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In Francia lo “spirito repubblicano” dovrebbe confermare Macron


Chi vincerà le presidenziali in Francia? Di di sicuro il quadro non è così chiaro come 5 anni fa. Sulla carta lo “spirito repubblicano”, sostenuto, oltre che da chi al primo turno ha già votato Macron, anche da ciò che resta dei Republicains, dei centrist

Chi vincerà le presidenziali in Francia? Di di sicuro il quadro non è così chiaro come 5 anni fa. Sulla carta lo “spirito repubblicano”, sostenuto, oltre che da chi al primo turno ha già votato Macron, anche da ciò che resta dei Republicains, dei centristi, dei Verdi e di una sinistra che mai sosterrebbe la destra estrema, dovrebbe confermare l’attuale inquilino dell’Eliseo, ma questa è un’elezione completamente diversa da quella di 5 anni fa.

E’ dal 2002, da quando cioè Le Pen padre giunse al ballottaggio contro Chirac, che in Francia assistiamo a fenomeni che abbiamo poi visto in Europa, nel mondo occidentale e in Italia, anche se da noi, qualche volta, tutto si presenta più come farsa che come tragedia.

La crisi finanziaria che per anni ha scosso le fondamenta economiche e sociali dell’Occidente, la pandemia, l’ondata migratoria dei popoli in fuga dalla guerra e dalla povertà, hanno scosso non poco le basi delle democrazie liberali occidentali favorendo la crescita, a destra come a sinistra, di posizioni sempre più radicali che stanno presentando il conto ai sistemi politici usciti dalla seconda guerra mondiale.

In Francia le aree più tradizionali, più esposte alla concorrenza internazionale, i ceti sociali che meno sono stati in grado di adeguarsi alle sfide della globalizzazione si riversano a destra, chiudendosi nel recinto concettuale del “Prima la Francia”, che viene dopo al “prima l’America” di Trump e che ritroviamo sui muri d’Italia nei manifesti col faccione di Salvini e con scritto “Prima l’Italia”.

Per contro vediamo che Mélenchon, l’ex socialista massimalista già ministro di Jospin nel Governo di “coabitazione” con Chirac Presidente, ottiene il voto di moltissimi giovani, esattamente come Bernie Sanders, il vecchio leone socialista americano, alle primarie che hanno poi consacrato candidato Biden, col che emerge un disagio giovanile profondo in Occidente, fatto di speranze deluse, di incerte e mancate prospettive di vita e di lavoro.

Da un lato sventolano nuovamente le bandiere del pacifismo a senso unico, dei diritti civili, dell’ambientalismo assoluto, del mito della decrescita felice e del ritorno alla natura; dall’altro quelle dell’identità nazionale, del sovranismo, dell’autoritarismo.

C’è però un dato che accomuna queste posizioni apparentemente così distanti tra loro – e che emerge chiaramente nel dibattito in corso sulla guerra in Ucraina – ed è lo spirito antioccidentale e antiUE e da una visione economica dirigista, fondata su una concezione della spesa pubblica che, con linguaggio d’altri tempi, potremmo definire una “variabile indipendente”.

In un simile quadro, che capovolge i paradigmi delle democrazie liberali, in cui l’estrema sinistra sfiora il 30% e l’estrema destra lo supera, se anche Macron – come auspico – dovesse vincere dovrà affrontare una crisi sociale che, se non governata, rischia di aprire un solco ancora maggiore tra la maggioranza di governo e pezzi importanti della società francese.

La verità è che le conseguenze della crisi finanziaria, della pandemia e della guerra in Ucraina ci consegnano un mondo profondamente cambiato in cui la politica, anche quella con la “P” maiuscola, fa fatica a spiegare a 50 milioni di cittadini dell’UE poveri ed impoveriti da questi anni difficili le ricette per uscire dalle difficoltà.

E ciò vale, soprattutto, per le forze democratiche, che credono nel metodo liberale, che non hanno dimenticato che c’è una superiore esigenza di giustizia sociale ma che per distribuire la ricchezza occorre innanzi tutto produrla e che solo un’Europa federale può consentire a noi tutti di rimanere l’area del mondo col benessere più diffuso.

La destra nazionalista, la sinistra massimalista o quella populista questo non lo vogliono capire; d’altra parte se lo capissero perderebbero la loro stessa ragione di essere.

Ciò non toglie che questo sia il problema che hanno davanti a sé i governanti dell’Europa in questa fase storica: quello di proteggere i ceti popolari più colpiti dalla crisi e, nello stesso tempo, rilanciare un protagonismo economico e politico che dia una prospettiva alle nuove generazioni e che solo una condivisione della politica economica a livello europeo può rappresentare.

Un voto per la Le Pen – che non a caso ha abbassato i toni in campagna elettorale per accreditarsi come affidabile – se non produrrà nell’immediato conseguenze irrimediabili al quadro di unità europea (e non le produrrà!), certamente costituirà un impedimento al rafforzamento del processo di integrazione dell’UE che, corrodendone le basi fondative, aprirà scenari dissolutori dello spirito solidaristico che ha caratterizzato nel vecchio continente questi quasi 80 anni di storia.

C’è da augurarsi, quindi, che l’appello del vecchio socialista massimalista Mélenchon a non votare la destra venga raccolto dalla “France insoumise” e che Macron venga messo in condizione di portare a compimento le riforme che ridanno fiato all’economia francese e di poter così porre in essere un progetto di redistribuzione della ricchezza, senza il quale diventerà inevitabile l’ulteriore rafforzamento degli opposti radicalismi.

