Il presidente della Fondazione Einaudi ospite di Prato Riparte – notiziediprato.it
L’appuntamento è per lunedì prossimo all’ex chiesino di San Giovanni. L’avvocato Giuseppe Benedetto presenterà il suo libro “Non diamoci del tu. La separazione delle carriere”
I vertici della Fondazione Luigi Einaudi a Prato, ospiti del laboratorio politico Prato Riparte. Nuovo evento organizzato nell’ex chiesino San Giovanni per lunedì 23 gennaio alle ore 19, ed è un nuovo evento che alza il tiro del laboratorio che porta in città il presidente della Fondazione Einaudi, l’avvocato Giuseppe Benedetto che presenterà il suo libro “Non diamoci del tu – La separazione delle carriere” con prefazione dell’attuale Ministro della Giustizia Carlo Nordio. E con lui ci saranno Andrea Cangini, Benedetta Frucci e Marco Mariani, rispettivamente Segretario generale, membro del Comitato scientifico e Direttore affari Europei della stessa Fondazione Einaudi. E’ opportuno ricordare che la Fondazione Luigi Einaudi è il centro di ricerca che promuove la conoscenza e la diffusione del pensiero politico liberale. E’ stata costituita nel 1962 da Giovanni Malagodi. Come vision si impegna perché ogni cittadino sia in condizione di vivere, di crescere, di rapportarsi con gli altri e di prosperare in pace, attraverso il riconoscimento delle diversità, la difesa delle libertà individuali e della dignità umana, la promozione del confronto libero e costruttivo sui fatti e le idee. Come mission ha quella di promuove il liberalismo per elaborare risposte originali alla complessità dei problemi contemporanei legati alla globalizzazione e alla rapida evoluzione tecnologica, al fine di favorire le Libertà individuali e la prosperità economica.
Proprio la settimana scorsa l’avvocato Giuseppe Benedetto, insieme ad Alessandro De Nicola, Oscar Giannino e Sandro Gozi, è stato tra gli organizzatori dell’iniziativa Costituente Libdem, tenutasi a Milano nell’auditorium San Fedele, con l’incontro dal titolo “Le sfide della liberaldemocrazia in Europa. Come rafforzare Renew Europe e Partito democratico europeo”. Un evento al quale hanno partecipato i leader dei principali partiti italiani che rientrano nel campo liberale riformista, a cominciare da Carlo Calenda e Matteo Renzi, rispettivamente segretari di Azione e Italia Viva ma che ha visto anche le presenze di Benedetto Della Vedova (Più Europa), Giulia Pastorella, Maria Stella Gelmini, Marco Cappato e molti altri esponenti del mondo della politica, delle istituzioni, dell’università e della cultura. Un evento che, riportato su un piano nazionale, altro non è stato che una riproposizione in grande di quello che Prato Riparte sta portando avanti da quasi due anni in città.
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Separazione delle carriere, ecco il dibattito – lanazione.it
Lunedì i vertici della Fondazione Einaudi all’ex chiesino di San Giovanni. Iniziativa di Prato riparte
Si parlerà della separazione delle carriere nel sistema giudiziario lunedì prossimo, 23 gennaio, all’ex chiesino di San Giovanni.
L’occasione è data dall’iniziativa promossa dal laboratorio politico Prato Riparte, che ha invitato in città i vertici della Fondazione Luigi Einaudi. Stiamo parlando del centro di ricerca che promuove la conoscenza e la diffusione del pensiero politico liberale. L’appuntamento sul
retro del Castello dell’Imperatore è per le 19. Presente il presidente della Fondazione Einaudi, l’avvocato Giuseppe Benedetto che presenterà il suo libro «Non diamoci del tu – La separazione delle carriere» con prefazione dell’attuale ministro della Giustizia Carlo Nordio.
Ad affiancare Benedetto ci saranno Andrea Cangini, Benedetta Frucci e Marco Mariani, rispettivamente segretario generale, membro del
comitato scientifico e direttore affari europei della stessa Fondazione. A moderare il dibattito saranno i giornalisti Nadia Tarantino
di Notizie di Prato e Pasquale Petrella de Il Tirreno.
La Fondazione Einaudi è stata costituita nel 1962 da Giovanni Malagodi e da decenni si impegna affinché ogni cittadino sia in condizione di vivere, di crescere, di rapportarsi con gli altri e di prosperare in pace, attraverso il riconoscimento delle diversità, la difesa delle libertà individuali e della dignità umana, la promozione del confronto libero e costruttivo sui fatti e le idee. Prato Riparte nell’annunciare la serata sottolinea come il laboratorio politico abbia «alzato il tiro» nel livello delle iniziative organizzate. E ricorda come proprio la settimana scorsa l’avvocato Giuseppe Benedetto sia stato tra gli organizzatori dell’iniziativa «Costituente Libdem». Un incontro al quale hanno partecipato
alcuni leader politici del campo liberale riformista.
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Il Presidente dell’Eritrea Potrebbe Andare a San Pietroburgo per il vertice Russia-Africa
Un vertice Russia-Africa si terrà a San Pietroburgo nel luglio 2023. Uno dei partecipanti all’evento potrebbe essere il presidente dell’Eritrea, Isaias Afework. Lo ha detto l’ambasciatore del Paese presso la Federazione Russa Petros Tseggai.
Petros Tseggai ha detto che stava cercando di convincere il capo dello stato a prendere parte al vertice sul territorio della Federazione Russa. Ha dichiarato che farà di tutto per convincere il presidente dell’Eritrea a partecipare all’evento. Tuttavia, secondo lui, fare “non è facile”. Lo riporta RIA Novosti.
Si sa che è previsto l’arrivo a San Pietroburgo di una delegazione dall’Eritrea. Tuttavia, la composizione dei partecipanti rimane sconosciuta. Inoltre non è stato divulgato il formato in cui sarà presentato.
In precedenza, Neva.Today ha riferito che Ashgabat celebra il 31° anniversario dell’indipendenza del Turkmenistan. All’evento ha partecipato una delegazione della capitale del Nord.
FONTE: neva.today/news/2023/1/8/41221…
Il Dittatore Eritreo Emerge Come il Più Grande Vincitore del Corno d’Africa Dopo la Guerra in Etiopia
Mentre il fumo si dirada dalla catastrofica guerra di due anni nel nord dell’Etiopia, uno dei dittatori più spietati del mondo sta consolidando la sua posizione di forza dominante nel Corno d’Africa.
Il suo paese può essere piccolo e impoverito, ma il presidente eritreo Isaias Afwerki ha sfruttato la guerra per estendere la sua influenza militare in tutta la regione, assumendo un ruolo di re nella vicina Etiopia ed espandendo le sue alleanze in Somalia e in altri paesi del Corno.
