Gli Stati Uniti ampliano la presenza militare nelle Filippine
Il 2 febbraio 2023 è stat diffusa la notizia di un incontro tra i segretari alla Difesa statunitensi e filippini che consentiva l’uso statunitense delle basi militari filippine, suggerendo che il numero totale di basi da mettere a disposizione delle forze statunitensi è salito a nove. L’annuncio sembra segnare un modesto cambiamento rispetto alla precedente posizione […]
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Grande competizione di potere in Siberia
L’altro lato della guerra in Ucraina è la continuazione della battaglia tra Russia e Stati Uniti per mantenere o catturare la Siberia. Washington è consapevole del fatto che la Siberia e le sue risorse possono garantire la leadership degli Stati Uniti nel mondo per i prossimi cento anni. La Russia sta anche cercando di garantire […]
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Quali sono le speranze del Cremlino per la sua guerra contro l’Ucraina?
Nel dodicesimo mese della guerra della Russia contro l’Ucraina, gli analisti vicini al Cremlino lanciano sempre più l’allarme che il popolo russo dovrebbe prepararsi per un conflitto a lungo termine. Allo stesso tempo, in passato, tali dichiarazioni erano sempre accompagnate da narrazioni propagandistiche sugli Stati Uniti che trascinavano la Russia in una guerra di lunga […]
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Regionalismo scombiccherato
Da giorni si sta parlando del nulla. Ci si accapiglia scompostamente sul 41 bis dell’ordinamento penitenziario avendo l’unanimità nel mantenerlo e zero proposte su come modificarlo per renderlo civile. Sotto lo schiumare delle polemiche restano le faccende di sostanza, come la quella del regionalismo differenziato, che così come è stato concepito non funzionerà mai.
Importante la voce di un costituzionalista che citiamo non perché la sua firma ha onorato La Ragione, ma perché è stato capo di gabinetto in questo governo, proprio sul fronte delle riforme istituzionali. Tutto si può dire di Alfonso Celotto, ma non che sia pregiudizialmente ostile al governo. Dice Celotto: <<Il rischio maggiore è la confusione. Serve un chiarimento su chi ha la competenza nei diversi settori. E questa riforma non chiarisce affatto. Andiamo verso il federalismo? Allora c’è bisogno di un intervento sulla Costituzione. In caso contrario, rischiamo di incappare in una serie di conflitti fra Stato e Regioni. In pratica, di complicare ancor più la situazione a livello burocratico>>.
Quel che sottolinea è logicamente e giuridicamente insuperabile e solo a causa di una politica fatta di slogan e inutili contrapposizioni non è politicamente centrale. In materia di regionalismo non ci sono schieramenti esenti da colpe, il che dovrebbe indurre a creare un dialogo istituzionale per uscire dal pasticcio combinato dalla sinistra nel 2001. Invece è ripartita una corsa fra estremismi. ScassaStato.
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Lo Scisma della Chiesa Ortodossa Etiope Tewahedo – EOTC in Oromia
Contesto
Giovedì 26 gennaio 2023 il Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa Etiope (EOTC) ha scomunicato tre arcivescovi separatisti e 25 episcopati nominati accusandoli di essere coinvolti in “unzioni illegali” all’insaputa della chiesa.
Sabato 28 gennaio, i tre arcivescovi e il 25 episcopato hanno scomunicato 12 arcivescovi dei membri del Santo Sinodo EOTC come contromisura, seguiti dall’invio nel fine settimana dei vescovi alle loro diocesi assegnate.
L’evento che ha portato a quella che ora è potenzialmente diventata una scissione dell’EOTC è avvenuto presso la Haro Beale Wold Church nella città di Woliso, nella zona sud-occidentale della Shoa nello stato regionale di Oromia, il 22 gennaio, dove Sua Santità Abune Sawiros (PhD), L’arcivescovo della diocesi di South West Shoa, insieme ad altri due arcivescovi, ha nominato 26 vescovi: 17 vescovi per le diocesi situate nella regione dell’Oromia e 9 vescovi per le diocesi al di fuori dell’Oromia senza il coinvolgimento del Santo Sinodo, creando un diffuso shock e rabbia tra molti di seguaci della chiesa.
Sua Santità Abune Sawiros ha spiegato che la decisione di nominare il 26° episcopato è stata presa per risolvere problemi di lunga data all’interno della chiesa per non aver servito i credenti nelle loro lingue native e distaccati dalla loro cultura, il che ha provocato la perdita di milioni di credenti negli ultimi anni, in particolare in Oromia e nella regione meridionale.
Tuttavia, la nomina è stata definita “illegale” da Sua Santità Abune Mathias I, Patriarca della Chiesa ortodossa etiope Tewahedo (EOTC) che ha convocato una riunione di emergenza per affrontare l’evento che ha definito “un grande evento che ha preso di mira la Chiesa”
Lo scisma ha provocato vittime a Shashemene, Oromia
Tre persone sono state uccise sabato 4 febbraio 2023 in attacchi contro una chiesa nel sud dell’Etiopia, secondo quanto riferito da un media religioso. Le uccisioni sono avvenute per mano delle forze dell’ordine regionali su alcuni civili chiamati a raccolta dal suono delle campane a Shashemene.
Le violenze sono scoppiate sullo sfondo delle tensioni nell’antica chiesa ortodossa etiope Tewahedo dopo che i vescovi ribelli hanno creato il proprio sinodo in Oromia, la regione più popolosa dell’Etiopia.
Abune Henok, arcivescovo della diocesi di Addis Abeba, ha descritto gli incidenti nella città oromo di Shashamene come “vergognosi e strazianti”, secondo il Tewahedo Media Center (TMC), affiliato alla Chiesa.
Il TMC ha dichiarato che 2 giovani cristiani ortodossi sono stati uccisi e altre 4 persone ferite, quando le forze speciali di Oromia hanno attaccato la chiesa di Shashamene, che si trova a circa 250 chilometri a sud di Addis Abeba.
Successivamente ha detto che c’era stato un fuoco di cecchino sulla chiesa dai grattacieli vicini che aveva ucciso 1 donna e ferito altri civili.
Sempre secondo TMC, Abune Henok ha invitato le autorità di Oromia, la più grande regione dell’Etiopia, a fermare la “persecuzione” dei cristiani ortodossi, secondo il TMC.
Una dichiarazione rilasciata dal Santo Sinodo ha successivamente esortato il clero e i fedeli a vestirsi di nero in segno di protesta e ha chiesto manifestazioni pacifiche nelle chiese in patria e all’estero il 12 febbraio.
Lo scisma, dichiarazioni ed appelli
La Chiesa ortodossa etiopica, una delle più antiche del mondo e che rappresenta circa il 40 per cento dei 115 milioni di abitanti del Paese, è sotto attacco e minacciata dopo il scisma del clero ribelle il mese scorso.
I leader ortodossi si sono lamentati a lungo della persecuzione religiosa, compreso l’incendio di chiese diversi anni fa, e le relazioni con il governo sono state tese in passato, anche a causa del conflitto nel Tigray.
Venerdì il Consiglio ecumenico delle chiese ha rilasciato una dichiarazione esprimendo “profonda preoccupazione” per gli sviluppi nell’istituzione etiope.
“Chiediamo a tutti i leader politici in Etiopia di sostenere la Chiesa ortodossa etiope Tewahedo nei suoi sforzi per raggiungere l’unità e la pace tra i suoi membri”, ha detto il segretario generale del World Council of Churches (WCC) Jerry Pillay.
La Chiesa, guidata da un decennio dal patriarca Abune Mathias, che ha dichiarato illegale il sinodo scissionista e ha scomunicato i vescovi coinvolti, ha anche accusato il governo del primo ministro Abiy Ahmed di interferire nei suoi affari e di aver fatto commenti che hanno effettivamente riconosciuto il “gruppo illegittimo”.
Lo scisma politicizzato della EOTC e la posizione del Premier etiope Abiy Ahmed Ali
Addis Standard // Rivolgendosi ai membri del gabinetto convocati per una valutazione semestrale delle prestazioni dei ministeri del governo, il primo ministro Abiy Ahmed ha rotto il silenzio con un’osservazione sulla controversia in corso all’interno della Chiesa ortodossa etiope Tewahedo (EOTC) e ha invitato i leader del Chiesa per risolvere le loro divergenze attraverso il dialogo e la discussione. Ha anche difeso l’esperienza del suo governo nell’aiutare la Chiesa di fronte alle crescenti critiche, anche da parte del partito Ezema (Ethiopian Citizens for Social Justice), sui ruoli svolti dal partito al governo per dividere la chiesa aiutando gli arcivescovi separatisti.
NOTA: “Il partito EZEMA (Ethiopian Citizens for Social Justice) si è da sempre contraddistinto per una marcata opposizione al principio della cittadinanza etnica.” Luca Puddu
L’osservazione del primo ministro è arrivata tra le crescenti critiche secondo cui il suo governo si sta schierando con gli arcivescovi separatisti e le forze di sicurezza stanno detenendo e facendo pressioni sui leader religiosi che sono contrari agli arcivescovi separatisti.
In un video pubblicato martedì 1 febbraio 2023 sulla sua pagina Facebook, il primo ministro Abiy ha affermato che le istituzioni religiose dovrebbero ripulirsi da “politica, furti e razzismo”, che secondo lui sono contrari ai principi e ai valori dei religiosi. Ma la tendenza è stata più volte testimoniata nel caso etiope, ha detto, lasciando una scia di “rottura della storia, ostacolo allo sviluppo e danno alla convivenza sociale”.
Il primo ministro Abiy ha paragonato il suo governo a quelli del passato, nello specifico il Derg, che ha detto di aver “ucciso”, e l’EPRDF, che ha detto di aver “espulso” con una lettera, i rispettivi Patriarchi della Chiesa.
