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Superate le 50mila firme necessarie per depositare la PDL Eutanasia Legale


Nel frattempo, l’eutanasia tornerà nuovamente in Corte costituzionale: prossimo appuntamento, martedì 8 luglio


È stato raggiunto un primo importante traguardo per la proposta di legge di iniziativa popolare dell’Associazione Luca Coscioni per legalizzare tutte le forme di fine vita, inclusa l’eutanasia. In pochi giorni sono state raccolte le oltre 50.000 firme necessarie per il deposito in Parlamento, attraverso la firma digitale con SPID o CIE ed i tavoli di raccolta firme in tutto il Paese.

L’obiettivo è ora superare la soglia di sicurezza di 70.000 firme per poter depositare il testo entro il 15 luglio, in vista della discussione sul testo base che riprenderà in Senato il 17 luglio.

Si potrà continuare a firmare online per tutta la prossima settimana sulla piattaforma di raccolta del Ministero della Giustizia oppure ai banchetti presenti in tutta Italia fino a domenica.

Ecco la mappa dei punti di raccolta attivi:

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La proposta di legge promossa dall’Associazione Luca Coscioni vuole dare una risposta a chi chiede di poter scegliere come e quando porre fine alla propria vita, in presenza di malattie irreversibili e sofferenze insopportabili. Il testo prevede che il Servizio sanitario nazionale si faccia carico della verifica delle condizioni del paziente entro 30 giorni dalla richiesta, con la possibilità per i medici di partecipare su base volontaria.

In tutta Italia il diritto al “suicidio assistito” è già legale, a determinate condizioni, grazie alla sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale sul caso “Cappato-Dj Fabo”, ma mancano procedure e tempi certi, e ci sono persone che hanno atteso anche due o tre anni prima di ottenere una risposta. Alcuni pazienti, inoltre, vengono discriminati perché, a causa delle loro patologie, non sono in grado di autosomministrarsi il farmaco letale. Oggi si chiede di estendere il diritto anche all’eutanasia per mano di un medico.

Proprio su questo aspetto si esprimeranno i giudici della Corte costituzionale che il prossimo 8 luglio affronteranno in un’udienza pubblica il caso di “Libera”, una donna toscana di 55 anni affetta da sclerosi multipla progressiva, completamente paralizzata. Pur avendo tutti i requisiti per accedere al suicidio assistito secondo la sentenza n. 242/2019, non è in grado di autosomministrarsi il farmaco letale a causa della sua paralisi, e ha chiesto che sia un medico a farlo al posto suo.

La proposta di legge della Associazione Luca Coscioni, dunque, per superare questa discriminazine prevede la possibilità di scelta da parte della persona malata tra autosomministrazione del farmaco letale (già possibile a determinate condizioni) e somministrazione da parte di un medico (eutanasia attiva, oggi vietata in Italia).

Inoltre, viene eliminato il requisito della dipendenza da trattamenti di sostegni vitali: per poter accedere alla morte volontaria assistita si prevede che la persona debba essere pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, affetta da una condizione o patologia irreversibile o da una patologia con una prognosi infausta a breve termine, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche ritenute intollerabili.

In contrasto, la proposta di legge sull’aiuto medico alla morte volontaria presentata dal Governo punta a restringere il più possibile, fino a di fatto a cancellare, le possibilità di ottenere l’aiuto alla morte volontaria, riducendo drasticamente la platea potenziale degli aventi diritto (sono infatti escluse le persone dipendenti da farmaci salvavita o trattamenti forniti da caregivers e familiari), prevedendo tempistiche tali da negare di fatto l’aiuto alla morte volontaria di malati terminali, cancellando il ruolo del Servizio sanitario nazionale e affidando le decisioni a un organo di nomina governativa e alla magistratura.

“Da oggi esiste una proposta di legge sull’aiuto medico a morire, sottoscritta da oltre 50.000 persone, che è alternativa alla proposta del Governo, e che depositeremo prima dell’avvio del dibattito in Senato il 17 luglio. Invece di cancellare di diritti esistenti, la legge “Eutanasia legale”, infatti, li conferma e li rafforza.

Ci appelliamo alle singole Senatrici e Senatori affinché scelgano da subito la strada indicata dalla proposta di legge di iniziativa popolare, respingendo in blocco la proposta del Governo, e presentando la nostra proposta sotto forma di emendamenti. Ai 50.000 firmatari va il nostro ringraziamento. Proseguiremo la raccolta fino al giorno di consegna delle firme”, hanno dichiarato Marco Cappato e Filomena Gallo, Tesoriere e Segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni.

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Raggiunte le firme necessarie per depositare la legge di iniziativa popolare per l’eutanasia legale. È la proposta alternativa a quella della maggioranza di Governo, che punta invece a ristringere i diritti esistenti.


Il testo del Governo sul Fine vita è incostituzionale e cancella il diritto per chi non è attaccati ai macchinari


Continua la raccolta firme QUI


L’Associazione Luca Coscioni ha tenuto oggi una conferenza stampa per illustrare i contenuti e le gravi conseguenze del testo sul fine vita approvato dal Governo, che di fatto cancella il diritto all’aiuto medico alla morte volontaria, restringendo drasticamente i criteri di accesso in violazione della Costituzione e delle sentenze della Corte.

Filomena Gallo, avvocata e segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, ha dichiarato: “vi pare possibile che una persona che vorrebbe accedere al suicidio assistito si troverebbe a non essere più protetta da leggi in vigore, come quella sulle disposizioni anticipate di trattamento? Il testo della maggioranza, infatti, prevede che non siano più applicabili gli articoli 4 e 5 della legge 219 del 2017e presenta evidenti profili di incostituzionalità già nel suo impianto iniziale perché mira a cancellare diritti riconosciuti dall’ordinamento e ribaditi dalla Corte costituzionale. Fin dall’articolo 1 si parla di indisponibilità del diritto alla vita in modo assoluto, in contrasto con la ‘sentenza Cappato’ 242/2019 e con gli articoli 2, 3,13 e 32 della Costituzione. La vita è un bene fondamentale, ma non è e non può essere un dovere se una persona, in condizioni di piena capacità, sceglie consapevolmente di porvi fine a fronte di sofferenze intollerabili”.

Gallo ha spiegato che “si introduce l’obbligatorietà delle cure palliative come condizione di accesso, trasformandole in un trattamento sanitario obbligatorio, e si istituisce un Comitato Nazionale di Valutazione di nomina governativa che escluderebbe il Servizio sanitario nazionale dalle procedure di verifica dei requisiti e dalla assistenza. Vengono introdotti tempi di attesa incompatibili con le condizioni di chi soffre, non rispettando nemmeno la legge 219/17 sulle disposizioni anticipate di trattamento. La Corte costituzionale ha chiesto al Parlamento una legge che regolamenti l’aiuto medico alla morte volontaria, rispettando e applicando le sentenze della Corte – che hanno valore di legge e che non possono essere ignorate dal legislatore. Serve una legge che rispetti la libertà e i diritti delle persone, non che le neghi”, ha concluso Gallo, ricordando che l’8 luglio la Corte costituzionale discuterà per la prima volta dell’incostituzionalità dell’articolo 579 del codice penale esprimendosi per la prima sul tema dell’eutanasia attiva.

