Leggo sulle agenzie che morti e dispersi sarebbero operai alla guida delle autobotti. Non so se siano dipendenti ENI ma ho la sensazione che si tratti di camionisti.
Come mi ha segnalato un compagno autotrasportatore negli ultimi anni in generale, e anche negli impianti Eni (non ho notizie dirette al riguardo sull’impianto di Calenzano), si è risparmiato sui costi del personale che curava il carico facendo fare direttamente ai camionisti un lavoro per il quale non hanno una formazione specifica né tantomeno opportuna copertura assicurativa. Il compagno mi faceva presente l’altissimo rischio rappresentato da questa situazione considerato che si trasportano materiali infiammabili e tossici.
Si tratta di una cosa che in Germania, in Francia e gran parte d’Europa non accade e un tempo pare che non accadesse neanche in Italia. Per assicurarsi contratti le ditte di trasporti accettano di farsi carico di queste operazioni e così fanno anche i padroncini che, essendo cottimisti e subordinati, sono di fatto l’anello debole della catena dei subappalti, costretti a lavorare perennemente nella fretta.
Se fossero queste le circostanze dell’incidente non si potrebbe che parlare non di errore umano ma di omicidio sul lavoro. Sarebbe gravissimo verificare che in impianti che rientrano nella direttiva Seveso si consentano operazioni senza personale specializzato.
Questa ipotesi che formulo riguarda una condizione in cui si trovano quotidianamente gli autotrasportatori che rende l’idea di quale sia il rispetto per le condizioni di sicurezza di chi lavora nel nostro paese. Siamo di fronte a un vuoto normativo per quanto riguarda le competenze di caricatori e trasportatori che consente questa situazione di rischio.
Ai familiari delle vittime e dei dispersi la solidarietà del Partito della Rifondazione Comunista.
Maurizio Acerbo, segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista
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Due morti, nove feriti (due in gravi condizioni) e 3 dispersi, grave inquinamento del territorio da fumi tossici nocivi per la salute: è il bilancio provvisorio dell’esplosione di un deposito Eni avvenuta poco dopo le 10 di questa mattina a Calenzano, in provincia di Firenze.
Di nuovo morti, di nuovo lavoratori uccisi vittime di una guerra senza fine contro le persone che lavorano per vivere, ma rischiano sempre più spesso di morire.
Non si parli di incidente o di tragica fatalità, siamo di fronte a un’altra strage annunciata: la pericolosità del deposito petrolifero era nota da anni e nonostante ciò, ancora una volta ha prevalso il primato del profitto rispetto a tutto, vita delle persone compresa.
Carenza assoluta di controlli, riduzione dei vincoli e delle penali a carico delle imprese, spingono queste ultime verso comportamenti illegali allo scopo di risparmiare sulla sicurezza, con la quasi certezza dell’impunità. Anche perché i processi quando arrivano, specie quando riguardano grandi aziende, spesso si risolvono in pene irrisorie o addirittura con la prescrizione.
Di tutto questo e della conseguente tragedia quotidiana delle morti sul lavoro non sono responsabili solo i diretti criminali che vanno puniti. Dietro queste morti c’è la responsabilità morale dei governi degli ultimi 15 anni che hanno deregolamentato sempre più il rapporto di lavoro a vantaggio delle imprese anche rendendo le lavoratici e i lavoratori sempre più ricattabili attraverso la riduzione di diritti e tutele e la diffusione della precarietà; e il governo attuale si muove nella stessa direzione.
Per porre fine a questa tragedia infinita occorre rilanciare le lotte tenendo sempre al centro gli obiettivi sulla sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro a partire dall’introduzione nel codice penale del reato di omicidio sul lavoro.
Dopo le morti nel cantiere Esselunga di Via Mariti la risposta della città e delle organizzazioni sindacali è stata tempestiva e partecipata, occorre una mobilitazione altrettanto pronta di tutto il mondo del lavoro contro questa ennesima strage che colpisce tutto il territorio.
Le stragi devono finire!
Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Lorenzo Palandri, segretario della federazione di Firenze
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea
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Il suicidio della democrazia
Da Pericle a Ferrarotti - di Alba Vastano - Il sociologo Franco Ferrarotti analizza la scomparsa dolorosa e tragica della democrazia dalla scena sociale,Rifondazione Comunista
In occasione della caduta del regime tirannico del Baath in Siria.
Ai popoli liberi della Siria: curdi, arabi, siriaci, assiri, musulmani, cristiani e yazidi.
Oggi voltiamo una pagina nera della storia moderna della Siria con la caduta del regime tirannico del Baath che ha governato il Paese con la repressione e il pugno di ferro per decenni.
Il nostro popolo ha sofferto per l’emarginazione, l’oppressione e la divisione attuate dal regime per distruggere il tessuto sociale e consolidare il proprio potere. Ma la volontà del popolo è più forte di qualsiasi regime tirannico, e qui stiamo contemplando una svolta storica verso la libertà e la dignità.
In questo momento critico chiediamo a tutte le componenti della Siria settentrionale e orientale di proteggere i risultati dell’amministrazione autonoma e di stringersi attorno alle Forze Democratiche Siriane (SDF) come garanti della sicurezza e della stabilità nelle aree liberate.
L’SDF ha dimostrato di essere una forza di unificazione nazionale che ha lavorato per proteggere la popolazione in tutte le sue componenti e crede nel pluralismo e nella democrazia come base per costruire il futuro della Siria.
Noi, partiti e forze che firmano questa dichiarazione, mentre ci congratuliamo con il nostro popolo per la caduta del regime di oppressione e tirannia, affermiamo che spetta a noi aprire una nuova fase per:
- Garantire la sicurezza e la stabilità attraverso la cooperazione con le forze nazionali sul terreno, impedendo qualsiasi tentativo di seminare il caos o di tornare indietro.
- Promuovere un dialogo nazionale tra tutte le componenti del popolo siriano senza discriminazioni o esclusioni per creare le basi di una nuova Siria.
- Costruire una Siria pluralista, democratica e decentrata, dove ogni componente abbia il diritto di gestire i propri affari, dove i diritti umani siano rispettati e dove giustizia ed equità siano preservate per tutti.
Invitiamo inoltre il nostro popolo a essere vigile e responsabile, poiché la nuova fase è piena di sfide, ma anche di speranze, per costruire una patria democratica in cui prevalgano pace e giustizia.
Lavoriamo per una Siria democratica, pluralista e decentrata.
Gloria ai martiri della libertà.
Partiti e forze che firmano la dichiarazione:
- Congresso Nazionale del Kurdistan (KNK)
- Partito dell’Unione Democratica.
- Partito Verde Democratico.
- Partito della Pace e della Democrazia del Kurdistan.
- Partito Liberale del Kurdistan.
- Partito Comunista del Kurdistan.
- Partito Democratico del Kurdistan -Siria.
- Partito Democratico Curdo Siriano.
- Partito della Sinistra Curda in Siria.
- Partito della Sinistra Democratica Curda in Siria.
- Partito del futuro siriano.
- Partito del cambiamento democratico del Kurdistan.
- Partito del Rinnovamento del Kurdistan.
- Unione dei lavoratori del Kurdistan.
Dal congresso nazionale curdo
In occasione della caduta del regime tirannico del Baath in Siria. Ai popoli liberi della Siria: curdi, arabi, siriaci, assiri, musulmani, cristiani e yazidi.Rifondazione Comunista
La fine del cinquantennale regime degli Assad segna una vittoria per la Turchia, gli USA, Israele e le petromonarchie che hanno sostenuto per tredici anni la guerra per procura delle forze jihadiste. Il piano statunitense di disgregazione dei grandi stati che erano stati protagonisti molti decenni fa del nazionalismo panarabista dopo Iraq e Libia ha avuto come bersaglio la Siria. Il regime, indebolito dalla guerra civile, dalle sanzioni e dall’occupazione americana dei suoi siti petroliferi, non ha retto ulteriormente senza il supporto di Hezbollah e Iran duramente colpiti da Israele. Non è chiaro cosa sia successo in questi giorni e il ruolo svolto dalla Russia e da altre potenze. La condanna della repressione che ha caratterizzato il regime laico degli Assad certo non giustifica lo sdoganamento come liberatori degli jihadisti di Al Quaeda come Jolani e il suo HTS o degli islamisti dello SNA che con l’esercito turco attaccano il Rojava curdo, l’unica realtà di autogoverno democratico e convivenza della regione. Il presunto liberatore di Damasco ha già definito il PKK di Ocalan organizzazione terrorista. Come al solito i media occidentali sdoganano come “ribelli” i fondamentalisti islamici quando sono al loro servizio. In questo contesto l’Italia e l’Unione Europea, dovrebbero operare per garantire il rispetto dei diritti umani dell’intera popolazione siriana, vera vittima di questa guerra eterna e del diritto internazionale, la salvaguardia dell’integrità territoriale della Siria, la protezione delle minoranze e del Rojava dall’aggressione islamista e turca. una transizione democratica attraverso una conferenza di pace con tutte le forze in campo sotto l’egida del segretario generale ONU e la costruzione delle condizioni per la convivenza di tutte le comunità con il metodo del confederalismo democratico, la determinazione della natura dello stato (confederale o federale) e delle istituzioni per arrivare a libere elezioni sotto supervisione dell’ONU. Va negato qualsiasi riconoscimento internazionale a formazioni terroristiche islamiste che intendano imporre sharia e persecuzione delle donne. Su questi obiettivi proponiamo di mobilitarci unitariamente in Italia e in Europa alle forze politiche e sociali di sinistra e antifasciste e ai movimenti pacifisti, antimperialisti e femministi. Al popolo siriano, in tutte le sue componenti, vanno garantiti pace, libertà e diritti, così come alle altre popolazioni martoriate del Medio Oriente.
Maurizio Acerbo, segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea
di Paolo Ferrero dal Fatto Quotidiano -
Ho letto con grande interesse l’articolo di Elena Basile uscito oggi sul Fatto quotidiano con il titolo L’occidente è in guerra, il dissenso ora si unisca. Senza voler fare torto all’articolazione dei ragionamenti ivi contenuti, mi pare di poter affermare che il centro dell’articolo – e della proposta politica ivi contenuta – si possa riassumere nella seguente affermazione: “È essenziale il contrasto alla guerra in nome della giustizia sociale, di politiche statali che limitino la belva sfrenata del mercato capitalista, degli interessi delle oligarchie della finanza. Questa è la strada”.
Condivido. La prospettiva di unire le forze che si oppongono alla guerra, alle politiche di guerra, all’austerità liberista e antipopolare ritengo sia il punto fondamentale di una politica che punti all’alternativa.
Ho letto con grande interesse l’articolo di Elena Basile uscito oggi sul Fatto quotidiano con il titolo L’occidente è in guerra, il dissenso ora si unisca. Senza voler fare torto all’articolazione dei ragionamenti ivi contenuti, mi pare di poter affermare che il centro dell’articolo – e della proposta politica ivi contenuta – si possa riassumere nella seguente affermazione: “È essenziale il contrasto alla guerra in nome della giustizia sociale, di politiche statali che limitino la belva sfrenata del mercato capitalista, degli interessi delle oligarchie della finanza. Questa è la strada”.
Condivido. La prospettiva di unire le forze che si oppongono alla guerra, alle politiche di guerra, all’austerità liberista e antipopolare ritengo sia il punto fondamentale di una politica che punti all’alternativa.
Oggi, le principali forze politiche dell’attuale schieramento bipolare, FdI da una parte e Pd dall’altra, condividono con una sintonia al limite dell’imbarazzante lo stesso impianto politico guerrafondaio e le politiche economiche ad essa connesse. Ovviamente Meloni e Schlein hanno culture politiche, linguaggi e immaginari politici assai diversi, ma concordano sull’essenziale e in sede europea lo hanno mostrato ampiamente con il sostegno a Ursula von der Leyen e al suo progetto guerrafondaio, subalterno agli interessi degli Usa e liberista e con l’incredibile voto a favore del lancio dei missili a medio raggio sulla Russia, cioè a favore della terza guerra mondiale.
La prospettiva che indica Elena Basile implica quindi che si costruisca una alternativa non solo alle destre ma anche al Pd, e che si scardini consapevolmente l’impianto bipolare oggi imperante nel nostro paese e che tanti danni ha provocato in questi decenni. Un compito arduo ma necessario, visto che è sempre più evidente che il sistema dell’alternanza non apre la strada all’alternativa ma invece la nega, in una danza immobile di alternanza tra simili che litigano su tutto salvo che sull’essenziale. Di questo si è accorta la maggioranza della popolazione che non va più a votare.
Oltre a condividere la prospettiva che propone Basile, penso anche che oggi vi siano le condizioni per realizzarla.
In primo luogo le politiche di guerra, oltre ai morti e ai feriti, producono impoverimento generale. Non solo perché l’enorme aumento delle spese militari – anche questo condiviso da centrodestra e centrosinistra – porta con sé un drammatico taglio delle spese sociali, ma perché le sanzioni economiche stanno distruggendo l’economia europea, a partire da quella tedesca e da quella italiana. Il no alla guerra non è solo un imperativo etico che riguarda la “testa”, ma una necessità sociale che riguarda la “pancia” della nostra gente. Il no alla guerra e alle politiche di riarmo è oggi una proposta politica maggioritaria nel nostro paese. Bisogna avere il coraggio di praticarla con determinazione.
In secondo luogo è del tutto evidente che in tutta Europa sta andando in crisi l’equilibrio fondato sul liberismo guerrafondaio: in Germania, in Francia ma anche in Romania e in altri paesi questa prospettiva non regge. Il caso della Francia è emblematico e occorre sottolineare la grande visione che ha animato la politica di Melenchon, che dopo aver piegato la sinistra liberista ha rotto il tabù del voto con la destra pur di arrivare a mettere in crisi il governo macronista. La situazione europea ci dice con chiarezza che il sistema centrodestra-centrosinistra, che ha gestito il liberismo di Maastricht, sta saltando e che in assenza di una risposta da sinistra saranno le forze di destra a capitalizzare questa crisi.
