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#Telegram ha trasformato il canale "transparency" in un bot che per ogni paese consente di sapere se sono stati rivelati IP e numeri di telefono alle autorità; questo varrà solo per i paesi considerati "pienamente democratici" (no, l'Italia non è tale secondo l'indice redatto dalla divisione di ricerca dell'Economist Group!).

Il link al comunicato




Ecuador: dopo 18 giorni di sciopero si giunge a un accordo


La lotta popolare del movimento indigeno, dei lavoratori, degli studenti, degli operatori sanitari, dei docenti e del settore dei trasporti, ha costretto il Governo a negoziare le proposte di cambiamento L'articolo Ecuador: dopo 18 giorni di sciopero si

Davide Matrone, da Quito –

Pagine Esteri, 2 luglio 2022 – Alle ore 14 del 30 giugno presso la Basilica di Quito Leonidas Iza (CONAIE), Eustaquio Tuala (FEINE), Gary Espinoza (FENOCIN) e Francisco Jiménez, in qualità di Ministro del Governo per conto del Presidente della Repubblica dell’Ecuador, hanno firmato l’Accordo e posto fine al conflitto sociale.

Dopo 18 giorni di forti proteste popolari contro le politiche neoliberiste del governo Lasso, la Confederazione Episcopale dell’Ecuador ha insistito affinché si trovasse un accordo tra le parti in conflitto. In realtà, le pressioni son giunte da più parti e cioè, dal mondo imprenditoriale e dal commercio che messo alle strette ha pressato a sua volta la Conferenza Episcopale affinché giocasse un ruolo determinante in questo duro scontro. La sistuazione era giunta all’apice e gli ultimi 3 giorni sono stati incandescenti dopo la sollevazione del quartiere popolare di San Miguel de los Bancos di Calderón in cui ci sono stati scontri durissimi con le forze dell’ordine. Altri espisodi analoghi si erano registrati al Puyo, in Amazzonia e nella località di Sant’Antonio del Pichincha dove erano state incediante le caserme della polizia dopo uno spargimento di sangue. Il bilancio di questo sciopero è pesante: 8 morti, centinaia di feriti e violazioni dei diritti umani come dichiara il rapporto della Commissione di Solidarietà dei Diritti Umani di Argentina in visita nel paese dal 24 al 26 giugno.

Grazie alla lotta popolare del movimento indigeno, dei lavoratori, degli studenti, degli operatori sanitari, dei docenti e finanche del settore dei trasporti, il Governo ha dovuto cedere e negoziare alcuni dei 10 punti rivendicati della CONAIE. In definitiva, si può concludere che dopo 18 giorni di lotta il movimento indigeno dell’Ecuador porta a casa quanto segue:

  • Riduzione dei carburanti di 0,15 centesimi per ogni gallone,
  • Derogazione del Decreto 95 che vieta l’ampiamento della frontiera petrolifera per proteggere i territori e i diritti collettivi dei popoli indigeni,
  • Riforma del Decreto 151 con il quale si vieta lo sfruttamento delle risorse naturali nelle aree protette, nelle zone dichiarate intangibili, nelle zone archelogiche. Inoltre, si garantisce la consulta previa e libera nei territori interessati allo sfruttamento delle risorse naturali d’accordo a quanto stabilito dalla Corte Interamericana dei Diritti e dalla Corte Costituzionale dell’Ecuador,
  • Emanazione del Decreto 456 che prevede l’aumento del Bonus sociale da 50 a 55 dollari che beneficierà a 1,4 milioni di ecuadoriani, riduzione dei tassi d’interessi dal 10% al 5% per crediti fino a 3000 dollari e i prestiti scaduti fino a 3000 dollari saranno condonati,
  • Si elabora un progetto di Legge di riforma dell’articolo 66 della Legge Organica della Circoscrizione Territoriale Speciale Amazzonica,
  • Raddoppio delle risorse dello Stato per l’Educazione Bilingue e Interculturale.

Inoltre, per 90 giorni si istallerà un tavolo di concertazione per continuare il dialogo tra le due parti per risolvere i temi questionati durante lo sciopero nazionale. Tra i quali l’aumento delle risorse statali per l’Educazione pubblica, l’attuazione di politiche statali che aumentino l’occupazione e intervento dello Stato in materia di prevenzione alla delinquenza.

