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Liz Truss, un’altra lady di ferro (vecchio). Retrotopia in salsa inglese


Tutto quello che ho per difendermi è l’alfabeto; è quanto mi hanno dato al posto di un fucile (Philip Roth) Ho scritto qualche tempo fa sul fenomeno della retrotopia che sta prendendo il sopravvento nelle umane scelte sociali dell’utopia affermando che “si palesa una retrotopia, una nostalgia di un passato che si vuole inverabile sempre. Se [...]

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Addio Antonov: una conseguenza indiretta della guerra in Ucraina


Una delle immagini più sorprendenti della prima fase dell’invasione russa dell’Ucraina è stata quella del famoso Antonov AN 225, distrutto, bruciato e spaccato in due nel suo hangar all’aeroporto di Hostomel. ‘Mriya’, come è noto (sogno in ucraino), aveva ottenuto un seguito pseudo-culto nell’industria aeronautica globale grazie al suo status di aereo più grande del [...]

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Il rischio globale dei semiconduttori come arma


Il 9 agosto, il Presidente Biden ha firmato il CHIPS Act. È un preludio nel tentativo di disarmare le catene di approvvigionamento IT globali. Nei media internazionali, il CHIPS and Science Act del 2022 è descritto come un pacchetto da 52 miliardi di dollari con l’obiettivo di aumentare la produzione di semiconduttori negli Stati Uniti. [...]

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La matematica non serve a niente. Tranne che per...


Ho incontrato su TW il poster che trovate qui sotto, creato dal laboratorio di matematica Raphael Salem dell’università di Rouen, per scaricarlo in formato .pdf: https://sorciersdesalem.math.cnrs.fr/Posters/PosterLesMathsCaSertARien.pdf

Fa parte di una bella raccolta di poster di argomento matematico che trovate qui:

https://sorciersdesalem.math.cnrs.fr/Posters/posters.html

È pubblicato su una pagina che si intitola “Les Sorciers de Salem” con un gioco di parole che allude alle streghe (sorcières) di Salem.

Nel sito c’è anche una pagina con una versione interattiva del poster che rimanda all’approfondimento di alcuni degli usi della matematica (in francese):

sorciersdesalem.math.cnrs.fr/S…

Qui sotto la traduzione del testo contenuto nel poster.

La matematica non serve a niente.
Tranne che per..

Comprendere il corso delle stelle
Fare previsioni del tempo
Misurare il mondo
Suddividere in modo equo
Proteggere i nostri segreti
Trovare il percorso più breve
Ascoltare la musica
Costruire ponti
Decifrare i big data
Evitare gli ingorghi
Diagnosticare e curare in modo più efficace
Organizzare una rete di comunicazioni
Navigare in Internet
Sviluppare l'intelligenza artificiale (e la nostra)
Fotografare le farfalle
Decodificare il DNA
Anticipare gli effetti del caso
Rilevare e correggere gli errori
Modellizzare lo scioglimento dei ghiacciai
Immaginare altri universi
Meravigliarsi per la bellezza dei frattali
Migliorare le prestazioni sportive
Far volare gli aerei
Valutare le nostre possibilità di vincere alla lotteria
Adattare una ricetta al numero di ospiti
Ottimizzare... Analizzare... Decidere... Stimare... Creare... Giocare... Esplorare… Simulare... Calcolare… Vedere... Disegnare... Argomentare...Difendere... Programmare... Esprimere....



Russia: la sospetta resilienza dell’economia


La Russia subirà una recessione, ma non sarà una calamità. E niente, rispetto al previsto calo compreso tra il 35% e il 45% dell'economia ucraina

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EGITTO. Quattro giornaliste nel mirino dei regime di El Sisi


La direttrice della testata indipendente Mada Masr e tre giornaliste sono state accusate dalla magistratura di aver rivolto accuse infondate a un partito politico che sostiene il regime di Abdel Fattah El Sisi L'articolo EGITTO. Quattro giornaliste nel m

della redazione

Pagine Esteri, 8 settembre 2022 – La magistratura egiziana ha interrogato per ore quattro giornaliste dopo una denuncia per diffamazione presentata dal partito il Futuro della Nazione, legato al regime del presidente Abdel Fattah el Sisi, per un articolo scritto dalla testata indipendente Mada Masr. Le quattro sono state rilasciate su cauzione e restano indagate per i reati di pubblicazione di notizie false e diffamazione di membri di un partito politico.

In un paese dove i servizi di sicurezza hanno ridotto al silenzio quasi tutte le voci critiche, Madr Masr è uno dei pochi media egiziani che non sono sotto il diretto controllo statale o influenzati dal governo. Il 31 agosto ha pubblicato una newsletter sul Futuro della Nazione, che domina il parlamento e sostiene il presidente El Sisi. L’articolo riferisce di una inchiesta in corso che vede coinvolti importanti dirigenti di questo partito e che riguarda “gravi violazioni finanziarie”. Il partito ha negato tutto accusando Madr Masr di utilizzare “tattiche dubbie e non professionali per destabilizzare la sicurezza del Paese”. Decine di denunce sono state presentate dai membri di Futuro della Nazione contro tre giornaliste – Rana Mamdouh, Sara Seif Eddin e Beesan Kassab – insieme alla loro caporedattrice, Lina Attalah.

Ieri le quattro donne sono state lungamente interrogate dai magistrati ed informate di essere accusate di calunnia e diffamazione, di utilizzo dei social media per molestare i membri di Futuro della Nazione della pubblicazione di notizie false intese a turbare l’ordine pubblico. Lina Attalah è stata anche accusata di gestire un sito web di notizie (Mada Masr) “senza licenza”. E’ dal 2018 che Madr Masr cerca di ottenere la licenza, quando è entrata in vigore una nuova legge che regola i media, ma non è ancora riuscito ad ottenerla. Da parte sua il giornale ha fatto sapere di credere “nell’integrità della nostra posizione legale e del nostro impegno per i più alti standard di pubblicazione professionale”. “Esprimiamo anche – ha scritto in un comunicato – il nostro rammarico per il fatto che il partito politico di maggioranza in Egitto, noto per essere vicino al potere, stia usando tali tattiche per intimidire un mezzo di stampa che opera per conto dell’interesse pubblico”.

Reporters sans frontières, l’organismo di tutela globale della libertà di stampa, si è detto estremamente preoccupato per la minaccia a Madr Masr e ha avvertito che “le continue molestie, intimidazioni e arresti di giornalisti da parte del governo egiziano stanno raggiungendo livelli pericolosi”. Sono migliaia i prigionieri politici in Egitto, in prevalenza attivisti e simpatizzanti dei Fratelli Musulmani ma anche giornalisti e difensori dei diritti umani tra i quali il più noto è Alaa Abdel Fattah. Pagine Esteri

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GAZA. Il mare è una ricchezza ma spaventa chi vive sulla costa


REPORTAGE. E' cresciuto a causa del cambiamento climatico e minaccia le case del campo profughi di Shate. E' solo uno degli effetti del disastro ambientale in questo lembo di territorio palestinese sotto blocco israeliano ed egiziano. L'articolo GAZA. Il

di Michele Giorgio –

Pagine Esteri, 8 settembre 2022 – Nella Striscia di Gaza nessuno dimentica i lutti sofferti da 49 famiglie durante l’ultima escalation, un mese fa, tra Israele e il Jihad islami e sotto i bombardamenti dell’aviazione israeliana. Ma la vita va avanti e a migliaia vanno in spiaggia e al mare, l’unica vacanza possibile per i 2 milioni e duecentomila palestinesi che vivono come prigionieri. Questo piccolo lembo di terra palestinese, sotto blocco israeliano da 15 anni, offre ai suoi abitanti circa 40 chilometri di costa. «Abbiamo solo il mare» ci dice Bilal, 29 anni, con la famiglia nella spiaggia del capoluogo Gaza city, «facciamo il bagno con le nostre bambine e ci proteggiamo dal gran caldo di questi giorni. Arriviamo al mattino e andiamo via al tramonto, come gran parte delle famiglie che vedi in spiaggia». Mentre Bilal risponde alle nostre domande, sette-otto ragazzi davanti a noi si tuffano in acqua lanciando urla di gioia. Una donna va in riva con la sua bimba che piange impaurita. Alle nostre spalle un nugolo di ragazzini circonda il carretto dei ghiaccioli da pochi centesimi. Scene da mare, come in qualsiasi parte del mondo. E fare il bagno a Gaza quest’anno è ancora più bello. Con il completamento di tre impianti di trattamento delle acque reflue – grazie a donazioni per 250 milioni di dollari – quest’estate i bagnanti possono tuffarsi senza temere malattie.