Infine, è sempre più evidente che l’alleanza – non solo militare – tra l’Europa e gli Usa è una fregatura. Il ciclo iniziato con la seconda guerra mondiale, discutibile ma comunque con una qualche utilità per l’Europa, è morto e sepolto. Gli Usa, mentre cercano di prolungare con la guerra la propria posizione di inaccettabile privilegio a livello mondiale, stanno succhiando sangue come un vampiro all’alleato europeo. E’ sempre più evidente che gli interessi dell’Europa non coincidono per nulla con quelli delle elites statunitensi: non coincidono sul piano delle politiche economiche, né su quello della guerra e delle politiche di riarmo. Il problema è che questo evidente sfruttamento dell’Europa da parte degli Usa è chiaro a tutti salvo che alle classi dirigenti europee che – a partire da Draghi – sono i principali fautori della sudditanza del vecchio continente.
Per tutte queste ragioni penso non solo che sia necessario costruire una convergenza tra le forze contro la guerra e contro il liberismo, ma che vi sia uno spazio politico vero per costruire questa prospettiva politica come prospettiva popolare, per costruire una coalizione popolare che, al di là delle legittime idee e differenze su mille questioni, si trovi unita sui punti fondamentali dello scontro politico odierno. Il no alla guerra e alle politiche di guerra, il no al liberismo e alle politiche di austerità, il no alla distruzione dell’ambiente, dei diritti sociali e civili costituiscono gli assi attorno a cui imbastire questa convergenza, questa coalizione popolare. Nel ringraziare Elena Basile di aver sollevato il problema non posso che dire: discutiamone e lavoriamoci!
Concordo con Elena Basile: contro guerra e austerità serve una coalizione popolare
di Paolo Ferrero dal Fatto Quotidiano - Ho letto con grande interesse l’articolo di Elena Basile uscito oggi sul Fatto quotidiano con il titolo L’occidenRifondazione Comunista
Sulla sostanza delle cose dette da Conte sono completamente d’accordo e non mi interessa disquisire sull’uso della parola sinistra visto che in Italia è stata disonorata da governi che hanno fatto politiche antipopolari. I commentatori che attaccano Conte per la maggior parte hanno fatto da scorta mediatica alle sciagurate politiche neoliberiste del PD da cui Elly Schlein cerca di distanziarsi. La posizione di Conte sulla guerra e le politiche europee coincide con quella che Rifondazione sostiene da anni e quindi non posso che essere solidale. Non capisco perchè AVS non unisca la sua voce a quella del M5S dicendo chiaramente al PD che uno schieramento contro la destra deve avere come discriminante il no alla guerra e a un Patto di Stabilità europeo che punta sull’industria bellica e l’aumento delle spese militari. Già nel 2022 proposi una coalizione popolare pacifista e la ripropongo al M5S e AVS. Porre la discriminante della guerra non significa fare il gioco della destra ma chiedere chiarezza sulla questione fondamentale oggi in Europa. Il PD dovrebbe smetterla di essere il partito che vota per l’invio di armi a paesi belligeranti e sostiene le guerre della NATO. Anche la presa di distanza dalla commissione europea di Ursula von der Leyen è una richiesta minima. Come ripeto in ogni iniziativa unitaria contro le destre un fronte antifascista e per la Costituzione dovrebbe partire dal ripudio della guerra sancito dall’articolo 11. Per fare unità bisogna dire basta alla guerra e all’adesione all’austerità ordoliberista. Come si possono criticare i tagli alla sanità e alla spesa pubblica di Giorgia Meloni se non si mettono in discussione il Patto di stabilità e le regole europee? Sono sicuro che la maggior parte delle elettrici e degli elettori del PD e del centrosinistra chiedono politiche di pace e giustizia sociale, cioè di sinistra.
Maurizio Acerbo, segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista
Acerbo (Prc): Conte ha ragione, per fare unità basta guerra
Sulla sostanza delle cose dette da Conte sono completamente d'accordo e non mi interessa disquisire sull'uso della parola sinistra visto che in Italia è stataRifondazione Comunista
di Maurizio Acerbo, Paolo Berdini -
Il provvedimento che il centro destra insieme al Pd ha approvato pochi giorni fa alla Camera, è un colpo mortale alle nostre città, ma anche ai princìpi della nostra Costituzione Il cosiddetto “Salva Milano”, che una maggioranza trasversale – centro destra insieme al PD – ha approvato pochi giorni fa alla Camera, è un colpo mortale per le nostre città, ma anche per i principi della nostra Costituzione. Vediamo le tre questioni rilevanti. Da alcuni mesi la Magistratura milanese ha aperto inchieste su numerosi cantieri che, sulla base di un’interpretazione fantasiosa e disinvolta delle leggi, erano stati autorizzati.
La Camera dei Deputati entra a gamba tesa in questa vicenda prendendo le parti dei proprietari fondiari e dei costruttori con un condono che riguarda scandali inauditi (palazzi di otto piani al posto di capannoni alti quattro metri, per fare un esempio) con una “interpretazione autentica” della legge urbanistica e del testo unico dell’edilizia. Il legislatore interviene esplicitamente per rendere vano il controllo di legalità in corso.
Una mostruosità che un tempo avrebbe indignato tutta l’Italia democratica e progressista passa con il voto del principale partito di opposizione perché va in soccorso di una giunta di centrosinistra che – in continuità con le amministrazioni di destra – ha svenduto la città all’immobiliarismo. Vanno ringraziati per la loro opposizione i comitati, gli urbanisti come Sergio Brenna, anche Rifondazione e la lista “Milano in Comune” che si sono presentate in alternativa proprio denunciando questa deriva. La vandea contro la Magistratura milanese è stata scatenata sulla base di argomentazioni che capovolgono la verità dei fatti. Tutti i quotidiani di destra (Libero, Il Giornale e La Verità) hanno costruito una campagna sostenendo che, a causa delle indagini, i valori immobiliari di Milano rischiavano di precipitare e si stavano perdendo 40 miliardi di investimenti privati.
La prima tesi è completamente falsa. Le analisi sui valori immobiliari uscite in questi giorni confermano che Milano ha raggiunto livelli vertiginosi, i più alti d’Italia. Le giunte di centrosinistra che guidano da più di un decennio la città un risultato lo hanno ottenuto: hanno premiato la rendita immobiliare e nello stesso tempo espulso verso l’hinterland la parte più povera della città. La seconda tesi non dice che dietro ai 40 miliardi “scomparsi”, c’è il dato che i costruttori milanesi non hanno versato alla collettività milanese come minimo 1 miliardo di euro. E mentre i 40 miliardi torneranno sicuramente ad essere investiti, per recuperare gli oneri di urbanizzazione non versati dovremo aspettare sentenze che potrebbero non arrivare se il condono sarà approvato anche al Senato.
Quegli oneri servono per costruire servizi sociali, scuole e parchi. L’urbanistica da bere milanese ignora gli articoli 3 e 41 della Costituzione. Sala ha agito da Robin Hood alla rovescia, la Camera dei Deputati ha sancito per legge questo furto ai danni della comunità. La legge “Salva Milano” infine cancella la certezza del diritto. Si permette infatti di demolire e ricostruire nuovi edifici anche alterando i confini e le altezze esistenti. È una modalità di intervento molto delicata perché nelle città sono stratificati i diritti dei proprietari confinanti ad avere luce, panorama, e affacci. Ne sanno qualcosa gli incolpevoli cittadini milanesi che hanno visto nascere mostri di cemento di otto piani che precludono loro la vista e l’aria.
La legislazione vigente in materia, di chiaro impianto liberale, assoggettava questa modalità di intervento alla redazione di un piano urbanistico di dettaglio. Si voleva in questo modo salvaguardare quei diritti che citavamo, perché la procedura è pubblica. Vengono a conoscenza del piano consiglieri, comitati e singoli cittadini che possono, proprio in forza della legge, presentare osservazioni o eventualmente ricorrere alla giustizia amministrativa.
Non sarà più possibile. Gli “energumeni” del cemento armato – ripetiamo destra più Pd –
vogliono consentire questi interventi con una semplice comunicazione agli uffici comunali.
In tal modo conoscono lo scempio imminente solo il proprietario e il tecnico comunale. Il
modello Milano incriminato dalla Magistratura sta per diventare la nuova urbanistica da
esportare in ogni città italiana. Bisogna fermare questa vergogna.
dal Manifesto
‘Salva Milano’, modello mostro da esportazione
di Maurizio Acerbo, Paolo Berdini - Il provvedimento che il centro destra insieme al Pd ha approvato pochi giorni fa alla Camera, è un colpo mortale alle noRifondazione Comunista
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Theandric, il Teatro Nonviolento dove l’arte diventa veicolo di pace e trasformazione comunitaria
di LAURA TUSSI Il teatro non è solo un’arte, ma può diventare uno strumento di trasformazione sociale, un mezzo per educare, sensibilizzare e costruirRifondazione Comunista
Il presidente del Senato alla presentazione di un libro sul militante del Fronte della Gioventù assassinato nel 1975: «Oggi vediamo delle scimmiottature di quegli anni che possono essere pericolose, anche se sono solo 10 invece di 1000».. Rampelli chiede una commissione d’inchiesta. Acerbo (Prc): «Vergognoso che il presidente del Senato racconti bufale per riabilitare il fascismo»
«Esiste un solo caso di violenza attribuita alla destra come quello di Ramelli che fu preso sotto casa con le stesse modalità? Io almeno non he ho memoria, non lo conosco, sicuramente a Milano no… e comunque, chi ricorda un solo caso di militanti di destra che abbiano interrotto una manifestazione o un discorso con la violenza della sinistra? Se c’è, me lo dicano».
Il presidente del Senato Ignazio La russa torna a vestire i panni del militante politico di destra. E approfitta della presentazione, ieri alla Camera, del libro «Sergio Ramelli, una storia che fa ancora paura» di Guido Giraudo per tornare a rimestare negli anni di piombo. «E non mi dite che questi cattivissimi di destra non avrebbero potuto rendere pan per focaccia. Ma non appartiene alla cultura né all’ideologia di destra andare sotto casa di un ragazzo e colpire una persona in questa maniera», insiste la seconda carica dello Stato, che si fa scudo del clima di quegli anni per affermare: «Quando io non pronuncio la parola “antifascista” è perché non potrò mai essere accomunato a chi in quegli anni ogni giorno andava sotto casa ad aspettare un ragazzo di destra. Io rispetto i partigiani così come quei ragazzi che combattevano per la speranza della vittoria di un’ideologia ancora più totalitaria del fascismo ma che a loro piaceva e che credevano in un futuro migliore, cioè il comunismo. Non potrò mai volermi accomunare all’antifascismo militante di quegli anni».
La Russa coglie l’occasione per un parallelo con l’attualità: «Oggi sono dieci quando una volta erano in mille, ma bastano 10 per fare i danni che fecero mille…vediamo quelle che possono sembrare delle scimmiottature di quegli anni, ma le scimmiottature possono essere pericolose». E ancora: «Per un riaccendersi della conflittualità antifascista i giovanissimi di oggi, volontariamente o meno, hanno prodotto un restringimento della memoria di Sergio, facendone troppo un simbolo identitario. Lo capisco, ma deve essere un simbolo contro la violenza tutta, dobbiamo offrire il simbolo e il sacrificio di Sergio all’Italia».
La Russa, che fu avvocato di parte civile della famiglia Ramelli, prosegue: «Sergio ha avuto per noi una influenza incredibile, ci ha fatto conservare la voglia e la necessità di proseguire il nostro impegno. Non ci sentivamo eroi. Ma se lui era morto potevamo noi deflettere in vita? È stato per tutti noi un punto di riferimento ineguagliabile. Fu Almirante a chiedermi di difendere famiglia, non ci costituimmo parte civile come partito anche se avremmo potuto perché non volemmo che fosse un processo politico».
Sulla stessa lunghezza d’onda anche il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli, di Fdi: «Abbiamo il dovere dell’iniziativa, dell’azione, per raggiungere – in assenza di giustizia – almeno la verità storica di quanto di tragico accadde in quegli anni. Era una guerra civile non dichiarata, una persecuzione diffusa contro chi si presumeva fosse di destra. Ragazzi di 15-18 anni che erano armati con armi da guerra e cariche di tritolo che difficilmente potevano procurarsi da soli. Chi c’era dietro? È nostro dovere capire e conquistare la verità storica, lo dobbiamo alle famiglie di quei ragazzi e lo si può fare attraverso una commissione d’inchiesta parlamentare perché ormai non si possono riaprire i processi, tranne poche eccezioni. Spero nella convergenza dell’opposizione, perché gli anni ’70 rischiano di evaporare nella memoria del tempo».
Immediata la replica del segretario di Rifondazione Maurizio Acerbo: «È vergognoso che il presidente del Senato racconti bufale per riabilitare il fascismo. La Russa, che dovrebbe ben ricordare il corteo missino da cui fu lanciata la bomba a mano che uccise l’agente Marino, sa che i neofascisti sono stati protagonisti di episodi di violenza in tutta Italia fin dal dopoguerra e fornirono la manovalanza per le stragi che hanno insanguinato l’Italia». «Visto che ha perso la memoria – prosegue Acerbo – cito solo alcuni nomi di vittime milanesi della violenza fascista che purtroppo non vengono mai ricordate al contrario di Ramelli: Gaetano Amoroso, Alberto Brasili, Fausto Tinelli, Lorenzo Iannucci, Claudio Varalli. L’elenco sarebbe molto lungo in tutta Italia. Mi limito a citare solo Walter Rossi e Valerio Verbano, Adelchi Argada, Benedetto Petrone. Torniamo a chiedere le dimissioni di La Russa».
Fonte: il manifesto, 5 dicembre
È vergognoso che il Presidente del Senato Ignazio La Russa racconti bufale per riabilitare il fascismo.
La Russa, che dovrebbe ben ricordare il corteo missino da cui fu lanciata la bomba a mano che uccise l’agente Marino, sa che i neofascisti sono stati protagonisti di episodi di violenza in tutta Italia fin dal dopoguerra e fornirono la manovalanza per le stragi che hanno insanguinato l’Italia.
