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For several months, the international community seemed to have forgotten Libya and the decade-long instability that has been ravaging the largest energy-exporting country in North Africa since 2011.


La Schengen digitale di Colao


Entro il 2023 Colao vuole creare i primi tasselli di una "Schengen digitale", con ID digitale e app IO, sul modello Green Pass. Un passo in più verso il monopolio di Stato delle esperienze umane.

Il ministro Vittorio Colao ha dichiarato in questi giorni che la “trasformazione digitale” della pubblica amministrazione, coi fondi del PNRR, sta andando a gonfie vele, e che entro il 2023 prevede anche di creare i primi tasselli di una “Schengen digitale” capitanata dall’Italia, fino al 2026 - anno in cui prevede di conseguire una piena “cittadinanza digitale”.

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L’idea è di arrivare a creare un ecosistema di servizi, pagamenti e documenti digitali, senza frontiere, al cui centro ci sarebbe un portafoglio digitale europeo - uno strumento di identità digitale omnicomprensivo, con cui poter gestire tutti i documenti e attributi necessari per essere cittadini digitali: patente, carta d’identità, fascicolo sanitario elettronico, pagamenti digitali, servizi e molto altro.

Secondo l’idea di Colao già il prossimo anno potremo gestire i nostri documenti in forma digitale, in modo analogo al Green Pass: verrà erogato un QR code dalla pubblica amministrazione e sarà verificabile in tempo reale da forze dell’ordine e ogni altro ente pubblico grazie a una “banca dati nazionale per i controlli” (così l’ha chiamata Colao).

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Shinzo Abe, uno dei grandi riformatori del Giappone contemporaneo, è morto oggi dopo un attentato mentre si trovava nella prefettura di Nara per un comizio elettorale in vista del voto di domenica, in cui si eleggeranno i rappresentanti della camera …


Abominio scolastico


Il test Invalsi del 2022 e il dato inquietante che riguarda i ragazzi che stanno ora sostenendo la maturità… Dai test Invalsi del 2022 risulta in maniera chiara che la metà dei ragazzi che in questo momento stanno facendo gli esami di maturità non sarebbe

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Il test Invalsi del 2022 e il dato inquietante che riguarda i ragazzi che stanno ora sostenendo la maturità…


Dai test Invalsi del 2022 risulta in maniera chiara che la metà dei ragazzi che in questo momento stanno facendo gli esami di maturità non sarebbe dovuto essere ammesso, perché insufficiente in italiano e/o in matematica. Lasciamo perdere le lingue straniere.

Non è una novità di quest’anno. Non c’entrano niente né il Covid, né la didattica a distanza, che sono solo scuse. Questo è il fallimento della scuola italiana. Anche perché lo spirito della scuola pubblica consiste – ed è sanissimo – nell’idea che l’istruzione, intesa come consegna di strumenti critici e culturali, serva a ciascuno per uscire da una condizione di eventuale svantaggio che può essere geografico, economico o culturale.

La scuola pubblica serve per colmare questi svantaggi e, ove possibile, annullarli. Invece, vediamo l’esatto opposto, perché prendiamo i risultati degli Invalsi 2022, troviamo che la metà dei maturandi dovrebbe essere bocciato e, invece, verranno tutti promossi. Ovviamente, lo stesso discorso vale anche per le altre classi: ho preso i maturandi per esemplificare.

Se io prendo l’insieme di questi ragazzi, la metà non è preparata. Ma non è mica così in tutta Italia. In italiano raggiunge e supera la sufficienza il 63% degli studenti del nord-est, il 60% nel nord-ovest, il 51% nel centro Italia, il 40% al sud e il 38% al sud e nelle isole.

In matematica dovrebbero essere bocciati, perché non raggiungono la sufficienza sempre la metà dei ragazzi. Però raggiunge e supera la sufficienza il 73% nel nord-ovest, il 75% nel nord-est, il 59% in centro, il 50% al sud e il 33% nel sud e nelle isole.

Tutto questo è profondamente ingiusto. Se poi si prendono questi dati, disaggregandoli ulteriormente per area della città o centro-provincia si scopre sempre la stessa regola. Più si è in una condizione avvantaggiata, più si è in una condizione socialmente, culturalmente ed economicamente più protetta e più si hanno a disposizione delle scuole che ti consegnano quantomeno la capacità di saper leggere e far di conto. Più si è in una condizione svantaggiata, più in quella condizione si rimane.

Poi, non c’è dubbio che c’è ci siano tantissimi docenti che fanno col cuore e con l’anima oltre, che con il cervello, il loro mestiere, ma ce ne sono tanti altri che sono lì solo per prendere lo stipendio. Ci sono ragazzi che studiano, che sono volenterosi, che si impegnano e ce ne sono altri che sono lì che aspettano la promozione e la avranno tutti.

Il problema non è cercare di chi è responsabilità. Il tema è questo schifo di scuola conferma le distanze sociali. È una scuola classista, non meritocratica e non selettiva.

Chi l’ha voluta? La vogliono le famiglie, la vogliono i cittadini italiani, la vogliono quelli che votano la classe politica che non indovina un congiuntivo nemmeno per scherzo, la vogliono quelli che votano una classe politica che non vuole e non sa fare di conto, sa fare solo debito. L’Italia che vota tutto questo è l’Italia che chiede la promozione per il proprio figlio, perché lo ritiene un incapace: non vorrete mica sfidarlo, misurarlo, sottoporlo ad una competizione, altrimenti perde.

E, invece, non è vero! Quei ragazzi meriterebbero maggiore fiducia, meriterebbero di essere sfidati, sottoposti a competizione, ma prepararti prima. E quelli che non si vogliono preparare, devono essere bocciati prima.

La severità a scuola serve ad agevolare la vita, mentre il lassismo a scuola serve a renderla una schifezza, una corsa al ribasso. Viviamo in un mondo aperto e, checché se ne dica, la concorrenza esiste. Sì, forse per una generazione il figlio del farmacista farà il farmacista, quello del notaio il notaio, quello del meccanico il meccanico.

Ma dopo finisce, perché il benessere rende sempre meno desiderosi di sacrificarsi. È questo che desideriamo? Perché questo è esattamente quello che il sistema scolastico sta preparando e lo sta preparando per le zone meno avvantaggiate del nostro Paese e, in special modo, per il sud per le aree meno ricche.

Complimenti per la performance! A me sembra un abominio.

L'articolo Abominio scolastico proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Ucraina: Putin, Erdogan e l’espansione della NATO


Dal crollo dell’Unione Sovietica nel 1991, non meno di quattordici dei suoi Stati satelliti dell’Europa orientale hanno aderito alla NATO. Il Presidente russo Vladimir Putin ha osservato con crescente preoccupazione il confine della NATO avanzare inesorabilmente verso il suo confine occidentale. In particolare, la Lettonia e l’Estonia ora sono faccia a faccia con la Russia, [...]

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USA – Regno Unito: dopo Johnson, aggiustamenti, non cambiamenti


La crisi del governo Johnson proietta la Gran Bretagna verso un periodo di incertezza sia sul piano interno sia su quello internazionale, incertezza i cui effetti sono resi più gravi dal contesto di questi mesi. La dimissioni di Boris Johnson da leader del Partito conservatore aprono formalmente il processo destinato a portare alla nascita di un nuovo [...]

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Togli un posto a tavola…Il conflitto ucraino contagia i vertici multilaterali. Al G20 dei ministri degli esteri, a Bali, volano accuse reciproche tra Russia e fronte occidentale.


Storie di ordinario volontariato che generano extraprofitto sociale


L’EXTRAPROFITTO del Volontariato e delle Imprese Sociali non profit non è uno slogan per narrare, ma un’opzione operativa e strumento per far stare meglio i cittadini, i pazienti, i degenti e le fasce deboli. Cerchiamo di dimostrarlo. La parola EXTRAPROFITTO, in questo periodo, è una interpretazione deteriore del profitto visto nella fattispecie interpretativa di un sovraprofitto opportunistico [...]

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Borsa: canapa, USA e Canada appena sopra la soglia minima positiva


Le due principali piazze borsistiche mondiali nel settore della produzione, trattamento e commercializzazione della canapa, ovvero Canada e USA, questa settimana chiudono convalori lievemente positivi (non tutti). Continua a pesare notevolmente la stasi pessimistica sulle piazze borsistiche internazionali dovuta principalmente all’impatto che su tutto questo esplica la guerra in Ucraina causata dall’invasione russa e dall’atteggiamento [...]

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NATO mediorientale? Anche no!


I Paesi arabi dicono un doppio NO. No a una coalizione militare anti-Iran; No a una coalizione con Israele

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Lavoro Milano: punto d’incontro tra domanda e offerta nel settore Ho.Re.Ca.


Il settore Ho.Re.Ca. (Hospitality, Restaurant, Cafè) sta attraversando, da anni ormai, una grave crisi concernente la ricerca e assunzione di nuovo personale. Eppure questo ambito lavorativo è stato, da sempre, uno dei più prosperi al quale affidarsi se si è in cerca di un lavoro stagionale, di una semplice occupazione occasionale che aiuti gli studenti [...]

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Ucciso in un attentato l’ex premier Shinzo Abe: il Giappone sotto shock va alle urne domenica per un’elezione cruciale.


La bugia non paga. In una democrazia compiuta, impermeabile al rischio della repressione poliziesca, la menzogna non può elevarsi a metodo di governo.


L’invasione russa dell’Ucraina è anche una sconfitta dell’Iran


Come mostrano i recenti incontri ad alto livello tra i leader russi e iraniani, i legami Mosca-Teheran sono rimasti forti dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022. La guerra in corso in Ucraina, tuttavia, ha avuto alcune conseguenze gravemente negative per l’Iran – conseguenze che possono solo peggiorare man mano che la guerra continua. Nonostante [...]