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Dal primo turno delle elezioni francesi, con Emmanuel Macron e Marine Le Pen che si sfideranno al ballottaggio il 24 aprile, è emerso un Paese profondamente polarizzato: la metà degli elettori ha dato la propria preferenza a partiti che contestano fo…


ORARI APERTURA MUSEO CIVICO ARCHEOLOGICO RODOLFO LANCIANI DI MONTECELIOGrazie alla convenzione tra il Comune di Guidonia Montecelio ed il GAL (Gruppo Archeologico Latino) Sezione Cornicolana il Museo Civico Archeologico Rodolfo Lanciani di Montecelio…


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All’università del Salento dimostrano un metodo efficace per aggirare la sicurezza delle transazioni online e avvisano Google, Apple & Co., che però non hanno soluzioni

Tre ricercatori italiani hanno scoperto come neutralizzare l’autenticazione a due fattori

All’università del Salento dimostrano un metodo efficace per aggirare la sicurezza delle transazioni online e avvisano Google, Apple & Co., che però non hanno soluzioni

di ARTURO DI CORINTO per ItalianTech/La Repubblica del 12 Aprile 2022

E se l’autenticazione a due fattori non fosse così sicura come pensiamo? Fino a ieri la possibilità di usare un altro pin, una seconda password, ricevute via app o sms ci sembrava il modo migliore per proteggere il tesoretto digitale della nostra vita onlife, ma adesso le nostre certezze vacillano: tre ricercatori italiani hanno dimostrato che anche questo secondo livello di sicurezza può essere neutralizzato e, per un hacker malevolo, in maniera relativamente semplice. Guerra digitale

Franco Tommasi, professore associato di Elaborazione delle Informazioni presso il Dipartimento di Ingegneria dell’Innovazione dell’Università del Salento, coautore di uno standard Internet, insieme a Christian Catalano e Ivan Taurino, hanno messo a punto un tipo di attacco informatico che permette di bypassare l’autenticazione a due fattori (2FA). Ed è una notizia che adesso preoccupa anche gli esperti di cybersecurity fuori dell’Accademia. Di fronte all’emergere massiccio della criminalità informatica che sfrutta largamente il furto delle credenziali e le password deboli per entrare nella vita delle vittime bersaglio, la 2FA ha rappresentato un grosso passo avanti dal punto di vista della sicurezza limitandone i rischi essendo capace di arginare anche i cosiddetti attacchi a “forza bruta”, ma la ricerca prodotta dai tre scienziati spiega come la sua efficacia sia drasticamente ridotta per gli utenti meno accorti.


dicorinto.it/testate/repubblic…



Privacy Daily – 13 aprile 2022


La presidente dell’FTC Lina Khan chiede un cambio di paradigma sulla privacy dei dati Nel suo primo, importante discorso sulla privacy da quando ha preso…

La presidente dell’FTC Lina Khan chiede un cambio di paradigma sulla privacy dei dati

Nel suo primo, importante discorso sulla privacy da quando ha preso il timone della Federal Trade Commission, il presidente Lina Khan ha chiesto al governo federale di incrementare la sorveglianza sugli abusi nei confronti dei dati in considerazione delle ampie possibilità di controllo contentite dalla tecnologia moderna.”Il ruolo centrale che gli strumenti digitali continueranno a svolgere ci invita a considerare se vogliamo vivere in una società in cui le aziende possono condizionare l’accesso a tecnologie e opportunità da parte di utenti che devono arrendersi alla sorveglianza commerciale”, ha affermato Khan durante il discorso programmatico al Global Privacy Summit di Washington.

FTC Chair Lina Khan calls for a paradigm shift on data privacy

In her first major privacy address since taking the helm of the Federal Trade Commission last year, Chair Lina Khan called for the federal government to expand its policing of data abuses to account for the vast “surveillance” enabled by modern technology. “The central role that digital tools will only continue to play invites us to consider whether we want to live in a society where firms can condition access to critical technologies and opportunities on users having to surrender to commercial surveillance,” Khan said during a keynote address at the Global Privacy Summit on Monday in Washington.
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washingtonpost.com/politics/20…


L’EDPB esprime preoccupazione per le proposte di riforma per l’APD belga

Il comitato europeo per la protezione dei dati ha espresso preoccupazione per gli sviluppi legislativi proposti che avrebbero ripercussioni sull’autorità belga per la protezione dei dati. In particolare, l’EDPB teme che un disegno di legge “rafforzi il controllo parlamentare” sul DPA. In una lettera alla Camera dei rappresentanti belga, al primo ministro belga e al segretario di Stato belga, l’EDPB ha scritto che il regolamento generale dell’UE sulla protezione dei dati “richiede specificamente che ciascuna autorità di controllo agisca in completa indipendenza nello svolgimento dei propri compiti e nell’esercizio dei propri poteri ( Articolo 52, paragrafo 1, GDPR).”

EDPB expresses concern about proposed reforms for Belgian DPA

The European Data Protection Board expressed concerns about proposed legislative developments that would affect the Belgian Data Protection Authority. Specifically, the EDPB is concerned that a draft law would “strengthen parliamentary oversight” over the DPA. In a letter to the Belgian Chamber of Representatives, the Belgian prime minister and the Belgian state secretary, the EDPB wrote the EU General Data Protection Regulation “specifically requires that each supervisory authority shall act with complete independence in performing its tasks and exercising its powers (Article 52(1) GDPR).”
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iapp.org/news/a/edpb-expresses…


Tim Cook di Apple avverte di “conseguenze indesiderate” nella legislazione antitrust sugli app store

L’amministratore delegato di Apple, Tim Cook, è andato all’offensiva contro gli sforzi per regolamentare l’App Store. avvertendo che la proposta di legge intesa a migliorare la concorrenza potrebbe “minare” la protezione della privacy e della sicurezza sui prodotti dell’azienda.