Marco Cappato, Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, ha dichiarato: “il testo non mira a privatizzare l’aiuto alla morte volontaria, ma a vietarlo. Questa legge infatti cambia i parametri stabiliti dalla Corte costituzionale, perché restringe l’accesso solo alle persone collegate a macchinari (‘dipendenti da trattamenti sostitutivi di funzioni vitali’), escludendo chi dipende dall’assistenza di terzi, come famigliari e caregiver (previsti invece dalla Consulta, con il risultato di escludere in partenza la quasi totalità delle persone che ne hanno bisogno. Non solo: introduce il coinvolgimento preventivo dell’autorità giudiziaria, in modo da bloccare le procedure. Non è una legge che regola l’aiuto alla morte volontaria, è una legge che lo cancella”, ha ribadito Cappato.

L’Associazione Luca Coscioni ha infine ricordato che prosegue la mobilitazione in tutta Italia per la raccolta firme sulla legge di iniziativa popolare “Liberi Subito”, per legalizzare l’eutanasia e difendere un diritto che la proposta del Governo intende cancellare.

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Il regalo di Giorgia Meloni al Papa sul #finevita? Una legge che cancella perfino i #diritti di chi soffre e chiede aiuto medico per morire. Chi ritiene indispensabile proporre un modello alternativo, può firmare qui 👉 firmereferendum.giustizia.it/r…
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marcoboh
ecco, anch'io avevo firmato ma non sono abbonato alla newsletter, meno male che ho letto ora controllo
AGGIORNAMENTO ho controllato e dice che ho già firmato quindi già era questa
Questa voce è stata modificata (2 mesi fa)


Meloni porta in regalo al Papa una legge che cancella alla radice il diritto a morire, escludendo chi dipende dall’assistenza di terzi


“Non è importante che sia o meno una coincidenza ma la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni incontra Papa Leone XIV meno di 24 ore dopo l’ufficializzazione del testo sul fine vita, prodotto dal Governo, dopo due mesi di trattative informali, sulla base di testi tenuti segreti, con la Conferenza episcopale italiana, unico interlocutore finora scelto dalla maggioranza”, hanno dichiarato Filomena Gallo e Marco Cappato, Segretaria nazionale e Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni.

“Il merito del provvedimento è coerente con il metodo. La proposta di legge emanata dalla maggioranza cancella alla radice il diritto, che in Italia esiste da 7 anni, all’aiuto medico alla morte volontaria.


Oltre alla questione dell’esclusione del Servizio sanitario nazionale, realizzata affidando a un organo di nomina governativa il potere decisionale sulle richieste dei malati, la disposizione dalle conseguenze più gravi è quella che prevede di limitare il diritto alle persone che siano dipendenti da trattamenti “sostitutivi di funzioni vitali” invece che da “trattamenti di sostegno vitale” (come previsto finora dalla Corte costituzionale). Così facendo, si escludono le persone che a seguito di indicazione medica hanno rifiutato trattamenti di sostegno vitale e le persone totalmente dipendenti da assistenza e trattamenti forniti da familiari o caregiver, che invece finora, in alcuni casi, hanno effettivamente già ottenuto l’aiuto alla morte volontaria da parte del Servizio sanitario nazionale.

Nella speranza che i Parlamentari vorranno deliberare fuori da logiche di partito e di coalizione e vorranno intervenire sul testo rimuovendo le proibizioni e restrizioni apportate rispetto alle regole attuali, come Associazione Luca Coscioni proseguiamo la mobilitazione nel Paese sulla proposta alternativa: la legalizzazione dell’eutanasia, attraverso la sottoscrizione della nostra legge di iniziativa popolare, oltre ai ricorsi giudiziari e al proseguire delle disobbedienze civili”.

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Il Servizio sanitario in Regione Friuli Venezia Giulia ha nuovamente rifiutato a Martina l'aiuto alla morte volontaria, nonostante rientri nelle "condizioni" stabilite dalla Corte costituzionale, vista la sua dipendenza totale dall'assistenza di terzi, oltre alla sofferenza insopportabile e irreversibile alla quale è sottoposta.
Si tratta di un accanimento insensato contro Martina.
Continueremo a aiutarla a fare valere i suoi diritti.

associazionelucacoscioni.it/no…



Suicidio Assistito: Terzo diniego della ASUGI per Martina Appelli


Avvocata Filomena Gallo: “ASUGI continua a negare l’esistenza di trattamenti di sostegno vitale e conferma il divieto di accesso alla morte medicalmente assistita, ignorando le sentenze della Corte costituzionale. Così facendo, infligge a Martina un trattamento disumano che equivale a una forma di tortura”.


Martina Oppelli, malata di sclerosi multipla da oltre 20 anni, lo scorso 4 giugno ha ricevuto il terzo diniego da parte della azienda sanitaria locale ASUGI in merito alla procedura di verifica delle condizioni per accedere al suicidio medicalmente assistito: non avrebbe alcun trattamento di sostegno vitale in corso.

Nonostante le sue condizioni cliniche siano in costante peggioramento e nonostante la sua completa dipendenza da una assistenza continuativa e da presidi medici (farmaci e macchina della tosse), la commissione medica ha nuovamente escluso la sussistenza del trattamento di sostegno vitale, necessario per poter accedere legalmente alla morte volontaria assistita in Italia, sulla base della sentenza 242/2019 della Corte costituzionale.

Per questo motivo, lo scorso 19 giugno Martina Oppelli, assistita dal team legale coordinato da Filomena Gallo, avvocata e Segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni e coordinatrice del collegio legale di Martina Oppelli, ha presentato un’opposizione al diniego, accompagnata da una diffida e messa in mora nei confronti dell’azienda sanitaria. Alla diffida, che invitava ASUGI a riesaminare la posizione di Martina Oppelli alla luce delle indicazioni fornite dalla Corte costituzionale, l’azienda sanitaria ha risposto che sarà “immediatamente avviata una nuova procedura di valutazione” di Martina Oppelli da parte della commissione medica.

“Ammetto di non aver considerato di essere obbligata a subire l’ennesima insostenibile estate. Eppure, ho tutti i requisiti previsti dalla norma e dalle sentenze a ora presenti in Italia per poter usufruire di questo diritto. Un diritto al quale avrei preferito non dovermi mai appellare io, quella della resistenza a oltranza con un po’ di esuberanza. Io che, come altre creature con diagnosi nefaste, adoro la vita fino a succhiarne anche l’ultima goccia di linfa vitale. Ciò che mi rimane è solo una grande stanchezza e lo sconforto per aver creduto nel senso civico di uno Stato laico che dovrebbe concedere al cittadino consapevole, autodeterminato, allo stremo delle proprie forze, di porre fine a una sofferenza per la quale nessuno è in grado di proporre soluzioni plausibili che io non abbia già sperimentato. Probabilmente saranno altri a poterne usufruire, a poterne gioire. E io, chissà, dovrò intraprendere un ultimo faticosissimo viaggio verso un paese non troppo lontano che ha già recepito la supplica di compassione di chi è stato condannato a soffrire a oltranza”, ha dichiarato Martina Oppelli.