Visto che ha perso la memoria
cito solo alcuni nomi di vittime milanesi della violenza fascista che purtroppo non vengono mai ricordate al contrario di Ramelli:
Gaetano Amoroso, Alberto Brasili, Fausto Tinelli, Lorenzo Iannucci, Claudio Varalli.
L’elenco sarebbe molto lungo in tutta Italia. Mi limito a citare solo Paolo Rossi, Benedetto Petrone, Adelchi Argada, Ciro Principessa, Walter Rossi, Roberto Scialabba, Rosaria Lopez, Valerio Verbano.
Torniamo a chiedere le dimissioni di La Russa.
Acerbo (Prc): La Russa soffre di amnesia, si dimetta
È vergognoso che il Presidente del Senato Ignazio La Russa racconti bufale per riabilitare il fascismo. La Russa, che dovrebbe ben ricordare il corteo missiRifondazione Comunista
Ieri è stata pubblicata la sentenza n.192 con cui la Corte Costituzionale risponde ai ricorsi di 4 regioni verso la Legge 86/2024 di attuazione dell’autonomia differenziata.
Il dispositivo delinea in modo articolato quanto già espresso nel comunicato della Consulta di qualche settimana fa: La legge Calderoli non è interamente incostituzionale, lo sono numerosi e importanti punti che la rendono sostanzialmente contraria ai principi di solidarietà e sussidiarietà, di indivisibilità della Repubblica e di eguaglianza dei diritti.
Il fondamento dell’impianto leghista è ribaltato: non esistono popoli regionali, i concetti di popolo e di nazione (tanto cari alla retorica meloniana) non sono frammentabili.
La centralità del Parlamento è ribadita in più punti, sulla definizione dei diritti sociali e civili da garantire a tutti e tutte, sull’esclusione dei DPCM per la quantificazione della compartecipazione al gettito fiscale, sulla titolarità ad intervenire nel merito di eventuali intese fra Stato e singola regione.
È illegittimo il trasferimento di materie strategiche che richiedono un coordinamento svranazionale (ad es. commercio, energia, trasporti, ambiente, istruzione) e quello di interi ambiti; sarebbe consentita solo la cessione di specifiche funzioni, da sottoporre ad un approfondito processo istruttorio, fatto salvo che l’uguaglianza e la solidarietà fra regioni è responsabilità dello Stato e della Pubblica Amministrazione e che vi è obbligo e non facoltatività per ciascuna regione di concorrere agli obiettivi di finanza pubblica.
Certo è che l’impianto dell’autonomia differenziata subisce un duro colpo. Bene farebbe il governo Meloni a prenderne atto, bloccando questo disegno scellerato, frutto di un accordo di governo altrettanto infame.
Nel merito del corposo documento della Consulta è necessario un serio approfondimento, anche in vista dei possibili scenari.
Tra pochi giorni è atteso il responso dell’“Ufficio Centrale per i Referendum” della Cassazione, sul trasferimento dei punti residui della legge da sottoporre a referendum abrogativo; a seguire quello della Corte Costituzionale sull’ammissibilità.
Con i Comitati che si battono da anni contro ogni autonomia differenziata e con Comitato referendario per l’abrogazione totale della Calderoli ci prepariamo ad affrontare la sfida referendaria, intensificando l’attività di sensibilizzazione e di mobilitazione.
Maurizio Acerbo, segretario nazionale
Tonia Guerra, resp. Nazionale Mezzogiorno e Campagna contro Autonomia Differenziata, Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea
Con la sentenza 192 relativa alla legge 86/2024, la Corte Costituzionale ha letteralmente smontato l’autonomia differenziata.
Innanzitutto, la Corte ha premesso che non si può attentare all’unità e indivisibilità della Repubblica, prescritta dall’art. 5 della Costituzione, né si possono intaccare i principi di solidarietà e uguaglianza sanciti dagli artt. 2 e 3 della Carta. Proprio in nome di questi principi fondamentali la Corte smantella la legge Calderoli, su cui 4 Regioni avevano sollevato ben 61 motivi di illegittimità costituzionale. Molti di essi non sono stati accolti; ma la Corte ha dichiarato ben 14 disposizioni normative della legge Calderoli costituzionalmente illegittime. Non si tratta di disposizioni irrilevanti, tutt’altro. Basti pensare che dell’art. 3 della legge Calderoli – quello relativo ai LEP – solo l’ultimo comma, l’11, resta in piedi, mentre ben 9 vengono dichiarati illegittimi. Il comma 3, quello sulle materie LEP e non LEP, poi, deve essere riscritto alla luce dell’interpretazione della Corte, che prescrive si debba solo e sempre parlare di funzioni trasferibili e non di materie. Tra i commi dell’art. 3 cancellati c’è quello che affidava, di fatto, al Governo la definizione dei LEP, escludendo il Parlamento. La Corte, invece, chiede che Camera e Senato riacquistino centralità, in quanto unici decisori politici legittimati a determinare i livelli dei diritti civili e sociali.
Ulteriore questione rilevante è cosa si può trasferire alle Regioni; la Corte, con le sue dichiarazione di illegittimità relative all’art. 2 della legge Calderoli, afferma che si possono trasferire solo quelle singole funzioni che, secondo il principio di sussidiarietà verticale – cioè tra diversi livelli istituzionali di governo – possono essere più efficacemente svolte a livello regionale; senza però escludere che talune funzioni possono essere anche svolte più efficacemente a livello nazionale, quando non sovranazionale, come nel caso delle infrastrutture dei trasporti, dell’energia o dell’ambiente. Secca è poi la dichiarazione della Corte rispetto alle norme generali dell’istruzione, che devono essere di competenza della legislazione nazionale, a garanzia della necessaria unitarietà e uguaglianza della scuola della Repubblica, ovunque si risieda.
Sulle procedure per stabilire e approvare le Intese il Parlamento riacquista, con la sentenza della Corte, il suo ruolo centrale, emancipandosi da quello di spettatore plaudente o dissenziente che la legge Calderoli gli attribuiva, relegato a un sì o no finale alle Intese negoziate dai Presidenti del Consiglio e della Regione. Il Parlamento potrà infatti emendare le Intese, e non solo approvarle o respingerle.
Un altro punto che merita di essere sottolineato è che le Regioni a Statuto speciale non potranno ricorrere alla legge sull’Autonomia differenziata, perché amplierebbero la loro specialità normata da apposito statuto, adottato con legge costituzionale. La sentenza mette in luce anche la contraddittorietà delle clausole finanziarie perché, per un verso, si stabilisce l’invarianza finanziaria e dall’altro si pretende di definire i LEP e i fabbisogni standard che abbisognano naturalmente di grandi risorse.
Aveva ben previsto il costituzionalista Michele Della Morte sostenendo, nell’ultima assemblea del Tavolo NO AD, che la sentenza sulla legge 86/2024 avrebbe avuto di sicuro il rilievo di quella del 2003 (la 303): una sentenza che riscrisse il Titolo V riformato nel 2001 per renderne possibile il funzionamento. I Comitati per il Ritiro di ogni Autonomia Differenziata, l’unità della Repubblica, l’uguaglianza dei diritti e il Tavolo NOAD rifletteranno a fondo su questa nuova sentenza della Corte Costituzionale, cominciando con l’incontro del 5 dicembre a Napoli, presso l’Istituto di Studi Filosofici, cui parteciperanno i proff. Giovanna De Minico, Claudio De Fiores, Carlo Iannello, Massimo Villone.
La Corte costituzionale non ha dichiarato la legge 86/2024 totalmente illegittima, facendola dunque sopravvivere come legge di attuazione del comma 3 dell’art. 116 Cost. Per questo riteniamo che la Corte di Cassazione avrà buoni motivi per trasferire il quesito referendario della sua abrogazione totale sul ‘residuo’ della legge Calderoli; inoltre, confidiamo nel fatto che la Corte Costituzionale a gennaio avrà buoni argomenti per dichiararne l’ammissibilità. Infatti, essendo la legge Calderoli ricondotta – con gli interventi dalla Corte costituzionale – a espressione di legittime decisioni politiche, ci auguriamo che venga data ai/alle cittadini/e la possibilità di rivendicare, altrettanto legittimamente, secondo l’art. 75 Cost., il proprio giudizio politico su di essa. Pensiamo – e auspichiamo – si tratterà di una sonora bocciatura.
Tavolo No Autonomia differenziata
Comitati per il ritiro di qualunque Autonomia differenziata, l’uguaglianza dei diritti e l’unità della Repubblica
Autonomia Differenziata: sulla sentenza della Consulta
Con la sentenza 192 relativa alla legge 86/2024, la Corte Costituzionale ha letteralmente smontato l’autonomia differenziata. Innanzitutto, la Corte ha preRifondazione Comunista
Triste giornata quella in cui ci ha lasciato Iole Mancini, staffetta partigiana imprigionata e torturata dai nazisti per non aver detto loro quello che volevano sapere e cioè per non aver tradito i suoi compagni di lotta per la Liberazione. Esprimiamo tutta la nostra solidarietà alla famiglia, all’Anpi nazionale e all’Anpi romana per la grave perdita. Se ne è andata una testimone di quello che fu uno dei periodi più bui della storia del nostro paese. Se ne è andata una testimone della Resistenza che ha speso la sua lunga vita per trasmetterne i valori alle nuove generazioni. Iole era consapevole che solo attraverso la conoscenza di quello che è stato il fascismo, dei drammi che ha prodotto si può condurre una battaglia per contrastare lo sdoganamento che è in atto. Nessuna giustificazione per chi cerca di riabilitare il fascismo, applichiamo la Costituzione che è antifascista in tutti i suoi articoli. Questo è l’insegnamento da trarre dagli interventi di Iole sempre presente alle manifestazioni antifasciste per cantare ” Bella Ciao”. E allora ciao Iole, “Bella Partigiana”
Maurizio Acerbo, Segretario nazionale
Rita Scapinelli, responsabile dipartimento Antifascismo, Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea
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I seminari autunno-invernali di Rifondazione
5 La propaganda: tra guerra, pace e intelligenza artificiale - relatore Antonio Mazzeo, Discussant: Mafe de Baggis Marco Schiaffino Francesca ForRifondazione Comunista
Ucraina, Georgia, Siria: gli Usa fomentano guerre per difendere i propri privilegi. E qui molti li sostengono
di Paolo Ferrero dal Fatto Quotidiano - All’ultimo vertice di Kazan del 22 e 23 ottobre scorsi, i Brics hanno annunciato che stanno lavorando per dar vitaRifondazione Comunista
Dal 26 novembre, la regione di Aleppo è al centro di un’escalation militare senza precedenti, con l’offensiva congiunta di Hay’at Tahrir al-Sham (HTS) e dell’Esercito Nazionale Siriano (SNA) controllato dalla Turchia, che sta mettendo a rischio la vita di migliaia di civili, in particolare quelli appartenenti alla minoranza curda. Gli attacchi hanno avuto conseguenze devastanti, con l’occupazione di Shebah e Tal Rifaat da parte delle forze del SNA e l’esodo forzato di circa 200.000 civili che vi avevano trovato rifugio dopo l’occupazione di Afrin da parte delle stesse forze nel 2018.
Nei quartieri curdi di Aleppo Seikh Maqsud e Ashrafieh, in cui hanno trovato rifugio migliaia di profughi fuggiti dall’avanzata di HTS. Le Unità di Protezione del Popolo e delle Donne (YPG/YPJ) e la popolazione civile hanno dichiarato fermamente che non abbandoneranno le loro case, continuando a resistere alle forze di HTS e SNA. La situazione è estremamente tesa, e la popolazione civile, già vulnerabile, sta affrontando un assedio e una crisi umanitaria senza precedenti.
Dietro questa offensiva, la Turchia gioca un ruolo determinante nel supporto al SNA e alla presenza di HTS nella regione. Sebbene HTS sia riconosciuta come organizzazione terroristica dalla stessa Turchia e sia composta principalmente da combattenti stranieri (foreign fighters), le sue forze continuano a operare con l’appoggio logistico, politico e militare di Ankara. La Turchia è stata riconosciuta da molti rapporti di organizzazioni indipendenti come responsabile delle violenze e le violazioni dei diritti umani perpetrate dai gruppi sotto il suo patrocinio, che includono anche combattenti jihadisti legati ad al-Qaeda e miliziani di ISIS. A questo proposito è emblematica la presenza registrata ad Aleppo di Abu Hatem Shaqra, comandante della fazione Ahrar al-Sharqiya del SNA e autore materiale dell’assassinio di Hevrin Khalef, politica curda e segretaria del Syrian Future Party uccisa insieme a due collaboratori nel 2019.
La Rivoluzione del Rojava ha rappresentato un’esperienza unica di autodeterminazione, diritti umani e resistenza contro l’oppressione. Nata nelle terre curde della Siria del Nord, la rivoluzione ha costruito un sistema che promuove la parità di genere, la democrazia diretta e la coesistenza pacifica tra le diverse etnie e religioni. In un contesto di conflitto e instabilità, il Rojava è stato un faro di speranza, mostrando al mondo che è possibile costruire una società inclusiva e giusta, anche nelle condizioni più difficili. La resistenza delle forze curde, tra cui le YPG e le YPJ, ha avuto un impatto determinante nella lotta contro il terrorismo dello Stato Islamico, contribuendo alla stabilizzazione della regione. Tuttavia, oggi, a dieci anni dalla storica resistenza di Kobane che mise fine all’espansione dell’ISIS, questo modello di società è minacciato dall’offensiva di HTS e SNA coordinata dalla Turchia, che cerca di annientare non solo il popolo curdo, ma anche i valori di libertà e democrazia che il Rojava incarna.
L’appello alla comunità internazionale è urgente: è necessario un intervento rapido e deciso per fermare le violenze ed evitare una nuova catastrofe umanitaria. Il futuro della Siria e specialmente delle minoranze che la abitano è incerto, ma la speranza risiede nella solidarietà internazionale e in una risposta politica e umanitaria concreta che possa garantire la sicurezza e la dignità di tutti i popoli della regione e che apra le porte ad una soluzione politica alla guerra civile siriana.
Ai cittadini Italiani, alle associazioni, movimenti, sindacati, partiti e organizzazioni politiche, che hanno sempre dimostrato vicinanza al popolo curdo, chiediamo in questo periodo di minacce esistenziali di stringersi intorno ai popoli del Rojava e di esprimere la forte solidarietà di cui essi hanno bisogno.
