Putin ha costretto gli ucraini a considerare la cultura russa un’arma di guerra
L’invasione russa dell’Ucraina ha amplificato il dibattito in corso sulla presenza culturale della Russia nella società ucraina e ha accelerato gli sforzi per rimuovere le vestigia del passato imperiale. Alcuni intellettuali russi hanno espresso preoccupazione per la presa di mira della cultura russa in Ucraina, con l’autore Mikhail Shishkin che è arrivato al punto di [...]
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Il mito di Marilyn Monroe
60 anni fa, la notte fra il 4 e il 5 agosto del 1962, nel suo bungalow di Brentwood (Los Angeles) veniva scoperto il corpo inerte di Norma Jeane Mortenson, nome d’arte Marilyn Monroe, attrice, cantante, modella e produttrice cinematografica statunitense, tra le più celebri attrici della storia del cinema. Un mito allora, un mito ancora [...]
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Gaza: “con le armi falciamo il prato, con la burocrazia li teniamo al guinzaglio”
di Eliana Riva –
Pagine Esteri, 9 agosto 2022 – “Penso che la parte più significativa dell’occupazione [israeliana] sia l’oppressione burocratica, quella con cui hai a che fare quando hai bisogno dei permessi di costruzione, quella che te lo toglie il permesso, e ciò significa che la tua casa verrà distrutta. Oppure che ti vieta di vedere la tua famiglia perché il permesso non è quello giusto. È una forma di oppressione burocratica. Non voglio dire che sia il lato peggiore dell’occupazione, ma fa parte dell’occupazione, dell’oppressione burocratica e io ho visto quanto sia ridicolo tutto questo. […] Perché neghiamo [ai palestinesi] i permessi? Perché gli stiamo rendendo così difficile ottenere medicine? Perché gli stiamo rendendo difficile procurarsi il cibo?”
Lunedì 1 agosto l’organizzazione israeliana Breaking the silence, ha pubblicato il fascicolo dal titolo Military Rule. Testimonianze di militari dell’Amministrazione Civile. Al suo interno una numerosa raccolta di esperienze di soldati israeliani impiegati nella Civil Administration, un organo militare israeliano che controlla ogni aspetto della vita civile dei palestinesi dei Territori Occupati della Cisgiordania.
Insieme al Gaza District Coordination e al Liaison Office, tutti subordinati al COGAT (l’Ente di coordinamento delle attività di governo nei Territori Palestinesi), la Civil Administration gestisce e controlla, tra le altre cose, il rilascio dei permessi di spostamento (per motivi di lavoro, salute e altro) dei palestinesi, l’import e l’export dei beni (inclusi quelli di prima necessità), l’utilizzo delle risorse naturali, i permessi di costruzione delle infrastrutture civili.
Il fascicolo richiama l’interesse sulle dinamiche interne agli uffici e ai regolamenti dell’Amministrazione Civile dei Territori, dinamiche che hanno un fortissimo impatto sulla vita quotidiana dei palestinesi e che replicano i principi di subalternità, discriminazione, umiliazione e controllo tipici delle situazioni di dominio di un popolo su un altro.
Breaking the silence si occupa di raccogliere le esperienze dei soldati israeliani che, spesso giovanissimi, si trovano a gestire e controllare ogni aspetto della vita quotidiana di un’intera popolazione. ONG istituita da veterani dell’IDF (le forze armate israeliane), per quasi 20 anni ha dato ai soldati congedati l’opportunità di raccontare le loro esperienzemantenendo l’anonimato, mostrando all’opinione pubblica israeliana un’immagine cruda della gestione quotidiana dell’occupazione. In Military Rule per la prima volta sono state raccolte le testimonianze di ex militari che hanno prestato servizio, negli ultimi dieci anni, negli uffici del COGAT.
Raccontano le umiliazioni continue subite dai palestinesi risucchiati dal vortice delle richieste dei continui e numerosi permessi, il potere assoluto e arbitrario dei soldati agli sportelli, la subalternità spesso mortificante delle forze di sicurezza palestinesi, l’autorità suprema del movimento dei coloni, il sistema generale di oppressione.
C’è un ragazzo che si chiama Nijam. È palestinese. La sua casa è praticamente in mezzo al nulla ma si è trovata, ad un certo punto, sul lato israeliano [della barriera di separazione], che è vicino a Giv’on (un insediamento israeliano). Questo tizio per entrare in casa deve chiamare il centro operativo [israeliano] che deve aprire il cancello per farlo entrare. Non ha alcun controllo sul cancello che apre e chiude la sua casa. Deve chiamare il centro operativo.
Cosa intendi?
La sua casa è dalla parte israeliana. La sua casa è recintata.
Ok.
Non se ne è andato da lì. È stata costruita la recinzione e quindi hanno recintato anche lui. Invece di dargli semplicemente la cittadinanza, o lasciarlo stare. Nijam Faqia, mi pare sia questo il suo nome. Quindi chiama il centro operativo ogni mattina e dice “Ciao, sono Nijam, voglio entrare a casa mia”. Il centro operativo chiama poi gli agenti di polizia di frontiera della zona che gli aprono il cancello. Pazzesco.
Quante volte?
Una, due volte al giorno.
La gestione dell’amministrazione dei distretti dei Territori Occupati e Gaza dimostra piena coerenza con la gestione militare dell’occupazione. “È impossibile comprendere l’occupazione israeliana senza mettere sotto i riflettori queste unità governative – spiega Breaking the silence – e nonostante ciò ricevono pochissima attenzione pubblica, sia dentro che fuori da Israele e la loro attività raramente è stata oggetto di inchieste indipendenti”.
Coda per accedere allo sportello del DCL
Il regime dei permessi
Il DCL (District Coordination and Liaison office) è l’ente di coordinamento e collegamento distrettuale. I suoi uffici sono sparsi in tutta la Cisgiordania. Le responsabilità del DCL includono il coordinamento e il collegamento con l’Autorità Nazionale Palestinese, il rilascio di permessi per la popolazione palestinese, il controllo delle forze dell’ordine e la supervisione delle costruzioni e delle infrastrutture (acqua, elettricità, strade, ecc.) nella regione di competenza. Nella maggior parte dei casi, lo sportello al quale si rivolgono i palestinesi per presentare domande e richiedere permessi si trova all’interno delle strutture del DCL. I permessi di ingresso in Israele servono per poter lavorare, per poter vedere le proprie famiglie, per poter visitare i luoghi sacri in occasione delle festività religiose e per tanto altro.
Uno dei compiti del DCL è il rilascio delle carte magnetiche ai palestinesi. Ne hanno bisogno per passare attraverso i valichi e per richiedere un permesso di ingresso in Israele. Sono stato allo sportello per un mese e in questo mese è capitato un sacco di volte che le stampanti non funzionavano, un sacco di volte che i computer si sono fermati. Non è una cosa importante per i soldati. Ci sono 100 palestinesi seduti in una stanza, le stampanti hanno smesso di funzionare ma non c’è nervosismo. Se funziona funziona, se non funziona la gente torna domani. Una o due volte è capitato che, dopo alcuni problemi con le stampanti, i soldati hanno detto a tutti: “Chiudiamo alle quattro e mezza” non alle cinque, che è la solita ora. Cosa importa? Le persone possono tornare domani. Alcune volte le persone vengono e aspettano dalle due alle tre ore per ottenere la carta magnetica, e alla fine non la ottengono e gli viene semplicemente detto: “Torna domani alle otto e mezza”. A volte arrivi alle 100 persone, e basta, “Abbiamo raggiunto le 100”, non è importante fare molto di più. Non esiste un limite massimo, ma 100 è l’obiettivo minimo quindi se lo raggiungono pensano che hanno già fatto tutto quello che dovevano fare.
All’interno del fascicolo sono riportate alcune delle testimonianze dei residenti di Gazaraccolte da Gisha, una organizzazione israeliana senza scopo di lucro che si occupa di misurare la libertà di movimento dei palestinesi nei Territori Occupati e a Gaza. Gisha ha pubblicato le interviste all’interno di un resoconto dal titolo “Il regime dei permessi”, in cui i residenti della Striscia raccontano episodi di violenza e sopraffazione legati al rilascio delle autorizzazioni da parte dello stato occupante.
Solo pochi giorni fa una ricerca di un’altra organizzazione israeliana, Physicians for Human Rights– Israele, ha dimostrato la dipendenza quasi totale della sanità a Gaza dal regime dei permessi in Israele. Mentre Save the Children denunciava nel 2020 le morti causate dal ritardo del rilascio dei permessi di spostamento per malattie per i bambini e le bambine palestinesi.
Una testimonianza soprattutto, tra le centinaia, assume un significato macabro, che diventa particolarmente raccapricciante in questi giorni in cui si sta ancora dando sepoltura ai morti palestinesi determinati da un nuovo attacco militare israeliano (l’operazione denominata Breaking dawn) sulla Striscia di Gaza. Il tenente intervistato ammette di aver provato sollievo alla notizia di essere stato assegnato agli uffici amministrativi, perché avrebbe così evitato di partecipare a operazioni militari sul campo. Ma dopo alcuni mesi si accorge che quella violenza da cui credeva di essere fuggito in realtà lo circondava, diversa di aspetto ma profondamente affine.
Ero felice [di lavorare al COGAT], di non essere coinvolto in qualcosa che mi costringesse a combattere. Non volevo essere violento.
E la vedi diversamente oggi?
Assolutamente sì. Penso che sia diversa dalla violenza di cui siamo abituati a sentire parlare, la violenza al posto di blocco o i soldati che abusano dei palestinesi. Ma è un diverso tipo di violenza. È violenza burocratica. Usiamo molta violenza contro Gaza. Durante gli attacchi usiamo molta violenza, seminiamo distruzione e questo fa parte della stessa strategia. Ora vedo [quegli attacchi] come se servissero a “falciare il prato” ogni pochi anni, e nel frattempo gli abitanti di Gaza devono essere tenuti a guinzaglio molto corto, non dobbiamo permettere loro troppe uscite ed entrate, non è loro permesso di fare molte cose che noi diamo per scontate, come poter pescare dove vogliamo, o essere in grado di volare. È una prigione”.