“Con questo terzo diniego, ASUGI dimostra di avere una posizione immotivatamente ostruzionistica nella valutazione delle condizioni di Martina Oppelli, che contrasta apertamente con la giurisprudenza costituzionale. Oppelli vive una condizione di totale dipendenza da caregiver per lo svolgimento di ogni singola attività quotidiana, comprese le funzioni biologiche primarie, utilizza quotidianamente la macchina della tosse per evitare il soffocamento ed è sottoposta a una terapia farmacologica con innegabile funzione salvavita. Secondo la sentenza della Corte costituzionale 135 del 2024, questi sono presidi che costituiscono ‘trattamenti di sostegno vitale’ perché ‘la loro sospensione determinerebbe la morte del paziente in un breve lasso di tempo’. ASUGI, ignorando tutto ciò, sta infliggendo a Martina un trattamento che si traduce in tortura”, ha dichiarato Filomena Gallo.

Intanto, è partita la raccolta firme promossa dall’Associazione Luca Coscioni per la legge di iniziativa popolare sul fine vita. L’obiettivo è quello di raccogliere 50mila firme entro il 15 luglio per poi approdare con la legge in Senato il 17 luglio, data in cui inizierà la discussione del testo proposto dalla maggioranza di governo. La proposta di legge dell’Associazione punta a legalizzare tutte le scelte di fine vita, inclusa l’eutanasia, con il pieno coinvolgimento del Servizio sanitario nazionale, dando tempi certi ai malati.

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Dibattito “La libertà di scelta nel fine vita: diritti, limiti e proposte”


Mercoledì 2 luglio, dalle 18.45 presso Làbas in Vicolo Bolognetti 2, dibattito pubblico su eutanasia e suicidio medicalmente assistito.


Nel corso dell’iniziativa si raccoglieranno anche firme per la proposta di legge popolare Eutanasia Legale. Se vuoi firmare online con SPID o Carta d’Identità Elettronica, clicca qui!

Modera l’incontro:

Iole Benetello, Cellula Coscioni Bologna

Interverranno:

Pierfrancesco Bresciani, phd Diritto Costituzionale

Matteo Mainardi, Responsabile iniziative fine vita Associazione Luca Coscioni

Andrea Mariano, Laboratorio di Salute Popolare

Con la testimonianza di Andrea Ridolfi, fratello di Fabio Ridolfi

L’ingresso è libero e gratuito. Dopo il dibattito seguirà serata musicale.

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Dopo il primo fine settimana di mobilitazione, la PDL Eutanasia ha superato le 25mila firme


Ne sono necessarie 50mila per il deposito in Parlamento, e l’obiettivo è raggiungerle in due settimane

Il commento di Marco Cappato e Filomena Gallo: “Dobbiamo respingere il tentativo in atto di cancellare i diritti che abbiamo conquistato con le disobbedienze civili”


Sono state raccolte in pochi giorni le firme di oltre 25.000 persone che hanno sottoscritto online tramite SPID e CIE la proposta di legge di iniziativa popolare finalizzata a legalizzare tutte le scelte di fine vita, inclusa l’eutanasia, promossa dall’Associazione Luca Coscioni, lanciata lo scorso giovedì 26 giugno. A queste firme vanno aggiunte anche quelle raccolte negli oltre 100 tavoli organizzati dall’Associazione in tutta Italia.

L’obiettivo è di raccogliere le firme di almeno 50.000 persone in due settimane necessarie per poter depositare la proposta in Parlamento prima della ripresa della discussione sul fine vita prevista in Senato il 17 luglio.


La proposta di legge, depositata in Corte di Cassazione, su cui inizia la raccolta firme, prevede la possibilità per ogni persona maggiorenne, pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, affetta da una condizione o patologia irreversibile o da una patologia con una prognosi infausta a breve termine, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche ritenute intollerabili, di richiedere, previa verifica delle condizioni, assistenza per porre fine volontariamente alla propria vita mediante autosomministrazione o somministrazione dei farmaci per il fine vita.

La legge prevede la libertà di scelta tra autosomministrazione o somministrazione da parte di un medico; la presa in carico da parte del Servizio sanitario nazionale, con conclusione delle verifiche entro 30 giorni dalla richiesta; la possibilità per i medici di partecipare su base volontaria.

Il testo mira a superare le disuguaglianze territoriali e a garantire un diritto esigibile in tutto il Paese, nel rispetto dei principi costituzionali di autodeterminazione, dignità e umanità.

Dichiarano Filomena Gallo e Marco Cappato, Segretaria nazionale e Tesoriere dell’ Associazione Luca Coscioni : Una legge nazionale è fondamentale per garantire l’applicazione del diritto all’aiuto alla morte volontaria, già stabilito dalla Corte costituzionale, e per ampliarne la portata, consentendo l’aiuto anche da parte del medico a persone che non dipendono da trattamenti di sostegno vitale (come i malati terminali di cancro). Bisogna respingere il tentativo di approvare una legge nazionale che cancelli i diritti già esistenti, che abbiamo conquistato negli anni attraverso le azioni di disobbedienza civile”.

➡ Approfondimento: Ecco perché le proposte del Governo cancellano i diritti esistenti sul fine vita


La proposta di legge sull’aiuto medico alla morte volontaria presentata informalmente dal Governo – il cui testo è finora conoscibile solo attraverso anticipazione mediatiche – punta a restringere il più possibile, fino a di fatto a cancellare, le possibilità di ottenere l’aiuto alla morte volontaria.

In particolare:

1. La proposta del Governo riduce drasticamente la platea potenziale degli aventi diritto, in 3 modi:


  • si trasforma il criterio della “dipendenza da trattamenti di sostegno vitale” in “trattamenti sostitutivi di funzioni vitali”: così facendo, si escludono le persone che a seguito di indicazione medica hanno rifiutato trattamenti di sostegno vitale che sono da considerare come in atto e le persone totalmente dipendenti da assistenza e trattamenti forniti da familiari o caregiver, che invece sono finora stati esplicitamente indicati da parte della Corte costituzionale (e in alcuni casi hanno effettivamente già ottenuto l’aiuto alla morte volontaria da parte del Servizio sanitario nazionale);
  • si restringe anche il criterio della “sofferenza intollerabili”, che da “fisica o psichica”, come stabilito dalla Corte costituzionale, diventa “fisica e psichica”, aumentando a dismisura la possibilità di contestare arbitrariamente la condizione di sofferenza del richiedente;
  • si aggiunge il criterio dell’inserimento nel percorso di cure palliative”, trasformando le cure palliative (che sono già un diritto del malato da 15 anni e un dovere per lo Stato) in trattamento sanitario obbligatorio per potere accedere all’aiuto medico alla morte volontaria.