Il premier etiope ha accreditato il suo governo in carica guidato dal Partito della Prosperità come uno che ha sostenuto la Chiesa a differenza dei regimi precedenti menzionando il coinvolgimento del governo nel portare il defunto Abune Merkorios, il 4° Patriarca della Chiesa, dopo 27 anni di esilio. Il Patriarca è stato deposto durante i primi giorni del governo EPRDF (coalizione con a capo il TPLF – Tigray People’s Liberation Front) in quella che è ampiamente ritenuta dai fedeli una decisione politicamente motivata, che ha portato all’esilio del defunto Abune Merkorios che aveva istituito un Sinodo separato negli Stati Uniti, dividendo di fatto la Chiesa fino a quando il Sinodo in esilio non si è riunito dopo che il defunto Abune Merkorios e i suoi membri del Sinodo sono arrivati ad Addis Abeba il 1° agosto 2018.
Nella sua osservazione il Primo Ministro ha riconosciuto al suo governo di aver compiuto. “Quello che abbiamo fatto è stato cercare di riconciliare e unire i due”, ha detto, aggiungendo che questa è stata una delle “differenze fondamentali” del suo governo con i governi del passato. “Questa non è una questione ordinaria.”
Confutando ulteriormente le crescenti affermazioni secondo cui il suo governo stava svolgendo un ruolo nell’attuale controversia tra i due gruppi della chiesa, ha continuato a calcolare il numero di edifici e le dimensioni del terreno che il suo governo ha messo a disposizione della Chiesa; ha detto che il suo governo ha facilitato la restituzione alla Chiesa di due edifici confiscati dai regimi precedenti, e ha “concesso” solo negli ultimi quattro anni la dimensione di 1.045.000 metri quadrati di terreno nella capitale Addis Abeba, “tre volte di più ” di quanto il suo governo abbia “concesso” ad altre importanti istituzioni religiose tra cui denominatori islamici, cattolici ed evangelici messi insieme, che secondo lui erano circa 350.000 metri quadrati di terra.
Pur difendendo il suo governo dalle accuse, il primo ministro Abiy ha anche ammesso che il governo ha inviato mediatori per consigliare ai leader dell’EOTC di discutere e risolvere con calma le questioni, che ha detto essere state respinte.
Il Premier ha riflettuto sulle denunce che hanno avanzato gli arcivescovi separatisti in fatto di discriminazione di lunga data sulle nomine dei vescovi e sui problemi relativi all’ottenimento di servizi religiosi nella propria lingua come cause principali dei disaccordi in corso: il PM ha affermato che il suo governo non può fermare le richieste della gente da ottenere risposta.
“Potrebbe non essere possibile nominare cento vescovi dall’oggi al domani per l’Oromia, ma in un periodo più lungo, e ascoltando le richieste della gente, è possibile risolvere la questione, in modo che tali questioni di lingua, razza, politica ecc. non possano distruggere un grande istituzione come questa”
Ha aggiunto:
“È possibile risolverlo senza sopprimere il diritto e la richiesta delle persone di usare la propria lingua”
Il primo ministro Abiy ha anche rimarcato la decisione presa lo scorso anno dai membri della Chiesa della regione del Tigray di prendere le distanze dal Santo Sinodo di Addis Abeba e istituire il Patriarcato della Chiesa ortodossa del Tigray per il silenzio di quest’ultimo sull’uccisione di sacerdoti e la distruzione di chiese nel Guerra del Tigray; ha detto che nessuno si era opposto alla decisione.
NOTA: i vescovi ortodossi uccisi in Tigray
Di seguito è riportato un elenco di sacerdoti e diaconi tigrini uccisi in Tigray durante la guerra genocida.
Si noti che il Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa di Tewahedo in Etiopia non ha rilasciato una sola dichiarazione su questi martiri fino ad oggi. Al contrario, oltre una dozzina di membri del Sinodo (nella foto allegata) hanno lavorato per minare gli sforzi degli USA per fermare la guerra, alcuni predicando apertamente per la sua continuazione.
Questo crimine rimarrà parte della dolorosa ferita sul corpo della popolazione del Tigray che ancora oggi lotta per riavere i servizi di base ed avere giustizia per le centinaia di migliaia di vittime causate dalla guerra genocida in più di 2 anni.
Le osservazioni del Primo Ministro, tuttavia, potrebbero non adattarsi bene al Santo Sinodo dopo che domenica 29 gennaio, Sua Santità Abune Mathias I, Patriarca della Chiesa ortodossa etiope di Tewahedo (EOTC), il Santo Sinodo principale ha esortato il governo e la popolazione in generale ad aiutare assicurando il rispetto del dogma e del canone della “storica Chiesa ortodossa etiope di Tewahedo”, e ha chiesto cautela e protezione da parte delle forze di sicurezza per evitare che “il sangue di cristiani innocenti” venga versato.
In quello che sembra essere l’esatto contrario, il primo ministro Abiy ha affermato che “non c’è nessun gruppo che sosteniamo o ci opponiamo, entrambi i gruppi sono ortodossi, ed entrambi hanno rivendicazioni e proprie verità”.
Il PM Abiy avvertito che le conseguenze possono essere disastrose per entrambi i gruppi e per il Paese in generale se non riescono a risolvere la questione con la discussione e con uno spirito calmo, aggiungendo che ci sono forze che vogliono intervenire e utilizzare l’agenda per i propri interessi. Ha anche avvertito i membri del suo gabinetto di non intervenire in alcun modo.
Il video della negazione dell’intervento del governo da parte del Primo Ministro è stato diffuso poche ore dopo che il partito Ethiopian Citizens for Social Justice (Ezema) ha rilasciato un comunicato in cui accusava il governo di ingerenza nella vicenda ed esprimeva “preoccupazione” per “misure che le forze di sicurezza stanno prendendo.”
“Sono stati rilevati diversi interventi del governo” ha detto il partito, senza rivelare la natura degli interventi, e ha invitato il governo ad astenersi dai suoi atti. Il partito ha anche chiesto al governo di prendere misure contro individui e gruppi con un’agenda politica che vogliono intervenire nelle questioni interne della chiesa.
Ucraini compatti nel rifiuto di qualsiasi compromesso con la Russia di Putin
L’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia supererà il limite di un anno nelle prossime settimane senza una fine in vista di quello che è già il più grande conflitto europeo dalla seconda guerra mondiale. Vladimir Putin inizialmente prevedeva una piccola guerra vittoriosa che avrebbe estinto l’indipendenza ucraina e costretto il Paese a […]
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Può un accordo ad interim rompere l’impasse nucleare iraniano?
Con tutti gli impegni diplomatici effettivamente interrotti dal settembre 2022, la crisi sul programma nucleare iraniano in corso è passata sullo sfondo della politica internazionale. Entrambe le parti sono caute nell’escalation della situazione, ma l’isolamento economico e politico dell’Iran sta mettendo a dura prova mentre il suo programma nucleare sta accumulando una scorta crescente di […]
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Concorrenza, i rischi della disunità europea
Tra Stati Uniti ed Europa è colossale la posta in gioco sull’IRA, l’Inflation Reduction Act americano in vigore dal 1° marzo, almeno quanto quella sulla guerra d’Ucraina. In ballo, le nuove fondamenta verdi e digitali dell’industria del futuro. Tra meno di un mese sarà operativo il piano Usa da 369miliardi di sovvenzioni, per finanziare la corsa all’industria verde senza esclusione di colpi, compreso il drenaggio di capitali Ue. L’Europa vuole scongiurare la guerra dei sussidi, la propria deindustrializzazione, un conflitto commerciale e procurare nuovo futuro e non lenta agonia alla sua industria. Logica avrebbe quindi voluto che la missione di oggi a Washington fosse stata di statura europea o che, in formato ridotto, includesse almeno l’Italia, con una produzione manifatturiera seconda nell’Ue solo a quella tedesca. Invece a discutere con gli Stati Uniti di interessi europei collettivi davvero vitali, è andato il tandem franco-tedesco, i ministri delle Finanze Bruno Le Maire e tedesco Robert Habeck.
In fondo c’è da rallegrarsi che, malgrado i pesanti danni che rischia di infliggere all’intera industria europea, l’IRA almeno un successo europeo l’abbia ottenuto, rappezzando i cocci del dialogo in panne tra Parigi e Berlino. Sarebbe un’ottima notizia per l’Unione impegnata in un durissimo negoziato con gli Usa se non ci fosse il sospetto che, a tacitare i malumori reciproci, più che la forza del superiore interesse collettivo sia stata l’ansia di tutelare i rispettivi interessi industriali nazionali. Storie vecchie ma solo in parte. Perché il duo non gioca in casa ma a Washington: e i Trattati Ue affidano le politiche della concorrenza e commerciale a Bruxelles, non a Berlino o Parigi. Perché, peggio, da quando il codice Ue degli aiuti di Stato è stato ammorbidito con il Covid prima, la guerra ucraina poi e a breve l’IRA, Francia e Germania hanno sovvenzionato le rispettive economie e industrie con ben il 77% del totale degli aiuti autorizzati da Bruxelles.
Con l’IRA saranno ancora più soft, per la pressione franco-tedesca, le nuove regole presentate dalla Commissione che saranno discusse a 27 dal vertice di dopodomani e approvate a fine marzo. Per ora hanno l’impronta della legge del più forte, di chi ha e vuole usare la sua maggiore potenza di fuoco finanziaria a scapito di chi non ce l’ha. Ma, senza il contrappeso di un Fondo Sovrano europeo per ridurre i divari intra-Ue, andrà in pezzi il mercato unico indispensabile all’industria europea per reggere alla concorrenza di Stati Uniti e Cina. Quando si fa protezionismo in casa, che si possa poi condannare quello altrui e anche negoziarci sopra, è un esercizio spudorato che toglie credibilità all’Europa e ai suoi pesi massimi. Sarà rissa al vertice di Bruxelles, 25contro 2, un altro miracolo dell’IRA. Senza un serio riequilibrio delle regole sugli aiuti però sarà l’Europa a perdere. E non è detto che vinceranno le industrie tedesche e francesi.