Apple’s Tim Cook warns of ‘unintended consequences’ in app store antitrust legislation

Apple chief executive Tim Cook went on the offensive against efforts to regulate the App Store in a rare public speech on Tuesday, warning that proposed legislation intended to improve competition could “undermine” the privacy and security protections on the company’s products.
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edition.cnn.com/2022/04/12/tec…


guidoscorza.it/privacy-daily-1…



Intervista Di Corinto a Ticino notizie TV


Arturo di Corinto e' giornalista e docente di identita' digitale, privacy e cybersecurity all'Universita' Sapienza di Roma. In Rai ha presentato Codice: la vita e' digitale e pillole di Inclusione Digitale su RaiPlay. Ci svela la portata dei recenti attac

Intervista ad Arturo di Corinto: tra identità digitale e cyber attacchi

7 Aprile 2022

youtube.com/embed/wv-EQVQpO-0?…

Arturo di Corinto e’ giornalista e docente di identita’ digitale, privacy e cybersecurity all’Universita’ Sapienza di Roma. In Rai ha presentato Codice: la vita e’ digitale e pillole di Inclusione Digitale su RaiPlay. Ci svela la portata dei recenti attacchi cyber al nostro governo, ad aziende pubbliche e privati. Ci insegna i principi della cybersecurity, come difenderci e come raggiungere una consapevolezza digitale.


dicorinto.it/tipologia/intervi…



L'evento si è tenuto in modalità Zoom webinar martedì 12 aprile alle ore 11:00. ISPI è da sempre attento a garantire nella propria attività e struttura un ambiente inclusivo, attento alle diversità di genere e alla pluralità di voci nella realizzazio…


Los Streaks - Reaccion Sicotica 1967-2022, Munster Records


Riedizione in riduzione, da formato 12” a 7”, di quello che fu il capolavoro, datato 1967, dei colombiani Los Streaks: Operación A Go-Go.

Licenziato a suo tempo dalla Codiscos Zeida, etichetta colombiana che dal 1960 continua a riversare gioie garage beat sul pianeta terra e tutt’ora in attività (un altro nome storico di punta sono i Los Flippers, tanto per dire…), Operación A Go-Go è una delle testimonianze più credibili della bontà della scena Garage colombiana e che oggi viene riproposto dalla spagnola Munster, da sempre fonte di Garage latino squisito ed impeccabile.

iyezine.com/los-streaks-reacci…



Lunedì 11 aprile i due correlatori del Parlamento europeo hanno finalizzato la bozza di relazione sull’intelligenza artificiale (AI), su cui hanno trovato un terreno comune. Le questioni più controverse sono state per il momento messe da parte. Il liberale Dragoș...


Intelligenza artificiale nell’era digitale (AIDA), un comitato speciale istituito nel settembre 2020 per analizzare l’impatto orizzontale dell’intelligenza artificiale sulla società, ha terminato i suoi lavori con un rapporto di iniziativa, adottato martedì 22 marzo. Il rapporto AIDA ha avuto un...




no surprises, please

dissapore.com/notizie/kinder-s…



La vita è un gioco di Monopoli
link.trom.tf/Smx6Tsft

" @Tio di TROM spiega il concetto della nostra società basata sul commercio utilizzando il gioco di monopoli come esempio."

Video realizzato da @Dima

Iscriviti al suo Peertube qui link.trom.tf/KQPVbxaL e Youtube qui link.trom.tf/DkNzDW6e


Life is a Monopoly Game https://link.trom.tf/Smx6Tsft

"Tio from TROM explains concept of our trade-based society using Monopoly Game as an example."

Video made by @Dima

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Big thanks to Dima for the video! #tromlive




Maroussia di P.-J., dopo la morte di Bogdan Khmelnitsky, in un'Ucraina in parte soggetta alla Russia, in parte alla Polonia.


La diplomazia langue, mentre sul campo sono ore decisive per la sorte di Mariupol. L’Europa discute di nuove sanzioni e Washington chiede all’India di prendere una posizione più dura nei confronti di Mosca. “Non è stato un incontro amichevole”.


Aggiungi due posti a tavolaFinlandia e Svezia potrebbero presto entrare nella NATO. Un “effetto collaterale” della guerra impensabile fino a pochi mesi fa, ma ora sempre più concreto.


Ucraina: questa guerra di armi ci ha fatto svegliare da un lungo torpore collettivo in cui il sonno della ragione ha preso il sopravvento


Cosa significherebbe una vittoria di Le Pen per la Francia, l'Europa e il mondo? Una risposta dal Center for European Reform



Ecco come l'Occidente sta lavorando per l'isolamento diplomatico e geopolitico della Russia. Una complessità di relazioni internazionali si vanno a rescindere


Governare il futuro – Musk “compra” Twitter e Twitter diventa più rispettosa della libertà di parola


Elon Musk l’uomo più ricco del mondo ha comprato due miliardi e mezzo di euro in azioni di Twitter divenendone uno dei maggiori azionisti e…

Elon Musk l’uomo più ricco del mondo ha comprato due miliardi e mezzo di euro in azioni di Twitter divenendone uno dei maggiori azionisti e garantendosi un posto nel consiglio di amministrazione della società.
E questo è accaduto dopo che lo stesso Musk aveva a più riprese contestato Twitter di non rispettare abbastanza la libertà di parola dei suoi utenti e lasciato filtrare l’intenzione proprio per questo di creare un nuovo social network. Poi all’improvviso l’inversione a U, e la decisione di provare a cambiare Twitter dall’interno.

