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Pierluigi Ciocca – Ricchi poveri


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Verso Evyatar, la destra estrema detta la sua legge a Netanyahu


I leader ultranazionalisti hanno mandato un chiaro segnale al primo ministro: nel governo comandiamo noi. Ieri l'esercito israeliano ha ucciso a Gerico un ragazzo palestinese L'articolo Verso Evyatar, la destra estrema detta la sua legge a Netanyahu prov

di Michele Giorgio

Pagine Esteri, 11 aprile 2023 – «Questa dichiarazione, che siamo qui e stiamo marciando verso il futuro, è una dichiarazione chiara. Spero che l’intero Stato di Israele lo capisca». Parla come sempre senza peli sulla lingua il ministro israeliano della sicurezza Itamar Ben Gvir. Ha ragione, con la marcia dei ventimila, fra cui sette ministri e 20 deputati, ieri verso Evyatar, sul monte Sabih, nel cuore della Cisgiordania palestinese occupata, l’estrema destra religiosa non ha solo chiesto il riconoscimento di quell’avamposto coloniale – evacuato nel 2021 e che attende di essere «legalizzato» – contro cui si batte da anni, pagando un alto prezzo di sangue, la popolazione della cittadina palestinese di Beita (Nablus). La destra estremista e suprematista ha mandato un segnale inequivocabile al premier Netanyahu: comandiamo noi, siamo noi che decidiamo la politica del governo. Non che Netanyahu sia moderato, le sue politiche, anche interne, come la riforma giudiziaria, esprimono bene la sua linea radicale. Ma il primo ministro deve fare i conti con l’emorragia di consensi che vede il suo partito, il Likud, in caduta libera nei sondaggi e forse medita un approccio più morbido. Eppure non può e, soprattutto, non vuole rinunciare a Ben Gvir che detta il ritmo dell’azione di governo e al ministro delle finanze Bezalel Smotrich che i palestinesi non li riconosce neppure come popolo. Si aggrappa a loro per sopravvivere politicamente e risolvere i suoi guai con la giustizia.

Per consentire la marcia verso Evyatar, in una delle zone di maggiore tensione in Cisgiordania, l’esercito ha dispiegato un battaglione di mille soldati a protezione dei coloni, ministri e deputati. Il decesso per le gravi ferite subite, di Lea Lucy Dee, 48 anni, la madre delle due giovani colone uccise venerdì in un agguato palestinese allo svincolo di Hamra, nella valle del Giordano, ha accresciuto l’urgenza dei coloni di ottenere subito da Netanyahu il riconoscimento definitivo dell’avamposto a ridosso di Beita. Una leader dei coloni, Daniela Weiss, si è scagliata contro il premier e ha intimato al governo «di liberarsi una volta per tutte dai diktat che giungono dagli Stati uniti e dall’Europa» finalizzati, secondo lei, a congelare la colonizzazione. Simili le dichiarazioni di altri coloni. Gli abitanti di Beita non si sono tirati indietro e hanno protestato, come fanno da anni, contro Evyatar: 50 case mobili e caravan su terra palestinese nel monte Sabih. «Andate via, questa è la nostra terra» hanno urlato assieme a «Dio è grande». Dei ragazzi hanno lanciato sassi. E quando hanno provato ad avvicinarsi al lungo corteo dei coloni, sono arrivate a tutta velocità le jeep dell’esercito attrezzate con tubi di lancio per i candelotti lacrimogeni. Tiri incessanti, accompagnati da spari di proiettili di gomma. Una nuvola di fumo denso e bianco ha avvolto quelli che protestavano. Poi è scattata la caccia dei soldati ai palestinesi che scappavano nei campi, tra gli ulivi piantati dai loro genitori, dai loro nonni e sempre più minacciati dall’espansione incessante della colonizzazione.

Alla fine di questa ennesima giornata di tensione e sangue, i feriti palestinesi soccorsi dalla Mezzaluna rossa sono stati 191 in gran parte intossicati dai lacrimogeni ma anche 17 da proiettili di gomma, di cui tre sono stati portati all’ospedale. Giornalisti della troupe di Al Araby Press sono stati investiti da una pioggia di lacrimogeni. Un altro reporter, Mahmoud Fawzy, è stato ferito a una gamba da un proiettile di gomma. Al bilancio di Beita si è aggiunto quello giunto dal campo profughi di Aqbet Jaber, all’ingresso della città di Gerico. Un ragazzino, 15 anni, Mohamed Balhan, è stato ucciso quando forze israeliane hanno fatto irruzione nel campo per effettuare degli arresti. Almeno altre tre persone sono rimaste ferite, due da proiettili veri. Almeno 96 palestinesi (tra cui 17 minori e una donna) e 19 israeliani sono stati uccisi dall’inizio dell’anno coinciso con l’insediamento al potere del governo Netanyahu.

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I funerali di Mohamed Balhan

Da venerdì i coloni e la destra estrema invocano l’invasione o la rioccupazione per settimane o mesi, di alcune città autonome palestinesi in Cisgiordania. In particolare Jenin, roccaforte storica della militanza armata, e Nablus dove è stata ritrovata l’automobile usata dai responsabili dell’agguato ad Hamra alle tre donne israeliane uccise. L’opzione militare si è fatta più concreta in queste ultime settimane considerando il sostegno massiccio a queste invocazioni e l’ideologia che anima il governo Netanyahu. Qualche analista avverte che il crollo, nei sondaggi, del Likud di Netanyahu, potrebbe spingere il premier a tentare di recuperare consensi attraverso la forza militare. L’ultimo sondaggio svolto dalla tv Canale 13 rivela che il 71 per cento degli israeliani giudica negativamente il comportamento mantenuto dal premier Benyamin Netanyahu nei primi 100 giorni del suo governo. Se Israele andasse ora al voto il Likud otterrebbe 20 seggi rispetto ai 32 che ha avuto a novembre. In testa è il partito dell’ex capo di stato maggiore Benny Gantz, al secondo posto c’è Yesh Atid dell’ex premier Lapid con 21 seggi. Risultati che sono la conseguenza della contestata riforma giudiziaria, quindi non legati alle politiche di Netanyahu nei confronti dei palestinesi o sulla Spianata delle moschee di Gerusalemme. Pagine Esteri

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Summer School 2023 – Capire il secolo asiatico


Summer School 2023 – Capire il secolo asiatico school maggio 2023
Dopo il successo delle passate formazioni (qui l'ultimo ciclo del 2022) arriva una nuova edizione della nostra Summer School. Si svolgerà tra l'8 e il 25 maggio e sarà focalizzata su tutti i luoghi e dossier più “caldi” legati a Cina e Asia. Le iscrizioni aprono ora, con 20 posti disponibili. Ecco come partecipare

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In Cina e Asia – Avvocati per i diritti umani condannati a oltre 10 anni di carcere


In Cina e Asia – Avvocati per i diritti umani condannati a oltre 10 anni di carcere diritti umani carcere
I titoli di oggi:
Cina, avvocati per i diritti umani condannati a oltre 10 anni di carcere
Cina, per il caso della donna incatenata condannate sei persone
Cina-Usa, il legislatore: "Apple e Disney al centro del processo di decoupling"
Usa e Filippine danno via alle esercitazioni congiunte nel Pacifico
Chip war, il Sud-Est asiatico inizia a emergere per la produzione di microchip
L'India accusa il Myanmar di ospitare una postazione cinese segreta nella baia del Bengala

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Stop and think… The unbearable impulse to be the first to comment on social media


di Isabella Corradini

These days everyone is talking about the decision of the Italian Data Protection Authority to block the use of ChaptGPT, the natural language processing tool based on artificial intelligence, capable of performing various functions, including to provide answers to questions or write/summarize texts requested by users. I do not want to dwell on that, although I have my own opinion, since this is not the aspect I want to highlight in this article.

What I want to highlight instead is the human tendency, especially when discussing topics like digital innovation, to "jump into the fray" by completely removing the moment of reflection, which is needed to make reasonable evaluations. We know how digital technologies are producing significant changes in our social and working daily life, which would require an in-depth examination. Instead, never as in this period, many experts and self-called experts challenge each other with posts and comments on social media to have their say, by siding as if they were watching a football match. Unfortunately, it also happens that someone exaggerates, because social media, given their nature, certainly do not encourage an articulated debate on issues requiring much more space and time for a fruitful discussion.

By Geralt, via Pixabay

What I observe is the growth of this tendency, which could be called as "the impulse to be the first to comment facts on social media", as if there were no tomorrow. It does not matter if there is not enough knowledge about the actual facts, what matters is to be constantly present on social media and prove “to be on the ball”.
Needless to say, this way of intervening on complex issues, such as ChatGPT (but there can be many other examples), makes the public debate ineffective, as well as entailing the real risk of determining a poor quality of the information. That is certainly devastating from a communicative point of view and, above all, has the relevant consequence of hampering the correct spreading of information (I wonder whether this is the real goal in the end...). Not to mention that all these efforts - often in a frantic way - are not justly rewarded, considering the Internet cauldron in which they will end up. We have to consider that those articles, in the current era, quickly become outdated.