Ufficio d’informazione del Kurdistan in Italia
Invasione di Tal Rifaat e attacco ai quartieri curdi di Aleppo: La popolazione curda rischia l’annientamento
Dal 26 novembre, la regione di Aleppo è al centro di un'escalation militare senza precedenti, con l’offensiva congiunta di Hay'at Tahrir al-Sham (HTS) e dellRifondazione Comunista
ENRICO CALAMAI, LO “SCHINDLER DI BUENOS AIRES”, SI E’ ISCRITTO A RIFONDAZIONE
L'ex-ambasciatore Enrico Calamai ha deciso di iscriversi a Rifondazione Comunista e ne ha spiegato le ragioni in una lettera che pubblichiamo. "L'adesione al noRifondazione Comunista
Rifondazione comunista esprime massima solidarietà ai lavoratori di Trasnova che Stellantis, l’ex gruppo FIAT, sta condannando al licenziamento.
Nel giorno delle piazze piene che rivendicano diritti, lavoro e salario, e che dicono chiaramente NO al Governo Meloni e alla sua politica guerrafondaia e antipopolare, un asciutto comunicato aziendale comunica seccamente che a partire dal prossimo 31 dicembre non ci sarà più alcuna commessa per la Trasnova, l’azienda che svolge la movimentazione auto negli stabilimenti di Mirafiori, Cassino, Melfi e Pomigliano. Nella sola Campania questo comporterà 90 licenziamenti entro un mese.
Sta forse cominciando il piano scellerato, da gran tempo accarezzato dalla multinazionale italo-francese, di smantellare l’intera industria automobilistica italiana? Oppure si vuole affidare movimentazione a gruppi esteri, magari direttamente francesi?
Il governo ha il dovere di intervenire prima che si consumi l’ennesimo tradimento ai danni dei lavoratori da parte della ex-FIAT.
Questi lavoratori sono ex-dipendenti Fiat che come tanti altri furono costretti a passare alle ditte esterne anche grazie a leggi filo padronali che hanno consentito di affidare a terzi pezzi del processo produttivo per diminuire potere contrattuale.
Maurizio Acerbo, segretario nazionale,
Rino Malinconico, segretario regionale della Campania,
Elena Coccia, segretaria della Federazione napoletana del Partito della Rifondazione Comunista
Prc: Stellantis pugnala i lavoratori Trasnova
Rifondazione comunista esprime massima solidarietà ai lavoratori di Trasnova che Stellantis, l'ex gruppo FIAT, sta condannando al licenziamento. Nel giornoRifondazione Comunista
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i Franco Berardi -
Occorre guardare in faccia l’inevitabile senza scordare che l’inevitabile spesso non accade perché deve lasciare il passo all’imprevedibile.
Non ho disertato lo sciopero generale convocato dalla CGIL e dalla UIL, né ho disertato piazza Maggiore, dove ho ascoltato, oltre alle voci della folla, il comizio di Maurizio Landini.
Sapevo che lo sciopero è convocato perché i salari diminuiscono. la sanità pubblica è abbandonata, e i debiti li pagano i lavoratori mentre nessuno tocca i super-profitti bancari. Ma alcuni punti del suo discorso mi hanno colpito.
Mi ha colpito quando ha detto che se passa il decreto sicurezza molti dei lavoratori che occupano le fabbriche minacciate di smobilitazione, o bloccano le strade per difendere il posto di lavoro sarebbero passibili di arresto.
Mi ha colpito l’autocritica. Abbiamo sbagliato a non opporci con tutte le forze alla riforma Fornero, ha detto. Ma in realtà stava dicendo che il sindacato e tutta la sinistra non hanno fatto molto per fermare l’offensiva padronale che oggi culmina nel fascio liberismo.
Ma mi ha colpito particolarmente quando ha detto che la guerra cambia le cose.
Si stava riferendo a quel che la guerra ucraina ha già cambiato nelle condizioni di vita dei lavoratori italiani (ed europei).
Ma io mi permetto di interpretare le sue parole: la guerra sta investendo l’Europa in modo diretto, occorre prepararsi a quel che accadrà nel prossimo futuro.
Per me da sempre il luogo migliore per mettere a fuoco le prospettive è stata la piazza, quando è gremita di gente che parla, si scambia frasi rapide e inalbera cartelli.
Anche oggi mi è servito andare in piazza perché ho capito (o almeno ho sentito) che il mio discorso sulla diserzione è inappuntabile, ma deve tenere conto degli eventi: occorre ricordare che è nostro compito intellettuale guardare in faccia l’inevitabile senza scordare che l’inevitabile spesso non accade perché deve lasciare il passo all’imprevedibile.
A quale imprevedibile dobbiamo predisporci?
Non si può pensare l’imprevedibile, per la semplice ragione che è imprevedibile.
Ma occorre annusare l’aria per capire quali montagne stanno per franare, quali valanghe stanno per sommergerci, e per immaginare quali orizzonti nuovi emergeranno dopo le frane e dopo le valanghe.
Allora diamo un’occhiata in giro.
Una montagna che sta per franare è l’Unione europea, trascinata in una guerra tra fascismo russo e nazismo ucraino dagli alleati americani che ora però se la svignano, cone hanno già fatto più volte negli ultimi decenni.
La Russia di Putin ha vinto quasi tutto, in questa guerra: l’economia russa è cresciuta del 3.6% mentre le economie europee boccheggiano intorno allo zero. Quanti morti è costato alla Russia? Questo a Putin non importa molto.
L’esercito russo sta avanzando nel Donbas mentre si approfondisce la tragedia del popolo ucraino, spinto avanti dai democratici americani in una guerra per procura, e oggi abbandonati dai repubblicani americani.
Prima di lasciare la Casa Bianca uno dei peggiori criminali che la storia ricordi, sta cercando di render le cose difficili per il suo successore. Lo fa spingendo il povero Zelenskyy all’ultimo sacrificio: gli ordina di arruolare i diciottenni, mentre le diserzioni si moltiplicano, il gelo avanza nelle città senza riscaldamento, e la disperazione dilaga.
Lo scopo principale di questa guerra, per Biden e i suoi complici, era distruggere il rapporto tra Russia e Germania, il secondo scopo era indebolire l’Unione europea. Il terzo (improbabile, e tutti lo sapevano) era sconfiggere Putin.
Ma adesso Putin non sta vincendo solo la guerra contro gli americani d’Ucraina, ma sta vincendo una dopo l’altra le elezioni in ogni paese europeo.
Il 16 dicembre il Bundestag va a votare la fiducia. Intanto Scholz dà ordine di spostare una batteria di Patriot in Polonia, per proteggere i rifornimenti militari all’Ucraina.
Un altro passo vero lo scontro diretto, mentre in Germania cresce l’AFD e cresce il partito di Sarah Wagenknecht, che non vogliono più mandare armi all’Ucraina.
Nel frattempo la Francia si incammina verso il collasso. Lo sfondo è la crisi sociale, l’ondata di licenziamenti, la fragilità finanziaria, e sul proscenio vedremo la settimana prossima se i lepenisti decidono di dare il colpo finale all’infido Macron, togliendo l’appoggio al governo Barnier.
Si può immaginare che Marine Le Pen voglia accelerare i tempi delle presidenziali prima di essere dichiarata ineleggibile per le malversazioni del suo partito?
I disertori non sono sordi (solo un pochino), e sanno percepire il rumore del tuono che sembra venire dal sottosuolo d’Europa.
E’ il momento della rivolta sociale, dicevano i cartelli e le pettorine di migliaia di lavoratrici e lavoratori, questa mattina in piazza Maggiore.
Direi che è sempre il momento della rivolta sociale, ma se lo dice Landini la cosa si fa seria.
Vinceremo questa battaglia? Domanda stupida.
La domanda intelligente è un’altra: servirà questa battaglia per rafforzare la solidarietà sociale, e l’intelligenza collettiva, mentre dobbiamo prepararci all’estendersi di una guerra i cui limiti sono ignoti?
Dobbiamo prepararci al precipizio, pare che non ci sia maniera di evitarlo.
Prepararsi da soli non serve.
La rivolta sociale ci renderà meno soli.
E’ il momento della rivolta sociale
i Franco Berardi - Occorre guardare in faccia l’inevitabile senza scordare che l’inevitabile spesso non accade perché deve lasciare il passo all’impreRifondazione Comunista
Le piazze di oggi sono la migliore risposta alla canea della destra contro Landini e la Cgil. Solo con la lotta si cambia il paese.
Tifiamo rivolta perché l’Italia è l’unico paese in Europa dove i salari sono diminuiti negli ultimi trent’anni, uno dei pochissimi in cui non c’è una legge per il salario minimo, quello con l’età pensionabile più alta, un’emigrazione di giovani verso l’estero ai livelli del dopoguerra, milioni di precari, 700.000 famiglie in attesa della casa popolare, milioni di persone che rinunciano a curarsi.
Il governo Meloni risponde alla crisi sociale con un programma di 7 anni di tagli alla sanità e alla scuola mentre aumenta la spesa militare e criminalizza la protesta sociale.
È puro buon senso dire che solo una rivolta sociale può fermare questo governo e imporre una svolta nelle politiche economiche e sociali.
Ma una cosa va detta chiaramente: il problema non è solo il governo Meloni. Il problema è che i due poli da trent’anni condividono un’agenda di attacco ai diritti sociali e del lavoro.
Il Partito Democratico, che oggi era in piazza come noi al fianco dei sindacati, deve decidere se la sua agenda è quella dello sciopero o quella antipopolare di Draghi, Gentiloni, Fornero e Cottarelli.
Noi di Rifondazione Comunista tifiamo rivolta e chiediamo ai sindacati di fare come in Francia recuperando le nostre migliori tradizioni conflittuali. Tutte le riforme e i diritti conquistati dalle classi lavoratrici e popolari nel nostro paese sono stati il prodotto delle lotte sociali, dallo statuto dei lavoratori al servizio sanitario nazionale. La stessa Resistenza è cominciata con gli scioperi del marzo 1943.
C’è bisogno di una rivolta in questo paese per imporre ai governi di attuare la Costituzione.
Maurizio Acerbo, segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea
Acerbo(Prc): tifiamo rivolta, solo con la lotta si cambia il paese
Le piazze di oggi sono la migliore risposta alla canea della destra contro Landini e la Cgil. Solo con la lotta si cambia il paese. Tifiamo rivolta perché lRifondazione Comunista
Mai sciopero generale fu più giusto! Prendiamo la parola contro manovra e inciucio europeo
di Paolo Ferrero - Voglio esprimere il mio pieno appoggio allo sciopero generale e un grazie ai lavoratori e alle lavoratrici che vi parteciperanno ed alle oRifondazione Comunista
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Il ministro leghista Matteo Salvini ha tradito le classi lavoratrici rimangiandosi l’impegno a cancellare la legge Fornero. Non è mai stato dalla parte di chi lavora e non a caso torna ad attaccare il diritto di sciopero precettando i dipendenti del trasporto pubblico in occasione dello sciopero generale di otto ore indetto da Cgil e Uil e da sindacati di base Cobas, SgB, Cub, Adl per il 29 novembre.
Questa volta Salvini gioca di sponda con la Presidente della commissione di garanzia sul diritto di sciopero nei servizi essenziali, non a caso nominata dal governo, accogliendo il suo invito a limitare lo sciopero, deliberato, guarda caso, in ottemperanza ai diktat contro lo sciopero “selvaggio” lanciati dallo stesso ministro sui social.
Con questo nuovo atto intimidatorio il ministro leghista cerca di diritti dei cittadini utenti e quelli di chi lavora per nascondere le responsabilità sue e del governo per i pesanti disservizi dei trasporti, i gravi problemi di sicurezza delle reti, i tagli dei trasfermenti agli enti territoriali che peggioreranno ulteriormente il trasporto pubblico locale.
Dopo l’analogo provvedimento dello scorso anno, il ddl sicurezza e le misure disumane contro i migranti con questo ennesimo atto liberticida il governo punta a impedire la giusta rivolta sociale contro l’aggravamento delle politiche liberiste di cui questa manovra è solo l’anticipazione.
Con la legge di bilancio si avvia un grande rilancio dell’austerità neoliberista per colpire ulteriormente i diritti, lo stato sociale, la sanità, la scuola, l’università, i servizi pubblici.
Questo governo di ciarlatani usa la demagogia razzista per distrarre le classi popolari dalle sue politiche classiste. Mentre continuano a crescere profitti non si fa nulla a sostegno di salari e pensioni già tra i più bassi d’Europa e da tempo salassati da inflazione. Non si contrasta la precarizzazione del lavoro. Si rifiuta di approvare una legge per il salario minimo per porre fine alla vergogna dei salari da fame. In assenza di un piano per l’occupazione centinaia di migliaia di giovani continuano ogni anno a emigrare. È stato cancellato il reddito di cittadinanza facendo crescere a dismisura le povertà e le disuguaglianze.
Si dice che i soldi non ci sono, ma si aumentano le spese militari a sostegno della lobby delle armi e delle guerre, non si tassano le grandi ricchezze, i superprofitti, si favorisce l’evasione fiscale, si fa pagare meno a chi ha più.
La migliore risposta è l’impegno per una grande riuscita dello sciopero generale del 29 novembre e per fare in modo che sia l’inizio di una grande stagione di lotte indispensabile per riconquistare diritti nella società e nei luoghi di lavoro.
Rifondazione Comunista invita a scioperare e a partecipare alle manifestazioni convocate dai sindacati.