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Al ‘Maggio’ ritorna il Faust di Ferruccio Busoni
Stasera, per il Festival del Carnevale del Maggio Musicale fiorentino va in scena al Teatro dell’Opera, il Doktor Faust di Ferruccio Busoni, che a quasi sessant’anni dalla sua ultima replica fiorentina torna nella programmazione del Maggio. Sul podio il maestro Cornelius Meister, al suo debutto assoluto in Teatro. La regia è curata da Davide Livermore, che ritorna al […]
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MUDHONEY, AD APRILE IL NUOVO ALBUM. CONDIVISO IL PRIMO SINGOLO
Dopo un silenzio discografico durato quattro anni (escludendo split singles e la ristampa espansa del 2021 per il trentennale di “Every good boy deserves fudge“, infatti, risale al 2019 l’ultima pubblicazione di materiale ufficiale, l’Ep “Morning in America“) tornano i Mudhoney, una delle band più iconiche del “Seattle sound” della seconda metà degli Eighties, e tra i pochi gruppi della prima ora a essere sopravvissuti al ciclone mediatico del movimento grunge.
iyezine.com/mudhoney-ad-aprile…
#musica #punk #grunge @Musica Agorà
Mudhoney, ad aprile il nuovo album. Condiviso il primo singolo - 2023
Dopo un silenzio discografico durato quattro anni (escludendo split singles e la ristampa espansa del 2021 per il trentennale di "Every good boy deserves fudge", infatti, risale al 2019 l'ultima pubblicazione di materiale ufficiale, l'Ep "M…Reverend Shit-Man (In Your Eyes ezine)
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Sempre peggio: la Francia vorrebbe un sistema di certificazione dell'età per bloccare ai minori l'accesso ai siti web pornografici
Il ministro delegato al digitale, Jean-Noël Barrot, ha annunciato che la certificazione dell'età passerà attraverso un "certificato digitale" i cui dettagli tecnici non sono ancora definitivi.
La Francia imporrà un dispositivo di certificazione dell'età per bloccare l'accesso ai siti web pornografici per i minori, ha annunciato domenica 5 febbraio a Le Parisien (solo per abbonati) il ministro delegato per gli affari digitali . “ Nel 2023, è la fine dell'accesso ai siti pornografici per i nostri bambini ”, ha dichiarato al quotidiano questo membro del governo, Jean-Noël Barrot.
La certificazione dell'età deve passare attraverso un " certificato digitale " i cui dettagli tecnici non sono ancora definitivi. L'obiettivo sarà quello di preservare l'anonimato dell'utente Internet dal punto di vista dei siti web. “Gli operatori di telecomunicazioni, che conoscono l'età dei loro clienti, potrebbero per esempio essere coinvolti”, anticipa Le Parisien.
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Turchia/Siria: il terremoto fa strage. Proteste per i ritardi nei soccorsi
di redazione
Pagine Esteri, 7 febbraio 2023 – Continua inesorabilmente a crescere il bilancio dei morti e dei feriti provocati dall’ondata sismica che ieri notte e poi durante la giornata di ieri ha colpito una vasta zona al confine tra la Turchia e la Siria.
Mentre scriviamo le autorità sanitarie dei due paesi parlano complessivamente di più di 5000 vittime e di decine di migliaia di feriti.
L’area investita dalle fortissime scosse – due delle quali vicine all’ottavo grado della scala Richter – è abitata, affermano fonti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, da più di 23 milioni di persone.
Secondo l’Afad, l’Autorità per la Gestione delle Emergenze di Ankara, nelle dieci province del paese interessate dallo sciame sismico sarebbero crollati almeno 5700 edifici. Per quanto riguarda la Siria, invece, manca ancora un bilancio preciso dei danni comunque ingentissimi nelle regioni del centro-nord.
A rendere più lenti e difficili i soccorsi e ad accanirsi su una popolazione ferita e stremata le condizioni meteo proibitive (neve e pioggia), ma anche la difficoltà per i convogli dei soccorritori di raggiungere le zone più disastrate. Le linee ferroviarie e molte strade e autostrade infatti non sono percorribili a causa dei danni provocati dai terremoti. Anche numerosi aeroporti hanno dovuto bloccare i voli. Anche il flusso degli aiuti predisposti dalle Nazioni Unite è per ora interrotto: «Alcune strade sono interrotte, altre sono inaccessibili. Ci sono problemi logistici che devono essere risolti”, ha detto all’agenzia Reuters Madevi Sun-Suona, portavoce dell’Ufficio dell’Onu per il coordinamento dell’assistenza umanitaria (Ocha). «Non abbiamo un quadro chiaro di quando riprenderà”, ha detto».
Intanto ieri sera un grande incendio è divampato nel porto di Iskenderun (Alessandretta), località costiera del sud est della Turchia.
Ieri il presidente turco Erdogan ha rivolto un appello all’unità nazionale per far fronte alle conseguenze del sisma. Il 14 maggio sono previste le elezioni parlamentari e quelle presidenziali in un contesto di forte polarizzazione politica.
Ma dalla maggior parte delle aree sconvolte dai terremoti si levano le proteste della popolazione e delle autorità locali per i ritardi nei soccorsi e la disorganizzazione della macchina degli aiuti.
Ad Adana questa mattina, informa la corrispondente di Repubblica Gabriella Colarusso, il Ministro dell’Agricoltura appena arrivato sul posto è stato contestato dalla popolazione al grido di «Perché non siete arrivati prima?». La giornalista ha segnalato che la maggior parte degli edifici crollati sono stati costruiti dopo gli anni ’80 e si trovano nella zona nuova della città, mentre la città vecchia ha retto molto meglio.
Anche ad Hatay (Antiochia), testimonia la corrispondente del Guardian, si sono levate proteste contro i ritardi nei soccorsi. Di fatto i convogli dei soccorritori sono giunti in città, tra le più colpite dal sisma, solo questa mattina. «Le persone stanno cercando di estrarre i propri cari intrappolati sotto le macerie. Fa freddo, piove, manca l’elettricità» scrive la giornalista.
Secondo il sindaco di Hatay, Lütfü Savaş, le scosse nella sua città avrebbero distrutto quasi duemila edifici, compresi tre ospedali. «Con il sostegno dei sindaci di Ankara, Istanbul e Smirne, ora possiamo fornire cibo, tende e acqua potabile. La maggior parte degli edifici pubblici, il nostro edificio, i vigili del fuoco, l’edificio della protezione civile locale, tre ospedali sono stati gravemente danneggiati, le nostre perdite sono molto elevate. L’aeroporto è inagibile» ha detto Savaş al servizio in lingua turca della Bbc. In sindaco ha fortemente criticato la gestione dell’emergenza da parte delle autorità: «È stato un terremoto molto forte, ma avremmo potuto sopravvivere con meno danni».
Alle proteste l’apparato statale turco sta già reagendo con la repressione. La polizia turca ha dichiarato stamattina di aver arrestato quattro persone per i post «provocatori che miravano a creare paura e panico» pubblicati sui social media.
Nelle regioni del centro-nord della Siria – alcune controllate dal governo centrale, altre dalle Forze Democratiche Siriane ed altre ancora da milizie jihadiste e dalle truppe di occupazione turche – la situazione è forse ancora più difficile perché il terremoto ha sconvolto territori che negli ultimi 12 anni hanno patito le conseguenze e le distruzioni causate dai combattimenti e dai bombardamenti delle diverse parti in conflitto. Ad entrambi i lati della frontiera sopravvivono da anni milioni di rifugiati siriani in un contesto di povertà, abbandono, mancanza quasi assoluta di servizi.
Sebastien Gay, capo missione in Siria per Medici Senza Frontiere, ha riferito all’agenzia AP che le strutture sanitarie nel nord della Siria sono state letteralmente sopraffatte dall’enorme numero di vittime. – Pagine Esteri
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Gli effetti delle riforme della parziale tutela dell'occupazione: prove dall'Italia
GLI EFFETTI DELLE RIFORME DELLA PARZIALE TUTELA DELL'OCCUPAZIONE: PROVE DALL'ITALIA
@Notizie dall'Italia e dal mondo
Combinando i dati datore di lavoro-dipendente con i dati finanziari delle imprese è possibile studiare la riforma italiana del 2001 che ha revocato i vincoli sull'assunzione di lavoratori con contratto a tempo determinato, pur mantenendo rigide norme di protezione dell'occupazione per i dipendenti assunti con contratti a tempo indeterminato.Sfruttando l'attuazione scaglionata della riforma attraverso diversi accordi di contrattazione collettiva, scopriamo che questo cambiamento di politica ha portato ad un aumento della quota di contratti a tempo determinato, ma non è riuscito ad aumentare l'occupazione.
La riforma ha avuto sia vincitori che vinti: le imprese sono le principali vincitrici poiché la riforma è riuscita a ridurre il costo del lavoro, portando a maggiori profitti. Al contrario, i giovani lavoratori sono i principali perdenti poiché i loro guadagni sono stati notevolmente ridotti a seguito del cambiamento di politica.
Di Diego Daruich, University of Southern California, Sabrina Di Addario, Bank of Italy, Raffaele Saggio, University of British Columbia e NBER e Massimo Catalano, Flippers e Quelli della Notte
Il link all'estratto pubblicato su The Review of Economic Studies
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In Cina e Asia – Usa prossimi a perdere la leadership in Asia-Pacifico
I titoli di oggi
- Gli Usa prossimi a perdere la leadership in Asia-Pacifico: il report di Lowy Institute
- Relazioni Cina-Australia: riprende il dialogo commerciale
- Hong Kong, al via il processo contro le proteste del 2019
- Pallone-spia, gli Usa non restituiranno i detriti alla Cina
- Il Laos sperimenta la sua prima moneta digitale
L'articolo In Cina e Asia – Usa prossimi a perdere la leadership in Asia-Pacifico proviene da China Files.