A qualcuno però il mare di Gaza fa paura. Dozzine di famiglie del campo profughi di Shate, alla periferia nord di Gaza city, lo vedono troppo vicino alle loro povere case fatiscenti. La crisi climatica, l’aumento delle temperature e il conseguente innalzamento dei mari sta avendo un impatto anche su Gaza dove la sostenibilità ambientale è già fragile da lungo tempo. «Il nostro campo è vicino al mare, un tempo avevamo la spiaggia, oggi è quasi sparita», ci racconta Mohammad Abu Hamada, 72 anni, figlio di profughi palestinesi della Nakba. «Fino a una decina di anni fa il mare era nostro amico» prosegue «la sua bellezza ci aiutava a sopportare la povertà. Ora non più, l’acqua è troppo vicina. Quando viene l’inverno e il mare è grosso abbiamo paura che le onde possano inghiottirci, assieme alle nostre case. Nessuno interviene e presto saremo costretti ad andare via, sta diventando pericoloso». Timori ampiamente giustificati.

La gente di Gaza, già costretta a sopportare le conseguenze di guerre e bombardamenti e la carenza di acqua potabile ed elettricità, ora deve lottare per costruire una resilienza climatica. «Non è facile porre rimedio alla devastazione ambientale mentre si è sotto blocco (israeliano) da anni, con una crisi umanitaria da affrontare ogni giorno» ci spiega il professore Ahmed Hilles, direttore del Nied, l’Istituto per l’ambiente e lo sviluppo a Rimal (Gaza city). «Gli interventi da fare sono urgenti» aggiunge «le precipitazioni complessive, già scarse, sono diminuite ulteriormente. E quando arrivano sono molto violente, in poche ore cadono gli stessi millimetri di pioggia che anni fa misuravamo in un arco di tempo molto più ampio e provocano inondazioni in aree urbane popolate. Non solo, queste piogge tanto violente devastano le coltivazioni accrescendo l’insicurezza alimentare e contribuiscono a far infiltrare nel terreno le sostanze tossiche di cui Gaza è impregnata».

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In Medio Oriente le temperature sono aumentate di 1,5 gradi, ben al di sopra delle tendenze globali di 1,1 gradi. Le temperature dovrebbero salire di oltre 4 gradi entro la fine del secolo, accompagnate da una diminuzione delle precipitazioni annuali con stime che vanno dal 30 al 60%. Gaza è diventata un hotspot del cambiamento climatico all’interno di un hotspot in cui domina una emergenza umanitaria di base che vede al centro dei problemi la poca acqua potabile. Quella disponibile al 90% non è bevibile secondo gli standard internazionali. Il blocco israeliano è un fattore centrale perché accresce la difficoltà se non l’impossibilità di intervenire con progetti e programmi specifici per affrontate il cambiamento climatico e la poca acqua. Gli impianti di desalinizzazione costruiti a Gaza sono costosi, richiedono una manutenzione continua e non bastano a soddisfare il fabbisogno. «In media – ricorda il professor Hilles – una persona a Gaza riceve circa un quinto della quantità di acqua potabile raccomandata dall’Oms (solo 21 litri al giorno, contro i 100 litri raccomandati, ndr). Questo è meno del 10 percento dei 280 litri medi che i cittadini israeliani ricevono ogni giorno». A Gaza solo la falda acquifera costiera è sicura per bere ed è l’unica fonte d’acqua naturale della Striscia. Tuttavia, avverte Hilles, «questa riserva d’acqua, a causa dell’aumento del livello e della forza del mare, è infiltrata sempre di più dall’acqua salata. Un problema al quale contribuiscono anche l’estrazione eccessiva e le acque reflue non trattate». Intervenire non è facile. «Lo scontro in atto (dal 2007) tra il governo dell’Anp a Ramallah e quello di Hamas a Gaza complica qualsiasi tentativo di mettere in campo interventi seri per contrastare gli effetti del cambiamento climatico. Le due parti invece di farsi la guerra dovrebbero cooperare» ci dice un giornalista di Khan Yunis che vuole restare anonimo.

Ma l’ostacolo principale alla capacità di rispondere alla crisi umanitaria e a mitigare i cambiamenti climatici resta il blocco israeliano. Da anni Israele limita severamente l’ingresso di materiali a Gaza che definisce di «doppio uso», ossia utilizzabili sia per scopi civili che militari da parte di Hamas. L’accesso dei palestinesi ai materiali di base per la costruzione e la manutenzione delle infrastrutture è sotto il controllo dell’esercito israeliano che può decidere in qualsiasi momento di bloccare del tutto l’ingresso di certi materiali. Ciò rallenta i progetti per la riabilitazione delle reti idriche, per l’energia elettrica e la sicurezza alimentare. «Intanto – conclude il professor Hilles – aumentano i bisogni di una popolazione in forte crescita demografica in un territorio minuscolo. Ogni anno il saldo tra morti e nuovi nati fa segnare +70-80mila. Di pari passo aumentano i bisogni primari e si aggrava l’inquinamento». Pagine Esteri

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CISGIORDANIA. In vigore le nuove regole per gli stranieri, se sposeranno palestinesi avranno un visto ridotto


Le nuove restrizioni vanno ad aggravare altre limitazioni che negano in gran parte dei casi la concessione della residenza ai coniugi stranieri di palestinesi e imporranno a tante coppie di trasferirsi o di rimanere all'estero pur di conservare la famigli

della redazione

Pagine Esteri, 5 settembre 2022 – Stando agli ultimi sviluppi riferiti dalla stampa locale, gli stranieri in Cisgiordania per motivi di lavoro, in visita o per attività di volontariato non dovranno più informare il ministero della difesa israeliano se hanno avviato una relazione sentimentale con un/una palestinese. Tuttavia se il rapporto instaurato porterà al matrimonio dovranno andarsene dopo 27 mesi per un periodo di almeno sei mesi. Pressioni Usa e dell’Ue, sostiene il Times of Israel, avrebbero spinto il Cogat, il dipartimento delle Forze armate responsabile per gli affari civili nei Territori palestinesi occupati, a rivedere in parte le nuove regole per gli stranieri in Cisgiordania che entrano in vigore oggi.

Erano già pronte lo scorso febbraio ma ricorsi e petizioni le hanno tenute congelate sino ad oggi. Le 97 pagine della «Procedura per l’ingresso e il soggiorno degli stranieri nell’area di Giudea e Samaria», il nome biblico che Israele usa per la Cisgiordania palestinese, vanno ben oltre le relazioni sentimentali tra stranieri e palestinesi. Le nuove restrizioni colpiscono aziende, uomini d’affari, i programmi di aggiornamento professionale nella sanità, le organizzazioni umanitarie e tanti altri settori perché le limitazioni alla durata dei visti e alle loro estensioni consentono agli stranieri di restare in Cisgiordania solo per brevi periodi. Impongono alle università palestinesi una quota di 150 visti per gli studenti e 100 per i docenti stranieri, limiti inesistenti in quelle israeliane. Questa misura, sempre secondo la stampa israeliana, sarebbe stata eliminata. La Commissione europea si è detta «preoccupata» per le discriminazioni che le nuove procedure causeranno allo svolgimento del programma universitario Erasmus+.

Le nuove regole in ogni caso non si applicano a coloro che visitano Israele e gli insediamenti coloniali ebraici in Cisgiordania. Ciò rende evidente la doppia legislazione che Israele applica da decenni nel territorio palestinese sotto il suo controllo. Ad esempio, un italiano che volesse lavorare in un villaggio palestinese della Cisgiordania sarà soggetto alle procedure restrittive stabilite dal Cogat, cioè le forze armate, mentre se vorrà farlo in una colonia ebraica a un paio di chilometri di distanza da quel villaggio, dovrà rispettare le disposizioni, decisamente più leggere, previste per gli stranieri che entrano o intendono risiedere in Israele.

Le regole stabiliscono inoltre che i possessori di passaporto straniero, a cominciare dai palestinesi che vivono all’estero, intenzionati a visitare la Cisgiordania (ad eccezione degli insediamenti coloniali), non potranno più ottenere il visto all’arrivo all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, e invece dovrà farne richiesta con almeno 45 giorni di anticipo. E dovranno entrare dal valico di Allenby/King Hussein, tra la Cisgiordania e la Giordania, quindi dovranno atterrare ad Amman.

Per i palestinesi queste procedure si inseriscono «in un disegno ampio volto a colpire gli stranieri che fanno volontariato e cooperazione nei Territori occupati». Secondo Jessica Montell, direttrice dell’ong israeliana HaMoked, che ha presentato una petizione all’Alta Corte israeliana contro le restrizioni, «siamo davanti all’ingegneria demografica della società palestinese e del suo isolamento dal mondo esterno. Le nuove regole renderanno la vita difficile alle persone che intendono lavorare nelle istituzioni palestinesi, investire, insegnare e studiare».

Le restrizioni vanno ad aggravare altre limitazioni che negano in gran parte dei casi la concessione della residenza ai coniugi stranieri di palestinesi in Cisgiordania dove migliaia di persone continuano a vivere con uno status legale incerto o sono costrette a lasciare le loro famiglie. La campagna «Right to Enter» denuncia che le procedure del Cogat «imporranno a tante coppie di trasferirsi o di rimanere all’estero pur di conservare la famiglia unita».

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📚 Oggi si celebra la Giornata Internazionale dell’Alfabetizzazione, istituita nel 1967 dall’UNESCO.

