Tigray, Aggiornamento Operativo del Centro di Coordinamento delle Emergenze. 27 Gen. 2023 // TGHAT
Questo rapporto è stato pubblicato dal Centro regionale di coordinamento delle emergenze del Tigray il 7 febbraio 2023. Include aggiornamenti dai seguenti cluster:
- Cibo
- agricoltura
- Rifugio di emergenza e NFI
- Logistico
- Nutrizione
- Salute
- WASH Cluster
- CCM
- Formazione scolastica
- Protezione
Si noti che l’aggiornamento di questa settimana è stato notevolmente più breve rispetto alle edizioni precedenti e fornisce meno dettagli. Si spera che questa sia un’aberrazione, piuttosto che una tendenza.
Principali punti salienti
- Per lo più vecchie notizie:
- Servizi essenziali parzialmente restaurati, no servizi commerciali.
- L’accesso stradale è migliorato, affrontando ancora problemi di linea di controllo.
- Lavoratori governativi, insegnanti, operatori sanitari ancora non pagati.
- La maggior parte delle strutture sanitarie e delle scuole sono state distrutte.
- Dal 2 novembre sono arrivate 148.000 tonnellate di aiuti, di cui solo il 51% distribuito.
- Le stime attuali sono di circa 2,5 tigrini sfollati.
Aggiornamenti per cluster:
Aggiornamento del cluster alimentare
- L’attuale popolazione bisognosa (PiN) di assistenza alimentare è di 6,5 milioni secondo la valutazione stagionale multisettoriale di Meher. C’è un divario di 1,3 milioni tra gli obiettivi del WFP/JEOP e l’effettiva necessità.
- Dalla fine di gennaio è in corso una nuova valutazione di emergenza sulla sicurezza alimentare condotta dal WFP.
- Sfide:
- Molti PiN, compresi gli sfollati interni, richiedono assistenza alimentare mensile. Il sistema basato sui turni non funziona.
- I gruppi di aiuto devono ancora affrontare difficoltà per raggiungere Adet, Egela e Naeder nella zona centrale; Erob e Gulo Mekeda nella zona orientale; e Dima nella zona nordoccidentale; così come l’intera zona occidentale.
- L’assistenza alimentare deve essere integrata con l’agricoltura e il sostegno ai mezzi di sussistenza al fine di migliorare la sicurezza alimentare. Per ulteriori informazioni sui bisogni agricoli del Tigray, vedere questo rapporto , anch’esso incluso in questa analisi .
- C’è carenza di liquidità. Con il sistema bancario nel Tigray ancora in crisi, i gruppi umanitari sono costretti a trasportare denaro contante nel Tigray in aereo.
- Hanno bisogno che la società civile locale del Tigray possa ripartire. I governi locali non sono stati in grado di pagare il personale, le forniture commerciali non sono disponibili ei servizi di base non sono ancora ripresi nelle aree del Tigray.
Gruppo Logistico
- Il cluster logistico non sembra fornire una suddivisione settimanale delle forniture umanitarie in arrivo nel Tigray.
- Mancanza di carburante che ostacola la distribuzione degli aiuti.
Cluster nutrizionale
- Quasi 44.000 bambini sotto i 5 anni sottoposti a screening per malnutrizione: il 5% presentava malnutrizione grave, il 19% presentava malnutrizione moderata, 2.483 bambini SAM ricoverati per assistenza, 114 ricoverati.
- 14.507 donne in gravidanza o in allattamento sottoposte a screening: il 40% gravemente malnutrito
- Il benessere degli operatori sanitari è citato come il maggiore ostacolo alla fornitura di servizi sanitari e nutrizionali tempestivi e di qualità; le sfide secondarie sono l’abuso dell’offerta e l’aumento del costo del RUSF.
WASH
- Il 72% degli schemi di approvvigionamento idrico è stato danneggiato (13.284 siti). Lasciando 4,7 milioni fuori dall’accesso all’acqua potabile sicura.
- Il 63% dei punti d’acqua nelle scuole è danneggiato.
- Il 76% dei punti d’acqua nelle istituzioni sanitarie è danneggiato.
- La risposta WASH deve aumentare considerevolmente, con forniture, finanziamenti e un sistema governativo pienamente funzionante.
Gruppo Salute
- Le attuali epidemie includono malaria, malattie diarroiche, malattie zoonotiche, tifo e HIV.
- Un numero “scioccante” di donne ha subito violenze di genere.
- Cifre di mortalità elevate rispetto all’anteguerra: materna (5 volte più alta), neonatale (4 volte più alta), neonato/bambino (2 volte più alta).
- Le strutture sono distrutte, gli operatori sanitari sono dispersi o non pagati, basso livello di forniture e farmaci, necessità schiacciante.
Cluster agricolo
- Progressi limitati nell’acquisizione di forniture e fattori di produzione per l’agricoltura.
- Nessun progresso nel ripristino dei sistemi di irrigazione.
- Le principali sfide citate erano: (1) risorse limitate; (2) input agricoli inadeguati (sementi, pesticidi, fertilizzanti); (3) controllo e prevenzione limitati delle malattie degli animali.