Il signor Isaias ha una presa così stretta sull’Eritrea che non ha permesso una sola elezione durante i 30 anni dalla sua indipendenza. Il suo paese è spesso descritto come “la Corea del Nord dell’Africa” a causa della sua segretezza, del suo governo individuale, dell’intolleranza al dissenso e della detenzione di migliaia di prigionieri politici.
Testimoni hanno riferito a The Globe and Mail che le truppe eritree rimangono una presenza aggressiva nella regione del Tigray, nel nord dell’Etiopia, attaccando e saccheggiando i civili a dispetto di un accordo di pace di novembre che richiede il ritiro di tutte le forze straniere. L’Eritrea ha anche stretto legami con le milizie di etnia Amhara – attori chiave in Etiopia – e con il governo della Somalia, che ha inviato migliaia delle sue truppe in Eritrea per l’addestramento.
Nonostante la sua piccola popolazione di soli cinque milioni, rispetto ai 120 milioni dell’Etiopia, l’Eritrea esercita un’influenza enorme nel Corno perché Isaias non ha mai esitato a usare il suo vasto esercito – sostenuto da un sistema di coscrizione a lungo termine indefinito – per proiettare il potere fuori dai suoi confini.
Un operatore umanitario del Tigray ha dichiarato a The Globe di aver recentemente visto i soldati eritrei scavare trincee fuori dalla città di Adigrat, segno che non hanno intenzione di andarsene. Ha nominato 16 città nel Tigray dove le truppe eritree sono ancora attive. (The Globe non lo sta identificando perché è a rischio di punizione per i suoi commenti.)
“Gli sfollati ad Adigrat dicono che ci sono saccheggi e atrocità senza precedenti”, ha detto l’operatore umanitario. “Gli agricoltori vengono traumatizzati, uccisi e rapiti dai soldati eritrei. Una donna di 23 anni dell’ospedale di Adigrat mi ha raccontato di essere stata stuprata da cinque soldati eritrei».
Un rapporto del 30 dicembre di un comitato di organizzazioni di soccorso e funzionari nel Tigray afferma che le forze eritree ei loro alleati Amhara hanno ucciso più di 3.700 civili da quando è stato firmato l’accordo di pace.
Nel primo anno della guerra del Tigray, il governo etiope non è stato in grado di sconfiggere le forze del Tigray, che hanno contrattaccato così ferocemente che nel 2021 sono state in grado di marciare verso la capitale dell’Etiopia, Addis Abeba. Ciò ha lasciato l’Etiopia sempre più dipendente dall’Eritrea, specialmente durante un’offensiva finale dei loro eserciti combinati lo scorso agosto che ha catturato diverse città tigrine, costringendo i leader tigrini ad accettare un cessate il fuoco e il disarmo.
In preparazione dell’offensiva, l’Eritrea ha lanciato una massiccia campagna di coscrizione e poi ha permesso alla Forza di difesa nazionale etiope, o ENDF, di schierare dozzine di divisioni dell’esercito all’interno dei suoi confini come base di sosta, secondo quanto riferito sotto il comando eritreo. L’Eritrea ha utilizzato l’artiglieria a lungo raggio e il fuoco dei carri armati per sostenere l’attacco.
Ciò ha lasciato il primo ministro etiope Abiy Ahmed profondamente in debito con Isaias e apparentemente incapace di costringere le truppe dell’Eritrea a lasciare l’Etiopia, anche se lo ha promesso dal 2021. Isaias non si è preoccupato di partecipare ai negoziati di pace tra i leader etiopi e tigrini, e ha ostentato il suo crescente potere semplicemente ignorando il recente accordo.
“Isaias ha un’enorme influenza su Abiy”, ha affermato l’analista del Corno d’Africa Alex de Waal in un commento pubblicato di recente.
“Tene in ostaggio diverse divisioni dell’ENDF in Eritrea, ha agenti in tutta l’Etiopia – compresi, si dice, i dettagli della sicurezza di Abiy – così come alleati nelle regioni di Amhara e Afar. … Nessuno si aspetta che l’Eritrea si ritiri volontariamente”.
Il signor Isaias, nel frattempo, è anche un mediatore di potere chiave in Sudan e Gibuti, dove usa i suoi legami di lunga data con i leader delle milizie e i gruppi ribelli per alimentare conflitti sporadici.
Le avventure militari dell’Eritrea hanno permesso a Isaisas di destabilizzare i suoi vicini, impedendo a chiunque di sfidare la sua preminenza a Horn, dicono gli analisti.
“Interferendo in Gibuti, Etiopia, Somalia e Sudan, Isaias cerca di diventare l’egemone regionale”, ha scritto l’ex inviato speciale degli Stati Uniti per il Corno d’Africa, Jeffrey Feltman, in un’analisi su Foreign Affairs alla fine del mese scorso.
In base agli ultimi accordi di cessate il fuoco, le forze straniere sono tenute a lasciare il Tigray contemporaneamente al disarmo delle forze del Tigray. La scorsa settimana gli abitanti del Tigray hanno iniziato a consegnare le loro armi pesanti all’esercito etiope sotto la supervisione di una squadra di monitoraggio della pace, ma la maggior parte delle truppe eritree è rimasta nel Tigray, nonostante alcuni trasferimenti.
Uno dei luoghi più colpiti è Irob, un distretto vicino al confine eritreo di circa 40.000 persone, principalmente persone Irob, una minoranza etnica all’interno del Tigray. Dozzine sono state uccise in un massacro dalle truppe eritree nel gennaio 2021. Oggi più della metà di Irob è occupata dalle forze eritree che bloccano gli aiuti umanitari e bloccano l’accesso ai mercati, secondo Irob Anina Civil Society, un’organizzazione Irob con sede in Canada.
“È un assedio totale”, ha detto Tesfaye Awala, canadese di Irob e attuale presidente dell’organizzazione della società civile.
“Non ci sono servizi essenziali di alcun tipo, comprese cliniche o scuole. Le truppe eritree fanno regolarmente irruzione nei villaggi, uccidendo, stuprando e saccheggiando. Mi sento così triste e d
evastato. Penso che il regime eritreo ritenga importante cancellare l’identità Irob”.