🌍 Un’occasione importante per riflettere sul diritto all’istruzione e sul suo ruolo nel promuovere lo sviluppo delle persone e delle comunità.



Digitale 2022: Fratelli d’Italia


I temi digitali nel programma di Fratelli d'Italia: l'attività di monitoraggio di InformaPirata sul programma ufficiale, congiunto con Forza Italia, e il programma esteso

Abbiamo preso in considerazione due programmi distinti: il programma comune presentato insieme a Forza Italia (disponibile qui: Pagina di download, Programma (18/8), Link locale) che è anche l’unico presentato ufficialmente al Ministero degli Interni il programma aggiunto a settembre, specifico per Fratelli d’Italia Le valutazioni saranno indicate in testo normale per il programma comune e in...

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4 Chiese Romantiche per celebrare il Matrimonio a Firenze


Il giorno del matrimonio è considerato come uno dei più belli e importanti della vita. Si tratta del giorno in cui si ufficializza un legame d’amore per la vita tra parenti e amici più cari. Celebrare il matrimonio in chiesa è un desiderio di tante persone, anche e soprattutto perché offre la possibilità di rendere [...]

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Digitale 2022: Unione Popolare


I temi digitali nel programma della lista Unione Popolare: l'attività di monitoraggio di InformaPirata sul programma ufficiale e il programma esteso

Successivamente alla pubblicazione di questo post che si basava sul programma presentato al Ministero degli Interni e, vogliamo pensarlo, anche a seguito di questo articolo, una “extended edition” del programma di Unione Popolare è comparsa sul loro sito web. Rispetto al programma stringato, l’evoluzione è significativa anche rispetto alle questioni digitali. La valutazione avverrà dunque su due...

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L’8 settembre, 79 anni dopo


L’ombra di quell’evento spartiacque incombe ogni volta che, nel presente, si avverte l’impotenza e l’involuzione della comunità nazionale. Da oggi all’8 settembre 2023 -l’ottantesimo dell’evento- se ne tornerà a discutere

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GAZA. Il mare è una ricchezza ma spaventa chi vive sulla costa


REPORTAGE. E' cresciuto a causa del cambiamento climatico e minaccia le case del campo profughi di Shate. E' solo uno degli effetti del disastro ambientale in questo lembo di territorio palestinese sotto blocco israeliano ed egiziano. L'articolo GAZA. Il

di Michele Giorgio –

Pagine Esteri, 8 settembre 2022 – Nella Striscia di Gaza nessuno dimentica i lutti sofferti da 49 famiglie durante l’ultima escalation, un mese fa, tra Israele e il Jihad islami e sotto i bombardamenti dell’aviazione israeliana. Ma la vita va avanti e a migliaia vanno in spiaggia e al mare, l’unica vacanza possibile per i 2 milioni e duecentomila palestinesi che vivono come prigionieri. Questo piccolo lembo di terra palestinese, sotto blocco israeliano da 15 anni, offre ai suoi abitanti circa 40 chilometri di costa. «Abbiamo solo il mare» ci dice Bilal, 29 anni, con la famiglia nella spiaggia del capoluogo Gaza city, «facciamo il bagno con le nostre bambine e ci proteggiamo dal gran caldo di questi giorni. Arriviamo al mattino e andiamo via al tramonto, come gran parte delle famiglie che vedi in spiaggia». Mentre Bilal risponde alle nostre domande, sette-otto ragazzi davanti a noi si tuffano in acqua lanciando urla di gioia. Una donna va in riva con la sua bimba che piange impaurita. Alle nostre spalle un nugolo di ragazzini circonda il carretto dei ghiaccioli da pochi centesimi. Scene da mare, come in qualsiasi parte del mondo. E fare il bagno a Gaza quest’anno è ancora più bello. Con il completamento di tre impianti di trattamento delle acque reflue – grazie a donazioni per 250 milioni di dollari – quest’estate i bagnanti possono tuffarsi senza temere malattie.

A qualcuno però il mare di Gaza fa paura. Dozzine di famiglie del campo profughi di Shate, alla periferia nord di Gaza city, lo vedono troppo vicino alle loro povere case fatiscenti. La crisi climatica, l’aumento delle temperature e il conseguente innalzamento dei mari sta avendo un impatto anche su Gaza dove la sostenibilità ambientale è già fragile da lungo tempo. «Il nostro campo è vicino al mare, un tempo avevamo la spiaggia, oggi è quasi sparita», ci racconta Mohammad Abu Hamada, 72 anni, figlio di profughi palestinesi della Nakba. «Fino a una decina di anni fa il mare era nostro amico» prosegue «la sua bellezza ci aiutava a sopportare la povertà. Ora non più, l’acqua è troppo vicina. Quando viene l’inverno e il mare è grosso abbiamo paura che le onde possano inghiottirci, assieme alle nostre case. Nessuno interviene e presto saremo costretti ad andare via, sta diventando pericoloso». Timori ampiamente giustificati.

La gente di Gaza, già costretta a sopportare le conseguenze di guerre e bombardamenti e la carenza di acqua potabile ed elettricità, ora deve lottare per costruire una resilienza climatica. «Non è facile porre rimedio alla devastazione ambientale mentre si è sotto blocco (israeliano) da anni, con una crisi umanitaria da affrontare ogni giorno» ci spiega il professore Ahmed Hilles, direttore del Nied, l’Istituto per l’ambiente e lo sviluppo a Rimal (Gaza city). «Gli interventi da fare sono urgenti» aggiunge «le precipitazioni complessive, già scarse, sono diminuite ulteriormente. E quando arrivano sono molto violente, in poche ore cadono gli stessi millimetri di pioggia che anni fa misuravamo in un arco di tempo molto più ampio e provocano inondazioni in aree urbane popolate. Non solo, queste piogge tanto violente devastano le coltivazioni accrescendo l’insicurezza alimentare e contribuiscono a far infiltrare nel terreno le sostanze tossiche di cui Gaza è impregnata».

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In Medio Oriente le temperature sono aumentate di 1,5 gradi, ben al di sopra delle tendenze globali di 1,1 gradi. Le temperature dovrebbero salire di oltre 4 gradi entro la fine del secolo, accompagnate da una diminuzione delle precipitazioni annuali con stime che vanno dal 30 al 60%. Gaza è diventata un hotspot del cambiamento climatico all’interno di un hotspot in cui domina una emergenza umanitaria di base che vede al centro dei problemi la poca acqua potabile. Quella disponibile al 90% non è bevibile secondo gli standard internazionali. Il blocco israeliano è un fattore centrale perché accresce la difficoltà se non l’impossibilità di intervenire con progetti e programmi specifici per affrontate il cambiamento climatico e la poca acqua. Gli impianti di desalinizzazione costruiti a Gaza sono costosi, richiedono una manutenzione continua e non bastano a soddisfare il fabbisogno. «In media – ricorda il professor Hilles – una persona a Gaza riceve circa un quinto della quantità di acqua potabile raccomandata dall’Oms (solo 21 litri al giorno, contro i 100 litri raccomandati, ndr). Questo è meno del 10 percento dei 280 litri medi che i cittadini israeliani ricevono ogni giorno». A Gaza solo la falda acquifera costiera è sicura per bere ed è l’unica fonte d’acqua naturale della Striscia. Tuttavia, avverte Hilles, «questa riserva d’acqua, a causa dell’aumento del livello e della forza del mare, è infiltrata sempre di più dall’acqua salata. Un problema al quale contribuiscono anche l’estrazione eccessiva e le acque reflue non trattate». Intervenire non è facile. «Lo scontro in atto (dal 2007) tra il governo dell’Anp a Ramallah e quello di Hamas a Gaza complica qualsiasi tentativo di mettere in campo interventi seri per contrastare gli effetti del cambiamento climatico. Le due parti invece di farsi la guerra dovrebbero cooperare» ci dice un giornalista di Khan Yunis che vuole restare anonimo.

Ma l’ostacolo principale alla capacità di rispondere alla crisi umanitaria e a mitigare i cambiamenti climatici resta il blocco israeliano. Da anni Israele limita severamente l’ingresso di materiali a Gaza che definisce di «doppio uso», ossia utilizzabili sia per scopi civili che militari da parte di Hamas. L’accesso dei palestinesi ai materiali di base per la costruzione e la manutenzione delle infrastrutture è sotto il controllo dell’esercito israeliano che può decidere in qualsiasi momento di bloccare del tutto l’ingresso di certi materiali. Ciò rallenta i progetti per la riabilitazione delle reti idriche, per l’energia elettrica e la sicurezza alimentare. «Intanto – conclude il professor Hilles – aumentano i bisogni di una popolazione in forte crescita demografica in un territorio minuscolo. Ogni anno il saldo tra morti e nuovi nati fa segnare +70-80mila. Di pari passo aumentano i bisogni primari e si aggrava l’inquinamento». Pagine Esteri

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Post-scuola


Promesso ignorante Achille era bello, forte, intelligente ma aveva un punto debole: il famosissimo tallo-ne. Qual è il tallone d’Achille della scuola italiana? Magari la cara vecchia scuola avesse un solo punto debole: se così fosse sarebbe una bellissima

Promesso ignorante


Achille era bello, forte, intelligente ma aveva un punto debole: il famosissimo tallo-ne. Qual è il tallone d’Achille della scuola italiana? Magari la cara vecchia scuola avesse un solo punto debole: se così fosse sarebbe una bellissima notizia.