Maurizio Acerbo, segretario nazionale e Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro del Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea
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Bene ha fatto il gruppo parlamentare The Left- La Sinistra a votare contro la Commissione guidata da Ursula Von der Leyen che nel suo discorso ha confermato la linea guerrafondaia e per il riarmo che accompagna il nefasto impianto antipopolare e antisociale del Patto di Stabilità. La governance neoliberista europea non costituisce un argine all’estrema destra ma è la porta attraverso la quale viene legittimata se disponibile alla guerra. Lo conferma la nomina di Fitto che sarà democristiano ma rappresenta il partito erede del fascismo. Assai grave che il Pd abbia accettato di votare insieme a Fratelli d’Italia e per una Commissione dal programma guerrafondaio e draghiano nel momento in cui è emerso un largo dissenso nei gruppi ma forte è stato il dissenso tra socialisti (25 contro e 18 astenuti) e tra i verdi (20 contro e 6 astenuti), rimpiazzati da 34 membri del gruppo di Meloni, ECR. Schlein dovrebbe tenere a mente che brutta fine fece Bersani seguendo indicazioni del Quirinale. Guerra e austerità sono il terreno su cui cresce in Europa l’estrema destra.
La pessima Commissione Von Der Leyen, figlia della guerra e delle procedure non democratiche che favoriscono il peggiore trasformismo, è stata approvata dal Parlamento Europeo ma fortunatamente perde consensi. Non solo la Commissione prende 30 voti in meno della Presidente. Meloni dunque si accoda a quella UE che ha sempre criticato confermando che i sovranisti sono una variante dei neoliberisti, una delle due tendenze di politiche al servizio del grande capitale. A tenere insieme questa maggioranza c’è il collante del sostegno alla guerra con la Russia, una follia imperialista che rischia di portarci allo scontro diretto e al conflitto nucleare. Ancora una volta il metodo intergovernativo impedisce che la dialettica si svolga in un quadro democratico e spinge a cooptazioni trasformiste. L’unica cosa positiva è che il voto mostra crepe tra verdi e socialisti. Positivo che i verdi italiani – al contrario della maggioranza del gruppo – votino contro. Rifondazione Comunista e il partito della Sinistra Europea propongono un’Europa di pace e diritti radicalmente alternativa a quella rappresentata da Ursula von der Leyen e dalla sua commissione.
Maurizio Acerbo, segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea
– Alex Zanotelli, Corrado Oddi, 26.11.2024 -
Lo scontro Con un emendamento al decreto Ambiente, Forza Italia prova a riaprire le porte alla cessione di quote dei gestori pubblici. La destra tradisce il referendum. E prova a fare lo stesso con il nucleare
La destra e il governo ci riprovano. A più di 10 anni di distanza, l’intenzione di archiviare definitivamente il risultato dei referendum del 2011 sull’acqua pubblica continua a essere in cima ai loro pensieri. L’operazione di «smontaggio» della volontà popolare che si era espressa con chiarezza per ripubblicizzare il servizio idrico e togliere l’acqua dalle logiche di mercato era iniziata, in realtà, sin dall’indomani dell’esito dei referendum e a esso si sono dedicati, sia pure con intensità diversa, tutti i governi in carica, ancora da quello di Berlusconi, passando per quelli di Monti, Letta, Renzi. Gentiloni e Conte.
DA ULTIMO il governo Draghi, con il decreto legislativo di riordino dei servizi pubblici della fine del 2022, aveva messo da parte una delle conquiste più significative derivate dal referendum, e cioè la possibilità di gestire il servizio idrico tramite Aziende speciali, Enti di diritto pubblico, che per loro natura fuoriescono dall’ambito societario e privatistico, e che aveva consentito l’importante esperienza della nascita di Abc Napoli.
IL GOVERNO MELONI intende compiere un ulteriore passo, che diventerebbe un colpo praticamente definitivo all’esito referendario, attaccando direttamente le società a totale capitale pubblico, con l’idea di far entrare in esse i soggetti privati. Lo vuole fare con il decreto legge Ambiente «Disposizioni urgenti per la tutela ambientale del Paese, la razionalizzazione dei procedimenti di valutazione e autorizzazione ambientale, la promozione dell’economia circolare, l’attuazione di interventi in materia di bonifiche, di siti contaminati e dissesto idrogeologico».
NELLA BOZZA iniziale di questo decreto compariva una norma, totalmente estranea all’oggetto del decreto, che prevedeva che i capitali privati potessero entrare fino a un tetto del 20% nelle società a totale capitale pubblico. A fronte della pronta reazione del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, il decreto licenziato dal Consiglio dei ministri non conteneva più questa disposizione, ma essa è stata riproposta ora con un emendamento del senatore Paroli di Forza Italia in sede di Commissione Ambiente, che sta esaminando il decreto. Se quest’emendamento venisse approvato, arriveremmo alla completa privatizzazione del servizio idrico, con un ruolo predominante dei soggetti privati e della loro impostazione mercatista.
NON C’È OVVIAMENTE da stupirsi di questi orientamenti, che appaiono coerenti con la linea di politica economica e sociale di questo governo. Alla cui base ci sono scelte che, celate da finto sovranismo e ammantate di linguaggio populista, mettono invece insieme una nuova stagione di austerità che colpisce i ceti più deboli, con la scommessa che una forte apertura al mercato e ai capitali privati, a partire da quelli internazionali, possa produrre un nuovo rilancio della crescita economica. Il governo, peraltro, dovrebbe essere avvertito che il risultato referendario del 2011 non si è esaurito, che esso ha sedimentato un senso comune tra le persone per cui l’idea dell’acqua come bene comune, essenziale per la vita del pianeta e delle persone, continua a essere patrimonio diffuso. E che quello che ci consegna il cambiamento climatico, l’alternarsi sempre più frequente tra stagioni siccitose e fenomeni alluvionali estremi, mettendo a rischio la stessa disponibilità futura della risorsa idrica, non può che rendere ancora più forte.
LO DICIAMO anche a proposito di quanto annunciato dal ministro Pichetto Fratin per arrivare, con l’inizio dell’anno nuovo, a sdoganare il nucleare «sostenibile», quello che si dovrebbe mettere in campo con i piccoli reattori. Anche qui ci troveremmo di fronte a una palese violazione dell’esito referendario del 2011 su questo tema. Il governo deve sapere che provvedimenti che stravolgono la volontà popolare espressa a suo tempo non passeranno immuni in un corpo sociale, certamente provato dalla protervia dello stesso e dal tentativo di spoliticizzarlo, ma ancora in grado di reagire su questioni di fondo, che riguardano direttamente la vita e il futuro delle persone. Almeno, è quanto ci ripromettiamo di far vivere, con la mobilitazione e gli strumenti che si rendessero necessari.
Acqua, rispunta la privatizzazione
– Alex Zanotelli, Corrado Oddi, 26.11.2024 - Lo scontro Con un emendamento al decreto Ambiente, Forza Italia prova a riaprire le porte alla cessione di quoRifondazione Comunista
di Laura Tussi
“Giornata della Solidarietà” che in realtà purtroppo diventa una “Giornata in Caserma”.
Per anni il Comune di Pisa ha organizzato per le scuole pisane una “Giornata della Solidarietà” che in realtà era una “Giornata in Caserma”, dato che le attività si svolgevano all’interno del Capar, centro di addestramento paracadutisti e sede della Brigata Paracadutisti Folgore.
L’iniziativa che da noi pacifisti e nonviolenti è stata avversata era prevista nella città di Pisa il 27 aprile 2011, promossa dal comune sotto le insegne ipocrite della “Giornata della solidarietà”.
Chiedevamo al comune di Pisa di non portare i bambini delle scuole in caserma.
Il rapporto direttamente proporzionale tra incremento delle spese militari e impoverimento della scuola e dell’istruzione è evidente e netto.
Sarebbe davvero necessario, promuovendo e favorendo un contesto di disarmo generalizzato, convertire le caserme in luoghi di cultura, in ambiti di dialogo interculturale, interreligioso e di educazione alla pace e alla gestione dei conflitti.
Il militarismo e la propensione alla guerra sono un aspetto del maschilismo più truce. Gli uomini, muovendosi guerra, violentano Madre Terra, l’umanità e l’ambiente.
Il militarismo sconsacra l’ideale di donna e ripudia il rispetto del femminile, ossia il lato femmineo di ogni individuo e persona, che è implicito in tutto il genere umano e nel regno animale e vegetale.
La valorizzazione di genere, la considerazione della donna e del femminile, il dialogo tra generi e generazioni, come punto di riferimento per la trasmissione della memoria storica e dei valori della Pace, a partire dall’istituzione scolastica, sono strumenti ed istanze imprescindibili dei veri processi di Pace, contro l’obbedienza agli ordini, all’uniformità, al culto della forza tipici delle organizzazioni militari.
Il sistema politico e guerrafondaio egemone svilisce la figura della donna come portatrice di bellezza autentica come ideale anche interiore e di pace e di logiche nonviolente nel contesto sociale e a livello planetario e universale.
Per questo motivo, la cultura politica attualmente egemone, strumentalizza e svilisce la figura della donna. Vuole imporre lo spirito maschilista e guerrafondaio, di violenza e sopraffazione.
La caserma viene propinata agli studenti con la seduzione di una giornata di festa, di avventura, di gioco, di evasione e i militari vengono presentati come eroi e promotori di alti ideali di pace e solidarietà. Invece, in realtà, la guerra è mercenaria.
I martiri militari morti nelle cosiddette e surrettizie missioni di pace sono elevati a eroi nazionali tramite una retorica militaresca e guerrafondaia davvero negativa e di pessimo esempio soprattutto per le giovani generazioni e per l’intera umanità.
La giornata di solidarietà con gli eroi militari morti in guerra è una retorica militarista molto pericolosa, per cui la guerra viene presentata e trasmessa in maniera fittizia ed edulcorata. Questo pretesto ha un effetto devastante anche sulla psicologia infantile.
La guerra viene proposta come una missione di pace e rappresentata come un gioco a cui i bambini e i ragazzi non possono rinunciare. La giornata in caserma risulta molto seduttiva agli occhi dei bambini, in quanto viene posta enfasi nel mondo che popola le fantasie infantili, con armi giocattolo e altri espedienti fascinosi, dove il gioco assume i connotati della violenza e della prevaricazione, come avveniva con la gioventù balilla in epoca fascista.
La guerra ingenera sempre violenza, lutti, morte, dolore, miseria materiale, etica e morale. Per questo motivo, le nuove generazioni devono essere educate a valori veri di democrazia, di rispetto dell’altro, di dialogo tra culture e fedi, aborrendo ogni forma di prevaricazione e di violenza e di sopraffazione e odio tra genti, popoli, minoranze: persone.
La pace non è un’utopia: possiamo vivere in un mondo dove non esistano patrie e nazioni, frontiere e burocrazie, limiti e confini, ma comunità educanti aperte al dialogo, alla gestione nonviolenta dei conflitti, al cambiamento, al progresso costruttivo, senza stereotipi e pregiudizi, nel rispetto delle culture altre e delle differenze di genere e intergenerazionali. Chiediamo di non portare i bambini in caserma e nemmeno i militari nelle scuole e nelle università per favorire contesti di pace: apriamo invece le scuole e gli atenei accademici agli altri, ai diversi, agli ultimi, agli emarginati, agli oppressi e a tutti più deboli di cui tutti siamo parte nel tessuto sociale, comunitario e nel mondo.
Afferma Federico Giusti dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e dell’università: “La militarizzazione delle scuole e dell’università ha ormai origini lontane da quando, una quindicina di anni fa registravamo le prime presenze, in varie vesti, di militari nelle scuole.
Abbiamo avuto percezione del problema con qualche anno di ritardo eppure il fenomeno militarizzazione interessa tutta la scuola, da quella dell’infanzia a quella secondaria di secondo grado, fino ormai all’università dove il settore della ricerca, anche su indicazioni Ue, si sta muovendo nella ricerca di tecnologie duali o equiparando ad antisemitismo le iniziative di boicottaggio di Israele e di contrasto al genocidio del popolo palestinese. Sono stati firmati protocolli a livello nazionale, il primo è del 2014 e locale, accordi quadro tra i ministeri dell’Istruzione e della Difesa. In taluni casi hanno coinvolto anche il ministero del Lavoro attraverso i percorsi di alternanza scuola-lavoro, oggi PCTO, con la presenza degli studenti in basi e infrastrutture militari o all’interno delle principali aziende del comparto militare-industriale”.
La strategia è ben chiara: affermare la cultura della difesa e della sicurezza, un concetto presente da tempo in tutti i documenti strategici delle forze armate o dei Governi nella Ue.
Si cerca inoltre di conquistare il consenso delle nuove generazioni su un modello di forze armate che intervengono a 360 gradi: sia all’estero, nelle varie missioni internazionali, sia all’interno, in sfere una volta non di loro competenza, oppure, sulle ceneri dello stato sociale, si presentano all’occorrenza come artefici della protezione civile, protagonisti dell’educazione civica, stradale, della lotta al cyberbullismo o insegnanti di educazione fisica. Siamo davanti, ormai da anni, a una svolta che vuole presentare il settore militare non solo come protagonista della nostra società ma anche alfiere di progetti sociali che oggi lo Stato non realizza avendo impoverito il welfare, ossia lo stato sociale e i servizi alla persona, proprio per indirizzare crescenti risorse al settore militare.
*wwwtransform.it
La scuola e l’università contro la militarizzazione della società intera
di Laura Tussi "Giornata della Solidarietà" che in realtà purtroppo diventa una "Giornata in Caserma". Per anni il Comune di Pisa ha organizzaRifondazione Comunista
Acerbo (Prc): a Fiuggi contro G7 del genocidio a Gaza
"Stamattina siamo a Fiuggi al presidio contro il G7 del genocidio. I governi del G7 sono corresponsabili e complici dei crimini di Netanyahu", dichiara il segreRifondazione Comunista
I seminari autunno-invernali di Rifondazione
4 Femminismi, transfemminismi, intersezionalità: rivoluzione in corso - Incontro con: Eleonora Forenza Silvia Conca Ivana Palieri Carlotta Cossutta LRifondazione Comunista
Faccio gli auguri a Giuseppe Conte e al M5S per la nuova fase che si è aperta. Con M5S abbiamo costruito in varie città coalizioni di alternativa e abbiamo tanti punti di convergenza sulle politiche sociali, ambientali e contro la guerra. Con spirito costruttivo e di confronto debbo dire che lascia perplessi la loro scelta di fare propria la proposta di esercito europeo. Si tratta di un’opzione a cui già si opponeva negli anni ’80 Enrico Berlinguer con i movimenti pacifisti facendo presente che l’Europa non doveva aggiungersi agli altri poli militaristi ma qualificarsi come soggetto che opera per la pace e il disarmo nelle relazioni internazionali.