2. La proposta del Governo prevede tempistiche tali da rendere nella pratica impossibile l’aiuto alla morte volontaria di malati terminali o affetti da malattie neurodegenerative, attraverso il combinato disposto di due scadenze capestro:


  • un termine che può arrivare a 120 giorni per la risposta alle persone richiedenti;
  • un termine di 4 anni prima di potere ripresentare la proposta da parte di una persona che abbia ricevuto un diniego, indipendentemente da un eventuale cambiamento delle sue condizioni di salute.


3. La proposta del Governo cancella il ruolo del Servizio sanitario nazionale, politicizzando la procedura e spingendo verso i privati l’attuazione dell’aiuto medico, in 2 modi:


  • cancellando il ruolo dei Comitati etici territoriali (previsto dalla Corte costituzionale, e che erano chiamati a dare un parere solo consultivo, mentre la decisione spettava alle aziende sanitarie locali), sostituendoli con un Comitato etico nazionale di nomina governativa, il quale fornirà parere vincolante;
  • cancellando il ruolo del Servizio sanitario nazionale, non solo nella valutazione dell’esistenza o meno dei criteri per accedere all’aiuto, ma anche nell’attuazione dell’aiuto stesso, per il quale la persona richiedente dovrà rivolgersi ai privati, oppure andare in Svizzera;

di conseguenza, è cancellato anche il ruolo delle Regioni e risulta evidente la discriminazione tra persone malate: chi accede al fine vita tramite sedazione palliativa profonda ha diritto all’assistenza del SSN, mentre la stessa persona viene esclusa se si tratta di aiuto alla morte volontaria.”.

4. L’inserimento della difesa della vita “fin dal concepimento” è uno specchietto per le allodole, che sarà certamente rimosso come finta concessione per potere più agevolmente insistere con gli altri dispositivi di cancellazione del diritto (esistente in Italia da 7 anni) all’aiuto alla morte volontaria.


Un ultima considerazione riguarda il metodo scelto.

In Francia e in Gran Bretagna l’attuale dibattito sull’aiuto alla morte volontaria si sta svolgendo fuori da logiche di partito o di maggioranza vs opposizione. In Gran Bretagna, il testo è passato col voto contrario di due ministri di peso (Salute e Giustizia). In Francia il testo, di iniziativa parlamentare, è stato preceduto da una Assemblea di cittadini estratti a sorte, durata molti mesi, le cui proposte sono state ampiamente riprese nel testo parlamentare.

In Italia, il Governo ha deciso di portare in aula un testo espressione dell’accordo tra i partiti di maggioranza, sul quale non ha condotto alcuna consultazione formale, e le uniche consultazioni informali riportate dai media sono state quelle con la Conferenza episcopale italiana.

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Sulle carceri Mattarella faccia come Napolitano: mandi un messaggio alle Camere


Nel giorno in cui si ricorda il 100esimo della nascita di Giorgio Napolitano e a seguito dell’incontro del Presidente della Repubblica con una rappresentanza della polizia penitenziaria, Marco Perduca, che per l’Associazione Luca Coscioni coordina le attività sulla salute in carcere ha diramato la seguente nota:

“Non passa giorno che non arrivino notizie delle sempre più drammatiche, cioè illegali, condizioni delle carceri italiane: suicidi di detenuti e agenti, edilizia precaria e perdurante carenza di personale, a tutto ciò si aggiunge un insufficiente qualità igienico-sanitaria della stragrande maggioranza delle strutture – come evidenziato dalle relazioni ottenute dall’Associazione Luca Coscioni a seguito di un accesso agli atti.

In queste stesse ore si ricorda la figura del Presidente Giorgio Napolitano che, corrispondendo a mesi di iniziative nonviolente di Marco Pannella, nel 2013 inviò un messaggio alla Camere che affrontava, cioè denunciava, ufficialmente lo stato illegale delle carceri italiane auspicando misure di decarcerizzazione e depenalizzazione. Se la seconda pare impossibile con queste maggioranze parlamentari la possibilità di adottare misure di liberazione anticipata speciale ci potrebbero essere.

Un testo c’è, quello dell’Onorevole Giachetti, e la necessità e l’urgenza di tale primo provvedimento è evidente e ricordata a ogni convegno o incontro sul tema. Tra l’altro da oltre due settimane Rita Bernardini è nuovamente in sciopero della fame a sostegno della calendarizzazione della proposta di legge sulla quale anche il Presidente del Senato La Russa aveva manifestato interesse. Per onorare degnamente il suo predecessore, il Presidente Mattarella dovrebbe fare altrettanto e porre formalmente la questione alle Camere.

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L’Associazione Luca Coscioni aderisce al manifesto “Live for All”


“L’accessibilità agli spettacoli dal vivo è un diritto costituzionalmente garantito”


L’Associazione Luca Coscioni annuncia la propria adesione al Manifesto “Live for All”, promosso dal Comitato per gli eventi dal vivo accessibili e alla pari per garantire a tutte le persone con disabilità la piena fruibilità degli eventi dal vivo e i diritti dei lavoratori dello spettacolo con disabilità. Questa adesione si inserisce nel solco di un impegno concreto e continuativo dell’Associazione nella tutela dei diritti delle persone con disabilità, anche in ambito culturale. In particolare, ricordiamo che l’Associazione ha fornito assistenza legale in due distinti procedimenti giudiziari – promossi da Sofia Righetti e Valentina Tomirotti – per garantire l’accesso ai concerti di musica extra-lirica all’interno dell’Arena di Verona. Entrambe le vicende si sono concluse con l’affermazione del principio di non discriminazione e del diritto alla piena fruizione dello spettacolo.

“Aderiamo al manifesto Live for All: il diritto alla cultura e alla piena partecipazione alla vita pubblica non può conoscere barriere. La partecipazione alla vita sociale e culturale è una garanzia costituzionale che non può prevedere il disinteresse degli organizzatori degli eventi dal vivo”, dichiara Rocco Berardo, coordinatore delle iniziative per le persone con disabilità dell’Associazione Luca Coscioni.

“Gli importanti precedenti giudiziari – sottolinea l’avvocato Alessandro Gerardi, consigliere generale dell’Associazione e legale nei ricorsi relativi alla fruibilità degli spettacoli – dimostrano come, ancora oggi, anche in occasione di grandi eventi culturali, non venga garantito un diritto fondamentale come l’accessibilità. Continuiamo, quindi, a vigilare e sostenere ogni persona con disabilità che voglia far valere il proprio diritto a partecipare agli eventi dal vivo senza discriminazioni.”