Le testimonianze rilasciate a Breaking the silence dai soldati occupati a raccogliere agli sportelli le richieste dei palestinesi, rivelano che la revoca dei permessi di spostamento viene spesso utilizzata dagli organi preposti come misura di punizione collettiva. Che gli stessi soldati possono decidere in maniera soggettiva e capricciosa a chi concedere i permessi e a chi no. Che se arrestano un palestinese che vive nel tuo stesso palazzo, il permesso ti viene revocato.
Gli israeliani agli sportelli quasi mai parlano l’arabo, se non quello base appreso al corso di preparazione. E i palestinesi, anche anziani e anziane, che non conoscono l’ebraico o l’inglese sono non di rado umiliati e a volte mandati via nonostante abbiano atteso ore per essere ascoltati.
E poi lui (il soldato) gli dice (al palestinese), “va bene, vattene da qui, prendi un nuovo numero, non voglio parlarti”, nella speranza che alla fine finiscano con qualcun altro. Sì, ci sono soldati molto crudeli allo sportello. Come ho detto, è potere, ed è ciò che il potere fa a una persona. In questo caso è divertente, perché in altre situazioni non hai alcun potere. Quando arrivi in un posto dove i coloni hanno bruciato il campo di qualcuno, non hai potere lì. Ma allo sportello sì.
I veterani hanno testimoniato che i permessi vengono utilizzati anche per mettere fine agli scioperi della fame, elemento di cui ha scritto lungamente il quotidiano israeliano Hareetz.
Coda all’entrata del checkpoint
Le forze di sicurezza palestinesi
Le forze di sicurezza palestinesi devono concordare ogni più piccolo movimento con il COGAT. Il loro stesso equipaggiamento, la quantità di armi che indossano viene decisa da Israele, i cui organi amministrativi devono firmarne i permessi. Non solo. Prima di un attacco ad un’abitazione palestinese, prima che i militari israeliani irrompano in una civile abitazione nei Territori Occupati, viene fatta comunicazione alle forze di sicurezza palestinesi: i poliziotti hanno pochi minuti per lasciare le strade e la zona circostante e ritirarsi nelle proprie caserme. “La realtà – in cui i poliziotti palestinesi si affrettano a nascondersi nelle loro roccaforti poco prima che i soldati israeliani irrompano nella casa di una famiglia, puntando fucili contro donne e bambini che si sono appena svegliati – è umiliante. Mortalmente umiliante è vietare alla sicurezza palestinese di difendere il proprio popolonon solo dai soldati ma anche dai civili israeliani che attaccano i palestinesi nei loro campi e frutteti, nelle lore case e quando sono fuori a pascolare le proprie mandrie. Il rispetto da parte dell’Autorità Palestinese di questo divieto è umiliante. Non si fanno vedere se non siamo noi a dirglielo… Anche se non si ha a che fare con i coloni, anche se sono senza uniformi e senza armi, anche se devono indagare solo su un incidente d’auto: devono comunque coordinarlo con Israele” (Haaretz).
Demolizione di una struttura agricola
Il potere dei coloni
Dalle testimonianze emerge che non solo alle forze di sicurezza palestinesi è vietato intervenire (o anche solo essere presenti) all’occupazione di terre palestinesi da parte dei coloni israeliani e dei movimenti politici a loro collegati. Persino ai militari israeliani è spesso vietata la presenza. E quando ci sono non hanno il permesso di alzare un dito contro i coloni. Seguendo lo stesso principio di annessione, le amministrazioni civili sono ben propense ad accettare lo spostamento di risorse naturali, come l’acqua, togliendole ai villaggi palestinesi per darle alle colonie israeliane.
Persino la scelta di quali case palestinesi demolire è guidata dalle pressioni del movimento dei coloni, seppure gli insediamenti israeliani nei Territori Palestinesi Occupati (lo ricordiamo per dovere di cronaca nonostante la storia ne abbia purtroppo decretato l’inutilità in assenza di regime punitivo) siano illegali per il diritto internazionale.
Come si decide cosa demolire?Ci sono così tante costruzioni abusive, perché demolire una casa e non un’altra?
Guarda una mappa delle demolizioni e potrai constatare che demoliscono le case vicine a un insediamento. Ci sono molti Khirbes (piccoli villaggi palestinesi) sulle colline meridionali di Hebron, ci sono così tanti villaggi illegali nell’Area C tra le colline meridionali di Hebron ma vengono demolite a Susiya o al-Tuwani. È una questione politica.
Raccolta e accesso ai dati riservati
Nella sua testimonianza rilasciata a Breaking the silence, una ex ufficiale addetta al COGAT scrive quanto fosse per gli israeliani importante ottenere notizie e dati sui palestinesi e quanto fosse facile accedervi:
Ci sono dei software che raccolgono diversi tipi di informazioni sui residenti palestinesi, in modo che possiamo tenere traccia dei loro movimenti. Quando digiti il numero d’identità o il nome di qualcuno, hai immediatamente richiamato tutto il suo privato. Posso scansionare il viso della persona o il codice a barre che si trova sulla smartcard. Basta questo per recuperare le informazioni. I loro nomi completi, i parenti – fratelli, sorelle, mamma, papà, nonno, nonna, cugini, cugini di secondo grado, luogo di residenza, il tipo di permesso che hanno in base al settore in cui lavorano, che checkpoint possono attraversare, quali hanno attraversato, qual è stato il loro ultimo viaggio – significa l’ultima volta che hanno attraversato un posto di blocco e in che direzione stavano andando – e se gli è stato rifiutato l’ingresso, e la causa dei rifiuti che hanno ricevuto. E poi, ovviamente, tutto ciò che è legato alla loro storia. Durante il corso ci hanno anche insegnato come si può bloccare il permesso. E questo può accadere per molti motivi. Può essere bloccato dalla polizia israeliana o dallo Shin Bet. L’ingresso può essere rifiutato se si è coinvolti in attività criminali, se si è ricercati dall’Autorità Palestinese, dalla polizia israeliana. Ma anche se si hanno familiari che sono criminali o sospetti terroristi. Persino se si vive nello stesso edificio di qualcuno che è stato condannato o sospettato di essere coinvolto in attività terroristiche: questo è un altro modo in cui i palestinesi vengono puniti collettivamente dall’esercito israeliano. È completamente fuori dal loro controllo, basta solo che si trovino in una situazione in cui un membro della famiglia o un amico o qualcuno nel loro edificio sia coinvolto in attività che Israele considera terroristiche. In che modo a palestinesi innocenti è stata cambiata la vita: negandogli la libertà di movimento.
***
A volte in ufficio mi annoiavo, quindi scrivevo un numero a caso nella ricerca degli ID dei palestinesi e guardavo cosa usciva fuori. Potevo vedere tutto delle loro vite: famiglie, dettagli degli spostamenti, del loro lavoro.
La pubblicazione delle testimonianze ha avuto una certa eco sulla stampa israeliana e internazionale. Il quotidiano israeliano Haaretz ha scritto che “il fattore dell’umiliazione è un altro dei mezzi utilizzati dal governo ostile di una giunta militare. Si legge dentro e tra le righe del fascicolo [di Breaking the silence], nell’arabo stentato pronunciato dai soldati agli sportelli di accoglienza per i palestinesi, il trattamento sprezzante anche nei confronti di chi è vecchio quanto i loro nonni e le loro nonne: nell’assegnare acqua ai coloni a spese di una comunità palestinese, nella revoca all’ingrosso dei permessi di movimento. L’umiliazione dell’altro è parte inseparabile della violenza burocratica – assassina dell’anima, del tempo e della speranza – che noi ebrei israeliani, essendo gli espropriatori di un popolo della sua terra, abbiamo trasformato in una forma d’arte. Usiamo il potere degli editti che abbiamo composto, le leggi, le procedure e le sentenze di onorevoli giudici per abusare continuamente delle altre persone. L’Amministrazione Civile non ha inventato il sistema, ma è la punta di diamante e la lancia di questa violenza burocratica”.
Il quotidiano inglese The Guardian ha scritto che “il sistema tentacolare del governo militare creato dall’occupazione israeliana della Cisgiordania e della Striscia di Gaza è un mondo che israeliani stanno conoscendo per la prima volta, dopo la pubblicazione di testimonianze di veterani che denunciano il regime dei permessi che governa il popolo e la terra palestinesi”.
In un comunicato stampa il COGAT ha risposto alle testimonianze raccolte da Breaking the silence affermando che non esistono dubbi sull’integrità dell’organizzazione e del suo staff e che casi di violazione delle procedure sono delle eccezioni e non riflettono le pratiche della Civil Administration. Pagine Esteri
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Ucciso da droni Usa il capo di Al Qaeda Ayman al Zawahiri
della redazione
(Ayman al Zawahiri e Osama bin Laden nella foto di Wikimedia Commons)
Pagine Esteri, 2 agosto 2022 – Il leader di Al Qaeda, Ayman al Zawahiri, è stato ucciso durante un raid aereo condotto dalla Cia con alcuni droni a Kabul, in Afghanistan, domenica 31 luglio. La notizia data inizialmente dai media Usa è stata confermata dal portavoce dei Talebani al potere in Afghanistan, Zabiullah Mujahid. Il raid è avvenuto nel quartiere di Sherpur, nel centro della capitale afghana e ha avuto come bersaglio una abitazione residenziale. Zawahiri, egiziano, medico e uno dei capi del Jihad nel suo paese durante gli anni ’80, aveva preso la guida di Al Qaeda in seguito all’assassinio di Osama bin Laden il 2 maggio 2011 ad Abbottabad, in Pakistan, sempre da parte degli Usa. Con ogni probabilità sarà sostituito da Saif al-Adel, uno dei leader di Al Qaeda sin dai suoi primi giorni.
