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La Cina rossa, Storia del Partito comunista cinese


La Cina rossa, Storia del Partito comunista cinese partito
Se vogliamo comprendere la Cina contemporanea non possiamo prescindere dalla storia del Partito comunista cinese. Ne ha determinato le sorti e i profondi cambiamenti, trasformando in cento anni un paese rurale nella seconda potenza economica mondiale. Oggi il Pcc conta oltre novanta milioni di iscritti e, dal 1949, è alla guida di un paese immenso e molto complesso. Con questa ambiziosa opera (pubblicata recentemente da Laterza, 26,00 euro) , che si avvale delle fonti più aggiornate, Guido Samarani e Sofia Graziani intrecciano la storia del Pcc alla storia della Repubblica popolare cinese, delineandone l’organizzazione, l’ideologia, la strategia interna e internazionale, i momenti gloriosi quanto gli eventi drammatici. China Files ve ne regala un estratto per gentile concessione dell'editore.

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In Cina e Asia – Al via la "Davos estiva” a Tianjin


In Cina e Asia – Al via la Tianjin World Economic Forum economia
I titoli di oggi:
Cina, al via la "Davos estiva" a Tianjin
Wagner, la Cina "crede nelle capacità della Russia di mantenere la stabilità"
Cina, Wang Yi incontra la delegazione Usa a Pechino
Cina, pronta la legge per cittadini "più patriottici"
Cina, Pechino inaugura il più grande impianto idro-solare al mondo
Tokyo rimuove Seul dalla lista nera per le esportazioni high-tech
Pakistan, al via il giro di vite tra i sostenitori di Khan nell'esercito

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Alle 8.30 la chiave ministeriale per decrittare il testo della terza prova scritta delle sezioni ESABAC e Internazionali è stata pubblicata sul nostro sito.

La trovate qui ▶️ miur.gov.



Tonia Guerra* Il Ministro per gli Affari regionali e le Autonomie va avanti a velocità spericolata con il suo progetto di spacchettamento del Paese, fiore a


È ufficiale, il gigante russo ha i piedi d’argilla


Non sappiamo cosa accadrà in Russia, se il leader dei mercenari della Wagner Yevgheny Prigozhin cadrà misteriosamente da una finestra di Minsk, se la milizia sarà smantellata, se il capo di Stato maggiore Valerij Gerasimov e il ministro della difesa Serge

Non sappiamo cosa accadrà in Russia, se il leader dei mercenari della Wagner Yevgheny Prigozhin cadrà misteriosamente da una finestra di Minsk, se la milizia sarà smantellata, se il capo di Stato maggiore Valerij Gerasimov e il ministro della difesa Sergei Shoigu saranno rimossi dai loro incarichi o se Vladimir Putin, la cui immagine di uomo forte è stata gravemente lesa dal tentato golpe, riuscirà a recuperare credibilità agli occhi dell’establishment e della popolazione. Una cosa però è chiara: se la Wagner ha impiegato nove sanguinosi mesi per conquistare Bakhmut in Ucraina e sole nove ore per spingersi fino alle porte di Mosca, lo Stato russo si è rivelato un gigante dai piedi d’argilla.

Da questo fatto nascono tre riflessioni. La prima riguarda il nesso tra l’andamento di una guerra esterna e la tenuta interna di un regime. Le sconfitte militari in Russia hanno spesso generato sconquassi interni, sebbene in forme e tempi diversi. Nel 1905, la sconfitta contro il Giappone creò le condizioni per la prima rivoluzione. Nel 1917, la prima guerra mondiale diede il la alla seconda rivoluzione: prima quella di febbraio, poi quella d’ottobre, che a sua volta scaturì in una guerra civile. Nel 1991, due anni dopo la ritirata dall’Afghanistan, ci fu l’implosione dell’Unione sovietica. Questa fu preceduta da un tentato colpo di Stato contro Mikhail Gorbachev. Il tentativo fallì dopo tre giorni, ma fu solo questione di tempo perché venisse giù il castello di carta sovietico. La sconfitta strategica russa in Ucraina, determinata dal fallimento dell’unico vero obiettivo di guerra di Putin – eradicare l’Ucraina come Stato libero, democratico e indipendente da Mosca – causerà sconvolgimenti interni. Non ci è dato sapere se assomiglieranno più al 1905, al 1917 o al 1991, o se saranno cambiamenti immediati o scaglionati nel tempo. La storia si ripete, sebbene non allo stesso modo. Ma è evidente che il tentato golpe di Prigozhin, il primo dopo oltre trent’anni, è l’atto più eclatante di una crisi profonda in Russia.

Da qui discende la seconda riflessione: gli eventi delle ultime ore validano quella che viene definita la “teoria della vittoria” di Kyiv. In guerra, ogni combattente ha una sua “teoria della vittoria”, cioè un’idea di come raggiungere, militarmente, i propri obiettivi. La “teoria della vittoria” russa fa perno sull’inconsistenza dello Stato e dell’identità dell’Ucraina, così come sulla mollezza dell’Occidente, cioè le condizioni che – secondo il Cremlino – avrebbero dovuto portare Mosca a prevalere. L’invalidazione di queste premesse ha aperto la via alla sconfitta strategica russa. Per contro, per gli ucraini, la vittoria – ossia la liberazione del territorio e della popolazione occupati – è improbabile attraverso il solo strumento militare. Gli ucraini sanno di non avere le capacità militari per ristabilire l’integrità dei confini del 1991. Ma credono che una sconfitta relativa della Russia – ad esempio con la liberazione delle regioni del sud mettendo in discussione l’occupazione della Crimea, oppure con la riconquista di parte dei territori del Donbas persi nel 2014 – possa generare instabilità a Mosca, e che in questo caos si possa aprire un varco per liberare il resto del loro Paese. Il tentato golpe di Prigozhin suggerisce che la “teoria della vittoria” dell’Ucraina è quantomeno plausibile. Per le potenze occidentali che sostengono Kyiv questo dato è fondamentale. La guerra probabilmente sarà ancora lunga, ma l’Ucraina è sulla strada giusta.

L’ultima riflessione va, in un certo senso, in direzione opposta: l’Occidente non ha alcun potere su ciò che accade in Russia, per quanto terribile ciò sia. Capiamoci: l’Europa e gli Stati Uniti possono influenzare la vittoria dell’Ucraina. Sostegno militare, ricostruzione e adesione alle istituzioni euro-atlantiche sono ingredienti chiave della vittoria di Kyiv. Al contrario, gli sviluppi interni in Russia sono totalmente al di fuori della nostra sfera di controllo. E qui sta il più grande dei paradossi: nei primi anni Duemila, con le rivoluzioni colorate in Georgia e proprio in Ucraina, Putin si era convinto che dietro le rivolte nello spazio post-sovietico ci fosse la “longa manus” dell’Occidente, il cui vero obiettivo era un cambio di regime a Mosca. Il capo del Cremlino non ha mai creduto, infatti, che queste rivoluzioni potessero essere genuinamente animate dall’interno. Oggi si ritrova a fare i conti con la stessa situazione, ma stavolta in casa sua. Prigozhin è una sua creatura, un Frankenstein creato non dalla Cia, dalla Nato, dall’Ue o da Soros, ma dalle sue stesse mani. L’Occidente non può che stare alla finestra: non abbiamo il men che minimo potere sulla faida interna in Russia, né candidati che vorremmo vedere al potere. È Putin il solo artefice della sua eventuale disfatta. Qualche mese fa, alla domanda su chi fossero i consiglieri più ascoltati da Putin, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov rispose: “Caterina (la Grande), Pietro (il Grande) e Ivan (il Terribile)”. Sbagliava. Sembrerebbe, semmai, che Putin stia dando retta a Nicola II. L’ultimo imperatore.