Duke Burbridge ha riassunto il rapporto: Tigray-Regional-Emergency-Coordination-Center-PPT-07-02-2023
FONTE: tghat.com/2023/02/08/tigray-em…
KLINT – GUILTY
Questo disco è una cassetta e solo in cassetta è come vi consiglio di ascoltarlo; così come il supporto dove si decide di dipingere è importante per definire la luce, il contrasto, l’impatto del colore e le sue sfumature, così è importante la musicassetta per cogliere l’immaginario di Klint, le sue visioni sonore su di un mondo senza tempo, che iniziano nel 1021 e stazionano, temporaneamente, nel 2023.
La visione di un vichingo sul percorso del genere umano: progresso, capitalismo, proprietà privata che si risolvono solo in nuove guerre. Un synth, una Drum machine, effetti per la voce, un mondo che crolla come sfondo.
#rave #hardcore #devocore #eggpunk #synthpunk
@Musica Agorà
Klint - Guilty - 2023
Questo disco è una cassetta e solo in cassetta è come vi consiglio di ascoltarlo; così come il supporto dove si decide di dipingere è importante per definire la luce, il contrasto, l’impatto del colore e le sue sfumature, così è importante la musicas…Tommaso Salvini (In Your Eyes ezine)
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TERREMOTO. Appelli ad aiutare la Siria isolata e sotto sanzioni
di Michele Giorgio*
Pagine Esteri, 8 febbraio 2023 – Venti uomini della Protezione civile libanese sono giunti ieri in Siria per partecipare alle operazioni di ricerca e salvataggio nelle aree devastate dal terremoto. Nelle prossime ore passeranno il confine anche 15 genieri dell’esercito del paese dei cedri. Ed è in viaggio una squadra della Croce Rossa su richiesta dei governi di Libano e Siria e in coordinamento con la Mezzaluna Rossa siriana. Il governo Mikati inoltre ha messo a disposizione l’aeroporto di Beirut e i porti di Beirut e Tripoli per ricevere aiuti umanitari destinati alla Siria. Le conseguenze devastanti del sisma hanno avuto il sopravvento sui rapporti «complessi» tra Damasco e Beirut.
Il Libano fa parte di quei paesi – Russia, Iran, Bahrain, Emirati, Algeria, Pakistan, Mauritania, Sudan, Giordania, Egitto e Tunisia – che si sono attivati per portare soccorsi alla Siria, a differenza di Stati uniti e Unione europea che escludono di poter cooperare con il governo siriano e garantiranno aiuti diretti solo alle regioni nordoccidentali non controllate da Damasco, come quella di Idlib che è in gran parte nelle mani di formazioni jihadiste e qaediste schierate contro le autorità centrali. Il terremoto non ha colpito solo il territorio siriano al confine con la Turchia. Popolazioni allo stremo e distruzioni enormi si registrano anche in altre zone della Siria. Ieri alti funzionari dell’Oms hanno lanciato l’allarme sull’emergenza umanitaria in cui si trova il paese a causa della guerra civile – che ha ucciso mezzo milione di persone e costretto circa la metà della popolazione ad abbandonare le proprie case – e della recente epidemia di colera.
Secondo Adelheid Marschang, del dipartimento per le emergenze dell’Oms, la Turchia possiede la capacità di rispondere alla crisi mentre i principali bisogni umanitari nell’immediato e nel medio termine sono in Siria. «Questa è una crisi che va ad aggiungersi a molteplici crisi nella regione colpita» ha spiegato Marschang. «In tutta la Siria – ha aggiunto – le necessità sono cresciute dopo quasi 12 anni di crisi e i finanziamenti umanitari continuano a diminuire». L’appello dell’Oms giunge dopo quello lanciato dalla Mezzaluna Rossa Araba Siriana (Mlrs) ai paesi occidentali affinché revochino le sanzioni economiche e forniscano aiuti. «I paesi dell’Ue devono revocare le sanzioni alla Siria. È giunto il momento dopo questo terremoto» ha esortato Khaled Haboubati, capo della Mlrs, rivolgendosi direttamente anche all’Agenzia Usa per lo sviluppo (USAid).
Damasco attribuisce i suoi gravi problemi finanziari e la responsabilità della crisi umanitaria nel paese alle sanzioni occidentali imposte sulla scia del conflitto cominciato nel 2011. Sanzioni che sono state aggravate dal Caesar Act statunitense, entrato in vigore nel 2020, che paralizza buona parte dei rapporti economici e commerciali della Siria. E se è vero che il territorio siriano sotto il controllo del governo centrale già riceve aiuti attraverso le Nazioni unite, è altrettanto vero che le agenzie internazionali non hanno potuto sino ad oggi avviare la ricostruzione del paese per la netta opposizione degli Stati uniti e dell’Ue. Secondo i governi occidentali, il via libera a un’ampia ricostruzione internazionale della Siria rappresenterebbe un riconoscimento della vittoria militare del presidente Bashar Assad che lo porterebbe ad escludere una soluzione politica negoziata con l’opposizione.