L’attacco di droni è il primo condotto dagli Usa in Afghanistan dopo quello di un anno fa durante il ritiro americano dal Paese in cui furono uccisi 10 civili a Kabul. I Talebani hanno condannato il raid affermando che è una violazione delle intese di Doha firmate con gli Stati Uniti che prevedevano il ritiro di tutte le forze americane dall’Afghanistan. Le intese comprendevano anche l’impegno degli islamisti di impedire ad Al Qaeda di utilizzare di nuovo il suolo afghano per pianificare attacchi ma non l’espulsione di Al Qaeda.
Nel 2001, Zawahiri, come Osama bin Laden, era fuggito dalle forze statunitensi di occupazione dell’Afghanistan e dove si trovasse è rimasto un mistero. Braccio destro di bin Laden ai tempi dell’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, il medico egiziano in tutti questi anni ha continuato nell’ombra a guidare l’organizzazione. Figura meno carismatica di bin Laden, considerato il “teorico” di Al Qaeda, Zawahiri ha dovuto fare i conti non solo con la caccia che gli Usa gli hanno dato per oltre venti anni ma anche con la scissione interna che ha dato vita all’Isis, lo Stato islamico, in sfida diretta alla sua autorità.
Sulla sua uccisione è intervenuto qualche ora fa Joe Biden. “Ora giustizia è fatta – ha detto il presidente americano – e il mondo non dovrà più temere questo pericoloso terrorista: ancora una volta, abbiamo dimostrato di essere capaci e determinati a difendere i nostri cittadini da chi vuole farci del male”. Biden ha spiegato che la Cia aveva localizzato Zawahiri quest’anno, dopo che si era spostato a Kabul, in Afghanistan, per riunirsi con i suoi familiari. “Dopo attente valutazioni e verifiche, ho autorizzato la sua eliminazione: l’operazione è stata un successo, senza vittime tra i suoi familiari o altri civili”, ha detto Biden, aggiungendo che gli Stati uniti continueranno “a vigilare, e a fare tutto il necessario per proteggere i nostri cittadini in patria e in tutto il mondo”. Pagine Esteri
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Frammenti #03 - 9 agosto 2022
Roomba e “home as a service”
In questi giorni Amazon ha annunciato di voler acquistare per 1.7 miliardi di dollari iRobot Corp., l’azienda che produce il famoso Roomba, il robottino che da anni pulisce la casa di milioni di persone (e non bisogna neanche pagargli i contributi).
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Perché Amazon vorrebbe spendere una somma così enorme per acquistare un’azienda che produce elettrodomestici? Il motivo possiamo trovarlo in un’affermazione del CEO di iRobot:
“The vacuum cleaners and the other devices are hands and eyes and appendages of the home robot. Ultimately, this smart home of the future isn’t controlled by you cell phone. If you have 200 devices, you’re not going to turn them on by pulling out your cell phone. We need a home that programs itself, and you just live in your home, and the home does the right thing based on understanding what’s going on.”
Il Roomba, e molti altri ingegni della robotica, non sono più semplici elettrodomestici, ma appendici di un ecosistema informativo molto più ampio, che andrà a definire le “smart home” del prossimo futuro: una casa che vive nel Cloud, con aggiornamenti software, bug fixes, e sistemi decisionali automatizzati che - in teoria - dovrebbero renderci la vita più confortevole.
I dati sono ovviamente la linfa vitale di un ecosistema del genere, ed ecco allora che il Roomba (e altri dispositivi) diventano gli occhi e le orecchie di centinaia di aziende che forniscono i servizi necessari a far funzionare il tutto. Il Roomba non si limiterà a pulire, ma fornirà una scansione in tempo reale e sempre aggiornata della nostra casa, che magari poi potrà essere usata per suggerirci e venderci miglioramenti, rinnovamenti e tanto altro. Insomma, un’altra dimensione della profilazione e dell’advertising.
A questo deve aggiungersi poi una questione etica, che si collega al movimento progressista del “Great Reset”: che succede quando la nostra casa diventa un servizio in Cloud? Che succede quando ciò di cui prima potevamo disporre in quanto proprietari di una casa e dei mobili ed elettrodomestici che la compongono diventa invece un agglomerato di servizi ad abbonamento?
You’ll own nothing and you’ll be happy, dicevano.
Quando tutto sarà un servizio in abbonamento, quando anche la casa diventerà “home as a service”, potremo davvero dire di essere proprietari e liberi di disporre dei nostri beni? Il discorso non vale solo per le case, ma anche e soprattutto per le città in cui viviamo, che qualcuno vorrebbe far diventare “smart” allo stesso modo.
Quanti di voi hanno un Roomba?
INPS, INAIL e ISTAT formano una software house
Pare che nel 2023 INPS, INAIL e ISTAT si metteranno insieme con le rispettive competenze (?) per creare una software house che promette di fatturare 1 miliardo di euro fin dal primo anno (facile così).
La software house fornirà servizi ai tre enti, a Palazzo Chigi e al Ministero del Lavoro. Su un articolo di Wired si legge che:
“Ogni servizio che i governi ci chiedono di implementare deve essere progettato guardando all'esperienza utente, che sia cittadino, azienda o intermediario. Puntiamo alla omnicanalità: diamo la possibilità di scegliere le modalità di accesso, digitale, via app o agli sportelli, grazie anche alla forte collaborazione con i patronati e i commercialisti. Con la pandemia ci siamo resi conto di non essere il centro del mondo e che servono sinergie forti per dare le giuste risposte perché il vero servizio digitale non lo può fare una sola amministrazione”.
Lo scopo sarà quindi riunire i sistemi software dei tre enti per migliorare l’efficienza. La principale implicazione di tutto questo è che la neonata software house 3-I sarà un soggetto accentratore e aggregatore di miliardi di dati che oggi viaggiano su binari separati tra INPS, INAIL e ISTAT e spesso vengono trattati da soggetti esterni.
L’accentramento di dati, specie nelle mani dello Stato, non è mai una buona idea; si creano rilevanti asimmetrie informative e (quindi) di potere e aumentano i rischi di utilizzo secondario dei dati, grazie alla maggiore disponibilità degli stessi da parte di un singolo accentratore. È ciò che ha fatto la fortuna di Google e Facebook, ed è il motivo per cui oggi godono di tale potere economico e politico. Non vedo per quale motivo gli stessi principi non debbano valere nei confronti dello Stato.
Oltre a questo evidente rischio, la rinnovata efficienza sarà senza dubbio un ottimo pretesto per centralizzare e uniformare tutti i sistemi statali, a partire proprio dai sistemi di erogazione dei bonus e servizi di welfare statale. Colao ne parlava qualche settimana fa, collegandoli alla necessità di sviluppare un sistema di identità digitale nazionale.
Credo quindi che la nuova software house sia una scelta strategica molto precisa per mettere in atto una rivoluzione digitale statale ben più ampia di ciò che passa negli articoli di giornale, che ci porterà sempre più vicini verso identità digitale e poi social scoring.
Meme del giorno
Citazione del giorno
“The smallest minority on earth is the individual. Those who deny individual rights cannot claim to be defenders of minorities.”
― Ayn Rand
Stati Uniti – Israele: accomunati da un insolito vizietto nel nero mare d’agosto
Non accusati, non processati, non condannati: uccisi. E' la fine che da Gaza all'Afghanistan attende i 'nemici' di Washington e Tel Aviv (non Gerusalemme, prego)
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L’infaticabile Emmanuel ZIMMERT ha appena aggiunto due nuove app online ai servizi liberi di La Digitale: si tratta di Digicut e Digitranscode.
Il primo permette di tagliare un estratto da un file audio o video utilizzando il solo browser,
il secondo permette di convertire file audio e video in diversi formati, sempre dal browser.
L’interfaccia è solo in francese, ma i comandi sono talmente semplici che sono comprensibili anche in questa lingua, si parte sempre dalla scelta di un file sul nostro computer (Sélectionner un fichier).
Per festeggiare questa doppia uscita agostana ecco una traduzione a/al caldo delle due brevi guide all’uso. I due documenti sono distribuiti con licenza Creative Commons BY-NC-SA.
I testi originali si trovano qui:
ladigitale.dev/blog/digicut-po…
ladigitale.dev/blog/digitransc… e
È sempre bene ricordare che gli strumenti di La Digitale sono messi a disposizione gratuitamente e sono finanziati in modo partecipativo, è possibile sostenere il progetto utilizzando questa pagina: opencollective.com/ladigitale
Digicut, per tagliare un estratto da un file audio o video
di EZ
5 agosto 2022 - 3 minuti
Digicut è un'applicazione online che permette di tagliare un estratto da un file audio (.mp3, .wav, .m4a, .ogg, .flac, .aac, .wma) o da un video (.wmv, .avi , . webm, .mkv, .ogm, .mp4, .m4v, .mov, .flv) in diversi formati.
I file vengono elaborati localmente nel browser e non vengono caricati sul server La Digitale.
L'operazione è molto semplice: basta navigare all'interno del file e cliccare sui pulsanti Définir début (Imposta inizio) e Définir fin (Imposta fine) negli orari definiti per indicare i punti di inizio e fine dell'estratto.
Per i video sono disponibili due impostazioni aggiuntive:
• la possibilità di effettuare catture in formato jpeg (pulsante con l'icona della fotocamera a destra del pulsante Estrai);
• la possibilità di salvare l'estratto con la massima precisione: l'elaborazione è molto più lenta, ma risolve i problemi di schermata nera all'inizio o alla fine dell'estratto.
Digitranscode, per convertire file audio e video
di EZ
5 agosto 2022 - 3 minuti
Digitranscode è un'applicazione online che converte file audio (.mp3, .wav, .m4a, .ogg, .flac, .aac, .wma) e video (.wmv, .avi, .webm, .mkv, .ogm, .mp4, .m4v, .mov, .flv) in diversi formati.
I file vengono elaborati localmente nel browser e non vengono caricati sul server di La Digitale.
Lo strumento offre anche impostazioni per ottimizzare le dimensioni dei file.