The frenzy that drives individuals to comment also explains certain views: just think of those - probably not having many other points of discussion - claiming that certain things must be done absolutely and quickly, otherwise the country (Italy in this case) risks falling behind in comparison to other countries. In short, the important thing is always to move forward "whatever it takes", how and with what consequences it does not matter. An example is represented by all those who get excited by reading about large large investments in Artificial Intelligence announced by important companies, while they do not care about the fact that those same companies, as a result of the huge investments, plan to lay off thousands of people.

Some days ago, I attended a pleasant meeting in Milan together with a group of experts with different skills and backgrounds (the DLNet coordinated by a friend of mine, Andrea Lisi, a lawyer), where we also discussed the "anxious way" used by people to interact on social media. We asked ourselves whether it is better to provide answers on the spot or think about it one more day, at the cost of losing the moment of glory. We came to the same conclusion, namely that there would be a greater benefit for society if, before diving into the sea of posts regarding a specific event, individuals stop and think and then express their opinion with a cold mind and in a more reasonable way.

Stop and think: something that should be an integral and enriching part of the human nature, but that we are often debasing. Whether it is social media, technological innovations or the fear of falling behind, in the current era stopping and thinking is no longer fashionable.

The paradox is that in educating kids to develop a conscious use of digital technologies, one of the most used slogans is: think before you post!

That is why adults first should set a good example.


link-and-think.blogspot.com/20…



PRIVACY DAILY 89/2023


I dipendenti di Tesla hanno condiviso tra loro le immagini delle telecamere di sorveglianza installate sui veicoli. Tesla assicura ai suoi milioni di proprietari di auto elettriche che la loro privacy è al sicuro. Le telecamere che inserisce nei veicoli per assistere la guida, si legge sul suo sito web, sono “progettate da zero per... Continue reading →


L’Italia in Slovacchia, cresce l’impegno in Europa dell’Est


Reparti italiani erano già stati schierati nella Repubblica Slovacca nell’estate del 2019 per una vasta esercitazione NATO. Ora arrivano una batteria di missili terra-aria e 150 artiglieri L'articolo L’Italia in Slovacchia, cresce l’impegno in Europa del

di Antonio Mazzeo

Pagine Esteri, 11 aprile 2023 – I cacciabombardieri dell’Aeronautica italiana prima in Polonia ai confini con l’enclave russa di Kaliningrad e poi, con i velivoli-spia, a Costanza, Romania, nel Mar Nero; oltre 1.550 militari dei reparti di pronto intervento dell’Esercito e centinaia di blindati, obici e carri armati in Lettonia, Ungheria e Bulgaria e, adesso, finanche una batteria di missili terra-aria e 150 artiglieri nella piccola repubblica centro-orientale della Slovacchia.

L’Italia si conferma come uno dei più agguerriti membri della NATO e rafforza ulteriormente la sua presenza nell’insidioso scacchiere geostrategico dell’Europa orientale nell’ambito delle politiche inter-alleate di sostegno alle forze armate ucraine contro la Russia di Putin.

A fine febbraio il Ministero della Difesa, tramite il Comando Operativo di Vertice Interforze (COVI), ha ordinato il rischiaramento del sistema missilistico terra-aria SAMP/T di produzione italo-francese nella base aerea di Malacky, sede del 46° Stormo dell’Aeronautica slovacca.

Il trasferimento della batteria missilistica e del contingente dell’Esercito proveniente in buona parte dal Comando Artiglieria Controaerei di Sabaudia e dal dipendente 4° Reggimento “Peschiera” di Mantova si è concluso a fine marzo e dal 1° aprile missili e militari sono impiegati in Slovacchia nell’ambito dell’operazione NATO denominata “Enhanced Vigilance Activity”.

Al Task Group rischiarato a Malacky hanno fatto visita lunedì 3 aprile il Comandante del COVI, generale Francesco Paolo Figliuolo, e l’ambasciatrice d’Italia in Slovacchia, Catherine Flumiani. “Il contingente sarà impegnato in attività funzionali al raggiungimento della cosiddetta Readiness Verification della NATO, che gli consentirà di conseguire la Piena capacità operativa e al sistema SAMP/T di inserirsi nella rete Integrated Air and Missile Defense dell’Alleanza”, riporta lo Stato Maggiore della difesa. “Si darà così continuità all’iniziativa di rafforzamento della difesa aerea di un Paese Alleato, rafforzando i confini e contribuendo alla deterrenza sul fianco orientale dell’Alleanza Atlantica”. (1)

L’invio in Slovacchia del sistema di guerra terra-aria era stato preannunciato a metà gennaio dal ministro Guido Crosetto in un’intervista all’agenzia ADNKronos. Riferendo di una telefonata avuta con il Segretario alla Difesa USA Lloyd J. Austin, Crosetto aveva aggiunto che una batteria antiaerea e antimissile SAMP/T avrebbe rimpiazzato in Slovacchia i missili Patriot di US Army che “verranno trasferiti in Germania per essere sottoposti a manutenzione”. (2)

Sviluppato nei primi anni 2000 nell’ambito del programma di cooperazione italo-francese FSAF (Famiglia di Sistemi Superficie Aria), il SAMP/T – spiega lo Stato Maggiore – è un “sistema missilistico di ultima generazione, caratterizzato da una particolare tecnologia che consente elevate flessibilità, mobilità e rapidità di impiego”.

“Il SAMP/T nasce dall’esigenza di disporre di un sistema a media portata idoneo a operare in nuovi scenari operativi, prioritariamente caratterizzati da ridotti tempi di reazione contro la minaccia aerea ed elevata mobilità”, aggiunge la Difesa. “L’attuale versione del SAMP/T ha capacità di avanguardia nel contrasto delle minacce aeree e dei missili balistici tattici a corto raggio”.

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Il sistema è stato progettato e realizzato dal consorzio europeo Eurosam formato da MBDA Italia, MBDA Francia e Thales. Fa uso del missile Aster 30 dotato di una testata esplosiva da 20 kg e una velocità massima di volo di 1.400 metri al secondo. Il missile può volare a un’altitudine di 25 km e ha un raggio d’azione di 100 km per l’intercettazione di aerei e 25 km per quella dei missili. Ogni lanciatore è posizionato su un veicolo Astra/Iveco o Renault-TRM-10000 ed è equipaggiato con otto missili intercettori all’interno di container da trasporto che vengono posti in posizione eretta prima del lancio. Il SAMP/T include anche un sofisticato radar muti-funzione Thompson-CSF “Arabel”. (3) Il costo di ogni singola batteria SAMP/T è stimato in circa 800 milioni di euro.

Attualmente l’Esercito italiano ha in dotazione cinque sistemi SAMP/T, operativi dal 2013. Essi sono stati impiegati fra il 2015 ed il 2016 a Roma per la sorveglianza dei cieli della Capitale in occasione del Giubileo Straordinario della Misericordia; una seconda batteria ha operato in Turchia nell’ambito dell’operazione NATO Active Fence dal giugno 2016 al dicembre 2019, nei pressi della città di Kahramanmaras, sul confine sud-est dell’Alleanza Atlantica. Una batteria di missili terra-aria è attualmente schierata in Kuwait nell’ambito dell’Operazione Inherent Resolve a guida statunitense, contro le milizie dell’ISIS in territorio iracheno e siriano.

Indiscrezioni raccolte dal sito specializzato Analisi Difesa e rese note la scorsa settimana, confermerebbero che un’altra batteria di SAMP/T, “composta da componenti francesi ed italiane”, è stata fornita pure all’Ucraina e “sarebbe già operativa”. (4) La consegna dei missili terra-aria alle forze armate di Kiev era stata concordata dai ministri della difesa di Italia e Francia nel corso di un colloquio telefonico il 3 febbraio scorso. Successivamente è trapelata la notizia che un’aliquota di una ventina di militari ucraini ha concluso una fase di addestramento per l’utilizzo del sistema d’arma a Sabaudia (Latina), presso il Comando Artiglieria Controaerei dell’Esercito, lo stesso a capo della nuova missione in Slovacchia.