L’Associazione Luca Coscioni ritiene che la proposta di legge in discussione alla Camera sulla partecipazione delle persone con disabilità agli eventi pubblici debba essere integrata con gli emendamenti promossi da Lisa Noja, già deputata e consigliera regionale della Lombardia, e dal Comitato Live for All, affinché vengano garantiti: posti non segregati, piena visibilità, e modalità di acquisto dei biglietti realmente eque e accessibili. Temi che sono stati affrontati nella sintesi delle proposte già presentate da diverse forze parlamentari.

L’Associazione parteciperà alla presentazione del Manifesto “Live for All”, che si terrà in occasione della conferenza stampa Una legge Live for All, il prossimo 3 luglio alle ore 17.00, presso la Sala Caduti di Nassiriya del Senato (Palazzo Madama), promossa dal senatore Ivan Scalfarotto.

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Le discussioni sulla morte volontaria medicalmente assistita Regione per Regione


Oggi, anche in assenza di una legge nazionale, chi vive in condizioni di sofferenza fisica o psicologica insopportabile ha già diritto a ottenere aiuto medico alla morte volontaria, il cosiddetto “suicidio assistito”: per garantire tempi certi per la procedura di verifica e attuazione previsti dalla Corte costituzionale può bastare una legge regionale. Questo il punto sulle discussioni nelle varie Regioni.

TOSCANA

In Toscana, l’11 febbraio 2025, dopo due giornate di intensa discussione in Aula, la Regione ha approvato la proposta di legge “Liberi Subito”, depositata 11 mesi prima con 10.700 sottoscrizioni di cittadini toscani. La nuova norma stabilisce che chiunque richieda una valutazione delle proprie condizioni di salute per accedere al suicidio medicalmente assistito debba ricevere una risposta entro un massimo di 30 giorni; in caso di esito positivo e conferma della scelta, l’assistenza deve essere erogata entro ulteriori 7 giorni.

Il 14 marzo 2025, il presidente della Regione Eugenio Giani ha promulgato ufficialmente la legge. Il 17 marzo 2025 questa è stata pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Toscana con il numero 16/2025. Con questa legge, la Toscana diventa la prima Regione a garantire un iter regolamentato e uniforme per l’accesso al fine vita. Qui è possibile visionare il testo della legge approvata.

Dopo il fallimento di un ricorso al Collegio di Garanzia Statutaria della Regione da parte dei capigruppo del centrodestra, il 9 maggio 2025 il Governo Meloni ha deciso di impugnare la legge toscana davanti alla Corte costituzionale.
Il 22 maggio 2025 la Regione Toscana ha ufficialmente comunicato la propria costituzione in giudizio davanti alla Corte. Lo ha annunciato il presidente Giani, dichiarandosi fiducioso sul respingimento del ricorso: “Le nostre motivazioni sono talmente forti che sono convinto verranno accolte”. Giani ha ricordato come la Corte costituzionale abbia già indicato chiaramente la necessità di un intervento legislativo da parte del Parlamento, e di fronte all’inerzia di quest’ultimo, “è giusto che le Regioni, che in materia sanitaria hanno una competenza di organizzazione del sistema molto precisa, attribuito dalla stessa Costituzione, procedano””.

ALTO ADIGE

In Alto Adige, il disegno di legge “Liberi Subito” sul suicidio medicalmente assistito, presentato da Partito Democratico, Verdi e Team K il 28 febbraio 2025, è stato discusso il 26 giugno 2025 in commissione legislativa del Consiglio provinciale. Il testo è stato bocciato con 3 voti favorevoli (Verdi, Team K e Süd-Tiroler Freiheit, tutti all’opposizione) e 3 contrari (2 della SVP e 1 di Fratelli d’Italia, espressione della maggioranza).

La motivazione del voto contrario, tuttavia, non è stata di merito. Tutti i gruppi hanno infatti espresso condivisione sui contenuti della proposta, ritenendo importante garantire diritti e chiarezza sul fine vita. Le riserve sollevate dalla maggioranza sono state di natura giuridica: si teme che un intervento legislativo provinciale possa essere impugnato, come già accaduto alla legge toscana o alla delibera dell’Emilia-Romagna. Per questo, si è preferito attendere l’evoluzione dei ricorsi in corso e auspicare un intervento chiaro del legislatore nazionale.

Nonostante la bocciatura, il confronto ha mostrato una significativa apertura trasversale sul tema, anche in un territorio tradizionalmente conservatore come l’Alto Adige. L’attenzione resta alta in attesa degli sviluppi a livello statale e delle pronunce della Corte costituzionale.

ABRUZZO

In Abruzzo, la proposta di legge sul suicidio medicalmente assistito rappresenta la prima iniziativa popolare nella storia della Regione. Depositata il 19 giugno 2023, sono state raccolte 8.000 firme, superando di 3.000 il minimo richiesto. Dopo l’audizione dell’Associazione Luca Coscioni in Commissione Sanità il 18 febbraio 2025, si era auspicata un’accelerazione dell’iter, con decisione prevista entro il 26 giugno 2025.

Il 19 giugno 2025, a un anno esatto dal primo approdo in Aula, il Consiglio regionale ha finalmente discusso la proposta, inserita con procedura d’urgenza all’ordine del giorno. Tuttavia, la legge è stata bocciata dalla maggioranza di centrodestra, che ha ritenuto la materia di esclusiva competenza nazionale. Il centrosinistra ha votato a favore. La scelta della maggioranza è stata duramente criticata dall’Associazione Luca Coscioni, che ha parlato di “atto di irresponsabilità” verso malati e medici.

La bocciatura ha suscitato reazioni contrastanti: il Partito Democratico ha denunciato una “resa morale” e “una brutta pagina per la politica abruzzese”, mentre Fratelli d’Italia ha accolto con soddisfazione il voto, ribadendo che la vita è un diritto inalienabile da difendere a livello statale. Nonostante la sconfitta legislativa, l’Associazione Luca Coscioni ha assicurato che continuerà a sostenere legalmente e materialmente le persone che intendono far valere il proprio diritto all’autodeterminazione anche in Abruzzo.

SARDEGNA

Con il rinnovo del Consiglio Regionale a marzo 2024, in Sardegna la proposta di legge sul fine vita è stata nuovamente depositata e presentata alla stampa il 29 novembre 2024, sottoscritta da tutti i gruppi di maggioranza.

Dopo l’appello lanciato da personalità sarde come Paolo Fresu, Claudia Aru e Luigi Manconi insieme all’Associazione Luca Coscioni, il 15 maggio 2025 è stato finalmente avviato l’iter in commissione. La proposta di legge n. 59 è stata illustrata e sono iniziate le audizioni, tra cui quella del 20 maggio della segretaria nazionale dell’Associazione, Filomena Gallo, che ha chiarito come la norma intenda garantire tempi certi per le verifiche da parte delle ASL, evitando attese di mesi o anni per chi richiede l’accesso alla morte volontaria assistita.