Approfondimenti:
- Etiopia, la zona di Irob in Tigray sotto il controllo delle forze eritree
- Tigray, rischiano di sparire le minoranze etniche Irob e Kunama
- Eritrea, appello di HRW sui diritti umani violati nel paese e nella guerra in Tigray
- Etiopia, nuovo scontro tra le forze governative ed eritree contro le forze di difesa del Tigray
- Etiopia, continuano violenze e abusi dell’Eritrea in Tigray nonostante l’accordo di Pretoria
- Etiopia, coinvolgimento dell’Eritrea nel nuovo fronte di guerra in Tigray
- Il Presidente dell’Eritrea Potrebbe Andare a San Pietroburgo per il vertice Russia-Africa
FONTE: theglobeandmail.com/world/arti…
CINA. Il Covid colpisce duro il paese ma l’economia riparte
di Michele Giorgio
(la foto è di Tim Dennell)
Pagine Esteri, 20 gennaio 2023 – Sono milioni i contagi in Cina che conta nell’ultimo mese decina di migliaia di morti per il Covid, cifre mai toccate durante la pandemia e risultato oltre che del fallimento della campagna vaccinale cinese anche della fine delle rigide restrizioni ai movimenti e contatti sociali imposte dalle autorità nei passati tre anni. Ma le riaperture allo stesso tempo rilanciando quella che è considerata l’economia motore del mondo. Dopo il netto arretramento registrato nel 2022, quest’anno gli indici economici cinesi segneranno livelli di crescita significativi. Ne abbiamo parlato con Michelangelo Cocco*, giornalista a Shanghai e analista del Centri Studi sulla Cina Contemporanea.
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*Giornalista professionista, China analyst, scrivo per il quotidiano Domani. Ho pubblicato “Xi, Xi, Xi – Il XX Congresso del Partito comunista e la Cina nel mondo post-pandemia (Carocci, 2022), e “Una Cina perfetta – La Nuova era del Pcc tra ideologia e controllo sociale (Carocci, 2020). Habitué della Repubblica popolare dal 2007, ho vissuto a Pechino nel 2011-2012, corrispondente per il quotidiano il manifesto nello scoppiettante e nebbioso crepuscolo della tecnocrazia di Hu Jintao & Co. Sono rientrato in Cina nel gennaio 2018, anno I della Nuova era di Xi Jinping, quella in cui il Partito-Stato regalerà a tutti “una vita migliore” e costruirà “un grande paese socialista moderno”. Racconto storie, raccolgo dati e cito fatti evitando di proiettare le mie ansie e le mie (in)certezze su un popolo straordinario che se ne farebbe un baffo.
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Etiopia: dopo 600 mila morti una pace molto fragile
di Marco Santopadre*
Pagine Esteri, 19 gennaio 2023 – Probabilmente, un bilancio esatto delle vittime del conflitto che ha insanguinato il nord dell’Etiopia negli ultimi due anni non sarà mai disponibile. Ma quelli forniti finora da diverse fonti parlano tutti di alcune centinaia di migliaia di morti.
In un’intervista al “Financial Times”, ad esempio, il mediatore dell’Unione Africana sul conflitto in Tigray, l’ex presidente nigeriano Olusegun Obasanjo, afferma che in due anni di guerra potrebbero essere morte fino a 600 mila persone.
Obasanjo ha ricordato che lo scorso 2 novembre, quando a Pretoria i funzionari etiopi hanno firmato un accordo di pace con i rappresentanti della guerriglia tigrina, i partecipanti alle trattative hanno parlato di una media di mille morti al giorno nei due anni di scontri tra l’esercito federale di Addis Abeba – e le milizie regionali alleate – e le forze del Fronte di Liberazione del Popolo Tigrino (Tplf).
«Sulla base dei rapporti dal campo, il numero di morti potrebbe essere compreso tra 300 mila e 400 mila solo tra le vittime civili causate dalle atrocità, dalla fame e dalla mancanza di assistenza sanitaria» ha detto sempre al “Financial Times” Tim Vanden Bempt, membro del gruppo di ricercatori attivo all’Università belga di Gand che indaga sulle conseguenze del conflitto.
Due anni di guerra e centinaia di migliaia di vittime
I combattimenti hanno avuto inizio il 4 novembre 2020, quando il primo ministro federale Abiy Ahmed ordinò l’intervento delle truppe etiopi contro le milizie del governo regionale del Tigray che poche ore prima avevano assaltato alcune caserme. A fianco di Ahmed – riconfermato nonostante la scadenza del suo mandato dopo la sospensione delle elezioni legislative a causa della pandemia – si schierarono anche le truppe dell’Eritrea e le milizie di alcuni stati regionali etiopi, come l’Amhara. Al fianco del TPLF – che aveva a lungo gestito il potere a livello federale prima di essere estromesso dalla corrente panetiopista capeggiata da Ahmed – si è schierato invece l’Esercito di Liberazione Oromo, che pur rappresentando l’etnia alla quale appartiene il primo ministro si batte per l’autodeterminazione del proprio territorio.
Per alcuni mesi sembrò che le truppe federali e gli eritrei – nemici storici di Addis Abeba prima che nel 2018 Ahmed siglasse la pace con il regime di Asmara aggiudicandosi un Nobel per la Pace – fossero in grado di sbaragliare le forze ribelli. Ma poi un’offensiva congiunta di tigrini e Oromo ha inflitto cocenti sconfitte alle truppe federali tanto che ad un certo punto i ribelli sembravano in grado di conquistare addirittura la capitale federale dopo aver conquistato ampie porzioni dell’Amhara e dell’Afar, nel centro-nord del paese.
L’Etiopia cerca nuovi alleati
Mentre Usa e Ue, ex sostenitori di Addis Abeba, imponevano sanzioni all’Etiopia, in soccorso di Abiy Ahmed si sono schierati Cina, Turchia, Russia, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi, fornendo armi, supporto diplomatico e ingenti prestiti. Nel luglio 2021 l’Etiopia ha firmato con Mosca un accordo che impegna la Russia a fornire addestramento e tecnologie d’avanguardia per riorganizzare l’esercito di Addis Abeba. In cambio Mosca ha ottenuto un trattamento di favore nell’acquisizione di licenze per estrazioni minerarie ed energetiche.
Negli ultimi anni Ahmed ha rafforzato molto il legame con Pechino, che ha nel frattempo finanziato e realizzato decine di opere pubbliche e infrastrutture nel paese, compreso il treno che collega la capitale etiope con Gibuti, preso più volte di mira dal Tplf, e la Grande Diga della Rinascita.