Reparti delle forze armate italiane erano state schierate nella Repubblica Slovacca nell’estate del 2019 per partecipare ad una vasta esercitazione NATO (Toxic Valley) in cui sono state testate le capacità delle unità specialistiche nella guerra CBRN (chimica-batteriologica-radiologica-nucleare). Nello specifico nell’area addestrativa di Zemianske Kostol’any il personale del 7° Reggimento Difesa CBRN “Cremona” dell’Esercito di stanza a Civitavecchia ha schierato un laboratorio mobile campale per l’identificazione di agenti chimici, biologici e radiologici al fine di “affinare e validare le procedure di preparazione e analisi di campioni contaminati su matrici di diversa natura (quali gomma, terreno, liquidi, etc.)”. (5)

Dopo l’invasione russa dell’Ucraina il 24 febbraio 2022, le relazioni militari-industriali tra Italia e Slovacchia si sono fatte più strette. Nella prima settimana di aprile del 2022 l’ambasciatrice d’Italia Catherine Flumiani si è incontrata con il segretario alla Difesa slovacco Marian Majer per discutere “dell’attuale situazione della sicurezza in relazione all’aggressione russa e alle possibilità di approfondire la cooperazione bilaterale esistente”. Sempre secondo l’Ambasciata italiana a Bratislava, il segretario Majer “ha illustrato i passi fatti per la creazione di un gruppo di battaglia tattico avanzato in Slovacchia a rafforzamento del fianco orientale dell’Alleanza”, simile a quello già operativo in Lettonia in ambito NATO con la partecipazione italiana e slovacca. “Majer ha inoltre informato Flumiani delle priorità del governo in tema di difesa, e in particolare l’ammodernamento in corso delle Forze armate; ha inoltre proposto di riprendere le consultazioni su una più stretta cooperazione in campo militare, nonché di esaminare le possibilità di un’eventuale istituzione di un ufficio di addetto militare slovacco in Italia”. (6)

Per rafforzare la partnership italo-slovacca, l’11 maggio il segretario alla Difesa Marian Majer si è recato in visita a Roma dove ha incontrato l’allora sottosegretaria di Stato, Stefania Pucciarelli. “Molti i punti trattati durante l’incontro dalla cooperazione bilaterale nel quadro del comune impegno per la stabilità e sicurezza del continente europeo in tutti i domini militari e nella formazione/addestramento nei vari settori delle forze armate delle due nazioni, alla analisi del conflitto Russo/Ucraino dove il Senatore Pucciarelli ha espresso l’apprezzamento del Governo Italiano per il supporto slovacco alle Forze Armate Ucraine”, riporta in modo contorto l’ufficio stampa della Difesa.

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“Il Ministero della Difesa e l’industria Italiana confermano la piena disponibilità a supportare le esigenze di rinnovamento delle Forze Armate Slovacche, con soluzioni tecnologicamente avanzate e collaborazione con le aziende slovacche per portare lavoro e tecnologia innovativa al paese”, si legge ancora nel comunicato di Palazzo Baracchini. “Entrambe le parti hanno reciprocamente auspicato una sinergia fattiva anche nel settore della Cyber Security, attraverso il Cyber Range che la Difesa Italiana sta sviluppando nell’ambito cooperazione europea”. (7) Il Cyber Range è un poligono virtuale dove le forze armate si addestrano alle guerre cibernetiche ed è stato realizzato in cooperazione con la holding Leonardo SpA.

Dopo il faccia a faccia con la sottosegretaria Pucciarelli, Marian Majer e l’ambasciatrice della Slovacchia in Italia, Karla Wursterová, hanno raggiunto la base aerea di Galatina (Lecce) per vistare la Scuola di Volo internazionale del 61° Stormo dell’Aeronautica Militare, in particolare le strutture dedicate alla preparazione dei piloti di cacciabombardieri all’interno del Ground Based Training System con i simulatori T-346A “Master” prodotti anch’essi dal gruppo Leonardo.

Il 61° Stormo ospita personale militare proveniente da ben otto nazioni straniere (Arabia Saudita, Argentina, Austria, Giappone, Grecia, Qatar, Singapore e Stati Uniti d’America) e il segretario slovacco ha espresso l’interesse ad avvalersi delle infrastrutture addestrative di Galatina. L’Italia è un nostro partner importante con un ruolo fondamentale in ambito NATO ed è nostra ferma intenzione rafforzare questa cooperazione anche nell’ottica di rinnovare settori fondamentali della difesa e sicurezzaa partire dalle progettualità già in atto in ambiente aeronautico”, ha dichiarato Majer prima di rientrare a Bratislava.

Il 4 giugno 2022 è stata la sottosegretaria Stefania Pucciarelli a recarsi in visita in Slovacchia per incontrare Marian Majer e l’omologa rumena Simona Cojocaru e partecipare al Globsec2022 Bratislava Forum, una delle maggiori conferenze internazionali sui temi geo-strategici e delle nuove tecnologie promosso dal Ministero della difesa slovacco in collaborazione con la NATO, l’Unione europea e importanti gruppi industriali.

L’ultimo vertice politico e militare italo-slovacco si è svolto a Roma l’1 febbraio 2023: il neo-ministro della Difesa, Guido Crosetto e il ministro degli Affari Esteri ed Europei della Slovacchia Rastislav Káčer si sono confrontati su “cooperazione in materia di sicurezza, cooperazione bilaterale e collaborazione in ambito NATO”, auspicando un “rafforzamento dei rapporti anche attraverso accordi intergovernativi G2Ggovernment to government”. (8)

Adesso la speranza di politici e industriali italiani è che il rischiaramento a Malacky della Contraerea dell’Esercito e dei missili SAMP/T stimoli gli interessi slovacchi per i vecchi e nuovi gioielli di morte made in Italy. In prima linea ci sono innanzitutto i manager di Leonardo (MBDA Italia, co-produttrice del sistema missilistico inviato, è controllata dalla holding). Il gruppo industriale-militare ha già ottenuto importanti commesse nel paese del’Europa orientale. Nell’ottobre del 2014 Alenia Aermacchi/Finmeccanica (oggi Leonardo) ed il Ministero della Difesa slovacco hanno firmato un contratto per la fornitura di due velivoli da trasporto tattico medio C-27J “Spartan” comprensivo del relativo supporto logistico iniziale e dell’ addestramento di piloti e addetti alla manutenzione. (9)

Quattro anni più tardi Leonardo ha siglato un accordo di collaborazione nel settore del munizionamento guidato di precisione con Konstrukta Defence, azienda slovacca leader nella progettazione e nello sviluppo di sistemi di artiglieria. “L’accordo, che prevede l’integrazione della munizione guidata di precisione Vulcano sviluppata da Leonardo nel sistema da 155mm/52cal Zuzana 2 di Konstrukta, consentirà alle due aziende di commercializzare e promuovere congiuntamente questa soluzione sui mercati internazionali, collaborando in maniera efficace e sinergica nell’ottica di un rafforzamento delle capacità di difesa comune europea”, hanno spiegato i dirigenti del gruppo italiano. “La partnership si inquadra a pieno nel contesto della PeSCo (Permanent Structured Cooperation), l’iniziativa europea finalizzata ad accrescere la capacità operativa delle Forze Armate degli Stati membri mettendo in comune risorse e sviluppando gli armamenti in maniera cooperativa”. (10)

Lo scorso anno, nel corso del Piestany Air Show in Slovacchia, Leonardo ha presentato alle autorità militari locali la nuova versione armata dei “caccia-addestratori” M-345. Questi velivoli sono stati progettati per l’addestramento basico e avanzato dei piloti militari ma sono stati poi convertiti per svolgere un’ampia gamma di “combattimenti leggeri negli scenari in evoluzione per le moderne forze aeree”. (11)

“Le elevate prestazioni garantite dall’avionica e la notevole capacità di carico esterno – oltre 1.000 kg, con quattro piloni sotto-ala – consentono all’M-345 di svolgere anche ruoli operativi difesa aria-aria e aria-suolo”, dichiarano enfaticamente i manager di Leonardo. (12) I velivoli sono predisposti all’uso di missili teleguidati aria-aria e di bombe da 500 libbre.

Note:

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Razzi dalla Siria verso Israele. Tel Aviv risponde con droni e artiglieria


Lanciati 6 razzi dalla Siria verso Israele. Solo uno colpisce il Golan, gli altri atterrano in Giordania e nello stesso territorio siriano. Tel Aviv bombarda Damasco con droni e artiglieria L'articolo Razzi dalla Siria verso Israele. Tel Aviv risponde co

Pagine Esteri, 9 aprile 2023- Sei razzi sono stati lanciati dalla Siria verso Israele. Uno è caduto nel Golan, altri in Giordania e all’interno dei confini siriani. Nessuno di essi ha provocato danni. Israele ha risposto, questa notte intorno alle 4.00 ora italiana, con un bombardamento su Damasco. Attacchi con artiglieria e droni.

Secondo la televisione libanese Al Mayadeen TV, i razzi sarebbero stati lanciati dalle Brigate al-Quds, il gruppo armato del Movimento per il Jihad Islamico in Palestina.

Qualche minuto dopo le 22.00 un giovane palestinese, Ayed Slim, è stato ucciso da spari dell’esercito israeliano ad Azzun nei pressi di Qalqiliya, in Cisgiordania.