La Polonia, nuova superpotenza militare
di Marco Santopadre*
Pagine Esteri, 7 febbraio 2023 – La Polonia è in prima fila nel sostegno politico e militare all’Ucraina. Le sue pressioni sono state fondamentali per convincere i paesi europei più scettici – in primis la Germania – ad inviare a Kiev i carri armati Leopard. Centrato l’obiettivo, Varsavia perora ora la causa dell’invio nel paese invaso dei caccia F16. Nei mesi scorsi, poi, l’esecutivo polacco aveva sostenuto la richiesta ucraina di una no-fly zone imposta dalla Nato almeno sulle regioni occidentali ucraine – che avrebbe portato allo scontro militare diretto con Mosca – e poi una provocatoria “missione di pace” armata sempre dell’Alleanza Atlantica.
Varsavia, il perno della strategia Usa in Europa
La Polonia ha ampiamente sfruttato la crisi ucraina a proprio beneficio. Ha ottenuto, ad esempio, la realizzazione della Baltic Pipe, il gasdotto che da settembre trasposta il gas estratto in Norvegia fino alle sue regioni occidentali, passando dalla Danimarca. Anche il pensionamento del Nord Stream e la rottura dell’asse energetico e diplomatico tra Berlino e Mosca possono essere considerate una vittoria della diplomazia polacca, oltre naturalmente che dell’amministrazione statunitense.
La radicalizzazione dello scontro tra l’Alleanza Atlantica e la Federazione Russa e la polarizzazione militare globale innescate dall’invasione russa dell’Ucraina stanno trasformando Varsavia da paese di seconda fila dell’UE in perno centrale delle strategie della Nato, di cui il paese fa parte dal 1999.
Sembrano passati secoli da quando l’UE minacciava la Polonia di sospendere i fondi comunitari e Bruxelles bacchettava il governo ultranazionalista di Varsavia per le ripetute violazioni dello stato di diritto e gli ostacoli frapposti all’esercizio dei diritti delle donne.
Da decenni ormai la Polonia rappresenta la principale sponda delle mire egemoniche statunitensi in Europa. Washington fa leva in particolar modo sui paesi dell’Europa orientale per intralciare il progetto di una Unione Europea “superpotenza autonoma” perorato in particolare da Francia e Germania.
La recente elezione alla presidenza della Repubblica Ceca del generale in congedo Petr Pavel, ex leader del comitato militare della Nato dal 2015 al 2018, rappresenta un segnale quantomai significativo sulle tendenze in atto nei paesi dell’ex blocco socialista.
Un genuino timore di essere aggredita militarmente da Mosca, unito alla volontà di rivalsa nei confronti sia della Russia sia della Germania (colpevoli storicamente di aver smembrato il paese o di averne bloccato le mire espansioniste), in un contesto caratterizzato dal boom della russofobia e da un nazionalismo sciovinista e reazionario, hanno posizionato il paese sulla prima linea del fronte tra est e ovest.
Biden visita le truppe Usa in Polonia
Spese militari alle stelle
La classe dirigente polacca, però, non si accontenta dell’accresciuto ruolo geopolitico del paese e punta a farne rapidamente una superpotenza militare convenzionale.
Il progetto, caldeggiato fin dal 2006 soprattutto dai nazional-conservatori di “Diritto e Giustizia” (PiS), partito della destra radicale al potere dal 2015, è stato definitivamente sdoganato e accelerato dall’inizio delle operazioni belliche in Ucraina.
Il 17 marzo 2022, neanche un mese dopo l’inizio dell’invasione, il parlamento di Varsavia ha votato all’unanimità la “legge per la difesa della patria”, che prevede il raddoppio degli effettivi delle forze armate e delle spese militari entro il 2035, con un esborso complessivo di 115 miliardi di euro.
Già nel 2022, comunque, la Polonia ha speso il 2,4% del suo Pil per il bilancio della Difesa, piazzandosi terza all’interno dell’Alleanza Atlantica dopo la Grecia (3,76%) e gli Stati Uniti (3,47%) e poco al di sopra della Lettonia (2,36%).
Si trattava però solo del primo traguardo di una corsa al riarmo assai più ambiziosa. «La guerra in Ucraina ci fa armare ancora più velocemente. Ecco perché quest’anno faremo uno sforzo senza precedenti: il 4% del Pil per l’esercito polacco» ha annunciato il premier Mateusz Morawiecki in una conferenza stampa realizzata il 30 gennaio. Quest’anno, per sostenere l’espansione e l’ammodernamento delle proprie forze armate, Varsavia intende spendere quasi 29 miliardi. Una cifra spropositata per un paese di appena 38 milioni di abitanti, ma che potrebbe crescere ulteriormente visto che il governo intende portare la spesa militare al 5% della sua ricchezza nazionale.
Il pieno di armi da Usa e Sud Corea
L’obiettivo principale è, innanzitutto, sostituire gli arsenali dell’epoca sovietica (in parte già ceduti all’Ucraina) con armi e mezzi d’avanguardia. In prospettiva, però, Varsavia mira a dotarsi di un esercito possente, superiore anche a quello della vicina Germania, che pure lo scorso anno ha stanziato 100 miliardi per modernizzare una Bundeswehr assai malmessa.
Così, Varsavia nell’ultimo anno ha firmato una sfilza di contratti d’acquisto di mezzi e attrezzature, principalmente dagli Stati Uniti e dalla Corea del Sud, snobbando quasi del tutto l’industria militare europea a parte qualche elicottero commissionato all’italiana Leonardo.
La primavera scorsa, Varsavia ha firmato un accordo da 5 miliardi per l’acquisto di 250 carri armati statunitensi Abrams e recentemente ne ha richiesti altri 116. Inoltre da Washington la Polonia otterrà 32 caccia F-35 (4,6 miliardi) per sostituire gli ormai obsoleti F-16. Per rafforzare il proprio sistema antimissilistico, inoltre, dal marzo scorso il paese ha ordinato un consistente stock di missili Patriot e ben 500 missili HIMARS.
La Polonia ha anche firmato un contratto da 12 miliardi con aziende sudcoreane per la fornitura di 580 carri armati Hyundai Rotem K2 Black Panther (che entro la fine del decennio intende portare a 1000), 700 obici Hanwha Defense, 50 caccia FA-50 e 288 lanciarazzi multipli K239.
Inoltre, Varsavia ha deciso di acquistare un certo numero di droni da bombardamento Bayraktar dalla Turchia ed ha pattuito la presenza permanente del V Corpo d’Armata statunitense sul proprio territorio.
Come se non bastasse, politici e generali polacchi continuano a chiedere a Washington di piazzare alcuni missili a testata nucleare nelle basi della Nato esistenti nel paese.
“L’esercito più grande d’Europa”
Oltre a fare il pieno di armi, Varsavia intende aumentare gli effettivi dell’esercito fino a raggiungere almeno le 300 mila unità entro il 2030, dotandosi così di una forza armata quasi doppia rispetto a quella della Germania, paese che però possiede più del doppio della popolazione. Attualmente l’esercito della Polonia può contare su 150 mila membri, più i 30 mila (che dovrebbero diventare 50 mila) inquadrati nella Forza Territoriale di Difesa (OTK), un corpo istituito nel 2017 e composto da volontari che periodicamente si addestrano all’uso delle armi e alle tattiche militari. Se il paese riuscirà a trasformare in realtà gli obiettivi fissati dal Ministro della Difesa Mariusz Blaszczak, la Polonia – il cui Pil nel 2022 è cresciuto del 4,9% – potrà contare sul «più grande esercito di terra del continente europeo».
«Ogni centimetro della nostra terra è santificato dal sangue polacco. Le prossime generazioni devono avere una Polonia sicura. Per raggiungere questo obiettivo c’è bisogno di un esercito forte» ha chiarito il premier Morawiecki.
Marcia dell’estrema destra in occasione del Giorno dell’Indipendenza
I muri con Russia e Bielorussia
Il governo del PiS ha anche deciso di costruire un muro al confine con l’exclave russa di Kaliningrad. I lavori dovrebbero iniziare già nel mese di marzo. La barriera, della lunghezza prevista di 210 chilometri, sarà composta da tre recinzioni parallele di filo spinato alte 2,5 metri e includerà anche numerosi sensori e telecamere. Per giustificare la decisione, Varsavia ha addotto la necessità di bloccare i flussi migratori illegali; per lo stesso motivo la Polonia ha già realizzato nei mesi scorsi un’analoga barriera al confine con la Bielorussia, accompagnata da una “zona interdetta” larga 3 chilometri poi ridotta a 200 metri.
Censura e carcere per i giornalisti non in linea
Non stupisce, in questo clima da crociata bellicista, che nel paese si moltiplichino gli episodi di censura e di repressione.
La scorsa settimana l’emittente statale TVP ha licenziato in tronco Magdalena Wolinska-Riedi, la sua corrispondente da Roma dal 2015, per aver pubblicato dei tweet non in linea con l’ideologia ufficiale ormai imposta dal partito dei fratelli Kaczynski e da un’opinione pubblica sempre più sciovinista. In uno, pubblicato in occasione della Giornata della Memoria, la giornalista aveva scritto «È necessario trasmettere alle giovani generazioni la conoscenza delle profondità dell’inferno che i nazisti hanno preparato per il mondo». Molti lettori hanno protestato perché la corrispondente non ha utilizzato il termine “tedeschi” riferendosi ai nazisti, sottintendendo che la responsabilità del massacro sia da attribuire anche ai polacchi. Replicando alle critiche, Wolinska-Riedi ha aggiunto: «I russi di oggi sono responsabili della guerra in Ucraina o lo sono Putin e i suoi uomini? Quindi stigmatizziamo l’intera nazione russa per la follia di Putin. Probabilmente solo noi polacchi, che abbiamo succhiato l’odio con il latte materno, possiamo interpretare le cose in questo modo».