Il 17 giugno 2025 si è concluso il ciclo di audizioni con l’intervento di voci critiche come l’associazione Pro Vita e Famiglia e alcuni esperti di bioetica, che hanno contestato la proposta sostenendo che la sentenza della Corte costituzionale non istituisce un diritto alla morte e chiedendo piuttosto la piena attuazione della legge sulle cure palliative. Nonostante le tensioni politiche e le polemiche sul rischio di impugnazioni da parte del Governo, la presidente della Commissione Sanità, Carla Fundoni (PD), ha confermato che la Sardegna potrebbe approvare la sua legge sul fine vita prima della pausa estiva. La discussione generale in Commissione è iniziata il 18 giugno, con l’obiettivo di votare il testo nei prossimi giorni per un rapido approdo in Aula. Fundoni ha assicurato che sarà “un provvedimento equilibrato”, attento alle diverse posizioni emerse durante i lavori.

CAMPANIA

Nel marzo 2024, i consiglieri regionali Luigi Abbate e Maria Muscarà hanno depositato la proposta di legge regionale sul fine vita, poi incardinata l’11 aprile dalla Commissione Sanità e Sicurezza Sociale, che ha avviato un tavolo tecnico di approfondimento. Il 25 marzo 2025, la proposta è arrivata in Aula, ma la discussione è stata rinviata per un cavillo tecnico sollevato dal presidente del Consiglio Regionale, Gennaro Oliviero. Il governatore De Luca ha successivamente richiesto l’avvio di consultazioni con vari soggetti, inclusa la Conferenza Episcopale della Campania, nonostante la fase di audizioni fosse già stata conclusa, rallentando ulteriormente l’iter.

A oltre un anno dal deposito, la proposta di legge “Liberi Subito” continua a subire rinvii. Nonostante fosse all’ordine del giorno per la seduta del 28 maggio 2025, la discussione è stata nuovamente rimandata per l’assenza del parere della Commissione Bilancio – lo stesso pretesto tecnico già usato il 25 marzo. L’Associazione Luca Coscioni, con un presidio davanti al Consiglio Regionale e l’adesione di oltre 115 persone a uno sciopero della fame a staffetta, ha denunciato la paralisi istituzionale e chiesto di votare la legge, nel rispetto del diritto già sancito dalla Corte costituzionale. Marco Cappato ha definito la situazione “l’ultima chiamata per la Campania”, chiedendo ai consiglieri di assumersi la responsabilità politica di approvare o respingere la proposta, senza ulteriori rinvii o finte consultazioni fuori tempo massimo.

UMBRIA

Il 12 maggio 2025 è partita ufficialmente la campagna “Liberi Subito” in Umbria, promossa dall’Associazione Luca Coscioni, con una conferenza stampa a Perugia. La raccolta firme ha come obiettivo minimo 3.000 sottoscrizioni.

Coordinatrice regionale della campagna è Laura Santi, attivista e giornalista affetta da sclerosi multipla, che lo scorso novembre è diventata la prima persona in Umbria a ottenere il via libera dalla propria ASL per accedere al suicidio medicalmente assistito. Nonostante l’autorizzazione ottenuta, Laura è ancora in attesa che vengano definite le modalità di esecuzione della sua volontà e che sia individuato il farmaco necessario.

Durante l’evento di lancio della campagna, Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, ha ribadito la necessità di una legge regionale per garantire tempi certi alle persone malate che chiedono l’aiuto alla morte volontaria. Al suo fianco, la Sindaca di Perugia Vittoria Ferdinandi ha espresso solidarietà a Laura Santi e sostegno alla battaglia per i diritti di fine vita. Laura ha lanciato un appello alla cittadinanza umbra, invitando tutti a firmare per sostenere la proposta: “Basta un documento di identità, andare al tavolo e compilare il modulo. È un’azione semplice, ma può cambiare davvero le cose.”

La raccolta firme proseguirà nelle prossime settimane con tavoli in varie città della regione.

VENETO

Il Veneto è stata la prima Regione a discutere la proposta di legge sul fine vita, depositata con 9.000 firme (superando il minimo richiesto di 7.000). La discussione in Aula è avvenuta il 16 gennaio 2024. Con 25 voti favorevoli, 22 contrari e 3 astenuti, il Veneto non ha approvato la legge. Per l’approvazione era necessaria la maggioranza assoluta: su 50 presenti, servivano 26 sì.

Il governatore Luca Zaia, deluso dall’esito della votazione, ha commentato ribadendo che il tema del fine vita non può essere oggetto di ipocrisia politica, richiede regole chiare e condivise, e ricordando come il diritto all’assistenza medica alla morte volontaria sia già riconosciuto dalle sentenze della Corte costituzionale. Il 7 maggio 2025 Zaia ha annunciato di aver “pronto un decreto per stabilire di rispondere entro dieci giorni” alle richieste dei pazienti.

EMILIA ROMAGNA

In Emilia-Romagna, la proposta di legge popolare sul suicidio medicalmente assistito è stata depositata nel luglio 2023 con 7.300 firme. Nonostante il parere favorevole della Commissione Statuto, la Giunta Bonaccini scelse di non discuterla, emanando invece delibere per regolare l’accesso alla procedura attraverso le ASL. Su queste delibere è ora pendente un ricorso al TAR promosso dalla consigliera di Forza Italia Valentina Castaldini. Anche la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero della Salute hanno impugnato le delibere regionali.

Il Presidente della Regione Michele De Pascale ha ribadito la preferenza per una norma nazionale, pur affermando che la Regione garantirà i diritti sanciti dalla Corte costituzionale. L’Associazione Luca Coscioni ha nuovamente sollecitato il Consiglio regionale a discutere e approvare la proposta di legge, evidenziando che il ricorso al TAR non può vanificare quanto previsto dalla sentenza 242/2019, ma elimina solo i tempi certi previsti dalle delibere, esponendo i malati a nuovi ritardi e contenziosi.

MOLISE

Il 1° aprile 2025 è stata depositata in Consiglio regionale del Molise la proposta di legge sul fine vita, sottoscritta da 10 consiglieri appartenenti sia alla maggioranza che all’opposizione. La norma definisce tempi e procedure per l’accesso al suicidio medicalmente assistito coinvolgendo l’Azienda sanitaria regionale (Asrem), senza impatti sul bilancio né sul Piano di rientro sanitario.

Il 14 aprile 2025 la proposta è stata presentata pubblicamente come un’iniziativa bipartisan, auspicando una futura approvazione all’unanimità. Tuttavia, ad oggi non sono note le tempistiche per l’inizio della discussione.

LOMBARDIA

Il 18 gennaio 2024 sono state depositate 8.000 sottoscrizioni per una proposta di legge di iniziativa popolare, superando ampiamente il requisito delle 5.000 firme necessarie. Il 7 febbraio 2024, l’Ufficio di Presidenza ha dichiarato all’unanimità l’ammissibilità della proposta. Tuttavia, il 19 novembre 2024, il Consiglio Regionale ha votato una questione pregiudiziale di costituzionalità, bloccando di fatto la discussione del testo, ritenendo la materia di competenza statale.