Centinaia di palestinesi si sono barricati nella moschea di Al Aqsa, la polizia israeliana è pronta a sgomberarle con la forza. Nella giornata di oggi si terrà la Birkat Kohanim, una grande cerimonia ebraica al Muro del pianto e i palestinesi temono un attacco alla Spianata delle Moschee.

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Maurizio Acerbo* Oggi in SudAfrica si commemora Chris Hani, il segretario del South African Communist Party assassinato il 10aprile 1993 davanti alla s


The debate on the future in society of Artificial Intelligence has just begun


di Enrico Nardelli

(versione italiana qua)

The debate over the use of ChatGPT has been raging in recent days, especially because of the news about the decision to block it issued by the Italian Data Protection Authority, which has elicited opposite reactions: some applauding it, others considering it as a liberticidal and authoritarian measure. I therefore believe that, first of all, it is necessary to make it clear, even to those who know nothing about what is "under the hood" of digital technologies, which is the issue at stake.

For this purpose, I propose a thought experiment which may appear distant from the topic of this article, but which, in my opinion, illustrates the essence of the situation very well. So, imagine that someone comes along with a machine of the size of a gas boiler for an apartment and says to you: "Here is a mini-nuclear reactor for domestic use, its initial charge of fissile material is capable of giving you hot water for heating and all the needs of the house for the next 10 years, and it costs only a few thousand euros!"

Certainly, with this solution, we could solve many problems and all live better. However, it could happen that, every now and then, such an object would overheat and produce a mini nuclear explosion....

Not a very attractive prospect, is it? Even though our society would not be destroyed or damaged, it would seem obvious to everyone that the game is not worth the candle. Equally obvious is that we would not allow them to be freely marketed, even if the manufacturing companies insisted that they would soon find solutions able to prevent explosions altogether. In a similar way, observing that this is a strategic technology for our country, which would be developed by others if we did not, would not be a valid reason to accept its uncontrolled use.

In the case of generative Artificial Intelligence (AI) systems, ChatGPT is the most famous example of, we are in a similar situation: the enormous power which nuclear technology deploys at the physical level is comparable to what AI based systems release at a cognitive level. In my recent book “La rivoluzione informatica. Conoscenza, consapevolezza e potere nella società digitale” (= The Informatics Revolution. Knowledge, awareness and power in the digital society), I introduced the term “cognitive machines”, to denote the fact that any digital system, not only the AI based ones, acts at this level where it is able, through its purely logical-rational capabilities, to concatenate and infer data, emulating what previously only human beings were able to carry out. I synthetically described in a previous article their dangers in relation to the cognitive development of children.

Immagine/foto

The possible evolution of this scenario is even more harmful if we consider that, while mini-reactors would have to be built, shipped and put in place one by one with hardly compressible timeframes, these other systems (also called "chatbots") can be replicated at will with no effort at all and made available anywhere in the blink of an eye.

All the media have therefore given great visibility to the appeal, launched on March 29 by very important people in the AI area, including scientists like Yoshua Bengio or Stuart Russell and entrepreneurs like Elon Musk or Steve Wozniak, with the goal of blocking for 6 months the development of the next generation of chatbot technology.

The problem is real and I can understand why so many of my colleagues have supported this appeal with their signature.

Further comments by equally relevant scientists, however, have pointed to the risk that such an appeal actually contributes to the frenzy that has reached soaring levels in recent months, diverting the attention from the real problems. As noted – among others – by Emily Bender, the researcher who in 2020 published, along with Timnit Gebru (the scientist who was later fired by Google for this very reason), the first paper warning of the potential negative effects of this technology, the letter points to some false problems (e.g., that the realization of a "digital mind" is now imminent or that a system with "general artificial intelligence" is now possible) while neglecting many of the real ones, such as the absolute lack of transparency about how these systems have been developed and work, the lack of clarity about safety tests conducted, the risk that accessibility to everyone is already spreading misinformation that is also very harmful (in my previous article I brought a few examples), the fact that their development significantly affects the consumption of natural resources.

As I discussed in other occasions, I do not think it makes sense to block research and development in this area but, as the thought experiment described at the beginning of this article I hope has shown, some form of regulation must be found to balance the indispensable precautionary principle with the importance of using innovation to improve society.

That is why I believe the decision taken by the Italian Data Protection Authority is appropriate, even though not decisive. The way forward is the one Center for AI and Digital Policy in the U.S. has indicated by filing a complaint with the Federal Trade Commission (the independent agency of the U.S. government dedicated to consumer protection and competition oversight) and calling on it to intervene since chatbots engage in behaviors that are deceptive to consumers and dangerous from the standpoint of information accuracy and user safety.

A similar request was made by the European Consumers' Organization, which asked national and European authorities to open an investigation into these systems.

Better focused on the real issues at stake, however, is the open letter published by Leuven University in Belgium. It calls up the manipulation risk that people may face by interacting with chatbots, as some individuals build a bond with what they perceive as another human being, a bond that can result in harmful situations.

In fact, the main threat chatbots pose to humans is that they exhibit human-like competence on the syntactic level but are light years away from our semantic competence. They have no real understanding of the meaning of what they are producing, but (and this is a major problem on the social level) since they express themselves in a form that is meaningful to us, we project onto their outputs the meaning that is within us.

In a nutshell, these are the proposals of this second appeal: awareness-raising campaigns for the general public, investing in research on the impact of AI on fundamental rights, creating a broad public debate on the role to be given to AI in society, establishing a legal framework with strong guarantees for users, meanwhile taking all necessary measures to protect citizens under existing legislation.

We are nowadays facing extremely powerful systems which, as Evgeny Morozov recently reminded us in his article in The Guardian, are neither intelligent in the sense that we humans give to this term, nor artificial since – as demonstrated ad abundantiam, among others, by Antonio Casilli in his book "Schiavi del Click" – they are based on an enormous amount of undeclared and poorly paid human labor carried out in Third World countries, as well as on our (in)voluntary contribution consisting of all the "digital traces" we relentlessly provide during our activity on the Web.

The potential benefits are enormous, but so are the risks. The future is in our hands: we must figure out together, democratically, what form we want it to take.
--
The italian version has been published by "StartMAG" on 3 April 2023.


link-and-think.blogspot.com/20…




L’era dell’Intelligenza artificiale tra competizione geopolitica e ingegneria sociale | L'Indipendente

"L’uso di algoritmi sempre più sofisticati ha portato al potenziamento del cosiddetto capitalismo della sorveglianza, ossia quel capitalismo che sfrutta i dati a disposizione provenienti dal web e non solo per profilare gli utenti, osservandone gusti, criteri, tendenze, comportamenti e cercando poi di modificarli e orientarli attraverso tecniche precise. Ciò significa che la tecnologia, e il suo processo illimitato di sviluppo, non tiene conto delle reali esigenze dell’uomo, ma le induce artificialmente. Di conseguenza, essa non è più un mezzo a disposizione dell’individuo per raggiungere determinati fini, ma diventa – con la sua sola presenza – in grado di dettare fini e bisogni, in un capovolgimento di prospettiva in cui la tecnica diventa soggetto e l’uomo oggetto."

lindipendente.online/2023/04/0…



Fair weather


When we walk, side by side, like brothers
Oh, glory will stand up and whirl
Then Gabriel will blow as he never has blown before
There'll be fair weather
Together
Side by side
It will know, that hate will die, and love will win
So go forth, heroes!
Peace on earth, and good will to all
Who make it divine and so real
Plant seeds for good deeds, like the trees and of course, love will grow!
Money doesn’t fit into the scheme of things
So how can a house be built on angel wings?
Fair weather
Together
Fair weather my friend
When we walk, side by side, like brothers
Oh glory will stand up and whirl
Then Gabriel will blow as he never has blown before
There'll be fair weather
Together
Fair weather my friend

- Herbie Hancock

piped.garudalinux.org/watch?v=…

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Una storica nebulosa come mai vista prima | Passione Astronomia

"La Nebulosa del Granchio è parte del residuo di una supernova risalente al 1054. Al centro di questa esplosione è rimasto, invece, un corpo celeste particolarmente compatto che prende il nome di pulsar del Granchio. Si tratta di una stella che concentra circa due masse solari entro un diametro paragonabile alle dimensioni medie della città di Roma. Da questa pulsar provengono i cosiddetti ‘venti’, composti da plasma accelerato a velocità relativistiche da un campo magnetico in rapida rotazione, che generano onde d’urto nel mezzo interstellare circostante."

passioneastronomia.it/una-stor…



✨ Il Ministero augura buona Pasqua a tutte e tutti!
🎨 Quest’anno i nostri auguri sono realizzati in collaborazione con l’Istituto Comprensivo Statale Via Nitti di Roma.