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Taxi vs Uber, tra corporativismi e liberalizzazioni


Tutto quello che ho per difendermi è l’alfabeto; è quanto mi hanno dato al posto di un fucile (Philip Roth) Assentatomi qualche giorno dai temi della realtà sociale per un gradevole sposalizio familiare mi imbatto nel rinnovato esplodere di proteste dei guidatori di taxi per un’ennesima come la chiamano, liberalizzazione del servizio. Controversia legata all’approvazione del controverso [...]

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In questo nuovo episodio, Francesco Rocchetti, Segretario Generale dell'ISPI, e Silvia Boccardi parlano delle dimissioni di Boris Johnson e della nuova legge statunitense sulle armi.


Ucraina: l’ora dell’alternativa possibile


I Paesi della vecchia Europa chiamati a fare quadrato e rilanciare un dialogo 'con' e non 'contro' al Federazione russa

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The MED This Week newsletter provides expert analysis and informed insights upon the most significant developments in the MENA region, bringing together unique opinions on the topic and reliable foresight on possible future scenarios.


Germania: sulla cannabis ricreativa, mancano ancora parecchie risposte


La Germania sta portando avanti i piani per creare il primo mercato nazionale europeo della cannabis a scopo ricreativo, ma i dettagli sulle regole che governeranno l’industria rimangono scarsi. Una volta lanciato, il mercato tedesco della cannabis ricreativa, che vale un miliardo di euro, sarà a una sola cifra, a due cifre o a una [...]

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La settimana che si è appena conclusa è stata densa di vertici internazionali: dopo il summit virtuale dei BRICS, che ha testimoniato che la Russia non è isolata dalle altre grandi potenze (quantomeno non a livello economico), non si è fatta attender…


La caduta di Johnson è il frutto di diversi scandali politici, ma non solo. E' anche il risultato di politiche economiche inefficaci e di una Brexit che non ha funzionato.


Boris il russo fra Russia e caduta


Simpatie e contraddizioni di Jhonson Non ha quel nome per caso, semmai è il cognome ad avere basi meno solide. Boris, per la precisione: Alexander Boris, si chiama in quel modo perché di origini anche russe, oltre che turche e musulmane. Di lui si possono

Simpatie e contraddizioni di Jhonson


Non ha quel nome per caso, semmai è il cognome ad avere basi meno solide. Boris, per la precisione: Alexander Boris, si chiama in quel modo perché di origini anche russe, oltre che turche e musulmane. Di lui si possono dire molte cose, ma “russofobo” proprio no. Il bisnonno paterno, di cognome faceva Kemal. Ali Kemal, ministro dell’impero ottomano.

Fu suo figlio, il nonno di Boris, a cambiare il cognome di una famiglia imparentata con la nobiltà tedesca ed inglese, usando quello di Johnson. Lui, Boris, è americano, nato a New York. In queste ore il suo governo vacilla, ma nel suo dna e nelle sue contraddizioni c’è un pezzo importante di storia europea.

Esageratamente simpatico, anche nel suo essere bugiardo. Qualcuno lo ricorderà a Roma, in occasione di un vertice, nel mentre elenca i sette colli capitolini, ma non riesce a ricordarne uno. Davanti a lui il nostro presidente della Repubblica e quello del Consiglio, che non è non sappiamo aiutarlo, è che non sarebbero arrivati a sei. Perché Johnson ha una cultura classica a prova di bomba, capace di recitare in greco (antico) e latino. Laureato a Oxford, in lettere classiche. Ma quando lo prendono a fare il giornalista, al The Times, redige un pezzo su scavi archeologici, inventando citazioni e attribuendole a casaccio, allo scopo di rendere più accattivante l’articolo. Licenziato. Riesce a farsi assumere altrove.

Il padre di Boris è stato a lungo parlamentare europeo conservatore. Super europeista, al punto di essere uno degli animatori del “Club del Coccodrillo”, dal nome del ristorante dove s’incontravano. Su quella posizione si trova anche il figlio, fin quando non crede il vento tiri per Brexit.

A esito del referendum, per dire, il padre ha cambiato cittadinanza, per restare europeo. Boris aveva cambiato posizione, per restare in vetta. E qui si apre la contraddizione politica, che prescinde totalmente dai rimproveri d’incoerenza o altre facezie non commestibili: cavalca alla grande Brexit, la usa anche per far fuori Theresa May e prenderle il posto, mentre ora è uno dei più determinati e netti interpreti della linea anti Putin, però lo stesso Putin aveva dato una mano eccome, a Brexit.

Si era pronunciato a favore dell’elezione di Obama, ma all’arrivo del virus prende la posizione di Trump e Bolsonaro: chi se ne frega, è un’influenza. Un negazionista. Ma mentre quei due restano appiccicati a quel che dissero, Boris realizza che è una cretinata e cambia: chiusure e vaccinazioni. E Uk è in testa alla partenza (noi sorpassiamo in corsa), un buon successo. Così lo scapigliato viene ammirato da gente che la pensa all’opposto. Poi lo beccano a far festini. Lui ammette, ma con l’aria di dire: che sarà mai.

Salva la ghirba dalla sfiducia interna al partito conservatore, ma perde ministri. Vince le elezioni politiche (anche grazie ai labouristi, che si fanno guidare da un antisemita socialista della prima metà del secolo scorso) e perde tutto il resto. Procedendo con la Brexit ideologica rischia di sfasciare l’intero Regno Unito.

E ora s’appresta al capolinea, sfiduciato dai suoi. Il tutto senza mai smarrire ironia e una piacioneria così smodata da essere a sua volta piacevole. Ed è questo il punto: Boris ha capito e interiorizzato la politica al debutto di questo secolo, vivendola come palestra di trasformismo e protagonismo. Ma all’appuntamento con la storia si presenta puntuale: Putin deve perdere. Ed è a quel punto che ti dici: magari tutti i populisti trasformisti fossero così.

La Ragione

L'articolo Boris il russo fra Russia e caduta proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



ILARIA ALPI. Assassinato il capro espiatorio Hashi Omar Hassan


Ad ucciderlo a Mogadiscio è stata una autobomba. Fu risarcito dallo Stato Italiano per aver scontato una pena ingiusta con 3milioni e 181mila euro. Ma dal primo giorno della sua assoluzione, sapeva che tornare in Somalia gli sarebbe potuto costare la vita

di Alessandra Mincone

Pagine Esteri, 7 luglio 2022 – Un’autobomba è esplosa a Modagiscio uccidendo Hashi Omar Hassan, il quarantunenne somalo che nel ‘98 fu incriminato per le morti della giornalista Ilaria Alpi e del suo collega Miran Hrovatin a Bosaso. Il testimone chiave dell’accusa, Ahmed Ali Rage, solo nel 2015 confessò di aver fatto il suo nome in cambio di denaro, quando Hassan aveva già trascorso nel carcere di Padova più di 16 anni. Fu risarcito dallo Stato Italiano per aver scontato una pena ingiusta con 3milioni e 181mila euro. Ma dal primo giorno della sua assoluzione, sapeva che tornare in Somalia gli sarebbe potuto costare la vita.

Da quanto riporta il sito somalo Garowe, nessuna milizia ha rivendicato il gesto, ma non è da escludere che l’attacco sia stato organizzato dal movimento islamico “Al-Shabaab”, storica cellula somala di Al-Qaida. Uno dei due legali di Hashi Omar, Antonio Moriconi, ha dichiarato alla stampa italiana che a parer suo, dietro l’attentato ci sarebbero stati dei tentativi di estorsione da parte di gruppi terroristici, venuti a conoscenza dell’enorme cifra di risarcimento ottenuta da poco, e che Hassan voleva investire nel settore dell’import-export. Lo avrebbe fatto “per migliorare la stabilità politica della Somalia”, all’interno del suo clan, l’abgal, attualmente vicino al governo, e che all’epoca dei viaggi di Ilaria Alpi a Mogadiscio veniva organizzato dall’ex- Presidente del Governo di transizione somala, Ali Mahdi.

Ali Madhi Mohammed e il suo oppositore, Mohammed Farah Aidid, furono entrambi sospettati di aver cospirato per l’uccisione della giornalista e del cineoperatore. Al centro delle ricerche investigative di Ilaria e Miran, quelle a cui si riconducono i motivi delle loro assassinio, c’erano i rapporti tra servizi segreti e istituzioni italiane con l’ex dittatore Mohammed Siad Barre; le successive operazioni di cooperazione dell’ONU allo scoppio della guerra civile; e conseguentemente, il traffico di rifiuti radioattivi che i signori della guerra accettavano di smaltire in cambio di armi clandestine, soprattutto a fronte dell’embargo sulle armi del gennaio ’92. Mentre il governo di transizione poteva rafforzare la propria autorità dal contrabbando di armi, i gruppi islamisti si accaparravano una percentuale del traffico illegale perseguendo una guerra civile che divise in due aree Mogadiscio.

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, nel 2003, in un report in merito alle violazioni dell’embargo sulle armi in Somalia, osservava che il traffico di cannoni anticarro, mitragliatrici pesanti, fucili d’assalto, pistole, bombe e munizioni che arrivava al Porto di Bosaso era in crescente aumento già dagli anni settanta. L’ex Unione Sovietica, dal ‘73 al ’77, esportò ben 260milioni di dollari in armi; l’Italia, dal ‘78 al 1982 ne esportò da sola 380milioni. Dagli anni ’80, anche Stati Uniti d’America e China favorivano la dittatura somala con ingenti regali bellici. Dal gennaio 1992, l’embargo è sempre stato raggirato dai somali con la complicità e gli interessi anche di Egitto, Etiopia, Eritrea, Sudan, Djibouti e Yemen.

Pochi giorni prima di morire, Ilaria aveva conosciuto il Sultano di Bosaso, Abdullahi Moussa Bogor. È ancora possibile ritrovare online l’intervista con cui chiedeva, con destrezza, cosa ne era stato della nave cargo della Shifco – l’azienda peschiera italiana, con a bordo soldati italiani e croati, sequestrata al Porto di Bosaso, uno snodo cruciale per i traffici somali. La gran parte delle riprese di Miran di quella intervista sarebbero andate disperse, non senza manovre rocambolesche che sin da subito hanno fatto presagire il depistaggio delle indagini, per culminare in una epopea giudiziaria che ancora non ha un finale.