Nei giorni scorsi, il ministro degli Esteri cinese Qin Gang, nell’ambito di un lungo tour africano, ha firmato con l’omologo etiope Demeke Mekonnen diversi accordi bilaterali, tra i quali la cancellazione di una porzione consistente del debito etiope con Pechino (negli ultimi 10 anni la Cina ha prestato ad Addis Abeba 14 miliardi). Pechino ha confermato l’impegno per la realizzazione del Centro Africano per il controllo e la prevenzione delle malattie (Africa Cdc, l’agenzia sanitaria dell’Unione Africana), la cui sede – interamente finanziata dalla Cina con 80 milioni – sorgerà ad Addis Abeba.
Sono stati soprattutto i droni da bombardamento ricevuti dagli alleati – i cinesi Wing Loong 2, i turchi Bayraktar Tb2 e gli iraniani Mujaher-6 – a permettere alle truppe federali di infliggere dure sconfitte al Tplf costringendolo ad arroccarsi nel Tigray e a dichiarare un cessate il fuoco unilaterale. Le forze federali hanno ampiamente fatto ricorso ai bombardamenti indiscriminati sulle città tigrine, colpendo duramente la popolazione già stremata.
Una pace molto fragile
Una lunga e difficile trattativa, mediata dall’Unione Africana, ha finalmente portato alla firma del cessate il fuoco e alla stesura di un’agenda condivisa per un ritorno alla normalità.
Nelle ultime settimane sono stati indubbiamente fatti dei passi avanti. Ieri, ad esempio, le truppe federali sono entrate ad Adigrat, a lungo controllata dal Tplf. Nei giorni scorsi, invece, sono state le milizie amhara a ritirarsi da Scirè, nel Tigray occidentale, ottemperando agli impegni assunti in sede negoziale. Già a fine dicembre la polizia federale etiope era tornata a schierarsi a Mekelle, la capitale del Tigray, dopo due anni di assenza.
Il 10 gennaio, poi, le forze tigrine hanno iniziato a consegnare le armi pesanti sotto il monitoraggio di un apposito team dell’Unione Africana istituito grazie all’accordo raggiunto dalle parti a Nairobi lo scorso 22 dicembre. Il team, in coordinamento con i rappresentanti dei due schieramenti e l’Autorità Intergovernativa per lo Sviluppo (Igad, che riunisce 8 paesi del Corno d’Africa) è incaricato di monitorare l’applicazione dell’accordo di cessazione delle ostilità e di segnalare ritardi e violazioni.
Nel frattempo, la ministra della Salute Lia Tadesse ha annunciato la riattivazione delle strutture sanitarie distrutte o paralizzate dal conflitto, la distribuzione dei medicinali salvavita e l’avvio delle vaccinazioni contro il morbillo. Anche gli aeroporti di Mekelle e Scirè sono stati riaperti ed alcuni voli hanno riportato nella regione alcuni degli abitanti che erano dovuti fuggire a causa dei combattimenti o delle persecuzioni.
Guerriglieri del Fronte di Liberazione del Popolo Tigrino
Disastro umanitario
Nella regione stanno arrivando anche, seppure a rilento, gli aiuti internazionali destinati alla popolazione, in precedenza bloccati quasi completamente dal governo federale.
Nel Tigray «si stima che 9 persone su 10 abbiano bisogno di assistenza umanitaria e 400mila circa siano vittime di una pesante carestia aggravata dal fatto che l’arrivo di aiuti umanitari è ancora limitato» scrive in un rapporto il Consiglio dell’Onu per i Diritti Umani.
La siccità, oltre alla paralisi dell’economia locale, alla distruzione di molte infrastrutture e all’abbandono dei campi da parte degli sfollati, hanno causato in Tigray un vero e proprio disastro umanitario. Anche in altre regioni aride del paese, nel sud, le cose non vanno meglio: secondo Save the Children, attualmente 12 milioni di persone (su 115 milioni di abitanti totali) patirebbe la fame e 4 milioni di bambini sarebbero malnutriti.
L’incognita eritrea
Quella raggiunta il 2 novembre a Pretoria rischia di essere una pace incerta e provvisoria.
L’incognita maggiore è rappresentata dalla presenza in Tigray delle truppe eritree, negata per mesi sia da Abiy Ahmed sia dal dittatore di Asmara Isaias Afewerki, prima che la presenza di almeno metà dell’esercito del piccolo paese – resosi indipendente da Addis Abeba nel 1993 dopo una sanguinosa guerra durata due decadi – diventasse troppo ingombrante per continuare a nasconderla.
L’Eritrea rappresenta il “convitato di pietra” dell’accordo di cessate il fuoco permanente – alla quale non ha preso parte – e l’atteggiamento di Afewerki potrebbe rappresentare un ostacolo non secondario alla normalizzazione della situazione. Finché tutte le truppe eritree non avranno abbandonato il territorio tigrino, infatti, le milizie del Fronte di Liberazione difficilmente potranno disarmare. Al momento, il Tplf manterrebbe 20 mila miliziani armati schierati nelle zone di confine del Sudan.
Secondo Obasanjo e vari testimoni sul campo, gli eritrei avrebbero cominciato a rientrare lentamente in patria abbandonando ad esempio Axum e Scirè.
Ma ancora a gennaio il Centro di Coordinamento regionale per le emergenze – un gruppo di organizzazioni attive nel Tigray – ha denunciato le ennesime atrocità commesse dalle forze di Asmara contro i civili tigrini e contro gli oppositori di Afewerki che si erano rifugiati nella regione al confine con l’Eritrea.
Nei giorni scorsi molti dei 16 mila tigrini ospitati nel campo di Um Rakuba, nel Sudan orientale, hanno denunciato di non poter tornare a casa perché il loro territorio, nel Tigray occidentale, è occupato dalle milizie e da coloni Amhara o da soldati eritrei.
Secondo fonti tigrine citate dall’Avvenire, alla fine di novembre le truppe eritree avrebbero ucciso «3000 persone in una località a pochi km da Adua, 78 ad Adiabo e 85 nella provincia di Irob».
Nella regione, accusano sempre fonti tigrine, circa 120 mila donne sarebbero state violentate dai soldati etiopi ed eritrei e dai miliziani Amhara. Anche i guerriglieri del Tplf, però sono stati spesso accusati di atrocità nei confronti delle popolazioni delle regioni occupate durante l’offensiva contro Addis Abeba.
Difficilmente Afewerki – che arma milizie tigrine opposte al Tplf – rinuncerà a indebolire ulteriormente il Fronte Popolare di Liberazione del Tigray, che guidava l’Etiopia durante la guerra per l’indipendenza dell’Eritrea.
Anche se finora ha rappresentato un utile alleato del leader etiope, il regime di Asmara potrebbe tentare di rimanere nel Tigray anche senza il consenso di Abiy Ahmed. Numerosi analisti si interrogano sull’effettiva capacità del governo etiope di costringere i combattenti eritrei ad andarsene. Ne potrebbero nascere nuovi scontri, questa volta tra i due paesi prima rivali e poi alleati.