Nel frattempo, il tema del fine vita ha continuato ad alimentare il dibattito in Regione Lombardia, in seguito al primo caso di suicidio medicalmente assistito, che ha visto un acceso scontro all’interno della maggioranza. Il governatore Attilio Fontana, durante un’informativa in Consiglio regionale l’11 marzo 2025, ha sottolineato la necessità di un approccio rispettoso e tecnico al tema, ribadendo che la Regione si è attenuta ai principi stabiliti dalla Corte Costituzionale, in particolare alle sentenze n. 242/2019 e n. 135/2024​. Ha inoltre annunciato che la questione sarà discussa in sede di Conferenza Stato-Regioni per uniformare le modalità attuative a livello nazionale.

Le dichiarazioni di Fontana hanno suscitato reazioni contrastanti. Il dibattito rimane dunque aperto, con una frattura evidente nella maggioranza.

FRIULI VENEZIA GIULIA

Ad agosto 2023, con oltre 8.000 firme raccolte su una soglia di 5.000 necessarie, in Friuli Venezia Giulia è stata presentata una proposta di legge per definire tempi e procedure per l’accesso all’aiuto medico alla morte volontaria. Tuttavia, il percorso della proposta è stato ostacolato: il 10 aprile 2024 la terza commissione regionale l’ha discussa e respinta con motivazioni estranee al suo contenuto e, il 20 giugno 2024, in Consiglio regionale, è stata bloccata da una votazione pregiudiziale.

Nel frattempo, la Regione FVG ha già subito condanne per ritardi nelle procedure di assistenza al suicidio, come nei casi di “Anna” e Martina Oppelli, quest’ultima ricorsa alla Corte costituzionale contro l’illegittimità del requisito del sostegno vitale.

Di fronte a questa pressione crescente, il dibattito si allarga e mette in imbarazzo il Presidente della Regione Fedriga. Lo stesso, essendo anche Presidente della Conferenza delle Regioni, interrogato dal Presidente della Regione Lombardia, ha dichiarato che si cercherà di muoversi “in modo coordinato” nel quadro legislativo esistente, evitando una posizione netta di “sì o no” sul fine vita. Una posizione ambigua che nei prossimi mesi dovrà trovare un punto di caduta.

TRENTINO

A metà aprile inizierà in Trentino la raccolta firme per sostenere la proposta di legge provinciale di iniziativa popolare sul fine vita, intitolata “Liberi Subito”.

L’iniziativa si ispira all’esperienza della Regione Toscana e mira a dotare anche la Provincia Autonoma di Trento di una normativa che stabilisca procedure e tempi certi per l’accesso al suicidio medicalmente assistito, in conformità con la sentenza 242/2019 della Corte costituzionale. Promossa dall’Associazione Luca Coscioni, con il supporto di varie associazioni e gruppi locali, la campagna punta a raccogliere 2.500 firme in tre mesi sui moduli predisposti dal Consiglio provinciale.

LAZIO

Nel Lazio, i consiglieri Marotta e Tidei, rispettivamente di AVS e IV, sono i primi firmatari della proposta che ha raccolto le sottoscrizioni di un gruppo trasversale di consiglieri, sia della maggioranza che dell’opposizione. Nonostante il “caso” di Sibilla Barbieri, non è previsto l’avvio della discussione in Aula. In questo contesto, l’Associazione Luca Coscioni ha lanciato un appello per porre fine alla censura esercitata dalla maggioranza del Consiglio regionale, invitando a discutere urgentemente la legge “Liberi Subito”.

PUGLIA

La prima Regione a mettere parzialmente ordine alle procedure di fine vita così come individuate dalla sentenza 242/2019 è stata la Puglia a gennaio 2023 attraverso una delibera di Giunta che rappresenta sicuramente un primo passo in avanti, ma presenta problematiche. La prima di metodo: si tratta di una Delibera di Giunta e non di una legge. Al primo cambio di Giunta si potrà quindi facilmente ritirare o modificare, senza i passaggi in Consiglio regionale, e quindi senza dibattito davanti l’opinione pubblica che richiederebbe invece la modifica di una legge regionale. La seconda problematica riguarda il merito della delibera: risulta assente la previsione del termine massimo di 20 giorni per il completamento della procedura di verifica delle condizioni della persona malata e l’emissione del relativo parere; mancano le indicazioni precise alle Asl affinché all’interno della propria azienda istituiscano una commissione medica multidisciplinare per la verifica delle condizioni della persona che avanza questo tipo di richieste.
Mancano quindi le due previsioni principali contenute nella pdl “Liberi Subito”.
Il 6 maggio 2024 il Consiglio Metropolitano di Bari ha approvato una delibera per trasmettere alla Regione la proposta di legge “Liberi Subito” chiedendone la discussione. Siamo ancora in attesa di ulteriori sviluppi da parte della Regione.

LIGURIA

Dopo che nel febbraio 2024 un gruppo trasversale di consiglieri regionali depositò e riuscì a portare in discussione la proposta di legge, a seguito delle dimissioni del Presidente Toti e della convocazione di nuove elezioni si è reso necessario un nuovo deposito in questa legislatura. Non sono al momento previste tempistiche certe per la nuova discussione della proposta.

BASILICATA

Dopo il deposito nella passata consiliatura lucana della proposta di legge tramite l’iniziativa di 9 Comuni, tra cui quello di Matera, il Consiglio Regionale ha deciso di non decidere. Con le elezioni del 2024 e il rinnovo del Consiglio regionale, la proposta dovrà essere ripresentata.

CALABRIA

In Calabria la proposta di legge, seppur diversa da quella dell’Associazione Luca Coscioni e limitata ai soli “pazienti terminali”, è stata depositata dal PD. Il 9 febbraio 2024 è stata incardinata la discussione, ma ad oggi non sono stati fatti nuovi passi avanti.

VALLE D'AOSTA

Ad inizio di febbraio 2024 due consigliere di opposizione, Erika Guichardaz e Chiara Minelli, hanno depositato il testo della proposta di legge. Nonostante un duplice invito alla sottoscrizione del testo a tutti i consiglieri di maggioranza e opposizione, ad oggi non sono stati trovati ulteriori consiglieri disponibili a sottoscrivere il testo. Il giorno 3 luglio 2024 è iniziato il ciclo di audizioni degli esperti, primo passo dell’iter legislativo per arrivare alla discussione della proposta.

PIEMONTE

In Piemonte la proposta è stata depositata per via popolare con 11mila firme sulle 8mila necessarie. Dopo un paio di mesi di audizioni degli esperti, il testo è arrivato in Aula il giorno 22 marzo 2024. In quella giornata il Consiglio Regionale -con 35 votanti: 22 favorevoli, 12 contrari e 1 astenuto- ha votato favorevolmente la “questione pregiudiziale di costituzionalità” posta dalla maggioranza, un tecnicismo – seppur consentito dal regolamento – utilizzato in modo strumentale per non permettere di discutere nel merito la proposta, nonostante questa fosse già stata ritenuta ammissibile dalla Commissione di garanzia del Consiglio regionale con decisione ratificata dall’Assemblea a novembre 2023. La maggioranza che sostiene il Presidente Cirio ha così vanificato le firme dei cittadini piemontesi.