Ad oggi, anche le violazioni dell’embargo sulle armi non trovano un epilogo. È del 5 luglio la notizia dell’emittente televisivo somalo “Al-Arabya”, dove si denunciava il sequestro di due barche yemenite che trasportavano armi al gruppo terroristico “Al-Shabaab”. Le barche sarebbero risultate di proprietà di un contrabbandiere somalo, Ahmed Matan, che già in passato avrebbe fornito materiale esplosivo allo stesso gruppo terroristico probabilmente direzionandole al Golfo di Aden.

La tragica storia di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin sembrava non poter più interferire con quella di Hashi Omar Hassan, e invece nella morte raccontano entrambe la stessa disgrazia, quella del traffico di armi a Mogadiscio. Pagine Esteri

L'articolo ILARIA ALPI. Assassinato il capro espiatorio Hashi Omar Hassan proviene da Pagine Esteri.



A giugno, l’inflazione in Eurozona ha fatto segnare l’8,6% su base annua. È un ennesimo record da quando esiste l’Unione economia monetaria, che infrange quello di maggio (+8,1%).


📰 Il bollettino di #MonitoraPA 📰
Dopo la presa di posizione del Garante, ancora nuove email e qualche interessante fenomeno di emulazione!

monitora-pa.it/2022/07/07/1311…

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DOCUMENTARIO. Gli stupri delle native americane, strumento di colonizzazione


I crimini sessuali nelle riserve sono commessi, per l'80%, da uomini non nativi americani e molto spesso i responsabili non vengono perseguiti. Insieme alla sottrazione di terre e risorse, sono uno strumento per perseguire la colonizzazione. L'articolo D

di Nello del Gatto –

Pagine Esteri, 8 luglio 2022 – Nei secoli l’aggressione sessuale nei confronti delle donne native americane è stato uno strumento di sopraffazione e colonizzazione, un modo per dimostrare il potere degli invasori nei confronti delle popolazioni locali. Ancora oggi, un buco legislativo nella giurisprudenza americana impedisce di perseguire i non nativi colpevoli di violenze nei confronti delle donne native americane.

Secondo dati del Dipartimento di Giustizia, una donna nativa su tre viene violentata nel corso della sua vita, mentre altre fonti riferiscono che molte donne native sono troppo demoralizzate per denunciare lo stupro.

Più dell’80 per cento dei crimini sessuali nelle riserve sono commessi da uomini non indiani, che sono immuni da procedimenti giudiziari da parte dei tribunali tribali, mentre i pubblici ministeri federali rifiutano di perseguire il 67% dei casi di abusi.

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Nello del Gatto è corrispondente estero, autore e conduttore per Radio 3 Rai. Dopo aver lavorato come giornalista di nera e giudiziaria si è dedicato agli esteri, occupandosi di diritti civili. Ha trascorsi sei anni in India come corrispondente dell’ANSA e successivamente a Shanghai con lo stesso ruolo. Dal 2019 è a Gerusalemme.

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YEMEN. Le mine antiuomo fanno strage di civili e bambini


C'è la tregua ma gli incidenti causati dalle mine antiuomo e agli ordigni inesplosi continuano, con una media stimata di uno al giorno che ucciso 49 civili tra cui almeno otto bambini L'articolo YEMEN. Le mine antiuomo fanno strage di civili e bambini pr

della redazione con informazioni di Save the Children

Pagine Esteri, 8 luglio 2022 – Le mine antiuomo e gli ordigni inesplosi sono stati i più grandi assassini di bambini nello Yemen da quando è stata annunciata una tregua ad aprile. Lo denuncia Save the Children. L’aumento delle morti a causa di queste armi si considera sia dovuto al trasferimento delle famiglie in aree precedentemente inaccessibili a seguito della diminuzione delle ostilità. Una nuova analisi dell’Organizzazione mostra che le mine antiuomo e le munizioni inesplose sono state responsabili di oltre il 75% di tutte le vittime di guerra tra i bambini, uccidendone e ferendone più di 42 tra aprile e la fine di giugno.

Da quando è iniziata la tregua dopo sette anni di conflitto, il numero di vittime legate al conflitto armato è diminuito in modo significativo, con 103 civili uccisi in conflitto negli ultimi tre mesi, mentre nei tre mesi precedenti la tregua sono stati uccisi 352 civili. Tuttavia, gli incidenti relativi alle mine antiuomo e agli ordigni inesplosi sono continuati a un livello simile, con una media stimata di un incidente al giorno, che ha provocato la morte di 49 civili tra cui almeno otto bambini. Nei tre mesi precedenti la tregua, 56 civili sono stati uccisi da mine e ordigni inesplosi.

I resti esplosivi della guerra rimangono una minaccia ereditata dai combattimenti, rappresentando un pericolo duraturo per i civili in tutto il Paese anche dopo la cessazione delle ostilità. I bambini, in particolare, hanno una maggiore vulnerabilità agli ordigni inesplosi e alle mine antiuomo a causa della percezione del basso rischio e dell’elevata curiosità. Inoltre, il senso di relativa sicurezza ha portato a una maggiore mobilità tra i civili, in particolare tra gli sfollati, che potrebbero sentirsi sicuri di tornare nelle aree in cui le ostilità si sono attenuate.

“Anche se i combattimenti sono stati meno frequenti negli ultimi mesi, i residuati bellici esplosivi continuano a mietere vittime quotidianamente. Le mine antiuomo e le munizioni inesplose rappresentano una grave minaccia per tutti nello Yemen, in particolare per i bambini, che sono curiosi per natura, vogliono esplorare il loro mondo e conoscerlo. E quando vedono qualcosa di brillante o interessante, non possono trattenersi dal toccarlo. Ecco perché così tanti bambini sono stati uccisi o feriti in incidenti di ordigni inesplosi. Raccolgono l’oggetto sconosciuto pensando che sia un giocattolo, solo per scoprire che si tratta di una bomba a grappolo inesplosa. Cresce ancora di più nella stagione delle piogge, quando la terra si bagna e le mine sepolte nelle secche possono andare alla deriva in aree precedentemente ritenute sicure. Nelle ultime due settimane, abbiamo visto molte segnalazioni di adulti e bambini uccisi o mutilati mentre svolgevano le faccende quotidiane, come andare a prendere l’acqua, lavorare nelle loro fattorie o prendersi cura del loro bestiame. Non c’è un posto sicuro per i bambini nello Yemen, nemmeno quando il pericolo dei combattimenti è diminuito. I bambini in Yemen hanno sopportato per troppo tempo violenze sbalorditive e immense sofferenze e, a meno che le parti in guerra e la comunità dei donatori non diano la priorità alla protezione dei bambini, la triste eredità del conflitto li perseguiterà per gli anni a venire”, dichiara Rama Hansraj, direttore di Save the Children in Yemen.

Save the Children chiede alle parti in guerra un impegno urgente e pieno per la bonifica delle mine e degli ordigni inesplosi e invita ad adottare misure pratiche e immediate per ridurre l’impatto crescente di questi esplosivi. L’Organizzazione chiede inoltre alla comunità dei donatori di sostenere l’ampliamento e la fornitura delle attrezzature tecniche necessarie per la marcatura e lo sgombero degli ordigni e delle mine inesplose, in modo che i bambini e le loro comunità siano consapevoli del rischio e siano maggiormente in grado di mitigarlo in sicurezza. Pagine Esteri

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Varianti del gioco di carte Bestia


La bestia è uno stretto parente della briscola, dal momento che ha per lo più le stesse regole. Varianti: • con Briscola dominante, viene posta a fianco alla briscola una carta coperta, scoperta solo dopo che i giocatori hanno bussato e cambiato carta. Se la carta risulta più bassa della prima, si gioca normalmente coprendola, [...]

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I crimini di guerra russi in Ucraina si stanno ritorcendo contro Mosca


La tattica di Vladimir Putin di prendere di mira le popolazioni civili si è finalmente ritorta contro. Invece di demoralizzare gli ucraini stanchi della guerra, ha galvanizzato i suoi vicini europei e rinvigorito la NATO. Ciò arriva quando due missili russi hanno colpito un affollato centro commerciale nella città di Kremenchuk, uccidendo oltre 20 persone [...]

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Travolto dagli scandali, Boris Johnson si dimette da leader dei conservatori. Resterà premier fino alla nomina del successore, ma la rivolta contro di lui è bipartisan: “via subito”. Alla fine si è dimesso.


Mr. LonelyBoris Johnson si è dimesso da leader del Partito conservatore. E ha annunciato quelle da Primo ministro.


Rwanda – Uganda: quando due ‘presidentissimi’ fanno scintille


Relazioni burrascose e pericolose tra i Presidenti di Rwanda e Uganda alle prese con l'M23 in Congo, dove è in atto un conflitto di geoeconomia delle risorse

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Ucraina: una scorta a guida USA per rompere il blocco russo sarebbe pericolosa


Da quando la Russia ha invaso l’Ucraina a febbraio, relativamente pochi nel commentatore occidentale sono stati disposti a chiedere agli Stati Uniti di impegnarsi in una guerra diretta contro Mosca. Le ragioni di questa cautela sono ovvie: la Russia è uno stato nucleare e ha un esercito che, nonostante la sua recente sottoperformance, è ancora [...]

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#NotiziePerLaScuola

PATHS Summer School, dal 12 al 14 luglio: tre giorni di esperienze immersive, webinar e laboratori di rinnovamento della didattica della Filosofia per la scuola del futuro con docenti, dirigenti, esperti, accademici.

Info ▶️ miur.gov.it/web/guest/-/paths-…

Iscrivetevi per rimanere sempre aggiornati ▶️ miur.gov.it/web/guest/iscrizio…


t.me/Miur_Social/3472



NATO – Turchia: Erdogan sugli altari


Erdoğan ottiene, oltre alla legittimazione delle sue operazioni belliche, anche le armi e i rinforzi militari di cui aveva bisogno. Ottimo posizionamento per le elezioni 2023

L'articolo NATO – Turchia: Erdogan sugli altari proviene da L'Indro.