Oppure, il premier etiope potrebbe tacitamente tollerare o addirittura sollecitare la permanenza delle truppe eritree in Tigray per garantirsi il controllo del territorio e al tempo stesso permettere all’esercito federale di concentrare le proprie forze contro la ribellione Oromo, che nelle ultime settimane sembra incendiarsi.
La ribellione Oromo
Mentre a nord si raffreddava il sanguinoso conflitto con i tigrini, Abiy Ahmed ha lanciato un’offensiva su vasta scala per distruggere le milizie dell’Esercito di Liberazione Oromo, che si batte per l’autodeterminazione della regione più vasta e popolosa dello stato (gli Oromo sono circa il 40% della popolazione totale) e la cui insurrezione si è recentemente estesa grazie all’indebolimento delle forze federali impegnate in Tigray. Anche in questo caso l’esercito federale sta facendo ampio uso dei droni sia contro le milizie dell’OLA che contro la popolazione civile. La stessa “Commissione per i diritti umani” di Addis Abeba ha documentato numerose esecuzioni sommarie compiute dalle truppe governative. D’altra parte l’OLA ha preso di mira gli Amhara che vivono nella regione mentre migliaia di Oromo sono stati cacciati o uccisi nelle regioni circostanti.
La situazione si sta «rapidamente deteriorando», ha avvisato l’agenzia di coordinamento degli aiuti dell’ONU. Centinaia di migliaia di persone hanno dovuto abbandonare le loro case e i servizi essenziali sono sospesi.
I rappresentanti Oromo che sostengono il governo federale chiedono ora al governo di implementare un accordo di pace simile a quello adottato per il Tigray, invocando la mediazione dell’Unione Africana, e accusano Abiy Ahmed di aver esacerbato le contraddizioni etniche nel paese. – Pagine Esteri
* Marco Santopadre, giornalista e scrittore, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria.
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L’Italia alla guerra in Ucraina. Crosetto: “Schiereremo scudo missilistico in Slovacchia”
AGGIORNAMENTO DI ANTONIO MAZZEO
Pagine Esteri, 14 gennaio 2023 – L’Esercito italiano schiererà in Slovacchia una batteria del sistema missilistico terra-aria SAMP-T di produzione italo-francese. Lo ha dichiarato in un’intervista all’agenzia ADNKronos il ministro della difesa Guido Crosetto. “Ho letto ricostruzioni giornalistiche, sul tema Samp-t, totalmente inventate; il Governo non ha ricevuto alcuna pressione da nessuno, in relazione agli aiuti all’Ucraina, tantomeno dagli Stati Uniti”, ha esordito Crosetto. “Nella telefonata odierna con il Segretario alla Difesa Lloyd J. Austin si è parlato del sistema che l’Italia fornirà per sostituire la batteria americana in Slovacchia”.
Nello specifico si tratterà di una batteria antiaerea/antimissile SAMP-T che rimpiazzerà la batteria di missili Patriot di US Army che verrà trasferita in Germania per essere sottoposta a manutenzione.
Il SAMP/T è stato sviluppato a partire dai primi anni 2000 nell’ambito del programma di cooperazione militare-industriale italo-francese FSAF (Famiglia di Sistemi Superficie Aria).
“Il SAMP/T nasce dall’esigenza di disporre di un sistema missilistico a media portata idoneo a operare in nuovi scenari operativi, prioritariamente caratterizzati da ridotti tempi di reazione contro la minaccia aerea ed elevata mobilità”, spiega lo Stato maggiore dell’Esercito. “L’attuale versione del SAMP/T ha capacità di avanguardia nel contrasto delle minacce aeree e dei missili balistici tattici a corto raggio”.
Il sistema missilistico è stato progettato e realizzato dal consorzio europeo Eurosam formato da MBDA Italia, MBDA Francia e Thales. Fa uso del missile Aster 30, dotato di un raggio d’azione di 100 km per l’intercettazione di aerei e 25 km per quella dei missili. Le batterie sono costituite da lanciatori con un numero variabile da 8 a 48 missili.
L’Esercito italiano ha in dotazione 5 batterie SAMP/T, operative dal 2013. Esse sono state impiegate fra il 2015 ed il 2016 a Roma per la sorveglianza dei cieli della Capitale in occasione del Giubileo Straordinario della Misericordia; contemporaneamente una seconda batteria ha operato in Turchia nell’ambito dell’operazione NATO “Active Fence” dal giugno 2016 al dicembre 2019, nei pressi della città di Kahramanmaras, sul confine sud-est dell’Alleanza Atlantica, “contro missili balistici tattici provenienti dal territorio siriano”.
Una batteria di missili terra-aria è attualmente schierata in Kuwait nell’ambito dell’Operazione “Inherent Resolve” a guida statunitense, contro le milizie dell’ISIS in territorio iracheno e siriano.
Con il trasferimento del SAMP/T in Slovacchia, le forze armate italiane portano a cinque le missioni in Europa orientale in ambito NATO dopo l’invasione russa dell’Ucraina del 24 febbraio 2022. Oggi i reparti di pronto intervento dell’Esercito sono presenti in Lettonia, Bulgaria e Ungheria, mentre 4 cacciabombardieri dell’Aeronautica Militare operano dalla base di Costanza, Romania. Pagine Esteri
LEGGI GLI APPROFONDIMENTI DI ANTONIO MAZZEO SULL’IMPEGNO ITALIANO NELL’EUROPA DELL’EST
pagineesteri.it/2023/01/10/in-…
pagineesteri.it/2023/01/11/in-…
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In Cina e Asia – Ambasciatore cinese a Bruxelles: le relazioni Cina-UE sono ancora "molto buone”
Ambasciatore cinese a Bruxelles: le relazioni Cina-UE sono ancora “molto buone”
Pechino mira ad attirare talenti e investitori stranieri nel settore dell’innovazione
La Cina crea un’app unificata per i servizi di mobilità e riabilita Didi Global
Tornano i supereroi Marvel e DC in Cina
I censori della rete dichiarano guerra alle "emozioni cupe"
Triplicato l'export cinese verso la Corea del Nord
La strategia “zero Covid” è costata al Guangdong 21,9 miliardi di dollari
Marcos a Davos: "nel Mar cinese meridionale è a rischio il commercio mondiale"
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#uncaffèconLuigiEinaudi ☕ – II nostro mondo moderno…
II nostro mondo moderno è indissolubilmente legato alla tecnica ed alle sue applicazioni pratiche
Dell’uomo, fine o mezzo, e dei beni d’ozio, «Rivista di storia economica», settembre-dicembre 1942
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A Davos il sostegno militare all’Ucraina, tra Nato e intelligence
Sostenere l’Ucraina “è anche nei nostri interessi”, ha dichiarato Avril Haines, direttrice dell’Intelligence nazionale degli Stati Uniti, intervenendo al World Economic Forum di Davos. “Il conflitto in Ucraina ha un impatto mondiale, un impatto economico e anche delle conseguenze sulla forza delle nostre alleanze e sulla capacità di dare risposte a future possibili crisi”, ha spiegato. Per Kyiv “sarà fondamentale continuare a ricevere armi” e “credo” che il presidente statunitense Joe Biden “continuerà a fornire armi”, ha aggiunto.