Insomma l’impressione è che un gigante dei social network come Twitter possa rispettare più o meno la libertà di espressione dei suoi centinaia di milioni di utenti a seconda che tra i suoi soci di maggioranza e nel suo consiglio di amministrazione sieda Elon Musk o qualcun altro. Ma è davvero così e soprattutto è democraticamente sostenibile che sia così?
Me lo ha chiesto qualche giorno fa Roberto Sommella, direttore di Milano Finanza, e gli ho risposto più o meno così. Ma è una di quelle questioni sulle quali non esistono – credo – risposte giuste o risposte sbagliate. L’importante è aver voglia di confrontarsi.

Continua ad ascoltare il podcast su HuffPostItalia.


guidoscorza.it/governare-il-fu…




Ucraina: gli adolescenti desiderano la pace e vogliono fare cose ordinarie, come incontrare la famiglia e gli amici, fare passeggiate.


Stanzione "Anche i cellulari protetti dal telemarketing ma serve un aiuto europeo" Intervista a Pasquale Stanzione, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali (di Alessandro Longo, La Repubblica, 12 aprile 2022) L'arrivo del nuovo re...


Ernesto Balducci, padre scolopio, intellettuale, scrittore ed editore, ad acquisire una diversa concezione del pacifismo, che rifiutava il concetto di ‘guerra giusta’.


Chi sono le persone che oggi decidono di andare a combattere per una causa lontana? Più della metà ha posizioni di estrema destra, e la maggioranza viene dalla Russia. Il resto da paesi occidentali, tra cui l’Italia.




Privacy Daily – 12 aprile 2022


ONU: I sistemi di protezione dei dati devono trovare un equilibrio tra tutela della privacy e integrazione economica Il Relatore alla Privacy delle Nazioni Unite…

ONU: I sistemi di protezione dei dati devono trovare un equilibrio tra tutela della privacy e integrazione economica

Il Relatore alla Privacy delle Nazioni Unite Ana Brian Nougrères ha esortato il Consiglio per i diritti umani affinché ci creai un sempre maggiore equilibrio tra la tutela del diritto fondamentale alla privacy e la libera circolazione di beni, persone, servizi e capitali, garantendo nel contempo l’integrazione economica e sociale. In un rapporto all’HRC, il relatore speciale delle Nazioni Unite sul diritto alla privacy ha affermato che è fondamentale per gli attori statali e non statali porre fine alle pratiche discriminatorie nei campi dell’intelligenza artificiale, della robotica, dell’internet delle cose, del virtuale realtà, realtà aumentata, biotecnologie, tecnologia blockchain e videosorveglianza di massa che potrebbero rappresentare una minaccia per la privacy.

Data protection systems must find balance between protecting privacy and economic integration – UN expert

Data protection systems must find balance between protecting privacy and economic integration, said Anna Brian Nougrères, UN Special Rapporteur on the right to privacy. In a report to the Human Rights Council. Special Rapporteur said it was crucial to overcome potential technological challenges to privacy, particularly discriminatory practices carried out by both State and non-State actors in fields of artificial intelligence, robotics, the internet of things, virtual reality, augmented reality, biotechnology, blockchain technology and mass video-surveillance.
674749
ohchr.org/en/press-releases/20…


L’IMY svedese: parere sul quadro transatlantico UE-USA per la protezione dei dati

‎L’autorità svedese per la protezione dei dati, Integritetsskyddsmyndigheten, ha espresso un parere sull’accordo UE e STATI Uniti per il Trans-Atlantic Data Privacy Framework, affermando che “l’accordo in linea di principio è solo un primo passo nel processo di prendere una decisione su un livello adeguato di protezione che può costituire la base per il trasferimento di dati personali negli Stati Uniti”. Inoltre, l’IMY sottolinea che “l’accordo di principio non comporta alcun cambiamento per coloro che ora vogliono trasferire i dati personali negli Stati Uniti”.

Swedish IMY issues opinion on the EU-US Trans-Atlantic Data Privacy Framework

Sweden’s data protection authority, Integritetsskyddsmyndigheten, issued a statement on the EU and U.S. agreement for the Trans-Atlantic Data Privacy Framework, saying “the agreement in principle is only a first step in the process of making a decision on an adequate level of protection that can form the basis for the transfer of personal data to the U.S.” Further, the IMY emphasizes “the agreement in principle does not entail any change for those who now want to transfer personal data to the United States.”
674751
EDPB uttalar sig om Trans-Atlantic Data Privacy Framework (imy.se)


Reuters: alti funzionari dell’UE presi di mira da spyware

L’anno scorso alti funzionari della Commissione europea sono stati presi di mira attraverso un software spia progettato da una società di sorveglianza israeliana, secondo la documentazione esaminata da Reuters. Tra loro Didier Reynders, già Commissario europeo per la giustizia dal 2019, secondo uno dei documenti. Almeno altri quattro membri del personale della commissione sono stati monitorati. Due funzionari dell’UE hanno confermato che il personale della Commissione fosse stato soggetto a sorveglianza, ma non hanno fornito dettagli.

Reuters: Senior EU officials were targeted with spyware

Senior officials at the European Commission were targeted last year with spy software designed by an Israeli surveillance firm, according to two EU officials and documentation reviewed by Reuters. Among them was Didier Reynders, a senior Belgian statesman who has served as the European Justice Commissioner since 2019, according to one of the documents. At least four other commission staffers were also targeted, according to the document and another person familiar with the matter. The two EU officials confirmed that staffers at the commission had been targeted but did not provide details.
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reuters.com/technology/exclusi…


guidoscorza.it/privacy-daily-1…



Referendum on line: Garante Privacy, servono più garanzie Il Garante per la protezione dei dati personali ha reso al Ministero per l’innovazione tecnologica il parere sullo schema di dpcm che fissa le regole della piattaforma per la raccolta delle fi...


On March 11, two weeks after the creation of Ukraine’s International Legion, Russian President Vladimir Putin announced that he would approve the deployment of up to 16,000 Middle Eastern fighters to support Russian-backed rebels in Ukraine.