Motherboard sta pubblicando parti del codice per l'app di messaggistica crittografata Anom, che è stata segretamente gestita dall'FBI per monitorare la criminalità organizzata su scala globale.
Di Joseph #Cox su #Vice
vice.com/en/article/v7veg8/ano…
#Vice #Cox


Quanto costa ricostruire l’Ucraina, corruzione esclusa?


L'Unione Europea ha detto che sborserà circa 100 miliardi di dollari, che potrebbero essere in parte condizionati all'attuazione di alcune importanti riforme anti-corruzione

L'articolo Quanto costa ricostruire l’Ucraina, corruzione esclusa? proviene da L'Indro.



Cieco e nano


Follemente corretto Che, da tempo, il politicamente corretto stia evolvendo in follemente corretto lo sapevo. È questo, del resto, il motivo per cui ho cominciato a scriverne su “LaRagione” (vedi articolo di martedì scorso). Di vere e proprie follie ne ho

Follemente corretto


Che, da tempo, il politicamente corretto stia evolvendo in follemente corretto lo sapevo. È questo, del resto, il motivo per cui ho cominciato a scriverne su “LaRagione” (vedi articolo di martedì scorso).

Di vere e proprie follie ne ho scovate decine, soprattutto nei Paesi di lingua inglese, a partire dagli Stati Uniti. Per esempio che non si può vendere uno shampoo per capelli “normali”, perché altrimenti qualcuno potrebbe sentirsi anormale se compra uno shampoo per capelli secchi.

Però qualche giorno fa, girovagando su Internet, mi sono imbattuto in un caso che supera tutti quelli che avevo incontrato e catalogato (sì, ho questa perversione, faccio collezione di follie).

Ebbene, si tratta di questo: in un breve editoriale pubblicato sul portale dell’Università di Padova, uno studioso che si occupa di biologia evoluzionistica racconta che sta per pubblicare negli Stati Uniti un testo di argomento scientifico (l’evoluzione) e che la correttrice di bozze della casa editrice gli ha chiesto di cambiare alcune parole.

Due in particolare: “cieco” e “nano”, in quanto offensive per i non vedenti e le persone di bassa statura. La solita ipocrisia degli eufemismi, penserete voi. E invece no. Lo studioso nel suo libro usava l’aggettivo “cieco” per parlare della selezione naturale che è cieca (cioè non segue un piano). E usava la parola “nano” per parlare di una specie particolare di elefanti, detti elefanti nani, le cui dimensioni ridotte possono essere vantaggiose in quanto abitanti di isole piccole.

Ho pensato a uno scherzo. Magari lo studioso in questione non esiste o è un dottorando burlone che si diverte a prenderci in giro o vuole denigrare gli Stati Uniti. Quindi ho controllato: in realtà lo studioso in questione esiste, si chiama Telmo Pievani, ha studiato in Italia e negli Stati Uniti, attualmente è docente ordinario di Filosofia delle scienze biologiche, ha incarichi nazionali e internazionali prestigiosi, un mare di pubblicazioni, un curriculum accademico splendido.

Quindi la mia ipotesi era sbagliata: non siamo davanti a uno scherzo. Dobbiamo trovare un’altra spiegazione. Se una correttrice di bozze non capisce che “evoluzione cieca” e “elefante nano” sono espressioni che non possono offendere nessuno, una ragione deve esserci. Ma quale può essere? È a questo punto che mi sono tornati in mente alcuni studi recenti che, come sociologo che per trent’anni ha lavorato con gli psicologi, mi avevano molto incuriosito.

Secondo questi studi il quoziente intellettivo (QI) dei cittadini dei Paesi sviluppati sarebbe aumentato sistematicamente per più di mezzo secolo (dagli anni Quaranta alla fine degli anni Novanta del secolo scorso) ma nel nuovo millennio sarebbe in diminuzione. Il primo effetto (aumento QI) viene chiamato effetto Flynn, il secondo (diminuzione QI) viene chiamato effetto Flynn inverso o retrogrado.

Ho sempre guardato con scetticismo a questo tipo di studi, pieni di insidie statistico-matematiche. Ma, dopo aver appreso quel che è capitato al professor Pievani, sono meno scettico.

E se fosse proprio così, che stiamo diventando meno intelligenti? Dopotutto quel che la correttrice di bozze ha manifestato è una totale mancanza di ironia. E la letteratura scientifica su una cosa è concorde: l’ironia è la testimone migliore dell’intelligenza.

La Ragione

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Onu: in sei mesi 60 palestinesi uccisi in Cisgiordania e Gerusalemme Est, +46% rispetto al 2021


L'ultimo in ordine di tempo è Rafiq Ghannam, colpito durante un blitz dell'esercito israeliano nella cittadina di Jabaa a sud di Jenin. 18 gli israeliani rimasti uccisi in attentati quest'anno. In Cisgiordania nel 2021 sono stati uccisi 78 palestinesi e 2

della redazione –

Pagine Esteri, 7 luglio 2022 – Erano in centinaia ieri ai funerali di Rafiq Ghannam, il palestinese di 20 anni ucciso durante un blitz dell’esercito israeliano nella cittadina di Jabaa a sud di Jenin, in Cisgiordania. Testimoni hanno raccontato che Ghannam è stato colpito davanti casa mentre erano in corso scontri tra soldati e giovani manifestanti. Per il portavoce militare israeliano, Ghannam era un ricercato e sarebbe stato abbattuto dal fuoco dei soldati perché avrebbe cercato di sottrarsi all’arresto. I media palestinesi ieri riferivano anche di decine di arresti effettuati dalle forze di occupazione nel corso della notte nei villaggi palestinesi nel nord della Cisgiordania e intorno a Ramallah.

Quella di ieri è la seconda uccisione di un abitante di Jabaa in due giorni. Prima di Ghannam era stato colpito a morte Kamel Alawneh. Domenica scorsa l’Onu ha riferito che da gennaio a giugno, 2022 esercito e polizia di Israele hanno ucciso oltre 60 palestinesi in Cisgiordania e a Gerusalemme est, il 46% in più rispetto alla prima metà dello scorso anno. Nel 2021 sono stati uccisi 78 palestinesi e 24 del 2020. Questi numeri includono anche alcuni palestinesi armati rimasti uccisi in scontri con l’esercito o dopo aver compiuto attacchi. Tra questi i responsabili degli attentati compiuti in Israele tra marzo e maggio che hanno causato 18 morti.

Intanto l’agenzia di stampa statunitense Associated Press ha inaugurato la sua nuova sede a Gaza, un anno dopo la distruzione dei suoi uffici in un attacco della aviazione israeliana. Secondo Israele nell’edificio, sede anche di altri mezzi d’informazione come Al Jazeera, operavano uomini del movimento islamico Hamas. Ma non ha mai fornito le prove della sua tesi contestata dai giornalisti della Ap e di altri media.

A Gaza, come nel resto dei Territori palestinesi occupati, hanno destato curiosità e una certa sorpresa le immagini provenienti dall’Algeria – in festa per il 60esimo anniversario della sua storica indipendenza dal colonialismo francese – della stretta di mano tra il presidente dell’Anp Abu Mazen e del leader del movimento islamico Hamas, Ismail Haniyeh. I due non si incontravano da anni. Tuttavia, il gesto distensivo tra i due leader rivali, di fatto nemici, è avvenuto solo per l’insistenza della presidenza algerina e non pare destinato a favorire il riavvicinamento le due parti. Hamas e il partito Fatah, spina dorsale dell’Anp, sono ai ferri corti da anni e nulla lascia immaginare l’avvio di un negoziato per la riconciliazione. Tutti i tentativi in quella direzione fatti negli anni passati sono falliti finendo per allargare la distanza tra le due parti.

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L’euro e l’inflazione


Dannazione che fu L’euro chiuse la dannazione dell’inflazione e assicurò stabilità monetaria. Per noi fu la fine della più iniqua delle tasse. Al contrario che in altre parti dell’Euro-area, però, i salari si sono da noi fermati. Perché s’è fermata la cre

Dannazione che fu


L’euro chiuse la dannazione dell’inflazione e assicurò stabilità monetaria. Per noi fu la fine della più iniqua delle tasse. Al contrario che in altre parti dell’Euro-area, però, i salari si sono da noi fermati. Perché s’è fermata la crescita. Inchiodata da arretratezze cui sembriamo affezionati. Ora l’inflazione ricompare, spinta dall’esterno. Sarà domata, se non si commetteranno i vecchi errori. Servono riforme e soldi che vadano a investimenti, non all’assistenzialismo.

La prima volta della moneta unica


Questo luglio si è tornato a parlare di inflazione. Dopo circa un trentennio di quiete caratterizzato da una sostanziale stabilità dei prezzi, si è osservato un rapido e ripido incremento dell’inflazione. Quest’ultima, passata dal 4,8% di gennaio agli 8 punti percentuali di fine giugno, ha raggiunto il valore più alto da quando è stato introdotto l’euro nel nostro Paese.

Se la perdita di potere d’acquisto rappresenta una novità per la moneta unica, lo stesso non si può dire per la lira. Il vecchio conio, come evidenziato dal primo grafico, ha conosciuto un lungo periodo di crisi (dal 1972 al 1985) caratterizzato da un’inflazione stabilmente e abbondantemente sopra il 10%, con un picco massimo del 21,2% raggiunto nel 1980.

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Dal 1985 in poi assistiamo a un decremento abbastanza costante dell’inflazione che nel 1999, in concomitanza con l’introduzione dell’euro come valuta contabile, giunge all’1,70%. L’esordio dell’euro come denaro contante avviene nel 2002, anno nel quale l’inflazione si attesta al 2,50%. Negli anni successivi la moneta unica si conferma una valuta stabile e abbastanza forte, capace di mantenere bassi (sempre sotto al 3,5% fino al 2022) i livelli dell’inflazione.