Tabloid | L'Indipendente

"Il TABLOID è un settimanale digitale, disponibile in free download (formato PDF) e appositamente realizzato per esser stampato e distribuito dagli utenti, in forma cartacea. Adatto per esser letto in bar, biblioteche, centri culturali e/o sociali, associazioni, eventi, università e luoghi di ritrovo. Stampa, copia, diffondi!"

lindipendente.online/tabloid/



Desta sorpresa o scandalo presso i grandi giornali e diversi commentatori politici o intellettuali il fatto che nel recente convegno «Pensare l'immaginario ita


Dal 1971 ma raramente alla ricorrenza è stata data rilevanza, si celebra la giornata mondiale delle minoranze rom e sinti. 12 milioni di persone almeno, soltan


Libertà, dove sei?


Paolo Vita-Finzi sferzò gli intellettuali traditori della democrazia nel Novecento. Il suo saggio ripubblicato è un monito per i populisti La scarsa fortuna delle idee liberali nel nostro paese è tuttora sottoposta alla riserva di Guido De Ruggiero, che c

Paolo Vita-Finzi sferzò gli intellettuali traditori della democrazia nel Novecento. Il suo saggio ripubblicato è un monito per i populisti

La scarsa fortuna delle idee liberali nel nostro paese è tuttora sottoposta alla riserva di Guido De Ruggiero, che considerava il liberalismo italiano soltanto il riflesso di dottrine straniere. Il filosofo napoletano attribuiva la sua debolezza al concorso di molteplici cause. L’etica laica era stata depressa perché l’Italia aveva conosciuto la Controriforma senza la Riforma. La formazione di una cittadinanza nazionale era stata ostacolata dal municipalismo al Nord e dall’asservimento allo straniero nel Sud. La rivoluzione industriale aveva partorito solo in alcune aree una borghesia autonoma e produttiva, ossia un ceto medio capace di patrocinare l’interesse generale (Storia del liberalismo europeo, 1925). Ritardi antichi che servono a spiegare come, non avendo trovato nella società civile un grembo fertile, “il liberalismo italiano abbia maturato in se stesso una inclinazione al distacco dall’Italia quale è” (Valerio Zanone, L’età liberale. Democrazia e capitalismo nella società aperta, Rizzoli, 1997). E che servono altresì a spiegare le ragioni per cui la classe di governo liberale non si sia stabilizzata in un partito costituzionale sul modello britannico; e come negli stessi statisti liberali – da Cavour a Giovanni Giolitti – fosse esplicita la consapevolezza di nuotare perennemente controcorrente.

Non deve perciò sorprendere che nell’Italia del “secolo breve” le idee liberali siano state difese e diffuse soprattutto da figure di intellettuali appartate, estranee alle consorterie accademiche e editoriali. Una di queste figure, familiare solo a una ristretta cerchia di esperti, è certamente quella di Paolo Vita-Finzi (1899-1986). Forse lo sarà un po’ meno grazie alla ristampa – impreziosita da due magistrali saggi introduttivi di Francesco Perfetti e Claudio Giunta – di uno dei suoi testi più significativi, Le delusioni della libertà (IBL Libri, gennaio 2023). Pubblicato per la prima volta nel 1961 grazie all’interessamento di Giuseppe Prezzolini presso l’editore Vallecchi, raccoglie diciotto brevi scritti apparsi tra il 1954 e il 1958 sul settimanale “Il Mondo” di Mario Pannunzio. Come sottolinea Giunta, sono sorprendentemente attuali. Infatti, riflettendo sull’atteggiamento tenuto dagli intellettuali italiani e francesi a cavallo tra Otto e Novecento, toccano temi che restano al centro del dibattito pubblico: la sfiducia nei confronti della democrazia parlamentare; l’insofferenza per le sue procedure, che rallentano il processo decidente; l’astio per le élite complottiste e, simmetricamente, la devozione quasi messianica al popolo, magari da parte di chi al popolo è alieno per censo e cultura; la riduzione della questione politica a questione morale.

Eppure Vita-Finzi non era uno studioso di professione. Nato a Torino in una famiglia dell’alta borghesia ebraica, combatte come volontario sul fronte del Piave negli ultimi mesi della Grande guerra. Al suo ritorno, studia e lavora nella Torino del biennio rosso, incrocia Piero Gobetti e Antonio Gramsci, ma senza cadere nella fascinazione né del primo né tantomeno del secondo. Cresciuto nel culto del Risorgimento, non nutriva simpatia alcuna per chi esaltava i consigli di fabbrica e l’assalto al Palazzo d’Inverno. Amico di Piero Sraffa, aveva avuto occasione di conoscere e frequentare nell’abitazione dell’economista il fondatore di “Ordine Nuovo”. Nelle sue memorie lo ritrae in modo impietoso ma non privo di ammirazione: “Gramsci m’aveva sempre richiamato alla mente un tizzoncello nero, o qualcosa di simile. Era gobbo, alto forse un metro e quaranta, con una testa enorme piantata su di un corpiciattolo rachitico: gli occhi erano belli e grandi, scintillanti d’intelligenza, la risata pronta e sarcastica, il vestire trascuratissimo. A volte mi sembrava che avesse qualcosa di Marat” (Giorni lontani. Appunti e ricordi, il Mulino, 1989). Altrettanto tagliente è il giudizio sul “cherubo giansenista”: “Se ammiravo l’intelligenza e la vertiginosa attività di Gobetti, le sue idee mi avevano lasciato sempre perplesso: per quanto sia elastica la parola ‘liberale’, non riuscivo a persuadermi che la rivoluzione russa fosse un atto di liberalismo” (Ivi). La verità – avverte Perfetti – è che il liberalismo di Vita-Finzi era sideralmente distante dalle pulsioni rivoluzionarie e dagli entusiasmi giacobini dei due “Dioscuri”, da una visione dello spontaneismo delle masse come demiurgo del “socialismo realizzato”. In questo senso, è singolare come gli utopisti di tutte le epoche descrivano nei dettagli più minuziosi le loro società immaginarie. Platone nella Repubblica prescrive norme meticolose per regolare i rapporti sessuali ammessi per la procreazione. Thomas More nell’Utopia si occupa dell’abbigliamento degli isolani per distinguere i coniugati dai celibi. Tommaso Campanella nel buio del carcere vagheggia una Città del Sole in cui i nomi degli abitanti sono decisi da un magistrato, il Metafisico. Alla base di tutte le utopie, insomma, vi è un modello di società perfetta che, per essere tale, ha bisogno di annichilire la libertà degli individui. Lo sapeva bene Vita-Finzi quando, ripercorrendo le frequentazioni giovanili, accenna in questi termini al suo credo politico di allora: “[…] influenzato soprattutto dalle lezioni di Luigi Einaudi […], ero un lib-lab, un liberale leggermente favorevole a moderate riforme sociali. Dicono che a vent’anni bisogna essere estremisti per poter essere conservatori a cinquanta: sono allora un caso anomalo, e quasi arrossisco d’essere stato un ventenne così perbenino, così juste milieu, così poco Sturm und Drang” (Ivi).

Nel 1938 le leggi razziali lo costringono ad abbandonare la carriera diplomatica, cominciata nel 1924 con tappe nelle sedi di Düsseldorf, Sfax, Tbilisi, Rosario, Sidney. Si trasferisce quindi a Buenos Aires, dove dirige una rivista, “Domani”, punto di riferimento degli antifascisti italiani riparati nelle Americhe, a cui collaborano Stefan Zweig, H. G.Wells, Ernesto Sábato, Jorge Luis Borges. Tornato nel 1947 in Italia, rientra nei ranghi del Ministero degli Esteri: è console a Londra, poi ministro plenipotenziario in Finlandia, quindi ambasciatore in Norvegia e in Ungheria. In questo lungo peregrinare, dotato di una erudizione straordinaria e padrone di quattro lingue straniere (francese, tedesco, inglese e russo), è molto attivo come pubblicista con elzeviri, reportage di viaggio, commenti di politica internazionale. Quasi tutti i soggiorni all’estero gli offrono spunti per la scrittura. Alla Germania di Weimar dedica le corrispondenze giornalistiche per il “Corriere Mercantile”. Dall’esperienza argentina ricava il saggio Perón mito e realtà (1973). Nel 1972 pubblica Terra e libertà in Russia, nel 1975 il Diario caucasico, nel 1980 Presidente a metà. L’elezione presidenziale negli Stati Uniti.