La Stampa

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Russia. Telegram: ministro difesa Shoigu sarà sostituito, uomini Wagner attesi a Osipovich


Shoigu è stato il bersaglio principale delle accuse di “incompetenza” nella conduzione della guerra in Ucraina che il capo della Wagner Prigozhin ha rivolto ai vertici russi. L'articolo Russia. Telegram: ministro difesa Shoigu sarà sostituito, uomini Wag

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della redazione

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Ustica, la verità si basi sui fatti. La lettera di Cavazza e Bartolucci (Avdau)


Siamo due donne, drammaticamente colpite dalla tragedia della caduta del DC9 Itavia del 27 giugno 1980. Una di noi ha perso la madre quando aveva solo 17 anni, un’età critica in cui gli affetti familiari sono importantissimi. L’altra ha vissuto per 43 ann

Siamo due donne, drammaticamente colpite dalla tragedia della caduta del DC9 Itavia del 27 giugno 1980. Una di noi ha perso la madre quando aveva solo 17 anni, un’età critica in cui gli affetti familiari sono importantissimi. L’altra ha vissuto per 43 anni, e tuttora vive, il dramma di un padre costantemente accusato, prima dalla giustizia, poi dall’opinione pubblica, di avere tradito la Patria, ignorando che i fatti di cui era accusato non erano mai esistiti.

Siamo la presidente onoraria e la presidente dell’Associazione per la verità sul disastro aereo di Ustica, una associazione di gente per bene che ha per scopo sociale quello di perseguire la verità in tutto ciò che riguarda la tragica vicenda di Ustica. Ribadiamo: la Verità a caratteri maiuscoli, la verità che parta da fatti veri, non da fantasie, supposizioni e invenzioni. Sì, perché la verità che viene richiamata dalla maggior parte dei media non è verità; è una storia fondata su falsità.

È una falsità quella che il giudice istruttore Rosario Priore abbia emesso una sentenza in cui affermava che ci fosse stata una battaglia aerea, che il DC-9 fosse stato abbattuto all’interno di un episodio di guerra aerea. Priore non ha mai emesso sentenze di quel genere, essendo lui un giudice istruttore. Si trattava, invece, solo una sua ipotesi, in base alla quale rinviò a giudizio i vertici dell’Aeronautica militare. A conclusione di quel giudizio, la Corte d’appello, a pagina 87 del documento emesso a riguardo, scrisse testualmente: “la conclusione cui perviene l’accusa […] può essere accettabile come ipotesi accusatoria, sia pure fondata su elementi incerti ed equivoci da dimostrare, ma è inaccettabile quale motivazione di una sentenza in quanto si dà per certo un risultato partendo da dati del tutto ipotetici e peraltro del tutto sconfessati dagli elementi probatori certi ed inequivocabili come sopra messo in evidenza”. È sufficientemente chiaro?

È una falsità quella della presenza di aerei estranei in prossimità del DC9 Itavia, visto che già la Corte d’assise a pagina 135 scrive che “Il dibattimento ha d’altra parte dimostrato l’infondatezza dell’ipotesi del G.I. sulla battaglia aerea” e la Corte d’appello ha aggiunto a pagina 115 della propria sentenza che “nessun velivolo ha attraversato la rotta dell’aereo Itavia, non essendo stata rilevata traccia di essi dai radar militari e civili, le cui registrazioni sono state riportate su nastri da tutti i tecnici unanimemente ritenuti perfettamente integri”. Dovremmo quindi dire che i giudici di una Corte d’assise e di una Corte d’appello hanno così smaccatamente mentito?

Di menzogne è piena la narrativa corrente essendo basata su supposizioni, congetture, fatti totalmente inventati che perdurano da oltre quattro decenni. A tutto ciò si aggiungono le offese, come quelle recentemente formulate da Daria Bonfietti “che è solo una provocazione offensiva il continuo contrapporsi, sistematicamente, alle iniziative dell’Associazione delle vittime, rappresentante delle esigenze di giustizia e verità dei familiari liberamente associati” e “che è soltanto un’offesa alla dignità organizzare visite al Museo per la memoria di Ustica schiumanti rabbia e risentimento”. Il Museo per la memoria non può essere monopolio di un gruppo, anche perché, “è un luogo che deve rimanere ‘un tempio della memoria’” per tutti i parenti delle vittime, visto che certamente raccoglie gli effetti personali anche della madre di una di noi. La nostra visita al Museo è stata improntata al massimo rispetto delle vittime, delle loro famiglie e di ciò che il Museo si propone di rappresentare.

Chi cerca sinceramente la verità cominci a mettere da parte le falsità di cui è infarcita la storia di Ustica. La verità è unica, e noi, e la nostra associazione, lo stiamo facendo.


formiche.net/2023/06/ustica-la…



Scuola digitale? Il valore imprescindibile di carta e penna


Martedì 18 luglio 2023 alle ore 11:00 presso la Sala Zuccari del Senato della Repubblica, sarà presentato il paper “Scuola digitale? Il valore imprescindibile di carta e penna“, su iniziativa del Senatore Marco Scurria. Intervengono: ANDREA CANGINI, Segre

Martedì 18 luglio 2023 alle ore 11:00 presso la Sala Zuccari del Senato della Repubblica, sarà presentato il paper “Scuola digitale? Il valore imprescindibile di carta e penna“, su iniziativa del Senatore Marco Scurria.

Intervengono:
ANDREA CANGINI, Segretario generale della Fondazione Luigi Einaudi

ALESSANDRA GHISLERI, Direttrice di Euromedia Research

MASSIMO AMMANITI, Psicoanalista

MARIA TERESA MORASSO, Grafologa

MASSIMO DONÀ, Filosofo

SERGIO RUSSO, Insegnante

DIEGO CIULLI, Direttore Politiche pubbliche Google Italia

Conclude il Ministro dell’Istruzione GIUSEPPE VALDITARA

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In merito al dimensionamento scolastico in Campania, il Ministero precisa che non è prevista la chiusura di alcun plesso scolastico, poiché sono stati preservati i punti di erogazione del servizio attualmente esistenti.