La verità è impietosa: la scuola non esiste più. Il suo posto è stato preso da un’altra creatura: la post-scuola. Dove il “post” indica la scuola dopo la scuola ma anche lo scivolamento della scuola nell’era digitale – la scuola dei post– senza aver fatto i conti con l’esperienza storica precedente dell’era Gutenberg.

Salvatore Valitutti, il maggior conoscitore della storia scolastica nazionale, diceva che la scuola italiana è elio-centrica: il Ministero è il sole e le scuole vi ruotano intorno come i pianeti. Anche qui: magari fosse ancora così. Infatti – con l’acqua, i banchi (a rotelle) e i somari che son passati sotto i ponti – la scuola si è trasformata con la riforma di Luigi Berlinguer che all’inizio del millennio varò la (cosiddetta) autonomia scolastica con cui ogni istituto maturava una propria indipendenza.

Risultato: le scuole non sono più dei pianeti e, come la celebre rana di Esopo, si sono gonfiate credendo di essere il sole. Ogni scuola, in tutto e per tutto dipendente sempre dall’amministrazione statale, è una sorta di Ministero di periferia in cui la burocrazia scolastica ha divorato, come Crono, i suoi figli: gli insegnanti, gli studenti, i capi d’istituto, le famiglie.

Tutto è diventato un enorme post. Le scuole sono in competizione tra loro ma, non essendoci nessuna reale vita degli studi, la competizione è fatta al ribasso. Così accade una cosa strana solo per chi non si è reso conto della nascita della post-scuola: i ragazzi e le ragazze sono licenziate agli esami con altissimi voti ma poi non sanno leggere e se leggono non intendono.

Tra la situazione legale e la situazione reale non vi è una differenza. Vi è la verità. Come sempre scomoda. Ma se questa scomodità non si guarda non si avrà mai nessuna possibilità di intervenire nel sistema dell’istruzione e provare, almeno provare, a migliorarlo.

Il tallone d’Achille della scuola italiana – fingendo che la metafora sia calzante al caso – è il rapporto tra insegnante e alunno. Questa relazione, che è il cuore della scuola, che è la scuola stessa, è falsato all’origine da due fattori: il valore legale del diploma e l’obbligo della promozione.

Perché ci possa essere la relazione tra insegnante e studente è necessario che ci sia l’interesse da un lato a insegnare e dall’altro a imparare. Ma è proprio tale interesse – che significa “stare insieme”, “stare nell’essere” – che è neutralizzato alla fonte dal momento che la legalità scolastica sposta il valore dallo studio al certificato e l’obbligo della promozione ne garantisce il possesso.

Non è né un problema scolastico né un problema politico: è un dramma nazionale. Nazionale perché riguarda tutti, drammatico perché non ci sono più occhi per vederlo. Il costo è elevatissimo, Paola Mastrocola e Luca Ricolfi lo hanno chiamato “Il danno scolastico”. Riguarda l’incapacità di creare classe dirigente e la concreta possibilità di condurre democrazia e nazione al fallimento.

L’esperienza ci dice che non si tratta di ipotesi accademiche ma di dura realtà. La scuola italiana – la post-scuola – è per la democrazia italiana il problema dei problemi. È una sorta di Grande Bugia nazionale in cui il senso delle cose reali, che ognuno di noi deve conservare per condursi più o meno decentemente nella propria esistenza, è stato sostituito dal senso delle cose irreali.

La Ragione

L'articolo Post-scuola proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Fr.#08 / p a y n o m i n d


Nel frammento di oggi: Da "Voltaire" a Bitcoin: pagare equivale a pensare / Klaus Schwab e il sogno cinese di Xi Jinping / Vieni alla Privacy Week? / Meme e citazione del giorno.

Pagare = pensare


Al Baltic Honeybadger 2022, conferenza europea su Bitcoin tenutasi a Riga la scorsa settimana, Giacomo Zucco ha presentato una fantastica slide che recitava: “Non sono d’accordo con ciò che paghi, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto di pagarlo”.

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La simpatica revisione della famosa frase di Evelyn Beatrice Hall (spesso attribuita a Voltaire) esprime un principio vero fin dalla preistoria e di cui ho parlato molto spesso negli ultimi mesi: le transazioni economiche sono una concretizzazione della libertà di pensiero. Il pagamento è l’azione che segue al pensiero; è il modo in cui esprimiamo la nostra libertà di autodeterminazione e capacità di agire sulla base della nostra libertà di pensare, dando così un valore al pensiero e alle azioni altrui.

Pensare però significa anche a dissentire. Quando tante persone contemporaneamente decidono di usare una nuova moneta privata, fuori dal monopolio dello stato, per esprimere il loro dissenso, ecco che iniziano i problemi.

È il motivo per cui tutti gli stati del mondo sono oggi occupati a progettare e sviluppare la prossima evoluzione della moneta statale, le Central Bank Digital Currencies (CBDC). Le CBDC offrono agli stati il potere di sorvegliare e censurare ogni transazione economica per impostazione predefinita, che equivale alla capacità di controllare il pensiero ed espropriare ogni esperienza umana. Con le CBDC la libertà di pensiero diventerà un artificio vuoto di ogni significato.

Non lasciate che una dozzina di burocrati con deliri di onnipotenza possano privarvi della vostra libertà di pagare/pensare senza ingerenze arbitrarie. C’è un’alternativa a questa distopia. Sfruttiamola.

Il sogno cinese di Klaus Schwab e del WEF


Tutti sappiamo che il World Economic Forum tiene i suoi meeting annuali a Davos, in Svizzera. Diversamente, scopro solo in questi giorni che esiste un secondo meeting annuale del WEF - in Cina, nella città di Dalian, che dal 2007 ospita il “Summer Davos”.

Robert Malone nella sua newsletter riporta alcuni dei temi trattati nel Summer Davos 2022, come: Using 5G Responsibly; Climate Change: The Next Financial Crisis?; Rethinking Capitalism and How to Tax Global Business; Accelerating the Cleantech Transition; and Going Beyond a Trade War.

Interessante che in Cina si discuta della prossima crisi finanziaria e di come “ripensare” il capitalismo mentre in Svizzera si discuteva di pagamenti digitali, identità digitale e controllo di Internet, no?

Schwab è sempre stato ammaliato dal sogno cinese, come lo chiamò lui stesso nel 2017 - quando invitò il presidente Xi Jinping a parlare al forum di Davos.

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Il presidente cinese fece un lungo discorso sull’economia globale e sul ruolo della Cina in seguito all’ingresso nella World Trade Organization. La cosa più interessante di tutte è che leggendo le sue parole non posso far altro che pensare che oggi potrebbe essere tranquillamente il manifesto statalista di qualsiasi governo occidentale. Un estratto:

We should foster a culture that values diligence, frugality and enterprise and respects the fruits of hard work of all. Priority should be given to addressing poverty, unemployment, the widening income gap and the concerns of the disadvantaged to promote social equity and justice. It is important to protect the environment while pursuing economic and social progress so as to achieve harmony between man and nature and between man and society. The 2030 Agenda for Sustainable Development should be implemented to realize balanced development across the world.


Schwab fu così entusiasta che arrivò ad affermare che la visione di Xi Jinping incarnava perfettamente il suo sogno di creare un nuovo mondo interdipendente, equo e inclusivo. A distanza di cinque anni, possiamo dire che Schwab non scherzava.

E dire che quando mi chiedevo, a giugno, se “Davos fosse in Svizzera o in Cina”, pensavo di aver usato una metafora.


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Vieni alla Privacy Week 2022?


La Privacy Week è la seconda edizione di un evento che sto organizzando insieme a molte altre persone, di cui sono molto orgoglioso. È un evento che vorrebbe diventare il punto di riferimento nazionale per parlare di privacy, cybersecurity, nuove tecnologie e diritti umani. Si parlerà anche di Bitcoin e criptovalute.

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Si terrà a Milano e in streaming dal 26 al 30 settembre, con più di 50 incontri, talk, webinar, forum, interviste, dibattiti e oltre 90 relatori tra professori, ricercatori, avvocati, tecnici, giornalisti, scrittori, manager, attivisti, filosofi e sociologi.

Lunedì 26 settembre farò anch’io un breve intervento intitolato “Orizzonte 2030, cittadini o codici a barre?”. Mi piacerebbe invitare qualcuno di voi lunedì, chi sarà in zona Milano, per conoscervi e farvi conoscere la Privacy Week.

Per partecipare è necessaria la registrazione dal sito web. Se avete domande o non vi è chiaro qualcosa contattatemi pure via email!


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Meme del giorno


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Citazione del giorno


If you don’t believe it or don’t get it, I don’t have the time to try to convince you, sorry.