Per l'audio:
• qualità (velocità di trasmissione dati in Kb al secondo): 96 / 128 /192 / 256
• la frequenza di campionamento (in Hz): 22050 / 44100 / 48000
• il numero di canali: mono (1 canale) / stereo (2 canali)
• il formato di uscita: mp3, ogg, aac, m4a
Ad esempio, per ottimizzare un file audio con voce per la pubblicazione online: 96 o 128 kb/s / 44100 Hz / mono / ogg o mp3.
Per il video:
• qualità (bit rate video in Kb al secondo): qualità originale / da 1000 a 3000
• risoluzione (in pixel): risoluzione originale / 640x480 (SD) / 1280x720 (HD) / 1920x1080 (Full HD)
• il formato di uscita: mp4, webm, mkv, mov
Lo strumento consente anche di estrarre da un video la traccia audio in formato mp3 o di rimuovere la traccia audio dal file transcodificato.
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Michele Salvati e Roberto Dilmore – Liberalismo inclusivo
É il momento di una lista liberal-democratica
Basta alibi e ranconri
É il momento di un cartello liberale
Ora non c’è più tempo da perdere. Non ci sono più alibi. Carlo Calenda e Matteo Renzi diano vita ad una lista che oggi darà voce all’area liberal-democratica e domani sarà il nucleo fondante di un partito che rappresenti in Italia quanto ALDE e RENEW rappresentano in Europa:
L’opzione del centro liberale. Solo così l’Italia può rientrare nel sistema politico europeo, che non contempla il falso bipolarismo centro-destra contro centro-sinistra.
Ha ragione Matteo Renzi a ribadire ancora oggi che quella del terzo polo è una opportunità straordinaria. Non c’è davvero spazio per inutili risentimenti, bisogna velocemente riprendere la strada interrotta dalla decisione di Calenda di realizzare un accordo con il Partito democratico di Enrico Letta. Tra l’altro c’è il vantaggio di poterlo fare senza il freno a mano tirato da +Europa, che sin da subito ha evidenziato di preferire un accordo col Pd piuttosto che dar vita a un centro liberale autonomo dai due poli di destra e sinistra.
Si apre invece una straordinaria opportunità: mettere insieme anche in Italia i partiti e i movimenti che in tutti i paesi e nelle istituzioni europee rappresentano il mondo liberal-democratico e che non stanno né con il PSE né con il PPE. Si tratterebbe della realizzazione politica del progetto squisitamente culturale al quale la Fondazione Luigi Einaudi lavora da anni, fianco a fianco con le altre fondazioni liberali presenti e operanti in tutti i paesi europei.
Probabilmente Calenda ha visto i sondaggi e ha capito che gli elettori liberali non avrebbero premiato la scelta di accordarsi con il Partito democratico ma anche con Sinistra Italiana, con i Verdi italiani (perché i Verdi in Europa sono ben più liberali e pragmatici di quelli italiani che restano ancorati a posizioni in auge negli anni ottanta) e con tutti gli altri partiti di sinistra che Enrico Letta sta provando a mettere insieme senza alcuna linea programmatica comune e al solo scopo di provare a depotenziare la vittoria della destra.
A questo proposito è bene forse rammentare che tutti i partiti politici italiani si muovono con decisione all’interno dei dettati della nostra Costituzione. Nel 2022 sarebbe davvero ridicolo affiancare alla figura di Giorgia Meloni il pericolo fascista. Neppure a noi piacciono le posizioni di Orban e ci terrorizza l’idea che la Russia di Putin possa influenzare la nostra politica nazionale e internazionale, ma siamo fermamente convinti che tutti i leader che oggi ambiscono a guidare il Paese, da Enrico Letta a Giorgia Meloni, sapranno tenere senza tentennamenti l’Italia dentro il perimetro dell’Alleanza Atlantica.
Bene ha fatto Carlo Calenda a riconoscere i propri errori e alzare le vele in mare aperto. Non allearsi in fase elettorale con nessuno dei due poli e fare da calamita dei voti di un elettorato moderato sbandato e senza più riferimenti, è compito esaltante. La presenza in Azione di tanti esponenti moderati, da Mariastella Gelmini a Mara Carfagna ad Andrea Cangini, come l’appello di molti amministratori, guidati da Gabriele Albertini, già apprezzato sindaco di Milano, dimostrano le enormi potenzialità di un centro liberale (né Popolare né Socialista) che voglia essere tale non solo nella fase elettorale.
Perché il punto è proprio questo: il futuro e la coerenza della proposta politica. Gli elettori sentono a fiuto se una operazione è solo elettoralistica oppure se ha una prospettiva di più ampio respiro e di più lunga visione. Su temi determinanti come la giustizia, l’ambiente, i giovani, la scuola, il lavoro e la ricchezza, dettaglio non secondario, da creare prima ancora di poterla distribuire, è necessario offrire agli elettori italiani delle proposte chiare, in linea con quelle rappresentate in Europa dai liberali. Lo Stato, come amava ripetere Luigi Einaudi, deve essere presente nella vita del Paese per garantire ai cittadini l’uguaglianza dei punti di partenza non il livellamento a scapito delle qualità e del merito.
Il problema non è quello di garantirsi un seggio in più o in meno, ma di vivere e crescere anche oltre la fase elettorale. Insomma di dar vita ad un vero partito liberale europeo non personalistico. Questa è la sfida che aspetta i rappresentanti di questo mondo e alla quale la Fondazione Luigi Einaudi è pronta a fornire supporto culturale e sostegno ideale.
L'articolo É il momento di una lista liberal-democratica proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
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🔸 Covid-19: pubblicate le indicazioni operative per le scuole del primo e del secondo ciclo d'istruzione per l’a.s.
Non scostarsi
Si diventa leader, si prende la guida di un gruppo o di una collettività, non solo per capacità personali, pur necessarie, ma perché si riesce a interpretare un bisogno, a coprire un vuoto, a sentire da che parte soffia il vento della storia. Fuori da questo ci sono dei caporali che hanno preso la giacca del generale, due o tre taglie sopra la loro.
Il che porta a un altro aspetto, che da troppo tempo è dimenticato e arrogantemente negato: per governare, in una democrazia, serve avere la maggioranza parlamentare, quindi essere riusciti, alle elezioni, ad ottenere, da soli o con alleati, la maggioranza assoluta degli eletti, altrimenti il nuovo governo si dovrà negoziarlo anche con gli avversari di ieri. Come è puntualmente e ripetutamente accaduto.
La maggioranza parlamentare, però, è una condizione necessaria, ma non sufficiente. Per governare occorre creare consenso attorno alle misure che si adottano. Governare non è comandare, semmai condurre.
È bastato che il Presidente del Consiglio dovesse tornare in conferenza stampa, a illustrare dei provvedimenti, per far subito risaltare una distanza inquietante dal modo in cui si esprimono le voci della campagna elettorale.
Non è una questione di titoli di studio o di frequentazioni internazionali, tutto sommato neanche solo (ma un po’ sì) di curriculum. La piaggeria ci provoca allergie e il qualunquismo demagogico peggio. È una questione di sostanza, di contenuti.
Le misure a sostegno di famiglie e imprese, per contrastare l’inflazione, non saranno mai abbastanza. Tanto che si dovrebbe anche piantarla con l’inseguimento delle promesse. Draghi, però, illustrando quel che è stato predisposto, ha sottolineato che quella spesa è resa possibile dalla crescita del pil e senza scostamento di bilancio.
Questo è il punto. Lì si trova il linguaggio della trasparenza (non faremo spese che sfondino il deficit, già alto), della concretezza (seno possibili perché cresciamo) e della serietà (non promettiamo quel che sappiamo di non potere mantenere). Girata pagina di giornale si trovano promesse di stipendi, pensioni, sovvenzioni, protezioni. La fiera dell’incredibile e dell’insostenibile.
La Banca centrale inglese annuncia la recessione (alla faccia di Brexit propellente) e il rialzo dei tassi, la crescita globale resta bassa, quella di diversi europei ritoccata al ribasso e la nostra al rialzo. È in questo che si vede la differenza e si misura la distanza. Ora che succede? Si vedono nubi.
Ci siamo già profusi in lodi verso Guido Crosetto, esponente di Fratelli d’Italia, per la sua proposta di un patto fra avversari. Poi è andato oltre: certe nostre avversità al Pnrr sono state un frutto di <<eccessiva pignoleria>>, mentre <<in autunno avremo bisogno dell’aiuto dell’Europa>> (si chiama sempre Unione europea).
Vero. Perché abbiamo un debito troppo alto e il rialzo dei tassi è un problema. Questo, però, andrebbe ricordato a tutti, perché sia a destra che a sinistra si chiedeva a Draghi lo scostamento di bilancio, che avrebbe peggiorato tutto subito.
Devono dirlo, sia quelli che sperano di governare in continuità sia quelli che sperano di trovare nell’agenda Draghi quel che non elaborano autonomamente (quel modo di governare è un metodo, l’agenda non si usa più). Torniamo a lodare Crosetto, ma nelle sue parole troviamo una terribile voragine: non siamo noi di Fratelli d’Italia che abbiamo cambiato idea sull’Ue, e l’Ue del Pnrr (semmai di NGEU) a non essere più <<quella che strangolò la Grecia>>.
La Grecia è stata salvata, noi stessi, come gli altri Paesi europei, ci abbiamo messo soldi, il debito insensato è stato spalmato nei decenni, con lo spread domato come quello italiano e con i greci che hanno votato a favore.
Il giochino di conservare i voti di quelli cui si raccontò che l’Ue era l’inferno contro la nostra sovranità e, al tempo stesso, convincere quelli che sanno essere il solo argine per conservare la sovranità, è misero. Per quello la distanza si vede. Grande.
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Il voto inutile | La Fionda
"Le politiche di smantellamento del pubblico (mancati investimenti in servizi ed infrastrutture, blocco del turn over, aziendalizzazione dei saperi e dela salute), tagli al welfare, privatizzazioni selvagge e precarizzazione del lavoro portano la firma alternata di centro-sinistra e centro-destra.