Bruxelles approva lo spionaggio sui media per motivi di “sicurezza nazionale” | L'Indipendente

"Impossibile non notare come la norma contenga un controsenso intrinseco, dal momento che aspira a garantire ai giornalisti una maggiore indipendenza e libertà da eventuali minacce aumentando la sorveglianza e il controllo sul loro operato. Il risultato, anzi, parrebbe essere proprio il contrario, ovvero condizionare ulteriormente l’attività di indagine dei professionisti dell’informazione, già sottoposta a crescenti restrizioni in diversi Paesi europei."

lindipendente.online/2023/06/2…



Guatemala. Presidenziali, ballottaggio nel centrosinistra tra Torres e Arevalo


Il 20 agosto si sfideranno l'ex first lady Sandra Torres di Une e Bernardo Arevalo di Semilla L'articolo Guatemala. Presidenziali, ballottaggio nel centrosinistra tra Torres e Arevalo proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/2023/06/26/america

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della redazione

Pagine Esteri, 26 giugno 2023 – La leader di “Une”, il partito di Unità nazionale della speranza (centrosinistra), ed ex first lady Sandra Torres è avanti ai suoi avversari nelle elezioni presidenziali tenute ieri in Guatemala. Ma è lontana dal poter vincere al primo turno. Con oltre il 90 per cento dei seggi elettorali scrutinati, Torres raccoglie il 15 per cento delle preferenze. “Vinceremo, non potranno toglierci la vittoria, chiunque esso sia”, ha detto ai suoi sostenitori riferendosi al secondo turno il prossimo 20 agosto.

Al secondo posto, con il 12 per cento, è posizionato il candidato di “Semilla” (sinistra ecologista) Bernardo Arevalo. Solo al terzo posto il candidato della destra Manuel Conde di “Vamos” (destra), con l’7,84 per cento dei voti.

Il voto di protesta comunque è quello più alto: il 17 per cento di chi si è recato alle urne ha annullato la scheda.

Da notare che una sentenza del Tribunale elettorale supremo del Guatemala, ha impedito all’imprenditore Carlos Pineda, del partito di destra “Prosperità cittadina”, in cima nei sondaggi prima del voto, di prendere parte alle elezioni. Pineda è stato il quarto candidato bloccato da una decisione delle autorità giudiziarie, circostanza che suscitato allarme dei centri per i centri per la tutela dei diritti umani e politici. L’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Turk, ha parlato di “continua erosione dello stato di diritto in Guatemala”. Pagine Esteri

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Perù. Cancellata la legge per lo sfruttamento industriale, le organizzazioni indigene festeggiano


Il progetto legislativo era stato avanzato da membri del Congresso legati all'industria degli idrocarburi e rappresentava una minaccia per le popolazioni indigene L'articolo Perù. Cancellata la legge per lo sfruttamento industriale, le organizzazioni ind

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dal Comunicato stampa di Survival International

Pagine Esteri, 26 giugno 2023. Straordinario colpo di scena in Perù, dove una importante commissione del Congresso ha bocciato il Progetto di Legge 3518, che i popoli indigeni del paese avevano anche definito “Progetto di legge genocida” per gli effetti devastanti che avrebbe avuto se fosse stato approvato.

Il PL 3518-2022 era già stato mandato al Congresso per il voto ma ora, grazie alla bocciatura e archiviazione da parte della “Commissione per la decentralizzazione”, il suo percorso è bloccato.

Teresa Mayo, ricercatrice di Survival International l’ha definita “una grande vittoria per i popoli indigeni del Perù, per le loro organizzazioni e per le migliaia di persone comuni che in tutto il mondo hanno sostenuto la campagna contro questo devastante progetto di legge.”

Le organizzazioni indigene peruviane AIDESEP e ORPIO hanno esercitato forti pressioni e oltre 13.000 sostenitori di Survival hanno scritto ai membri della Commissione per la decentralizzazione, esortandoli a bloccare il disegno di legge.

Il progetto legislativo era stato avanzato da membri del Congresso pro-Fujimori legati alla potente industria degli idrocarburi, e rappresentava una gravissima minaccia specialmente per le tante tribù incontattate del paese, le cui terre sarebbero state esposte allo sfruttamento industriale.

“Sono molto felice perché abbiamo lavorato duramente per fermare questo disegno di legge che viola i diritti dei popoli incontattati e di recente contatto. L’archiviazione del disegno di legge protegge i nostri parenti incontattati, i loro diritti e le loro vite, ed evita il genocidio e l’ecocidio che avrebbe scatenato” ha dichiarato Tabea Casique (Ashaninca) di AIDESEP.

Per Roberto Tafur, dell’organizzazione indigena peruviana ORPIO, la decisione mette in risalto “la partecipazione di coloro che hanno una coscienza che li ha spinti a preoccuparsi dei nostri fratelli PIACI. Perché la vita viene prima del denaro. Per arrivare qui abbiamo combattuto molto. E dobbiamo continuare a lottare per i nostri fratelli che sono nel folto della foresta, che non sanno che noi stiamo combattendo per loro”.

I popoli incontattati e di recente contatto sono noti collettivamente in Perù con il nome di PIACI. In Perù, l’industria del petrolio e del gas ha già avuto un impatto catastrofico su questi popoli. Negli anni ‘80, ad esempio, a seguito delle prospezioni petrolifere effettuate dalla Shell, furono introdotte malattie mortali che uccisero oltre la metà del popolo Nahua (che era precedentemente incontattato).

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#NotiziePerLaScuola

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Sterilizzazioni forzate per i disabili: il Giappone fa mea culpa


Sterilizzazioni forzate per i disabili: il Giappone fa mea culpa 7926886
Un rapporto fa luce sulle vittime, fra cui due bambini, della legge abrogata nel 1996. I cittadini con disabilità o malattie mentali sono stati operati anche con l’inganno Nel secondo dopoguerra in Giappone la presenza di persone con disabilità, malattie mentali o disturbi ereditari doveva essere ridotta. Con l’inganno o con la forza. In soccorso al governo intenzionato a portare ...