Potremmo trarre alcune conclusioni da questo sciopero popolare e nazionale:

  • Il Governo neoliberista del banchiere Lasso ne esce più indebolito e con pochissima legittimità popolare. Dopo 1 anno di governo (24 maggio) i sondaggi registravano una disapprovazione del 72%, oggi è aumentata al 88%. È di fatti un governo impopolare. Inoltre, si registra una delegittimazione all’interno del Parlamento in quanto la mozione di sfiducia, presentata dal partito dell’opposizione UNES, pur non riuscendo nell’intento ha raccolto 82 voti che rappresenta la maggioranza del parlamento. Lasso ha raccolto 44 voti e, se dovesse continuare così, non riuscirebbe a governare.
  • Il costo politico ed elettorale di 2 partiti del Parlamento e cioè la Izquierda Democratica e il Partito Social Cristiano: dopo l’appoggio a Lasso verranno quasi sicuramente ridimensionati i voti alle prossime elezioni.
  • Il Movimento Indigeno ne esce rafforzato, dimostrando una grande capacità organizzativa in tutto il territorio nazionale. La strategia di accendere fuochi e rivolte in tutto il paese ha raggiunto un risultato vittorioso. Inoltre, il leader Leonidas Iza aumenta il suo capitale politico e simbolico riposizionandosi molto bene all’interno del Movimento Indigeno e dentro dello schiacchiere politico nazionale.
  • C’è un malcontento generale contro le politiche neoliberiste che negli ultimi 5 anni hanno aumentato la povertà relativa ed assoluta nel paese, hanno incrementato la precarizzazione del lavoro, hanno smantellato il sistema di salute pubblica e svenduto il patrimonio pubblico del paese.
  • Si sono aperte delle interessanti contraddizioni in termini politici, all’interno del campo politico, che possono determinare una serie di alleanze all’interno della compagine di centro / sinistra che potrebbe vincere le destre alle prossime elezioni amministrative del 2023.

Inoltre, questo sciopero si inserisce in un quadro regionale interessante che vede nuovamente la vittoria delle sinistre latinoamericane che criticano il paradigma di sviluppo neoliberista. Le ultime vittorie in Cile e in Colombia danno speranza anche per l’Ecuador, se si riuscisse a unire le forze politiche progressiste contro le destre reazionarie e fasciste.

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Immagine/foto

🏫 Sul nostro sito trovate pubblicato il bando per la progettazione di 212 nuove scuole finanziate dal #PNRRIstruzione.

Il concorso, indetto dal Ministero dell’Istruzione con l'utilizzo della piattaforma concorsi del Consiglio Nazionale Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori, prevede l'ideazione, da parte di architetti e ingegneri, di edifici innovativi dal punto di vista architettonico, strutturale, e impiantistico.

Una chiamata rivolta alle migliori professionalità del Paese per la costruzione di scuole sostenibili, inclusive, accessibili, dove si possa fare didattica in modo innovativo.

Qui tutti i dettagli ▶️ miur.gov.it/web/guest/-/pubbli…



#NotiziePerLaScuola

Graduatorie di Istituto di I fascia: aperte le funzioni telematiche per la scelta delle istituzioni scolastiche per gli a.s. 2022/23 e 2023/24.

Info ▶️ miur.gov.it/web/guest/-/gradua…

Iscrivetevi per rimanere sempre aggiornati ▶️ miur.gov.it/web/guest/iscrizio…


t.me/Miur_Social/3464



MADRID. Per Sánchez e la Nato anche l’immigrazione è un nemico


Il premier spagnolo si fa forte dei risultati politici incassati durante il vertice della Alleanza. Tra questi, la definizione dell'immigrazione irregolare come minaccia alla sicurezza e alla sovranità. Proprio come aveva sostenuto dopo la Strage di Melil

di Marco Santopadre*

Pagine Esteri, 2 luglio 2022 – Nel corso di una lunga conferenza stampa, il premier spagnolo Pedro Sánchez ha rivendicato con orgoglio i risultati politici incassati durante il vertice Nato di Madrid. Il leader socialista puntava a rafforzare le relazioni con Washington e a questo scopo martedì ha siglato una dichiarazione congiunta tra Stati Uniti e Spagna. Il “governo più progressista” che Madrid abbia avuto dalla morte di Franco, paradossalmente, ripercorre i passi del premier di destra José Maria Aznar, che nel 2001 siglò un’intesa simile con George W. Bush subito dopo l’intervento militare della Nato in Afghanistan, conclusosi con un eclatante fallimento lo scorso anno.
Tra i punti fondamentali del documento che porta la firma di Sánchez e Biden c’è una gestione comune dei “flussi migratori illegali”. Per quanto il punto 9 raccolga le raccomandazioni dell’ONU sulla promozione di una «immigrazione sicura, ordinata e regolare», il testo fa un ulteriore passo nella tendenza a considerare i flussi migratori una minaccia da affrontare anche attraverso appositi meccanismi militari.

