Sri Lanka: crisi di legittimità
La scivolata dello Sri Lanka nell’instabilità politica dall’aprile 2022 è culminata con le dimissioni dell’ex presidente Gotabaya Rajapaksa in seguito alle proteste pubbliche del 9 luglio 2022. Gli errori politici del governo e la resistenza alla correzione della rotta sono stati accusati di aver scatenato la più dura crisi economica sulla popolazione dello Sri Lanka [...]
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La NATO e gli Stati Uniti vinceranno la guerra in Ucraina
Putin ha dimostrato ancora una volta che l’Europa ha ancora il potenziale per la guerra, nonostante le devastanti guerre mondiali. Il 24 febbraio, nonostante tutti gli sforzi diplomatici, il Cremlino ha scelto l’opzione della guerra e ordinò un’operazione militare su larga scala in tutta l’Ucraina. Con l’intensificarsi dell’aggressione militare della Russia contro l’Ucraina, l’Europa è [...]
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Russia e guerra ucraina: il ‘metodo Goebbels’ di ‘RIA Novosti’
'RIA Novosti' è conosciuta come l'alleato del regime russo. Ecco l'analisi della sua propaganda relativamente la guerra in Ucraina
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Russia: il prossimo Presidente potrebbe essere un non russo?
Kadyrov mantiene più di 3.000 fedeli combattenti a Mosca su base permanente, e quella forza potrebbe ribaltare l'esito di qualsiasi futura lotta di potere a favore dell'uomo forte ceceno
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È tempo che gli USA spingano per porre fine alla guerra in Ucraina
Due mesi dopo che gli ucraini hanno respinto in modo impressionante l’attacco della Russia a Kiev, la guerra sta prendendo un corso diverso. Le truppe russe stanno consolidando le loro conquiste nel Donbas poiché fino a 1.000 combattenti ucraini vengono uccisi o feriti ogni giorno. Questo mette la guerra sulla buona strada per essere tra [...]
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IP data retention is no option: IPv6 addresses can be unique and persistent tracking identifiers – a new study finds
A study on IP addresses [1] by scientists from TU Delft in the Netherlands and the Max-Planck-Institut at Saarland University in Germany proves IP data retention threatens citizens’ privacy: IP addresses can be unique and persistent tracking identifiers.
According to the study many devices can be tracked over time and across different networks. If only one of these devices is in your home network, all other devices can be tracked too, even if they use privacy safeguards.
The study estimates that about 19% of all households are affected without being aware of the problem. The majority of the affected devices are inexpensive Internet of things devices, thus the study underscores that blanket data retention especially affects average citizens who use inexpensive devices and make no additional effort to protect their communications.Digital freedom fighter and Member of the European Parliament Patrick Breyer (Pirate Party, Group Greens/European Free Alliance) explains:
“Citizens’ IP data is comparable to footprints and fingerprints on the Internet. A general and indiscriminate retention of our identity on the Internet allows for creating comprehensive personality and movement profiles of practically every citizen. Criminals know how to escape data retention. But ordinary citizens are caught up in general mass surveillance. Unfortunately, a great political consensus seems to exist on mandating indiscriminate IP data retention. Under no circumstances should all internet users be placed under general suspicion and online anonymity be abolished! There is no evidence that IP data retention significantly increases the crime clearance rate. In the absence of mandatory IP data retention Germany today has a higher cybercrime clearance rate than with IP data retention in place in 2009.”
[1] Said Jawad Saidi, Oliver Gasser, and Georgios Smaragdakis. 2022. One Bad Apple Can Spoil Your IPv6 Privacy. In ACM SIGCOMM Computer Communication Review, Volume 52, Issue 2, April 2022. ACM, New York, NY, USA, 9 pages.
dl.acm.org/doi/10.1145/3544912…
[2] Council doc. WK 7294/2021 INIT, LIMITE, 10 June 2021
statewatch.org/news/2021/july/…
PDF: statewatch.org/media/2592/eu-c…
Diplomatic Correspondence of the German Foreign Office of 23 December 2021
– German only –
cdn.netzpolitik.org/wp-upload/…
[3] tagesschau.de/investigativ/swr…
[4] twitter.com/bmj_bund/status/14…
[5] patrick-breyer.de/en/stop-data…
Lo status di candidato UE è una storica opportunità per trasformare l’Ucraina
La notizia della recente decisione di concedere all’Ucraina lo status di Paese candidato ufficiale all’UE ha suscitato una vasta gamma di reazioni contrastanti tra gli ucraini. Alcuni osservatori rimangono scettici e sottolineano che Paesi come la Turchia sono stati candidati all’UE per molti anni senza compiere ulteriori progressi verso l’effettiva adesione. Altri vedono la decisione [...]
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Un carico utile prezioso a bordo del volo inaugurale del Vega C
Uno dei carichi che ha imbarcato Vega C nel suo primo viaggio verso il cosmo vicino è AstroBio CubeSat (ABCS), un nanosatellite 3U che porta in orbita un mini laboratorio per la ricerca in astrobiologia, scienze della vita, biotecnologie e tecnologie farmaceutiche. Il progetto è stato sostenuto dall’Agenzia Spaziale Italiana in collaborazione con l’Osservatorio Astrofisico [...]
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Cosa sono i bonus senza deposito e dove trovarli
Il mondo delle scommesse online ha assistito a grandi trasformazioni nel corso degli anni. Inizialmente c’era una sorta di diffidenza, che però è andata progressivamente scomparendo per effetto dell’affidabilità universalmente riconosciuta che vantano le migliori società di scommesse via web. Nell’ambito dei casinò su internet, tuttavia, si nota ancora un po’ di titubanza nell’effettuazione della [...]
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Ernesto Galli della Loggia e Aldo Schiavone – Una profezia per l’Italia
Wünderkammer: la stanza delle stranezze di Üto.
Wünderkammer: la stanza delle stranezze di Üto.
Un luogo dedicato al bizzarro, allo stravagante, al sorprendente.
Ep. 1: i dieci dischi più interessanti del primo semestre 2022
iyezine.com/wunderkammer-ep-1-…
Wünderkammer Ep. 1: i dieci dischi più interessanti del primo semestre 2022
Ep. 1: i dieci dischi più interessanti del primo semestre 2022: al giro di boa dell’anno di grazia 2022, molte le uscite di peso: Kendrick Lamar (su tutti), Black Country New Road (attesissimi), Yard Act (incensati dalla critica), Animal Collective, …In Your Eyes ezine
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Liberarsi
Sarebbe bastato poco. Sarebbe bastata una di quelle mediazioni che il politicantismo considera il minore dei problemi. Sarebbe bastato accedere subito ad un ulteriore scostamento di bilancio, mettere in conto qualche altra spesa assistenzialista e improduttiva, millantata quale “aiuto al popolo”, e il governo avrebbe continuato la sua navigazione, nel mentre la ciurma partitante avrebbe potuto continuare a far pertugi nello scafo.
Ma Draghi ha avvertito quel che qui indicavamo da tempo: se si concede troppo a quell’andazzo si perde la diversità dell’esecutivo e anziché riuscire Draghi a domane i demagoghi sarebbero stati i demagoghi ad imbrigliare Draghi. E non per ragioni di preminenza, reclamata da galletti castrati e ancor crestuti, ma di sostanza. Ragione per cui Draghi ha fatto bene a dire: basta.
Il reclamato scostamento di bilancio, invocato con ragioni di socialità, sarebbe stato asociale. I tassi d’interesse crescono, l’Italia ha un debito pubblico enorme e fatica a riuscire a spendere l’enorme quantità di soldi regalati e prestati a tassi di favore (dalle istituzioni europee), annunciare un ulteriore deficit significa garantirsi un sicuro aumento dello spread, quindi degli interessi da pagare a prestatori che avrebbero la conferma d’avere a che fare con incapaci o imbecilli, con il che ogni euro speso a soccorso avrebbe generato un bisogno di soccorso fiscale o di spesa per interessi superiore al suo stesso valore.
Roba da cretini, appunto. I partitanti sono intellettualmente attivi su un altro fronte: raccolta di voti. La colpa è di chi glieli fornisce.
Serve a nulla dilungarsi sulla suggestiva scena del far fuori l’italiano più autorevole, sulla scena internazionale, nonché il solo in grado di tenere in equilibrio gli istinti spendaroli con le compatibilità di bilancio, quindi i finanziamenti europei.
Tanto che si era creata la condizione positiva, descritta ieri. Si aggiunga che l’inflazione aiuta i conti pubblici, difatti migliorati nel restare drammatici, ma se la si insegue con la spesa pubblica improduttiva se ne ottiene la crescita ulteriore, sommando il salasso dei privati con l’emorragia delle casse pubbliche.
Possiamo votare anche domani. Possiamo rinviare alla frescura. Possiamo allungare la palla all’anno che verrà. Ma cambia nulla se torniamo a presentare schede false agli elettori. Dobbiamo trovare il modo, guardando avanti, di liberarci da questa maledizione.
Nel 1994 la sinistra (da poco ex comunista) si pensò vincente, per distruzione giudiziaria degli avversari. In quel pensiero c’era la sconfitta della sua cultura migliore e il sopravvento dei suoi istinti peggiori. Berlusconi creò non una, ma due false coalizioni, riuscendo ad evitare quella vittoria. Fu un bene, ottenuto con il male. Capita, nella vita. Nel 1996 l’intero mondo politico era berlusconizzato, con due false coalizioni che chiedevano di sconfiggere il falso altrui.
Andiamo avanti così da allora: false politiche che generano governi di cartapesta. Nel 2018 gli elettori hanno premiato la demagogia senza più neanche la vergogna di sé stessa, sconfiggendo entrambe le false coalizioni. Possiamo continuare così all’infinito, ma è in quel disfacimento che si trova la causa di un trentennio di mancata crescita. Se piace l’impoverimento, avanti con goduria.
Sapere chi “vince” è inutile, se si continua in quello schema, tanto poi non governerà e si sfascerà. Lo scopo del governo Draghi era: lasciate che una persona seria si occupi della rianimazione, mentre la politica imposti le riforme istituzionali e le metta in coerenza con il sistema elettorale. E la politica ha fallito, ancora.
A destra fanno finta d’essere prossimi alla vittoria. A sinistra non si capisce come facciano a far finta d’essere ancora dei coalizzati in gara. Senza il coraggio e la lucidità, anche darwiniana, di rompere lo schema. Giocano la rivincita del secolo scorso, mentre l’Italia si declassa nel girone futuro. Liberarsene sarebbe un bene.