ÜT - Il Pozzo e La Piramide - Autoproduzione 2022 #iyezine #noise #mathrock


Il rumore può assumere molte forme, come un disco può essere una moltitudine di cose diverse. Non si tratta in questo caso di punti di vista, ma della natura del disco stesso.

iyezine.com/ut-il-pozzo-e-la-p…

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Nella guerra ucraina vista dall'Occidente tutto è o bianco o nero. E invece la gran parte è grigia, e senza il grigio si fa solo propaganda


Ucraina: “Putin non può ammettere di aver sbagliato perché non crede di essere in errore“ Ecco cosa c’entra l’intelligence russa


Andrea Riccardi: ci sono tante guerre nel mondo e la guerra oggi si eternizza, per questo bisogna prevenirle


Questa guerra ci impressiona perché è vicina, perché sconvolge l’Europa dopo ottanta anni di pace, perché è di grande violenza e rischia di oltrepassare per la prima volta la linea rossa che mai si sarebbe pensato fosse oltrepassabile, quella del nucleare

Questa guerra ci impressiona perché è vicina, perché sconvolge l’Europa dopo ottanta anni di pace, perché è di grande violenza e rischia di oltrepassare per la prima volta la linea rossa che mai si sarebbe pensato fosse oltrepassabile, quella del nucleare. Però quante guerre ci sono nel mondo?
È una domanda molto interessante. Io me la sono posta facendo una conversazione con alcuni amici africani che dicono che questa è una guerra tra noi europei, mentre ci sono altre guerre come quella in Etiopia o nel nord del Mozambico, poi c’è il jihadismo nel Sahara e la guerra in Siria che dura da undici anni. Dobbiamo però guardare alla guerra in Siria anche quando riflettiamo sull’Ucraina. Molti non europei dicono: questa guerra voi la fate grossa perché è una guerra vostra, e vi commuovete perché le vittime sono i bianchi. Non avete fatto così con i siriani quando accorrevano in Europa, e l’Europa si divise, e proprio i paesi di Visegrad erano i più duri. La cancelliera Merkel rispose nel modo che tutti ricordiamo: “noi possiamo”, e ha accolto un milione di rifugiati siriani. C’è la verità.

Ma la prossimità ha avuto un ruolo importante.
Ha ragione lei quando dice che è una guerra prossima, e aggiungerei che gli ucraini sono fra noi. Le donne ucraine lavorano nelle nostre case, sono badanti delle nostre mamme, sono nella nostra società. Però mi sono preso la briga di andare a guardare la distanza. Roma è più vicina a Damasco geograficamente di quanto lo sia a Kiev, anche se forse la vicinanza culturale è più forte. Ma lo è da un pugno di anni, perché prima dell’ottantanove l’Ucraina era lontanissima, il mondo comunista era lontanissimo. Io ricordo che insegnavo a Bari e l’Albania, che era a un centinaio di chilometri, pareva distante migliaia e migliaia di chilometri. Oggi l’Ucraina è vicina. Però c’è un altro motivo.

Quale?
Lei parlava di linea rossa che si supera. Io credo che questa è la guerra più drammatica dal 1945 perché è coinvolta una potenza nucleare, e quindi questa guerra può diventare una guerra europea e una guerra totale. Ci fu la crisi di Cuba nel 1962, ma fu una crisi e questa invece è una guerra. Questa è la differenza. Può incendiare il mondo. In questo senso mi permetto di dire che ci sono molte altre guerre, e non bisogna dimenticarle, però questa guerra deve attrarre la nostra attenzione perché se diventa guerra totale è una tragedia per gli ucraini prima di tutto, ma per gli europei e per il mondo. Non è pavidità cercare di contenere la guerra, è responsabilità.

Come si fa a non essere sensibili al grido di dolore degli ucraini che chiedono di poter essere messi in condizione di difendersi dalla morte? Le loro città sono distrutte e, come dice spesso il Papa, le vere vittime della guerra alla fine sono i popoli.
Io credo di sì, le vere vittime sono i popoli. Sono molto coinvolto nella vicenda ucraina. Sono stato al confine ucraino-slovacco e ho visto gli ucraini passare la frontiera e lasciare il proprio paese. In vita mia ho incontrato varie volte profughi e rifugiati, ma questa volta mi hanno fatto una impressione tutta diversa. Molto orgogliosi, quasi fieri. Un popolo di donne, perché sono le donne con i bambini, propri o affidati, con qualche anziano, che vanno via. Con un piumino, qualche bagaglio, magari un animale, escono a testa alta e vogliono rimanere in Polonia, vicino all’Ucraina, perché pensano di rientrare. Così l’Ucraina non è morta ma vive, vive in queste donne, in queste famiglie, nelle telefonate tra queste donne e i loro uomini che combattono, o resistono, o continuano a vivere in patria. La mia sensazione è che l’Ucraina è colpita, distrutta, ma tutt’altro che morta. La mia sensazione è che oggi essa sia più viva di ieri. Vorrei dire che l’aggressione russa all’Ucraina ha fatto il miracolo, cioè ha unificato gli ucraini che fino a ieri erano divisi. La politica degli ultimi anni era dividere gli ucraini, russofoni, russofili, oligarchi, gruppi e via dicendo. L’Ucraina si è tutta unita, difende se stessa, si sente nazione come non mai. Vinca o perda, l’Ucraina non si perde.