Se si fa propria la necessità di un esercito europeo diventa difficile sostenere che dobbiamo tagliare le spese militari, fermare i crescenti investimenti sull’industria bellica come nuovo pilastro europeo promossi da Ursula von der Leyen, criticare la logica folle del Patto di Stabilità. Su questa strada si legittimano le richieste della NATO e di Trump di aumentare la nostra spesa militare. Questo esercito in realtà sarebbe semplicemente una scusa per armare ulteriormente la NATO in Europa. Per queste e altre ragioni alle ultime elezioni europee, con Michele Santoro e Raniero La Valle, abbiamo ribadito nel programma della lista Pace Terra Dignità il nostro no all’esercito europeo.
Inoltre appare piuttosto surreale il passaggio dal “basta euro” a una proposta propria di chi sta costruendo l’Europa senza democrazia. Fare un esercito europeo senza una Costituzione, una politica estera e di difesa e senza istituzioni democratiche di riferimento è inaccettabile e perpetua il funzionalismo ademocratico per altro rafforzando un complesso militare industriale europeo che imita il modello di keynesismo militare degli USA e nella UE non avrebbe neanche contrappesi. Pensare che sia la forza militare a garantire la sicurezza è un grave errore. Per altro significa porsi nel quadro di una corsa al riarmo che oggi è in particolare nucleare e accresce l’insicurezza come aveva previsto Gorbaciov denunciando la crescente militarizzazione delle relazioni internazionali indotta dalle scelte degli USA e della NATO a partire dagli anni ’90.
L’Europa ha bisogno non di deterrenza ma di pace. Nel mondo multipolare l’Europa dovrebbe svolgere ruolo di mediazione nei conflitti e di garanzia di politiche di pace e disarmo. Dovremmo chiedere che l’Unione Europea faccia proprio il rifiuto della guerra della nostra Costituzione invece di accodarsi alla tendenza verso il militarismo e lo scontro globale.
Maurizio Acerbo, segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea
marcolo reshared this.
Il Comitato politico nazionale esprime grande preoccupazione in merito all’improvvisa accentuazione della drammaticità della situazione economica, già grave, in cui versa il Partito.
È del tutto evidente che le ultime iniziative degli Enti verso i quali si è formato nel corso degli anni l’enorme debito che ci affligge, innanzitutto Agenzia delle entrate, disegnano un quadro radicalmente diverso da quello che, fino ad ora, ci aveva consentito, con vari artifici e molti sacrifici, di gestire il debito stesso.
La possibilità per gli Enti creditori di poter agire direttamente sui depositi e perfino su alcune entrate ricorrenti, come ad esempio gli affitti, azzerando le lungaggini della tradizionale esazione delle cartelle, fa venir meno ogni alternativa all’obbligo della certezza del pagamento di quanto dovuto.
Il Cpn impegna pertanto tutto il Partito ad uno sforzo collettivo straordinario per far sì che il Partito possa superare un momento di difficoltà più grave, anche per la sua diversa natura, di tutti quelli che abbiamo fin qui affrontato.
Si tratta di dar vita immediatamente ad una campagna straordinaria di sottoscrizioni diffusa , articolata e di massa, con l’obiettivo di raccogliere almeno 50/70.000 euro entro breve tempo.
La cifra che ci prefiggiamo di raccogliere corrisponde a poco più di 5/7 euro ad iscritto/a. Siamo consapevoli di quanto già fanno quotidianamente le/gli iscritte/i per mandare avanti Circoli e Federazioni riteniamo che ci si debba muovere anche e soprattutto verso l’esterno. Ci sembra utile, però, fissare un obiettivo che responsabilizzi tanto le strutture periferiche quanto le iscritte e gli iscritti al suo raggiungimento.
A tale scopo, si danno le seguenti indicazioni:
- Lancio sottoscrizione straordinaria e nomi di singoli e federazioni vanno pubblicati sul sito
- Si chiede alle compagne e ai compagni che partecipano ai congressi di circolo e di federazione di versare un piccolo contributo personale e volontario che le federazioni debbono inviare IMMEDIATAMENTE al nazionale.
- Si proponga poi un contributo per il congresso dal titolo “La tredicesima per il dodicesimo”
- Raccolta diretta di fondi con il classico “blocchetto” rivolto, per esempio, al giro di conoscenti, parenti, colleghi di lavoro, ecc.
- Lettera del segretario nazionale a personalità esterne e a iscritte/i e dei segretari di federazione e regionali analoghe
- Mercatini (libri, oggettistica, abbigliamento, ecc)
- Sottoscrizioni a premi in tutti i territori, le cosiddette lotterie, gestite a livello provinciale ma organizzate contestualmente a livello regionale
- raccolta di fondi tramite crowfounding su piattaforme dedicate
Nell’immediato, il Cpn
- sollecita tutte le Federazioni che siano in grado di farlo a versare la somma di 500 euro al nazionale a titolo di prestito per il quale riceveranno una “lettera di credito”.
- sollecita tutte/i le/i componenti che ancora non lo abbiano fatto a sottoscrivere il versamento periodico (RID) e lancio campagna 2000 rid per il partito da raggiungersi entro la data del congresso nazionale con obiettivi distribuiti proporzionalmente tra federazioni.
- dà mandato al Tesoriere di verificare, in accordo con le strutture interessate, la possibilità di procedere alla messa in vendita di immobili oltre quelli già deliberati dalla direzione che vanno comunque proposti al cpn.
- in caso di protrarsi “emergenza” dà mandato alla segreteria, solo come estrema ratio, di verificare entro il 31 dicembre la possibilità di tenere il congresso nazionale on line o altrimenti di promuovere una “cassa di mutuo soccorso” per garantire la partecipazione e preservare l’efficacia del congresso nello spazio pubblico (sociale, politico, mediatico).
- Dà mandato alla segreteria di procedere al lancio della campagna di tesseramento 2025.
Rifondazione Comunista sarà in piazza come ogni anno, insieme alla marea che lotta contro il patriarcato tuttora vigente e radice culturale della nostra società, contro le espressioni più tossiche del patriarcato – in primis le guerre, i femminicidi e la violenza contro le donne in tutte le sue forme. Una grande partecipazione sarà la migliore risposta alle parole del ministro Valditara e al suo vergognoso tentativo di etnicizzare la violenza maschile: a uccidere Giulia è stato un figlio sano del patriarcato ‘made in Italy’.
Come Rifondazione Comunista – Partito della Sinistra Europea sosteniamo la lotta femminista e queer, l’intersezionalità nei processi di liberazione e affermazione di diritti sociali e civili. Rifiutiamo le narrazioni reazionarie per cui le rivendicazioni femministe sarebbero ‘radical chic’ quando in realtà riguardano la condizione e i diritti della maggioranza delle classi popolari e lavoratrici, come insegnava Lidia Menapace.
Sosteniamo la protesta crescente delle donne e dei movimenti transfemministi europei per il compromesso raggiunto da Consiglio e Parlamento europei sulla direttiva contro la violenza sulle donne, in cui si è recepito il principio per cui un rapporto sessuale senza consenso è stupro, ma senza l’indicazione di reato europeo – e sosteniamo con altrettanta convinzione che non può esistere lotta di liberazione di tutti i popoli senza la liberazione di tutte le donne, di tutte le soggettività oppresse e di tutti i corpi non conformi.
Sabato 23 a Roma e a Palermo manifestiamo contro la violenza maschile e di genere.
Maurizio Acerbo, segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista,
Eleonora Forenza , segretariato del partito della Sinistra Europea
Sabato 23 novembre
Ore 14.30
Piazzale Ostiense, Roma
Ore 16.30
Piazza Indipendenza, Palermo
I dati del rapporto povertà della Caritas di Roma evidenziano le conseguenze della guerra ai poveri del governo Meloni. Chi ha cancellato il reddito di cittadinanza porta la responsabilità del forte aumento del numero di nuovi poveri che si rivolgono alle mense e ai servizi della Caritas nella capitale. I dati sugli sfratti per morosità incolpevole ricordano poi che il governo ha cancellato il fondo relativo. Il sindaco Gualtieri e il presidente della Regione Rocca si sono detti favorevoli alla richiesta di blocco degli sfratti e auspichiamo che il governo recepisca la proposta. E’ evidente – come sottolinea il rapporto – che la povertà abitativa è conseguenza delle scelte di governi nazionali e regionali che hanno dimenticato che quello a un tetto è un diritto umano e che non hanno investito per il recupero del patrimonio edilizio pubblico esistente e per la realizzazione di nuove case popolari. Invece di criminalizzare le occupazioni dei movimenti di lotta per la casa con il ddl sicurezza il governo pensi a investire nell’edilizia sociale.
Maurizio Acerbo, segretario nazionale e Elena Mazzoni, segretaria della Federazione di Roma del Partito della Rifondazione Comunista
Matteo Prencipe Segretario Provinciale di Rifondazione Comunista di Milano dichiara:
Il “Salva Milano” approvata oggi alla Camera, da sanatoria ai costruttori pensata dalla destra al governo, diventa il “liberi tutti” ad edificare selvaggiamente in tutta Italia per la richiesta del Sindaco Sala e il benestare del Partito Democratico.
Dora in avanti i cittadini milanesi e dell’intero paese, si troveranno edifici costruiti in cortili e grattacieli dove prima vi erano case di un piano. Tutto legale. Uno schiaffo alla città e alla Magistratura competente che aveva avviato numerose indagini per gli illeciti riscontrati , che hanno coinvolto costruttori e funzionari comunali. Una grave responsabilità politica che si è assunta il Partito Democratico per compiacere un Sindaco ormai alla deriva politica. Positivo che il Movimento 5 Stelle e AVS abbiano votato contro alla Camera. Sarebbe auspicabile che i Verdi e il loro Assessore nella Giunta Sala ne traessero le conseguenze politiche, perchè non si può fare due parti in commedia. O con i cementificatori e chi li sostiene o con la protesta. Come Rifondazione Comunista proseguiremo la nostra battaglia a sostegno della Magistratura e per vedere prevalere la legge sul sopruso e parteciperemo al sit-in indetto da numerosi comitati ambientalisti il 22 novembre davanti al P.zzo di Giustizia”
Milano, 21 Novembre 2024
Rifondazione: Il Salva Milano è un via libera alla peggio speculazione
Matteo Prencipe Segretario Provinciale di Rifondazione Comunista di Milano dichiara: Il “Salva Milano” approvata oggi alla Camera, da sanatoria ai costruttRifondazione Comunista
L’urbanista e saggista Paolo Berdini ha deciso di iscriversi a Rifondazione Comunista. Di seguito una dichiarazione di Maurizio Acerbo e la lettera di Paolo Berdini.
”La scelta di Paolo Berdini di iscriversi al nostro partito ci incoraggia nell’impegno per la ricostruzione di una sinistra degna di questo nome. Paolo è da sempre un punto di riferimento per le lotte ambientaliste, contro la speculazione edilizia e il consumo di suolo, per i servizi pubblici, il diritto all’abitare, la difesa dei beni comuni e del paesaggio. Con Paolo Berdini lavoreremo per rafforzare il profilo ecosocialista del nostro partito”, dichiara Maurizio Acerbo, segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista.
Pubblichiamo la lettera con cui Paolo Berdini ha comunicato la decisione di iscriversi a Rifondazione Comunista:
Qualcosa è cambiato. Perché mi iscrivo a Rifondazione
di Paolo Berdini
Sono molti anni che condivido con le compagne e i compagni di Rifondazione comunista la riflessione e l’azione concreta in difesa dei diritti del lavoro e dei diritti alla città.
Grandi gruppi economici e di potere hanno deciso da più di due decenni di chiudere le conquiste sociali dello scorso secolo, dalla sanità pubblica all’educazione scolastica, e non tollerano più neppure che ci sia una voce a tenere accesa la speranza di riprendere il cammino interrotto.
Due fatti recenti che mi hanno spinto a chiedere l’iscrizione al partito.
Due anni fa lo schieramento della destra guidata da Giorgia Meloni conquistava il governo del paese battendo uno schieramento guidato dal Pd incapace di proporre alcun tema alternativo. Da due anni la seconda carica dello Stato, alcuni ministri e la stessa presidente del consiglio, sono impersonate da chi non si riconosce nella Costituzione del 1948. È un fatto inedito nella storia d’Italia.
Un mese fa, nelle elezioni per il governo della regione Liguria provocate da un’inchiesta sulla corruzione che ruotava intorno al presidente di centro destra, il centro sinistra ha ripetuto l’errore e non è stato capace di scrivere un’agenda politica che rendesse evidente la indispensabile discontinuità culturale e programmatica. I partiti che sostenevano il presidente Toti – che patteggiando la pena ha ammesso le sue dirette responsabilità- è riuscito a vincere di nuovo.
Del resto, per toccare un tema che mi sta a cuore, l’inchiesta sull’urbanistica milanese ha scoperchiato un modello di governo urbano guidato dal Pd succube dei poteri fondiari e dei fondi immobiliari che dominano le nostre città. Quello schieramento non è dunque in grado di distinguersi sul piano della legalità e del rispetto delle regole.
Sono dunque convinto che siamo di fronte ad un passaggio molto delicato della vita del nostro paese. In gioco ci sono il rispetto della Costituzione e della legalità.
Per questo occorre contribuire con idee e militanza attiva alla costruzione di un partito di sinistra forte e autorevole, unico argine al dilagare delle idee eversive.
Rifondazione comunista non ha alcuna rappresentanza istituzionale nazionale e viene sistematicamente oscurato dal sistema omologato di informazione. Pur in questa chiave di difficoltà, Rifondazione è stata un coerente punto di riferimento per la difesa della dignità del lavoro, dei servizi pubblici e anche sui temi ambientali e urbanistici con posizioni nette su temi come lo stop al consumo di suolo.
Merito questo dell’attuale gruppo dirigente che con Maurizio Acerbo ha saputo mantenere una linea politica e di azione coerente di sinistra e antiliberista.