Le politiche antimigratorie e razziste, le guerre della Nato e degli USA (dai Balcani, all’Iraq…, passando per la Libia all’Ucraina) hanno visto come protagoniste le stesse forze."
Dispersione scolastica, EPALE cerca buone pratiche per il prossimo seminario nazionale che si terrà a Roma il 9 e 10 novembre 2022.
Info ▶️ indire.
Studentesse e studenti ucraini accolti nelle scuole italiane: tutte le informazioni nella sezione dedicata del sito del Ministero dell'Istruzione.
La trovate qui ▶️ istruzione.
Frammenti #02
Palermo, il faro luminoso dell’ideologia statalista
Ieri ho scoperto che a Palermo è stato approvato un regolamento “anti evasione” che prescrive la sospensione della licenza commerciale per chiunque abbia debiti superiori ai mille euro verso l’Agenzia delle Entrate.
La peculiarità è che pare che la sospensione della licenza arrivi con la semplice contestazione della morosità, a prescindere dalla realtà innocenza o colpevolezza del contribuente - che andrebbe definita in giudizio davanti alle Commissioni Tributarie.
Vorrei quindi fare i miei vivissimi complimenti al consiglio comunale e al sindaco di Parlermo, che mostrano al Paese intero la via maestra, affermando con meravigliosa rettitudine i principi fondanti dell’ideologia statalista:
- I cittadini sono tutti criminali e colpevoli fino a prova contraria
- Libertà sì, ma solo finché paghi il pizzo
Grazie per l’incredibile lavoro svolto; che nessuno dimentichi mai la natura dello Stato.
Privacy Chronicles - Privacy & Libertà
Il ponte sullo stretto
Salvini ha ritirato fuori il ponte sullo stretto.
Potrebbe essere un’ottima occasione per ponderare sul tema preferito degli statalisti: ma senza Stato chi costruirebbe le strade?
Cosa sono le strade? Le strade sono una tecnologia che permette di rendere più efficienti gli spostamenti dal punto A al punto B. Il modo in cui questa tecnologia viene impiegata è una questione politica. Creare una strada o un ponte ha effetti rilevanti sull’economia, sulla società e in generale sulla realtà delle persone.
Quando un burocrate crea un piano regolatore urbanistico e decide dove saranno costruite le strade, sta decidendo dela vita di migliaia, a volte milioni di persone. Le strade sono un bene di mercato nato per sopperire a un bisogno umano.
Per quale motivo oggi accettiamo che lo Stato sia l’unico monopolista in grado di mediare la costruzione di strade e ponti? Per quale motivo i cittadini siciliani dovrebbero elemosinare un ponte sullo stretto da politici a cui interessa solo il proprio culo su una poltrona?
Oggi il bisogno umano viene sostituito dal bisogno dello Stato. Strade e ponti non sono beni di mercato utili a conseguire il benessere dei cittadini, ma opere tecnologiche usate per conseguire finalità politiche spesso molto distanti dai bisogni reali delle persone.
Senza Stato (inteso come apparato burocratico monopolista) le strade tornerebbero ad essere un bene di mercato. Serve una rotta commerciale, turistica, per raggiungere un punto da A a B? State sicuri che ci sarà qualche imprenditore disposto a sopperire a quel bisogno. Per guadagnarci, si capisce. È un problema? No. Paghiamo già oggi miliardi in tasse che (in teoria) dovrebbero servire per costruire strade di cui non abbiamo bisogno, in luoghi lontani da noi; per avere le voragini davanti casa. Personalmente preferirei pagare per avere strade in buone condizioni dove mi interessa.
Lo Stato non è mai più efficiente del mercato, semplicemente perché l’interesse di Stato non è l’interesse delle persone. Chi pensa il contrario ha un nome, inizia con la C…
Riconoscimento facciale sui migranti
Nel Regno Unito spingono sempre più per l’uso estensivo di tecnologie di riconoscimento facciale. Negli ultimi mesi si sono moltiplicati gli esperimenti pubblici da parte della polizia, che nelle piazze pubbliche usa telecamere mobili con riconoscimento facciale per individuare ricercati (o semplicemente per schedare la popolazione).
Ieri ho letto in questo articolo che l’Home Office ha deciso di obbligare gli immigrati condannati a indossare braccialetti con riconoscimento facciale e GPS, per tracciare i loro spostamenti e identificarli 24 ore su 24.
In pratica il discorso è molto semplice: perché tenerti in galera se posso rendere la tua vita una galera e tracciarti comodamente a distanza? Probabilmente in galera avrebbero anche più privacy.
Non ho dubbi che questo grande passo in avanti per la civiltà umana possa essere presto usato anche per finalità diverse, ad esempio per controllare che persone sottoposte a quarantena per una malattia qualsiasi siano effettivamente chiuse in casa.
Citazione del giorno
“If any man's money can be taken by a so-called government, without his own personal consent, all his other rights are taken with it; for with his money the government can, and will, hire soldiers to stand over him, compel him to submit to its arbitrary will, and kill him if he resists.”― Lysander Spooner
Fatemi sapere se vi piace questa rubrica estiva! Io sono in “ferie” ma Privacy Chronicles continua…
Si può fare ora
Proposta a chiunque governerà l’Italia
Eppure qualche cosa si potrebbe pur fare in quest’estate di una campagna elettorale, che si è avviata all’insegna della confusione, della falsificazione, della gara all’ultimo voto, come se non sapessero tutti e non sapessimo tutti che il partito che vedrà crescere maggiormente i propri consensi è quello degli italiani che a votare non ci vanno nemmeno o non ci vanno più.
Oggettivamente è una scelta un po’ povera quella cui ci si trova difronte, però qualcosa si può fare. A noi piace sempre cercare di ragionare su quello che è possibile fare di positivo, perché tanto a rimestare nel torbido sono tutti bravi.
Allora proviamo ad evitare che si arrivi alla fine della campagna elettorale con l’incoscienza e l’inconsistenza di “vabbè intanto si vota e poi si vede” ed evitiamo di arrivarci con l’idea che se vince l’altro si distrugge l’Italia, perché queste sono cose sono cose gravi.
Chiunque voglia seriamente governare, chiunque creda che la democrazia non sia solo raccogliere voti, ma anche i consensi, che poi è necessario riconfermare giorno dopo giorno, governando, deve farlo.
La democrazia non è una dittatura che ogni cinque anni va a votare. Continua ad essere una democrazia, anche quando non sono convocate alle urne.
Allora a chiunque voglia governare, intanto noi potremmo dire, oggi, di comune accordo fra le forze politiche di confermare gli impegni presi per i fondi europei del PNRR. L’Italia non deve venire meno alla parola data. Perché la parola l’ha data l’Italia, non il singolo governo. Serve il senso delle Istituzioni: gli impegni che ha preso l’Italia saranno tutti confermati, chiunque vinca se vuol governare.
La sinistra dice che se vince la destra è a rischio la nostra appartenenza all’Europa: è un argomento incosciente, perché non si ragiona così.
Semmai occorre far politica, perché la campagna elettorale è anche questa, e guardare dentro l’alleanza di centro-destra e di quelli che andavano in giro con la maglietta “NO EURO”, quelli che avevano messo l’uscita dall’euro nel loro simbolo: se lo rimangiano o no?
La Meloni dice che garantisce lei per la Lega. Bene, ma l’elettore non dispone della firma di garanzia. Se lo rimangiano oppure no? Questo sarebbe far politica.
L’altra cosa su cui si potrebbe essere d’accordo subito è che nessuno cambi il dettato costituzionale semplicemente sulla base di una maggioranza elettorale, perché questo spaccherebbe il Paese e metterebbe in condizioni di difficoltà e di ansia l’equilibrio istituzionale.
Perché questo impegno abbia un senso, non bisogna chiedere alla destra, che al momento è candidata a vincere: “Ma voi rispetterete la Costituzione?”. Bisogna chiedere alla sinistra: “Voi siete d’accordo a che gli equilibri costituzionali si cambino non solo sulla base di una maggioranza elettorale?”.
Perché se siete d’accordo, dovete rimangiarvi quello che avete fatto nel 2001, quando avete cambiato la Costituzione sulla base di una speranza elettorale e di governo, danneggiandola gravemente e arrecando un danno permanente all’equilibrio istituzionale ed economico dell’Italia. Mi riferisco alla riforma del Titolo V del 2001.
Perché questo impegno abbia un senso, non bisogna chiedere alla destra, che al momento è candidata a vincere: “Ma voi rispetterete la Costituzione?”. Bisogna chiedere alla sinistra: “Voi siete d’accordo a che gli equilibri costituzionali si cambino non solo sulla base di una maggioranza elettorale?”. Perché se siete d’accordo, dovete rimangiarvi quello che avete fatto nel 2001, quando avete cambiato la Costituzione sulla base di una speranza elettorale e di governo, danneggiandola gravemente e arrecando un danno permanente all’equilibrio istituzionale ed economico dell’Italia. Mi riferisco alla riforma del Titolo V del 2001.
Alle urne non si va con una scelta due fazioni che hanno tutte e due ragione: no. Hanno molti torti, da una parte e dall’altra. Potrebbero avere una ragione: la capacità prima del voto di dire che nessuno di loro attenterà a quelli che sono gli interessi e i beni indisponibili dell’Italia.
Sarebbe quasi una dimostrazione di senso di responsabilità.
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Sud…ditanza
Da terrone ne ho pieni i deliziosi capperi della gnagnera sul Sud arretrato e sulla forbice che s’allarga. Da ultimo sono arrivati i dati Svimez, interessanti come sempre: sia per il ’21 che per il ’22 il Sud cresce meno della media nazionale, che, essendo una media incorpora anche il Sud, il che comporta una crescita meridionale, ma anche del Centro, significativamente inferiore a quella del Nord (fra parentesi, per gli appassionati: Italia 2021 6.6 e 2022 3.4; Mezzogiorno uguale al Centro 5.9 e 2.8; Nord Est 7.5 e 4.7; Nord Ovest 7 e 3.4).