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GIAPPONE. Dietro la pistola di Yamagami, un problema sociale
Due colpi per uccidere il più influente leader politico giapponese degli ultimi anni, a cui mancavano solo quattro giorni per diventare il più longevo. A spararli un 41enne, Tetsuya Yamagami, nella cui casa è stato trovato altro esplosivo, e che tempo fa era membro della Japan Self-Defense Forces, il corpo dell’elite militare dell’esercito nipponico. Ma forse non importa più di tanto chi li ha sparati – visto anche che il killer ha specificato che non ha agito per “motivazioni politiche – perché presto o tardi, il Giappone si sarebbe potuto trovare di fronte a una tragedia simile. Forse sarebbero cambiati i protagonisti, l’occasione, ma è noto che l’estremo conservatorismo di parte non indifferente della società giapponese abbia prodotto negli anni parecchi casi di assassini motivati da follia o depressione, che hanno mietuto non poche vittime. Colpa anche dello stigma nei confronti di chi si affida a psicologi e psicoterapisti, etichettato come “debole”. Così il Giappone, dal punto di vista delle armi da fuoco uno dei paesi più sicuri con quasi zero vittime di arma da fuoco , deve comunque fare i conti con eventi di questo tipo perché incapace di gestire una polveriera instabile e pronta a esplodere: quella di chi soffre di disturbi psicologici e psichiatrici.
Certo va dato atto che proprio leggi repressive come quelle giapponesi hanno fatto del Sol Levante un paese sicuro in termini di sparatorie. Sicuramente molto più del loro alleato, gli Stati Uniti, che soltanto il 4 di Luglio, festa nazionale, hanno registrato almeno 220 vittime, tra cui le 7 vittime del killer di Highland Park. Ma negli Stati Uniti, paradossalmente, è più semplice comprare un fucile d’assalto che una bottiglia di liquore. In Giappone il percorso per poter possedere un’arma da fuoco è fatto di 13 step che includono visite medico psicologiche, interrogatori della polizia, iscrizioni a gruppi controllati e qualificati di cacciatori o amatori e corsi obbligatori di gestione e manutenzione delle armi. Inoltre la possibilità di aprire negozi dedicati è estremamente limitata – circa 3 ogni prefettura – e vige l’obbligo di restituire arma e licenza dopo la morte del possessore, vale a dire una pistola non può essere ereditata e trasmessa all’interno di una famiglia. Dei soli 20 arresti in Giappone nel 2020 per possesso illegale di armi, 12 erano legate al fenomeno delle gang.. Grazie alle norme introdotte da questa legge del 1956, per quanto in seguito resa meno stringente, il Giappone mantiene il rischio di sparatorie a punti 0.02, mentre negli Stati Uniti l’indice è decisamente più alto. Gli Usa guidano infatti la classifica dei paesi industrializzati per numero di decessi dovuti ad omicidio, staccando gli altri con 4.12. Per capirsi in l’Italia, che pure si trova al quinto posto, l’indice di rischio è 0.35.
Questo controllo serrato funziona molto bene per gestire il traffico e l’uso di armi, e l’omicidio di Abe è più una conferma che un’eccezione. L’intervento della sicurezza dopo i due colpi ha evitato altre vittime, Yamagami non ha potuto utilizzare un’arma regolare, ma ha invece costruito in casa la pistola con cui ha sparato. Il capo della polizia di prefettura Tomoaki Onizuka ha detto di “sentire un grave responsabilità” per l’accaduto, ammettendo falle nel piano di sicurezza. Ma era lo stesso Abe a preferire misure meno stringenti, per incoraggiare i “bagni di folla” che portano elettori alle urne. Anche oggi, dopo la morte di Abe anzi forse proprio anche grazie ad essa, milioni di giapponesi si sono presentati ai seggi per eleggere i 125 rappresentanti delle Camera bassa del parlamento giapponese. E hanno così regalato a Kishida, delfino di Abe, 75 seggi che gli permettono di blindare la maggioranza che gli serve per governare serenamente. Il partito dell’ex premier assassinato e il Nippon Ishin no Kai (Partito Giapponese per il rinnovamento) sono le due falangi politiche dell’ala destra che grazie alla promessa di emendare la costituzione pacifista – un programma molto sostenuto da Abe – stanno ora guadagnando punti secondi i primi exit poll. Sicuramente, la tragica fine di uno dei simboli del Sol Levante degli ultimi anni ha incentivato questo risultato.
Del vero killer in realtà non si parla molto. E non si intende Yamagami, di cui man mano vengono fuori maggiori dettagli: disoccupato dopo un periodo in azienda a seguito del servizio militare, la madre forse seguace di una setta religiosa (alcune fonti citano la Chiesa del reverendo Moon) a cui avrebbe fatto una troppo generosa donazione, dilapidando i propri risparmi e innescando la molla omicida di Yamagami. Il vero killer è probabilmente una deriva psicologica che accomuna Yamagami ad altri soggetti in Giappone. Le descrizioni dei colleghi di lavoro parlano di un uomo laconico, che non interagiva se non per motivi strettamente legati al lavoro e passava la pausa pranzo mangiando in macchina. Un parente invece parla di come la famiglia di Yamagami si sia sfasciata in seguito alle donazioni della madre. Se l’associazione fosse confermata, il rapporto con Abe nato nell’immaginazione di Yamagami potrebbe essere plausibile. Il reverendo Moon è stato il fondatore, nel 1954, della Chiesa dell’Unificazione, una setta basata su un’interpretazione peculiare della Bibbia e che proprio a Nara, dove si è svolto l’ultimo atto della vita di Abe, ha una propria sede. Il nonno di Abe, criminale di guerra di classe A per crimini perpetrati contro prigionieri di guerra (anche coreani vista l’occupazione del territorio coreano durante la seconda guerra mondiale) ma soprattutto primo ministro dal 1957, aveva preso contatti con la setta per avere un “cuneo” strategico in corea del Sud. Nella mente confusa di Yamagami, la figura del nonno dell’ex primo ministro nipponico e di Abe stesso potrebbero essersi sovrapposte, facendo di Abe il responsabile dello sfascio della famiglia dell’attentatore. Anche la particolare dottrina della setta, secondo la quale le disgrazie dell’individuo sono causate da colpe pregresse degli antenati, potrebbe aver spinto il già non equilibrato Yamagami a cercare vendetta.
Il problema è che di persone come Yamagami, in Giappone, non si sa quale sia l’esatto numero. Dal 2021 la salute mentale e la prevenzione dei suicidi sono diventati un tema di attualità, anche a seguito del propagarsi di disturbi depressivi e dissociativi associabili ai diversi lockdown. Inoltre ha un nome giapponese, hikikomori, la sindrome sempre più diffusa di ritiro sociale e autoisolamento, diffusa propria nel Sol Levante e stimata in mezzo milione circa di pazienti, prevalentemente uomini tra i 15 e i 39 anni. Ma i dati potrebbero essere sottostimati, perché possono passare anni prima della presa di coscienza e della richiesta di aiuto dei soggetti. La morale tradizionale ultraconservatrice, fondata sui cardini di onore e reputazione e addizionata al senso di fallimento che la crisi economica e i conseguenti licenziamenti hanno generato, ha portato a un aumento dei suicidi, con una “discriminazione di genere”: se infatti i suicidi tra gli uomini sono leggermente diminuiti, nel 2021 (ultimo dato pubblicato) quelli delle donne, cioè quelle tra di cittadini più propense ad essere licenziate o a lasciare il lavoro per occuparsi di attività di cura della famiglia, sono aumentati per il secondo anno di seguito. Nel Sol Levante secondo solo agli Stati Uniti tra i paesi del G7 quanto a tasso di suicidi, non è la prima volta che la follia di un singolo porta a tragedie collettive. E il caso di Abe non è nemmeno l’evento più tragico degli ultimi anni, considerando il numero di vittime. Solo nel 2019 un incendio doloso aveva ucciso 36 persone alla Kyoto Animation, innescato da un 41enne già noto per disturbi psichici e per un tentativo di rapina con arma bianca.
Quali che siano i progetti del governo giapponese, la salute mentale e la gestione dei rischi ad essa connessi dovrebbe essere al primo posto nella sua agenda. Soprattutto dopo il tragico epilogo della vita del suo ex premier Shinzo Abe.
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ANALISI. Russia-Ucraina. La guerra potrebbe durare anni tra obiettivi russi, muro ucraino e interessi Usa
di Danilo Della Valle
Pagine Esteri, 18 luglio 2022 – Sono ormai trascorsi più di 4 mesi dal 24 Febbraio 2022, data di inizio della guerra “russo-ucraina” e, di pari passo, del confronto sul campo tra Mosca e l’Occidente. Dopo un primo periodo di smarrimento delle opinioni pubbliche mondiali e degli analisti sulle mire della Russia, pian piano il quadro si fa più chiaro. Nel frattempo a Mosca e Kiev le rispettive propagande fanno il proprio lavoro, “egregiamente”, da un lato raccontando l’imminente avanzata russa, senza alcun tipo di difficoltà, per difendere il “russkii mir” (il mondo russo), dalla parte di Kiev si racconta di un quasi collasso russo, a corto di provviste e armi, di una quasi pronta controffensiva ucraina per riprendersi tutti i territori conquistati dalla Russia, Crimea compresa, e varie altre storie più o meno “fantasiose”, riprese anche dalla stampa occidentale.
A proposito della stampa occidentale, dall’inizio del conflitto gran parte dei media hanno scelto più che di raccontare la guerra di propagandare le veline di Kiev, di fatto comportandosi come informazione di Paese in guerra. Eppure se nelle prime fasi della guerra, a prescindere dalle posizioni politiche, la narrazione era tutta concentrata su assunti di dubbia provenienza, tipo quelli secondo cui la Russia avesse scorte per soli tre giorni o che l’Ucraina sarebbe potuta arrivare fino in Russia infliggendo sconfitte su sconfitte a Mosca, oggi, pian piano, si sta scoprendo che al contrario la guerra di logoramento russa, fatta per lo più di artiglieria, una delle più potenti al mondo, rosicchia giornalmente pezzetti di territorio ucraino, soprattutto nella parte del sud est e nel Donbass, obiettivo minimo, secondo molti, dichiarato da Putin.
Per capire meglio il conflitto in atto sono almeno due gli scenari da analizzare: Il primo è sicuramente quello geopolitico.
Questo è un punto da cui si deve partire per capire bene quel che accade oggi. Alla caduta dell’Unione Sovietica e con la fine del bipolarismo si aprì inevitabilmente una nuova fase sia per la Federazione Russa che per il mondo intero. Dal punto di vista della politica interna la Russia, e tutti i Paesi dell’ex blocco sovietico, si trovarono a transitare verso una economia di mercato (con tutti i pro, per pochi, e contro, per tanti) e una transizione molto più veloce del solito al sistema “democratico”, senza alcun passaggio intermedio. Fu una fase difficilissima per la Russia anche dal punto di vista geopolitico che di fatto perse il suo ruolo storico di “potenza”. Mentre in un primo momento diversi analisti statunitensi si chiedevano se fosse necessario pensare a favorire uno sfaldamento della Federazione Russa in tante repubbliche, facendo leva sulle spinte separatiste di alcune regioni del Caucaso e di alcune minoranze etniche(tesi ripresa a Varsavia nel Maggio 2022 durante il forum delle libere nazioni di Russia), alla fine si optò per cercare di integrare la Russia nel mondo Occidentale con un ruolo molto più marginale. Tuttavia la Russia non fu mai integrata a pieno regime nell’Occidente liberale e fu relegata sempre ad un ruolo secondario, trattata con una visibile diffidenza. Eppure con la vicina Europa la Federazione russa ha cercato, tra alti e bassi, punti di incontro politico ed economico, con l’Accordo per la partnership e la cooperazione (PCA), entrato in vigore già nel 1997, che prevedeva due vertici all’anno e un Comitato per la cooperazione. Dal 2003 poi anche con un Consiglio permanente per la partnership, di carattere prevalentemente politico.