Soprattutto, dicono, noi difendiamo la libertà e la democrazia, difendiamo i valori che abbiamo in comune con voi. Questo è un altro messaggio importante che arriva all’Occidente.
Sì, è un messaggio molto importante che tocca ad esempio i cuori dei parlamenti europei a cui Zelensky ha parlato. Qui dobbiamo anche vedere la trasformazione di questo personaggio. Non dimentichiamoci che Zelensky è russofono, parla perfettamente ucraino ma è russofono, e peraltro ebreo. Questo ci dice la storia composita dell’Ucraina, e come quest’uomo che culturalmente apparterrebbe due volte a una minoranza, quest’uomo è divenuto il simbolo del carattere ucraino e dell’unità del Paese. Per questo dico che c’è stato un errore di calcolo da parte del presidente Putin, che forse sperava che l’Ucraina avrebbe accolto con i fiori i soldati russi. In realtà, invece, di fronte all’invasione russa l’Ucraina si è compattata. Ha avuto la capacità di resistere. Noi parliamo sempre di armi, e la guerra si fa con le armi, ma anche lo spirito di un Paese e dei suoi combattenti è importante, e lo spirito degli ucraini, combattenti o no, è molto forte, e questo secondo me è un messaggio importante alla Russia, all’Europa e all’Occidente.

In molti paesi si notano più divisioni che in Ucraina. Né con la NATO né con l’Ucraina, dice qualcuno in Italia. Perché sta succedendo? Io lo noto anche nelle chiese. Le parole del Papa sono nette. Però nelle chiese di diversi paesi ho l’impressione che non ci sia lo stesso coinvolgimento.
Il Papa ha fatto un discorso molto forte perché ha parlato della guerra come pazzia, ha condannato l’invasione in modo molto caldo quando ha toccato i frutti di questa invasione, quando è andato al Bambin Gesù a visitare i bambini feriti e ha avuto parole molto forti. Poi c’è stato il tema del due per cento, e il Papa ha parlato. Poi ha parlato dell’abolizione della guerra come sogno. Guardi, questo discorso ha fatto echeggiare in me un ricordo di Sturzo, che a un certo punto scrive: ma è possibile che non si arrivi ad abolire la guerra? Siamo arrivati ad abolire la schiavitù! E poi dice: ci sono biblioteche intere piene di trattati che dicono che l’economia finirebbe senza gli schiavi, ma ci siamo riusciti. Mi ha molto colpito perché Sturzo non era un sognatore, un utopista. Era un uomo preciso, che aveva perfino il gusto del diritto amministrativo, dell’amministrazione, eppure sognava la fine della guerra. Ora c’è questo vecchio Papa, che in fondo è rispettato nelle sue posizioni: abbiamo visto i governi che hanno concordato col Papa, anche se l’aumento al due per cento c’è stato.

Ma nella Chiesa cattolica si fa eco alle parole del Papa?
A me sembra che le chiese cattoliche europee siano in uno stato di introversione, cioè la Chiesa cattolica francese ha il problema della gestione degli scandali, la Chiesa cattolica tedesca non ha detto una parola sul riarmo della Germania, e questo mi ha molto colpito, perché, al di là del sì e del no, quello è un grande tema, che dagli anni Quaranta è stato elaborato. Il problema della Chiesa cattolica tedesca piuttosto è il cammino sinodale. Poi ci sono mormorii in Italia, in Spagna eccetera. Non c’è stato un dibattito. Ma se la Chiesa deve uscire nella storia, questa è la storia: la guerra è la storia di oggi. Poi in Polonia hanno una posizione molto critica verso il Papa perché, si dice, il Papa non condanna Putin. Cioè non dice che Putin è un aggressore. Ma il Papa ha condannato l’aggressione. I Papi in un certo senso non condannano mai e non si schierano mai. Questa è una posizione antica, si schierano per la pace. Non sono un tribunale dell’Aja che condanna gli aggressori. Anche perché la Chiesa è internazionale. Ci sono cattolici in Russia, ci sono cattolici in ogni paese. Qui vengo alla seconda parte della sua domanda, che è il mondo ortodosso.

Ci spieghi.
Innanzitutto vediamo mezzo secolo di ecumenismo in crisi, con una divisione fortissima dei cristiani. Ma c’è anche la divisione interortodossa. Ma dov’è il blocco russo-ortodosso di Huntington che dovrebbe fare guerra di civiltà all’Occidente quando gli ortodossi si uccidono tra loro? Ma poi che ortodossi: gli ortodossi della stessa Chiesa, che è la Chiesa del patriarcato di Mosca. Vediamo l’esarca del patriarcato di Mosca in Ucraina che critica duramente il patriarca Kirill e critica duramente il presidente Putin. Poi vediamo che in Ucraina c’è una Chiesa ortodossa riconosciuta da Costantinopoli che ha un’altra posizione. Mi tornava in mente la domanda che alcuni pionieri dell’ecumenismo si posero durante e dopo la prima guerra mondiale: la divisione dei cristiani non favorisce la guerra? Diceva un romanziere: povero Dio, chi deve ascoltare? I francesi pregano per la loro vittoria, i tedeschi perla loro. E Dio? In questo c’è stata sempre la posizione del papato lungo tutto il Novecento: pace, e non vittoria. C’è un bel discorso di Papa Francesco del 2012 che dice: sento parlare di vittoria e di sconfitta, vorrei sentire parlare di pace.

A proposito di pace, la Comunità di S. Egidio ha proposto che Kiev diventi una città aperta, come Roma nel ’43. Che significato avrebbe?
La proposta che abbiamo fatto è una proposta legata al fatto di salvare la città, di evitare i combattimenti dentro la città, ed è poi una proposta che tocca il carattere della città, perché Kiev non è solo la capitale dell’Ucraina, ma è la Gerusalemme dell’ortodossia slava. In un certo senso se i russi bombardano Kiev è come se gli italiani bombardassero Roma, perché Kiev viene definita la madre di tutte le città russe. La stessa proposta facemmo per Aleppo, e all’epoca fu presa in esame. Oggi non mi sembra abbia avuto grande attenzione. La Comunità di S. Egidio è nell’est d’Europa. È in Russia, ma è anche a Kiev ed è a Leopoli. Abbiamo organizzato un centro per l’assistenza ai profughi e ai rifugiati con molta forza, molta energia, ed anche a Kharkiv un piccolo gruppo ha continuato a lavorare per i più anziani. Purtroppo una delle nostre due sedi a Kiev è stata colpita. Ci ha fatto molta impressione, perché in questa sede, che era uno scantinato, erano nascosti una famiglia e un disabile che per fortuna sono rimasti illesi.