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In Cina e Asia – Rivolta Wagner: la Cina "sostiene la stabilità nazionale della Russia”


In Cina e Asia – Rivolta Wagner: la Cina wagner
I titoli di oggi:

Rivolta Wagner: la Cina "sostiene la stabilità nazionale della Russia"
Gli Stati Uniti accusano quattro aziende cinesi di traffico dei precursori del fentanyl nel paese
Il viceministro degli Esteri cinese Ma Zhaoxu responsabile delle relazioni con gli Usa

Picco di viaggi in Cina. Ma secondo gli analisti servono sussidi alle famiglie

Disoccupazione giovanile in Cina: donne con lauree umanistiche tra le più colpite
La Cina non esporta più grafite in Svezia
Nel 73° anniversario della guerra di Corea, il Nord minaccia la distruzione degli Usa
Vietnam, Corea del Sud e Usa: focus sui minerali critici e la cooperazione militare

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REPORTAGE. Il popolo dimenticato dei bambini sfollati e profughi


Sono 43.3 milioni i bambini sfollati nel mondo, secondo un recente rapporto Unicef. Dispersi nel loro Paese o costretti a chiedere rifugio all’estero, sono le guerre e l’emergenza climatica a marcare il tempo della loro infanzia, spesso segnandola di dolo

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di Valeria Cagnazzo

Pagine Esteri, 26 giugno 2023Ho conosciuto Saeed, nome di fantasia, qualche anno fa, in un piccolo ristorante nella valle della Bekaa, in Libano. Si mangiava all’aperto, in giardino, intorno a tavoli di plastica bianca. Sulle griglie si arrostiva la carne degli agnelli e dei vitelli sgozzati che stavano appesi per le zampe al soffitto all’ingresso del locale. Saeed aveva otto o nove anni, la sua mamma era stata invitata a quel tavolo da un’associazione di medici italiani che l’aveva conosciuta in una missione precedente e che adesso voleva donarle una busta di banconote per aiutarla a sfamare i suoi figli. Appena oltre la recinzione di rete a larghe maglie di quel giardino si scorgevano le montagne azzurrissime del suo Paese, la Siria. Saeed sedeva con la schiena drittissima, staccata dallo schienale. Non toccava neanche il cibo che gli veniva offerto, l’insalata tradizionale di prezzemolo, pomodori e pane croccante, i bocconcini di carne grigliata.

Era bene educato, Saeed, e nonostante i suoi occhi accarezzassero quei piatti con desiderio, non si azzardava a prendere del cibo, continuava a scuotere la testa e a ripetere grazie a quei medici occidentali. Poi sua madre gli aveva rivolto un cenno del capo, a dirgli che sì, gli era permesso di mangiare, e allora lui, ancora ringraziando, timidamente si era avvicinato al piatto. In Siria, solo quattro anni prima, era stato il figlio di un imprenditore e aveva vissuto in un quartiere benestante di Damasco. Nel salotto di casa sua, c’erano stati un televisore a schermo piatto e i joystick della sua playstation. Aveva avuto una brevissima vita agiata, Saeed. Poi era scoppiata la guerra. Sua madre si era messa lui e le sue sorelle in macchina e se li era portati, orfani di padre, oltre il confine con il Libano, in un viaggio notturno e clandestino.

Di colpo, la vita in una tenda, in un campo profughi sovraffollato dove bisognava mettersi in fila per il riso e poi per riempire una tanica d’acqua, e dove lei, la mamma, una laurea in ingegneria e mani morbide, si era trasformata in una tigre per difendere i suoi figli. Era bastato un viaggio notturno per cancellare dalla vita di Saeed la tv a schermo piatto, la playstation, la scuola in cui prendeva ottimi voti e le maestre gli dicevano che avrebbe fatto il dottore. Il passato, però, ancora gli si leggeva in quella schiena dritta, nelle guance che arrossivano, nei capelli dritti, tenacemente pettinati. Quando si era allontanato dal ristorante tenendo per mano la sua mamma, finalmente gli avevamo sentire pronunciare parole diverse da “Shoukran”. Lontano dalle nostre orecchie estranee una voce bambina era riemersa da qualche abisso per chiederle, rivolgendosi a quel mazzetto di banconote che avevano ricevuto: “Possiamo comprare un pallone?”.

Non ho più notizie di Saeed, la sua esistenza si è unita alla matassa di quelle di milioni e milioni di bambini sfollati nel mondo, come se non fossero tutti individui con volti, nomi, personalità come lui, che era gentile e riservato.Il più recente rapporto dell’Unicef parla di 43,3 milioni di bambini sfollati. Il numero più alto nella storia, eppure sempre un numero tra tanti. Un numero che, però, a pensarci bene, starebbe a significare che la popolazione di un Paese come la Spagna o l’Argentina potrebbe essere interamente costituita da bambini sfollati. Un popolo, una nazione di bambini costretti ad abbandonare la propria casa, per fuggire all’interno del proprio Paese o oltre i suoi confini, come Saeed, per salvarsi la vita. Solo nell’ultimo decennio, questa popolazione di bambini sradicati dalla loro terra è raddoppiata.

Nel 60% dei casi (25.8 milioni), si tratta di sfollati interni. Quando cercano rifugio all’estero, le destinazioni più frequenti sono la Turchia, l’Iran, la Colombia, la Germania e il Pakistan.

17,5 milioni di bambini sono in fuga dalla guerra. Il rapporto, che si ferma alla fine del 2022, non include tra questi i bambini fuggiti in questi mesi dal conflitto in Sudan, che secondo l’Unicef al momento dovrebbero essere almeno 940.000. Il conflitto tra Russia e Ucraina, poi, ha costretto almeno 4 milioni di bambini ucraini a lasciare la propria casa: oltre due milioni di loro hanno abbandonato il loro Paese e oltre un milione sono sfollati interni. Sono almeno un centinaio i conflitti attualmente in corso nel mondo, ed è dalle loro spirali di violenza, anche quando dimenticate, che le famiglie continuano a cercare di salvare i propri figli, ingrossando le fila dei rifugiati.

Vivere da rifugiati significa, nella maggior parte dei casi, non avere diritto alla protezione sociale, all’istruzione, alla salute, neppure a ricevere le vaccinazioni durante l’infanzia secondo calendario. Una vulnerabilità che ha un inizio, come l’arrivo di Saeed in Libano in piena notte, ma non vede una fine. Come ha notato, infatti, Verena Knaus, capo della commissione Unicef sulla migrazione e lo sfollamento, “La maggior parte di questi bambini che sono sfollati oggi molto probabilmente resterà sfollata per l’intera durata dell’infanzia”.

Faceva una riflessione analoga la giornalista Lucia Goracci alcuni giorni fa, commentando l’ennesima strage di migranti in mare al largo della Grecia il 16 giugno scorso, in cui si stima abbiano perso la vita 600 persone. A proposito di una ragazza di 20 anni che dal barcone aveva cercato di lanciare l’allarme col suo cellulare, scriveva, infatti: “Era di Daraa, dove la guerra civile siriana è cominciata. Aveva 20 anni. Cioè era una bimba di 8, quando la guerra è entrata dentro casa sua”. Se per i giornali e i libri di storia la durata delle guerre si misura in anni, per i bambini che ci nascono e ci vivono in mezzo e che poi, a volte, si trasformano in profughi, i conflitti corrispondono ad anni di infanzia perduta, talvolta a un’infanzia intera, dalla nascita all’adolescenza, senza possibilità di ripartire dall’inizio.

A sfollare i bambini non sono solo i conflitti ma anche i cambiamenti climatici. Deforestazione, siccità, alluvioni e inondazioni a causa del cambiamento climatico hanno costretto fino al 2022 almeno 12 milioni di bambini a emigrare dalle loro terre d’origine. Spesso, anche in questo caso, per trasferirsi in campi di rifugiati sovrappopolati in cui i diritti dell’infanzia non sono garantiti.