―Satoshi Nakamoto


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Elezioni 2022: vocazione a ‘farsi male’


La vocazione ineliminabile del PD a 'farsi male' da solo: tutto è iniziato con la formazione delle liste, e prosegue. Ma anche ex Magistrati 'si fanno male'

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BitiCodes, l’ultimo software di trading automatizzato di prim’ordine


Un robot di trading crittografico è un software progettato per analizzare i dati di trading del mercato delle criptovalute. Una volta acquisito uno, dovresti personalizzarlo in base alle tueesigenze e preferenze. Quindi il software analizzerà le condizioni di mercato e completerà automaticamente le negoziazioni. In questo articolo, esaminiamo uno dei migliori robot di trading disponibili. [...]

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PROVA AD ASCOLTARE LA MUSICA CON UN DIVERSO APPROCCIO: DIVENTA UN NOSTRO COLLABORATORE


PROVA AD ASCOLTARE LA MUSICA CON UN DIVERSO APPROCCIO: DIVENTA UN NOSTRO COLLABORATORE

Crescere, in tutti i sensi, è di per sé un fatto positivo ma qualche problema in fondo lo crea sempre.

Così come per le mamme, che devono che devono costantemente rinnovare il guardaroba dei figli per adeguare l’abbigliamento al loro sviluppo fisico, anche per In Your Eyes la costante crescita di contatti riscontrata negli ultimi anni comporta il dover affrontare un “piacevole” problema: quello di far fronte alle numerose richieste di recensione che ci pervengono ogni giorno.

Come sapete, noi non ci poniamo limiti di genere per cui, se su alcuni siamo abbastanza coperti, su altri facciamo oggettivamente fatica a prendere in carico tutto il materiale.

Soprattutto per quanto riguarda l’elettronica, il rapporto tra il numero di dischi da recensire e quelli effettivamente soddisfatti è decisamente sfavorevole: è proprio qui che avremmo bisogno di nuova linfa, sotto forma di qualcuno che, alla propria passione per la musica, voglia abbinare quella di rendere partecipi gli altri delle proprie sensazioni , ma è inutile dirvi che, anche se foste appassionati ed esperti di altri generi, saremmo comunque ben felici di accogliervi nella nostra famiglia.

Ovviamente non ci servono persone che vogliano intraprendere questa attività in maniera eccessivamente saltuaria e discontinua: il nostro target individuale si attesta attorno ad un minimo di 4-5 recensioni mese, comunque non molte se pensiamo che si tratterebbe di scriverne almeno una ogni settimana, senza contare che un appassionato (con la A maiuscola) almeno un’oretta al giorno per ascoltare musica la trova sempre e comunque.

Se pensate d’essere in grado di garantire ragionevolmente quanto richiesto, fatevi avanti, anche se non avete mai fatto alcuna esperienza del genere in passato; nel ricordarvi che tutti coloro che operano nella nostra webzine non ci guadagnano un centesimo e che la vera ricompensa è quella di intraprendere un hobby che consente di interagire direttamente con musicisti, etichette discografiche ed agenzie di promozione, vi invitiamo a scrivere all’ indirizzo

info@iyezine.com

Successivamente verrete contattati da chi si occupa della pianificazione e della pubblicazione dei contenuti, per entrare maggiormente nei dettagli della collaborazione.

Fatevi un regalo, provate a trasformare la vostra passione per la musica in qualcosa di ancora più stimolante …

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Regno Unito: Liz Truss, il Primo Ministro camaleonte


La politica estera del regno? Camaleontica, improvvisata e intransigente, su posizioni ideologiche tutt'altro che immuni da inversioni a U

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Perché la Corte europea dei diritti dell’uomo rimane la chiave della giustizia per l’Ucraina


È probabile che l’ultima richiesta dell’Ucraina alla Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) di ordinare alla Russia di rispettare i propri obblighi in materia di diritti umani andrà allo stesso modo dei precedenti ricorsi, vale a dire il rifiuto di conformarsi. Questa è stata la risposta coerente della Russia durante gli ultimi otto anni di [...]

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Liz Truss si insedia a Downing Street e promette: “Usciremo dalla tempesta”. Ma tra inflazione, recessione e sondaggi in calo, il suo mandato è tutto in salita.


(Not) too big to pay Nuove misure di emergenza contro il caro energia. Questo quanto oggi presentato da Ursula von der Leyen agli ambasciatori Ue per trovare una prima quadra in vista del Consiglio dei ministri dell'Energia Ue di questo venerdì.


A political earthquake struck Angola on 24 August through the ballot box. The incumbent party of government – the MPLA – saw its share of the vote decline from 61 percent to 51.17 percent: a dramatic decline of 9.9 percent.


Energici


In Russia i giornali li chiudono e i giornalisti li arrestano. Ivan Safronov lo hanno condannato a 22 anni di carcere in un processo a porte chiuse di cui, quindi, non si sa niente. Noi stessi neanche lo sapremmo se la notizia non fosse stata diffusa da N

In Russia i giornali li chiudono e i giornalisti li arrestano. Ivan Safronov lo hanno condannato a 22 anni di carcere in un processo a porte chiuse di cui, quindi, non si sa niente. Noi stessi neanche lo sapremmo se la notizia non fosse stata diffusa da Novaya Gazeta Europa, ovvero il sito europeo del quotidiano fatto chiudere da Mosca.

Eppure un problema di opinione pubblica esiste perché, checché ne dicano certi (che avrebbero fatto ridere anche il Peppone di Guareschi), nessuno ama fare la fame o vedersi ammazzati i figli.

Che è poi la ragione per cui i russi non rimediano alla carenza di soldati chiamando all’obbligatorietà del servizio militare. Ma, secondo tradizione, dall’impero zarista a quello comunista, all’opinione pubblica interna forniscono due medicine: l’esaltazione nazionalista e la repressione.

In Russia, però, tengono molto alla nostra opinione pubblica, investendovi denari e usando i propri servitori, che generosamente furono chiamati “utili idioti”. Certo che la guerra è una brutta cosa e certo che la carenza di gas e i suoi prezzi elevati comportano dolori profondi e disagi sociali su cui speculare.

E certo che nel nostro mondo non solo si vive liberi, ma anche comodamente. Certo che ci teniamo, alle comodità. Giustamente. Ma sono figlie della libertà, non loro nemiche. Perché mai la Russia non ha mai avuto il nostro sviluppo? Come mai un Paese da 140 milioni di abitanti ha un prodotto interno lordo inferiore al nostro, che di abitanti ne abbiamo meno di 60 milioni? Perché senza la libertà non c’è iniziativa e senza iniziativa non c’è ricchezza. Requisita da gerarchi e oligarchi, ladri e arricchiti.

Sono queste le ragioni per cui in Russia lanciano appelli al tenore di vita degli europei, infinitamente più alto di quello dei russi. Non sono i poveri che si preoccupano dei ricchi, ma il nemico che ritiene la libertà sia una debolezza, sperando di sfruttarla. A Mosca sono convinti che crolleremo prima noi, perché le bollette alte faranno esplodere le piazze. Noi siamo certi che crolleranno loro, anche perché i ladri sono rimasti senza bottino.

Ciò non toglie che dobbiamo rimediare ai guasti interni al nostro mondo, difatti sono già stati mobilitati tanti soldi, altri lo saranno, con altre importanti contromisure. Siccome, però, fra i putiniani ve ne sono molti che invocano uno “scudo europeo”, sarà bene essere chiari. La proposta italiana, risalente al marzo scorso, del tetto al prezzo del gas russo, ha come fondamento l’uso del potere dell’acquirente.

C’è quello del venditore, ma se compri molto anche dall’altra parte c’è del potere. Immaginare un acquirente europeo unico, come si è fatto e ha funzionato benissimo con i vaccini, ha lo stesso fondamento: assieme pesiamo molto di più ed evitiamo di farci concorrenza fra noi.

Questo, però, comporta due cose:

  • si introducono regole che limitano il libero mercato;
  • si trasferiscono potere e sovranità a livello europeo.

Entrambe le cose comportano l’accettazione di vincoli: una politica solidale e di reciproco soccorso e il sottostare alle regole che l’acquirente unico si darà (o al prezzo massimo stabilito). Chi chiede queste cose, quindi, sta chiedendo più vincoli europei, in cambio di più forza per negoziare e resistere. Scelta razionale.

Ma anche l’opposto di volere togliere potere ai “burocrati di Bruxelles” (molti, ma molti meno dei soli italiani), o di anteporre i propri interessi a quelli degli altri. Chiedere lo scudo europeo e, al contempo, reclamare la violazione dei vincoli economici, poi, non è neanche un’incoerenza, è un imbroglio.

Noi amanti della libertà plaudiamo a queste iniziative, pur non dimenticandoci che il mercato deve essere regolato, non ingabbiato. Gli amanti di Putin, invece, devono essere riconosciuti come alfieri dei risultati cui porta quell’amore: miseria e repressione. Basterà averlo chiaro e non saranno certo le nostre affluenti opinioni pubbliche a volere nulla di simile. Semmai ci scopriremo più energici nell’avversarlo.