L’Europa si è risvegliata con il Covid. Adesso appare molto più unita. Quantomeno nelle sanzioni. Manca ancora qualcosa però a questa Europa. Che cosa impedisce all’Europa di essere una protagonista al livello delle altre superpotenze mondiali?
Lei ha toccato un nodo fondamentale. L’Europa ha gestito insieme il Covid e questo è stato un grande fatto. I Paesi europei si sono allineati sulle sanzioni, ma in un certo senso non hanno giocato un ruolo. Forse il cancelliere tedesco, il presidente francese hanno parlato con Putin ma non hanno giocato un ruolo particolare. Io confido molto nella mediazione turca, ma non posso non notare con un qualche stupore, non dico amarezza perché faccio gli auguri alla grande diplomazia turca, che alla Turchia appunto sia affidata la mediazione. La prima crisi ucraina fu risolta dagli europei con gli accordi di Minsk. Che oggi la situazione sia mediata dalla Turchia è significativo di una qualche impotenza dell’Europa. Si dice che l’Europa sta da una parte e quindi non può mediare. Ma il vero problema è questa Europa. Anche l’aumento delle spese militari al due per cento.

Costruire uno strumento europeo di difesa?
Prima di costruirlo occorre costruire una politica estera comune. O l’Europa riesce a fare questo grande salto, e allora sarà un elemento fondamentale nella storia, una protagonista pesante, oppure il rischio è quello dell’irrilevanza, e i Paesi irrilevanti qualche volta sono anche pericolosi. Se l’Europa sarà irrilevante, e non riuscirà a unificarsi sulla politica estera e militare, questo nella storia del mondo significherà molto. Mi piace citare in proposito la frase di Padoa Schioppa: una forza gentile. Gentile, ma una forza.

Ma quale Europa? Quella dell’Unione?
Quella che ci sta. Ad oggi vedo i paesi dell’Europa occidentale. Quelli dell’Europa orientale stanno vivendo il loro Risorgimento, e giustamente. Questo sarebbe il futuro dell’Italia nel Mediterraneo, un Paese euro-mediterraneo.

Arriveranno molti migranti, da più confini. Noi siamo abituati a sentire la pressione dal Mediterraneo, ma non hanno mai smesso di arrivare dal confine est i siriani. Adesso si apre questo nuovo fronte, saranno milioni.
Secondo me questo sentimento di accoglienza che si vive in tutta Europa è un sentimento popolare, perché tutti vorrebbero fare qualcosa, e infatti tutti partecipano. Osservo il modo con cui ciascuno va a vedere le notizie e poi ti informa su quanto accade. Questo secondo me è un desiderio di Europa e di mondo da non perdere. Dove posso lo dico a tutti quelli che sono impegnati in politica e nei media. A tal proposito dobbiamo ringraziare gli inviati, perché senza gli inviati sul campo non avremmo seguito allo stesso modo questa guerra e l’avremmo dimenticata come abbiamo dimenticato la guerra in Siria.

Siamo pronti ad accoglierli?
C’è questa solidarietà e questo interesse che è voglia di Europa e di mondo, dopo il Covid. È un fatto molto importante, che i partiti, le forze sociali, gli intellettuali, le chiese devono cogliere, perché è una voglia di politica, in senso lato. Mi pare che l’“invasione” degli ucraini in Italia, come anche in Germania, sia piuttosto relativa. Crescerà, sicuramente fino a quando la guerra non si fermerà, ma sono numeri piuttosto relativi anche perché molti vorranno ritornare in Ucraina. Il problema è per la Polonia, e per la Polonia è un grande paradosso, perché è quella Polonia che disse no ai siriani, quella Polonia che contro quel pugno di afghani che erano ai confini con la Bielorussia, con quel gioco sporco che fece la Bielorussia, schierò l’esercito. La Polonia oggi accoglie. Sono stato a Varsavia, è un’accoglienza generosa, un’accoglienza fatta anche dalla gente comune. Certo, i numeri sono grandi, quindi tra poco la Polonia dovrà chiedere le quote e una distribuzione agli altri paesi europei.

Perché in questa guerra pare ci sia ancora più difficolta che in altre ad aprire dei veri corridoi umanitari?
L’espressione corridoio umanitario è un’espressione il cui senso si è molto allargato. Noi, come S. Egidio, con gli amici valdesi, lo abbiamo rilanciato per i profughi siriani in Libano, poi l’abbiamo praticato con l’Afghanistan, la Libia, il Corno d’Africa. Ormai l’idea del corridoio umanitario è l’idea di salvezza attraverso cui ci si può rifugiare, nel cuore della guerra, ad esempio in Europa. Perché? Perché il corridoio richiede uno spazio di tregua, spazio che non abbiamo avuto nella guerra in Ucraina. Una tregua anche limitata è necessaria.

È ancora possibile lasciare, secondo lei, una via d’uscita a Putin?
Io penso che le nostre preoccupazioni nei confronti della Russia, l’interesse dell’Ucraina, la costruzione di un nuovo futuro di pace, perché dopo questa guerra dobbiamo costruire un ordine in Europa, lo richiedano. Una via d’uscita bisogna lasciarla. Ho letto nei giornali che dovremmo lasciare una Sant’Elena a Putin. Non facciamo però di Putin Napoleone, come noi non siamo in un clima di Santa alleanza. Secondo me il vero problema è trovare una via realistica di uscita per i russi e salvare la libertà e la democrazia per gli ucraini.

