdì (il sabato c'è ma è condotta da un'altra persona).


Caro Nicola,

mi permetto di chiamarti "caro" e di darti del "tu" perché da qualche tempo ogni giorno facciamo insieme la strada per andare al lavoro, io al volante della mia auto e tu dal microfono di "Morning".

E mi permetto di pubblicare questa lettera sul mio profilo nel Fediverso (@max@poliverso.org), perché in realtà quello che sto scrivendo a te lo vorrei scrivere a tante altre persone.

E' la seconda volta questa settimana che scrivo a un conduttore di podcast del Post, qualche giorno fa avevo scritto a Francesco Costa su un tema simile.

Vorrei attirare la vostra attenzione sul rischio che diventiate, involontariamente, veicolo di stereotipi anti-sindacali. Mi riferisco alla battuta con cui oggi hai aperto il tuo podcast, "In Italia siamo abituati agli scioperi di venerdì".

Provo a spiegarmi per punti perché l'argomento è articolato.

Punto 1: davvero si sciopera così spesso di venerdì?
Da 15 anni sono iscritto alla FIOM e da un anno circa sono un delegato sindacale. Ti metto qua sotto qualche informazione sulle date in cui sono stati fatti gli ultimi scioperi nella mia azienda (ho solo le date relative agli scioperi proclamati nell'ultimo anno, da quando sono diventato delegato):

  • venerdì 29 novembre 2024 Sciopero generale, 8h (manifestazione a FI)
  • mercoledì 11 dicembre 2024 Esplosione deposito ENI di Calenzano, 4h
  • mercoledì 18 dicembre 2024 Rinnovo contrattuale, 8h (manifestazione a PO)
  • mercoledì 19 febbraio 2025 Rinnovo contrattuale, 3h (presidio davanti azienda)
  • venerdì 21 febbraio 2025 Rinnovo contrattuale, 5h
  • mercoledì 26 marzo 2025 Rinnovo contrattuale, 8h (manifestazione a FI)
  • martedì 22 aprile 2025 Rinnovo contrattuale, 2h (presidio davanti azienda)
  • giovedì 24 aprile 2025 Rinnovo contrattuale, 2h (presidio davanti azienda)
  • martedì 29 aprile 2025 Rinnovo contrattuale, 2h (presidio davanti azienda)

La classifica dei giorni scelti per gli scioperi è guidata da mercoledì (4 scioperi), seguono martedì e venerdì (2 scioperi a testa) e chiude giovedì (un solo sciopero).

Gli scioperi di un'azienda sola, per giunta in un periodo così breve, sono statisticamente significativi? No di certo, però un dubbio potrebbero farlo venire e potrebbe essere utile verificare se davvero ci sia questa schiacciante prevalenza di scioperi fatti di venerdì.

Da qui in avanti invece supporrò che davvero ci sia una netta prevalenza di scioperi fatti il venerdì, ma ripeto che sarebbe bello verificare quanto sia giustificata nei fatti questa convinzione.

Punto 2: di quali scioperi si parla?
Ci sono scioperi che si traducono in una semplice astensione dal lavoro, scioperi con astensione e presidio davanti all'azienda, scioperi con manifestazione provinciale, scioperi con manifestazione regionale e scioperi con manifestazione nazionale (in genere a Roma).

Ti dico come funziona uno sciopero con manifestazione nazionale perché a quanto mi risulta sono momenti a cui partecipa una sparuta minoranza di persone e può essere che pochi sappiano cosa succede realmente o, peggio ancora, che sopravviva l'idea che lo sciopero sia quella cosa che si faceva alle superiori e che si traduceva in una bella mattinata di vacanza, niente interrogazioni, passeggiata in centro con gli amici, ecc. ecc.

Abito a Firenze, il pullman della CGIL per Roma parte intorno alle 7:00 (da Firenze... pensa a che ora si parte da Torino o da Palermo...). Punto la sveglia alle 6:00 e alle 7:00 sono al punto di ritrovo (che non è lontano da casa mia, ma non per tutti è così). Partiamo e intorno alle 11:00 arriviamo a Roma (metro Anagnina). Intorno alle 12:00 arriviamo al concentramento, inizia il corteo e per un paio d'ore si cammina, fino a quando non si arriva al punto dove si terrano i discorsi e lì si sta un'oretta in piedi ad ascoltare i discorsi. Si riparte e, sempre a piedi, si raggiunge la prima stazione della metropolitana aperta (per motivi di sicurezza quelle più vicine sono chiuse, quindi si cammina parecchio), si prende la metro e si torna al pullman, si parte e si rientra a Firenze intorno alle 21:00 (a Firenze... pensa a che ora arriva a casa chi parte da Torino o da Palermo...).

Quindi, levataccia alle 6:00, viaggio andata e ritorno Firenze-Roma in giornata (o Torino-Roma, o Palermo-Roma, dipende...), ore passate a camminare o comunque in piedi, rientro a casa in serata (o in nottata)... e il giorno dopo dovremmo andare a lavorare? Vale la pena ironizzare o lanciarsi in ardite dietrologie sui motivi reconditi per cui questi scioperi vengano fatti "sempre" il giorno prima di un giorno in cui possiamo riposarci?

Punto 3: quanto costa scioperare?
Dall'inizio della campagna di scioperi per il rinnovo del nostro contratto ad oggi abbiamo accumulato quasi una settimana di scioperi. I giorni in cui si sciopera non vengono pagati, come si sa, e considerando una media di 20 giorni lavorativi al mese, conviene ricordare che una giornata di sciopero costa il 5% dello stipendio. Chi ha uno stipendio di 1500 euro netti al mese una giornata di sciopero se la paga 75 euro. Non sono proprio spiccioli.

Se anche si parlasse di scioperi locali, senza spostamenti a Roma, possiamo spenderci questi 75-100 euro nel giorno che preferiamo, magari approfittandone per unire l'utile al dilettevole e far cominciare qualche ora prima il nostro fine settimana? O dobbiamo spendere tutti quei soldi in un giorno che non ci torna neanche comodo? E per dimostrare cosa, che non siamo opportunisti? Che non siamo gente che sciopera per divertimento? Che siamo duri e puri, pronti al sacrificio (tanto duro quanto inutile) in nome dei nostri ideali? Vale di più la lotta fatta facendosi del male? E se scioperassimo flagellandoci sarebbe una dimostrazione ancora più alta di quanto siano nobili le nostre proteste?

Per cui, io non ho elementi per dire se davvero ci sia questa preminenza di scioperi fatti di venerdì, però se anche fosse così a me sembra che ci siano delle ragioni comprensibilissime dietro questa scelta.

Un saluto affezionato,
Massimiliano Polito

#ilPost #FIOM #scioperi