La strage di Melilla
Un obiettivo che chiarisce il senso delle dichiarazioni del premier socialista a proposito della strage di migranti a Melilla, che hanno creato sconcerto e indignazione nella sinistra iberica e sono state accolte con stupore da molti sostenitori dell’attuale esecutivo. Il 24 giugno, 37 profughi subsahariani (per lo più sudanesi) sono morti asfissiati o schiacciati nel tentativo di superare le recinzioni che blindano l’enclave spagnola in Marocco. Associazioni e Ong hanno denunciato la brutalità dei gendarmi marocchini, che hanno aggredito i migranti con manganelli, lacrimogeni e pietre, picchiando persone inermi già a terra e tirando o spingendo giù dalle reti e dai cancelli chi riusciva ad arrampicarsi. Le crude immagini della strage hanno fatto il giro del mondo: decine di corpi senza vita o agonizzanti impilati uno sull’altro e vigilati da un cordone di gendarmi marocchini in assetto antisommossa.

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Morti e feriti a Melilla, ai piedi di una recinzione

L’immigrazione irregolare come minaccia

Il presidente del governo spagnolo e alcuni dei suoi ministri – tutti socialisti – hanno però elogiato l’operato della Gendarmeria marocchina, sottolineando la proficua collaborazione con le forze di sicurezza di Madrid. Sánchez ha denunciato addirittura un «attacco violento all’integrità territoriale della Spagna» e ha puntato il dito contro «le mafie responsabili del traffico di esseri umani».
In molti hanno sottolineato il cinismo e l’ipocrisia di una presa di posizione che considera il disperato tentativo del 24 giugno addirittura un’aggressione all’integrità territoriale spagnola, quando Madrid ha finora accolto senza colpo ferire più di 170 mila rifugiati ucraini, bianchi, cristiani e “politicamente corretti” perché provenienti da un paese aggredito da un nemico strategico della Nato come la Russia.

Per masse crescenti di diseredati in fuga da guerre, dittature e catastrofi climatiche, Ceuta e Melilla – territori retaggio del passato coloniale spagnolo incastonati in territorio marocchino – rappresentano delle fondamentali porte d’ingresso nel continente europeo, le uniche a disposizione via terra nel continente africano. Per questo, avvisano sinistre e associazioni, la strage di Melilla non sarà l’ultima se Spagna, Unione Europea e Nato non cambieranno le proprie politiche migratorie.
Ma il nuovo Concetto Strategico approvato a Madrid e i toni e gli argomenti utilizzati dal premier spagnolo sembrano andare esattamente nella direzione opposta.

La Nato contro l’immigrazione irregolare
Nell’agenda del vertice, infatti, l’immigrazione illegale è stata affrontata come una “minaccia all’integrità degli stati” ai quali far fronte in maniera organizzata e decisa, al pari dei ricatti energetici. Gongolante, nel corso di un intervento con il segretario di stato Usa Antony Blinken durante il Nato Public Forum, il ministro degli Esteri spagnolo Josè Manuel Albares ha spiegato che il nuovo Concetto Strategico considera le migrazioni irregolari, quando vengono usate come arma politica, delle minacce alla sicurezza degli stati. «Il rischio è sempre, come abbiamo visto al confine tra Bielorussia e Polonia, che qualcosa possa usare l’immigrazione contro la nostra integrità territoriale o la nostra sovranità» ha ribadito l’esponente socialista.

Intervistata dal quotidiano progressista spagnolo Público, la ricercatrice del CIDOB (Barcelona Center for International Affairs) Blanca Garcés spiega: «Si sta creando un concetto di minaccia ibrida che intende trasformare le politiche migratorie in una questione di difesa» attraverso due narrazioni complementari, quella dell’immigrazione come minaccia alla sicurezza degli stati e quella della gestione dei flussi migratori da parte delle mafie. Questo discorso, sottolinea Garcés, permette di «trasformare le migrazioni in una questione di sicurezza nazionale e di legittimare la creazione di situazioni emergenziali che prevedono la sospensione del diritto di asilo, l’intervento degli eserciti alle frontiere e la sospensione della possibilità di operare per i giornalisti e le organizzazioni sociali».

Da parte sua, un dossier del “Centro Delàs d’Estudios por la Paz” denuncia i meccanismi – ad esempio l’operazione Sea Guardian condotta dalla Nato nel Mediterraneo – attraverso i quali «gli stati europei deviano i flussi migratori fuori dal territorio dell’UE, privando i migranti della protezione» loro accordata dalle convenzioni internazionali. Il riferimento ai lauti finanziamenti concessi dall’Ue al regime turco per “contenere” l’immigrazione verso il continente, infischiandosene delle modalità utilizzate dalle forze di sicurezza di Ankara, è obbligato. Ma di fatto la Spagna di Sánchez sta utilizzando lo stesso meccanismo demandando alle forze di sicurezza marocchine – costi quel che costi – il compito di impedire che migliaia di disperati arrivino a Ceuta e Melilla.
Queste considerazioni gettano una luce più chiara sulle argomentazioni utilizzate dai dirigenti socialisti spagnoli per giustificare il brutale comportamento della gendarmeria marocchina, certo non estraneo alla morte di decine di persone.