I bambini pagano le spese dei disastri bellici ed ecologici degli adulti in maniera per giunta sproporzionata: rappresentano il 31% della popolazione mondiale, ma costituiscono almeno il 60% del popolo di sfollati che si muove nel mondo. Un’emergenza che Catherine Russell, Direttrice esecutiva dell’Unicef, commenta così: “L’aumento (del numero di bambini sfollati, ndr) va di pari passo con l’impennata di conflitti, crisi e disastri climatici nel mondo. Ma sottolinea anche la risposta deludente di molti governi nel garantire che ogni bambino rifugiato o sfollato interno possa continuare a imparare, a rimanere in salute e a sviluppare il proprio pieno potenziale”.

A pochi giorni dalla Giornata mondiale del Rifugiato, il dato del Refugee Funding Tracker è scoraggiante: nei primi sei mesi del 2023, sarebbe stato versato solo il 22% dei 10 milioni di dollari che erano stati richiesti a livello mondiale per il soccorso dei rifugiati. Né le politiche occidentali nei confronti dei migranti lasciano presagire scenari molto migliori, per i bambini che da un giorno all’altro chiudono con la loro infanzia per trasformarsi in sfollati. Sarebbe forse un nuovo sistema da proporre nelle sedi istituzionali, quello di misurare la durata e la gravità dei conflitti e dell’emergenza climatica non in anni e in percentuali, ma in infanzie interrotte. Pagine Esteri

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Irish Gov makes critizising Big Tech and Irish DPC a crime!


Il governo irlandese considera reato criticare le Big Tech e il DPC irlandese! Il governo irlandese tenta di introdurre di nascosto una disposizione nella legge irlandese sulla protezione dei dati che consente di dichiarare "riservata" qualsiasi parte della procedura. Le critiche legittime diventerebbero un reato. Criminal speech before DPC


noyb.eu/en/irish-gov-makes-cri…



di Frida Nacinovich - La Conferenza di Vienna del 10 e 11 giugno scorsi è stato il primo appuntamento internazionale promosso da un ampio coordinamento di a

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Nella notte anonimi neonazisti hanno fatto visita alla festa di Rifondazione Comunista di Torrevecchia Pia (Pavia). Hanno strappato manifesti e hanno disegnato

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Mio figlio ha una 4 ruote


Durante lo stage "Mio figlio ha una 4 ruote" MF4R (policlinico.mi.it/news/2023-06…) organizzato a Lignano Sabbiadoro dal Sapre, un servizio pubblico del Policlinico di Milano che si occupa da più di 30 anni dei genitori di bambini affetti da SMA (atrofia spinale muscolare) promuovendone l'empowerment, si è svolta una camminata di circa 5 km percorribile a piedi, in bici, con carrozzine manuali/elettroniche e passeggini.

Il percorso, individuato con la collaborazione di #FIAB Monfalcone - BisiachINbici, tra la Riserva naturale regionale Foce dell'Isonzo-Isola della Cona e Marina Julia (Monfalcone) si è svolto su un tratto della pista ciclabile Adria Bike (adriabike.eu/it/interactive-ma…) scelto in particolare perché privo di barriere architettoniche.

Alla camminata ha partecipato un gruppo di circa 150 persone tra cui 50 bambini in carrozzina elettronica le cui famiglie arrivano da tutta Italia e dall'estero.

Un grande esempio del ruolo del servizio sanitario pubblico e un esempio (un po' più piccolo) dell'importanza di una mobilità sostenibile per tutti, non solo per gli amici della #bicicletta.

@maupao @macfranc @Rivoluzione mobilità urbana🚶🚲🚋 @:fedora: filippodb :cc: :gnu:

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Ancora un raid di coloni israeliani in Cisgiordania. L’esercito uccide due palestinesi armati


Secondo il sindaco di Umm Safa, Marwan Sabah, almeno 100 coloni hanno attaccato la città sotto la protezione dell'esercito israeliano. "I soldati erano con loro e li hanno difesi". L'articolo Ancora un raid di coloni israeliani in Cisgiordania. L’esercit

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della redazione

Pagine Esteri, 24 giugno 2023 – Per il sesto giorno consecutivo i coloni israeliani hanno attaccato villaggi palestinesi in Cisgiordania per vendicare l’uccisione martedì di quattro israeliani, il giorno dopo un raid dell’esercito a Jenin che ha ucciso sette palestinesi, tra cui un ragazzo e una ragazza di 15 anni.

Oggi è stato preso di mira Umm Safa, nella Cisgiordania centrale, in cui sono stati feriti alcuni abitanti e sono state date alle fiamme diverse case e automobili. Un soldato israeliano è stato ferito da una pietra.

Secondo il sindaco di Umm Safa, Marwan Sabah, almeno 100 coloni hanno attaccato la città sotto la protezione dell’esercito israeliano. “I soldati erano con loro e li hanno difesi”, ha detto, aggiungendo che “hanno lanciato gas lacrimogeni e sparato proiettili di gomma contro gli abitanti”. I palestinesi a loro volta hanno bruciato un veicolo militare israeliano.

La ministra della Sanità palestinese Mai Al-Kaila ha denunciato che i coloni hanno lanciato pietre contro un’ambulanza che trasportava un paziente dal villaggio di Beit Rima vicino a Umm Safa, ferendo leggermente l’autista.

In totale questa settimana i coloni israeliani hanno ferito decine di palestinesi e distrutto decine di case ed automobili palestinesi a Turmusaya, Urif, Huwara, Luban al Sharqieh, Jaloud e altri villaggi. Un palestinese è stato ucciso a Turmusaya dal fuoco della polizia israeliana.

Sempre oggi un palestinese di 17 anni, Isaq Al Ajloni, è arrivato al checkpoint di Qalandiya a nord di Gerusalemme e ha aperto il fuoco contro i militari. Al-Ajlouni, ha ferito leggermente una guardia di sicurezza prima di essere colpito e ucciso. Secondo la polizia, Al-Ajlouni era armato con un fucile M-16. L’uccisione è avvenuta poche ore il decesso in ospedale del 39enne Muhammad Idris, un residente del campo profughi di Askar (Nablus). Idris, un combattente, è stato colpito allo stomaco ieri a Nablus durante una incursione dell’esercito israeliano.

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di Ivan Cavicchi - Viva la Cgil che scendendo in piazza contro il governo di destra, difende il diritto alla salute e il servizio sanitario pubblico. Da mol

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Il compagno Dino Greco, componente della direzione nazionale di Rifondazione Comunista, ha ricevuto l'avviso di un procedimento penale a suo carico in qualità


All’anagrafe


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PODCAST. Russia, prova di forza di Prigozhin. Chi c’è dietro il capo della Wagner?