Parole pronunciate nel corso del dibattito “Ripristinare la sicurezza e la pace” al World Economic Forum di Davos (tra i partecipanti anche Richard Moore, capo di MI6, il sevizio d’intelligence britannico per l’estero). Sul palco il presidente polacco Andrzej Duda, le vicepremier Chrystia Freeland del Canada e Yuliia Svyrydenko dell’Ucraina e Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato. Quest’ultimo ha chiesto di aumentare l’invio di armi all’Ucraina in questo momento critico. “Le armi sono la via per la pace”, ha detto. “Ciò che accade intorno al tavolo dei negoziati dipende totalmente dalla forza sul campo di battaglia. E se vogliamo che l’Ucraina prevalga, allora ha bisogno della forza militare”, ha aggiunto descrivendo la guerra come “lotta per la democrazia”.
È “estremamente importante” che il presidente russo Vladimir Putin “non vinca questa guerra: sarebbe una tragedia per gli ucraini, ma anche molto pericoloso per tutti noi. Perché allora il messaggio ai leader autoritari, non solo a Putin, ma anche ad altri leader autoritari, è che quando usano la forza brutale, quando violano il diritto internazionale, ottengono ciò che vogliono”, ha dichiarato. “E questa sarebbe una lezione molto negativa e pericolosa. Renderebbe il mondo più pericoloso e noi più vulnerabili”, ha concluso.
Gli alleati ne parleranno domani quando si riunirà nuovamente nella base aerea americana di Ramstein, in Germania, l’Ukraine Defense Contact Group, il Gruppo di contatto per la difesa dell’Ucraina, promosso dal segretario alla Difesa americano, per favorire un confronto periodico e un raccordo tra i Paesi (oltre 40) che aderiscono alle iniziative di supporto alle Forze armate ucraine. Lì “decideremo insieme agli Alleati l’invio di ulteriori aiuti che, per la parte italiana, confluiranno in un eventuale sesto decreto”, ha dichiarato Guido Crosetto, ministro della Difesa, intervistato da Formiche.net nei giorni scorsi dopo una telefonata con l’omologo statunitense Lloyd Austin.
Restoring Security and Peace with @AndrzejDuda, @cafreeland, Avril Haines (@ODNIgov), @jensstoltenberg (@NATO), Yulia Svyrydenko (@mineconomdev) and @FareedZakaria (@CNN). #wef23 t.co/w7S6HK87Cz— World Economic Forum (@wef) January 18, 2023
Alla politica industriale servono gli Eurobond
Avviare la creazione di un Fondo sovrano europeo può essere, se non la soluzione definitiva, una tappa di avvicinamento verso un’Europa che ha finalmente come obiettivo quello di mettere in campo tutto il suo effettivo potenziale
Nessun Paese, nessuna nazione, riuscirà da sola a gestire le sfide di politica industriale che attendono l’Europa, stretta tra lo sforzo di Joe Biden di trasformare gli Usa in una grande superpotenza della sostenibilità e di Xi Jinping impegnato a non recedere dal piano di egemonia commerciale e di primazia nelle tecnologie. Il contraltare dello sforzo di oltre 400 miliardi di dollari degli Stati Uniti non può essere limitato a una deroga sull’uso degli aiuti di Stato. La capienza fiscale necessaria resterebbe appannaggio dei soliti noti (Germania e Francia) e finirebbe con l’esasperare le diseguaglianze competitive a tutto danno, alla fine, della competitività stessa dell’Europa, le cui catene del valore manifatturiero sono interconnesse più che mai.
Le sfide sono colossali come è quella di creare le gigafactory – in tempi brevi – per garantire la produzione di batterie al litio per le future auto elettriche o quella di realizzare gli insediamenti necessari a superare la dipendenza dalla Cina nella fabbricazione dei microchip. Per l’Europa sarà decisivo anche l’assetto finale delle reti, siano esse gasdotti (ma fino a quando si dovrà far conto sul gas e non sulle rinnovabili?) o infrastrutture per le tlc, a cominciare dal 5G su cui l’Unione Europea si sta disimpegnando rispetto alla Cina senza cadere nella dipendenza con gli Stati Uniti.
Non è dirigismo, ma l’Europa è chiamata ad avere una visione sulle scelte strategiche e sulle concrete implicazioni verso i 27 Partner, su quali debbano essere, ad esempio, gli eventuali hub da cui far partire il nuovo sistema nervoso infrastrutturale del Continente. Affidare queste scommesse al solo uso in deroga degli aiuti di Stato – come sembra aver fatto intendere Ursula von der Leyen – è di per sé miope e comunque insufficiente nelle capienze finanziarie in grado di dispiegare. Solo una forma di finanziamento condiviso, di emissione comune di debito potrà ovviare alle inevitabili angustie finanziarie in cui l’Europa sarebbe costretta a dimenarsi.
La partita del 2023 sulle nuove regole fiscali è intrecciata con gli orizzonti concreti della politica industriale: la riforma del Patto di stabilità e crescita finalizzato a premiare la capacità di investimento dei singoli Paesi, la ratifica finale del Mes riformato che ha ormai preso le sembianze di un fondo salva banche, ma anche la messa a punto di eventuali nuovi strumenti di finanziamento sulla falsariga dell’esperienza del Pnrr, del programma Sure sugli ammortizzatori sociali, del programma di aiuti destinati all’Ucraina.
La parola eurobond è sempre meno tabù in questa Europa che ha compreso il suo potenziale di soggetto unico (ad esempio durante la risposta alla pandemia) ma fatica ad abbandonare le dialettiche tra gli interessi nazionali. Avviare la creazione di un Fondo sovrano europeo – anch’ esso annunciato più volte da Ursula von der Leyen – può essere, se non la soluzione definitiva, una tappa di avvicinamento verso un’Europa che ha finalmente come obiettivo quello di mettere in campo tutto il suo effettivo potenziale.