L’aumento sopraggiunto quest’anno, dunque, rappresenta un’assoluta novità e costringe gli esperti a domandarsi quale sia la migliore strategia possibile per arginare gli effetti negativi della perdita del potere di acquisto. I sindacati spingono per un adeguamento dei salari ai prezzi correnti, trovando però opposizione da parte della Banca d’Italia che teme che questo tipo di soluzione finirebbe per spingere ancora più in alto l’inflazione, innescando una spirale salari-prezzi come quella degli anni Settanta e Ottanta.

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Il terzo grafico, che mette a confronto l’andamento dell’inflazione con il livello dello stipendio medio negli ultimi 30 anni (stipendio nominale, non corretto per il livello dei prezzi), sembrerebbe dare qualche supporto all’istanza dei sindacati in quanto all’aumento del salario parrebbe corrispondere addirittura un decremento dell’inflazione.

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Tuttavia, dato che sia il valore dell’inflazione che quello dello stipendio medio vengono influenzati da un complesso sistema di variabili, la relazione apparente tra questi due termini potrebbe essere casuale o legata all’influenza di altre variabili in grado di incidere su entrambi i valori in maniera opposta.

Inoltre, va sottolineato come il livello degli stipendi in oggetto sia rimasto sostanzialmente stabile lungo tutto il trentennio e che anzi, trattandosi di stipendi nominali, il loro valore reale (confrontato quindi con l’indice del livello dei prezzi) sia addirittura diminuito nel corso del tempo.

È dunque plausibile che negli scorsi 30 anni si sia verificata una riduzione del valore dei salari reali accompagnata da tassi di inflazione decrescenti e una produttività stagnante.

Oggi la situazione appare più complessa: il valore reale degli stipendi continua a decrescere, però l’inflazione è in forte ascesa. Sarà necessario quindi incrementare la produttività al fine di non scivolare nella stagflazione.

a cura di Luca Ricolfi e Luca Princivalle (Fondazione David Hume) su La Ragione

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ILARIA ALPI. Assassinato il capro espiatorio Hashi Omar Hassan


Ad ucciderlo a Mogadiscio è stata una autobomba. Fu risarcito dallo Stato Italiano per aver scontato una pena ingiusta con 3milioni e 181mila euro. Ma dal primo giorno della sua assoluzione, sapeva che tornare in Somalia gli sarebbe potuto costare la vita

di Alessandra Mincone

Pagine Esteri, 7 luglio 2022 – Un’autobomba è esplosa a Modagiscio uccidendo Hashi Omar Hassan, il quarantunenne somalo che nel ‘98 fu incriminato per le morti della giornalista Ilaria Alpi e del suo collega Miran Hrovatin a Bosaso. Il testimone chiave dell’accusa, Ahmed Ali Rage, solo nel 2015 confessò di aver fatto il suo nome in cambio di denaro, quando Hassan aveva già trascorso nel carcere di Padova più di 16 anni. Fu risarcito dallo Stato Italiano per aver scontato una pena ingiusta con 3milioni e 181mila euro. Ma dal primo giorno della sua assoluzione, sapeva che tornare in Somalia gli sarebbe potuto costare la vita.

Da quanto riporta il sito somalo Garowe, nessuna milizia ha rivendicato il gesto, ma non è da escludere che l’attacco sia stato organizzato dal movimento islamico “Al-Shabaab”, storica cellula somala di Al-Qaida. Uno dei due legali di Hashi Omar, Antonio Moriconi, ha dichiarato alla stampa italiana che a parer suo, dietro l’attentato ci sarebbero stati dei tentativi di estorsione da parte di gruppi terroristici, venuti a conoscenza dell’enorme cifra di risarcimento ottenuta da poco, e che Hassan voleva investire nel settore dell’import-export. Lo avrebbe fatto “per migliorare la stabilità politica della Somalia”, all’interno del suo clan, l’abgal, attualmente vicino al governo, e che all’epoca dei viaggi di Ilaria Alpi a Mogadiscio veniva organizzato dall’ex- Presidente del Governo di transizione somala, Ali Mahdi.

Ali Madhi Mohammed e il suo oppositore, Mohammed Farah Aidid, furono entrambi sospettati di aver cospirato per l’uccisione della giornalista e del cineoperatore. Al centro delle ricerche investigative di Ilaria e Miran, quelle a cui si riconducono i motivi delle loro assassinio, c’erano i rapporti tra servizi segreti e istituzioni italiane con l’ex dittatore Mohammed Siad Barre; le successive operazioni di cooperazione dell’ONU allo scoppio della guerra civile; e conseguentemente, il traffico di rifiuti radioattivi che i signori della guerra accettavano di smaltire in cambio di armi clandestine, soprattutto a fronte dell’embargo sulle armi del gennaio ’92. Mentre il governo di transizione poteva rafforzare la propria autorità dal contrabbando di armi, i gruppi islamisti si accaparravano una percentuale del traffico illegale perseguendo una guerra civile che divise in due aree Mogadiscio.

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, nel 2003, in un report in merito alle violazioni dell’embargo sulle armi in Somalia, osservava che il traffico di cannoni anticarro, mitragliatrici pesanti, fucili d’assalto, pistole, bombe e munizioni che arrivava al Porto di Bosaso era in crescente aumento già dagli anni settanta. L’ex Unione Sovietica, dal ‘73 al ’77, esportò ben 260milioni di dollari in armi; l’Italia, dal ‘78 al 1982 ne esportò da sola 380milioni. Dagli anni ’80, anche Stati Uniti d’America e China favorivano la dittatura somala con ingenti regali bellici. Dal gennaio 1992, l’embargo è sempre stato raggirato dai somali con la complicità e gli interessi anche di Egitto, Etiopia, Eritrea, Sudan, Djibouti e Yemen.

Pochi giorni prima di morire, Ilaria aveva conosciuto il Sultano di Bosaso, Abdullahi Moussa Bogor. È ancora possibile ritrovare online l’intervista con cui chiedeva, con destrezza, cosa ne era stato della nave cargo della Shifco – l’azienda peschiera italiana, con a bordo soldati italiani e croati, sequestrata al Porto di Bosaso, uno snodo cruciale per i traffici somali. La gran parte delle riprese di Miran di quella intervista sarebbero andate disperse, non senza manovre rocambolesche che sin da subito hanno fatto presagire il depistaggio delle indagini, per culminare in una epopea giudiziaria che ancora non ha un finale.

Ad oggi, anche le violazioni dell’embargo sulle armi non trovano un epilogo. È del 5 luglio la notizia dell’emittente televisivo somalo “Al-Arabya”, dove si denunciava il sequestro di due barche yemenite che trasportavano armi al gruppo terroristico “Al-Shabaab”. Le barche sarebbero risultate di proprietà di un contrabbandiere somalo, Ahmed Matan, che già in passato avrebbe fornito materiale esplosivo allo stesso gruppo terroristico probabilmente direzionandole al Golfo di Aden.

La tragica storia di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin sembrava non poter più interferire con quella di Hashi Omar Hassan, e invece nella morte raccontano entrambe la stessa disgrazia, quella del traffico di armi a Mogadiscio. Pagine Esteri

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pagineesteri.it/2022/07/07/afr…



Relazione sull'attività 2021 - Sintesi per la stampa e documenti


IL TESTO DELLA RELAZIONE ANNUALE 2021 RELAZIONE ANNUALE 2021 - DISCORSO DEL PRESIDENTE RELAZIONE SULL’ATTIVITA’ 2021 Sintesi per la stampa L'Autorità Garante per la protezione dei dati personali - composta da Pasquale Stanzione, Gin...


gpdp.it:443/web/guest/home/doc…



L'intervento di Pasquale Stanzione, presidente Autorità protezione dei dati personali alla presentazione Relazione annuale al Parlamento: "Necessarie garanzie nell'utilizzo dell’Intelligenza Artificiale nel settore investigativo per evitare la delega all’algoritmo di attività potenzialmente incidenti sulla libertà personale".
Di Luigi #Garofalo su #Key4biz
key4biz.it/garante-stanzione-l…


Aumentare gli Stipendi si deve e si Può..
today.it/economia/aumento-stip…
#Lavoro #stipendi



Distanze siderali


Ucraina, Russia, gas, Israele... La distanza sempre più siderale tra il mondo e le forze politiche di Roma

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HUAWEI FreeBuds Pro 2: recensione


Gli auricolari wireless Huawei vi offrono alte prestazioni e funzionalità avanzate, a un rapporto qualità prezzo imperdibile. Sono dotati di un’avanzata tecnologia di cancellazione del rumore, comandi touch, funzioni automatiche e doppio driver. Sono facili da indossare, si mettono in pausa quando li rimuovi e si avviano automaticamente quando li metti nelle orecchie. Rendono una [...]

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Questa mattina si è svolta la presentazione dei risultati delle prove #INVALSI2022 presso l'Università degli Studi "La Sapienza" di Roma.

All’evento è intervenuto il Ministro Patrizio Bianchi.

Qui tutti i dettagli ▶️ miur.gov.it/web/guest/-/invals…


t.me/Miur_Social/3471



Dimissioni a raffica dal governo, travolto dagli scandali. Ma Boris Johnson non cede: “vado avanti”, in molti però scommettono sulla sua fine. La premiership di Boris Johnson è in bilico.


A tutto gasNon si ferma la corsa del gas. Il suo prezzo sulla borsa di Amsterdam è salito anche oggi (+3%), e ha ormai superato i 170 euro per megawattora.