Prima d’unirmi ai condolenti, però, mi viene in mente che l’Italia, da lustri, cresce meno della media europea, che essendo una media la incorpora, il che comporta il crescere assai meno di chi cresce di più. E mi viene anche in mente che, se si escludono i due anni che stiamo vivendo, anche in questo caso la forbice s’allarga: chi era cresciuto meglio continua a farlo più velocemente di chi era rimasto indietro.
Anche nelle retrovie si cresce (buttalo via, come risultato), ma normalmente capita che i meno sviluppati si sviluppino più in fretta, una volta create le condizioni. Qui non capita. Allora guardiamo le condizioni.
Da terrone amo taluni orgogliosi terroni, fra i quali Leonardo Sciascia, che con il suo occhio semichiuso aveva visto quello che i lettori di numeri non riescono a vedere. Se le forbici che s’allargano sono due, cos’hanno in comune?
Il Maestro di Racalmuto aveva descritto la maledizione dei siciliani: non credono che le cose possano cambiare. Ma aveva anche visto la “linea della palma” salire verso Nord. Climatica e non solo. Quella linea porta con sé l’indebolimento dei diritti di cittadinanza, che comportano anche i doveri, e il crescere dei diritti di sudditanza, che hanno nel lamentio il compenso del mantenimento.
Sono diritti di cittadinanza una scuola decente, un’amministrazione pubblica almeno sufficiente e una giustizia esistente. Vediamo quanto ci si mette a sapere chi ha ragione e chi deve essere condannato, dopo che una ragazza, a Soverato, è stata presa a calci dal datore di lavoro. Non spetta a noi stabilirlo, sulla base di un filmato, ma spetta a un giudice accertare se altri torti s’accompagnano ai calci.
Se non lo sapremo a breve è semplicemente inutile parlare di contratti e legalità. E se è inutile allora la cattiva moneta avrà da un lato la miseria e dall’altra la criminalità. I diritti di cittadinanza devono esserci ai quattro punti cardinali. Ma se prendo scuola, amministrazione e giustizia per bidoni con cui fare assunzioni, addio cittadinanza.
Quel processo di logoramento è andato avanti al punto che si intesta alla cittadinanza un simbolo della sudditanza: l’elemosina improduttiva. Al Sud ce n’è più che al Nord e in Italia ce n’è più che altrove. Così si allargano entrambe le forbici.
Eppure si cresce, perché al Nord, al Sud e ovunque c’è gente che lavora sodo e con competenza, solo che (prego osservare la campagna elettorale in corso) sono considerati contribuenti da spremere, senza scuola decente, amministrazione presente e giustizia esistente. Gli altri, quelli con le false invalidità, le pensioni anticipate e i redditi di sudditanza, invece, l’arato campo ove mietere voti.
Sappiamo benissimo cosa si dovrebbe fare, per stringere la forbice e tagliare via il passato. Sappiamo che i soldi investiti creano ricchezza e quelli distribuiti miseria morale e materiale.
Ma sappiamo anche che se i cittadini non ci credono a essere rappresentati saranno i sudditi, che eleggeranno i loro simili più marpioni, allargatori di forbici. E già quelli dimostrano che la linea della palma non solo avanza, ma parla anche i vernacoli polentoni.
Rassegnarsi è escluso. Arrendersi non è contemplato. Ma ripetersi all’infinito che siamo rimasti indietro e che la forbice s’allarga induce a mettere in salvo i capperi: nel forno, a contornare un coccio, alla pantesca, con zibibbo non filtrato e freddo. Molto freddo, che fa caldo.
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Frammenti #01
Quote Co2, identità digitale, social scoring…
Barbara Baarsma, CEO di Rabobank (banca olandese) ha recentemente dichiarato che dovrebbero essere istituiti dei “carbon wallets” con poter cui conservare scambiare carbon credits (quote CO2). In questo modo, secondo lei, i più ricchi potrebbero acquistare crediti CO2 dai meno abbienti, così da poter mantenere il loro stile di vita più inquinante.
Ad esempio io potrei vendere i miei crediti CO2 a un ricco imprenditore di Montecarlo che ne ha bisogno per coprire la quota CO2 della sua vacanza in yacht ai Caraibi. Tanto io non potrei permettermela, no?
Privacy Chronicles - Privacy & Libertà
La stessa banca il 22 aprile 2022 ha attivato un servizio innovativo in beta test per qualche migliaio di fortunati clienti per monitorare l’emissione di CO2 delle loro transazioni. L’idea è di rendere il servizio disponibile per tutti entro la fine dell’estate.
rabobank.com/en/press/search/2…
Neanche a farlo apposta un utente su Twitter scriveva un paio di giorni fa: “Ma voi vi rendete conto? Il mio conto corrente su Intesa, lo rendo pubblico per far capire ai più in che direzione stiamo andando! Lo calcolano su tutto anche su una scrittura su conto corrente!”
Quote CO2, identità digitale, carbon wallets, social scoring...Quando tutto ciò che facciamo verrà monitorato e collegato alla nostra identità , le quote CO2 diventeranno un token della nostra libertà (di movimento, di parola, economica, ecc.) concesso dallo Stato. Un gioco a somma zero.
Politici e intellettuali del climate change stanno creando i presupposti per creare un mercato della libertà mediato dallo Stato. La direzione è segnata da tante piccole finestre di Overton per bollire le rane. Piano piano.
Gli immigrati chiedono i documenti, ma sbagliano
A Saluzzo in questi giorni ci sono alcuni scioperi di braccianti immigrati che protestano chiedendo documenti per tutti così da poter avere contratti regolari e tutele.
Un tipico esempio di barriera artificiale creata dallo Stato, che ha la necessità di schedare e controllare ogni persona presente sul suo suolo. Ma perché chiedere documenti?
Dovremmo invece unirci ai braccianti per chiedere l’abolizione di ogni documento d’identità, perché siamo persone con una dignità e non codici a barre da schedare in un database anagrafico.
Noi italiani siamo fissati coi documenti. La carta d’identità è quasi un rito di passaggio per i bambini. Peccato che sia uno schema di sorveglianza e controllo di massa; motivo per cui nel Regno Unito - paese più civile di noi - furono aboliti i documenti d’identità e distrutti i relativi database nel 2011. Motivo? L’esagerata ingerenza dello Stato nella vita privata delle persone.
Una cabina per suicidarsi
In un mondo di progressisti, woke e attivisti “Ultima Generazione”, che non fanno altro che raccontarci di come l’essere umano non sia altro che uno schifoso parassita che inquina, distrugge e uccide il prossimo, il mercato sopperisce a un nuovo bisogno: quello di ammazzarsi.
L’ideologia statalista, che esalta la collettività, diventa facilmente ideologia del sacrificio come unico valore morale. Ecco allora che non sembra poi così fuori di testa pensare a un futuro prossimo in cui chiunque potrà essere libero di acquistare un servizio per ammazzarsi comodamente, come le cabine per i suicidi di Futurama.
La responsabilità della libertà di pensiero
Vi ricordate quando Calenda parlava della libertà che non libera e della “responsabilità” della libertà di pensiero? Molto bene, pare che qualcuno stia iniziando a mettere in pratica il verbo.
In UK un uomo è stato arrestato dalla polizia per aver postato online un meme “offensivo” raffigurante la bandiera LGBT sotto forma di svastica. La motivazione dell’arresto è che il meme avrebbe causato uno “stato di ansia” ad alcuni utenti.
La prossima volta che qualcuno vi parla di responsabilità della libertà ricordatevi che in realtà vi sta dicendo che non vede l’ora di potervi denunciare e rendere la vostra vita un inferno a causa delle opinioni diverse dalle sue.
In periodo di vacanze estive ho pensato di sperimentare una nuova rubrica, in cui commento le ultime notizie in modo conciso. Mi piacerebbe usare questa rubrica per stimolare il dibattito e riunire la community di Privacy Chronicles, che ormai ha abbondantemente superato il migliaio di persone.
Non esitate quindi a commentare e magari condividere notizie e temi che vorreste affrontare insieme in questa rubrica!
P.S. sono stato qualche giorno a Cagliari per lavoro: città fantastica, ottimo cibo, mare stupendo, caldo pazzesco. C’è qualche cagliaritano/a tra noi?
Elezioni 2022, come sopravvivere alla grande fiera delle illusioni | La Fionda
"In altre parole, mentre ci affanniamo a selezionare l’autista da mettere al volante del paese, non ci accorgiamo che la nostra macchina è stata sostituita con un’auto giocattolo, senza ruote e senza motore. Uno Stato di plastica, un guscio vuoto che nemmeno il conducente più formidabile potrebbe mettere in moto.
Da tempo, infatti, le leve della politica economica sono state sottratte alla politica nazionale e spostate a Bruxelles e Francoforte. Significativo in questo senso il disinteresse di Mario Draghi per le vicende elettorali del 2013, quando da Presidente della BCE ci informò che quand’anche fossero giunti al potere i populisti le riforme sarebbero proseguite «come se fosse inserito il pilota automatico»."
Elezioni. Rispuntano gli ascari del meno peggio - Contropiano
"Quando arrivano le elezioni scatta sistematicamente l’invocazione alla catarsi, a mettere da parte ogni responsabilità passata e presente del Pd (ieri dell’Ulivo) sulle scelte guerrafondaie e antipopolari perché se fatte dal Pd queste sono potabili, mentre quelle della destra – sulle quali il Pd è convenuto spesso dentro e fuori le aule parlamentari – sono indigeribili.
Insomma se in guerra e al fianco della Nato ci trascina il Pd va bene, se lo fa la Meloni no. Se i sacrifici, le privatizzazioni, i tagli alla spesa sociale li fa il PD ci lamentiamo un po’ ma non si vede l’ombra di un’ora di sciopero, se le fa la destra siamo dentro al baratro."
Elezioni? Tranquilli, tutti aumenteranno sorveglianza e controllo sociale.