La Ragione

L'articolo Energici proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Elezioni politiche 2022: il Centro senza né capo né coda


Tutto quello che ho per difendermi è l’alfabeto; è quanto mi hanno dato al posto di un fucile (Philip Roth) Il fumoso Centro dove c’entro anch’io, no tu no, appetito, arringato, spartito, evocato fonte più che di eterna giovinezza di poltrone o sgabelli porta con sé un alone magico, un’enfasi sul pensiero primigenio del mondo, [...]

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La presa di Pechino sulla Malesia e sulla regione è inevitabile?


La vera essenza dell’indipendenza della Malesia, recentemente celebrata nel suo 65° anniversario, si è persa nell’onda dell’ignoranza, radicata nella morsa della Cina? Per più di sei decenni, il progresso della Malesia è stato sia l’invidia di molti che una forza esaurita per alcuni. Una piena autonomia per dettare la sua politica estera nel garantire i [...]

L'articolo La presa di Pechino sulla Malesia e sulla regione è inevitabile? proviene da L'Indro.



🇮🇹 #ItaliaDomani si fa insieme!
Al via la nuova campagna istituzionale sul #PNRR di Palazzo Chigi.

Costruiamo, con l’Europa, un Paese innovativo e sostenibile a partire anche dalla scuola.

Scoprite come su
▶ www.italiadomani.gov.



La strategia USA dopo sei mesi di guerra ucraina


Sette eminenti pensatori traggono le lezioni che la strategia americana avrebbe dovuto apprendere in 6 mesi di guerra in Ucraina

L'articolo La strategia USA dopo sei mesi di guerra ucraina proviene da L'Indro.





L’Europa può vincere la guerra del gas di Putin, ma deve imparare le lezioni di Nord Stream


I gasdotti Nord Stream 1 e 2 di Vladimir Putin sono morti e sepolti o ‘tot und begraben’ come dice il proverbio tedesco, ma la debacle del Nord Stream non deve essere dimenticata. Con la Russia che ora abbandona tutte le pretese e dichiara apertamente che non rinnoverà le forniture di gas all’UE fino a [...]

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Quattro punti per una vera riforma del carcere


Il Ministro della Giustizia Marta Cartabia si conferma persona che presto rimpiangeremo, a prescindere da chi la sostituirà alla guida del Ministero della Giustizia. Interviene alla 46esima edizione del Forum Ambrosetti a Cernobbio, annuncia che il Governo, e lei in prima persona, si impegnano perché le riforme di sua competenza siano comunque approvate; e ricorda [...]

L'articolo Quattro punti per una vera riforma del carcere proviene da L'Indro.



Perché Vladimir Putin ha ancora un ampio sostegno in Russia


Durante le prime fasi della “operazione militare speciale” di Vladimir Putin in Ucraina, i media occidentali hanno ipotizzato che i suoi giorni come leader russo fossero contati. Mentre gli ucraini combattevano ferocemente contro le forze russe, molti commentatori hanno affermato che sanzioni occidentali senza precedenti avrebbero presto messo in ginocchio l’economia russa. Si presume che [...]

L'articolo Perché Vladimir Putin ha ancora un ampio sostegno in Russia proviene da L'Indro.




GRAN BRETAGNA. Ong per i diritti umani a nuova premier Truss: basta attacchi ai migranti


Due organizzazioni della società civile e un sindacato hanno presentato presso l'alta corte di Londra una denuncia contro una delle politiche più controverse del governo dell'ex premier: un accordo per il trasferimento forzato in Ruanda dei richiedenti as

della redazione con testi dell’agenzia DIRE

Pagine Esteri, 7 settembre 2021 – La nuova primo ministro Liz Truss “avrebbe la possibilità di lasciarsi alle spalle le politiche divisive che hanno segnato l’amministrazione del predecessore Boris Johnson”, e invece durante la sua campagna per la leadership conservatrice “ha scommesso ancora di più sulle politiche dell’ex premier crudeli verso i più vulnerabili, tra cui profughi e rifugiati”. Sonya Sceats, direttrice esecutiva dell’organizzazione britannica di difesa dei diritti delle vittime di tortura Freedom from Torture, commenta così all’agenzia Dire l’incarico come primo ministro di Truss, affidatole dal suo partito e sugellato quest’oggi dalla Regina Elisabetta nel Castello scozzese di Balmoral.

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Elizabeth Truss

La nuova premier, 46 anni, nativa di Oxford, ministra degli Esteri durante la passata amministrazione, è stata eletta alla guida del Partito conservatore, schieramento che governa il Paese, da circa 172mila elettori iscritti alla formazione dei “tories”. Le consultazioni si sono rese necessarie dopo le dimissioni di Johnson, che ha dovuto lasciare l’incarico dopo essere sopravvissuto a un voto di sfiducia, a fronte anche delle forti critiche ricevute per aver violato le limitazioni imposte dal suo governo durante la fase più acuta della pandemia di Covid-19 prendendo parte a una festa nella sede del governo nonché sua residenza, al 10 di Downing street.

Due organizzazioni della società civile e un sindacato hanno presentato presso l’alta corte di Londra una denuncia contro una delle politiche più controverse del governo dell’ex premier: un accordo per il trasferimento forzato in Ruanda dei richiedenti asilo che fanno ingresso irregolare in Gran Bretagna. L’intesa, firmata nella capitale Kigali lo scorso aprile dalla ormai ex ministra degli Interni Priti Patel – che si è dimessa ieri dopo la nomina di Truss alla guida dei conservatori – è stata annunciata in contemporanea da Johnson a Londra. Il primo volo verso il Paese africano sarebbe dovuto partire a giugno, ma è stato bloccato già sulla pista di decollo dopo un ricorso alla Corte europea dei diritti umani (Cedu) presentata da uno dei passeggeri. I giudici europei hanno stabilito che il piano del governo britannico non può essere applicato finché la giustizia britannica non avrà concluso tutti i procedimenti giudiziari che sono stati presentati contro tale misura.

E’ da qui quindi, dal versante dei diritti, soprattutto quelli a rischio, che Sceats guarda al nuovo esecutivo a guida Truss che verrà annunciato nelle prossime ore. “La nuova premier potrebbe abbandonare una serie di politiche di cui il popolo britannico è veramente stufo”, premette l’attivista, che però aggiunge: “Durante la sua campagna per farsi eleggere alla guida dei tories ha scommesso ancora più fortemente su politiche che attaccano i diritti umani come l’intesa con il Ruanda, siglata all’insegna del principio ‘soldi in cambio di persone’, e poi il National security bill e il British Bill of Rights”. Le bozze di questi due ultimi provvedimenti sono al momento entrambe in fase di esame da parte della Camera dei Lord, uno dei primi passaggi dell’iter necessario per diventare leggi, così come prevede l’ordinamento britannico. Le misure sono state duramente criticate da diverse organizzazioni, in quanto accusate, fra le altre cose, di assestare duri colpi alla libertà di espressione e dei diritti umani, oltre a fornire la possibilità a Londra di sottrarsi alle sentenze della Cedu.

Freedom from Torture, che fornisce assitenza psicosociale alle vittime di tortura che ottegono asilo nel Regno Unito, fornirà un documento con diverse testimonianze a sostengo della causa presentata ieri contro il piano di Londra e Kigali. Un rapporto della ong Medical Justice Uk ha individuato almeno 14 vittime di tortura che erano state destinate al trasferimento verso il Ruanda, un Paese che le organizzazioni non considerano sicuro per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani e le garanzie contro la tortura.

“Sappiamo che le misure su cui punterà Truss avranno un impatto enorme sulle comunità più vulnerabili della nostra società, logorando così quella rete di sicurezza dei diritti umani che ci rende tutti più sicuri”, constata Sceats.
L’attivista lancia quindi un appello alla politica ma ancora di più ai cittadini britannici: “In tempi di crisi economica senza precedenti, questo Paese ha bisogno di una leader sensibile e compassionevole, non di un’esponente di destra ancora più inutilmente muscolare. Sta al popolo della Gran Bretagna- scandisce ancora Sceats- chiedere al suo governo di rappresentare tutti, a prescindere dalla loro condizione economica o dalla loro provenienza”. Pagine Esteri

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Il Presidente Giuseppe Benedetto ospite a “Start” su Sky TG 24 il 7 settembre 2022


Il 7 settembre 2022, a partire dalle 10.30, il nostro Presidente Giuseppe Benedetto è stato ospite di Roberto Inciocchi a “Start” su Sky TG 24. L'articolo Il Presidente Giuseppe Benedetto ospite a “Start” su Sky TG 24 il 7 settembre 2022 proviene da Fond

Il 7 settembre 2022, a partire dalle 10.30, il nostro Presidente Giuseppe Benedetto è stato ospite di Roberto Inciocchi a “Start” su Sky TG 24.