Con la Russia degli anni novanta e inizio duemila relegata senza troppe possibilità di reagire ad un ruolo secondario nello scacchiere internazionale, l’espansione della Nato è stato sicuramente un fattore importante, non l’unico, nel mantenere alta la tensione nella zona. Già nel 1993 l’allora Presidente russo Boris Eltsin, grande amico degli Stati Uniti, aveva ammonito il suo omologo statunitense, Bill Clinton, di come dalle parti del Cremlino si stessero preoccupando per le intenzioni di Polonia e Repubblica Ceca di aderire alla Nato. Proprio a proposito della Nato Il 20 Giugno 1997 l’attuale Presidente degli Stati Uniti d’America Joe Biden, all’epoca senatore, dichiarava
[1]“Se mai esistesse qualcosa in grado di stravolgere i rapporti fra NATO e Russia, provocando una reazione vigorosa e ostile, non intendo per forza militare, questo sarebbe l’ammissione dei Paesi Baltici nella NATO”. Dalla dichiarazione dell’attuale Presidente all’effettività della stessa passò poco tempo. Il 24 Febbraio 2022 il quotidiano tedesco Der Spiegel in un articolo “ha ragione Putin?” [2] poneva l’accento sul fatto che vi fossero accordi tra Usa e Urss affinché la Nato non avesse cercato l’espansione ad est. A tal proposito, come riporta Sergio Romano nel suo “atlante delle crisi mondiali”, è utile la testimonianza dell’ex ambasciatore Usa in Urss Jack Matloch, che in un’intervista rilasciata nel 2007 al Corriere della Sera si espresse così sulle famose “promesse” mai trascritte dell’Occidente all’allora Unione Sovietica: “Quando ebbe luogo la riunificazione tedesca, noi promettemmo al leader sovietico Gorbačëv – io ero presente – che se la nuova Germania fosse entrata nella Nato non avremmo allargato l’Alleanza agli ex Stati satelliti dell’Urss nell’Europa dell’Est. Non mantenemmo la parola. Peggio: promettemmo anche che la Nato sarebbe intervenuta solo in difesa di uno Stato membro, e invece bombardammo la Serbia per liberare il Kosovo che non faceva parte dell’Alleanza”.
[3]
La situazione poi è pian piano cambiata negli anni 2000. Il primo Putin aveva sempre puntato ad una Russia “parte della famiglia europea”, ispirandosi pur tra tante difficoltà interne al tipo di sviluppo classico del capitalismo liberista, con tutti i pro, per pochi, e contro per tanti, e cercando di prendere un “posto al sole” per la Russia nello scacchiere internazionale occidentale. Significava quindi accettare il nuovo ordine venuto fuori dalla fine della Guerra Fredda. Tutto cambiò repentinamente nel 2008 dopo che per diverso tempo le richieste russe furono quasi del tutto ignorante.
L’avvertimento finale all’Occidente il presidente russo Putin lo lanciò nel febbraio 2008, alla Conferenza di Monaco sulla Sicurezza, ammonendo la visione del mondo “unipolare” e l’allargamento della Nato e criticando l’approccio “unilaterale” degli Usa sulle maggiori questioni dell’agenda mondiale. Putin di fatto avvertì che la Russia aveva delle linee rosse (Ucraina, Bielorussia e Georgia). Ecco, da Monaco in poi la Russia ha ripreso attivamente ad avere una politica estera volta a prendersi un posto da superpotenza nel mondo multipolare che si andava costituendo, di tanto in tanto intervenendo anche nei conflitti regionali come in Africa, Siria e/o nelle sue zone di influenza più vicine come Georgia e Donbass, probabilmente tornando a sognare “un ritorno al grande Impero o alla superpotenza di un tempo”. Inoltre dopo un certo periodo di avvicinamento della Russia all’Europa, con la guerra in atto, il Cremlino sta via via dirottando tutte le sue partnership a Oriente e verso i Brics, che nonostante non abbiano obiettivi politici e strategici totalmente comuni, se non quello della de-dollarizzazione dei mercati finanziari, continuano ad essere attrattivi per altri Paesi che chiedono di entrare a far parte del gruppo, come ultimamente hanno fatto Argentina e Iran.
Tuttavia la Russia oggi non può essere considerato il nemico principale della Nato dal punto di vista geopolitico, nonostante sia ancora dichiarata tale nell’ultimo Strategic Concept della Nato. La vera sfida della Nato è, come dichiarato nell’ultimo documento appunto, la Cina, con la quale probabilmente si aprirà una “partita” dopo aver risolto la questione Russia, che non vuol dire per forza aspettare la Pace o la fine della guerra, ma probabilmente andrebbe bene anche uno scenario di sirianizzazione del conflitto russo-ucraino con allontanamento, già avvenuto, della Federazione Russa dall’Europa.
Il secondo punto che va analizzato e confrontato con quello geopolitico è sicuramente quello della situazione interna Ucraina. Con l’entrata in scena della Russia la guerra è passata da una guerra civile ad un conflitto tra Paesi, con l’intervento almeno a livello di intelligence e di armi di diverse potenze occidentali. La guerra “strategica”, su larga scala quindi, vede l’Ucraina terreno di scontro tra Russia e Stati Uniti. La Russia vede il confronto come una possibilità di riconquistare l’influenza passata e rivitalizzare nell’opinione pubblica interna il patriottismo o nazionalismo imperiale (sentimenti entrambi esistenti in buon numero nella società russa), gli Stati Uniti invece pensano a due possibili opzioni; stancare la Russia e renderla più debole sul piano politico militare, rafforzando magari la presenza Nato nella zona, e allontanarla dall’Europa soprattutto in un’ottica futura di apertura del “fronte cinese” che toglierà diverse energie e risorse agli Usa. Che la guerra nella “terra di confine” possa essere una guerra tra Russia, sul campo da febbraio, e Usa, per procura, non significa che gli Ucraini siano semplici “oggetti” degli avvenimenti e non “soggetti”.
Dall’inizio del golpe di Maidan del 2014 la divisione della società ucraina tra est e ovest si è fatta via via più importante fino a sfociare nell’inizio della guerra civile che ha poi visto progressivamente la formazione delle forze separatiste da una parte, quella orientale, finanziate dai russi, ma non del tutto appiattite agli interessi russi e pronte a chiedere l’indipendenza del Donbass, e le forze lealiste dall’altra parte, quella occidentale, formate dall’esercito, che nel 2014 chiamò la guerra in Donbass “Operazione Speciale antiterrorismo”, e da una serie di milizie di ispirazione nazionaliste e/o naziste (Aidar, Azov, Donbass etc etcetera) molto spesso alle dipendenze di oligarchi locali. Tuttavia la situazione politica Ucraina, che fino al 2014 aveva affrontato diverse crisi, era stata sempre in grado di rientrare nei ranghi. Certo la divisione tra i due “mondi” è sempre stata abbastanz evidente, dal punto di vista elettorale: basti guardare il grafico delle ultime elezioni prima del Maidan, quindi 2010, e si può notare come il fiume Dnepr oltre a dividere in due il Paese geograficamente lo dividesse anche elettoralmente. Dopo il 2014 ovviamente la situazione di un Paese che stava affrontando, come tutti i Paesi del blocco post sovietico, il passaggio alla democrazia di stampo liberale, almeno sulla carta, è precipitata.
Oggi con la guerra in corso le divisioni della guerra civili, nonostante ufficialmente le si nasconda, sono più frequenti di quel che si pensa. L’8 giugno un servizio sul campo di Sky tg24 poneva l’accento sulla questione dei collaborazionisti filorussi presenti in tutta l’Ucraina (nel servizio in particolare si parlava anche di Bucha), in cui si diceva come fosse molto frequente il fenomeno, di ucraini che segnalavano ai russi gli obiettivi militari da colpire. Nelle interviste fatte a diversi militari ucraini si segnalava anche la durezza con la quale i militari intervenissero per punire i collaborazionisti (che comunque ci sono anche sul versante opposto) [4].
Quando il ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio parla di guerra tra una democrazia, quella ucraina, e una dittatura sbaglia di grosso, basterebbe leggere un report Ocse, HRW o di Amnesty International[5][6][7] [8]. Non si può parlare di Ucraina come una democrazia compiuta, tuttalpiù si può dire, come per gli altri Paesi della zona, di una democrazia giovane con sfumature più o meno autoritaria, per molti di essi pericolosamente autoritarie. Basti pensare che nell’Ucraina post Maidan diverse sono le denunce di organismi internazionali riguardo le torture verso le migliaia prigionieri politici[9], decine sono state le uccisioni di giornalisti e politici[10]non in linea con il pensiero del governo[11]. E lo stesso per quanto riguarda la libertà di espressione e l’agire politico nel Paese. Se subito dopo il Maidan fu messo fuori legge il Partito Comunista Ucraino e smantellato il Partito delle Regioni (partito dell’ex Presidente Yanukovich che alle elezioni parlamentari raggiungeva la soglia del 30%), con lo scoppio della guerra sono stati messi al bando altri 11 partiti di opposizione.[12] Lo stesso discorso vale per i media, gli assalti ai media definiti “pro russi” dal 2014 sono stati centinaia e il governo ha chiuso diversi canali televisivi regionali e nazionali, accusati di essere filorussi, tra cui i 3 tra i maggiori canali televisivi nel febbraio 2021.[13] Questo significa che in un Paese così polarizzato è difficile parlare di democrazia. Ciò non vuole negare il diritto degli Ucraini a difendersi dall’invasione russa, ma è a volte utile non usare doppi standard di valutazione, soprattutto se non si è, almeno sulla carta, cobelligeranti.