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Joe Biden e Pedro Sanchez durante il vertice della Nato a Madrid

La realpolitik di Sánchez
Gli elogi di Sánchez e Albares nei confronti delle autorità marocchine riflettono anche i nuovi rapporti di Madrid con Rabat. Nel maggio del 2021, infatti, dopo l’ingresso a Ceuta – agevolato dalla «distrazione» della gendarmeria marocchina – di circa 8000 profughi, i toni usati dal leader del Psoe contro Rabat erano stati durissimi. Ma nel marzo scorso Sánchez ha cambiato registro, riconoscendo la sovranità marocchina sui territori saharawi illegalmente occupati dal regno di Mohammed VI e avviando nuove relazioni di amicizia con Rabat. Il premier spagnolo non ha desistito neanche dopo che la sua intelligence lo ha informato che il suo cellulare era stato spiato dalle autorità marocchine tramite il malware israeliano Pegasus, o dopo la reazione stizzita dell’Algeria che, dopo aver bloccato il trasferimento del suo gas al Marocco ha sospeso il Trattato di amicizia e di buon vicinato firmato con Madrid nel 2002, riducendo le esportazioni di gas anche in Spagna.
Sánchez non vuole ora mettere a rischio i rapporti con il paese nordafricano e non vuole fare a meno dell’esternalizzazione del compito di “difendere” le proprie frontiere meridionali dai flussi migratori.

Ceuta e Melilla contese
D’altra parte, però, con il Marocco la Spagna ha ancora aperta la questione della sovranità su Ceuta e Melilla che il governo di Rabat non ha smesso di rivendicare.
Nei giorni che hanno preceduto il vertice di Madrid, infatti, ha insistito con i suoi partner dell’Alleanza affinché i due territori coloniali venissero esplicitamente citati come protetti dall’ombrello della difesa collettiva in caso di attacco, sulla base di quanto previsto dell’Articolo 5 del Trattato Atlantico. Un’esplicita menzione del tema all’interno del nuovo Strategic Concept avrebbe concesso numerosi punti a Sánchez, delegittimando le richieste marocchine di restituzione dei due territori. Il Marocco è uno dei principali partner della Nato in tutta l’Africa – particolarmente prezioso ora che occorre contenere l’Algeria legata a Mosca o la presenza russa in Libia – ma Mohammed VI non potrebbe non tener conto di un simile pronunciamento da parte del Patto Atlantico.
Ma per non indispettire i marocchini gli statunitensi non hanno accettato del tutto le richieste di Madrid. Alla fine Sánchez si è dovuto accontentare di un riferimento indiretto e generico alla questione, ottenendo che nel Concetto Strategico fosse inserito un passaggio che recita: la Nato ha l’obiettivo di «difendere ogni centimetro del territorio alleato, preservando la sovranità e l’integrità territoriale di tutti gli aderenti». «Appare chiaro il concetto che la Nato difende ogni centimetro di tutti i paesi che ne fanno parte senza eccezione – ha spiegato Albares – Nei documenti non appaiono mai i nomi di città specifiche».

1597495* Marco Santopadre, giornalista, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e del Nord Africa. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale.

LINK E APPROFONDIMENTI

publico.es/politica/sanchez-ma…

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ilmanifesto.it/melilla-super-b…

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eldiario.es/catalunya/informe-…

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Gesto intelligente, utile e saggio!

#Google cancellerà i dati sulla posizione che mostrano quando gli utenti visitano una clinica per aborti.
Lo ha dichiarato venerdì il gigante della ricerca online, a seguito della preoccupazione che una traccia digitale possa informare le forze dell'ordine se una persona interrompe una gravidanza illegalmente.

reuters.com/world/us/google-de…



USA e gettaL’Agenzia per la protezione dell'ambiente (EPA) americana non ha più l’autorità per imporre standard di emissioni vincolanti per tutte le centrali elettriche degli Stati Uniti.



Il Movimento dei Non Allineati è stato improvvisamente rilanciato dalla guerra in Ucraina, con la ripolarizzazione del mondo in due campi



Ecco perché, nel 2022, l'Armenia si è tirata indietro dal sostenere l'invasione illegale russa dell'Ucraina


Il 29 giugno è arrivato il via libera alla legge che contiene la riforma della formazione e dell'assunzione dei docenti della scuola secondaria.