Di questa ricca e eterogenea biblioteca Le delusioni della libertà è il libro più militante, quello rivolto agli “inconsci precursori” del fascismo. La sua genesi risale alla lettura della Histoire de quatre ans, un racconto fantapolitico di Daniel Halévy (1903). Questi era un esponente di spicco dell’intellettualità d’oltralpe, collaboratore del periodico letterario “La Revue Blanche” – che vantava le firme di Proust e Gide, Apollinaire e Debussy – e dei “Cahiers de la Quinzaine” di Charles Péguy. Dopo lo scoppio dell’affaire Dreyfus (1894), che aveva spaccato la Francia tra colpevolisti e innocentisti, sia Halévy che Peguy si erano schierati con i secondi. In realtà, entrambi non avevano mancato di esprimere dubbi su quella “potenza della folla” – e quindi sulla stessa democrazia – che un altro liberale conservatore, Gustave Le Bon, aveva denunciato in un suo famoso pamphlet del 1895. Non per caso proprio con loro Vita-Finzi apre la sua galleria di “spiriti inquieti”. Dalla schiera dei difensori di Dreyfus proveniva Georges Sorel, anche se nulla aveva a che fare con la tradizione liberale. Ai loro ritratti si aggiungono quelli di altri protagonisti della scena culturale del tempo, come Émile Faguet, autore di Le culte de l’incompétence (1910), e Robert de Jouvenel, autore di La République des Camarades (1914). Erano personaggi non vicini agli ambienti reazionari di “Action Française”, come Charles Maurras, o a quelli bonapartisti, come Maurice Barrès, ma piuttosto intellettuali di varia estrazione, che si lasciarono sedurre ora (a sinistra) dall’idolatria della nazione, ora (a destra) da quella dell’uomo forte.

Nonostante l’impressionante documentazione di cui dispone Vita-Finzi, la sintesi – sostiene Giunta – ha un costo: pensatori complessi come Vilfredo Pareto, Gaetano Mosca, Giuseppe Rensi, Benedetto Croce, vengono compendiati in poche pagine, e esclusivamente nella prospettiva della loro affiliazione al club dei pionieri del totalitarismo. Ma, al di là delle critiche che si possono muovere a qualche giudizio troppo perentorio, Le delusioni della libertà – con il suo sottile e ironico scetticismo e con il suo realismo politico che invita a diffidare dei falsi profeti e dei sognatori di società dispotiche – rimane un testo esemplare del liberalismo italiano contemporaneo. Che esso fosse importante per la comprensione della parabola del fascismo, apparve subito chiaro a personalità di spicco della cultura comunista e, più in generale, progressista. Persino Palmiro Togliatti (con lo pseudonimo di Roderigo di Castiglia) lo recensì in un lungo articolo su “Rinascita”, la rivista ufficiale del Pci. Lo stesso fece Delio Cantimori sulla rivista “Itinerari” (maggio 1961). Sia il leader di Botteghe Oscure che lo storico della Normale di Pisa avevano apprezzato le pagine sul Croce “antidemocratico e antiparlamentare” e su quei sindacalisti rivoluzionari nei quali si potevano già intravedere “crisalidi di gerarchi”. Quattro anni dopo uscì Mussolini il rivoluzionario (Einaudi, 1965), il primo volume della monumentale biografia del Duce di Renzo De Felice, il quale, citando qualche passaggio dell’opera di Vita-Finzi, ne riconosceva implicitamente il valore storiografico. Da quel momento in poi non fu più possibile mettere in discussione il fatto che nell’albero genealogico del fascismo vi fossero rami rigogliosi tanto a destra quanto a sinistra.

Nel saggio Gli intellettuali e il fascismo (1968), il diplomatico torinese riprende il filo del discorso: “Il fascismo popolare del 1919-20, ‘tendenzialmente repubblicano’ e anticlericale era molto diverso dal regime totalitario dalla mano forte di vent’anni dopo; è facile comprendere come alcuni intellettuali ne possano essere stati inizialmente attratti e poi lo abbiano ripudiato”. Sono parole che costituiscono anche una specie di autodifesa, poiché l’equivoco verso il fascismo “tendenzialmente repubblicano” fu anche suo, anche lui partì per la Spagna per battersi a fianco dei franchisti. E rievocherà con amarezza quella partecipazione, che gli sarebbe stata aspramente rimproverata più tardi. Da funzionario pubblico, la sua fedeltà al paese fu, per un periodo della sua vita professionale, anche fedeltà allo Stato fascista. Attraversò “quel processo, comune a gran parte degli ebrei italiani, di adattamento a un regime che, a dispetto della sua involuzione autoritaria, sembrava escludere il rischio di degenerazione antisemita: quel regime, per capirci, dove Mussolini, conversando con Emil Ludwig, esaltava le virtù nazionali degli ebrei e sottolineava la profonda relazione tra giudaismo e Risorgimento, tra sionismo e patria italiana” (Giovanni Spadolini, Paolo Vita-Finzi fra storia e diplomazia in sessant’anni di vita italiana, Fondazione Nuova Antologia, 1988).

Le delusioni della libertà ebbe nei primi anni Sessanta, come si è detto, una discreta notorietà. Oggi va letto come un’analisi pregevole di umori e ideologie che, come un fiume carsico, riaffiorano nella storia della civiltà europea. Epperò quella analisi contiene un ammonimento che vale anche in questo terzo decennio del terzo millennio. Basti citare il passo seguente: “Demos è nemico della competenza, e cioè della specializzazione delle funzioni, perché ‘vuol fare tutto da sé, senza intermediari’; il suo ideale sarebbe il governo diretto come ad Atene, quello che Rousseau chiamava ‘la democrazia’. Di tanto in tanto accarezza l’idea del mandato imperativo, che trasformerebbe i rappresentanti del popolo in semplici commissionari […]. E per forza deve appoggiarsi a quelle persone che hanno scarse idee personali, mediocre istruzione e nessun’altra risorsa al di fuori della carriera politica, cosicché sono inclini da un lato, e obbligate dall’altro a interpretare i desideri e seguire le passioni della folla”. Come non pensare al successo riscosso dai movimenti neopopulisti e dai partiti sovranisti (quelli che vogliono rimettere le cose in ordine) di casa nostra?

Durante la “Cena Trimalchionis”, l’unico grande frammento superstite del Satyricon di Petronio, tra portate sfarzose e goffe esibizioni poetiche del padrone di casa i convitati – liberti arricchiti, funzionari municipali corrotti, mogli vanesie e tiranniche – discettano a ruota libera di politica e cultura, lamentando la decadenza dei costumi nell’epoca neroniana. A un certo punto del luculliano banchetto prende la parola Echione, uno straccivendolo. Mestiere che allora aveva una rispettata funzione sociale. A Roma, infatti, il “collegium centonarum” (una sorta di associazione di pompieri) usava gli stracci (“centones”) per spegnere gli incendi. Rivolto all’unico intellettuale presente al simposio, il retore Agamennone, Echione gli chiede col suo linguaggio sgrammaticato: “Quia tu, qui potes loquere, non loquis?” (Perché, tu che sai parlare, non parli?). Oggi la stessa domanda andrebbe rivolta agli intellettuali che, di fronte ad autocrazie spietate e superbe, intolleranti e illiberali, hanno scelto la via, se non della complicità, del silenzio: “Perché tacete? Per codardia o per convenienza?”.

Il Foglio, 8 aprile 2023

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Allarme Pnrr, i rimedi possibili


Allarme Pnrr. L’abbondanza di risorse destinate al piano di ripresa si scontra con la povertà di capacità realizzative dello Stato. Però, il piano vale più del 10 per cento del Pil, come ha osservato sul Corriere della Sera Francesco Giavazzi il 5 aprile

Allarme Pnrr. L’abbondanza di risorse destinate al piano di ripresa si scontra con la povertà di capacità realizzative dello Stato. Però, il piano vale più del 10 per cento del Pil, come ha osservato sul Corriere della Sera Francesco Giavazzi il 5 aprile scorso, e rappresenta un grande esercizio innovatore che spinge l’intera Repubblica, a partire dai comuni, a misurarsi con il fattore tempo, sempre trascurato. Inoltre, è un esempio di attuazione di indicazioni europee che realizzano l’interesse nazionale e provano la coesione di tutta la politica italiana, perché si è partiti a metà del 2020 con il governo Conte e si è continuato con il governo Draghi, ed ora con il governo Meloni. Rinunciare a una parte dei fondi è contrario al nostro interesse.
Perché tanti dubbi, dunque? Qualcuno dice che si sono convogliati fiumi di denaro e si ha troppa fretta di spenderli. Qualcuno che si tratta di un traguardo impossibile e di un fallimento annunciato. Qualcuno lamenta che lo Stato è zoppo e non è in grado di attuare tanti obiettivi.

Qualcuno denuncia la «desertificazione delle competenze» nell’amministrazione pubblica. La situazione è stata ora analizzata in un’ampia relazione della Corte dei conti. Questa ha posto in luce i progressi fatti creando una struttura di missione alla presidenza del Consiglio dei ministri e un ispettorato generale al ministero dell’Economia e delle Finanze. Inoltre ha assunto 107 dirigenti, 544 altri funzionari e 366 esperti. Quando si passa, però, dal personale alle realizzazioni, si scopre che solo metà degli obiettivi che dovevano essere raggiunti nello scorso anno sono stati realizzati. I trasferimenti dallo Stato agli enti attuatori sono stati fatti per il 70 per cento, ma la metà delle misure interessate dai flussi finanziari è in ritardo e meno della metà dei fondi è stata effettivamente erogata. Inoltre, i dati finanziari dicono solo una parte della realtà, perché misurano gli impegni di spesa, non i risultati, per i quali si sarebbe al di sotto del 10 per cento degli obiettivi, con particolari ritardi nel settore scolastico e in quello dell’igiene urbana. Insomma, la spesa corrente vola, quella per investimenti ristagna. Si aggiunga che nel 2024-25 è previsto il picco della spesa, perché si dovrà esser capaci di spendere 45 miliardi per anno, per cui, se ora siamo in ritardo, lo saremo in misura maggiore nei prossimi anni.