Il capo della milizia mercenaria è passato dalle parole ai fatti. Con i suoi uomini è avanzato su Rostov e afferma di essere in grado di andare anche su Mosca per rovesciare i suoi nemici. Della situazione in queste ore in Russia e sui possibili appoggi d

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di Michele Giorgio

Pagine Esteri, 24 giugno 2023 – La milizia Wagner ha “pugnalato la Russia alla schiena”. Con queste parole Vladimir Putin ha commentato in un discorso televisivo la più grande crisi interna che il presidente russo abbia dovuto affrontare da quando nel febbraio 2022 ha ordinato quella che ha descritto come una “operazione militare speciale” in Ucraina. Con una mossa a sorpresa, dopo settimane di accuse e critiche rivolte all’establishment politico-militare, pur senza accattare direttamente Putin, il capo e fondatore della Wagner, Evgenij Prigozhin, ha annunciato nelle scorse ore di aver preso il controllo del quartier generale delle forze armate russe nel centro di Rostov, capoluogo dell’omonima regione della Federazione Russa vicina all’Ucraina. E sostiene di poter marciare con 25 mila dei suoi uomini anche su Mosca pur di ottenere la rimozione del ministro della Difesa russo Sergei Shoigu e del capo di stato maggiore, Valery Gerasimov, che accusa di una “guida disastrosa” della guerra contro l’Ucraina. Della situazione in queste ore in Russia e sui possibili appoggi di cui Prigozhin potrebbe godere in patria e all’estero abbiamo parlato con l’analista Danilo Della Valle.
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PODCAST. Russia, prova di forza di Prigozhin. Chi ha dietro il capo della Wagner?


Il capo della milizia mercenaria è passato dalle parole ai fatti. Con i suoi uomini è avanzato su Rostov e afferma di essere in grado di andare anche su Mosca per rovesciare i suoi nemici. Della situazione in queste ore in Russia e sui possibili appoggi d

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di Michele Giorgio

Pagine Esteri, 24 giugno 2023 – La milizia Wagner ha “pugnalato la Russia alla schiena”. Con queste parole Vladimir Putin ha commentato in un discorso televisivo la più grande crisi interna che il presidente russo abbia dovuto affrontare da quando nel febbraio 2022 ha ordinato quella che ha descritto come una “operazione militare speciale” in Ucraina. Con una mossa a sorpresa, dopo settimane di accuse e critiche rivolte all’establishment politico-militare, pur senza accattare direttamente Putin, il capo e fondatore della Wagner, Evgenij Prigozhin, ha annunciato nelle scorse ore di aver preso il controllo del quartier generale delle forze armate russe nel centro di Rostov, capoluogo dell’omonima regione della Federazione Russa vicina all’Ucraina. E sostiene di poter marciare con 25 mila dei suoi uomini anche su Mosca pur di ottenere la rimozione del ministro della Difesa russo Sergei Shoigu e del capo di stato maggiore, Valery Gerasimov, che accusa di una “guida disastrosa” della guerra contro l’Ucraina. Della situazione in queste ore in Russia e sui possibili appoggi di cui Prigozhin potrebbe godere in patria e all’estero abbiamo parlato con l’analista Danilo Della Valle.
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Usa e Italia amici di vecchia di data. Crosetto incontra Austin


Un’amicizia speciale. È questo il legame che unisce il nostro Paese agli Stati Uniti, come ci ha tenuto a sottolineare il ministro della Difesa, Guido Crosetto, in visita ufficiale a Washington per incontrare il segretario alla Difesa americana, Lloyd Aus

Un’amicizia speciale. È questo il legame che unisce il nostro Paese agli Stati Uniti, come ci ha tenuto a sottolineare il ministro della Difesa, Guido Crosetto, in visita ufficiale a Washington per incontrare il segretario alla Difesa americana, Lloyd Austin. Dopo la nota di colore che ha visto Crosetto e Austin scambiarsi battute sulla reciproca altezza, i due si sono incontrati al Pentagono per parlare del rapporto bilaterale che unisce i due Paesi. Un vero e proprio “colloquio costruttivo a 360 gradi”, come lo ha definito Crosetto su Twitter. Sul tavolo diversi dossier, dalla rilevanza del Fianco sud della Nato, al Mediterraneo allargato, dai Balcani all’importanza dell’Africa, fino alla collaborazione bilaterale e multilaterale con alleati e partner.

La visita del ministro

Il ministro Crosetto ha innanzitutto ringraziato il suo omologo per i molti militari statunitensi dispiegati nel nostro Paese, i quali “fanno parte della nostra nazione come i nostri militari” e “fanno parte della nostra storia i tanti cimiteri di soldati americani in Italia”. E sono proprio questi soldati a ricordarci come “nella nostra lotta per diventare una democrazia e una Repubblica”, ha poi proseguito Crosetto. Proprio questa mattina inoltre, il ministro della Difesa italiana ha visitato il Cimitero militare di Arlington, creato durante la guerra di secessione. Una visita che ha lo ha “onorato” e lo ha colpito più di quanto si aspettasse. Per rendere omaggio ai caduti, Crosetto ha deposto una corona di fiori e, come ha riferito il ministero della Difesa, ha visitato “un locale museo che ripercorre i momenti salienti della storia americana e raccoglie gli omaggi dei rappresentanti delle Forze armate straniere che hanno visitato il cimitero”.

Una tradizione all’insegna della collaborazione

La cooperazione tra Italia e Stati Uniti ha radici nel passato e li vede ora uniti “da un legame speciale di amicizia”, come ha sottolineato Crosetto. Da oltre 70 anni i soldati americani vengono ospitati dal nostro Paese e non si può non far riferimento al fatto che, “gli Stati Uniti hanno giocato un ruolo fondamentale nella nostra lotta per diventare un democrazia e una repubblica, e il colloquio di oggi è una occasione per parlare di ciò che vogliamo continuare a fare insieme”, ha spiegato ancora il ministro italiano. “L’Italia è un alleato fondamentale sul fianco sud della Nato, apprezziamo il suo robusto contributo per la sicurezza nel mondo, in ambito Nato, Ue e Onu, con la partecipazione a molte missioni internazionali, dai Balcani all’Artico, dal Medio Oriente all’Africa e ora all’Indo-Pacifico”, ha poi spiegato Austin.

Il sostegno all’Ucraina

Parlando invece del coinvolgimento dei due Paesi a sostegno dell’Ucraina, il segretario Usa ci ha tenuto a evidenziare come “l’Italia non ha mai pensato un momento da che parte stare nel conflitto ucraino e continua a sostenere Kiev anche con governi diversi”. Infatti, fin dalle primissime fasi dell’invasione russa dello scorso 24 febbraio, l’Italia, di concerto con i Paesi alleati della Nato, non si sono mai tirati indietro nel fornire aiuti militari e umanitari al Paese aggredito. Per questo Austin ha ringraziato il nostro Paese per l’assistenza fornita in questi oltre 15 mesi di conflitto.


formiche.net/2023/06/crosetto-…



Riprendiamo la notizia di un attacco con droni turchi a Tirbespiy in cui hanno perso la vita il copresidente Yusra Darwish e il vicecopresidente Leman Shweish d


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Rilascio di Lemmy v0.18.0: API HTTP anziché WebSocket, Autenticazione a due fattori, Emoji personalizzate e Web App progressiva!