IL SENTIERO DEI NIDI DI RAGNO DI ITALO CALVINO


#rileggiamoli
Di questo libro Italo Calvino ha detto: “Questo romanzo è il primo che ho scritto. … Al tempo in cui l'ho scritto, creare una letteratura della Resistenza era ancora un problema aperto, scrivere il romanzo della Resistenza si poneva come un imperativo; … ogni volta che si è stati testimoni o attori d'un'epoca storica ci si sente presi da una responsabilità speciale …

iyezine.com/il-sentiero-dei-ni…



UPDATE: Further EU DPA orders stop of Google Analytics


AGGIORNAMENTO: Un'altra DPA dell'UE ordina l'interruzione di Google Analytics L'autorità italiana per la protezione dei dati (GPDP) si è unita al consenso condiviso dal GEPD, nonché dall'autorità per la protezione dei dati francese e austriaca e ha vietato l'uso di Google Analytics (GA) 101 complaints update


noyb.eu/en/update-further-eu-d…





Mario Draghi vola in Turchia per rilanciare i rapporti bilaterali; “Italia e Turchia sono partner, amici alleati". Il presidente del consiglio italiano Mario Draghi è volato ad Ankara per incontrare Recep Tayyip Erdogan.


Achtung!A maggio la Germania ha fatto segnare il primo deficit commerciale dal 1991, l’anno successivo alla riunificazione.




#NotiziePerLaScuola

Al via la presentazione telematica delle istanze di scioglimento delle riserve nelle GaE e nelle GPS e di conferma dei servizi nelle GPS.

Info ▶️ miur.gov.it/web/guest/-/gradua…

Iscrivetevi per rimanere sempre aggiornati ▶️ miur.gov.it/web/guest/iscrizio…


t.me/Miur_Social/3469



Digital Services Act no game-changer: Industry and government interests prevailed


Today, one day ahead of the final approval, the European Parliament debated the EU Digital Services Act (DSA) establishing new rules for online platforms. Patrick Breyer MEP, who participated in the …

Today, one day ahead of the final approval, the European Parliament debated the EU Digital Services Act (DSA) establishing new rules for online platforms. Patrick Breyer MEP, who participated in the negotiations as rapporteur for the Committee on Civil Liberties, Justice and Home Affairs, delivered the following speech:

Mr President

On behalf of my civil liberties committee, let me be honest to our citizens:

We tried to make the Digital Services Act a game-changer and overcome the surveillance capitalist business model of pervasive tracking online but failed. We failed to provide you with alternatives to toxic platform algorithms that will push the most controversial and extreme content to the top of your timelines. And we failed to protect legal content, including media content, from being overblocked by error-prone upload filters or arbitrarily set platform rules.

But before industry and governments – consistently supported by the Commission – celebrate too quickly, I have a message to them: There is more legislation coming up, such as on political advertising and ePrivacy. We‘ll fight all the harder against surveillance advertising, we will fight for a do not track button in every device, we will fight a right to encryption, and we will fight against indiscriminate data retention.

Defending fundamental rights in the digital age is a marathon, not a sprint – you‘ll see!


patrick-breyer.de/en/digital-s…





Appena atterrata da Londra,controllo passaporti: per tutti dura pochi secondi, per me no. Agente legge attentamente sullo schermo qualcosa.


IL DESERTO DEI TARTARI DI DINO BUZZATI


Pubblicato nel 1940, “Il deserto dei Tartari” narra le vicende del tenente Giovanni Drogo, inviato a prestare servizio nell’isolata e inutile Fortezza Bastiani, a sorvegliare un deserto da cui non arriva mai alcun nemico. Consumerà la sua esistenza aspettando la guerra, l’azione, il giorno in cui potrà farsi valere e rimarrà invischiato in questa vana attesa anche quando avrà la possibilità di andarsene.

iyezine.com/il-deserto-dei-tar…

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CRISIS BENOIT, EL CULTO DE LA MUERTE (SLAUGHTERHOUSE RECORDS, 2022)


Un cimitero in piena notte illuminato da una gigantesca luna piena, un'orda di zombi affamati di carne viva che fuoriescono dalle tombe, pronti a seminare il panico in città e scatenare l'apocalisse.

iyezine.com/crisis-benoit



La Commissione Europea, sempre più espressione delle lobby economiche e dell'affarismo predatorio, si scaglia con una severità mai vista prima contro il #GarantePrivacy dei Paesi Bassi che difende i diritti dei cittadini.
(Grazie a Carlo #Blengino per la segnalazione)
nrc.nl/nieuws/2022/07/03/bruss…
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friendica (DFRN) - Collegamento all'originale
The Privacy Post

@senzanome
> Quali sarebbero poi gli europarlamentari Seri, che non obbediscono alle leggi della finanza e delle lobby?

Sono quelli che hanno una reputazione, che si presentano per ostacolare i monopolisti, le concessioni infinite e l'illegalità, quelli che mantengono le promesse, che non si presentano con partiti invotabili, quelli che votano a favore di Navalny ma senza votare contro Assange e che sono fieramente anticinesi senza essere servi degli USA, quelli insomma che praticano una politica laica ma per davvero...

Unknown parent

friendica (DFRN) - Collegamento all'originale
The Privacy Post

@oZZma

Il garante della privacy olandese, l'Autorità olandese per la protezione dei dati (AP) ha ricevuto un grosso schiaffo da Bruxelles, in un caso sulla privacy che sta causando molto trambusto. Secondo la Commissione Europea, l'AP interpreta la legislazione sulla privacy in modo troppo rigoroso, ostacolando l'imprenditorialità nell'Unione Europea. Il problema porta a cause legali nei Paesi Bassi e provoca disordini all'interno dell'AP stesso.

La battaglia legale riguarda la misura in cui le aziende possono raccogliere e distribuire informazioni sensibili alla privacy su di loro senza il consenso dei cittadini. La questione gioca un ruolo, tra l'altro, nella controversia tra l'AP e il servizio di streaming VoetbalTV, in cui il Consiglio di Stato potrebbe prendere una decisione questo lunedì.

VoetbalTV ha trasmesso via Internet immagini video di partite amatoriali per, tra gli altri, giocatori, allenatori e tifosi. Lo hanno utilizzato più di 150 club, fino a quando l'AP ha imposto una multa di 575.000 euro sul servizio a fine 2019. Football TV è poi fallita. Secondo il garante della privacy, il motivo di lucro di VoetbalTV non potrebbe mai costituire un "interesse legittimo" per la trasmissione delle immagini senza il consenso individuale dei giocatori e del pubblico.

'Non è la decisione giusta'

Secondo la Commissione Europea, l'AP interpreta erroneamente la legge sulla protezione dei dati del GDPR e la giurisprudenza in merito. "L'interpretazione restrittiva da parte dell'autorità di regolamentazione olandese costituisce un serio ostacolo per le aziende al trattamento dei dati personali sulla base di un interesse commerciale, perché dovrebbero ricevere il permesso da ogni interessato", ha affermato la Commissione in una lettera all'AP. Secondo Bruxelles, l'autorità di controllo olandese non riesce a trovare il giusto equilibrio tra il diritto alla protezione dei dati, da un lato, e la libertà di impresa, dall'altro. La Commissione conclude la lettera con un "invito" all'AP a cambiare posizione.

In risposta a questa lettera del marzo 2020, il presidente di AP Aleid Wolfsen si rifiuta di riconsiderare la sua opinione. Entrambe le lettere sono nelle mani di NRC . Wolfsen teme che se gli interessi puramente commerciali possono essere un motivo per elaborare dati personali non richiesti, ciò porterà a una situazione in cui i dati personali extra sensibili vengono raccolti più velocemente rispetto ai dati meno sensibili alla privacy. "Sono fermamente convinto che non possa essere così", ha scritto Wolfsen a Bruxelles.

Secondo gli ex dipendenti di AP che hanno parlato con NRC , la posizione di Wolfsen all'interno del regolatore ha portato ad accesi dibattiti e relazioni disturbate.

A fine 2020, il tribunale di Midden-Nederland ha stabilito che VoetbalTV non deve pagare la sanzione AP di 575.000 euro. Secondo il tribunale, i dati personali possono talvolta essere trattati anche quando vi è solo un interesse commerciale. L'AP ha impugnato tale decisione al Consiglio di Stato.

Secondo Gerrit-Jan Zwenne, professore di diritto e società dell'informazione all'Università di Leiden, la lettera di Bruxelles che è ora emersa potrebbe influenzare la giurisprudenza. Definisce la corrispondenza "una meravigliosa visione di un'interessante disputa sulla privacy".



Draghi sembra avere perso la sua spinta innovativa, l'entusiasmo, la libertà da partiti e partitini, a partire dai due cosini ex stellini


Gli impulsi strategici della Cina dopo l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia saranno incentrati sull'annessione forzata di Taiwan


Cose turche+78%. Questo il tasso di inflazione di giugno in Turchia, il quarto più alto al mondo dopo Venezuela, Sudan e Zimbabwe.



L’Occidente ha scelto l'Ucraina come base per una guerra per procura contro la Russia, che ha un grande potenziale ‘nucleare’.


USA: l’indagine sul proiettile che ha ucciso Shireen Abu Akleh è inconcludente


Secondo i tecnici americani, il proiettile è troppo danneggiato per stabilirne con certezza la provenienza. Dieci giorni fa l'inchiesta ONU ha dichiarato colpevoli le Forze di Difesa Israeliane L'articolo USA: l’indagine sul proiettile che ha ucciso Shir

di Eliana Riva –

Pagine Esteri, 4 luglio 2022 – Tra poco più di una settimana il presidente degli Stati Uniti d’America, Joe Biden, sarà in visita in Israele. Solo 2 giorni fa l’Autorità Nazionale Palestinese ha comunicato di aver consegnato a esperti statunitensi il proiettile che ha ucciso Shireen Abu Akleh. La giornalista di Al Jazeera stava seguendo, insieme ai suoi colleghi, un’incursione delle forze speciali dell’esercito israeliano a Jenin. È stata colpita alla testa. Il giornalista Ali Sammoudi è rimasto ferito.

Dopo l’omicidio le autorità israeliane hanno affermato con certezza che Shireen Abu Akleh fosse stata colpita dal fuoco palestinese. Le dichiarazioni dei suoi colleghi e quelle dell’Autorità Nazionale Palestinese indicavano, invece, i soldati israeliani quali responsabili.