Rimedi sono stati tentati, perché le difficoltà erano note. Un decreto-legge di ben 90 pagine, scritto in modo da assicurarne l’incomprensibilità, in corso di conversione in Parlamento, crea nuovi posti dirigenziali, istituisce strutture di missione, stabilizza personale non dirigenziale, tenta qualche semplificazione in materie varie, dalle università alle persone con disabilità, all’energia, ai rischi climatici, ai vigili del fuoco, all’edilizia scolastica, alla giustizia, ai beni culturali, all’energia, alle terre e rocce di scavo, alla politica agricola, alle politiche giovanili, piegando la maestà del legislatore fino a provvedere al finanziamento della tratta Montedonzelli-Piscinola della metropolitana di Napoli.

Un altro lunghissimo decreto-legge (circa 60 pagine, che sarebbero chiare se fossero state redatte in ostrogoto) è in preparazione, per il «rafforzamento della capacità amministrativa», pieno di disposizioni relative alle assunzioni, che vanno ad aggiungersi a quelle già compiute, che riguarderebbero 3.600 persone.

Insomma, più che provvedimenti mirati a rafforzare e accelerare, sono norme «omnibus», nelle quali spiccano, invece di razionalizzazioni, «abbuffate» di personale, per di più nelle strutture centrali, piuttosto che in quelle periferiche. Tutto è condito da frequenti ipocrite dichiarazioni per cui bisogna provvedere «senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica».
Ma basta aumentare il personale pubblico per rafforzare la capacità di realizzazione della pubblica amministrazione o bisognerebbe agire principalmente sui processi di decisione, sui meccanismi di incentivazione per il personale e sui troppo numerosi deterrenti penali e contabili che servono solo a spaventare gli onesti? E perché rafforzare principalmente le strutture centrali, in particolare quelle specializzate nei controlli, invece che puntare sulle strutture, specialmente quelle periferiche, su cui si può contare per le realizzazioni? Si sono valutati i pericoli di assecondare l’antica propensione dello Stato ad assumere impiegati per ridurre le tensioni del mercato del lavoro, una propensione che è spesso essa stessa all’origine delle disfunzioni amministrative?

L’esperienza recente della pandemia dovrebbe aver insegnato come gestire una situazione straordinaria. Non servono nuovi controlli, specialmente se affidati a vecchi controllori. Si tratta di poter fare affidamento su una centrale capace di mobilitazione e di monitoraggio, cioè di stimolare l’attuazione, seguire l’esecuzione, verificare i tempi, assicurarsi della ricezione e dell’applicazione dei nuovi principi. In secondo luogo, per raddoppiare la capacità della pubblica amministrazione, non basta affidarsi a nuove assunzioni o all’attività di formazione, come è nei programmi del ministro della Pubblica amministrazione. Occorre principalmente agire sugli snodi e sugli intoppi decisionali, come, per i lavori pubblici, è stato fatto con il codice dei contratti della pubblica amministrazione. Occorre, poi, saper ricorrere a terzi: ad esempio, se c’è bisogno di una nuova dotazione di tecnici, perché non mobilitare i nostri politecnici, oppure, se non si è capaci di gestire i vincoli, perché non valersi di bravi manager presi dal settore privato, chiamando e valorizzando energie che sono sparse dentro e fuori della pubblica amministrazione? Infine, bisogna saper decentrare con giudizio, conservando al centro soltanto un meccanismo di monitoraggio e di allarme.

Corriere.it

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La nuova arma legale degli Stati Uniti contro Cina e Russia


Una legge pensata per bloccare TikTok potrà essere usata anche per controllare, sanzionare ed espropriare le aziende che fanno affari con Cina e Russia.

Il governo degli Stati Uniti ne è convinto: TikTok è un problema di sicurezza nazionale e va vietato. Il sentimento comune è che il social network di ByteDance potrebbe essere a tutti gli effetti un cavallo di Troia del governo cinese per spiare gli Stati Uniti. Come misura preventiva, già a dicembre l’installazione dell’app è stata vietata su qualsiasi dispositivo federale.

Anche l’Unione Europea si è lasciata contagiare, e la Commissione ha recentemente deciso di vietare l’installazione di TikTok sui dispositivi dati ai burocrati europei.

Fa un po’ ridere, considerando che abbiamo passato gli ultimi due mesi a discutere di palloni spia nel cielo senza che nessuno sapesse esattamente cosa farne. In ogni caso, loro ne sono convinti, e probabilmente è anche vero.

Ne sono così convinti che il 7 marzo è stata introdotta una proposta di legge pensata proprio per giustificare legalmente un eventuale divieto totale dell’app. Purtroppo, la legge rischia di fare molto di più, e potrebbero esserci implicazioni anche per noi europei.

Presto, iscriviti prima che venga vietata pure Privacy Chronicles!

Il RESTRICT ACT


Il RESTRICT ACT (Restricting the Emergence of Security Threats that Risk Information and Communications Technology Act)1, così è chiamata la proposta di legge, conferisce al Secretary of Commerce il potere di identificare e gestire rischi “inaccettabili” per la sicurezza nazionale derivanti dall’uso di tecnologie ICT controllate da “foreign adversaries”.

Una prima lista degli avversari è già inclusa nella proposta di legge:

  • Cina, Hong Kong e Macao
  • Cuba
  • Iran
  • Korea del Nord
  • Russia
  • Venezuela, sotto il regime di Maduro (sì, è proprio scritto così)

Il Secretary of Commerce avrà poteri pressoché illimitati. Prima di tutto, avrà il potere, in consultazione col direttore della National Intelligence, di rimuovere o inserire foreign adversaries alla lista, in base al suo giudizio.

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Sono a Marsiglia, ospite del congresso del Partito Comunista Francese, aperto dalla relazione del segretario Fabien Roussel. Al centro del dibattito la lotta co



Artificiale


La battuta è che non si deve avere paura dell’intelligenza artificiale, bensì della stupidità naturale. Ma, fra articoli di fantascienza a sfondo horror e l’entusiasmo per potere delegare la scrittura dei compiti a casa e degli articoli a un computer, que

La battuta è che non si deve avere paura dell’intelligenza artificiale, bensì della stupidità naturale. Ma, fra articoli di fantascienza a sfondo horror e l’entusiasmo per potere delegare la scrittura dei compiti a casa e degli articoli a un computer, quel che colpisce è l’assenza di sensibilità politica, il buio di consapevolezza su cosa quel genere di problema comporta. Che non è mettersi in gara con Isaac Asimov a chi la immagina più fantastica o più tragica, bensì valutare se sia opportuno che un provvedimento del garante della privacy collochi l’Italia accanto a Cina, Corea del Nord e Russia, chiudendo gli accessi a una delle applicazioni AI (artificial intelligence), ovvero Chat Gpt.

Di cosa si deve avere paura? Il garante ha rilevato un trattamento opaco dei dati personali, a fronte di una capacità elevata di ciucciarli via. Ho l’impressione sia un rilievo a fondamento più analogico che digitale, ovvero la rispondenza a leggi e regolamenti, laddove, comunque, tutto quel mondo di applicazioni e interazioni non fa che costantemente portare via i dati personali. Cosa che, in alcuni casi, si è felici che avvenga: la piattaforma che uso per comprare libri mi fornisce suggerimenti e mi dà indicazioni su edizioni e lingue che non potrei raggiungere. In altri casi siamo nel criminale, come la rivendita di profilazioni. Fin qui, tutto sommato, ce la possiamo vedere fra il commerciale e il penale.

Però c’è anche la grandiosa potenza che AI può portare nel mondo connesso. Si deve averne paura? Dipende. Potrebbe essere utile in talune ricerche scientifiche e mediche, grazie all’enorme memoria e capacità di calcolo. Anzi, una delle cose che una regolamentazione dovrebbe imporre è proprio lo standard di interoperabilità, di modo che nessuno possa provare a portarsi via o bucare il pallone intelligente. E se la potenza superasse l’intelligenza umana? Sarebbe una creazione umana. E se una volta accumulati dati e interazioni l’AI sviluppasse anche sinapsi capaci di darle una “coscienza”? È uno sfondo adatto al citato Asimov o al grande Philip K. Dick (androidi e “Blade Runner”), ove il punto di contatto (facciamo scongiuri) era la consapevolezza della morte. Non lo sappiamo, può darsi accada, ma resto convinto che puoi imitare i poeti ermetici dopo avere letto l’ermetismo, non prima, Picasso dopo Pablo, non prima.