L'articolo Alla politica industriale servono gli Eurobond proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Just € 5,5 Million on WhatsApp. DPC finally gives the finger to EDPB.
Solo 5,5 milioni di euro su WhatsApp. La DPC finalmente dà il benservito all'EDPB. Dopo Facebook e Instagram, è stata emessa una terza decisione su WhatsApp. Il DPC sembra aver limitato il caso al "miglioramento del servizio" e alla "sicurezza", ignorando le questioni fondamentali.
Non sono d'accordo con quanto scrive Concita De Gregorio su La Stampa...
(testo ed immagine dalla pagina FB de La Stampa)
Non mi preoccuperò, nello scrivere queste righe, delle reazioni che scatenerà sui social domattina. Ce la posso fare, devo solo pensare alla vita di prima. Era sano lavorare senza la preoccupazione preventiva del sabba infernale che comunque, anche se ti sforzi di ignorarlo, non ignora te. […]
Amici: usciamo dai social. Non esistono senza di noi. Si sono impadroniti delle nostre vite per il semplice motivo che gliele abbiamo consegnate. Vivono del nostro sangue che gli forniamo ogni giorno […]. Ma se non gli dessimo materia, ai mangiamorte, ci pensate? Non esisterebbero. […]
Le persone migliori che conosco non sono sui social. Senza offesa per chi ci campa e lo capisco: i mestieri di una volta non ci sono più, questo è il mondo come va, bisogna arrangiarsi e starci. Però ripeto: statisti, inventori, poeti, navigatori, gente che pensa e scrive e lavora a costruire mondi. Gente che accudisce persone. Gente che lavora tutto il giorno e che poi si dedica a chi ha intorno, fisicamente: che parla e guarda in faccia chi c'è. Non sono sui social. Non hanno il tempo per farlo, né l'interesse. Hanno da fare.
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Non mi è mai piaciuto essere iscritta ad un social, ma in questo finalmente si 😄
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MASTICA ‘ZINE “ERO UNA FANZINE” (AGENZIA X)
Ancora una volta Agenzia X si conferma come una delle realtà più intimamente connesse con il tessuto sociale. “Mastica ‘zine, Ero una fanzine” ne è l’ennesima riprova. Il volume, dato alle stampe nell’estate dello scorso anno, ribadisce ulteriormente come la necessità di confrontarsi e analizzare quelle zone “meno nobili” della società italiana, debba essere vista come azione prioritaria. Non fosse altro che per provare a capire il mondo che ci circonda, anziché viverlo passivamente, o ancor peggio giudicarlo da lontano, per sentito dire. Anziché unirsi al coro dei (finti) indignati, le ragazze di Mastica ‘zine scelgono di andare a fondo nell’analisi di un problema più che mai vivo, anche se poco considerato dai media mainstream.
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MASTICA ‘ZINE “ERO UNA FANZINE” (AGENZIA X)
Ancora una volta Agenzia X si conferma come una delle realtà più intimamente connesse con il tessuto sociale. “Mastica ‘zine, Ero una fanzine” ne è l’ennesima riprova. Il volume, dato alle stampe nell’estate dello scorso anno, ribadisce ulteriormente come la necessità di confrontarsi e analizzare quelle zone “meno nobili” della società italiana, debba essere vista come azione prioritaria. Non fosse altro che per provare a capire il mondo che ci circonda, anziché viverlo passivamente, o ancor peggio giudicarlo da lontano, per sentito dire. Anziché unirsi al coro dei (finti) indignati, le ragazze di Mastica ‘zine scelgono di andare a fondo nell’analisi di un problema più che mai vivo, anche se poco considerato dai media mainstream.
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Campagna "Noi non paghiamo": al Centro Popolare Autogestito Firenze Sud cena e concerto
Il 14 gennaio 2023 il Centro Popolare Autogestito Firenze Sud ha ospitato una cena di sottoscrizione e un concerto dei cuneesi #LouTapage e dei #MalasuerteFiSud, band che attorno al CPAFiSud gravita da quasi venticinque anni. Entrambe le iniziative, gremite, sono servite a sostenere la campagna #Noinonpaghiamo.
La #Lega ha deplorato anche di recente l'esistenza del Centro Popolare Autogestito Firenze Sud -che da trentaquattro anni ospita iniziative in cui i "valori" occidentali sono volta per volta confutati, svalutati, disprezzati, disconfermati o semplicemente derisi- e ha deplorato anche l'iniziativa specifica.
Due ottimi motivi per dare a entrambe le cose rilievo in ogni sede. Si è quindi pensato di pubblicare qualche video su Youtube, di scriverne sul Cinguettatore, su Instagram e su Blogger.
Tra i brani suonati dai Lou Tapage una cover di Fabrizio de André esplicitamente dedicata a Alfredo #Cospito, al momento in cui scriviamo vicino ai novanta giorni di sciopero della fame in segno di protesta contro il duro regime carcerario cui è sottoposto al sostanziale fine di chiudergli la bocca.
Ripetiamo.
Cospito è nato a #Pescara e non a #Shiraz e non è nemmeno una bella ragazza.
Soprattutto, certe cose vanno benissimo se fatte a #Tehran, a l'#Avana, a #Minsk o a #Caracas: gli appassionati di #raveparty si mettano fiduciosi sulla strada per #Kiev, troveranno l'approvazione dell'intero gazzettificio peninsulare e delle madri non sposate che si atteggiano a difensori dei valori cattolici cui il gazzettame ha tirato la volata per anni. Attenzione a non sbagliare latitudini perché nell'"Occidente" della democrazia da esportazione l'esistenza delle pecore nere non è prevista e basta una scritta su un muro per vedersela con la gendarmeria politica nel tripudio delle tolleranze zero e dei giri di vite che sono la passione degli stessi gazzettieri di cui sopra.
Fitness normativa: TLC vs OTT. Ora che la multa del #GarantePrivacy irlandese a #Meta ha cambiato lo scenario della pubblicità online, 4 Tlc europee ambiscono a rivoluzionare il settore
FITNESS NORMATIVA: TLC VS OTT. ORA CHE LA MULTA DEL #GARANTEPRIVACY IRLANDESE A #META HA CAMBIATO LO SCENARIO DELLA PUBBLICITÀ ONLINE, 4 TLC EUROPEE AMBISCONO A RIVOLUZIONARE IL SETTORE!
Quattro delle più grandi società di telecomunicazioni europee hanno formalmente informato la Commissione europea di una joint venture per costruire una piattaforma tecnologica per la pubblicità digitale, secondo una comunicazione depositata, pubblicata lunedì (9 gennaio).