La democrazia italiana, questo afferma la nostra Costituzione, si basa sul sistema dei partiti. È dunque indispensabile contribuire al rafforzamento dell’unica voce fuori dal coro del sistema politico italiano.
Per questo ho deciso di mettermi a disposizione di Rifondazione comunista e contribuire dal suo interno alla costruzione di una sinistra in grado di condizionare l’agenda dei governi nazionali e locali scritta dai poteri economici dominanti.
Paolo Berdini: perchè mi iscrivo a Rifondazione Comunista
L'urbanista e saggista Paolo Berdini ha deciso di iscriversi a Rifondazione Comunista. Di seguito una dichiarazione di Maurizio Acerbo e la lettera di Paolo BerRifondazione Comunista
Da diversi anni l’ex Canapificio di Caserta, una delle realtà più note e significative nella solidarietà attiva ai migranti, è sotto attacco. Una inchiesta giudiziaria, avviata nel 2018 dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere, conclusa nel 2019, silente per cinque anni e ora riemersa con il deposito formale degli Atti, ha indagato le attiviste e gli attivisti del Canapificio, accusandoli incredibilmente di truffa ai danni dello Stato.
Nonostante la palese inconsistenza del reato ipotizzato, la Procura ha ritenuto finora di non dover archiviare l’inchiesta.
E parallelamente, contro gli attivisti, si è mossa periodicamente la stampa più apertamente reazionaria.
Così, la vergognosa prima pagina di un quotidiano casertano notoriamente schierato a destra avvia nuovamente oggi, 20 novembre, l’ennesimo e insidioso attacco mediatico contro la più rilevante “presenza scomoda” del Casertano. Scomoda, ovviamente, per chi se ne sta comodamente dalla parte delle logiche di sopraffazione dell’attuale sistema sociale.
Di fatto, si tenta di dar vita a un nuovo “caso Lucano”, con la grancassa dei media allineati col ministro Salvini, che criminalizzano spudoratamente le pratiche concrete di solidarietà.
Noi lo sappiamo che i compagni e le compagne del Canapificio non si lasceranno abbattere dai linciaggi mediatici. Sappiamo che alla fine usciranno a testa alta, con le scuse e i risarcimenti dovuti.
Ma in ogni caso non si può permettere che la disinformazione passi impunemente.
Come Rifondazione Comunista, ci dichiariamo disponibili fin da subito a contribuire a una vasta campagna nazionale di solidarietà con le compagne e i compagni dell’ex Canapificio.
Le menzogne, le cattiverie e le aggressioni vanno contrastate colpo su colpo. E tutto quello che potremo fare in tal senso, lo faremo.
Per l’intanto inviamo, a nome di tuttà la nostra comunità politica, un abbraccio fortissimo agli attivisti e alle attiviste dell’ ex Canapificio di Caserta.
Maurizio Acerbo, segretario nazionale del PRC.
Stefano Galieni, responsabile del Dipartimento Immigrazione.
Rino Malinconico, segretario regionale del PRC della Campania
SOLIDARIETÀ FRATERNA ALL’ EX CANAPIFICIO DI CASERTA
Da diversi anni l'ex Canapificio di Caserta, una delle realtà più note e significative nella solidarietà attiva ai migranti, è sotto attacco. Una inchiestaRifondazione Comunista
Cristina Simó Alcaraz*
1. Sviluppo dell’Assemblea.
La coordinatrice dell’Assemblea, Cristina Simó, ha spiegato lo slogan della VII Assemblea femminista. “Mai più fascismo, mai più guerre”.
Purtroppo, il fascismo e l’estrema destra in tutte le sue forme sono già una minaccia reale per l’umanità. Le loro politiche reazionarie vanno contro gli interessi delle classi lavoratrici, contro la sovranità dei popoli e soprattutto contro i diritti umani delle donne e delle persone LGBTI.
Il fascismo è tornato e intende restare perché ha un piano globale che va oltre l’Europa. Il fascismo controlla i social network e i media che inondano quotidianamente di fake news. Cerca la disaffezione politica con i suoi discorsi negazionisti, nega tutto, non solo le disuguaglianze e la violenza maschile, ma lo vediamo anche con il cambiamento climatico. Usano la guerra e i conflitti come roccaforti per consolidare la loro ideologia reazionaria. Dal femminismo sappiamo che le guerre non risolvono le controversie, al contrario, le accentuano perché, inoltre, nelle guerre, noi donne, i nostri corpi continuano a essere territorio di conquista.
La violenza contro le donne si intensifica prima e dopo una guerra. Ne abbiamo visto un esempio nella guerra della NATO in Afghanistan. Quando la liberazione delle donne afghane dai Talebani è stata usata per giustificare l’invasione del Paese e, d’altra parte, il ritiro delle truppe statunitensi è avvenuto senza tener conto della situazione di estrema schiavitù subita dalle donne afghane.
Le femministe capiscono che la cura è un diritto umano e sanno che non si possono realizzare i diritti umani di qualcuno violando quelli di qualcun altro.
Parliamo di femminilizzazione della povertà nel mondo e gran parte di essa deriva dalle azioni imperialiste degli Stati Uniti e dal neocolonialismo dei loro satelliti europei. Le guerre e le guerre economiche, perché dopo i conflitti bellici veniamo usate come bottino di guerra, ci vengono sottratte le nostre terre e subiamo spostamenti forzati, lasciandoci in situazioni di estrema povertà ed esclusione sociale, oppure dopo i conflitti economici alcune di noi sono costrette a emigrare e diventano facili prede delle reti di trafficanti. Tutto questo sarà aggravato dalla vittoria di Trump e dai suoi ideali misogini e LGTBI-fobici, che potrebbero significare una riduzione globale dei nostri diritti.
L’Assemblea si è sviluppata in una prospettiva internazionale in cui si è cercato di comprendere gli effetti dell’estrema destra, del neofascismo e del sionismo sulla vita e sui diritti delle donne, sulla base di diverse realtà concrete.
Dalla proiezione di un video in cui Nirva Camacho, vicepresidente della FDIM nella regione delle Americhe e dei Caraibi. Fondatrice della Rete di organizzazioni afro-venezuelane, del Cumbe di Donne afro-venezuelane e della Rete di donne Vargas. Componente del consiglio di amministrazione dell’Unione nazionale delle donne (UNAMUJER) del Venezuela. Nel suo intervento ha spiegato l’emancipazione e le conquiste di diritti che le donne venezuelane hanno ottenuto dopo la rivoluzione “bolivariana” e come l’estrema destra, nel suo tentativo di colpo di Stato dopo le elezioni presidenziali, abbia commesso tre femminicidi di donne leader di comunità per il semplice fatto di essere chaviste e di difendere i diritti conquistati.
È seguito l’intervento di Ratebeh Alaidin, dell’Unione Democratica della Palestina (FIDA). Ci ha spiegato come la situazione delle donne sia peggiorata dopo il genocidio del popolo palestinese da parte del governo sionista di Israele; la maggior parte delle vittime e delle persone scomparse sono donne e bambini. Le donne partoriscono senza assistenza medica. Dopo la guerra, le donne sono state separate dai loro figli che vivono nelle aule scolastiche e dai loro mariti in campi profughi separati. Ma la situazione di disuguaglianza dura da decenni, le donne palestinesi subiscono un apartheid perché non conoscono l’ebraico e non hanno diritto al lavoro o all’assistenza sanitaria. I muri con più di 700 checkpoint hanno reso difficile per le donne lasciare i loro villaggi. Dall’assemblea esprimiamo la nostra solidarietà alle donne palestinesi e l’urgenza del cessate il fuoco e dei necessari aiuti umanitari.
Abbiamo poi visto un video di Cristina Romano, presidente dell’organizzazione femminile Juanita Moro in Argentina. Ha spiegato le azioni del governo di ultradestra di Milei, che si oppone al diritto all’aborto e al matrimonio egualitario. È contrario a tutti i servizi pubblici come la sanità, l’istruzione e la parità di genere, considerando questi ultimi uno spreco di denaro. In un Paese dove ogni 35′ c’è un femminicidio, non ci sono più progetti per la prevenzione, l’attenzione e la riparazione dalla violenza maschile e tutte le politiche pubbliche per la parità di genere sono state congelate.
Poi Skevi Koukouma, segretaria generale del Movimento femminile cipriota POGO, vicepresidente della FDIM per l’Europa ed ex compoente di AKEL, ha spiegato come la guerra colpisca le donne più degli uomini. Circa il 90% delle vittime della guerra sono civili, donne e bambini.
Le parti coinvolte nel conflitto spesso violentano le donne impunemente, a volte utilizzando lo stupro sistematico come tattica di guerra e terrorismo, perchè è vero che è lo strumento di guerra più economico.
Nel 2023, la percentuale di donne uccise nei conflitti armati è raddoppiata rispetto all’anno precedente, il numero di casi di violenza sessuale legata ai conflitti verificati dalle Nazioni Unite è aumentato del 50% rispetto all’anno precedente e il numero di ragazze vittime di gravi violazioni in situazioni di conflitto armato è aumentato del 35%.
Gli autori e i leader che tollerano la violenza sessuale legata ai conflitti, quando non la incoraggiano, devono essere ritenuti responsabili e deve essere fatta giustizia, anche attraverso i comitati per le sanzioni del Consiglio di Sicurezza e il Gruppo informale di esperti su donne, pace e sicurezza.
Nonostante le campagne volte a promuovere la partecipazione delle donne alla prevenzione, alla risoluzione e alla riabilitazione dei conflitti e a difendere i loro diritti durante la guerra, gli ultimi rapporti annuali del Segretario generale delle Nazioni Unite sulle donne, la pace e la sicurezza segnalano una stagnazione e una regressione su tutti gli indicatori chiave, con crescenti contraccolpi contro le donne I diritti umani e l’uguaglianza di genere sono un fattore chiave in questo senso.
Le attuali politiche di espansione dei bilanci della difesa oltre il 2% del PIL in ogni Paese e di investimento in tecnologie militari non sono la strada per una pace duratura, ma portano a un’escalation dei conflitti.
Tina Tomsich dell’Istituto 8M in Slovenia e coordinatrice della rete My Voice and My Choice. Ha parlato dell’impatto dell’estrema destra sui diritti delle donne e in particolare sul diritto all’aborto e dell’iniziativa che hanno lanciato per rendere l’Unione Europea un posto migliore per tutte. Un’Europa che protegga e rispetti i diritti fondamentali delle donne, compresi i diritti sessuali e riproduttivi.
L’iniziativa europea My Voice and My Choice denuncia il fatto che più di 20 milioni di donne in Europa non hanno accesso all’aborto. Che in Polonia le donne continuano a morire per questo motivo e che nei Paesi in cui non è gratuito, l’accesso all’aborto per milioni di donne dipende dalle loro condizioni economiche o che, a causa della mancanza di personale sanitario, le donne sono costrette a percorrere lunghe distanze o a cercare alternative che mettono a rischio la loro salute.
Per questo si chiede che l’UE agisca nell’ambito delle sue competenze per garantire un aborto sicuro, libero e accessibile a tutte. Approvare una legislazione che istituisca un meccanismo finanziario per sostenere gli Stati membri che scelgono di aderire volontariamente a questa politica, al fine di fornire l’accesso all’aborto sicuro e gratuito a chi non ce l’ha.
L’assemblea si è impegnata a promuovere l’iniziativa per raggiungere le 1.000.000 di firme necessarie come iniziativa dei cittadini europei.
È poi intervenuta Anna Camposampiero, componente della direzione di Rifondazione Comunista e del Comitato esecutivo del partito della Sinistra Europea, spiegando che Giorgia Meloni rappresenta una conquista “delle” donne, ma non “per” le donne. Meloni fa politica degli uomini, con gli uomini e per gli uomini. Questo ci è chiaro. Quello che non è chiaro è la battuta d’arresto e la difficoltà che crea a tutto il movimento femminista. Nella nostra Europa, abbiamo tre donne in posizioni di leadership: Ursula Von der Leyn, Kaja Kallas, Roberta Metzola. Ripetere il femminile non è femminista, non è sufficiente e non è compreso. La nostra riflessione deve partire da qui: come riportare il femminismo in politica? Perché solo così possiamo contribuire alla pace e contro il fascismo.
Infine, Cristina Noé, componente del Partito Comunista Ungherese, ha chiuso gli interventi denunciando le politiche patriarcali del governo di destra ungherese. Anche l’ultima, che mira a criminalizzare le donne che vogliono interrompere volontariamente la gravidanza, facendo loro ascoltare il battito cardiaco del feto prima di abortire.
2 Proposte.
- Proponiamo che la prospettiva femminista sia un criterio trasversale per le politiche economiche, ecologiche e sociali dell’UE, nonché per la sanità, l’assistenza, l’istruzione e la cultura. per avviare una transizione femminista a livello europeo.
- Difendiamo i diritti sessuali e riproduttivi per tutte le donne in Europa e i diritti matrimoniali di base per tutte le coppie. Il riconoscimento legale gratuito delle identità LGBTQ+I deve essere incluso nei motivi per la concessione dell’asilo.
- Sosteniamo e promuoviamo l’iniziativa europea My Voice and My Choice per il diritto all’aborto libero e sicuro per tutti.
- Insieme ai movimenti femministi vogliamo spingere per l’inclusione del diritto di decidere del proprio corpo e della maternità nella Carta europea dei diritti fondamentali e per il riconoscimento dell’apartheid di genere nel diritto internazionale, in modo che le donne e le persone LGBTQI che subiscono l’apartheid di genere come in Afghanistan siano accolte come rifugiati e protette in Europa.
- Siamo solidali con le donne vittime di tutti i conflitti bellici, come la guerra in Ucraina e il genocidio in Palestina. Siamo inoltre solidali con le donne costrette a vivere nei campi profughi, come il popolo Saharawi.
- Siamo solidali con le donne che subiscono le conseguenze dei blocchi economici promossi dagli Stati Uniti e dai loro satelliti europei, come a Cuba e in Venezuela.
- Di fronte all’avanzata dei discorsi negazionisti sulla disuguaglianza di genere e sulla violenza, dobbiamo lavorare per rompere il discorso fascista che vuole avvolgerci in una guerra dei sessi. Non è una lotta tra uomini e donne. È una lotta tra chi di noi vuole l’uguaglianza, chi mette la vita al centro delle proprie politiche e chi vuole la PACE.