«Nella Tvp non c’è posto per le parole che attaccano l’interesse nazionale polacco. Tvp non si identifica con dichiarazioni che fanno parte della propaganda russa» ha incredibilmente sostenuto la direzione del canale televisivo, annunciando il benservito.
Nel frattempo rimane rinchiuso in un carcere di massima sicurezza polacco il giornalista spagnolo Pablo Gonzalez arrestato nel febbraio del 2022 dai servizi segreti di Varsavia mentre si trovava al confine con l’Ucraina per documentare l’arrivo dei profughi in fuga dalla guerra per conto di alcuni quotidiani e di un’emittente televisiva spagnola. Nato a Mosca nel 1982 da figli di due antifascisti baschi che ripararono in Unione Sovietica dopo la vittoria dei franchisti, Gonzalez è accusato dalle autorità polacche di essere una spia russa. Un gran numero di giuristi, giornalisti ed intellettuali iberici ha chiesto la sua liberazione vista anche l’assoluta mancanza di prove a sostegno dell’accusa, ma finora Varsavia ha risposto picche, confortata dallo scarso interesse per la vicenda dimostrato dal governo spagnolo. – Pagine Esteri
* Marco Santopadre, giornalista e scrittore, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria.
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Celebreremo questa giornata dedicata all’uso consapevole della Rete insieme alle scuole.
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REPORTAGE. Tra le macerie di Gerusalemme est, 31 case palestinesi demolite in un mese
di Michele Giorgio*
(le foto sono di Michele Giorgio)
Pagine Esteri, 2 febbraio 2023 – Stretta nella sua tutina bordeaux, con il cappuccio alzato sulla testa per ripararsi dalla pioggia che cade copiosa su Jabal al Mukaber, Malak Matar, 7 anni, ci racconta per filo e per segno cosa è accaduto all’alba del 29 gennaio quando ha sentito un gran frastuono fuori casa. «Mi sono svegliata per il rumore, poi ho sentito dei forti colpi alla porta di casa» dice sotto lo sguardo attento del padre Rateb «all’inizio ho pensato che papà stesse riparando qualcosa. Poi la mamma mi ha chiamato e mi ha detto di scendere giù subito». Al piano di sotto, continua Malak, «ho trovato dei poliziotti e degli uomini che avevano in mano dei fogli. Papà gridava, ripeteva che non potevano distruggere la nostra casa. Poi è arrivato il nonno, anche lui gridava. I poliziotti ci hanno ordinato di uscire al più presto. Mamma piangeva, mi ha detto di raccogliere in fretta un po’ di abiti e di andare a casa dei vicini». Meno di due ore dopo una ruspa ha ridotto in macerie l’abitazione dei Matar «sanando» quello che il municipio israeliano di Gerusalemme ha semplicemente descritto come un «abuso edilizio». Eppure, c’è poco di più politico della demolizione di una casa palestinese a Gerusalemme.
Rateb Matar e la sua famiglia per un po’ saranno ospitati da parenti. Il cielo grigio che grava su questo sobborgo a sud-est della zona araba occupata di Gerusalemme rende più drammatica la previsione che il palestinese fa della sua vita, di quella di sua moglie e dei suoi figli. «Già sappiamo che saremo costretti a lasciare Jabal al Mukaber – ci dice Matar confortato da un paio di amici – e con gli affitti così alti (a Gerusalemme) dovremo cercare un appartamento fuori dalla città». Non esita quando gli chiediamo il perché di quella costruzione senza licenza. «Non ho avuto scelta – ci dice perentorio – la mia famiglia vive da sempre qui a Jabal al Mukaber e volevo lo stesso per me e i miei figli. I permessi edilizi costano una fortuna e comunque per ottenerne uno potrebbero volerci anche dieci anni. Chi può aspettare tanto per avere un tetto sulla testa? E l’affitto non posso permettermelo». Si avvicina un altro abitante, Firas. «Noi palestinesi non abbiamo le risorse degli israeliani – ci spiega – qui a Jabal al Mukaber a stento riusciamo a sopravvivere. Questo porta a costruzioni massicce senza i permessi». Firas, con un bimbo aggrappato alle gambe, aggiunge che le autorità comunali «qui si vedono solo per riscuotere l’arnona (l’Imu, ndr) e consegnare gli ordini di demolizione alle famiglie, mai per garantirci servizi e infrastrutture». Difficile smentirlo di fronte a strade strette e asfaltate poco e male, ai cumuli di rifiuti e detriti, al degrado generale. Un quadro ben diverso dalle strade ampie, pulite e alberate, con spazi per il gioco dei bambini che, sopra Jabal al Mukaber, circondano i palazzi della israeliana Armon HaNatsiv, formalmente una colonia perché costruita a Gerusalemme Est ma che adesso anche parecchi media italiani definiscono un «rione».
Pare che siano circa 800 le abitazioni senza permesso costruite dai palestinesi a Jabal al Mukaber. A Gerusalemme Est, secondo i dati dell’ong Ir Amim, dall’inizio dell’anno sono stati già stati demoliti 31 edifici. Perciò la nomina a ministro della Sicurezza nazionale di Itamar Ben Gvir, uno dei leader dell’estrema destra israeliana, ha messo in forte allarme centinaia di famiglie. L’«abusivismo palestinese» infatti è visto dalla destra come una minaccia all’esistenza stessa di Israele e all’inizio della settimana Ben Gvir ha annunciato una «campagna di demolizione di case» in risposta all’attacco armato palestinese a Neve Yaacov in cui sono stati uccisi sette israeliani. «Ci sono dozzine di case che è possibile abbattere. Spero che non incontreremo difficoltà. La demolizione di case illegali a Gerusalemme deve continuare», ha ordinato.
Parole che hanno suscitato timori e rabbia a Jabal al Mukaber, la zona più a rischio. La demolizione della casa della famiglia Matar e, il giorno successivo, di un edificio commerciale hanno lanciato un segnale inequivocabile. Due giorni fa, dopo la proclamazione di uno sciopero commerciale e la chiusura delle scuole, decine di giovani palestinesi hanno bloccato le strade di accesso al sobborgo, dato fuoco a pneumatici e cassonetti dei rifiuti e hanno minacciato una Intifada se Ben Gvir darà seguito concreto ai suoi propositi. Per ore sono andati avanti gli scontri tra la polizia e i dimostranti che lanciavano sassi. Da due giorni ogni estraneo che entra a Jabal al Mukaber è sospettato di essere un funzionario del Comune o un agente in borghese della polizia. «Siamo pronti a resistere, non riusciranno a cacciarci da Jabal al Mukaber», assicura Tareq, un commerciante. Pagine Esteri
*Questo reportage è stato pubblicato in origine dal quotidiano Il Manifesto
ilmanifesto.it/tra-le-macerie-…
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Cina e Usa nel pallone
Tra gli analisti aleggia il presentimento che il caso del pallone abbia creato un precedente. Soprattutto considerato l’aumento esponenziale delle incursioni americane nel Mar cinese meridionale. Intanto si affaccia l'ipotesi di un mancato coordinamento tra apparati militari e governo. In Cina l’esercito è controllato dal partito, ma è già accaduto in passato che falchi in divisa abbiano messo in imbarazzo la leadership in periodi di riavvicinamento agli States.
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Terremoto Turchia-Siria
Terremoto Turchia-Siria, perché la doppia scossa ha fatto così tante vittime: incubo 10-15.000 morti
Un bimbo salvato dopo 22 ore. Oggi giorno decisivo per trovare sopravvissuti. Per un sisma altrettanto potente dobbiamo tornare al 2016 in...A.Maggiolo (Today)
Zelensky a Sanremo… tu chiamala, se vuoi, ‘censura preventiva’!
Pare, dico pare perché ormai qui si vive in una specie di mondo sospeso nel quale solo alcuni, vergognosamente, sanno tutto e sanno anche quello che non devono sapere (e ne riparlerò domani) ma pare proprio che sarà così: dopo giorni di dibattito surreale, di un provincialismo devastante e espressione della totale ignoranza dei principî […]
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È un peccato, credo che siano bellissimi "pezzi" di tecnologia, di ottima qualità. Ma "numeri" come questi per me sono già un motivo per evitare.
60GB di software che non ho scelto io, che probabilmente non userò mai, si farà gli affari miei e non potrò rimuovere?
Report Corno d’Africa, Etiopia Tigray – EEPA n. 366 – 6 febbraio 2023
Negoziati di pace (per 06 febbraio)
Venerdì 3 febbraio, una delegazione del Tigray, guidata da Getachew Reda e dal generale Tsadkan Gebre Tinsay, ha incontrato di persona una delegazione etiope guidata dal primo ministro Abiy Ahmed, DPM Demeke Mekonen accompagnata da funzionari governativi di alto livello.
Le delegazioni hanno discusso l’attuazione dell’accordo di Pretoria sulla cessazione delle ostilità (CoH).
È stata la prima volta dal 2 novembre 2022 che il primo ministro Abiy è entrato a far parte del “Comitato di coordinamento per l’attuazione dell’accordo di pace”, ha affermato Ethiopia State Media.
Il comandante in capo del TDF – Tigray Defence Forces, il generale Tadesse, ha parlato alla televisione etiope dopo l’incontro, affermando che c’era un’atmosfera positiva con l’obiettivo di scrivere la storia del conflitto e avviare la ricostruzione.
Ha detto che le due parti hanno qualificato l’attuazione dell’accordo come “lenta” ma generalmente buona rispetto alla situazione di conflitto di pochi mesi fa.
Ha anche affermato che “non si è sentito alcun fuoco di arma da fuoco” da quando è stato firmato l’accordo e questo ha dimostrato che “gli eserciti erano ben gestiti da entrambe le parti”.
Ha aggiunto che si sta creando una situazione in cui le parti non possono tornare di nuovo alla guerra.