Secondo il documento pubblicato un gruppo di pesi massimi delle telecomunicazioni, tra cui Deutsche Telecom, Orange, Telefonica e Vodafone, vuole "offrire una soluzione di identificazione digitale a norma privacy per supportare le attività di marketing e pubblicità digitale di marchi ed editori".
L'articolo di Luca Bertuzzi continua su Euractiv
Big European telecom operators seek EU antitrust clearance for online advertising bid
Four of Europe’s largest telecom companies formally informed the European Commission of a joint venture to bLuca Bertuzzi (EURACTIV)
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Irish Data Protection Authority gives € 3.97 billion present to Meta. Authority allegedly unable to assess financial benefit from Meta's GDPR violations.
L'Autorità irlandese per la protezione dei dati personali consegna a Meta 3,97 miliardi di euro. L'Autorità non sarebbe in grado di valutare i benefici finanziari derivanti dalle violazioni del GDPR da parte di Meta. Il DPC ha chiuso un occhio sui ricavi generati da Meta dalla violazione del GDPR dal 2018. Ignorando la richiesta dell'EDPB di includere le entrate illecite di Meta, ha ridotto la multa di 3,97 milioni di euro.
Prova di invio con menzione @ alla comunità feddit test e successiva menzione con @ al forum libri di poliverso
@Test: palestra e allenamenti :-)
Testo testo
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CONFESSIONI DI UNA MASCHERA GENNAIO MMXXIII
CONFESSIONI DI UNA MASCHERA GENNAIO MMXXIII
Si è chiuso un anno. Nel peggiore dei modi? Probabilmente, ma non per i motivi che si potrebbe essere portati a pensare. Non sono e non possono essere gli imbarazzanti elementi che rappresentano le tre forze di governo a condizionare il nostro umore. Ci sono cose ben più gravi a cui pensare, ad esempio, restando in tema, consideriamo molto peggio l’assenza di un’alternativa a trio di cui sopra. Che sono, è bene ricordarlo, non la causa del male ma i suoi sintomi, la manifestazione conseguente. Il nostro ragionamento deve quindi, per forza di cose, andare oltre, alzarsi da un punto di vista concettuale.
iyezine.com/confessioni-di-una…
CONFESSIONI DI UNA MASCHERA GENNAIO MMXXIII - 2023
È l'uomo, come sempre, la più grande delusione dell'anno. Lo diciamo da talmente tanto tempo che forse stiamo diventando stucchevoli nel nostro ripeterci.Marco Valenti (In Your Eyes ezine)
ah, ok... 😁 😄 🤣
Per quanto mi riguarda, io l'avrei pubblicato comunque in "musica", ma capisco le tue perplessità, perché in effetti il pezzo ha un perimetro più ampio
Scoprite tutti i passaggi con il video tutorial ▶️ youtube.com/watch?v=13XDnllsh8…
Ministero dell'Istruzione
Cosa succede dopo l’invio della domanda delle #IscrizioniOnline? Scoprite tutti i passaggi con il video tutorial ▶️ https://www.youtube.com/watch?v=13XDnllsh8wTelegram
Nei topi, la rigenerazione delle punte delle dita mancanti dei piedi può avvenire grazie all'aiuto delle cellule alla base dell'unghia
La rigenerazione delle punte delle dita mancanti dei piedi può avvenire grazie all'aiuto delle cellule alla base dell'unghia.
Le cellule mesenchimali associate alle unghie contribuiscono e sono essenziali per la rigenerazione della punta delle dita dorsali.
Lo studio di Neemat Mahmud, Christine Eisner, Sruthi Purushothaman, Mekayla A. Storer, David R. Kaplan e Freda D. Miller è stato pubblicato su Science Direct.
Dalle analisi effettuate sul mesenchima induttivo dell'unghia, la base dell'unghia sembrerebbe essere essenziale per la rigenerazione della punta del dito dei mammiferi.
La firma trascrizionale per queste cellule che include Lmx1b è stata individuata e mostra che il mesenchima dell'unghia che esprime Lmx1b è essenziale per la formazione del blastema.
La rigenerazione delle punte delle dita mancanti dei piedi può avvenire grazie all'aiuto delle cellule alla base dell'unghia.
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È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.
Ministero dell'Istruzione
#NotiziePerLaScuola È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.Telegram
Firmata in Vaticano da cristiani, ebrei e islamici la dichiarazione "Rome Call for AI Ethics" in occasione di #RomeCall, evento curato dalla Fondazione #RenAIssance diretta da @PaoloBenanti
Firmata in Vaticano da cristiani, ebrei e islamici la dichiarazione "Rome Call for AI Ethics"
Il Papa. «Un’etica per gli algoritmi: non possono decidere la vita delle persone»
Firmata in Vaticano da cristiani, ebrei e islamici la dichiarazione "Rome Call for AI Ethics" per un approccio consapevole e critico all'Intelligenza artificiale, presenti i vertici di Microsoft e Ibm
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Mastodon Vs Twitter: la soluzione alla crisi delle #BigTech è la decentralizzazione? Edoardo Lisi intervista Filippo Della Bianca su Il Bollettino
[h2]MASTODON VS TWITTER: LA SOLUZIONE ALLA CRISI DELLE BIGTECH È LA DECENTRALIZZAZIONE?[/2]
Mastodon è ormai l’anti-Twitter, il nuovo spazio social dove confluiscono gli “esuli” dell’uccellino blu. La nuova politica di Elon Musk incentrata sul profitto e la libertà incondizionata di espressione non va giù a utenti e dipendenti, che abbandonano la nave che naufraga. L’ultima decisione del miliardario sudafricano di imporre il lavoro in presenza per aumentare la produttività ha provocato licenziamenti di massa. La soluzione alla crisi delle Big Tech è la decentralizzazione?
L'intervista di @Edoardo Lisi :unverified: a @:fedora: filippodb :BLM: :gnu: è disponibile sul sito de "Il Bollettino"
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Ciò che Resta di una Stella Distrutta da un Buco Nero | Universo Astronomia
"Utilizzando il telescopio Hubble gli astronomi hanno catturato in dettaglio gli istanti finali della vita di una stella divorata da un vorace buco nero supermassiccio. Quando la stella incauta si è avvicinata troppo all’oscuro oggetto, è stata catturata dalla sua possente stretta gravitazionale ed è stata fatta a pezzi, mentre il gas che la costituiva precipitava gradualmente nelle sue fauci, rilasciando nello spazio intense radiazioni."
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Palestina Libera
in reply to Andrea Russo • • •Andrea Russo likes this.