Intanto la catastrofe umanitaria giornalmente diventa sempre più imponente. Oltre alle migliaia di morti militari sono migliaia i morti civili sotto i bombardamenti: Negli ultimi giorni i bombardamenti russi hanno raggiunto Vynnitsia, nell’ucraina centrale, e Nikolaev, causando la morte di più di 30 civili, mentre bombardamenti ucraini hanno raggiunto nelle ultime settimane edifici civili e la stazione degli autobus a Donetsk, Stakhanov e Izum causando diversi morti. Al di là degli obiettivi tattici, che possono cambiare a seconda delle battaglie sul campo, e che per ora vedono un’avanzata russa nella parte sud est del Paese, con gran parte del Donbass preso, e una ripresa di altri territori sia nelle vicinanze di Kherson che nel centro nord del Paese da parte ucraina, prevedere come e quando finirà questa guerra è difficile perché gli scenari cambiano costantemente e non è facile stabilire se l’obiettivo strategico di Putin sia solo il Donbass, il ricongiungimento verso la Transinistria con la nascita della “Novorussia” o addirittura tutta l’Ucraina. Secondo il bollettino dell’intelligence britannica del 15 luglio, le forze russe continuano attacchi di artiglieria e, in qualche caso, assalti di piccole compagnie (delle forse speciali cecene soprattutto) senza però avanzare significativamente su obiettivi importanti e che dopo la conquista da parte russa di Lysychansk l’offensiva si sia ridotta. Sempre secondo bollettini britannici però la prospettiva per più ampi colloqui finalizzati alla conclusione delle ostilità rimane bassa. Questa possibilità è difficile da stabilire soprattutto perché si deve capire quali sono gli obiettivi russi, cosa è disposto a cedere l’Ucraina e cosa hanno intenzione di fare Usa e Ue. Qualche settimana fa il capo dell’intelligence Usa, Avril Haynes ha affermato che Putin “abbia gli stessi obiettivi politici che avevamo noi, ossia la conquista della maggior parte dell’Ucraina”[14]. Ecco, se così fosse la guerra potrebbe durare anni e/o allargarsi ulteriormente. Potrebbe durare anni perché innanzitutto l’esercito ucraino è molto numeroso, se consideriamo i riservisti e la legge marziale che vige ora, ben armato e ben addestrato visto che negli ultimi otto anni hanno avuto addestratori occidentali e hanno combattuto sul campo in Donbass. Inoltre se questo dovesse essere l’obiettivo finale, anche se ufficialmente la Russia ha sempre negato di voler occupare e restare in Ucraina, ciò significherebbe un dispendio di energie, risorse e vite umane non indifferenti da ambo le parti.
Per quanto riguarda invece l’Ucraina, bisogna capire cosa sia disposta a cedere e se lo è. Ad oggi il presidente ucraino dice di preparare una controffensiva che permetterà a Kiev di riprendersi il Donbass e anche la Crimea. È chiaro che tornare indietro alla condizione pre 24 febbraio risulta quasi impossibile. L’Ucraina ha “perso” l’ultima possibilità di avere la sovranità su tutto il territorio quando il 19 Febbraio il Presidente Zelensky rifiutò la proposta del cancelliere Scholz di rinunciare alla Nato, dichiarare la neutralità e lavorare per il rispetto degli accordi di Minsk II che prevedevano tra l’altro l’autonomia del Donbass all’interno dello Stato ucraino. Anche in questo caso ci sarebbe poi da mettere in conto la situazione interna. Se Zelensky avesse accettato le condizioni pre 24 febbraio probabilmente avrebbe avuto comunque grossi problemi interni con i battaglioni ultranazionalisti e nello stesso Donbass non si può sapere quanto sarebbero stati disposti ad accontentarsi di un’autonomia e non di una indipendenza. Inoltre poi c’è la Russia che difficilmente sarebbe disposta a tornare al punto di partenza dopo la perdita di decine di migliaia di uomini, mezzi e risorse. Anzi probabilmente più si va avanti e più cambieranno le pretese in fase di trattativa, se mai vi dovesse essere.
In ultimo bisogna capire le mosse degli Usa e dell’Ue. Se gli Usa alternano dichiarazioni di grande sostegno all’Ucraina, fino alla vittoria, a rassicurazioni alla Russia sul non volere un regime change ma di volere una tregua, l’Europa sembra esser uscita fuori dalle trattative. Intanto il vecchio Continente paga, paradossalmente, le sanzioni che ha fatto alla Russia (la quale per il momento le soffre relativamente poco ma che potrebbero avere un impatto molto più forte sulla vita quotidiana delle persone tra qualche mese). L’Europa è intrappolata praticamente in un circolo vizioso. L’aumento dei prezzi dell’energia danneggia l’economia interna, spingendo l’euro al ribasso ai minimi storici. A sua volta, l’euro più debole rende le importazioni di energia più costose. Proprio per le conseguenze dello shock energetico , secondo gli analisti di Bloomberg[15], i Paesi europei hanno rallentato l’assistenza economica all’Ucraina corrispondendo solo 1 miliardo di euro a fronte dei 9 promessi. Inoltre per un’Europa in questo momento politicamente debole con diverse crisi governative interne (Germania, Italia, Estonia, Francia e, fuori dalla Ue, la UK), con un autunno caldo dal punto di vista delle proteste e una situazione economica non certo rosea, c’è da capire quanta sia la voglia continuare sulla strada dello scontro diretto, molto pericoloso, con Mosca rischiando anche un allargamento del conflitto, pericolosamente verso Paesi Nato. E intanto Usa e Mosca si accusano, a giorni alterni, di quanto si stia oltrepassando il limite e si possa arrivare ad una escalation nucleare… Pagine Esteri
[1]Il discorso di Biden al Consiglio atlantico del 1997: “L’espansione Nato agli Stati Baltici provocherebbe una risposta ostile di Mosca” – Il Fatto Quotidiano
[2]https://www.spiegel.de/international/world/nato-s-eastward-expansion-is-vladimir-putin-right-a-
bf318d2c-7aeb-4b59-8d5f-1d8c94e1964d
[3]Sergio Romano, Atlante delle crisi mondiali, pag.248, Rizzoli Editori
[4] tg24.sky.it/mondo/2022/06/06/g…
[5]https://www.ohchr.org/sites/default/files/Documents/Countries/UA/31stReportUkraine-en.pdf
[6]Ukraine_14th_HRMMU_Report.pdf
[7]https://www.amnesty.org/en/location/europe-and-central-asia/ukraine/report-ukraine/
[8]https://www.hrw.org/world-report/2015/country-chapters/ukraine
[9] peacelink.it/conflitti/a/49082…
[10] Kiev allows torture and runs secret jails, says UN | World | The Times
[11] Istantanee dalle prigioni dell’Ucraina “democratica” – Contropiano
[12]https://www.aljazeera.com/opinions/2022/3/21/why-did-ukraine-suspend-11-pro-russia-parties
[13] aljazeera.com/news/2021/2/5/uk…
support
[14]https://www.reuters.com/world/europe/putin-still-wants-most-ukraine-war-outlook-grim-us-
intelligence-chief-2022-06-29/
[15] bloomberg.com/news/newsletters…
economic-pain
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(S)Consolato
Cosa succede ora
La distanza va cercata fra certa politica e la realtà dei problemi, non tra Palazzo Chigi e il Quirinale. Come preferiscono fare quanti provano a nascondere l’estremistica irresponsabilità che ha generato la crisi di governo. E siccome le propagande non vanno snobbate ma smontate, cominciamo da qui per cercare di capire come andrà, presto, a finire.
Draghi non poteva non dimettersi, pur avendo ancora la fiducia delle due Aule parlamentari. Era tenuto a farlo, per due ragioni:
- perché un gruppo aveva violato il patto dal quale il governo era nato e se un gruppo si permette di farlo, vista l’estrema eterogeneità dei componenti della maggioranza, proseguire facendo finta di nulla significa consegnarsi prigionieri agli altri laddove, all’opposto, il governo Draghi ha un senso solo se i suoi componenti sono tutti prigionieri del programma stabilito;
- vero che i pentastellati si sono in vario modo smandrappati, contraddetti, divisi e scissi – dopo avere perso molti parlamentari, dediti al ripopolamento dei gruppi altrui – ma su quel simbolo ha apposto la croce, nel 2018, il 32,7% degli elettori che si sono recati alle urne: furono loro i vincitori, gli stravincitori di quelle elezioni e in democrazia non si governa contro chi vince le elezioni.
Se era giusto, dunque, che Draghi si dimettesse, perché mai il presidente della Repubblica ha respinto quelle dimissioni e lo ha rinviato in Parlamento? C’è chi vede, in questo, una forzatura e un conflitto. Sbaglia. Il presidente non aveva scelta, perché nel pomeriggio di giovedì s’è presentato al Colle, dimissionario, un capo del governo che la mattina dello stesso giorno aveva avuto la fiducia del Senato, dopo avere avuto quella della Camera.
Ovvio che la partita non poteva chiudersi con un: hai ragione, ho capito. Anzi, proprio perché hai ragione e ho capito ti rimando alle Camere, il che non pone un problema a te ma a chi ti ha messo nella condizione di dimetterti. Non è affatto un caso che a strologare di “forzatura” e a vedere “divisioni” siano i supporter degli sfasciacarrozze.
Ora che succede? Per capirlo si deve misurare la distanza siderale fra certi politicanti e la realtà. Nessuno, nel globo terraqueo, riuscirà a capire il perché gli italiani fanno fuori il loro governante migliore. Peraltro anche a detta di quelli che lo fanno fuori. Nessuno in Occidente capirà una mossa che indebolisce l’Italia nel rapporto con gli Usa, proprio nel mentre un po’ approfittava dei problemi inglesi.
Nessuno in Ue riuscirà a immaginare in base a quale logica si fa cadere il governante che stava un po’ approfittando dei problemi tedeschi e francesi nonché il solo cui sarebbe stato difficile contestare conti e aspirazioni. E tutti questi sono in buona compagnia degli italiani, che non pensavano di dovere rinunciare alle cure del primario e luminare per affidarsi agli intrugli del cerusico guercio. Ma la frittata è fatta e le uova non si ricompongono.
Ora possono succedere tre cose. La prima è che si provi a evitare il dibattito parlamentare, facendo dimettere i ministri che solo in base alla responsabilità degli elettori si trovano dove mai si sarebbero dovuti trovare. Siamo stati noi elettori (mi ci metto pure io che manco sotto tortura li avrei votati) a eleggere questa roba. La colpa è nostra. La seconda è che Draghi vada in Aula, le canti chiare e l’emiciclo si mostri sordo, sicché torna al Colle e ribadisce i saluti.
In questo caso si crea un esecutivo di servizio e si vota subito, sperando di non ritrovarsi le false coalizioni sulla scheda. La terza è che se la fanno sotto e rivotano la fiducia a un governo che, però, muterebbe natura e diverrebbe un esecutivo “consolare”, che manda a spigolare i partitanti.
Non ce n’è una che sia buona e senza pericoli. Di buono, da questo troiaio, può venire solo che noi tutti ci si convinca che non si può votare inseguendo pulsioni volgari e che se è vero (purtroppo) che in democrazia si ha la classe politica che ci si merita, è semplicemente demenziale rivotare chi (mica solo i pentairresponsabili) ha incenerito il meglio che potesse capitare.
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Draghi e il sistema politico che si torce nella disperazione
Si può citare Scalfari quando diceva che 'il palazzo del potere è vuoto'; poi se volete potete aggiungere che il re sarebbe nudo, se ci fosse
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Mattarella, Draghi, poi? Nessuno. Questo è il problema
La slavina ora è una valanga inarrestabile. I 'palazzi' di questa politica impotente sono riedizioni comiche e tragiche de 'Le Radeau de la Méduse'
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Come la nostra impronta digitale sociale ci frega
Questa storia, più pratica che mai, è secondo me incredibile.
Non solo dimostra a cosa possano arrivare le loli con troppo tempo libero, tipo me; mostra come chiunque tra noi abbia una specie di "impronta digitale personale" che, se non adeguatamente mascherata, ci può far identificare.