Pare che il 25 settembre 2022 qualche milione di italiani tornerà a votare. Io probabilmente non parteciperò, perché non sono rappresentato e l’idea di votare per il male minore non mi è mai piaciuta.
Nonostante questo, vorrei spendere due parole per parlare dell’elefante nella stanza di qualsiasi programma politico: l’aumento esponenziale della sorveglianza di massa e controllo della popolazione, che non solo non accenna a diminuire, ma probabilmente aumenterà ancora a dismisura.
Questo è vero per ogni elezione, ma oggi - dopo due anni assolutamente folli, che ci hanno lasciato in eredità una serie di cicatrici profonde nella nostra sfera privata e libertà - è particolarmente rilevante.
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L’elefante nella stanza
Ci sono in particolare alcuni obiettivi dello Stato che per forza di cose necessitano di violentare la sfera privata dei cittadini per essere perseguiti, a prescindere dalle parti politiche.
Evasione fiscale
Il primo è la lotta all’evasione fiscale. Qualcuno potrebbe promettere di diminuire le tasse, ma nessuno mai prometterà di diminuire i poteri di sorveglianza dell’Agenzia delle Entrate, che negli ultimi anni sono aumentati a dismisura.
Dare potere di sorveglianza all’Agenzia delle Entrate non significa però combattere l’evasione fiscale, così come dare potere alle forze dell’ordine non equivale a combattere il crimine. L’unico vero effetto è aumentare la sorveglianza su persone innocenti, dato che per definizione la sorveglianza colpisce solo coloro che possono e accettano di essere sorvegliati, cioé i piccoli contribuenti che non hanno capacità o volontà di proteggere la loro privacy.
Oggi l’Agenzia delle Entrate ha, almeno su carta, anche la capacità di prevedere il rischio di evasione, grazie all’attuazione della legge di bilancio del 2020. A Di questo ne avevo già scritto a maggio. Oggi ci sono informazioni più chiare in merito, anche grazie a una circolare dell’Agenzia delle Entrate del 20 giugno 2022. La circolare descrive le modalità con cui verranno svolte le attività di analisi del rischio, attraverso un algoritmo chiamato VeRa (Verifica dei Rapporti finanziari):
Con riferimento alle attività di analisi del rischio, le strutture delle Direzioni regionali
competenti per i grandi contribuenti dovranno concentrare le proprie risorse sui soggetti che presentano un maggior rischio fiscale, ovvero su quelli che non esprimono comportamenti collaborativi e trasparenti.
La circolare è chiarissima: l’AdE sarà occupata a valutare il rischio fiscale, soprattutto per quei soggetti che - secondo parametri non meglio specificati - non risultano collaborativi e trasparenti. Ma perché mai qualcuno dovrebbe rinunciare volontariamente alla sua privacy, diritto umano universale? Soprattutto: perché mai accettiamo questo giudizio morale da parte dello Stato, secondo il quale è collaborativo (quindi virtuoso, quindi non a rischio) colui che sacrifica volontariamente un suo diritto individuale? Lo Stato nasce per proteggere i diritti individuali, non per chiederne il sacrificio. Che contraddizione è mai questa?
Qualche partito prenderà posizione contro questa sorveglianza di massa immorale e questa violenza gratuita verso chi non ha nulla da nascondere, ma vorrebbe semplicemente evitare di avere l’Occhio di Sauron fisso sul conto corrente? Ci sarà mai un limite all’espansione dei poteri dell’AdE?
Riciclaggio
Lo stesso vale per le attività di antiriciclaggio, che col passare del tempo si fanno sempre più pervasive, invadenti e in violazione dei nostri diritti umani.
Da anni ormai ci sono diversi studi che dimostrano quanto le normative antiriciclaggio manchino completamente di proporzionalità, una tesi confermata anche recentemente dal Comitato Europeo per la Protezione dei Dati in una lettera ai commissari europei Reynders (Giustizia) e McGuiness (Finanza).
L’ultimo aggiornamento europeo antiriciclaggio ha come obiettivo primario quello di eliminare ogni forma di anonimato per obbligare ogni cittadino ad essere completamente trasparente “by default” verso lo Stato.
Anche in questo caso chi non collabora, usando strumenti per la protezione della sua privacy e anonimato viene qualificato dallo Stato come persona a rischio riciclaggio. Di nuovo siamo in presenza di un chiaro giudizio morale da parte dello Stato: se collabori e sei trasparente sei un cittadino virtuoso; se invece preferisci tutelare i tuoi diritti e la tua vita privata da aggressioni arbitrarie sei inaffidabile, a rischio.
Come l’evasione, il riciclaggio è un reato senza vittime - danneggia solo lo Stato. In un sistema di libero mercato, con libera moneta, il concetto stesso di riciclaggio perderebbe di ogni significato. Eppure ad ogni aggiornamento normativo perdiamo un pezzetto in più della nostra libertà, senza che nessuno abbia il coraggio di dire basta.
Qualche partito ha mai dichiarato l’immoralità di trattare i cittadini come criminali, sorvegliando, analizzando e giudicando ogni singola transazione economica nello spasmodico tentativo di mantenere il monopolio della moneta e controllare i flussi monetari? Qualcuno dirà mai: basta, adesso è troppo?
Corruzione
La corruzione è un altro fenomeno che, come per evasione e riciclaggio, danneggia esclusivamente lo Stato (la sua reputazione).
Anche la corruzione ormai giustifica qualsiasi tipo di sorveglianza e controllo dei flussi finanziari e della vita degli imprenditori. Non solo non si vede fine alla pervasività dei controlli, ma ultimamente sono stati messi in campo anche algoritmi che dovrebbero valutare il “rischio di collusione” con la mafia, attraverso l’analisi di alcuni parametri come il basso numero dei dipendenti o transazioni “sproporzionate”. Un sistema di questo tipo è già in uso presso la Cassa Depositi e Prestiti.
Di nuovo, l’assioma dello Stato è che ogni imprenditore debba essere trasparente “by default” e collaborativo, senza alcuna capacità di proteggere la propria privacy o dignità personale.
Come per la sorveglianza e il riciclaggio, la sorveglianza nel campo della corruzione non ha in realtà alcun effetto sulla corruzione. Lo ripeto: le uniche persone disposte a farsi sorvegliare sono gli innocenti. I “criminali” sono tali proprio perché riescono a sfuggire ai controlli dello Stato. E infatti la mafia è la migliore industria italiana, nonostante tutta la sorveglianza.
Volete diminuire la corruzione? È molto semplice, basta eliminare ogni interferenza dello Stato nel mercato e chiudere il Parlamento. Senza Stato non può esserci corruzione. Non serve trattare i cittadini come criminali, a meno che lo scopo della “lotta” alla corruzione, all'evasione e al riciclaggio, non sia in realtà proprio il controllo della popolazione e la difesa degli interessi di Stato dalla libertà delle persone. Perché sì, la libertà delle persone non può coesistere con la libertà delo Stato: quando si espande l’una, deve restringersi l’altra.
Comunicazioni
La sorveglianza di Stato non è solo finanziaria, ma si estende anche ad ambiti ben più privati, come il monitoraggio delle nostre conversazioni private e dei tabulati telefonici.
Per quanto riguarda il monitoraggio delle comunicazioni, ve ne ho parlato davvero tanto a più riprese negli ultimi due anni: il tema è quello del Regolamento europeo Chatcontrol, che promette di creare un regime di spionaggio e analisi algoritmica per ogni singola comunicazione (chat, email, social) di ogni singolo cittadino europeo. Lo scopo è combattere la criminalità, ma ancora una volta l’assioma è che siamo tutti potenziali criminali da intercettare con ogni mezzo. Non vorrei ripetermi, ma ancora una volta vale la pena sottolineare che intercettare le comunicazioni di 500 milioni di cittadini innocenti non risolverà affatto la criminalità…
Che dire poi della conservazione dei tabulati telefonici, che in Italia sfora qualsiasi limite di ragionevolezza ed è già stata dichiarata in violazione dei diritti umani da una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea?
Qualche partito si è detto contrario all’intercettazione e analisi di ogni comunicazione digitale dei cittadini italiani? Qualcuno ha detto che dovranno essere riformate le politiche di data retention dei tabulati telefonici? No - perché in fin dei conti fa molto, molto comodo che sia così.
Videosorveglianza
Per quanto riguarda invece la videosorveglianza fisica, è sotto gli occhi di chiunque l’esponenziale aumento di telecamere e termoscanner, anche con riconoscimento facciale, negli ultimi due anni - spesso anche ad altezza uomo. Ci sono alcune stazioni della metro a Milano in cui nello spazio di alcune decine di metri quadri sono state accozzate decine di telecamere.
Immagine presa dalla campagna Reclaim Your Face, di cui Privacy Network è partner.
Di nuovo l’assioma è che la videosorveglianza sia indispensabile per garantire la sicurezza delle nostre città - come se fossimo un branco di animali da tenere sotto osservazione. Ovviamente non è vero, è solo una questione di percezione e non di insicurezza reale.
La percezione di insicurezza nelle nostre città viene usata da ormai vent’anni come grimaldello politico per legittimare l’acquisto e l’installazione di sistemi di sorveglianza sempre più pervasivi. Ad esempio, lo scorso anno Calenda ha affermato di voler installare a Roma 6.000 nuove telecamere (a fronte delle attuali 1.300), ammettendo al tempo stesso che in rapporto alla popolazione la città ha meno criminalità di Milano, Napoli, Torino, Firenze e Venezia. Perché allora voler riempire la città di telecamere?
Ogni amministrazione locale che si succede non fa altro che aumentare il numero di telecamere, a prescindere da qualsiasi valutazione di merito. Se nessuna forza politica prenderà mai in mano la cosa, entro una decina di anni ci troveremo le città con più telecamere che persone. Se è davvero questione di sicurezza, perché non rimuovere le telecamere dalle zone che oggettivamente possono essere reputate sicure? Perché nessuno dice: ok, abbiamo reso più sicura una zona della città, ora possiamo essere più liberi dalla sorveglianza?