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La musica calabrese protagonista del festival In Aspromonte a San Giorgio Morgeto il 7 e 8 settembre


Due giorni di concerti animeranno l'ultimo scorcio d'estate a San Giorgio Morgeto con il programma del festival In Aspromonte, che vuole fare emergere e rendere sempre più attrattivo il borgo calabrese, porta del Parco e legato ad una lunga storia di popo

Due giorni di concerti animeranno l’ultimo scorcio d’estate a San Giorgio Morgeto con il programma del festival In Aspromonte, che vuole fare emergere e rendere sempre più attrattivo il borgo calabrese, porta del Parco e legato ad una lunga storia di popoli, culture, arte e tradizioni.

Dopo una ricca stagione di eventi, con il cartellone di Estate Morgetia 2022 che ha riempito di presenze il centro storico sangiorgese, il 7 e 8 settembre la tradizione musicale calabrese sarà di scena sul palco allestito in Località Melia, per confermare l’attenzione dell’amministrazione comunale alla valorizzazione di una lunga storia di suoni e canti, che rappresentano il racconto della vita dei calabresi nel corso dei secoli.

Il 7 settembre sarà l’esplosiva vitalità musicale della tarantella di Ciccio Nucera a far scatenare il suo affezionato pubblico di fan con i balli tradizionali ed i suoni del tamburello e dell’organetto, che lo rendono un personaggio quasi unico nel suo genere. Un “one man show” travolgente e pieno di ritmo che, grazie alla potenza della musica, diventa anche occasione quotidiana di promozione e valorizzazione della cultura del territorio.

Una vita all’insegna della musica e della tradizione, rapito da questi suoni sin da piccolissimo nel suo paese di origine, Gallicianò, grazie ai tanti anziani che tramandavano le “passate” all’organetto e i canti tradizionali elevati a straordinari mezzi di espressione identitaria di una comunità, quella grecanica, che ancora oggi rappresenta un patrimonio da custodire e tramandare.

L’8 settembre sarà la volta del Quartetto Areasud, band protagonista di un percorso di ricerca che parte dalla musica calabrese per esplorare il mondo dei suoni mediterranei e contemporanei, partendo dalla creazione di un ponte con i suoni della vicina Sicilia. Il gruppo nasce dall’incontro tra il musicista e ricercatore calabrese Maurizio Cuzzocrea e alcuni tra i principali protagonisti della scena world ed etnica catanese, Mario Gulisano, Marco Carnemolla e Franco Barbanera. Insieme hanno costituito la base del progetto di world music “Musica lievemente tradizionale”, che è anche il titolo del recente cd della band.

Negli ultimi due anni, nonostante la pandemia, il Quartetto Areasud è stato protagonista di numerosi festival, in Italia e all’estero, tra cui Alkantara Fest, Appennino Festival e Zampognarea, in Italia, Babel Sound Festival in Ungheria e Etnosviets in Lettonia. Tra i progetti in programma nei prossimi mesi, l’esordio di due nuove produzioni dedicate al teatro, con l’attrice Preziosa Salatino, e ai canti di culla in Italia, in collaborazione con il gruppo musicale Enerbia, tra i principali interpreti della musica tradizionale del territorio delle Quattro Province.

“In Aspromonte” è realizzato dall’amministrazione comunale di San Giorgio Morgeto con il patrocinio e il contributo della Regione Calabria, sotto il marchio di Calabria Straordinaria e con la collaborazione delle associazioni Darshan, AreaSud e di Euracus srl Impresa sociale.

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Scuola e legalità, le regole della consapevolezza


La scuola è una stagione della vita. Sta all’inizio di ogni giovinezza ed età adulta. Non è da dimenticare e nessuno la dimentica. Nel bene e nel male la porta con sé fino all’ultimo dei suoi giorni. Guardarla come un male o un bene stagionale è poca cosa

Anche se le attività didattiche inizieranno il 14, già da qualche giorno la scuola ha avviato il suo cammino, e per gli insegnanti è tempo di programmazione.

Certamente troverà spazio nel corso dell’anno l’attenzione al tema della legalità in tutte le sue declinazioni. Obiettivo primario è l’educazione alla legalità, inteso come esercizio possibile e praticabile dalla scuola stessa mentre trascorre i suoi giorni tra i banchi.

La domanda che qui vorremmo porci è la seguente: quale e quanta considerazione ha la scuola di quella buona dose di legalità di cui è intrisa la sua vita? La tiene costantemente sotto la sua lente? Vive un processo di maturazione perché insegnanti e alunni la rendano sempre più trasparente? Sono segnati con matita blu gli errori perché di essi si possa far tesoro e superarli?

Per intenderci dobbiamo ricorrere a degli esempi concreti. Li attingiamo da quei racconti che sono la delizia dell’estate nei conversari degli ex compagni di classe quando in pizzeria si ritrovano per le emozionanti rimpatriate. Che cosa raccontano, sia pure con buona dose di esagerazione?

Che nella nostra classe c’era Giorgio che puntualmente apponeva la firma di suo papà sul foglietto delle giustificazioni delle assenze e che al termine degli studi il genitore si era complimentato con lui per averne fatte solo alcune, solo quelle per le malattie stagionali. Gli insegnanti, al mattino, non riuscivano a verificare di volta in volta neanche la somiglianza tra la firma originale di suo padre e quella che si trovavano sotto gli occhi e pertanto con questa furbata ci ha campato per almeno tre anni.

Giorgio, a scuola, faceva la manovra più semplice per aggirare l’ostacolo. Noi diremmo: faceva una birichinata. Siamo sicuri? O forse Giorgio imparava un mestieraccio e, dalla scuola e dalla famiglia, non si è mai sentito dire che il suo, nel suo piccolo, era un falso in atto pubblico? L’avrebbe dovuto scoprire a scuola e invece l’ha appreso solo in seguito, come quando e in che circostanze non sappiamo.

Michele racconta di aver quasi sempre copiato la versione di latino da un compagno o da un libro. Gli ha detto qualcuno che copiare non è il verbo esatto e bisogna cercarne un altro sul vocabolario? A scuola è copiare, una cosa che non si fa. Che con si fa o che non si può neanche fare perché è persino reato? Michele, quando l’ha scoperto?

L’insegnante faceva usare un manuale – vecchio, diceva, ma ottimo – e indicava anche la rivendita dove acquistarlo. Disgustare l’insegnante era difficoltoso per mille motivazioni. Gliel’ha detto mai qualcuno che esercitava un potere fuori di ogni regola decente e che si trattava di un abuso?

Fernando arriva a scuola con tutti i compiti in perfetta regola anche quando la maggior parte dei compagni non riusciva a portarli a termine. Ha mai detto che ricorreva sistematicamente all’aiuto di persone amiche e pertanto falsava la sincera denuncia dei suoi compagni di non esservi riusciti?

Per non dire poi di voti regalati, di raccomandazioni di ferro, di diplomi esistenti solo sulla carta che a giudizio degli stessi compagni di classe costituivano dei veri e propri falsi storici.

Qualcuno bada a queste cose? Oppure si lasciano correre come se nulla fosse o costituiscano solo materiale dell’infanzia che fa ragione a sé, spingendo i ragazzi in un limbo di perenne adolescenza come se l’età adulta stesse lì ad attendere sine die?

Questa mappa non è completa e né voleva esserlo perché l’esistente scolastico è ricco e plurale. E’ certo, però, che un variegato mondo è quello scolastico. Verrebbe voglia di classificarlo – e spesso si fa – come un mondo di ragazzi che si esprime e si chiude in un’età spensierata e pronta a chiudere questa parentesi della vita per poi passare in quella adulta e inventare un’età nuova.

Forse in questa considerazione c’è un abbaglio e anche un torto. La scuola è una stagione della vita. Sta all’inizio di ogni giovinezza ed età adulta. Non è da dimenticare e nessuno la dimentica. Nel bene e nel male la porta con sé fino all’ultimo dei suoi giorni. Guardarla come un male o un bene stagionale è poca cosa. Merita altro.

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Alta tensione tra Ankara e Atene. Dalla Turchia accuse agli Usa


Aumenta la tensione tra Grecia e Turchia, Erdogan minacce rappresaglie militari contro Atene. In Turchia politica e stampa accusano Washington di aizzare Atene L'articolo Alta tensione tra Ankara e Atene. Dalla Turchia accuse agli Usa proviene da Pagine

di Marco Santopadre*

Pagine Esteri, 7 settembre 2022 – Non accenna a diminuire la tensione tra Turchia e Grecia, che negli ultimi mesi si sono rese protagoniste di una serie di atti reciprocamente ostili, di schermaglie e provocazioni.

Ai motivi storici della contrapposizione si sono sommati più recentemente i contrasti generati dalla disputa per il controllo dei giacimenti di gas del Mediterraneo orientale, che si sovrappongono al contenzioso generato dell’occupazione turca della parte orientale di Cipro nel 1974.