Note importanti
Prima di iniziare, peró, devo precisare qualche cosina.
Visto che l'unica cosa che io voglio è condividere una storia che ritengo essere interessante ed avere qualche spunto di riflessione - ed il mio hobby non è rovinare la vita alle persone - alcuni dettagli sono omessi dal racconto, mentre altri invisibilmente alterati, al fine di rispettare la privacy del soggetto della storia. I suoi nomi vecchi e nuovi saranno letteralmente sostituiti, rispettivamente, da "Deadname" e "Censurato".
Il tutto, comunque, diventerà chiaro leggendo.
Un ricordo speciale
Allora, questa storia a dire il vero inizia almeno 8 o 9 anni fa.
Non ricordo con esatta precisione quando, ma diciamo che in quel periodo scoprii Deadname. Creava contenuti sul Web e, oltre al fatto che mi piacevano molto, non c'è granché da dire in più.
Un po' di tempo dopo, con mio gran dispiacere, annunciò che avrebbe smesso di creare nuova roba. Da un giorno all'altro disse tipo che gli spazi social che al tempo erano i suoi correnti non rappresentavano più la sua persona, o una roba simile.
Poco più tardi, inoltre, ha anche fatto sparire i suoi vecchi contenuti dalla rete.
Ai tempi non avevo la minima idea di cosa potesse intendere con un discorso simile ma, riguardando indietro con la mia attuale conoscenza, sia riguardo la mia persona che ciò che ho scoperto essere la sua, ho capito perfettamente cosa significa quella frase.
Intanto, nonostante Deadname fosse diventato solo un ricordo passato, gli anni continuano a scorrere e la Terra continua a girare.
In alcune occasioni, il suo personaggio ritorna alla mente, non soltanto a me da sola, ma anche ad altre persone che si ricordano di cosa era.
Per dire, a volte io ed una mia amica, parlando in privato, essendo noi in primis in tale situazione personale, abbiamo scherzato dicendo cose del tipo "Deadname ha cancellato tutto perché doveva transare".
E così, ogni volta, si rideva. Se una cosa del genere, pensata e detta a caso basandoci sul niente, si fosse mai rivelata come vera, allora saremmo ufficialmente diventate Distributrici Universali Ufficiali Basate di redpills.
Una (apparentemente) nuova personalità
Ad ogni modo, torniamo ai giorni nostri; a poche settimane fa, precisamente.
Come praticamente sempre, ero al PC, a fare cose e vederne sul Web. Ad un certo punto, non ricordo nemmeno esattamente come, mi imbatto in un profilo di Censurato, che trovo avere delle cosine interessanti.
Decido di vedere un suo video e, immediatamente, appena lo apro, c'è qualche dettaglio che mi coglie di sorpresa. La voce, in particolare, mi sa di modulata in modo inaccurato. È un concetto che non saprei esattamente spiegare. Insomma, parliamo di quel genere di modulazione che in molte persone non suscita dubbi a parte un "mi sembra strana questa voce", ma che a me, avendo io un'esperienza personale simile (ma direi più fallimentare), fa pensare "ma questa persona è transgender?"
Evidentemente però, in quel momento avevo tra le mani questioni più importanti, perché, tra tutti i suoi profili pubblici, decisi di guardare soltanto al volo le biografie, qualche post testuale originale, alcuni ricondivisi, delle foto tra cui alcuni selfie, e appena qualche secondo di altri video.
Non ho trovato alcun'indicazione, nemmeno velata, al fatto che potesse essere transgender. Mi scoccio subito, chiudo tutto, e torno al mio.
Giusto qualche giorno dopo, mi imbatto nuovamente sul profilo di Censurato. Un diverso video attira la mia attenzione, quindi inizio a guardarlo.
Più ascolto la voce, però, e più il tutto ha un certo che di familiare. In appena un minutino capisco che, la voce stessa, il modo di intonarla, e anche un po' come era realizzato il video.. tutto, tutto aveva un retrogusto di Deadname, nonostante i due personaggi fossero di genere praticamente opposto.
Le indagini cominciano
Decido di far sapere immediatamente questa cosa all'amica di prima che, curiosamente, dice di aver pensato la stessa cosa.
La posta in gioco stavolta è davvero troppo grossa per far finta di nulla, quindi iniziamo via chat a raccogliere elementi, di qualunque tipo, che possano coincidere tra Censurato e Deadname, incrociando tutto quello che possiamo ottenere dell'una persona, e quel poco che ci rimane dell'altra.
Si inizia dagli interessi, che paiono combaciare tutti, anche i più strani. Persino il gusto nei meme di nicchia sembra lo stesso.
Anche alcuni dettagli personali e sociali - come sulla sua famiglia, il suo stato culturale, o la zona in cui vive - sono coerenti con il passato di Deadname (anche se questi dettagli li ricordava solo la mia compagna di indagini, io no).
Qualche contenuto ancora disponibile online, perchè creato in collaborazione con altri creatori, è stato utile a rinfrescare la memoria riguardo ulteriori piccoli dettagli, sulla sua infanzia ad esempio.
Colpo grosso!
Tutte queste scoperte però, per quanto curiose, potrebbero essere state benissimo una serie di coincidenze.
Il colpo davvero grosso, che ha levato ogni dubbio, lo abbiamo però fatto perché:
- Alcuni segni fisici particolari, comparati tra foto di Censurato e alcuni pochi video cancellati (ma che noi conserviamo da anni!) di Deadname, combaciano perfettamente;
- Uno dei servizi online usati da Deadname ai tempi conserva una cronologia, pubblicamente accessibile, di tutti i cambi di username effettuati; l'account che fu creato con il nome di Deadname ha cambiato nel tempo nome, proprio in Censurato.
Caso risolto
Ed è esattamente così, con dettagli sia piccoli che grandi che combaciano perfettamente tra di loro, che il puzzle è ufficialmente completo: i due personaggi investigati sono lo stesso individuo.
La redpill detta senza sapere, quindi, si è rivelata tale.
Io, comunque, non ho idea del perché Censurato abbia dovuto necessariamente imbarcarsi in questa impresa per far perdere le proprie vecchie tracce. Capisco, adesso, perché abbia voluto cancellare i suoi vecchi contenuti: perché il personaggio che in essi figurava non corrisponde più a ciò che è la sua persona odierna a livello di genere - ma non capisco perché far finta che il passato non ci sia mai stato.
Direi che sono abbastanza felice di aver ritrovato dopo tanti anni, anche se come un personaggio un po' diverso, la stessa persona che riusciva ad intrattenermi in passato, e sono felice che ancora abbia la passione di fare ciò che di bello faceva.
L'impronta digitale sociale
Questa storia - che direi a lieto fine, perchè ho svelato un mistero per me importante - ha in sé un lato oscuro ben in vista: si può dire che provi l'esistenza di un'impronta digitale sociale, così mi piace chiamarla, che ogni persona ha.
Con questo termine intendo un vero e proprio identificativo univoco, che permette un po' a chi vuole, se le condizioni base sono soddisfatte, di inquadrare una specifica persona sempre e comunque, nonostante eventuali suoi cambi parziali d'identità.
Quest'impronta la vedo come composta da tutto ciò che è oggettivamente vero su un dato individuo: le cose che gli piacciono, quelle che hanno formato la sua personalità, le sue connessioni sociali, le sue caratteristiche corporee, e le cose che fa o ha mai fatto, oltre a chissà quali altri elementi che ora dimentico.
Non parliamo nemmeno di qualcosa di strettamente legato al mondo online, chiaramente, anche se in alcuni casi, come abbiamo visto ora, alcune cose di noi che toccano Internet vanno a formare elementi forti dell'impronta.
Come proteggersi
Finchè non lo si sta facendo per sfuggire, per dire, alle conseguenze di un'immoralità compiuta, voler resettare la propria impronta sociale, per vivere nel mondo come una persona totalmente nuova, è legittimo; per questo ho protetto l'identità della persona nella storia.
Ma quindi, come si fa?
Proteggersi dal tracciamento è possibile, ma non è affatto semplice. Esattamente come per proteggere i propri computer dal tracciamento Web bisogna usare browser come Tor Browser che - quando comunicano con altri computer - omettono alcuni dati e ne mascherano altri, per proteggere la nostra identità personale dal tracciamento sociale bisogna evitare di condividere troppo di sé con il mondo, arrivando persino a mentire se necessario.
Indubbiamente è impossibile nascondere quali sono alcune delle cose che ci appassionano, se abbiamo il desiderio di condividere le stesse con il mondo, e magari scoprire persone a noi affini.
Altre cose, però - ad esempio, che parenti hai, il nome del tuo primo animale domestico, che posti frequenti, o come è iniziata la tua passione per qualcosa - se stai cercando di cancellare il tuo passato per porti come una persona totalmente nuova, è meglio non dirle ai quattro venti.
Come la nostra impronta digitale sociale ci frega - blogoctt - sitoctt
Questa storia, più pratica che mai, è secondo me incredibile. Non solo dimostra a cosa possano arrivare le loli con troppo tempo libero, tipo me; most...sitoctt.octt.eu.org
Venti giorni in più per la presentazione delle candidature per la prima fase del concorso per la progettazione e la realizzazione di 212 nuove scuole finanziate con le risorse del #PNRRIstruzione.
Qui tutti i dettagli ▶️ miur.gov.
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Landini in ginocchio da Draghi: il triste declino del sindacato italiano | La Fionda
"Ci sarebbe da ridere, se non fossimo tanto delusi e depressi nel vedere quanto sta accadendo nel paese, quanto gli ultimi continuino a soffrire nella loro solitudine, quanto il sindacato si venda e si svenda tradendo la Costituzione. Il pesce puzza dalla testa, vero, ma adesso è il momento che la coda dica qualcosa e che qualcuno (politicamente) voli fuori dalla finestra."
Anarcho-capitalism, cos'è e come ci sono arrivato
Capita sempre più spesso che le persone mi scrivano in privato per chiedermi lumi sulla “filosofia libertaria”, o comunque sulle idee che esprimo qui su Privacy Chronicles o su Twitter.
La filosofia politica libertaria viene anche chiamata “Anarcho-Capitalism”, termine coniato da Murray N. Rothbard. Per Anarcho-Capitalism si intende quella filosofia politica anti-Stato che cerca di riconciliare i principi anarchici con quelli del capitalismo. Gli Anarcho-capitalisti vorrebbero una società fondata esclusivamente sul libero scambio di proprietà privata e servizi come unico modo per massimizzare la libertà personale e il benessere.
Nella società anarco-capitalista lo Stato non esiste e la società viene disciplinata attraverso legge privata (contratti), dai quali possono anche scaturire obbligazioni solidaristiche, ma pur sempre su base volontaria. In pratica, non sarebbe molto diverso da ciò che già succede oggi - gran parte dei rapporti umani sono già regolati da legge privata - ma sarebbe esclusa del tutto l’esistenza di un monopolista della forza come lo Stato, in grado di obbligare le persone e col potere di disporre liberamente della loro proprietà, anche senza il loro consenso.