Percorsi certi per chi vuole insegnare. Una definizione più chiara degli obiettivi e delle modalità della formazione dei docenti. Concorsi annuali per reclutare con costanza il personale. Queste le principali novità.

Qui tutti i dettagli ▶️ miur.gov.it/web/guest/-/scuola…


t.me/Miur_Social/3463



Il ricordo di Suor Luisa Dell'Orto, l'hanno ammazzata, forse per soldi, forse per fame, forse perché ad Haiti si muore e basta


L’interesse all’informazione non deve comprimere la sfera privata del singolo, limitandone diritti fondamentali, come la privacy



La visita di Xi Jinping per i 25 anni dalla restituzione della ex colonia britannica alla Cina sancisce la fine dell’era democratica di Hong Kong e il fallimento del modello “un Paese due sistemi”.




Leonardo Del Vecchio ha dato un valore aggiunto al welfare come condizione di vantaggio competitivo di Luxottica e della comunità



L'India, attraverso il programma Indo-Pacific Economic Framework, può superare la dipendenza dalla Cina per la catena di approvvigionamento?



In questo nuovo episodio, Francesco Rocchetti, Segretario Generale dell'ISPI, e Silvia Boccardi, giornalista di Will, avrebbero potuto parlare del vertice NATO e del G7, eventi che si sono svolti questa settimana e che hanno portato ad alcune dichiar…


PODCAST. Vertice NATO: Italia sempre più coinvolta in preparazione guerre. In arrivo altri militari Usa con missili terra-aria


Sotto la spinta del presidente del consiglio Draghi, l’Italia è uscita dal summit a Madrid convintamente pronta a partecipare all’espansione verso Est delle forze del Patto atlantico e ad accogliere altri soldati e armi Usa. Abbiamo fatto il punto con il

Pagine Esteri, 1 luglio 2022 – Il Governo Draghi non smorza i toni bellicisti che usa da quando è cominciata la guerra tra Russia e Ucraina.

E al vertice in Spagna ha confermato di essere disposto ad accrescere il ruolo e il peso dell’Italia nelle strategie della Nato dettate dall’Amministrazione Biden. In arrivo nelle basi dell’Alleanza in Italia altri uomini e mezzi Usa.

Abbiamo intervistato l’analista di questioni militari e collaboratore di Pagine Esteri, Antonio Mazzeo.

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NUCLEARE. Nessun progresso nei colloqui indiretti tra Usa e Iran a Doha. La guerra all’orizzonte


Le posizioni restano distanti. Teheran vuole dagli Usa garanzie più stringenti. Washington chiede maggiori restrizioni all'Iran rispetto all'intesa firmata nel 2015. Sullo sfondo c'è Israele che non vuole l'accordo. L'articolo NUCLEARE. Nessun progresso

di Michele Giorgio –

(nella foto di archivio, il giorno in cui fu raggiunto nel 2015 a Vienna l’accordo Jcpoa)

Pagine Esteri, 1 luglio 2022 – Ora o mai più. Sotto la pressione di questo imperativo erano ripresi nei giorni scorsi a Doha, nel Qatar, negoziati decisivi, ma indiretti, tra Iran e Stati uniti per il ripristino dell’accordo del 2015 sul programma nucleare iraniano (Jcpoa). Enrique Mora, uno dei collaboratori più stretti del «ministro degli esteri» dell’Ue Josep Borrell, ha incontrato la delegazione iraniana capeggiata dal viceministro degli esteri iraniano Ali Bagheri Kani. Poi ha visto l’inviato speciale degli Usa, Robert Malley. Al momento prevale il pessimismo. Non c’è stato alcun «progresso sperato dall’Ue» nelle trattative sul nucleare iraniano, ha comunicato ieri Enrique Mora. Gli Stati Uniti si dicono «delusi» e un portavoce del Dipartimento di stato ha aggiunto che «I colloqui indiretti a Doha sono terminati». L’Iran da parte sua fa sapere che rimarrà in contatto con Mora per prossimi incontri. Il portavoce del ministero degli esteri di Teheran, Nasser Kanani ha comunque confermato che rimangono “questioni irrisolte”.

Gli ultimi mesi hanno visto crollare gran parte dell’impianto del nuovo accordo Jcpoa quando sembrava a portata di mano ai colloqui avviato nel 2021 a Vienna. A un certo punto l’Amministrazione Biden è stata sul punto di accettare la richiesta iraniana di rimuovere i Guardiani della rivoluzione (Pasdaran) dalla lista delle organizzazioni terroristiche compilata dal Dipartimento di stato. Biden ha poi fatto retromarcia di fronte alle proteste del governo israeliano. Quindi, i negoziati sono stati sospesi a marzo a causa delle crescenti divergenze tra la Casa Bianca e Teheran, alle quali si è aggiunto il gelo sceso tra Mosca e Washington – entrambe garanti del Jcpoa (nel 2018 però gli Usa sono usciti dall’accordo) – per l’inizio della guerra in Ucraina.