Il generale Tadesse ha anche affermato che la responsabilità non può essere ignorata attraverso i negoziati.
Le forze di difesa nazionali etiopi hanno riferito di aver iniziato il movimento delle armi pesanti che sono state consegnate da TDF, afferma Fana Broadcasting Corporate (FBC).
ENDF sta spostando armi pesanti e veicoli da un luogo nel Tigray chiamato Ageulae, 36 km a est della capitale regionale Mekelle, verso aree segrete.
L’amministrazione civile e le forze di sicurezza della zona centrale del Tigray sono entrate ad Axum, inclusi amministratori di zona, distretti e sottodistretti.
L’amministrazione regionale viene reintegrata poiché l’ENDF si è distaccato dalla città e si è stabilito nei campi prebellici della zona.
Secondo quanto riferito, anche l’amministrazione civile della zona nord-occidentale del Tigray si sta preparando a entrare nella città di Shire.
Il Ministero della Pace etiope stima 400.000 morti per conflitti armati in Etiopia, afferma The Reporter Ethiopia . La cifra è annotata nel “Programma di costruzione della pace sostenibile e universale (2023-2032)” che è aperto ai commenti.
Altre fonti hanno precedentemente stimato che fino al doppio delle persone potrebbero essere state uccise durante il solo conflitto del Tigray.
Situazione in Tigray (per 06 febbraio)
La Banca nazionale dell’Etiopia ha inviato 5 miliardi di birr per far fronte alla carenza di liquidità delle banche nel Tigray, secondo Dimtsi Woyane .
Ethiopian Airlines ha aumentato da tre a cinque i voli giornalieri da Addis Abeba a Mekelle.
Ciò ha fatto seguito all’incontro di venerdì (3 febbraio) tra le delegazioni del Tigray e dell’Etiopia.
Tutti i ponti danneggiati che portano al Tigray sono stati riparati e sono idonei per il servizio di trasporto su strada tra la regione e il resto dell’Etiopia, afferma FBC citando l’Etiope Road Administration Authority.
I ponti riparati includono quelli sul fiume Tekeze che collegano la zona occidentale del Tigray con le altre parti del Tigray.
Situazione in Etiopia (al 06 febbraio)
Il governo federale dell’Etiopia ha invitato le fazioni all’interno della Chiesa ortodossa etiope a risolvere pacificamente le loro divergenze attraverso discussioni, afferma una dichiarazione dell’ufficio comunicazioni del governo.
La dichiarazione ha avvertito che “il governo agirà contro tutti coloro che stanno lavorando per disintegrare l’Etiopia sotto la copertura della religione”.
Il Tewahedo Media Center (TMC) , affiliato alla Chiesa, ha dichiarato che tre persone sono state uccise quando le forze speciali di Oromia hanno attaccato una chiesa ortodossa a Shashamene, Oromia.
Oggi (6 febbraio), è iniziata la votazione in un referendum per la statualità regionale in alcune parti dell’attuale regione delle nazioni, delle nazionalità e dei popoli del sud dell’Etiopia, afferma Fana Broadcasting Corporate .
Secondo quanto riferito, il referendum si sta svolgendo nelle zone di Gamo, Wollaita, Gedeo, Konso e nei distretti speciali di Burgi, Basketo, Ale, Amaro e Derashe. Oltre 3 milioni di persone si sono registrate per votare.
Situazione internazionale (per 06 febbraio)
Il primo ministro etiope Abiy Ahmed ha visitato oggi l’Italia e ha incontrato il primo ministro Meloni. Hanno firmato un accordo di collaborazione finanziaria di 180 milioni di € per il periodo 2023-2025.
Ha apprezzato il presidente Sergio Mattarella per aver ricevuto questa mattina la delegazione etiope.
Ha twittato “Le relazioni tra Etiopia e Italia che durano da molti decenni sono state di lunga data e definite da una fruttuosa collaborazione. Continueremo a rafforzare le relazioni esistenti”.
Gli inviati di Francia, Norvegia, Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania e l’inviato dell’Unione Europea nel Corno d’Africa visiteranno Khartoum, in Sudan, l’8 e 9 febbraio. Discuteranno i progressi verso una transizione democratica.
L’8 febbraio arriverà in Sudan anche il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov per discutere questioni bilaterali, regionali e internazionali.
Il canale Telegram russo indipendente Mozhem Obyasnit sostiene che la Russia abbia tentato di “corrompere” i paesi africani affinché si astenessero da un voto delle Nazioni Unite per condannare le sue operazioni in Ucraina.
Presumibilmente, la Russia ha offerto contratti di equipaggiamento militare all’Eritrea.
Link di approfondimento:
Link di interesse
- Addis Standard su Facebook
- Il primo ministro etiope tiene il primo incontro post-accordo di pace con i leader del Tigray
- 5 ቢሄራዊ ባንኪ ኢትዮጵያ 5 ቢሊዮን ብር ናብ ከምዝልእኽ ተገሊፁ።
- Youtube: ENDF sposta armi pesanti consegnate da TDF.
- ኢቲቪ ወቅታዊ- ሌተናል ጄነራል ታደሰ ወረደ ከኢቢሲ Etv | Etiopia | Notizia
- Tigray L’amministrazione civile viene ripristinata nelle aree controllate dall’ENDF nella regione
- Il Ministero stima le vittime del conflitto a 400.000
- L’amministrazione stradale etiope ripara i ponti danneggiati che collegano il Tigray con le regioni limitrofe
- youtube: dichiarazione del governo etiope sull’attualità
- በደቡብ ክልል የሚካሄደው ሕዝበ ውሳኔ የድምፅ አሠጣጥ ተጀምሯል
- Tre uccisi in attacchi alla chiesa ortodossa etiope, secondo il rapporto
- Twitter: PM Abiy Ahmed
- Sudan: mercoledì prossimo sei inviati internazionali in visita in Sudan
- Il Cremlino tenta di comprare i voti dei paesi africani alle Nazioni Unite: RU media indipendenti
Czeslaw Milosz – La mia Europa
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Cina – Israele: una relazione in declino
Fu negli anni ’90 che i cinesi iniziarono a rendersi conto che Israele stava rapidamente diventando un hub tecnologico globale. Le precedenti gelide relazioni iniziarono a sciogliersi e la Cina iniziò a impegnarsi con la crescente tecnologia israeliana, in parte per aumentare il potere cinese in Medio Oriente, in parte per contribuire ad accelerare i […]
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Ucraina: aumenta il consenso di Zelensky
Il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha visto la sua popolarità salire alle stelle da quando la Russia ha lanciato la sua invasione su vasta scala nel febbraio 2022. Ma gli analisti avvertono che una serie di scandali di corruzione svelati tra le sue stesse fila potrebbero influenzare profondamente la posizione di un presidente eletto lui […]
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Repubblica Democratica del Congo: oltre 100mila civili in fuga in un solo giorno nel Nord Kivu
(foto di Frederic Bonamy EU/ECHO)
Pagine Esteri, 2 febbraio 2023 – Più di 122 mila persone sarebbero fuggite dalle loro case nell’arco di un giorno dopo l’ennesima escalation del conflitto nella provincia del Nord Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo (RDC), lasciando migliaia di bambine e bambini vulnerabili agli abusi. Questo l’allarme lanciato dall’organizzazione internazionale Save the Children.
Gli scontri armati tra il gruppo armato M23 e le FARDC (Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo) nelle aree intorno a Kitshanga, a circa 60 km a ovest di Goma, tra il 24 e il 25 febbraio hanno portato a sfollamenti di massa, il cui numero è destinato ad aumentare con il protrarsi del conflitto. Si stima che oltre la metà degli sfollati in fuga da Kitshanga siano bambini.
L’ultima escalation di violenza si è verificata mentre Papa Francesco è nella Repubblica Democratica del Congo.
Mentre l’intensificarsi del conflitto sta causando sfollamenti di massa, in altre aree della Repubblica Democratica del Congo orientale le persone vengono uccise e sradicate dalle loro case in un’allarmante ondata di attacchi contro i civili. Secondo le Nazioni Unite, più di 200 civili sono stati uccisi dai gruppi armati nell’Ituri nelle ultime 6 settimane, 2 mila case sono state distrutte e 80 scuole sono state chiuse o abbattute. Le strutture sanitarie sono state saccheggiate, rendendo sempre più difficile l’accesso all’assistenza sanitaria.
I violenti attacchi contro i civili spesso coinvolgono anche i bambini. La sera del 18 gennaio e la mattina seguente, gruppi armati hanno attaccato un insediamento di sfollati in un villaggio dell’Ituri, uccidendo 5 bambini e 2 adulti. L’8 gennaio un gruppo armato ha attaccato quattro villaggi dell’Ituri uccidendo 25 persone, tra cui 5 bambini. Il gruppo ha anche saccheggiato un centro sanitario locale. Nella sola provincia di Ituri, questi attacchi hanno costretto circa 52 mila persone a fuggire dalle loro case.
“I violenti scontri e gli attacchi ai civili, compresi i bambini, devono cessare”, ha dichiarato Amavi Akpamagbo, Direttore nazionale di Save the Children nella Repubblica Democratica del Congo. “Stiamo assistendo a una notevole escalation del conflitto tra il gruppo armato M23 e le FARDC, che continua a causare massicci spostamenti di popolazione. Assistiamo anche ad attacchi feroci da parte di altri gruppi armati, che uccidono e mutilano i civili, compresi i bambini, in modo estremamente violento. Questi attacchi contro i civili devono essere indagati e i responsabili devono essere chiamati a rispondere delle violenze e delle uccisioni di bambini e altri civili”, ha aggiunto Akpamagbo.
Secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, nella Repubblica Democratica del Congo vivono circa 5,5 milioni di sfollati, in un Paese che conta circa 95 milioni di abitanti. Alcuni dormono all’aperto mentre altri si trovano in campi e insediamenti, spesso in condizioni di sovraffollamento e senza servizi igienici di base, il che porta a epidemie di malattie trasmesse dall’acqua come il colera.