Un assioma dell’anarco-capitalismo è il principio di non aggressione. Ogni uomo possiede il proprio corpo e il prodotto del suo lavoro, e nessun altro può lecitamente disporne senza il suo consenso. Le tasse ad esempio sarebbero un’aggressione arbitraria, un furto. L’altra faccia dell’assioma di non aggressione è quello di autodifesa. Ogni persona ha il diritto di difendere la sua proprietà in modo proporzionale all’aggressione.
Ora che abbiamo tolto di mezzo le definizioni, ho pensato di raccontarvi il mio viaggio verso quella che alcuni chiamerebbero una radicalizzazione, passando attraverso le principali domande che mi sono fatto in questi anni. Premetto comunque che le etichette non mi piacciono e che ognuno ha la sua personale visione di vita e politica.
Per chi volesse approfondire il tema, alla fine dell’articolo c’è una piccola raccolta di libri e articoli che ritengo interessanti per partire.
Privacy Chronicles è una newsletter indipendente che esiste grazie alle decine di persone che hanno scelto di abbonarsi.
Se ti piace quello che scrivo, sostieni il mio lavoro!
Today I learned Amazon has a form so police can get my data without permission or a warrant (by Sean Hollister in The Verge)
(Read the article ⬇️)
theverge.com/2022/7/14/2321941…
Today I learned Amazon has a form so police can get my data without permission or a warrant
Police have obtained Ring videos 11 times after an “emergency” requestSean Hollister (The Verge)
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Falsi agli elettori
Le (non) ragioni cha hanno causato la crisi del governo Draghi
Se vi industriate a cercare le motivazioni che hanno portato alla crisi del governo Draghi, non ci riuscirete.
Non è possibile che il problema sia un provvedimento come un decreto-legge denominato “Aiuti” – quando la smetteremo di battezzare i decreti sarà sempre troppo tardi – che è già passato alla Camera con il voto di tutti e di tutta la maggioranza e che si è disposti a far passare anche al Senato, perché, in realtà, il Movimento Cinque Stelle non ha votato contro, ma è uscito dall’Aula e, quindi, il decreto è passato.
Cosa contiene questo decreto di così particolare? Certo, c’è un inceneritore per la spazzatura di Roma: a Roma, oltre ad aver preso fuoco una discarica, che è una vergogna cielo aperto, la cosa più inquinante e più costosa per i cittadini è il fatto che abbiano riaperto una discarica che era stata chiusa, proprio perché altamente inquinante. Anche perché non sanno più dove mettere la spazzatura, a parte tenerla per la strada.
A Roma vanno agli inceneritori, che non ci sono, il 6 % della spazzatura. A Parigi il 60%. E questa è la ragione per cui uno ritira la fiducia ad un governo? Evidentemente no. Non ci può credere nessuno, ma neanche tra i Cinque Stelle ci credono.
Il Professor Conte ha detto che è perché non bisogna toccare il reddito di cittadinanza. E chi si era proposto di toccarlo? Io, personalmente lo toccherei, ma io non conto nulla. È semplicemente stato introdotto un emendamento che dice che se uno continua a rifiutare i lavori che gli offrono non si vede perché continuare a dargli un sussidio. Cos’è un attacco ai diritti civili? Cioè è un diritto civile essere mantenuti?
Non è questo il tema. Il tema è che il governo Draghi è nato perché larga parte del Parlamento – non solo i Cinque Stelle, che sono i parlamentari più giovani e che avevano una storia di lavoro alle spalle praticamente inesistente – sarebbe andata a casa anticipatamente.
Il governo Draghi è servito a prolungare la legislatura e a mettere in sicurezza il Paese sulle vaccinazioni e sulla regolarità, che riguarda la documentazione e le scadenze dei fondi europei, del recovery e, quindi, del PNRR.
Avevano votato questo governo per questo scopo e poi è cominciato il logoramento, perché, in realtà non si sono mai riconosciuti in questo governo, ma non solo i Cinque Stelle, anche una parte della Lega e, probabilmente, anche una parte del PD.
Ora si arriva in qualche modo al capolinea. Vedremo nelle prossime ore cosa succederà, ma cosa volete che succeda, alla fine, comunque, tra qualche mese si vota. Il punto è proprio questo: riportiamo davanti agli italiani la scelta falsa dello scegliere la coalizione che governerà?
Perché se messi davanti a questa scelta, credo che l’unica possibilità razionale di mettere una croce su quella scheda sia, a seconda dei gusti, metterla su chiunque non si sia alleato con qualcun altro, perché le coalizioni sono false. È falsa quella del Movimento Cinque Stelle con il Partito Democratico, ammesso che riesca arrivare alle elezioni; è falsa quella tra Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia. Sono falsi.
Ora se io porto ancora una volta, davanti agli elettori, delle scelte false, ma che ci vengono fuori poi dei governi veri o delle legislature serie? Tutto qui.
Quindi, c’è tempo. Adesso vedremo se poco o tanto. Però l’unica scelta razionale in queste condizioni sarebbe mettere la croce su chiunque non si sia alleato né con il falso centrodestra, né con il falso centrosinistra.
Avessero un pizzico di senso di responsabilità e di visione politica dovrebbero immediatamente togliere da torno questa falsità delle coalizioni e assumersi ciascuno le proprie responsabilità. Tanto un governo di coalizione vincitore delle elezioni non sono capaci di farlo. È dal 1994 che non ci riescono. Ad un certo punto i tentativi si esauriscono.
L'articolo Falsi agli elettori proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Dimissioni di Draghi: una grana per Washington e Bruxelles
Le possibili dimissioni di Mario Draghi dopo la crisi aperta dal voto sul decreto aiuti profilano, per l’Italia, un nuovo e probabilmente lungo periodo di incertezza. Ad aggravare le cose, la crisi coincide con un momento di forte instabilità internazionale. Il prolungarsi della guerra in Ucraina, il suo impatto sui mercati e le tensioni che [...]
L'articolo Dimissioni di Draghi: una grana per Washington e Bruxelles proviene da L'Indro.
La ‘rinascita nucleare’ non libererà il Giappone dalla sua crisi energetica
L’invasione russa dell’Ucraina ha sconvolto i mercati energetici globali e causato l’aumento dei prezzi del carburante. Il primo ministro giapponese Fumio Kishida ha chiesto il riavvio di più reattori nucleari. Per la prima volta dal disastro nucleare di Fukushima Daiichi del 2011, una sottile maggioranza di cittadini giapponesi è favorevole al riavvio dei reattori nucleari [...]
L'articolo La ‘rinascita nucleare’ non libererà il Giappone dalla sua crisi energetica proviene da L'Indro.
Arabia Saudita – Turchia: relazioni riparate
La faida è finita. Turchia e Arabia Saudita tornano a parlare. Dal 22 giugno 2022 la lunga battaglia tra loro per ottenere il predominio politico nel mondo islamico sunnita è stata messa da parte. All’ultima fine del 2021, la posizione del presidente turco Recep Tayyip Erdogan con gran parte del mondo era a un livello [...]
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#laFLEalMassimo – Episodio 72: Politici irresponsabili ed elettori recidivi
Bentornati alla FLE al Massimo. Nel mondo gli adulti e delle persone serie si parla di questioni come la Guerra in Ucraina, che purtroppo è ancora in corso, del rischio che intere nazioni si trovino a corto di generi alimentarie più in generale di una prospettiva sempre più concreta di recessione economica abbinata ad elevata inflazione. Insomma, questioni non da poco.
In Italia invece la questione più rilevante sembra essere Conte che fa cadere il governo Draghi e gli altri esempi di varia umanità politica che gli danno dell’irresponsabile.
Difficile dire chi sia peggio tra l’avvocato del popolo, che pensa pubblicamente ai fatti suoi in spregio degli interessi del Paese, e un’intera classe politica che, dopo aver condotto il paese sull’orlo del baratro, gioca a fare il governo di unità nazionale senza vergognarsi del bisogno di ricorrere a un amministratore straordinario.
Ma la politica italiana è noiosa ripetizione dei tentativi gattopardinani di presentare la conservazione come cambiamento sperando che il parco buoi degli elettori sia disposto a cascarci ancora.
Questa rubrica vuole porre l’accento per una volta sulle responsabilità degli elettori nell’aver selezionato una classe politica irresponsabile. Siete voi ad avere in mano il telecomando e per troppo tempo vi siete astenuti dal cambiare canale di fronte alle peggiori nefandezze e allo scempio di un paese dove si ruba il futuro alle generazioni future per pagare pensioni spropositate alle precedenti.
Quando torneremo a votare ricordatevi di questi giorni, ricordate la politica che si è fatta commissariare per manifesta incapacità e che trama nell’ombra sperando di tornare al potere quando sarà passata la bufera. Ricordate e per una volta, cambiate canale.
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Il culto di Draghi
E lasciateci divertire, in vista del futuro che ci aspetta, se ci aspetta
L'articolo Il culto di Draghi proviene da L'Indro.
Mondiali di calcio: i militari italiani si schierano a bordo campo in Qatar
di Antonio Mazzeo –
Pagine Esteri, 15 luglio 2022 – Azzurri fuori dal mondiale di calcio ma 560 militari italiani si schiereranno a bordo campo in Qatar per contribuire alla sicurezza armata della kermesse sportiva in programma dal 21 novembre al 18 dicembre 2022. Alla vigilia del terremoto politico che ha investito il governo Draghi & C., il Consiglio dei ministri ha varato il decreto missioni internazionali per l’anno in corso. Principale novità, la partecipazione delle forze armate italiane al dispositivo predisposto dalle autorità qatariote per proteggere militarmente la Fifa World Cup.
“La missione bilaterale di supporto alle forze armate del Qatar vedrà l’impegno di 560 unità di personale militare, 46 mezzi terrestri, 1 mezzo navale e 2 mezzi aerei”, annota l’esecutivo. “Le forze italiane saranno inquadrate nella Combined Joint Task Force Qatar. Il fabbisogno finanziario della missione è pari a 10.811.025 euro, di cui 3.500.000 per obbligazioni esigibili nell’anno 2023”. Che una tranche finanziaria sia trasferita sulle voci di spesa del prossimo anno non è un mero artificio di bilancio: il governo ha infatti comunicato alle Camere che l’impegno militare in territorio qatariota non ha un termine di scadenza predeterminato.
“La missione bilaterale ha lo scopo di fornire supporto alle Forze armate del Qatar per l’implementazione del sistema di difesa e sicurezza in occasione dei Mondiali di calcio 2022che costituiscono un evento di rilevanza globale per copertura mediatica, valore economico e potenziali flussi di persone”, si legge nella scheda tecnica predisposta dallo Stato maggiore della difesa. “Per il Qatar, l’organizzazione e la riuscita dell’evento assumono dunque straordinaria importanza, anche in virtù del complesso ambiente geopolitico in cui il Paese è inserito. In tale contesto, l’evento potrebbe potenzialmente essere oggetto di attività ostili di natura militare o terroristica condotte da stati terzi, attori non statuali, organizzazioni terroristiche transnazionali o singoli individui. I vertici qatarioti hanno, pertanto, espresso l’auspicio che l’Italia possa contribuire a garantirne la protezione”.