Il passo all’indietro fatto quattro anni fa dall’ex presidente Donald Trump, in apparente accordo con l’ex premier israeliano Netanyahu, non solo ha portato allo stop del Jcpoa dopo tre anni in cui le parti coinvolte avevano (più o meno) rispettato i punti dell’accordo. Ha anche dato il via prima a un intenso scambio di accuse e poi ha innescato incidenti nel Golfo che per un soffio non sono sfociati in una guerra. L’Iran ha sempre negato di volersi dotare di ordigni nucleari ma dopo il 2018 ha utilizzato nelle sue centrali centrifughe avanzate e scorte crescenti di uranio arricchito lasciando intendere di essere in grado di raggiungere la soglia nucleare. Ora è il momento della verità, un fallimento avrebbe conseguenze drammatiche.

A inizio settimana a Teheran si respirava un clima più positivo. «La Coppa del Mondo Jcpoa in Qatar» aveva scritto in prima pagina il foglio riformista Mardom Salari. Per il moderato Arman-e Emruz «L’accordo tra Iran e America dovrebbe arrivare…ma una tale opportunità non può realizzarsi senza la flessibilità di entrambe le parti». Duro invece il conservatore Keyhan – fa capo alla Guida suprema iraniana Khamenei – che ha messo in guardia Ali Bagheri Kani: «I negoziati in Qatar sono una trappola, non si può premiare l’America che vara sanzioni, compie omicidi, pirateria e approva risoluzioni anti-iraniane».

Il ritorno al tavolo delle trattative è stato anche frutto anche dell’aumento del costo dell’energia causato dalla guerra tra Mosca e Kiev. Il rilancio del Jcpoa e la fine delle sanzioni Usa sulla vendita del greggio (e del gas) iraniano, andrebbe incontro al proposito di Biden di trovare fonti alternative all’energia russa. Israele, nemico dell’Iran, invece spera nel fallimento, vuole che le sanzioni contro Teheran non siano revocate e si prepara a un possibile scontro militare. «Proseguiremo a lavorare insieme agli Stati uniti e ad altri paesi per rendere chiara la nostra posizione e influenzare la realizzazione dell’accordo, se mai ci sarà», ha avvertito il ministro della difesa uscente Benny Gantz confermando che sta nascendo un’alleanza contro l’Iran con partner regionali non meglio identificati. Ma non è un mistero che Tel Aviv stia costruendo una sorta di Nato israelo-araba con Arabia saudita, Qatar, Emirati, Egitto, Bahrein e Giordania, guidata dagli Usa, per contrastare eventuali lanci di missili e droni iraniani in caso di una guerra. Domenica il Wall Street Journal aveva riferito che su iniziativa statunitense, alti ufficiali israeliani hanno avuto a marzo a Sharm El Sheikh incontri segreti con i rappresentanti di vari paesi arabi, tra i quali l’Arabia saudita, per coordinare strategie militari contro Teheran. Pagine Esteri

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Negli USA sindacalizzare oggi appare quasi un’eresia nel centro universale di un capitalismo l’ingresso di sindacati è stato sempre bloccato


Negli USA un gran numero di ex congressisti diventa lobbista per Paesi stranieri autoritari. Ecco perchè è un rischio per la sicurezza nazionale


Oldies but goodies: Web design for the planet


Questa volta ripropongo in un colpo solo sette articoli ripresi e tradotti dal progetto “Web design for the planet: una raccolta di buone pratiche per un web più ecologico”

Nathalie, un’ecologista francese che si occupa professionalmente di web, si era proposta la sfida di scrivere in 30 giorni una serie di 30 articoli che si occupassero dei temi collegati all’impatto del digitale sul nostro eco-sistema e in particolare, partendo dal concetto di “sobrietà digitale”, si era concentrata sulla progettazione eco-sostenibile di siti e applicazioni web.
Mi sembrano temi molto interessanti di cui in Italia non si parla ancora abbastanza.
Qui sotto trovate i link agli articoli che ho ripubblicato su Plume un servizio per creare blog nel Fediverso.
Buona lettura e condividete pure con sobrietà ;)


10 vantaggi di una progettazione web eco-sostenibile


Risorse per una progettazione digitale eco-sostenibile


5 modi per ridurre il peso dei video per realizzare siti web eco-sostenibili


5 modi per ridurre il peso delle immagini


Come migliorare i flussi UX (User Experience) di un sito


Come ottimizzare i font?