- Chiediamo la pace come asse trasversale di tutte le nostre lotte in tutti i paesi, che ci uniamo sotto l’ombrello della difesa della pace di fronte a questo 25N o 8M e per questo dobbiamo iniziare a tessere reti che convergano nell’Iniziativa della Conferenza di Pace della Sinistra Europea perché sia un incontro massiccio organizzato da diverse articolazioni, essendo questa assemblea uno degli assi principali che guideranno la conferenza.
*Coordinatrice dell’Assemblea Femminista del Forum Europeo delle Forze di Sinistra, Progressiste e Ambientaliste
RELAZIONE DELLA VIII ASSEMBLEA FEMMINISTA DEL FORUM EUROPEO DELLE FORZE DI SINISTRA, PROGRESSISTE E AMBIENTALISTE – BUDAPEST, 9 NOVEMBRE 2024.
Cristina Simó Alcaraz* 1. Sviluppo dell'Assemblea. La coordinatrice dell'Assemblea, Cristina Simó, ha spiegato lo slogan della VII Assemblea fRifondazione Comunista
1. Al fine di costruire un’Europa progressista e socialmente avanzata, noi siamo per una distribuzione equa della ricchezza, servizi pubblici universali e di qualità, e la proprietà pubblica dei beni comuni, al fine di realizzare una società più giusta, partecipativa e democraticamente pianificata. L’accesso a un alloggio dignitoso, accessibile e adeguato al clima deve essere un diritto, non un lusso, la copertura della sicurezza sociale in termini di salute, pensioni e disoccupazione deve essere universale, cioè un diritto per tutti in Europa. Questo implica un diverso uso del denaro da parte delle imprese, delle banche e della BCE.
Il diritto a condizioni di lavoro dignitose, a un impiego sicuro e a una formazione permanente ben retribuita sono fondamentali, il rafforzamento dei diritti sindacali, le clausole sociali nei contratti pubblici, l’aumento dei salari e dei diritti sociali, colmare il divario occupazionale e migliorare l’ambiente e le condizioni di lavoro. Vogliamo
posti di lavoro di qualità e il diritto a una pensione dignitosa a partire dai 60 anni, erogata da enti pubblici efficienti.
Difendiamo l’accesso libero e universale all’assistenza sanitaria e il rafforzamento dei sistemi sanitari pubblici, al fine di ridurre le disuguaglianze sociali.
Vogliamo servizi pubblici moderni con personale sufficiente, senza burocrazia, con una gestione partecipata e che rispondano alle esigenze delle persone che ne usufruiscono.
Una delle questioni fondamentali della nostra società è garantire a tutta la popolazione un’istruzione di alto livello, libera, gratuita, egualitaria, liberatoria ed emancipatrice, libera da pressioni religiose, oscurantiste o del mercato economico.
La carenza di alloggi sociali di qualità ed economicamente accessibili rappresenta una crisi urgente in tutta Europa che richiede un’azione immediata e decisiva. È necessario adottare misure e iniziative a livello europeo, per utilizzare le risorse finanziarie in base alle esigenze di ogni singolo individuo piuttosto che agli interessi finanziari.
Chiediamo l’istituzione di un programma europeo per l’edilizia sociale, sostenuto da politiche economiche e sociali che rafforzino gli investimenti pubblici nell’edilizia senza scopo di lucro. Chiediamo una regolamentazione transnazionale della speculazione.
Affrontare la crisi sociale deve essere una priorità assoluta.
Per questo motivo ci opponiamo a un ritorno alla politica di austerità liberale, così come pretesa dalla Commissione europea, che si concretizza da un lato in misure liberali che favoriscono le classi dirigenti e tagliano i diritti umani e di cittadinanza, economici e sociali dei popoli europei mentre dall’altro aumentano le spese militari a scapito dei fondi che dovrebbero essere spesi per la spesa sociale, l’uguaglianza e creazione di lavoro.
Vogliamo acquisire potere sul denaro, sviluppare servizi pubblici, cooperazione, servizi efficienti, occupazione efficiente e di qualitá nelle aziende, e rifiutare il libero e rifiutare la concorrenza libera e non distorta.
Questo vale sia all’interno dell’UE che con il resto del mondo.
Vogliamo la sovranità popolare sul denaro per altri obiettivi sociali, a differenza dell’attuale UE, che risponde alle esigenze del capitale. Un modo per farlo sarebbe quello di creare un Fondo europeo per finanziare i servizi pubblici attraverso prestiti ai governi a tasso zero, finanziati dalla BCE.
2. Consideriamo la crisi climatica come un’emergenza che richiede una risposta globale basata su una trasformazione ecologica, energetica e industriale. L’Unione europea deve agire senza indugio di fronte all’emergenza climatica e sociale. È essenziale abbandonare il modello che fondato sull’energia basata sul carbonio, garantendo al contempo la creazione di posti di lavoro. Questo implica una trasformazione sociale dei modelli di produzione e di consumo per raggiungere la neutralità climatica entro il 2040, e soddisfare gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Abbiamo bisogno di obiettivi ambientali più ambiziosi e una pianificazione verde per garantire una giusta transizione.
3. Ci battiamo per un’Europa di pace e solidarietà, con una prospettiva pacifista che affronta i conflitti attraverso il dialogo e le soluzioni diplomatiche. Un’Europa che propone un approccio alternativo al modello di sicurezza a partire da una nuova visione basata sul riconoscimento che nessuno Stato può essere veramente sicuro se gli altri non condividono lo stesso livello di sicurezza.
Condanniamo fermamente le politiche europee contro migranti, i rifugiati e i richiedenti asilo: il diritto di asilo e la libertà di movimento devono diventare il fondamento dell’Europa che vogliamo, e ci batteremo contro le politiche proposte dal Patto sull’Immigrazione e l’Asilo di Ursula von der Leyen che mirano a vietarli. Questo significa affrontare le cause alla radice della migrazione e sviluppare una nuova politica di co-sviluppo con i Paesi interessati.
Non vogliamo che l’Europa faccia parte della nuova guerra fredda, né che diventi un campo di battaglia su cui questa infuria.
Ci opponiamo alla dominazione militarista della NATO sull’UE e sui suoi Stati membri, all’aumento dei bilanci militari e di guerra a scapito della spesa sociale, alla rapida militarizzazione della politica, dell’economia e delle menti, invece vogliamo vedere l’Europa emancipata dai mandati degli USA e della NATO, libera dai mandati di potenze esterne.
Guerre e conflitti servono gli interessi del capitale finanziario che ne trae profitto. Finché queste guerre dureranno, sempre più civili innocenti moriranno ogni giorno. Per questo chiediamo che si ponga fine alla violenza attraverso negoziati per portare una pace duratura in Ucraina, nel quadro delle Nazioni Unite.
Allo stesso modo, chiediamo soluzioni eque e negoziate ai conflitti armati che si stanno diffondendo in varie parti del mondo, Somalia, Yemen, Siria, Sahara occidentale, ecc.
L’ulteriore sviluppo delle armi nucleari e il fatto che il loro utilizzo è apertamente considerato dalle potenze nucleari, rende il disarmo una necessità di prim’ordine per la sopravvivenza dell’umanità.
L’attacco di Hamas del 7 ottobre, che condanniamo fermamente, non giustifica la guerra condotta da Israele. Chiediamo un immediato cessate il fuoco in Medio Oriente e la fine dell’aggressione israeliana in Palestina. Chiediamo il rilascio di tutti gli ostaggi israeliani e i prigionieri politici palestinesi, nonché la consegna di aiuti umanitari alla popolazione di Gaza, la ricostruzione di tutto ciò che è stato distrutto dall’esercito israeliano e il ritorno di tutti i palestinesi sfollati. Riaffermiamo che l’instaurazione di una pace duratura nella regione richiede la fine dell’occupazione, della colonizzazione e del regime di apartheid di cui soffre il popolo palestinese insieme al riconoscimento di uno Stato palestinese vitale e pienamente sovrano alle condizioni definite dalle risoluzioni delle Nazioni Unite sul riconoscimento di due Stati.
Esprimiamo la nostra solidarietà al popolo Saharawi, privato da decenni del diritto di vivere nel proprio territorio, subendo la repressione delle forze di occupazione, e chiediamo il rispetto delle risoluzioni delle Nazioni Unite a favore dell’autodeterminazione e l’indizione di un referendum nel Sahara Occidentale.
Chiediamo la fine dell’occupazione di Cipro e la riunificazione del Paese in conformità con le risoluzioni delle Nazioni Unite.
Chiediamo la fine degli interventi militari turchi nella Siria nord-orientale, nell’Iraq settentrionale e nel Sinjar, e la fine dell’oppressione dei curdi e del popolo turco in Turchia. Chiediamo alla Turchia
il rilascio di tutti i prigionieri politici e l’attuazione delle decisioni del Consiglio d’Europa e della Corte europea dei diritti dell’uomo.
La repressione della politica democratica e contro i rappresentanti eletti deve essere fermata. Una soluzione giusta e democratica alla questione curda, che dura da decadi, richiede dialogo e negoziazione, non isolamento, imprigionamento e violenza.
Questo ottavo Forum si unisce alla mozione approvata alle Nazioni Unite che chiede la fine del blocco ingiusto e illegale cui gli Stati Uniti sottopongono Cuba da decine di anni e, allo stesso tempo, chiede la rimozione di Cuba dalla lista degli Stati patrocinatori del terrorismo.
Sosteniamo la ricerca della pace e dell’autonomia in Africa. È tempo di ricostruire le relazioni afro-europee sulla base dell’uguaglianza e della uguaglianza e solidarietà, per costruire un futuro in cui pace e dignità prevalgano sulla violenza e sul dominio.
Aspiriamo a un nuovo ordine economico internazionale basato sui diritti dei popoli e rifiutiamo qualsiasi egemonia monetaria globale.
Chiediamo soluzioni cooperative, democratiche e non egemoniche per il finanziamento comune della transizione ecologica e dei servizi pubblici in tutto il mondo.
4. Il femminismo di classe contesta il sistema capitalista e patriarcale e mette in evidenza la contraddizione tra capitale e vita.Si pone come un’alternativa a un’economia basata sullo sfruttamento degli esseri umani e propone una società libera dalla violenza maschilista, che permetta uno sviluppo umano emancipatorio per tutte le persone in uguaglianza e armonia con la natura: è l’economia basata sulla cura della vita.
I movimenti femministi lottano contro la violenza maschile e la disuguaglianza che le donne e i loro figli e figlie subiscono nel corso della loro vita e chiedono una legislazione completa e un quadro politico per affrontare tutte le forme di violenza di genere.
Il movimento femminista, insieme al movimento ambientalista,
sono motori del cambiamento politico per la trasformazione sociale in Europa ed è per questo che la destra e l’estrema destra attaccano sistematicamente i diritti delle donne e delle persone LGBTQIA+ e negano il cambiamento climatico.
Questo Forum propone che la prospettiva femminista sia un criterio per le politiche economiche, ecologiche e sociali dell’UE, cosí come per l’assistenza sanitaria, la cura, l’istruzione e la cultura. Per avviare la transizione femminista in Europa.
Difendiamo i diritti sessuali e riproduttivi di tutte le donne in Europa e i diritti fondamentali al matrimonio per tutte le coppie.
Il riconoscimento legale delle identità LGBTQIA+ deve essere incluso nei motivi per la concessione dell’asilo.
Insieme ai movimenti femministi vogliamo spingere per l’inclusione del diritto di decidere del nostro stesso corpo e della nostra maternità nella Carta Europea dei Diritti Fondamentali e nei Diritti Fondamentali e il riconoscimento dell’apartheid di genere nel diritto internazionale, in modo che le donne e le persone LGBTQIA+ che lo subiscono, come in Afghanistan, siano accolte come rifugiate e protette in Europa.
5. Siamo consapevoli della necessità di affrontare e integrare attivamente i bisogni, i sogni, le preoccupazioni e le prospettive dei/delle giovani e degli studenti e delle studentesse, promuovendo il loro protagonismo nei piani, nelle campagne e nelle azioni delle forze della Sinistra Europea, dei Verdi e delle forze progressiste, e ne faremo un obiettivo specifico per i prossimi anni.
6. L’ascesa dell’estrema destra nelle elezioni per il Parlamento europeo è proseguita nelle successive elezioni statali e regionali in vari Paesi europei. Questa ascesa riflette un’ideologia neofascista priva di valori etici e morali, che si nutre di razzismo, xenofobia, misoginia, sessismo, omofobia, LGBTQIA+fobia, autoritarismo, odio per i migranti e di un individualismo non solidale.
Di fronte all’aggravarsi della crisi economica, sociale e morale, le classi lavoratrici provano un senso crescente di disaffezione politica e la mancanza di prospettive future, e la loro rabbia è diretta dai movimenti di estrema destra e fascisti, che propongono soluzioni economiche semplicistiche nell’interesse della borghesia, delle classi dominanti e del capitalismo, e in parte verso la demotivazione e l’astensionismo. Solo una strategia basata sulla giustizia sociale, l’uguaglianza, l’ecologia, la condivisione e sulla pace, che le forze progressiste della trasformazione sociale sostengono può offrire loro una prospettiva positiva.
Di conseguenza, con questa Dichiarazione finale l’8° Forum europeo delle forze di Sinistra, Verdi e Progressiste concorda di partecipare, in cooperazione con altre organizzazioni politiche, sindacali, pacifiste, femministe, alla preparazione di una Conferenza per la Pace e la Solidarietà nel Mondo e di promuovere in collaborazione con i sindacati europei una campagna contro le politiche di austerità e di tagli proposte dalla Commissione europea.
RELAZIONE DELLA VIII ASSEMBLEA DEL FORUM EUROPEO DELLE FORZE DI SINISTRA.
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Siamo contenti di aver contribuito alla vittoria con la lista “L’Umbria per la sanità pubblica e la pace”.
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In Emilia Romagna la scontata vittoria del campo largo non cancella le ragioni della nostra critica radicale e della nostra presenza in alternativa.
Maurizio Acerbo, segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista
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