I militari italiani coopereranno alla predisposizione dei piani di allerta, all’addestramento delle forze d’élite qatariote e al rafforzamento del dispositivo militare, aereo, terrestre e navale nell’emirato. “In fase preparatoria, il contributo nazionale è costituito di esperti pianificatori militari, che contribuiscono alla stesura del piano di difesa dell’evento sportivo; in aggiunta, sono forniti corsi e moduli formativi in aree e campi di interesse qatariota, da svolgere in Italia e in Qatar”, aggiunge la Difesa. “Durante la fase di condotta delle operazioni, è previsto lo schieramento, nel territorio del Qatar e nelle acque internazionali prospicienti, di un dispositivo nazionale interforze, posto sotto catena di comando esclusivamente nazionale, costituito da assetti CBRN (chimico, biologico, radiologico e nucleare), Counter-IED (contro gli ordigni esplosivi improvvisati), Counter-UAS (contro i sistemi aerei a pilotaggio remoto), cinofili, una unità navale con elicotteri imbarcati e un radar di scoperta contro minaccia aerea”. (1)
Il contingente italiano opererà sotto la supervisione del Supreme Committee for Delivery and Legacy dello Stato del Qatar che ha costituito una task force che si avvale di circa 5.000 militari e a cui si affiancheranno i reparti dei paesi partner che con l’Italia supporteranno la “protezione” dei mondiali di calcio (ad oggi Francia, Regno Unito, USA e Turchia). A Doha interverrà anche la NATO. L’Alleanza nordatlantica, per onorare la “stretta cooperazione militare con il Qatar”, fornirà la formazione contro le minacce chimiche, biologiche, radiologiche e nucleari, grazie al Centro d’eccellenza NATO per la difesa CBRN costituito nella Repubblica ceca e a un reparto specializzato delle forze armate slovacche. “Le attività addestrative includeranno la protezione VIP (very important people) e di difesa contro gli ordigni esplosivi improvvisati, che sarà offerta dalla Romania”, ha comunicato l’Alleanza. (2)
Una prima sessione di “formazione” NATO del personale delle forze armate del Qatar è stata svolta a maggio in Slovacchia. Dal 30 maggio al 30 giugno si è tenuta invece nel poligono permanente di Capo Teulada, in Sardegna, l’esercitazione “Steel Storm 2022” di integrazione delle unità dell’Esercito Italiano e dell’Aeronautica che saranno dispiegate in Qatar in vista del grande evento sportivo. L’attività addestrativa è stata pianificata dalla Brigata meccanizzata “Sassari” e ha visto operare congiuntamente unità militari italiane e qatariote.
“L’esercitazione ha permesso di sviluppare, in un ambiente realistico e con l’ausilio di strumentazioni all’avanguardia, le abilità addestrative dei militari del Qatar nell’utilizzo di tecniche per il controllo della folla, nei pattugliamenti e nella vigilanza di aree urbane, negli interventi di primo soccorso, nel metodo di combattimento individuale, con l’acquisizione e il miglioramento della capacità di reazione immediata ed efficace a ipotetiche situazioni di crisi”, spiega lo Stato maggiore. Sono stati simulati in particolare interventi in caso di minacce terroristiche a ridosso di infrastrutture critiche quali stadi, uffici postali, cinema, centri commerciali e luoghi affollati. Per l’occasione sono giunti a Capo Teulada, in qualità di addestratori, militari del 186° Reggimento Paracadutisti “Folgore”, del Centro di eccellenza C-IED di Roma, del 7° Reggimento difesa CBRN “Cremona” di Civitavecchia, del Centro Militare Veterinario di Grosseto e, per l’Aeronautica Militare, componenti del 16° stormo “Protezione delle Forze” di Martina Franca e del Centro di eccellenza per Aeromobili a pilotaggio remoto di Amendola (Foggia). (3)
La fase finale di “Steel Storm 2022” si è svolta alla presenza del Capo di stato maggiore dell’Esercito, generale Pietro Serino, del comandante delle Forze Operative Sud, Giuseppenicola Tota, e del comandante delle forze terrestri del Qatar, generale Saeed Hesayen Mohammed Al-Khayarin. “L’esercitazione ha rappresentato anche un’utile occasione per finalizzare alcuni aspetti riguardanti il piano di cooperazione Italia-Qatar per gli anni 2023-24, che prevede due grandi eventi esercitativi, che hanno lo scopo di incrementare la sinergia e l’interoperabilità dei due eserciti”, ha spiegato il generale Serino.
Il Ministro della difesa Lorenzo Guerini in visita in Qatar
Ma le vere ragioni dell’oneroso impegno italiano per la Fifa World Cup 2022 sono state espresse dallo Stato maggiore della difesa e dal ministro Lorenzo Guerini. “La richiesta di supporto alle attività di difesa del Qatar in occasione dei Mondiali si configura come il naturale corollario e il coronamento di una collaborazione tecnico-operativa e industriale avviata da anni e con grosse potenzialità di sviluppo/opportunità”, scrive la Difesa. “L’Italia è orgogliosa di poter contribuire al regolare svolgimento di una rassegna globale: la cooperazione militare bilaterale tra Italia e Qatar è forte e intensa e abbraccia numerose attività di spiccato valore strategico”, ha dichiarato Guerini. “L’Italia crede nella partnership dei nostri due Paesi, che vede già in atto numerosi programmi di cooperazione industriale, e guarda con fiducia ad altre attività e collaborazioni, in piena coerenza anche con i nostri interessi comuni in materia di sicurezza e difesa”. (4)
Il petro-emirato del Qatar è oggi il maggiore cliente del complesso militare-industriale-finanziario italiano – Leonardo e Fincantieri in testa – e le lucrose commesse di armi sono state ottenute anche grazie al pressing a tutto campo di presidenti del consiglio, ministri, amministratori delegati, generali e ammiragli. Lo scorso febbraio il gruppo industriale Leonardo S.p.A. ha consegnato all’Aeronautica militare del Qatar sei caccia addestratori avanzati M-346 “Master” realizzati negli stabilimenti di Varese-Venegono. I velivoli possono raggiungere una velocità massima di 1.093 km/h, a una quota operativa di 13.715 metri sul livello del mare e possono essere impiegati anche per azioni di combattimento e attacco con missili aria-aria o per i bombardamenti contro obiettivi terrestri con munizioni di caduta da 500 libbre.
La consegna dei caccia rientra nell’ambito dell’accordo di cooperazione sottoscritto dalle forze aeree di Italia e Qatar nel novembre 2020 e che prevede anche la formazione dei piloti qatarioti nelle maggiori basi aeree italiane e presso il nuovo polo integrato di addestramento al volo costituito dall’International Training Flight School di Galatina (Lecce), dallo scalo di Decimomannu (Cagliari) e dal poligono di Salto di Quirra, ancora in Sardegna. I primi sei “allievi” della Qatar Emiri Air Force hanno concluso il corso avanzato propedeutico al volo sui caccia di prima linea lo scorso 12 luglio. (5)
Ancora a Leonardo la Marina militare del Qatar ha richiesto la fornitura di un Centro Operativo Navale per il monitoraggio e il pieno controllo delle acque territoriali, della Zona Economica Esclusiva e degli spazi di mare adiacenti. In base all’accordo, il nuovo Centro Operativo sovrintenderà al comando, controllo e coordinamento delle operazioni marittime, supportando le forze armate dell’emirato nei processi decisionali e nella gestione degli interventi “rapidi”. (6) Sempre nel marzo 2022 Leonardo ha consegnato alle forze armate di Doha due elicotteri multiruolo versione NFH (Nato Frigate Helicopter), prodotti nello stabilimento di Venezia Tessera e destinati alle operazioni navali. I velivoli sono parte della maxi-commessa del valore di oltre 3 miliardi di euro firmata nel 2018 dal consorzio europeo NHIndustries costituito da Airbus Helicopters (62,5%), GKN Fokker (5,5%) e Leonardo (32%). Il Qatar ha ordinato 16 elicotteri in versione TTH per compiti terrestri e 12 in versione NFH. Leonardo opera in qualità di prime contractor con la responsabilità per la gestione del programma, l’assemblaggio finale e la consegna dei 12 elicotteri per la Marina, più la fornitura di servizi di supporto e addestramento per gli equipaggi e i tecnici addetti alla loro manutenzione. All’holding italiana è stata attribuita anche la realizzazione di radar, sensori elettro-ottici, sistemi video ed identificazione e quelli per la gestione dei sistemi d’arma degli elicotteri (missili aria-superficie e siluri per il contrasto a minacce navali e sottomarine). (7)
Qatar. Cerimonia di consegna dei primi due elicotteri multiruolo versione NFH
Anche nel caso degli elicotteri del consorzio NHIndustries/Leonardo, sono le forze armate italiane a collaborare alla formazione dei piloti militari dell’emirato. È presso l’aeroporto di Viterbo, sede del 1° Reggimento “Antares” dell’Aviazione dell’esercito italiano (AVES) che si svolge l’addestramento del personale della Qatari Emiri Air Force, con la supervisione dei tecnici di Leonardo. “La formazione del personale qatariota è una delle attività addestrative di punta di AVES ed evidenzia il ruolo ormai consolidato di scuola internazionale di volo per la componente militare elicotteri”, spiega lo Stato maggiore dell’Esercito. “L’impegno complessivo, nei tre anni dall’avvio del programma Qatar, ha consentito il conseguimento di 2.000 ore di volo su elicottero NH-90 nella versione terrestre, cui si aggiungono ulteriori 2.500 ore sul simulatore di volo”. (8) Il 10 luglio 2022 lo scalo militare di Viterbo ha ospitato il vicepremier e ministro della difesa del Qatar, Khalid Mohamed Al Attyiah, in visita in Italia. Nel dare il benvenuto all’ospite, il comandante dell’Aviazione dell’esercito, generale Andrea Di Stasio, ha evidenziato che ad oggi sono stati addestrati più di una decina di equipaggi delle forze armate dell’emirato. “L’incontro è proseguito con la dimostrazione di un atto tattico condotto da un elicottero NH-90 (con equipaggio mistoitaliano e qatariota), che ha rilasciato personale utilizzando la tecnica del fast rope, e da un CH47F che ha recuperato i militari utilizzando la tecnica del grappolo, episodi operativi che richiedono un’alta specializzazione”, ha enfatizzato l’ufficio stampa dell’Esercito. (9)
Prima di recarsi a Viterbo, il vice premier Al Attyiah, in compagnia del ministro della difesa Lorenzo Guerini, aveva partecipato presso lo stabilimento Fincantieri di Muggiano (La Spezia) alla consegna del pattugliatore offshore OPV “Sheraouh”, seconda unità della classe commissionata al cantiere italiano dal ministero della Difesa del Qatar nell’ambito di un programma di acquisizione navale che ha un valore complessivo di quasi 4 miliardi di euro e prevede, oltre ai due pattugliatori offshore, quattro corvette e una unità anfibia LPD (Landing Platform Dock). Alla cerimonia a Muggiano erano presenti pure i Capi di Stato maggiore della Marina militare di Italia e Qatar (l’ammiraglio Enrico Credendino e il generale Abdulla Bin Hassan Al Sulaiti) e il neopresidente di Fincantieri SpA, il generale Claudio Graziano, già Capo di Stato maggiore della Difesa e fino al 15 maggio 2022 presidente del Comitato militare dell’Unione europea.