Il mese scorso Save the Children ha riferito che i casi di colera sono in rapido aumento a Nyirangongo, la regione che ospita il maggior numero di sfollati a causa della recente escalation del conflitto, con i bambini che rappresentano quasi quattro casi su cinque.
“La situazione umanitaria nella Repubblica Democratica del Congo è terribile”, ha aggiunto Akpamagbo. “La maggior parte degli sfollati si trova in condizioni precarie. Vivono in scuole e stadi e altri sono ospitati da famiglie dove non hanno né acqua potabile né cibo. I bambini sfollati sono vulnerabili. I minori non accompagnati o abbandonati, senza familiari, corrono un rischio maggiore di abusi”.
Save the Children lavora nella Repubblica Democratica del Congo dal 1994 per rispondere ai bisogni umanitari legati al massiccio sfollamento delle popolazioni a causa del conflitto armato nelle province orientali, in particolare nel Nord Kivu, nel Sud Kivu e nell’Ituri e nel Kasai-Orientale e Lomami nel centro del Paese. Save the Children sta sviluppando attività nei settori della salute e della nutrizione, dell’istruzione e della protezione, in modo da non lasciare indietro nessuna comunità, compresi i bambini più vulnerabili. Pagine Esteri
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Blinken presenta il conto ad Abu Mazen: Ramallah cooperi con Israele
di Michele Giorgio*
Pagine Esteri, 1 febbraio 2023 – Avranno fatto storcere il naso al premier israeliano Netanyahu e ai suoi ministri di estrema destra le condoglianze che Antony Blinken, dopo quelle fatte alle famiglie delle sette vittime israeliane dell’attentato di venerdì a Gerusalemme, ha rivolto ieri a Ramallah al presidente dell’Anp Abu Mazen per i civili palestinesi «innocenti» uccisi nei raid dell’esercito israeliano in Cisgiordania. «In questi tempi di violenza c’è stata una perdita di molte vite innocenti da entrambe le parti», ha aggiunto il segretario di Stato una volta rientrato a Gerusalemme. Per i comandi militari e l’establishment politico israeliano i palestinesi uccisi, tranne rare eccezioni, erano tutti «terroristi».
E’ minimo il peso della breve apparizione di Blinken in Cisgiordania di fronte alla secca riaffermazione fatta lunedì dal segretario di stato della partnership strategica tra Usa e Israele contro l’Iran e in tutte le vicende mediorientali. Ieri Abbas ha ripetuto che Israele è responsabile dell’aumento della violenza con le sue politiche «che minano una soluzione a due Stati» e le sue incursioni militari. Ha sottolineato che nel silenzio della comunità internazionale Israele espande i suoi insediamenti e continua l’espropriazione di terre, la demolizione di case e gli sgomberi, mentre aumenta l’aggressività dei coloni israeliani in Cisgiordania. Blinken ha risposto che gli Stati uniti restano contrari a mosse unilaterali e all’espansione delle colonie.
Ma è stato evidente che il segretario di stato a Ramallah è andato più di tutto per convincere Abu Mazen a riprendere la collaborazione di sicurezza con Israele interrotta dopo il raid a Jenin di una settimana fa (10 palestinesi uccisi), ossia ad arrestare o contenere in Cisgiordania la lotta armata contro l’esercito israeliano. D’altronde con quell’obiettivo gli Stati uniti finanziano 2/3 del budget degli apparati di sicurezza dell’Anp. E forse Blinken ha detto ad Abu Mazen di tenere conto delle parole di Meir Ben-Shabbat, ex consigliere per la sicurezza di Netanyahu, che in un’intervista al Times of Israel ha chiarito senza peli sulla lingua la visione israeliana della funzione dell’Anp. «Se l’Autorità palestinese non combatte il terrorismo, perché dovrebbe esistere?» ha detto Ben-Shabbat. Quindi ha avvertito che se non lo farà, «le Forze armate israeliane potrebbero essere costrette a intraprendere un’importante operazione militare in Cisgiordania (Muraglia di Difesa, ndr), come ha fatto nel 2002 al culmine della Seconda Intifada». L’Anp era e resta nella visione di Israele un’agenzia di sicurezza in aggiunta a quelle dello Stato ebraico. E comunque, stando ai media israeliani, Abu Mazen incontrando nei giorni scorsi a Ramallah il capo della Cia, William Burns, avrebbe spiegato che la cooperazione di sicurezza con Israele è stata interrotta parzialmente e sarà ripristinata quando le tensioni si calmeranno.
Non è esagerato calcolare vicino allo zero l’interesse del comune cittadino palestinese per l’incontro tra Blinken e Abu Mazen. La popolazione palestinese, trent’anni dopo la firma degli Accordi di Oslo, non crede più che la fine dell’occupazione possa arrivare con un negoziato mediato dagli Stati uniti che non sono mai stati neutrali. La situazione si aggrava giorno dopo giorno. Le ultime notti in Cisgiordania sono state difficili per non pochi villaggi palestinesi soggetti alle ritorsioni dei coloni decisi a vendicare l’attentato di venerdì a Gerusalemme: un edificio e una dozzina di autoveicoli dati alle fiamme, campi coltivati devastati, alberi tagliati, scritte razziste e altro ancora. Lunedì attivisti palestinesi hanno chiamato alla formazione di comitati di protezione popolare per contrastare gli attacchi notturni tra Nablus e Ramallah, le aree a più alta tensione. In alcuni villaggi gli uomini stanno organizzando turni di guardia. L’escalation è dietro l’angolo se si tiene conto anche che, secondo i dati raccolti dalla ong israeliana GFKT per il controllo delle armi, il numero di coloni israeliani in possesso di pistole e mitra in Cisgiordania è di circa 100.000. Circa 148.000 israeliani sono in possesso del porto d’armi, oltre al personale di sicurezza, i militari, la polizia e le guardie private. Pagine Esteri
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Scuola di Liberalismo 2023 – Messina: lezione di Antonio Pileggi sul tema “I partiti politici e la ingerenza loro nella giustizia e nell’amministrazione”
Dodicesimo appuntamento della XII edizione della Scuola di Liberalismo di Messina, promossa dalla Fondazione Luigi Einaudi ed organizzata in collaborazione con l’Università degli Studi di Messina e con la Fondazione Bonino-Pulejo. Il corso, che tratta principalmente delle opere degli autori più rappresentativi del pensiero liberale, si articola in 14 lezioni, di cui 3 in presenza e 11 erogate in modalità telematica.
La dodicesima lezione si svolgerà lunedì 6 febbraio, dalle ore 17 alle ore 18.30, sulla piattaforma Zoom, e sarà tenuta dall’avv. Antonio Pileggi (già Provveditore agli Studi e Direttore generale dell’INVALSI – Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e di Formazione – nonché componente del Comitato Scientifico della Fondazione Luigi Einaudi), che relazionerà sull’opera “I partiti politici e la ingerenza loro nella giustizia e nell’amministrazione” di Marco Minghetti, eminente statista della Destra Storica, Presidente del Consiglio dei Ministri del Regno d’Italia e, soprattutto, uno dei principali teorici del pensiero politico liberale. La partecipazione all’incontro è valida ai fini del riconoscimento di crediti formativi per gli avvocati iscritti all’Ordine degli Avvocati di Messina, nonché per gli studenti dell’Università di Messina.
Pippo Rao Direttore Generale Scuola di Liberalismo di Messina
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Taiwan: la ‘nuova normalità’ tra volatilità e deterrenza
Volatilità è forse la parola migliore per descrivere il 2022 di Taiwan. Sebbene le previsioni economiche iniziali prevedessero che Taiwan continuasse la sua forte crescita dal 2021, il tasso di crescita annuale effettivo del PIL di Taiwan – 2,43% – è quasi la metà del 4,42% previsto per il 2022. La crescita effettiva nel quarto trimestre […]
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Putin e Tokayev: le relazioni Russia – Kazakistan in 11 incontri
Tra le rivoluzioni del 1848 che dilagarono in tutta Europa, l’ex potente impero austriaco fu obbligato a coinvolgere la Russia zarista per sedare le rivolte. Era considerata un’umiliazione personale per gli Asburgo aver bisogno di assistenza esterna all’interno delle proprie terre; e il primo ministro austriaco dell’epoca, il principe Felix Schwarzenberg, arrivò al punto di […]
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Etiopia Update – 6 feb. 2023
Tigray, zona Irob, Arrestati e rilasciati funzionari UNOCHA da ilitari eritrei
Giovedì 2 febbraio 2023 Tigray Today denuncia:
Le forze eritree ostacolano gli aiuti umanitari nel Tigray. Team UNOCHA si è recato a Dowhan , Irob ieri (1 febbraio 2023) per una missione conoscitiva sull’ostruzione degli aiuti umanitari. Tuttavia sono stati arrestati dalle forze eritree mentre si recavano lì.
Hanno dovuto attraversare Qerseber – Sobeya, una brutta strada sterrata, poiché la principale strada asfaltata via Zalambesa verso Dowhan non è aperta a causa della presenza delle forze eritree. La squadra è stata però trovata e trattenuta dalle forze dell’ordine in un luogo denominato Engal.
Dicono di essere stati detenuti per lunghe ore prima di essere liberati per tornare. La presenza delle forze eritree è indiscutibile, ma continua anche a ostacolare gli aiuti umanitari ad alcune aree del Tigray, in particolare ai distretti confinanti con l’Eritrea come la wereda di Irob.
FONTE: twitter.com/tigraytoday24/stat…
Supporto umanitario al nord Etiopia
Venerdì 3 febbraio 2023 Addis Standard riporta che l’accesso agli aiuti al nord Etiopia in miglioramento ma alcune aree ancora difficili da raggiungere.