Insomma, il pericolo vero e immediato non è tanto che le macchine scappino di mano, ma che scappino quelli che hanno le macchine in mano. Perché tutto quel sistema, nato inseguendo una specie di ideale digito-libertario, ha generato l’opposto, è in mano a pochissimi, la cui potenza economica supera quella di molti Stati nazionali. Epperò sappiamo che innovazione e avanzamenti sono favoriti dalla concorrenza, che richiede trasparenza e monitoraggio, impossibili dove le concentrazioni diventano troppo forti e capaci di abusare del proprio potere. E noi qui stiamo. Questo è il problema. E la fortissima capacità d’inquinamento civile e democratico, mediante diffusione di notizie false rese verosimili, esclude che la faccenda si dirima con le buone intenzioni e le promesse di bontà.

In altre parole, servono regole. E qui arriva il nodo politico: sull’AI, come sulla carne coltivata, uno Stato nazionale può decidere di farsi fuori con le proprie mani, ma non ha la forza di metterle su un sistema così non localizzato e potente. E siccome le forze del male sono sempre in agguato, bisogna dotarsi della forza necessaria. Il che comporta regole sovranazionali e, se possibile, internazionali. Noi abbiamo l’Unione europea, che discute da tempo il tema, e relazioni commerciali occidentali. Quella è la sede. Ma non per un convegno di studi, bensì per delega di sovranità ed elaborazione di regole e strumenti, che hanno aspetti tecnici, ma sostanza tutta politica. Il guaio è che la politica non c’è. Ignora. E si torna al punto di partenza: occhio alla stupidità di chi pensa che proibendo ricerca e mercato si ottenga altro che immiserimento.

La Ragione

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La petizione- appello on line per le dimissioni di Ignazio Benito La Russa, nonostante anche molte/i rappresentanti dei due rami del parlamento non se ne siano


Così Nave Morosini porta il sistema-paese Italia nell’Indo Pacifico


“La missione che state per intraprendere è molto impegnativa ma allo stesso tempo affascinante, vi invidio e se potessi tornare indietro nel tempo farei la scelta di vita che voi avete intrapreso, arruolandomi in Marina Militare. Vi supporterò per tutta l

“La missione che state per intraprendere è molto impegnativa ma allo stesso tempo affascinante, vi invidio e se potessi tornare indietro nel tempo farei la scelta di vita che voi avete intrapreso, arruolandomi in Marina Militare. Vi supporterò per tutta la durata della campagna con convinzione ed orgoglio”, così il sottosegretario alla Difesa, Matteo Perego di Cremnago ha salutato l’equipaggio di Nave Francesco Morosini in partenza da La Spezia per l’Indo Pacifico.

Presenza nel cuore dell’Indo Pacifico

Nave Morosini, seconda imbarcazione della classe Pattugliatori Polivalenti d’Altura (Ppa) della Marina Militare è salpata ieri dalla base navale ligure per una campagna in estremo oriente che durerà 5 mesi. “Tenete alto l’onore e la bandiera della Marina Militare”, ha detto il capo di Stato maggiore della Marina, l’ammiraglio di squadra Enrico Credendino.

L’attività, che terminerà a settembre, vedrà l’unità italiana fare scalo in oltre una dozzina di porti e “farsi testimone del sistema Paese e dell’eccellenza dell’industria nazionale”, spiega la Marina, navigando “in un’area dove la nostra Marina manca da diversi anni, un mondo che conosciamo poco, ma su cui insiste un forte interesse strategico, militare, diplomatico e politico”, come ha commentato Credendino.

Ruolo duale e attività complementare

Il ruolo che Morosini svolge va oltre al valore militare del dispiegamento. Queste attività duali e complementari infatti permettono all’Italia di marcare una presenza fisica all’interno del più vivace dei quadranti globali, ambito di sfide e opportunità geopolitiche che segneranno il futuro. Attività che permetterà di “sviluppare sinergie addestrative con marine estere quali Giappone, Australia, Regno Unito, Stati Uniti d’America”, garantendo un’alta visibilità alla Marina e più in generale al Paese, e consentirà “di mostrare la nostra bandiera in acque molto complicate, per certi versi anche più districate di quelle del Mediterraneo”.

Tra le attività previste, per la promozione dell’eccellenza industriale della Difesa, la presenza al Singapore International Maritime Defence Exhibition (Imdex) e al Langkawi International Maritime ad Aerospace Exhibition (Lima). A seguire è prevista la partecipazione, nel Mar Cinese meridionale, all’esercitazione “Komodo 23” a conduzione indonesiana e incentrata sulla ricerca, il salvataggio e l’evacuazione di civili durante una situazione di crisi nella regione e che vedrà il coinvolgimento di tutti i principali paesi dell’area asiatica affacciati sull’Oceano Pacifico.

Gli scali nei porti amici

Durante la campagna il pattugliatore si spingerà fino all’estremo oriente e solcherà le acque del Mar Cinese – particolarmente sensibili perché oggetto delle rivendicazioni egemoniche di Pechino che coinvolgono vari partner italiani, come Giappone, Vietnam, Filippine e Taiwan. Arriverà a toccare i porti di Yokosuka, in Giappone (scalo previsto dal 14 al 18 giugno), dove si trova la base della Settimana Flotta statunitense. Successivamente, dal 21 al 24 giugno sarà a Pusan, in Corea del Sud. Le attività di Naval Diplomacy saranno effettuate in 15 porti di 14 Paesi dell’Indo Pacifico.

Tra gli altri porti toccati, Ho Chi Min (Vietnam), Bangkok (Thailandia), Langkawi (Malesia), Mumbai (India), Muscat (Oman), Karachi (Pakistan) e Jeddah (Arabia Saudita). Ma la nave farà scalo anche a Gibuti, dove l’Italia ha una base extraterritoriale, partecipando nelle acque del Corno d’Africa all’operazione antipirateria “Atalanta” e nel Mare Arabico Settentrionale e Golfo Persico/Arabico all’operazione “Agenor”, dimostrando come per Roma esiste continuità geostrategica tra gli ambiti del Mediterraneo allargato e quelli dell’Indo Pacifico – come d’altronde già dimostrato dalla recente attività a cui ha partecipato Nave Bergamini insieme a marine Usa e Ue.

Campagna orientale

“La campagna del Morosini in Estremo Oriente è una missione importante per una serie di “prime”: oltre ad essere la prima missione operativa assegnata alla nave e al suo equipaggio, è la prima volta che il Morosini opererà fuori dal bacino del Mediterraneo, in cui l’equipaggio dimostrerà le capacità acquisite durante la fase di addestramento. Sarà anche il primo momento per testare l’efficienza della piattaforma in un dispiegamento a lunga distanza dalle acque italiane”, ha dichiarato il comandante in capo della Squadra navale, l’ammiraglio di squadra Aurelio De Carolis.

La Morosini non sarà l’unica nave della Marina Militare italiana a navigare nelle acque dell’Estremo Oriente nel 2023. Anche la nave scuola Amerigo Vespucci transiterà in questa regione marittima durante la sua campagna di navigazione intorno al mondo che durerà dal prossimo luglio al febbraio 2025. Per quanto riguarda la potenziale campagna nella stessa area di un gruppo portaerei della Marina incentrato sulla portaerei Stovl Cavour, “per il momento non è in fase di pianificazione”, ha risposto l’ammiraglio De Carolis a una specifica domanda dei media. Il dispiegamento, altrove confermato, potrebbe avvenire anche nel 2024 inoltrato, dunque ancora la pianificazione potrebbe non essere stata avviata.

Qualità Made in Italy

“Parallelamente, questa campagna consentirà di mostrare, in importanti contesti internazionali, l’alto contenuto di innovazioni tecnologiche di questa moderna classe di navi che è stata sviluppata dall’industria della difesa italiana”, ha aggiunto De Carolis.

La Morosini è una nave altamente tecnologica, al suo primo impiego operativo dopo la consegna alla Marina Militare Italiana da parte di Fincantieri tramite l’agenzia Occar il 22 ottobre 2022 e l’assegnazione alla 1ª Divisione Navale della Marina Militare Italiana con sede a La Spezia. La costruzione e l’allestimento sono stati condotti nell’ambito del Centro Nuove Costruzioni e Allestimenti ITN (Marinalles) e dell’Ufficio Nuove Costruzioni Navali (Utnav) della Direzione Armamento Navale del Ministero della Difesa.

Oltre all’equipaggio, il Ppa Morosini imbarca per il dispiegamento in Estremo Oriente un distaccamento di volo con un elicottero SH-90A di NHIndustries, un team del gruppo sommozzatori del GOS (Gruppo Operativo Subacquei) del Comando Consubin e un distaccamento della Brigata San Marco per le attività di sicurezza e anfibie.


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