È possibile questo?
Io credo sia possibile, e bisogna farlo con realismo e anche senza sacrificare troppo. Questa è la linea dei negoziati, e i negoziatori si devono muovere su questa linea difficile, di rendere possibile l’impossibile. Mi pare a proposito che il presidente Zelensky, che pure tiene un livello di coinvolgimento emotivo giustamente alto per incoraggiare il proprio popolo, non rifiuti una linea realistica come quella che si concretizza al tavolo di Istanbul. Allora la mia domanda è: i russi vogliono questa pace? Non lo dico come atto d’accusa, ma non lo so, e mi comincio a domandare se gli Stati Uniti non vogliano che la guerra duri un po’ di più. Mi sembra invece che la posizione di noi europei, e degli stessi ucraini, sia che la guerra deve finire presto e la ricostruzione cominciare presto.

Quale sarà il nuovo ordine mondiale dopo questa guerra così improvvisa, violenta, vicina?
Innanzitutto voglio dire che non sono russofobo. Amo la cultura russa, penso che il popolo russo sia un grande popolo, che nella storia ha sofferto moltissimo come quello ucraino, che è stato vittima dell’avidità dei suoi governanti, a partire da Stalin, che ha voluto un grande, impossibile impero nel cuore dell’Europa, un impero che ci sembrava d’acciaio, ma che in fondo non si reggeva. Andai negli anni Ottanta in una Leopoli sovietica dove si sentiva serpeggiare una coscienza di non appartenenza al mondo orientale, al mondo russo. Un ordine di pace secondo me significa guardare alla carta della Conferenza per la cooperazione e la sicurezza, in cui quasi cento Paesi, tra cui tutti quelli europei, offrono un grande spazio in cui costruire un’architettura di convivenza. Del resto, gli accordi di Helsinki, e quindi gli accordi della Conferenza, hanno avuto un ruolo importante nel pacificare l’Europa della guerra fredda e forse anche nel far cadere il muro. Quindi secondo me bisogna ripensare un rapporto tra Europa e Russia ma in questo quadro di convivenza.

Un ordine mondiale che preveda meno guerre.
Mi sembra che oggi, con l’allontanarsi dalla Seconda guerra mondiale, anche con lo scomparire di una generazione come quella delle vittime della Shoah, si parli troppo di guerra, la si rivaluti come strumento per la risoluzione dei conflitti e la difesa dei propri interessi. Ma la guerra oggi si eternizza. Ci sono tante guerre, ed è una mia paura per l’Ucraina, dove non ci sono né vinti né vincitori. Pensiamo alla guerra in Siria. Dura da undici anni, tre milioni di profughi, un paese sconvolto, si combatte ancora ma allo stesso tempo non si combatte. Quella guerra si eternizza. Lo stesso nello Yemen. Armi terribili e temibili, e nessuno vince, nessuno perde. Questa è la mia paura per l’Ucraina. Ma anche per l’Etiopia, ad esempio. Purtroppo con le armi potenti che ci sono, con le condizioni in cui siamo, le guerre non si concludono. Per questo bisogna prevenirle, per questo la guerra è un’avventura senza ritorno, come diceva Giovanni Paolo II. Quando una guerra comincia, sfugge di mano ai suoi attori. L’abbiamo visto recentemente in Ucraina: la guerra è sfuggita di mano, perché la guerra ha una sua logica sul campo e poi ne ha un’altra politico-mediatica.

Torniamo alla prima domanda, che ci eravamo promessi di approfondire. Con l’Ucraina si rischia di dimenticare le altre guerre? Le guerre dimenticate?
Io amo molto la Siria. È un Paese mosaico, che da giovane mi ha molto appassionato, e vederlo oggi distrutto fa male al cuore. Poi i siriani sono un popolo molto colto, l’inserzione dei siriani in Italia grazie ai corridoi umanitari, che sono un modo anche per evitare i trafficanti di essere umani, vengono ospitati a carico dei privati, delle organizzazioni, della Chiesa valdese, di Sant’Egidio, è meravigliosamente riuscita, ma questo è un popolo distrutto, abbattuto, per cui non esiste più il sogno della pace. Abbiamo cancellato la parola pace, e rimane la guerra. Un altro caso di paese dimenticato, sebbene non di guerra, è l’Afghanistan. A settembre eravamo lì a piangere all’aeroporto di Kabul, e oggi ci siamo completamente dimenticati. C’è gente in Pakistan, in Iran o nello stesso Afghanistan, che aspetta che li si accolga in Europa o in Occidente, come avevamo detto. Non parlo della Yemen, che è una scandalo, e penso ai tanti paesi africani che stanno scivolando nella guerra a causa del jihadismo. Che cos’è questo misterioso jihadismo? Se mi permettete la teoria un po’ ardita, credo che il jihadismo stia svolgendo la funzione del marxismo terzo-mondiale, stia cioè divenendo ideologia di lotta e ribellione per popolazioni che per motivi etnici o sociali, soprattutto giovani, anelano una ribellione. Ho visto nel Mozambico del nord quanti giovani, musulmani e non musulmani, sono stati coinvolti nel jihadismo, e questo è un fatto significativo perché il jihadismo è un’ideologia di lotta, che ti dà una Weltanschauung, che divide il mondo in oppressi e oppressori, ma poi diventa un banditismo. L’ho visto con i guerriglieri in Mozambico negli anni Novanta. È molto difficile così uscire dalla guerra, perché la guerra diventa un motivo di vita.

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