Il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, a colloquio con il vice primo ministro e ministro di Stato per gli Affari della Difesa del Qatar, Khalid bin Mohamed Al Attyiah
“Il pattugliatore Sheraouh, al pari del gemello Musherib, consegnato nel gennaio 2022, è un’unità altamente flessibile con capacità di assolvere a molteplici compiti che vanno dal pattugliamento, al ruolo di nave combattente”, riferisce Fincantieri. (10) Le due unità hanno una lunghezza di circa 63 metri, una larghezza di 9,2 metri, una velocità massima di 30 nodi, e possono ospitare a bordo 38 persone di equipaggio.
Lo scorso maggio ha avuto invece luogo nello stabilimento Fincantieri di Palermo l’impostazione della nave anfibia LPD commissionata dal Qatar. Questa unità avrà una lunghezza di circa 143 metri, una larghezza di 21,5 e potrà ospitare fino a 550 persone. Sarà dotata di due rampe carrabili e di un bacino interno allagabile in grado di accogliere un mezzo da sbarco veloce; il ponte di volo sarà dimensionato per ospitare gli elicotteri multiruolo NFH di Leonardo. (11) Due delle quattro corvette ordinate sono state consegnate nei mesi scorsi alla Marina militare del Qatar. Realizzate a Muggiano, le unità sono lunghe circa 107 metri, larghe 14,70 metri e raggiungono la velocità massima di 28 nodi. Le corvette possono ospitare 112 militari, diversi battelli veloci gonfiabili e un elicottero NFH.
Ovviamente non solo con gli aerei, gli elicotteri e le navi da guerra può spiegarsi la passione dei leader politici, militari e industriali italiani per il ricco e potente emirato del Golfo. Con la frenetica corsa alla diversificazione delle fonti energetiche dopo l’invasione russa dell’Ucraina, il Qatar si è candidato a divenire in pochi anni il leader mondiale della produzione di gas naturale liquefatto (GNL). Il 19 giugno a Doha, il ministro per gli Affari energetici dell’emirato, nonché presidente e amministratore delegato di QatarEnergy, Saad Sherida Al-Kaabi, ha sottoscritto con l’Ad di Eni, Claudio Descalzi, un accordo per la creazione di una joint venture. “QatarEnergy deterrà una quota del 75% e Eni il restante 25%”, spiega il portavoce dell’holding italiana. “La joint venture a sua volta deterrà il 12,5% dell’intero progetto NFE – North Field East, di cui fanno parte 4 mega treni GNL con una capacità combinata di liquefazione pari a 32 milioni di tonnellate/anno (MTPA)”. Grazie al progetto NFE il Qatar aumenterà le capacità di esportazione di GNL dagli attuali 77 MTPA a 110 MTPA. Sono previsti investimenti per quasi 29 miliardi di dollari.
“NFE dovrebbe entrare in produzione entro la fine del 2025 e impiegherà tecnologie e processi all’avanguardia per minimizzare l’impronta carbonica complessiva, tra cui la cattura e lo stoccaggio della CO2”, enfatizza Claudio Descalzi. “Siamo onorati e lieti di essere stati scelti come partner nel progetto di espansione. Questo accordo è una significativa pietra miliare per Eni e si inserisce nel nostro obiettivo di diversificazione verso fonti energetiche più pulite e affidabili, in linea con la nostra strategia di decarbonizzazione”. (12)
Decantare la sostenibilità socio-ambientale del progetto NFE è come affermare che più armi di distruzione di massa produci, più assicuri la pace e il disarmo dei popoli. “Eni svilupperà in Qatar il progetto considerato da tanti come la peggiore bomba climatica al mondo”, scrive Andrea Barolini su Valori, la testata giornalistica di proprietà di Fondazione Finanza Etica. “Il North Field East è un giacimento di gas naturale immenso che si stima possa contenere il 10% delle riserve mondiali. Un autentico disastro in termini di contributo al riscaldamento globale, nonostante le rassicurazioni dei vertici dell’azienda, che insiste sull’utilizzo di tecnologie che sarebbero in grado di limitare i danni al clima”. Un’inchiesta pubblicata a maggio dal quotidiano The Guardian inserisce l’NFE tra i progetti di sfruttamento di petrolio e gas più dannosi in assoluto. “Bombe climatiche, appunto, suscettibili di provocare emissioni per più di un miliardo di tonnellate di CO2 sull’insieme del loro ciclo di vita”, conclude Barolini.
Niente bomber azzurri in campo a Doha 2022, ma tante, anzi tantissime bombe belliche e ambientali per il Qatar made in Italy.
Note
(1) temi.camera.it/leg18/provvedim…
(2) nato.int/cps/en/natohq/news_19…
(3) esercito.difesa.it/comunicazio…
(4) difesa.it/Il_Ministro/Comunica…
(5) aeronautica.difesa.it/comunica…
(6) leonardo.com/it/press-release-…
(7) africa-express.info/2022/02/04…
(8) esercito.difesa.it/comunicazio…
(9) esercito.difesa.it/comunicazio…
(10) fincantieri.com/it/media/comun…
(11) fincantieri.com/it/media/comun…
(12) valori.it/eni-bomba-climatica-…
(13) eni.com/it-IT/media/comunicati…
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Borsa: canapa, USA e Canada lievi segnali di ripresa
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Responsabilità penale e il terreno dove il Diritto si fa incerto
Il dibattito che si è aperto sul caso dell’ing. Mauro Moretti suscita osservazioni elementari ma non inutili, se vogliamo riflettere sul modo nel quale persone competenti e capaci possano accollarsi ruoli gestionali senza dover essere esposte a rischi imprevedibili e inaccettabili
Il dibattito che si è aperto sul caso dell’ing. Mauro Moretti suscita osservazioni elementari ma non inutili, se vogliamo riflettere sul modo nel quale persone competenti e capaci possano accollarsi ruoli gestionali senza dover essere esposte a rischi imprevedibili e inaccettabili.
Sul piano del diritto civile non è necessario operare distinzioni con riguardo allo scopo sociale, al tipo e metodo di produzione di beni e servizi, alle modalità di organizzazione dell’impresa per poter affermare la responsabilità oggettiva (cioè senza colpa) dell’impresa che ha cagionato il danno, essendo del tutto indifferenti lo scopo, l’organizzazione, le tipologie di prodotti e servizi, e finanche la colpa dei singoli che operano come amministratori per assicurare il risarcimento del danno risentito dalle vittime.
Nel diritto penale la situazione è assai diversa. La responsabilità oggettiva non è consentita nel diritto penale: la responsabilità penale personale è una conquista della civiltà dei Lumi, è il vanto della cultura italiana che ha rivendicato, con le pagine di Beccaria, le libertà personali soffocate dal dispotismo e dall’oscurantismo. La responsabilità penale personale è un principio sancito dalla nostra Costituzione (art.27).
A parte la responsabilità delle società prevista dalla legge n.231 del 2001 , che si suole denominare responsabilità “amministrativa”, perché per tradizione societas delinquere non potest, e che ancor oggi pone molte incertezze ad operatori, avvocati e giudici, gli amministratori rispondono personalmente per reati collegati alle crisi d’impresa, per reati tributari, per reati ambientali, per reati finanziari, e così via. Ma quando si tratta di prodotti e servizi, fino a che punto rispondono personalmente gli amministratori dell’impresa? Qui il terreno del diritto si fa incerto.
Non vi sono regole specifiche che prefigurino reati precisi: se una bottiglietta di aranciata esce dal processo produttivo con i resti di una chiocciola, se un pacchetto di biscotti risulta avariato perché inscatolato in modo non igienico, se un segnale ferroviario non scatta al momento opportuno, a chi può essere imputato l’errore? Al di là degli aspetti civilistici che non sono collegati con la colpa, e consentono di risarcire le vittime da parte dell’impresa impersonalmente considerata , come si possono affrontare gli aspetti penali? Come risalire dal sinistro direttamente alla colpa degli amministratori?
Vi sono casi in cui il percorso è più lineare: se crolla un ponte è possibile che il cda della società che ne curava l’uso si fosse posto il problema della manutenzione e della conservazione; se non l’avesse fatto, per incuria, ignoranza, indifferenza, o per calcolo economico, è forse meno problematico arrivare alla conclusione.
Ma se la carrozza di un treno deraglia perché vi erano sassi sulle rotaie, o perché la leva del cambio in una stazione non ha funzionato, o perché il controllo della integrità del carrello, ordinato dal cda ad una società specializzata, non è stato accurato, lo si può imputare al cda, o anche solo al suo ad? O si deve arrestare la catena al livello in cui si è accertata la colpa? Tra questo livello e il punto di arrivo non si finisce per imboccare una strada che porta direttamente alla responsabilità oggettiva, non ammessa penalmente? Qui non vengono in gioco il dolore e la tragedia delle vittime e delle loro famiglie, perché è giusto cercare i colpevoli e sanzionarli; ma fino a che punto si deve spingere la ricerca dei colpevoli?
Si può trasformare questa ricerca nella individuazione del capro espiatorio attraverso la costruzione mediatica di una condanna che giunge prima ancora che inizi il processo? Si è oggi teorizzata l’esistenza nel nostro ordinamento di un diritto soggettivo della personalità specifico (Sammarco, La presunzione di innocenza, Giuffré).
Non mi pare di aver trovato nelle sentenze che si sono succedute in questa vicenda argomenti giuridici svolti in modo approfondito. Mi si potrebbe obiettare che chi pratica il diritto civile è più abituato ai richiami normativi e alle sottigliezze della interpretazione dottrinale. E si potrebbe controbattere che la motivazione della sentenza è una garanzia processuale insopprimibile.
A queste esigenze sopperirà la Corte di Cassazione, che deve controllare la correttezza della interpretazione e la uniformità della applicazione della legge. Giustizia significa applicazione della Costituzione e quindi non solo ricerca dei colpevoli e soddisfazione delle vittime e dei loro congiunti, ma accertamento corretto delle responsabilità e ripudio della responsabilità penale oggettiva. Queste considerazioni elementari dovrebbero sorreggere coloro che intendono decifrare in termini giuridici gli accadimenti della vita reale.
Le incertezze della dottrina e i contrasti della giurisprudenza dovrebbero mettere in guardia dal ricorso a generalizzazioni affrettate. Ogni caso fa capo a sé, ogni vicenda ha la sua storia e il suo epilogo. E non dobbiamo dimenticare che la civiltà di un Paese si commisura dalla frequenza degli errori giudiziari che si registrano nel corso del tempo.
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