Erdogan minaccia: “La Grecia pagherà un prezzo alto”

Il 6 settembre il presidente turco Recep Tayyip Erdogan è tornato a minacciare Atene, ricordando che Ankara prosegue con determinazione il contrasto, anche in sede Nato, nei confronti del tradizionale nemico, che pure è membro dell’Alleanza Atlantica.
Intervenendo all’aeroporto di Esenboga prima della partenza del suo tour nei Balcani che lo porterà in Bosnia-Erzegovina, Serbia e Croazia, Erdogan ha minacciato apertamente la Grecia, prefigurando l’eventualità di una repentina azione militare: «Il nostro ministero della Difesa prosegue i colloqui con il segretario generale della Nato e altri rappresentanti. Credo che le affermazioni che ho fatto nei discorsi e la scorsa settimana abbiano avuto un certo riflesso (…) Altrimenti, come dico sempre, e qui lo ripeto, possiamo arrivare all’improvviso in una notte».
La Grecia pagherà un prezzo alto se violerà nuovamente lo spazio aereo turco e continuerà a “infastidire” i caccia turchi nel Mar Egeo, ha poi detto “il sultano”. Un concetto, questo, ribadito dal Ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu.
Nei giorni scorsi Ankara ha denunciato che il 23 agosto alcuni dei suoi caccia F-16, che erano in missione sul Mar Egeo insieme a dei velivoli statunitensi, sono stati agganciati dal sistema di difesa S-300 in dotazione alle forze armate elleniche e dispiegato nell’isola di Creta. La Turchia ha deciso di denunciare l’episodio anche in sede Nato, e il presidente Erdogan ha più volte promesso ritorsioni contro la Grecia, ricordando l’esito – favorevole ad Ankara – di alcuni scontri bellici del passato, come la conquista della città di Smirne nel 1922 quando centinaia di migliaia di abitanti greci della costa turca dovettero riparare ad Atene e Salonicco. Proprio il 30 agosto scorso la Turchia ha celebrato in pompa magna il “Giorno della Vittoria”, in occasione del centesimo anniversario della vittoria sulla Grecia.
«Quando arriverà il momento faremo ciò che è necessario» ha tuonato il “sultano” intervenendo alla fiera dell’aeronautica Teknofest che si è tenuto nello scalo di Samsun, sul Mar Nero – durante la quale è stato presentato il prototipo di un nuovo drone da combattimento turco – promettendo che, se la Grecia non smetterà di militarizzare le isole dell’Egeo, Ankara potrebbe mettere in discussione la sovranità ellenica su quei territori, concessi ad Atene sulla base dei trattati di Losanna del 1923 e di Parigi del 1947 a condizione però che la Grecia non realizzasse installazioni militari permanenti a Lesbo, Chios, Samos e Icaria, oltre che nell’arcipelago del Dodecaneso.

Proprio nel luglio scorso il leader dei nazionalisti turchi di estrema destra Devlet Bahçeli, alleato di Erdogan, aveva mostrato una mappa della Turchia che includeva tutte le isole considerate irredente attualmente sotto il controllo ellenico.

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Il leader ultranazionalista turco Devlet Bahçeli mostra una mappa turca che include isole greche

L’Ue sostiene Atene

Da parte sua il ministro degli Esteri greco, Nikos Dendias, ha annunciato che invierà delle missive a tutti i membri del Consiglio di Sicurezza dell’Onu e al segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres e a quello della Nato Jens Stoltenberg per denunciare le dichiarazioni «senza precedenti» delle autorità turche. Il 3 settembre scorso il capo della diplomazia ellenica aveva già investito della vicenda i partner europei, l’Alto rappresentante dell’Ue per la politica estera e di sicurezza Josep Borrell e l’esecutivo degli Stati Uniti. Dendias, in alcune dichiarazioni rese alla stampa, ha poi ringraziato il suo omologo Jan Lipavský, della Repubblica Ceca, per la rapida risposta del paese attualmente presidente di turno del Consiglio dell’Ue, che ha definito le dichiarazioni turche “inaccettabili” ed “estremamente inutili”.
Anche il portavoce della Commissione Europea, Peter Stano, in una nota ha affermato che le continue dichiarazioni ostili della leadership turca contro la Grecia «sollevano serie preoccupazioni e contraddicono pienamente i tanto necessari sforzi volti alla riduzione dell’escalation nel Mediterraneo orientale richiesti nelle conclusioni del Consiglio Europeo del marzo e del giugno del 2021 e del giugno 2022». Per Stano «le minacce e la retorica aggressiva sono inaccettabili e occorre porvi fine», promuovendo la comprensione reciproca e lo sviluppo di relazioni di buon vicinato. «L’Ue si aspetta che la Turchia si adoperi seriamente per allentare le tensioni in modo sostenibile nell’interesse della stabilità regionale nel Mediterraneo orientale e rispetti pienamente la sovranità e l’integrità territoriale di tutti gli Stati membri dell’Ue» ha concluso il portavoce dell’UE.

La mossa di Mitsotakis

Le autorità greche hanno affermato che non seguiranno la Turchia nella sua «oltraggiosa sfilza quotidiana» di minacce. Ma in realtà è stata una mossa dei Atene a far di nuovo precipitare i rapporti tra i due paesi che nei primi mesi del 2022 sembravano avviati verso una relativa distensione, anche se i toni nuovamente minacciosi delle dichiarazioni di Erdogan sono sicuramente da inquadrare anche nella necessità di trovare argomenti che facciano presa sull’opinione pubblica in vista delle cruciali elezioni presidenziali del giugno 2023.
Il 13 marzo, infatti, Erdogan e il premier ellenico Kyryakos Mitsotakis si erano incontrati a Istanbul. Il vertice era stato giudicato dagli osservatori come un segnale di distensione dopo la riduzione, da parte della Turchia, delle attività militari e delle missioni di ricerca di idrocarburi nelle acque contese del Mediterraneo orientale.
A rompere il presunto idillio, però, ci ha pensato a maggio la visita di Mitsotakis a Washington, nel corso della quale il primo ministro ellenico ha chiesto alla Casa Bianca e al Congresso di non consegnare i suoi caccia F-16 alla Turchia – e di rimanere ferma nello stop alla consegna di alcuni F-35, bloccati dopo la vendita del sistema antimissile russo S-400 ad Ankara – in nome del fatto che «la Nato non ha bisogno di un’altra fonte di instabilità sul fianco sud-orientale». Atene punta esplicitamente ad indebolire le capacità dell’aviazione militare turca e al tempo di stesso di potenziare la propria, dopo aver ottenuto da Parigi la vendita di un certo numero di caccia Rafale e la firma di un trattato che impegna la Francia a sostenere la Grecia in caso di attacco da parte di un altro paese. Su un altro fronte il governo greco ha aumentato la propria collaborazione militare tanto con Israele quanto con le petromonarchie sempre in funzione antiturca.

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Il premier greco interviene al Congresso di Washington

La reazione turca

La reazione turca è stata dura e immediata, con Erdogan che ha sospeso il dialogo intavolato con Atene e ha annullato la riunione, prevista a luglio, del “Consiglio di Cooperazione di alto livello” tra i due paesi, la cui ultima sessione si era tenuta nel 2016.
Da quel momento tanto il governo turco quanto i media anatolici hanno accentuato i toni nazionalistici ed anti-ellenici, accusando tra l’altro Washington di intromettersi negli affari regionali a fianco di Atene. La decisione statunitense di ridurre il proprio schieramento militare in Turchia e di aumentare il numero dei soldati e delle basi in territorio ellenico ha già suscitato preoccupazione e sdegno ad Ankara.
Ad esempio Hasan Basri Yalcin, sul quotidiano filo-governativo Sabah, accusava nei giorni scorsi gli Stati Uniti di incitare la Grecia a provocare Ankara pur non perseguendo un conflitto aperto tra i due paesi che costituirebbe un pericoloso elemento di rottura proprio in un momento in cui lo scontro con la Russia richiede un fronte comune all’interno della Nato.
Anche Mehmet Ali Guller, sul quotidiano dell’opposizione laica e nazionalista Cumhuriyet, ha analizzato il ruolo di Washington: «La strategia degli USA mira a una nuova cortina di ferro che si estenda dall’Artico al Mediterraneo orientale. Per questo vogliono che Svezia e Finlandia diventino membri della NATO e perseguono il loro potenziamento militare in Grecia. Atene vuole usare questo a proprio vantaggio (…). Gli Stati Uniti sono favorevoli a una tensione permanente tra Ankara e Atene, utilizzandola per incoraggiare il filo-americanismo in entrambi i paesi».
Da parte sua Rahmi Turan, sul quotidiano di opposizione nazionalista Sozcu, ha accusato il Partito Giustizia e Sviluppo (Akp) al potere di aver colpevolmente ignorato, fin qui, le ripetute violazioni della sovranità turca. «Durante i 20 anni di governo dell’Akp, la Grecia ha invaso clamorosamente 18 isole turche e un isolotto, piantando bandiere, costruendo chiese e nominando sacerdoti. (…) Cosa ha fatto il nostro governo? Niente!» ha scritto Turan. Pagine Esteri

2481638* Marco Santopadre, giornalista, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e del Nord Africa. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale.

LINK E APPROFONDIMENTI:

reuters.com/world/europe/erdog…

limesonline.com/turchia-grecia…

reuters.com/world/europe/eu-vo…

aljazeera.com/features/2022/6/…

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