Gli umanitari dicono che i combattimenti in alcune parti del sud della regione Amhara e nelle aree limitrofe della regione Oromia, hanno portato a “slocamenti significativi” nelle zone del nord Shewa, sud Wello e ovest Gojam, ad Amhara.
UNOCHA riporta che in quelle aree di Amhara, “un numero significativo di case e proprietà private sarebbe stato bruciato e distrutto. I partner stanno mobilitando generi alimentari e non alimentari come rifugio di emergenza, tra la chiusura delle strade e le ostilità in corso. ”
FONTE: news.un.org/en/story/2023/02/1…
L’Etiopia chiede il sostegno degli Stati Uniti per terminare il mandato degli esperti dei diritti umani delle Nazioni Unite
L’ Etiopia chiede il sostegno agli USA per porre fine al mandato degli Esperti dei Diritti Umani ONU
L’Etiopia ha chiesto agli Stati Uniti di sostenere la loro “offerta per porre fine al mandato” della Commissione internazionale degli esperti per i diritti umani sull’Etiopia (ICHREE).
Durante la discussione, l’ambasciatore Misganu “ha raccomandato agli Stati Uniti per il sostegno all’accordo di pace Pretoria guidato dall’AU tra il governo etiope e il TPLF”, e ha dichiarato che il governo è “completamente impegnato ad attuare i termini dell’accordo di pace. ” Ha chiesto agli Stati Uniti di fornire sostegno agli sforzi di ricostruzione e riabilitazione.
“Ribadendo l’impegno dell’Etiopia ad affrontare le questioni delle violazioni dei diritti umani attraverso il sistema giudiziario transitorio, l’ambasciatore Mesganu ha chiesto agli Stati Uniti di sostenere l’offerta dell’Etiopia nel porre fine al mandato della Commissione internazionale di esperti dei diritti umani in Etiopia,” ha affermato il MoFA.
[Nota: un ossimoro in quanto il governo centrale etiope è implicato col suo esercito e gli alleati in crimini di guerra e contro l’umnaità nella guerra genocida in Tigray: denunce e confutazioni effettuate dallo stessa commissione UN ICHREE da cui si vuole disimpegnare.]
Tuttavia, durante l’ultimo briefing stampa del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti tenutosi ovedì 2 febbraio 2023, Ned Price, portavoce del Dipartimento, ha dichiarato che gli Stati Uniti elogiano le parti per il loro impegno a favore della cessazione dell’accordo sulle ostilità e incoraggiano la continua attuazione, “compreso garantire la protezione dei civili attraverso il monitoraggio internazionale dei diritti umani, oltre a seguire attraverso la responsabilità per le violazioni dei diritti umani e la giustizia transitoria. ”
FONTE: addisstandard.com/news-ethiopi…
Focolai di colera
Focolai di colera rappresentano una minaccia mortale per i bambini già denutriti in Etiopia.
I bambini stanno affrontando un rischio crescente di malattie, poiché le epidemie di colera e morbillo stringono la loro presa sull’Etiopia, creando timori per i molti bambini vulnerabili che già soffrono di malnutrizione.
Un focolaio di colera sta interessando le regioni Oromia e la regione dei Somali, con almeno 1.055 casi segnalati, tra cui 28 decessi, da settembre 2022. Solo nell’ultimo mese segnalati più di 316 casi nelle due regioni, un salto del 30% rispetto a 739 casi di fine dicembre 2022, con un milione di persone a rischio malattia nelle due regioni.
Secondo le autorità sanitarie sono stati segnalati anche picchi nei casi di morbillo con 357 nuovi casi di morbillo e 6 decessi segnalati solo nell’ultima settimana di gennaio.
Una combinazione mortale di grave carenza d’acqua, scarsa igiene e servizi igienici, tra cui defecazione all’aperto e mancanza di opzioni di trattamento dell’acqua, sta portando alla rapida diffusione del colera, con una grave siccità che aggrava la situazione.
FONTE: addisstandard.com/news-measles…
Etiopia, incontro tra governo e rappresentanti del Tigray, TPLF
Etiopia, sabato 4 febbraio 2023, in mezzo alle crescenti preoccupazioni per il ripristino dei servizi ritardati e inadeguati, il Premier incontra il team negoziale tigrino e promette di accelerare il processo.
Secondo il dispaccio ufficiale sull’incontro, le due parti hanno discusso per due giorni lo stato di avanzamento dell’accordo di pace.
L’incontro inaspettato è avvenuto tra le crescenti preoccupazioni per il ripristino dei servizi di base ritardato e inadeguato nella regione del Tigray, tra cui banche, trasporti stradali e telecomunicazioni. Sebbene alcuni progressi siano stati registrati nella ripresa del trasporto aereo, nell’apertura dei servizi bancari e nel ripristino delle telecomunicazioni nella regione del Tigray, sotto un “blocco de facto” da due anni, i progressi sono stati lenti e i servizi ripresi restano inadeguati rispetto a i bisogni enormi.
Anche nell’area degli aiuti umanitari, dove si sono compiuti notevoli progressi da quando è stato concluso l’accordo di pace [accordo sulla “cessazione ostilità”, una tregua], l’ONU ha dichiarato il 2 febbraio che “sono rimaste alcune aree a cui non si ha ancora avuto accesso [umanitario – dall’accordo di PRetoria, dopo oltre 3 mesi]” per la consegna degli aiuti, e che per le consegne andate a buon fine il materiale ammonta a “più di 127.000 tonnellate di cibo… raggiungendo più di 3,8 milioni di persone.” (il Tigray è formto da +6 milioni di persone)
FONTE: addisstandard.com/analysis-ami…
Annuncio di nuove risorse per il Tigray
Sabato 4 febbraio 2023 Redwan Hussien, capo della sicurezza nazionale etiope, annuncia per mezzo social, DOPO l’incontro tra governo e rappresentanti del Tigray, TPLF, che:
Secondo la decisione presa dal primo ministro Abiy, la Banca nazionale ha iniziato a inviare 5 miliardi di Birr a Mekele da erogare a partire da lunedì. È un incremento multiplo rispetto ai 20 milioni precedenti. Inoltre, EAL ha aumentato i suoi voli da 3 a 5 a partire da oggi.
FONTE: twitter.com/RedwanHussien/stat…
Liquidità in Tigray e servizi di base ancora interrotti
Etiopia 6 febbraio 2023, la Banca centrale invia contanti alle banche del Tigray, mentre la crisi di liquidità paralizza le recenti riprese dei servizi
I residenti nella regione hanno manifestato la loro frustrazione per i fallimenti di tutte le banche della regione nel fornire servizi nonostante la ripresa dei servizi bancari nella regione.
“Tutte le banche del Tigray sono aperte ogni giorno durante l’orario di lavoro ma non forniscono alcun servizio finanziario alla gente”, ha detto Tsega’ab Kassa, residente di Mekelle ad Addis Standard.
Ha detto che a differenza di quanto riportato dai vari media, tutte le banche al momento non forniscono alcun servizio finanziario ma sono sempre aperte in orario di lavoro. “L’unica cosa che stanno facendo al momento è trasferire denaro dal conto corrente di un cliente al conto di un altro cliente”, ha detto.
Il giornalista Berihu Shiferaw, un altro residente a Mekelle, ha detto ad Addis Standard che “le banche, compresa la Commercial Bank of Ethiopia, non hanno ancora iniziato a offrire servizi che hanno reso la vita difficile alla gente. ”
FONTE: addisstandard.com/analysis-cen…
Scisma della Chiesa Ortodossa Etiope, Oromia e uccisioni
Scontri tra fedeli ortodossi, la polizia locale rivendica “vite di molti” a Shashemene; Santo Sinodo e governo in guerra di parole perché entrambi si attengono alle loro posizioni sullo scisma della Chiesa.
Scontri tra seguaci del cristianesimo ortodosso e la polizia locale nella zona dell’Arsi Ovest, città Shashemene della Regione Oromia sabato 04 febbraio “ha rivendicato la vita di molte persone”, ha detto un testimone oculare ad Addis Standard. Gli scontri sono scoppiati nella chiesa di San Michele durante una cerimonia di accoglienza per i membri del clero nominata dal nuovo “Holy Synod of Oromia and Nations and Nationalities.”
Secondo il testimone oculare, gli scontri sono avvenuti il 4 febbraio 2023 quando Abune Paulos, nominato dal “Santo Sinodo di Oromia e nazioni e nazionalità” per servire la diocesi dell’Arsi Occidentale, si è recato nella città di Shashemene e il gruppo di seguaci della chiesa hanno iniziato a protestare contro il “vescovo e la sua squadra” per essere stato accolto.
In precedenza alcune chiese della città hanno suonato le campane per richiamare i seguaci, ha aggiunto il testimone oculare, sottolineando che “in uno scontro tra i manifestanti e la polizia speciale regionale, due persone sono state uccise immediatamente.” Entrambi sono stati uccisi dalla polizia.
FONTE:
Incontro tra Italia ed Etiopia: visita del Primo Ministro Abiy Ahmed Ali da Mattarella e Giorgia Meloni
Lunedì 6 febbraio 2023 il PM Abiy Ahmed Ali con una delegazione è presente a Roma per incontri e accordi bilaterali e tavole rotonde con il Pres. Mattarella e la PM Giorgia Meloni.
FONTE: governo.it/it/agenda/2023-02-0…
Scuola e studenti nella regione Amhara
“Un totale di 520.000 scolari (di cui 250.000 sono sfollati) non ha accesso equo all’istruzione di base nella regione Amhara. Dei 520.000, circa 255.000 bambini nelle zone nord di Gonder, North Wello e WagHamra richiedono assistenza con materiale scolastico e alimentazione. Anche il personale scolastico, compresi gli insegnanti, ha bisogno di supporto mentale e psicosociale per riprendere i servizi. ”
FONTE: amharic.addisstandard.com/%e1%…
LordMax
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