Come applicare il metodo di Marie Kondo ai siti web

Strafanici, il titolo del blog su cui sono ripubblicati questi articoli, è preso in prestito da una parola del dialetto triestino che significa cianfrusaglie, cose da nulla; attraverso le migrazioni di tanti friulani il termine è arrivato anche nelle periferie milanesi ed ha sempre fatto parte del mio lessico familiare 😀

@Poliverso @maupao @Le Alternative @Ninefix @Giordano @Scuola - Gruppo Fediverso @quinta mte90@mastodon.uno @Maurizio Carnago @Ed 🏳️‍🌈 @Devol :fediverso: @Goofy 📖 🍝 @Paolo Dongilli @Alexis Kauffmann @Alessandro

in reply to nilocram

wow argomento molto interessante! Ti sei meritato di essere tra i miei feed RSS! Grazie ancora!

@nilocram

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in reply to nilocram

Non c'è alcun modo per misurare gli effetti ecologici positivi di pratiche come la riduzione dei tempi di caricamento e la leggerezza del software. Sono in ultima istanza i provider a gestire e suddividere le risorse e sono loro a dover ridurre l'impatto ambientale dei datacenter e ottimizzare l'efficienza, altrimenti le risorse da noi "risparmiate" saranno cicli computazionali spesi a vuoto (differenza trascurabile) o riassegnati ad applicativi più energivori. Mentre a livello di DC si possono certamente ridurre emissioni e consumo energetico con un impatto notevolmente superiore.
Se invece controlliamo tutta la filiera il discorso cambia.

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Aborto? Questione di privacy e capitalismo


La questione dell'aborto può essere risolta solo con libero mercato, tutela della proprietà e della privacy. Ogni alternativa porta alla violenza e alla negazione della libertà delle persone.

Una recente decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti ha ribaltato una storica sentenza (Roe v Wade) del 1973, lasciando la possibilità ai singoli Stati di regolare la questione dell’aborto. Ogni stato potrà decidere cosa fare, in base alla legge nazionale.

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Oggi non voglio parlarvi della sentenza, ma cercherò di spiegarvi il motivo per cui penso che l’unico vero modo di risolvere la questione dell’aborto1 sia attraverso privacy, proprietà e libero mercato - a prescindere dalle opinioni personali.

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La proprietà del corpo


Iniziamo parlando di proprietà.

La proprietà è un diritto naturale che nasce insieme all’essere umano. L’uomo primitivo non sapeva nulla del mondo, ma sapeva distinguere se stesso dall’ambiente circostante e aveva consapevolezza di sé, della propria mente e del corpo - controllato dalla mente.

È da questa consapevolezza che deriva il concetto di proprietà.

Ogni essere umano possiede la sua mente e quindi il suo corpo, un fatto naturale e universale che oggi chiamiamo proprietà. I “woke” oggi dicono: my body my choice, ma come sapete io preferisco citare Locke:

Every ·individual· man has a property in his own
person
[= ‘owns himself’]; this is something that nobody else has any right to.


Il diritto di aborto non è quindi un diritto positivo (che non sono diriti ma privilegi politici), ma una conseguenza del diritto di proprietà sul corpo.

Il concetto di proprietà è importante, perché lega tutti i successivi temi, come quello del capitalismo e del libero mercato.

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Capitalismo e libero mercato


Il capitalismo è quel sistema economico e sociale in cui le persone (e non lo Stato) possiedono i mezzi di produzione. È cioè quel sistema in cui sono le persone a decidere cosa produrre, come produrre, per chi produrre.

Il vero capitalismo esiste solo in un contesto di libero mercato, in cui ogni decisione è esclusivamente frutto del pensiero e della libera volontà delle persone - che possono scegliere se cooperare o meno tra loro.

Un sistema capitalistico di libero mercato non può prescindere dalla protezione assoluta della proprietà privata. È con la negoziazione privata e lo scambio di titoli di proprietà che le persone sono in grado di allocare tra loro le risorse.

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Per sintetizzare, possiamo allora dire che il capitalismo è il modo in cui le persone possono produrre e allocare diritti di proprietà in modo decentralizzato (cioè senza pianificazione centrale) attraverso l’incontro delle loro volontà.

Perfino in un libero mercato però non mancano i conflitti, soprattutto per un tema come l’aborto, che da secoli si porta dietro idee totalmente inconciliabili tra loro.

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Protezione dalla violenza


La privacy è l’unico modo in cui possiamo proteggere le persone dalla violenza, facendo sì che possano formare liberamente la loro volontà e incontrare quella altrui, per scambiare titoli di proprietà e ottenere così un mutuo beneficio.

Privacy non è segretezza. Lo dico spesso, vale la pena ripeterlo.