@Che succede nel Fediverso?

Di seguito l'annuncio di @Dessalines



Query speed is Lemmy’s main performance bottleneck, so we really appreciate any help database experts can provide.


I have been pleading that Lemmy server operators install pg_stat_statements extension and share metrics from PostgreSQL. lemmy.ml/post/1361757 - a restart of PostgreSQL server is required for the extension to be installed. I suggest this be part of 0.18 upgrade. Thank you.


in reply to Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂

cercando di fare Login da Jerboa mi da errore, quanto passerà prima che feddit.it si aggiorni alla 0.18?
in reply to Ema_sideproject

É uscita Una nuova app per lemmy chiamata liftoff che mette il turbo a lemmy.

github.com/liftoff-app/liftoff

Non so se è dart/flutter che è più veloce di kotlin o se è solo scritta meglio di jerboa

Questa voce è stata modificata (2 anni fa)
in reply to suoko

Ricorda molto Lemmur o sbaglio? Sembrerebbe quasi un fork...
Ben fatta comunque!

EDIT:
è effettivamente basata su Lemmur, sul sito non c'è scritto ma nelle info dell'app sì 😅

Questa voce è stata modificata (2 anni fa)


Rifondazione Comunista aderisce e invita a partecipare domani sabato 24 alle due manifestazioni nazionali che si terranno a Roma. Al mattino saremo alla manife


Il Pd di Elly Schlein parla di pace ma invia le armi, domani sarà in piazza con Cgil ma chiede di ratificare il Mes. Ancora una volta, come siamo abituati da


Sfruttamento del lavoro, paghe da fame e ricattabilità delle lavoratrici e dei lavoratori si accompagnano il più delle volte a forme di illegalità Lo diciamo


GERUSALEMME. Fissata per il 28 giugno l’espulsione della famiglia palestinese Sub Laban


I due anziani palestinesi rischiano lo sgombero dalla loro abitazione in affitto protetto dal 1953 per far posto a coloni israeliani. Decine di attivisti li proteggono presidiando la casa L'articolo GERUSALEMME. Fissata per il 28 giugno l’espulsione dell

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testo e foto di Michele Giorgio

Pagine Esteri, 23 giugno 2023 – Nora e Mustafa Sub Laban, 68 e 73 anni, rischiano tra il 28 giugno e il 13 luglio di essere sgomberati con la forza dalla polizia dall’abitazione nella città vecchia di Gerusalemme in cui vivono in affitto protetto dagli anni ’50, per far posto a una famiglia di coloni israeliani. Le autorità israeliane hanno spostato in avanti la data dello “sfratto” fissata inizialmente per l’11giugno dopo la sentenza di una corte israeliana. È una vicenda che va indietro di decenni, addirittura dal 1978, ma che soprattutto dopo il 2001 ha visto i Sub Laban combattere nei tribunali israeliani contro l’accusa di non aver vissuto in modo continuativo nella casa.

«Mia madre affittò questa casa nel 1953, dalle autorità giordane che allora controllavano la zona araba di Gerusalemme», racconta Nora. «In questa casa ci sono nata e ho continuato a viverci assieme a mio marito e ai miei figli in affitto protetto», aggiunge facendo riferimento alla condizione in cui si trovano tante famiglie palestinesi residenti all’interno delle mura antiche a Gerusalemme Est occupata da Israele nel 1967. Garantite per decenni da intese tra Israele, Giordania e Nazioni Unite, ora si sentono indifese.

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Il presidio degli attivisti sotto la casa dei Sub Laban

Da due settimane attivisti palestinesi, internazionali e israeliani mantengono un presidio sotto l’abitazione sperando di impedire, con la loro presenza, l’intervento della polizia. In questi giorni rappresentanti dell’Ue e dell’Onu e Luisa Morgantini, ex vicepresidente dell’Europarlamento, nonché delegazioni locali e internazionali, hanno visitato la coppia a rischio di espulsione. «Contro di noi sono state intentate cinque azioni legali sin dagli anni ‘80» spiega Nora. «I nostri avvocati – continua – hanno ribadito la validità dell’affitto protetto ma gli israeliani non vogliono rispettare quelle intese e affermano che non siamo stati sempre qui. Non è vero».

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Nora Sub Laban

I Sub Laban resistono ma intorno diversi appartamenti hanno già visto andare via famiglie palestinesi che ci vivevano da molti anni per fare posto a nuovi «inquilini» di «società immobiliari» e «fondazioni» che hanno già preso diverse case in affitto protetto. L’ong Ir Amin riferisce che il problema degli sgomberi di famiglie palestinesi a Gerusalemme Est non è raro e non solo nella città vecchia. Diverse organizzazioni israeliane di destra operano per entrare in possesso case e edifici nei quartieri musulmano e cristiano, avviando procedimenti legali contro chi ci vive. Ci sono 16 casi di sfratto pendenti a Gerusalemme, cinque nella città vecchia. Un caso particolare è quello di 28 case palestinesi nel quartiere di Sheikh Jarrah costruite su terreni che, secondo i giudici israeliani, appartenevano ad ebrei prima del 1948 e che sarebbero poi stati acquisiti da società ed associazioni, come Elad e Ataret Cohanim, legate alla destra religiosa. Ai palestinesi invece non è permesso reclamare le loro proprietà – un patrimonio immenso – confiscate dallo Stato di Israele dopo il 1948.

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Luisa Morgantini e Nora Sub Laban

Ad alta tensione è anche il quartiere palestinese di Silwan, in cui i coloni israeliani negli ultimi 30 anni hanno occupato diverse abitazioni palestinesi e costruito una ampia “area archeologica biblica”, la Città di Davide, effettuando anche scavi sotterranei. L’amministrazione comunale israeliana inoltre afferma di voler abbattere una ottantina di case edificate senza i permessi edilizi. I palestinesi replicano che ottenere le autorizzazioni del Comune per le nuove costruzioni a Gerusalemme è – per motivi politici – particolarmente arduo e costoso e di essere, pertanto, costretti ad edificare senza permesso.

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#laFLEalMassimo – Episodio 98 – Imprese e Cervelli in Fuga


Questa rubrica ribadisce in apertura il sostegno alla causa del popolo Ucraino ingiustamente invaso dalla Russia e ribadisce Si licet magnis componere Parva che la rilevanza di questa tragedia umanitaria per gli equilibri sociopolitici mondiali si sono pr

Questa rubrica ribadisce in apertura il sostegno alla causa del popolo Ucraino ingiustamente invaso dalla Russia e ribadisce Si licet magnis componere Parva che la rilevanza di questa tragedia umanitaria per gli equilibri sociopolitici mondiali si sono pronunciati banchieri centrali di oggi e di ieri come Visco e Draghi.

Di recente si è discusso della possibilità che la Brembo, una importante azienda italiana che produce impianti frenanti, possa trasferire la propria sede legale nei Paesi Bassi come peraltro hanno fatto in passato altri nomi importanti.