Appena 10 giorni fa l’Alto Commissariato Delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (OHCHR) ha terminato l’indagine indipendente sulla morte della giornalista. Le conclusioni non lasciano spazio a dubbi: “Tutte le informazioni che abbiamo raccolto – comprese quelle ufficiali dell’esercito israeliano e del procuratore generale palestinese – sono coerenti con la constatazione che i colpi che hanno ucciso Abu Akleh e ferito il suo collega Ali Sammoudi provenivano dalle forze di sicurezza israeliane e non dal fuoco indiscriminato di palestinesi armati, come inizialmente sostenuto dalle autorità israeliane. Non abbiamo trovato informazioni che suggeriscano che vi fossero attività di palestinesi armati nelle immediate vicinanze dei giornalisti”.

L’Autorità Nazionale Palestinese si è più volte rifiutata di consegnare a Israele, “gli occupanti”, il proiettile che ha ucciso la giornalista di Al Jazeera. Tuttavia, sabato 2 luglio, il Procuratore Generale palestinese Akram Al Khatib ha comunicato la decisione di consegnare lo stesso proiettile ai tecnici Usa che avrebbero effettuato un esame forense. Domenica si è saputo che i test sono stati effettuati all’interno del laboratorio forense della polizia israeliana a Gerusalemme. Sono stati alcuni funzionari israeliani ad affermare, ieri, che le analisi sarebbero state solo supervisionate dal Coordinatore della sicurezza statunitense e da un esperto balistico americano.

Si immaginava che i risultati delle analisi arrivassero prima della visita del presidente Biden in Israele. E così è stato.

Con una comunicazione ufficiale, il Dipartimento di Stato ha fatto sapere che “i risultati dei test balistici sono stati inconcludenti e non è stato possibile determinare se [il proiettile] sia stato sparato da un’arma usata dai soldati israeliani durante il raid militare dell’11 maggio nella città occupata di Jenin in Cisgiordania”. Il proiettile, secondo gli esperti statunitensi, era estremamente danneggiato. “Oltre all’analisi forense e balistica, nelle ultime settimane l’USSC [Coordinatore per la Sicurezza USA] ha avuto pieno accesso alle indagini delle forze di difesa israeliane (IDF) e dell’Autorità palestinese (AP). Riassumendo entrambe le indagini, l’USSC ha concluso che gli spari provenienti dalle posizioni dell’IDF sono stati probabilmente responsabili della morte di Shireen Abu Akleh. L’USSC non ha trovato motivo di credere che ciò fosse intenzionale, ma piuttosto il risultato di tragiche circostanze durante un’operazione militare guidata dall’IDF contro le fazioni della Jihad islamica palestinese l’11 maggio 2022 a Jenin, in seguito a una serie di attacchi terroristici in Israele”.

Secondo gli americani, tra i soldati delle forze speciali israeliane coinvolti nell’operazione militare all’interno della città occupata di Jenin, potrebbe dunque esserci, ma non è certo, il responsabile “non intenzionale” della morte della giornalista. E il tempismo di questa conclusione renderà un po’ più leggero il soggiorno mediorientale del presidente degli Stati Uniti d’America.

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Italia nello Stretto di Hormuz in funzione anti-Iran


In pole position tra i paesi in gara per più gas e più petrolio dalla regione del Golfo c’è proprio l’Italia di Mario Draghi, Lorenzo Guerini e Luigi Di Maio, per nome e per conto dell’holding a capitale statale ENI. E il rischio di uno scontro militare d

di Antonio Mazzeo

Pagine Esteri, 4 luglio 2022 – A fine estate l’Italia sarà a capo dell’operazione militare europea nello Stretto di Hormuz a “difesa” degli interessi delle transnazionali dell’energia e per il “contenimento” della presenza iraniana. Ad annunciare la provocatoria missione nel conflittuale corridoio marittimo tra il Golfo Persico e il Golfo di Oman è il ministero della Difesa, a conclusione della visita in Pakistan del Capo di Stato Maggiore, l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone. “Tra gli argomenti trattati durante gli incontri con i vertici delle forze armate pakistane – si legge nella nota emessa il 24 giugno – il Capo di Stato Maggiore italiano ha sottolineato l’accresciuto impegno del nostro Paese nell’area con l’assunzione del Comando della Missione NATO in Iraq e con la prossima assunzione del Comando della missione di coalizione Europea EMASOH”. (1).

Acronimo di European Maritime Awareness in the Strait of Hormuz, EMASOH è la “missione di sorveglianza marittima” promossa nel gennaio 2020 – in modo autonomo – dai governi di Danimarca, Belgio, Francia, Germania, Grecia, Paesi Bassi, Portogallo e Italia, dopo una serie di attacchi contro le unità utilizzate per il trasporto di gas e petrolio negli stretti di Hormuz e Bab el-Mandeb (tra il Mar Rosso e il Golfo di Aden) e ai terminali petroliferi di Abqaiq e Khurais in Arabia Saudita. Principali responsabili delle incursioni a petroliere e navi metaniere, secondo Stati Uniti, Unione europea e petroregimi arabi, i pasdaran, i guardiani della rivoluzione islamica dell’Iran.

“La crescente insicurezza e instabilità nel Golfo e nello Stretto di Hormuz a partire del 2019 con numerosi incidenti marittimi e non, è il risultato delle crescenti tensioni regionali e ha influenzato negativamente la libertà di navigazione e la sicurezza delle unità europee ed extraeuropee nell’area”, riportano i paesi membri di EMASOH. (2) Nonostante l’apertura di nuove rotte commerciali e l’espansione del mercato globale, dallo Stretto di Hormuz continua a transitare il 21% delle risorse petrolifere (circa 21 milioni di barili al giorno). Attraverso questo tratto di mare lungo 150 Km. e largo 33, l’Arabia Saudita fa passare 6,4 milioni di barili di petrolio al giorno, l’Iraq 3,4, gli Emirati Arabi Uniti 2,7, il Kuwait 2, mentre il Qatar, il più grande produttore mondiale di gas naturale liquefatto (LNG), quasi tutto il suo gas destinato all’esportazione. (3) Da qui l’esigenza di alcuni dei principali clienti europei di concorrere alla rimilitarizzazione della regione anche in concorrenza con gli stessi Stati Uniti d’America e i partner del Golfo.

Quartier generale di EMASOH è la base navale francese di Camp de la Paix ad Abu Dhabi (la Francia di Macron è il paese che più ha spinto per il lancio della missione aeronavale). La componente militare (Operation Agénor, nome di matrice classica, sinonimo di molto virile, coraggioso, condottiero dei prodi) include sette unità da guerra e un pattugliatore aereo delle forze armate degli stati promotori più la Norvegia. “Nei primi due anni di vita, EMASOH-Agénor ha visto operare complessivamente tredici fregate e dodici differenti velivoli di pattugliamento e riconoscimento marittimo”, riporta la nota emessa dal Comando il 25 febbraio 2022. “In totale gli assetti aerei hanno condotto più di 1.000 ore di volo mentre le imbarcazioni hanno navigato per 750 giorni, attraversando lo Stretto di Hormuz oltre 170 volte. Tuttavia la sicurezza nel Golfo e nello Stretto rimane volatile. Nonostante il rafforzamento della collaborazione con il Consiglio di Cooperazione del Golfo (paesi membri Arabia Saudita, Bahrain, Emirati Arabi, Kuwait, Oman e Qatar, Nda), persistono le tensioni regionali pre-esistenti e il rischio di escalation e di potenziali nuovi incidenti. (…) Riconoscendo l’effetto preventivo duraturo della presenza di EMASOH, cercheremo adesso di migliorarne l’efficienza sviluppando sinergie con differenti iniziative europee nell’Oceano indiano nord-occidentale”. (4) Una missione destinata dunque a rafforzare la propria componente militare e il raggio operativo geo-strategico e che sarà a guida italiana molto presumibilmente dal semestre 2022 fino al febbraio 2023.

La nuova avventura militare nelle acque del Golfo non prenderà il via di certo con i migliori auspici. Voluta dall’allora governo Conte bis (Pd-LeU-M5S) sull’onda del rinnovato asse diplomatico-economico-militare tra Roma e Parigi, la partecipazione italiana ad EMASOH è stata inaspettatamente bloccata per tutto il corso del primo anno di attività. Il 30 maggio 2020, prima dell’approvazione del decreto di finanziamento delle operazioni all’estero delle forze armate italiane, il governo decideva l’annullamento della partecipazione di un’unità della Marina ad EMASOH, così come era stato previsto a gennaio. L’allora premier Giuseppe Conte e il (riconfermato) ministro della difesa Lorenzo Guerini non vollero spiegare la ragione della decisione; Analisi Difesa puntò il dito contro una supposta “pressione” esercitata dal Ministero degli Affari Esteri (allora come adesso, responsabile del dicastero l’on. Luigi Di Maio), “non nuovo a entrare a gamba tesa nel campo delle missioni militari all’estero, finanziate da un decreto annuale che stanzia anche i fondi per la cooperazione e sviluppo della Farnesina”. (5)

Dopo la falsa partenza, indigesta per ampi settori politici e delle forze armate, il via alla partecipazione italiana a EMASOH fu annunciato dal ministro Guerini in un’audizione nelle commissioni Difesa di Camera e Senato, nel marzo 2021. (6) Il successivo 5 agosto, con l’approvazione in Parlamento del documento di proroga delle missioni internazionali, veniva predisposta una copertura finanziaria di 9.032.736 euro (di cui 2 milioni esigibili nell’anno 2022) per l’operazione navale nello Stretto di Hormuz. “La missione prevede l’impiego di un dispositivo aeronavale nazionale per attività di presenza, sorveglianza e sicurezza nella regione che comprende il Golfo dell’Oman e l’intero Golfo Persico, un’area storicamente caratterizzata da interessi vitali per l’economia nazionale e dei paesi europei”, scrive lo Stato Maggiore della Difesa. “Essa è finalizzata a tutelare il naviglio mercantile nazionale, supportare il naviglio mercantile non nazionale, rafforzare la cooperazione con le altre iniziative nell’area e contribuire alla maritime situational awareness dello spazio aeromarittimo al fine di garantire la libertà di navigazione e il libero flusso del commercio globale”. “L’Italia – enfatizza la Difesa – alla luce del ruolo strategico di quest’area per gli interessi nazionali, intende dispiegare un sistema di sicurezza, mantenendo una posizione neutrale nei confronti degli Stati regionali, nel rispetto del diritto internazionale, al fine di contribuire alla stabilità dell’area”. (7) Il decreto fissa un tetto massimo nell’impiego del dispositivo militare: 193 unità di personale, una unità navale, due mezzi aerei e un non meglio specificato supporto ISR Intelligence, Surveillance and Reconnaissance, successivamente identificato dalla stampa estera specializzata in un drone MQ-9 Reaper dell’Aeronautica militare, precedentemente schierato in Kuwait per la “sorveglianza” dello scacchiere iracheno. (8)