Privacy, nell’Era dell’Informazione, è la capacità di controllare le informazioni che ci riguardano e scegliere a chi rivelarle. La privacy è un diritto analogo alla proprietà del corpo: è il filtro attraverso il quale separiamo e definiamo i confini della nostra sfera privata rispetto al resto del mondo. È il diritto che ci permette di formare la nostra volontà al riparo da ingerenze arbitrarie di terzi.

Perché l’aborto è una questione di proprietà, capitalismo e privacy


In un mondo ideale non ci sarebbe alcun bisogno di parlare di aborto. Il medico sarebbe l’unico possessore dei mezzi di produzione del bene “prestazione medica”. La paziente e il medico sarebbero gli unici a poter decidere i termini della prestazione, attraverso la negoziazione privata e lo scambio di titoli di proprietà (lavoro in cambio di denaro). Le pazienti sarebbero in grado di formare la loro volontà senza alcuna ingerenza arbitraria, violenza o giudizio altrui.

Ma non siamo in un mondo ideale.

L’interruzione volontaria di gravidanza non fa parte di un mercato libero. Ci sono specifiche regole che definiscono i limiti dell’azione umana e interferiscono nella libera formazione della volontà degli attori di mercato (medici e pazienti).

Come ogni altro ambito umano, la legge non è altro che lo strumento attraverso cui il burocrate crea un mercato artificiale a sua immagine e somiglianza, secondo i suoi principi morali e le sue ideologie. Alcune volte questo mercato sarà espressione dei principi e idee della maggioranza della popolazione, altre volte sarà invece frutto di compromessi.

In un mercato artificiale non c’è rispetto della proprietà: il medico non è libero di offrire il suo lavoro alle sue condizioni e la paziente non è libera di decidere sul suo corpo, che in realtà diventa di proprietà del legislatore. Allo stesso modo, non c’è neanche libera formazione della volontà e piena autodeterminazione: l’estensione del pensiero umano in un mercato regolamentato è sempre pari ai limiti del pensiero del burocrate.

In un mercato artificiale non può esserci neanche privacy.

L’aborto diventa una questione pubblica, poiché colui che crea e mantiene il mercato, lo Stato, deve assicurare che tutti rispettino le regole. La paziente che vuole interrompere la gravidanza infatti non ha alcuna scelta - sarà costretta a rivelare informazioni molto sensibili all’intero sistema sanitario. Nel caso in cui quelle informazioni possano rivelare una violazione delle regole, sia la paziente che il medico saranno duramente puniti.

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Non essere ipocrita


Un mercato regolamentato è l’antitesi del libero mercato, che per definizione esiste solo al di fuori dalla legge. L’unico risultato della pianificazione centrale è la violenza di un gruppo politico sull’altro.

In alcuni casi sarà la violenza dei pro-life contro la libertà della donna sul proprio corpo. In altri sarà la violenza di chi è favorevole all’aborto contro i medici, che saranno costretti a scegliere tra sacrificare i propri principi morali o essere esclusi dal mercato.

Eliminare la pianificazione centrale è l’unico modo per garantire il realizzarsi della piena libertà delle persone. È l’unico modo per far coesistere pacificamente persone che la pensano e la penseranno sempre in modo opposto, senza che gruppi di potere si facciano violenza l’un l’altro.

Se vuoi libertà di abortire, allora devi accettare che l’unico modo per risolvere il problema alla radice è attraverso il libero mercato, la proprietà privata e la privacy - non la legge, mai la legge.

Devi anche accettare che altri possano esprimere liberamente le loro opinioni e volontà, e devi anche accettare che nessuno potrà mai essere obbligato a soddisfare una tua pretesa, perché sarebbe una violenza. La stessa violenza di molti di coloro che chiedono di licenziare medici che si rifiutano, per principio, di praticare interruzioni di gravidanza.

La via di mezzo, il compromesso, la “legalizzazione” - non sono altro che strade tortuose che portano allo stesso risultato: la pianificazione e la negazione dei diritti naturali, della libertà di autodeterminazione, della privacy. Non esiste una terza strada: pianificazione totale o libero mercato.

Se scegli la pianificazione, se scegli di fare violenza su un certo gruppo politico, se scegli di negare l’esistenza di un libero mercato, allora devi anche accettare che sia tu a subirne le conseguenze - come oggi potrebbe accadere in molti Stati americani. Non essere ipocrita.

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Come dico spesso, sono agnostico sul tema dell’aborto, che è fonte di grandi dibattiti anche tra libertari. Penso che, pro o contro, non sia una scelta che ci riguarda. Di certo non può riguardare lo Stato. Nel mio mondo ideale di aborto non si parla, perché è una questione privata tra medico e paziente - fuori da ogni ingerenza di terzi.




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