MARCHE

Nelle Marche la pdl, seppur con piccole differenze, è stata depositata da un consigliere regionale del PD, Maurizio Mangialardi, già Sindaco di Senigallia, la città di Federico Carboni, la prima persona che in Italia ha avuto accesso legale al suicidio medicalmente assistito nonostante il freno tirato da parte della Regione che non lo ha aiutato nemmeno a trovare un medico e una pompa infusionale necessari per poter procedere. L’Associazione Luca Coscioni ha dovuto avviare una raccolta fondi per aiutare acquistare il macchinario e l’assistenza è dovuta avvenire attraverso il dott. Mario Riccio. Insieme a Mangialardi (PD), il secondo relatore della legge è Giorgio Cancellieri (Lega) e medico di Fabio Ridolfi, il ragazzo di Fermignano che, di fronte ai ritardi del SSN nelle procedure di SA, ha preferito morire come non avrebbe voluto: attraverso l’interruzione di tutte le sue terapie e la sedazione palliativa profonda.
Anche qui la discussione è stata incardinata, si è tenuta una seduta di discussione in Commissione Sanità e poi il dibattito è caduto nel vuoto.

SICILIA

In Sicilia la proposta di legge è stata depositata su iniziativa dei consiglieri regionali nel 2024 ma non è ancora nemmeno stato calendarizzato l’avvio della discussione.

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Per la Fertilità e la Vita


La Liguria, la Regione in cui sono felice di essere nato e vivere, è una regione fortunata anche dal punto di vista dell’assistenza in Oncofertilità. Grazie all’opera di medici di altissimo livello e dalla vista lunga tra cui la Dott.ssa Paola Anserini, la Prof.ssa Lucia del Mastro, il Prof. Matteo Lambertini e i loro collaboratori, l’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino in cui mi onoro di lavorare è diventato un centro regionale con oltre 1.000 nuovi casi l’anno presi in carico dalle Unità di Senologia e di Oncofertilità. Queste ultime garantiscono percorsi assistenziali dedicati con particolare attenzione al tema della preservazione della fertilità per le pazienti under 40. Grazie ad esse, una donna su dieci riesce ad avere un figlio dopo la diagnosi di tumore del seno. Un dato doppio rispetto alla media nazionale che colloca l’IRCCS genovese ai primi posti in Europa. Ma molte donne ancora non riescono più a procreare dopo l’uscita dal tunnel della malattia ed anche qui le opportunità di miglioramento non mancano.

A livello nazionale la situazione è variegata, come spesso accade in tema di sanità. Ogni anno in Italia circa 8.000 cittadini under 40 (5.000 donne e 3.000 uomini) sono colpiti da tumore, 30 ogni giorno, pari a circa il 3% del numero totale delle nuove diagnosi. Nel nostro Paese ci sono 319 Oncologie e sono 178 i centri di Procreazione medicalmente assistita che applicano non solo la fecondazione in vitro ma anche la crioconservazione (cioè il congelamento e la conservazione a temperature bassissime) dei gameti. Ma, come anche l’esperienza genovese suggerisce, va migliorata la comunicazione fra le due realtà.

Anche la fertilità maschile può essere compromessa dalle terapie oncologiche, in particolare chemioterapia e radioterapia, che possono ridurre la produzione di spermatozoi o danneggiarne la qualità. Ciò può portare a infertilità temporanea o permanente, con conseguenze che variano a seconda dei farmaci utilizzati, delle dosi e della localizzazione della radioterapia.

Dai pochi dati ricordati, si ricava quindi che il problema del mantenimento della fertilità interessa una varietà di pazienti oncologici, femmine e maschi, adolescenti e giovani adulti, con patologie neoplastiche diverse che richiedono protocolli terapeutici chemio e/o radioterapici spesso tossici sulle gonadi. Ma la distribuzione sul territorio nazionale di centri per l’Oncofertilità e l’accesso alle cure, la formazione del personale sanitario e l’informazione alla popolazione sul tema, come spesso accade in tema di assistenza sanitaria, sono fortemente squilibrate tra le diverse regioni e richiedono interventi .

Peraltro, il problema certamente non riguarda solo i pazienti oncologici, ma una popolazione generale del Paese che va progressivamente invecchiando, divenendo sempre meno fertile e sempre più bisognosa di assistenza medica per la procreazione. Secondo gli ultimi dati ISTAT, gli uomini italiani sono i papà “più vecchi” d’Europa: il primo figlio arriva mediamente dopo i 35 anni d’età. Con l’avanzare dell’età aumenta infatti anche la quantità di danni al DNA spermatico. Così già dai 34 anni in su, i danni accumulati possono impedire il concepimento o aumentare le probabilità di tramandare ai figli difetti genetici, legati a patologie nell’infanzia e anche in età adulta. E’ di pochi giorni fa l’appello degli specialisti della Società Italiana di Andrologia affinché la crioconservazione del seme sia resa più accessibile, all’interno del SSN, agli uomini che per diverse ragioni debbano posticipare la ricerca di paternità.

Se posso fare una considerazione personale, ritengo che tra quelle ragioni, si trovi in posizione preminente, se non al primo posto, la precarietà del posto di lavoro. Garantire ai/alle nostri/e giovani la necessaria stabilità di un lavoro equamente retribuito, per poter affrontare con sufficiente serenità il meraviglioso ma impegnativo progetto di avere un figlio, darebbe a mio avviso un forte stimolo alle nascite. In tal senso, il Centro più importante per lo studio e la cura dell’infertilità degli italiani potrebbe essere in verità il Ministero del Lavoro.

Anche misure sociali che stimolino una più rapida e vera integrazione delle popolazioni immigrate e/o dei loro figli/e con una cittadinanza ottenibile in un numero ragionevole di anni ed un aumento di unioni interetniche potrebbero contrastare il nostro declino demografico. Ricordiamo che al di là di paure irrazionali, il mescolamento di geni e culture diverse sono fattori che irrobustiscono la salute fisica e mentale delle popolazioni.

L’Associazione Luca Coscioni, ha lavorato con giuristi ed esperti ad un disegno di legge che fu depositato nella XVI legislatura per la conservazione di gameti umani e tessuto gonadico, procedure in parte invasive per le persone che vogliano ricorrervi e che vanno sostenute da parte dello Stato. Ad oggi solo la parte del tessuto gonadico è prevista e in vigore. Il nostro auspicio è che possa essere prevista la preservazione della fertilità per tutti coloro che in età fertile vogliano effettuarla a carico del SSN, nell’ambito dei provvedimenti che verranno adottati per il miglioramento del futuro demografico dell’Italia. Vorremmo evidenziarne il principio: per la sua importanza in un Paese con un tasso di natalità basso come il nostro, la preservazione della salute riproduttiva dovrebbe dipendere unicamente dalla scelta delle persone che desiderano un figlio o una figlia, da nient’altro.

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