L’elemento di attenzione è che la sede fiscale dell’impresa rimarrebbe in Italia, così come le azioni continuerebbero ad essere quotate alla borsa di Milano.

La nota dolente è che si tratta dell’ennesima conferma di quanto il nostro apparato giuridico e istituzionale sia inadeguato alla presenza di grandi imprese multinazionali. Non si può gridare con demagogia alla fuga dalla tasse, ma occorre prendere atto che si tratta di una scelta strategica per non sacrificare le aspirazioni globali di una grande impresa italiana.

Siamo dunque un paese dal quale oltre ai cervelli in fuga, che si spostano alla ricerca di ambienti più fertili e meritocratici, anche le aziende più innovative e vocate all’eccellenza sono costrette a uscire se vogliono perseguire l’obiettivo concreto di sviluppare il proprio potenziale.

I problemi dalle distorsioni del sistema giuridico alle inefficienze della pubblica amministrazione sono ampiamente noti, come sono note le soluzioni e le riforme necessarie. Possiamo chiederci per quanto ancora competenze, capitali, energie individuali dovranno defluire dal nostro paese prima che ci si renda conto che sono questi oggi i fattori determinanti la ricchezza delle nazioni e che, in mancanza di una drastica inversione di tendenza ci attende un futuro di povertà e arretratezza rispetto ai paesi a noi comparabili.

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Rubrica #laflealmassimo

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Riprende il viaggio di #NoiSiamoLeScuole, che questa settimana racconta l’IC “Manzoni” di Bovisio Masciago, in provincia di Monza e Brianza.


PaurOso


In Italia i poveri sono notevolmente diminuiti e anche la distanza reddituale fra chi guadagna di più e chi di meno. Siccome questa affermazione – che non teme smentite dai dati ufficiali, regolarmente raccolti con metodologie che si usano in tutta Europa

In Italia i poveri sono notevolmente diminuiti e anche la distanza reddituale fra chi guadagna di più e chi di meno. Siccome questa affermazione – che non teme smentite dai dati ufficiali, regolarmente raccolti con metodologie che si usano in tutta Europa – fa a pugni con la percezione di molti e con le propagande di informatori e politici, vale la pena di prestare attenzione e cercare di capire cosa generi sentimenti così negativi.

Dobbiamo a Marco Fortis, Fondazione Edison, il lavoro di scavo in dati già pubblici ma non pubblicati (si trovano su “Il Sole 24 Ore” di ieri). Nel senso che quando sono negativi vengono urlati – magari senza essere spiegati – mentre quando dicono altro li si trascura, commettendo un doppio errore, di raffigurazione e di indirizzo.

Secondo i dati diffusi dall’Istat, il 20,1% degli italiani è a rischio povertà. Una condizione nella quale ci si trova quando si consuma meno del 60% dei consumi mediani (che sono inferiori a quelli medi). Considerato che in quei consumi ci sono anche le vacanze, risulta evidente che un povero nell’Italia di oggi è più ricco di un povero degli anni Cinquanta. Ma se quello è il “rischio”, andiamo a vedere i dati di quanti si trovano in “severa deprivazione materiale e sociale”, ovvero i calcolati come già poveri (sono tali quanti non sono in grado di soddisfare almeno 7 di 13 bisogni basici, fra i quali c’è una cena fuori casa la settimana, la connessione Internet a casa e il potere svagarsi fuori casa e a pagamento). Ebbene: sono diminuiti moltissimo, passando fra il 2015 e oggi dal 12 al 4,5% degli italiani. In Francia e in Germania sono cresciuti, collocandosi rispettivamente al 7,5 e al 6,1%. Tale risultato si è forse ottenuto con politiche di sostegno o assistenza? No, con la crescita dell’occupazione e della produzione. Il mercato è stato più “sociale” della politica. In quanto alla distanza fra redditi alti e bassi – che in tutto il mondo si misura con il coefficiente di Gini (uno statistico italiano) – è diminuita, non aumentata. Tenuto presente che in Italia era già bassa. Non siamo mica gli Usa e molti di quelli che parlano della distanza cresciuta hanno in mente i miliardari americani.

E allora, va tutto bene? Viviamo nel migliore dei mondi? Questo è l’approccio retorico di chi non ha nulla da dire se non lamentare e dolere. No, non va tutto bene e per diverse ragioni. Intanto perché in un Paese che cresce più velocemente le distanze reddituali aumentano e non è un male. Poi perché si fa comunicazione e politica mescolando impoverimento e povertà, che non sono affatto la stessa cosa (posso essere impoverito e restare benestante). Se non si parte dalla realtà reale e anche dai miglioramenti non si saprà mai cosa funziona e perché, cosa non funziona e va cambiato. Se la raffigurazione è soltanto negativa serve esclusivamente a spendere di più, ovvero a sperperare i soldi dei contribuenti.

E poi c’è un nodo: l’inflazione erode il potere d’acquisto, mentre i redditi (mediamente) non crescono. Ciò comporta che il ceto medio che si trova poco al di sopra della povertà cominci a coltivare la paura di scivolare in basso. Questo è il sentimento spaventoso, che può diventare assai nocivo, specie se alimentato con conferme che non sono reali. Come trovarsi in un reparto ospedaliero in cui si diffonde la notizia del moltiplicarsi dei morti, mentre non viene detta una parola sui dimessi: per forza che hai paura.

Non si tratta di usare il colore rosa o il nero, men che meno l’essere filo o contro chi governa. Se si trucca la percezione della realtà non si racconta cosa serva a scacciare la paura: scuola meritocratica, che riscatti chi è in coda alla società; elasticità nel mondo del lavoro, per entrarci assai più numerosi; meno fisco e previdenza, destinati a pagare privilegi e rendite altrui. E l’occasione c’è, ora, con i fondi europei Ngeu. È il tempo di saper osare, anziché sprecarlo a consolare e promettere come risolutivo un assistenzialismo che è impoverente e debilitante.

La Ragione

L'articolo PaurOso proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Laura Tussi*   Uno dei temi più sottaciuti del conflitto ucraino è quello che riguarda l'obiezione di coscienza al servizio militare che, da una parte


In Cina e Asia – Esplosione in un ristorante: Xi chiede revisione sulla sicurezza


In Cina e Asia – Esplosione in un ristorante: Xi chiede revisione sulla sicurezza esplosione
I titoli di oggi:

Esplosione in un ristorante: Xi chiede indagini
Biden: "Xi dittatore", la Cina protesta
Li Qiang in Francia: raggiunto accordo sul debito dello Zambia
Great Firewall: I netizen cinesi trovano rifugio nell'americana Reddit

Caldo record a Pechino: il termometro supera i 40°
India-Stati Uniti: alleanza "più forte di sempre", firmati accordi tecnologici e militari
La Cina diventa la prima destinazione dell'export sudcoreano

L'Italia manda prima nave militare in Giappone
Malesia: approvata depenalizzazione del suicidio

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