Lo Stato sociale vive di controllo
Lo Stato Sociale vive di moralità indotta e imposta dall’alto: i cittadini devono essere collaborativi e trasparenti. Chi non lo è, viene automaticamente messo nella colonna dei cattivi. Per quale assurdo motivo non essere trasparenti “by default” verso lo Stato dovrebbe avere una connotazione negativa, e perfino immorale - secondo gli standard dei più accaniti statalisti?
La privacy è un ostacolo alla realizzazione degli interessi dello Stato. Il potere di proteggere la nostra sfera privata e decidere quali informazioni condividere col mondo è in antitesi rispetto alla necessità dello Stato di conoscere tutto dei comportamenti, delle azioni e anche dei pensieri dei cittadini.
La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani - forse l’unico documento sensato della storia umana, dopo la Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti - afferma chiaramente il contrario: la legge, quindi lo Stato, dovrebbe tutelare gli individui da ingerenze arbitrarie nella loro vita privata. Perché allora dal 2001 a oggi sembra che il paradigma si sia capovolto?
La mia idea è che siamo nella fase finale (che potrebbe durare decenni) e discendente dello Stato Sociale. Dopo quasi 200 anni di welfare universale, assistenzialismo, espansione incontrollata dello Stato in ogni ambito umano, siamo arrivati quasi al punto di collasso. Le persone iniziano a capire che un mondo diverso è possibile, che Internet e Bitcoin permettono oggi di avere rapporti umani ed economici senza bisogno di alcun intermediario. Nozioni come riciclaggio, corruzione, evasione, non hanno alcun senso in una società libera, senza ingerenze statali.
Gli Stati sono sempre più indebitati e la povertà aumenta esponenzialmente, e con essa l’assistenzialismo. Per gestire il welfare e mantenere questo equilibrio sempre più precario però è fondamentale conoscere i bisogni delle persone e standardizzare e controllare i loro comportamenti. Così la sorveglianza diventa uno strumento di pianificazione sociale e di protezione degli interessi Statali. Lo stiamo vedendo in Cina e in Sri Lanka e lo abbiamo visto parzialmente anche in Canada.
Chi può, vota coi piedi, emigrando verso Stati più liberali e meno invasivi della sfera privata delle persone. Non stupisce quindi che negli ultimi due anni la California - lo stato più “woke” degli Stati Uniti - abbia perso quasi 400.000 persone/contribuenti.
Forse è arrivato il momento di valutare i programmi elettorali in base a criteri diversi, tornando al senso originario del “patto sociale”: lo Stato esiste per proteggere i diritti individuali e l’incolumità delle persone - non per proteggere e arricchire se stesso alle spalle dei cittadini.
Quando un governo diventa distruttivo [rispetto alla Vita, Libertà e perseguimento della Felicità] è diritto delle persone alterare o abolire il governo e istituirne uno nuovo, nelle modalità che più sembreranno adeguate per proteggere la loro incolumità e felicità.”
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Rilascio Lemmy v0.16.6: correzioni di bug (19-07-2022)
Scritto da @dessalines@mastodon.social e @nutomic@soc.ialis.me, 19-07-2022
Alcune correzioni di bug:
- Risolto il problema per cui gli attori possono avere una chiave pubblica vuota (correzioni #2347 ) ( #2348 )
- Definizione esplicita della restituzione o meno di attori eliminati ( #2335 )
- Impossibilità di bloccare l'amministratore ( #2340 )
- Aumenta il limite di recupero RSS a 20. Correzioni n. 2319 ( n. 2327 )
- Correzione della lunghezza del campo db post_report.original_post_name (correzioni #2311 ) ( #2315 )
- Aggiunta dell'uso del pub per i db crates in api_common ( #2305 )
- Accetta i "Mi piace" privati ( #1968 ) ( #2301 )
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Ritratto in piedi di Gianna Manzini
Questo libro, vincitore del premio Campiello nel ’71, è in pratica l’ultima opera di Gianna Manzini, scrittrice italiana “scoperta” da Eugenio Montale. Il romanzo, dedicato alla memoria del padre, riconduce il lettore ai conflitti sociali del primo Novecento in Toscana.
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Questo libro, vincitore del premio Campiello nel '71, è in pratica l’ultima opera di Gianna Manzini, scrittrice italiana “scoperta” da Eugenio Montale.In Your Eyes ezine
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The Queen Is Dead Volume 66 - Motorpsycho / My Sleeping Karma
Tornano i Motorpsycho con un disco che ancora una volta guarda al futuro partendo da un passato ancora non scritto. " Atma " dei My Sleeping Karma è il secondo ed ultimo disco di questa puntata, un disco oscuro ed ipnotico, ad altissimi livelli.
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RILEGGIAMO “Non piangete la mia morte” di Bartolomeo Vanzetti, edito da Barbès
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“Non piangete la mia morte” di Bartolomeo Vanzetti, edito da Barbès
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“Luglio col bene che ti voglio (vedrai non finirà)”
Estate. Umidità. Canicola. Cicale. Sudore.
Questi gli ingredienti di questi giorni. Nell’ordine che preferite.
Mentre cerco di raccogliere le idee e convogliarle in un qualcosa che abbia un senso logico, l’occhio mi cade sul calendario e mi rendo conto che siamo in quel periodo dell’anno in cui dilaga sui social network la triste gara a chi posta per primo le immagini del 20 luglio 2001.
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“Luglio col bene che ti voglio (vedrai non finirà)”
Mentre cerco di raccogliere le idee e convogliarle in un qualcosa che abbia un senso logico, l’occhio mi cade sul calendario e mi rendo conto che siamo in quel periodo dell’anno in cui dilaga sui social.....Marco Valenti (In Your Eyes ezine)
THE QUEEN IS DEAD VOLUME 65 – SUPASONIC FUZZ / BLACK CAPRICORN
Per il primo disco non ci allontaniamo di molto dalla sede di In Your Eyes e siamo ad Imperia per il nuovo lavoro dei Supasonic Fuzz, uno dei migliori gruppi liguri e non solo per quanto riguarda hard rock stoner e fuzz. Per chiudere un grandissimo ritorno, quello dei sardi Black Capricorn con " Cult of blood " dove si vola altissimi.
Non è successo niente: Draghi lascia il posto al suo pilota automatico
"Così, proprio mentre Draghi abbandona Palazzo Chigi sbattendo la porta, la sua spregiudicata agenda politica neoliberista rientra dalla finestra attraverso il nuovo strumento di politica monetaria della BCE. Davanti al fallimento politico dell’ennesimo governo tecnico imposto al Paese, la classe dirigente europea rispolvera l’arma del ricatto del debito che tanto efficace si è dimostrata, in passato, come strumento di disciplina delle economie europee a suon di spread.
Gli eventi di questi ultimi giorni ci ricordano anche che, quale che sarà l’esito delle elezioni del prossimo 25 settembre, il programma di governo è già pronto ed è scritto nero su bianco nel PNRR, messo a punto dall’esecutivo Draghi e vincolante per chiunque uscirà vittorioso dalle urne per tutta la durata della legislatura, pena l’esplosione dell’instabilità finanziaria sotto la spinta della BCE."
Il PD non è alternativo alla destra - Contropiano
«Su ogni tema di fondo del governo da trent’anni il PD fa scelte di destra liberista, tali che a volte permettono persino alla destra ufficiale di scavalcarlo “a sinistra”.
[...]
Da trent’anni i dirigenti del partito democratico fanno capire che in fondo votare non conti nulla. Perché le scelte di politica internazionale, economica, sociale sarebbero tutte sostanzialmente obbligate. Lo vuole l’Europa, lo vuole la NATO, lo vogliono i mercati, lo vuole la fedeltà euroatlantica.
[...]
Il Partito Democratico è uno dei primi responsabili dello smottamento a destra della politica italiana e non ha alcuna vera credibilità nell’essere un ostacolo ad essa. A parte la propaganda che gli forniscono i mass media confindustriali.
Il PD non è alternativo alla destra perché è anch’esso un partito di destra, che da trent’anni occupa il campo della sinistra.
La vera crisi democratica del paese è l’assenza di una vera alternativa alla destra. Quella che bisogna provare a costruire, alle elezioni e dopo di esse.»
Che cos'è Bookwyrm e come importare dati da altri servizi
Un grazie a @FediTips da cui riprendo questo post
BookWyrm è una piattaforma di social reading aperta e federata ed è l'alternativa del Fediverso a GoodReads di Amazon.
Maggiori informazioni su BookWyrm sono disponibili all'indirizzo joinbookwyrm.com/it e un elenco di server a cui è possibile collegarsi all'indirizzo joinbookwyrm.com/instances.
È possibile seguire l'account del progetto all'indirizzo @BookWyrm, e gli account di BookWyrm possono essere seguiti da Mastodon ecc.
È possibile importare i dati dei libri in BookWyrm da GoodReads, LibraryThing, StoryGraph, OpenLibrary e Calibre.
Per importare i dati, prima esportateli dall'altro servizio come file CSV, poi accedete al vostro account BookWyrm, andate su Impostazioni > Importa, selezionate il tipo di dati e poi cercate il file CSV che avete esportato dall'altro servizio. Selezionate l'impostazione corretta della privacy, quindi fate clic su "Importa".
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@informapirata :privacypride: @Alessandro @Poliverso
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...qualcuno ha notizie di che fine abbia fatto l'istanza rizomatica.org? ...non è più raggiungibile...
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UprisingVoltage
in reply to Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂ • • •Purtroppo la sua più grande forza sta nella quantità di utenti ridicolmente alta che possiede. Nom usando instagram a volte me lo scordo, ma è il biglietto da visita/vetrina della maggior parte delle persone, giovani soprattutto.
Quando ci si conosce ci si aggiunge su instagram, se ti piace il tipo/a assedi il suo account e guardi le storie ecc.
Per cui sì, può fare schifo e permettersi di farlo.
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skariko, Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂ e mokassino like this.