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L’isola di Hormuz (foto di Farsnews)

Oltre al velivolo senza pilota, la presenza militare italiana nelle acque del Golfo è stata limitata al dispiegamento dal 1° ottobre al 15 dicembre 2021 della fregata missilistica “Federico Martinengo”, assegnata nei mesi precedenti all’Operazione Atalanta dell’Unione europea contro la pirateria a largo delle coste somale e nel Mar Rosso, nell’ambito della European Union Naval Force for Somalia (EU-NavFor Somalia). Nel corso della sua partecipazione a EMASOH, la fregata ha effettuato soste tecniche nei porti di Mascate (Oman), Doha (Qatar) e Manama (Bahrein), sapientemente utilizzate dalle autorità nazionali per propagandare il Sistema Italia (armi e tecnologie belliche) e rafforzare le relazioni diplomatico-militari con i paesi ospiti. Ciò è comunque bastato per irritare Teheran. “La Repubblica Islamica dell’Iran ha protestato contro la presenza di forze straniere nella regione, in particolar modo europee, che non può che creare le condizioni per esacerbare le tensioni già esistenti”, riportava il 14 ottobre 2021 l’agenzia di stampa iraniana Fars. “E’ stato altresì sottolineato che la sicurezza della zona del Golfo dovrebbe essere assicurata soltanto dai Paesi vicini”. (9)

Il regime iraniano aveva già espresso disappunto e risentimento per la decisione del Comando centrale delle forze armate USA di dar vita, nel luglio 2019, alla “missione internazionale di sicurezza marittima” – sempre nello Stretto di Hormuz e nelle acque del Golfo Persico – denominata IMSC – International Maritime Security Construct. “IMSC è nata in risposta alla crescita delle minacce alla libertà di navigazione e al libero flusso del commercio per le legittime marinerie nelle acque internazionali della regione mediorientale”, spiega il Dipartimento della difesa USA. “La task force multinazionale Sentinel, braccio operativo di IMSC, è stata istituita il 7 novembre 2019 con lo scopo di scoraggiare le attività maligne sponsorizzate dallo stato in tutta l’area operativa in modo da ridare sicurezza all’industria navale commerciale”. A IMSC-Sentinel oltre agli Stati Uniti contribuiscono Albania, Bahrain, Estonia, Lituania, Romania, Arabia Saudita, Emirati Arabi e Regno Unito, mentre hanno espresso l’intenzione di offrire una forma di cooperazione Corea del Sud, Qatar e Kuwait. Il 6 agosto 2019, nella sessione di chiusura della Knesset, l’allora ministro degli esteri di Israele, Israel Katz, aveva espresso la volontà di fornire intelligence alla missione a guida USA. Alle dichiarazioni di Tel Aviv è seguita una dura presa di posizione dell’ammiraglio Alireza Tangsiri, comandante delle Guardie del Corpo Rivoluzionarie Islamiche dell’Iran. “Ogni illegittima presenza di Israele nel Golfo Persico potrebbe sfociare in un confronto militare nella regione e la responsabilità per quanto accadrà sarà di Stati Uniti e Regno Unito”. (10)

Inutile dire come le politiche delle cannoniere promosse in prima istanza da Washington e Parigi (con scarsa coordinazione tra le parti, nonostante le identiche finalità anti-Iran), congiuntamente al dirompente attivismo di Israele nel “controllo” delle rotte petrolifere e del gas dell’intero Medio Oriente, abbiano esacerbato gli animi contribuendo ad aggravare le tensioni, specie tra Teheran e Tel Aviv. “L’attacco mortale ai danni di una petroliera a largo delle coste dell’Oman alla fine del luglio 2021 rappresenta un ulteriore sviluppo sia del rischio generale per la navigazione nel Golfo, dello Stretto di Hormuz e del mare Arabico, sia per la ribollente guerra ombra che viene condotta da Iran e Israele”, scrivono gli analisti militari Hugo Decis e Charlotte Le Breton dell’International Institute for Strategic Studies (IISS) di Londra. “L’attacco è stato condotto con un velivolo senza pilota apparentemente decollato dall’Iran, che ha colpito la nave cisterna MV Mercer Street, gestita da una società israeliana. Questo evento segna un’indubbia escalation. L’Iran ha minacciato ripetutamente di chiudere lo Stretto di Hormuz in passato. Finora non è riuscito a portare a termine queste minacce parzialmente per preservare i propri interessi economici, ma ha anche continuato ad accumulare strumenti ed assetti finalizzati a questo obiettivo. Ciò indica che permane il rischio di escalation”. (11)

All’aggravamento della crisi nell’area ha concorso inevitabilmente la decisione assunta a Bruxelles dal Consiglio dell’Unione Europea, lo scorso mese di febbraio, che ha esteso all’Oceano Indiano nord-occidentale il cosiddetto Coordinated Maritime Presence Concept con cui sono stati predisposti misure ed interventi a difesa degli interessi strategici europei e della navigazione nel Golfo di Guinea (documento varato nell’agosto 2019). In particolare il Consiglio Ue ha suggerito di rafforzare il coordinamento e la cooperazione con la missione EMASOH e di “considerare un’Area Marittima di Interesse l’Oceano Indiano nord-occidentale, una regione che si estende dallo Stretto di Hormuz al Tropico meridionale e dal nord del Mar Rosso fino al centro dell’Oceano Indiano”. (12)

La decisione di Bruxelles non potrà non avere conseguenze a breve termine anche di ordine militare.La Coordinated Maritime Presence consentirà all’Unione europea di condividere intelligence e coordinamento operativo nella regione del Golfo, stabilendo effettivamente legami tra EMASOH e l’Operazione Atalanta che combatte la pirateria a largo della Somalia”, scrivono i ricercatori Cinzia Bianco dell’European Council on Foreign Relations di Berlino e Matteo Moretti dell’Istituto di Affari Internazionali di Roma. “Convertire lo Stretto di Hormuz e il Mar Rosso in un’area integrata rafforza la capacità di dare sicurezza a entrambi (…) L’abbraccio Ue di EMASOH è l’ultima luce verde a una nuova generazione di missioni flessibili create ad hoc e che possono essere dislocate in aree sensibili per gli interessi dell’Unione europea, compensando il lungo processo decisionale della Politica Comune su Difesa e Sicurezza della Ue. Questa principale categoria di missioni, che include l’Operazione Takuba nel Sahel e l’European Naval Engagement nell’Indo-Pacifico, diverrà ancora più comune e rafforzerà le capacità di proiezione europea. EMASOH dovrà rafforzare la sua presenza navale e gli assetti per la sorveglianza aerea se vuole essere credibile in mezzo a una forte competizione multipolare nella regione”.

Ancora più militari, navi e aerei da guerra Ue nel Golfo, dunque. Specie adesso che è partita una dissennata corsa per “differenziare” i mercati di approvvigionamento delle risorse energetiche, così da ridurre la dipendenza dalla Russia e aumentare l’import dagli impresentabili regimi super-armati della Penisola arabica. In pole position tra i paesi in gara per più gas e più petrolio dalla regione del Golfo c’è ovviamente l’Italia di Mario Draghi, Lorenzo Guerini e Luigi Di Maio, per nome e per conto dell’holding a capitale statale ENI. A metà febbraio, prima dell’aggressione russa contro l’Ucraina, il governo ha sottoscritto un accordo strategico con il Qatar per accrescere le forniture di GNL. L’emirato fornisce già il 10% circa del gas naturale importato dall’Italia; inoltre la Qatar Petroleum, l’azienda petrolifera statale, possiede il 23% della joint venture che controlla il Terminale GNL Adriatico, l’impianto di rigassificazione posto a circa 15 km al largo di Porto Levante, Rovigo (le altre quote sono per il 70% della statunitense ExxonMobil e per il 7% di Snam SpA, società di infrastrutture energetiche controllata in parte dalla Cassa Depositi e Prestiti). (14)

Tutti “buoni” motivi per indossare baionetta ed elmetto e proiettarsi nello Stretto di Hormuz e nel Golfo Persico a difendere quello che Guerini e Stato maggiore definiscono ormai il Mediterraneo Mare Nostrum super-allargato. Ci inimichiamo di sicuro ancora di più l’Iran ma se si chiude una porta si apre un portone, anzi tanti portoni per fare nuovi e più lucrosi affari di gas e petrolio con emiri e sceicchi…

Note e Link

(1) difesa.it/SMD_/CaSMD/Eventi/Pa…

(2) fmn.dk/en/topics/operations/ig…

(3) ilpost.it/2019/08/04/stretto-h…

(4) hellenicshippingnews.com/emaso…

(5) analisidifesa.it/2020/05/il-go…

(6) sicurezzainternazionale.luiss.…

(7) difesa.it/OperazioniMilitari/o…

(8) air-cosmos.com/article/golfe-p…

(9) themeditelegraph.com/it/market…

(10) globalsecurity.org/military/op…

(11) iiss.org/blogs/military-balanc…

(12) consilium.europa.eu/media/5443…

(13) mei.edu/publications/europes-r…

(14) formiche.net/2022/02/gas-ue-ru…

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