Calcoli politici e sanzioni che penalizzano solo la popolazione civile. Il terremoto aggrava la condizione di milioni di siriani già in miseria. L’Onu avverte che almeno 2,9 milioni di persone in Siria sono alla fame e che altri 12 milioni rischiano la stessa sorte. Il pugno duro occidentale inoltre lega in modo più stretto la Siria all’Iran che, poche ore dopo il terremoto, ha cominciato il ponte aereo con Damasco fornendo attrezzature e assistenza umanitaria. E lo stesso vale per la Russia, pronta ad aiutare il suo principale alleato in Medio oriente. Intanto l’ambasciatore siriano all’Onu, Bassam Sabbagh, ha assicurato al segretario generale Antonio Guterres che qualsiasi aiuto raggiungerà l’intera popolazione siriana. Pagine Esteri
*Questo articolo è stato pubblicato in origine dal quotidiano Il Manifesto
https://ilmanifesto.it/appelli-ad-aiutare-la-siria-isolata-e-sotto-sanzioni
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VIDEO. Cinque palestinesi uccisi dall’esercito israeliano a Aqabet Jaber (Gerico)
della redazione
(foto di Quds news network)
Pagine Esteri, 6 febbraio 2023 – Cinque palestinesi, pare tutti combattenti, sono stati uccisi nella notte durante un massiccio raid dell’esercito israeliano nel campo di Aqabat Jaber a Gerico. I militari hanno preso i corpi degli uccisi. Sono almeno 40 i palestinesi caduti sotto il fuoco di forze israeliane dall’inizio dell’anno. In gran parte erano militanti di organizzazioni armate ma tra di essi figurano anche civili. Nel campo profughi di Jenin, alla fine di gennaio, sono stati uccisi in un solo giorno 10 palestinesi tra cui una donna di 61 anni. Il giorno successivo a quel raid sanguinoso, un palestinese ha aperto il fuoco contro israeliani a Neve Yaacov, un insediamento a nord di Gerusalemme, uccidendo sette israeliani.
I comandi militari affermano che due degli uccisi a Aqabet Jaber sarebbero gli autori di spari all’inizio della scorsa settimana contro un ristorante frequentato da coloni israeliani vicino a Gerico , che non aveva fatto vittime. L’esercito di occupazione, che aveva tentato un raid nel campo profughi qualche giorno fa, ha arrestato anche due giovani feriti, che versano in gravi condizioni, e continuano a tenere sotto pressione la città di Gerico. Immagini filmate mostrano un drone israeliani caduto o abbattuto sul campo profughi. I movimenti islamici Hamas e Jihad hanno annunciato che queste uccisioni saranno vendicate. Pagine Esteri
GUARDA IL VIDEO
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PODCAST. Al Burhan accoglie Eli Cohen. Il Sudan firmerà gli Accordi di Abramo
della redazione
Pagine Esteri, 3 febbraio 2023 – Il ministro degli esteri israeliano Eli Cohen è giunto ieri a Khartoum per stringere i rapporti con i militari golpisti sudanesi e formalizzare la normalizzazione con il Paese africano cominciata nel 2020. Il governo Netanyahu in questo modo legittima la giunta sudanese responsabile di crimini contro i civili e di aver bloccato la transizione democratica cominciata nel 2019. Su questi ultimi sviluppi abbiamo intervistato Lorenzo Scategni, volontario a Khartoum e osservatore della realtà politica e sociale sudanese.
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Per il ministro francese del commercio, il settore del commercio internazionale deve affrontare un "cambio di paradigma"
@Politica interna, europea e internazionale
"C'è un deficit strutturale, che c'è sin dalla deindustrializzazione della Francia negli anni '90, e oggi ne stiamo pagando un prezzo pesante", ha detto Becht ai giornalisti durante la conferenza stampa."Abbiamo deindustrializzato il Paese in una finestra di 20 anni, avremo bisogno di un decennio per invertire la rotta", ha aggiunto. Ciò significa proteggere gli interessi dell'UE da sussidi di paesi terzi e pacchetti di agevolazioni fiscali, l'ultimo dei quali è l'Inflation Reduction Act (IRA) degli Stati Uniti, introdotto dall'amministrazione Biden a novembre.
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In Cina e Asia – Pallone-spia: nuove proteste da Pechino, ma nessun dialogo con il Pentagono
Pallone-spia: nuove proteste da Pechino, ma nessun dialogo con il Pentagono
Biden: "Oggi gli Usa possono competere con la Cina"
Intelligence Usa: "La Cina usa i palloni per un programma di spionaggio globale"
Xi: "Il modello cinese, un dono all'umanità"
Pechino preoccupata per la situazione in Ucraina
La Cina invia aiuti per i terremotati in Turchia
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informapirata ⁂ reshared this.
Bing e Edge con ChatGPT: Microsoft reinventa la ricerca con l’intelligenza artificiale
#web #Intelligenza Artificiale
Bing e Edge con ChatGPT: Microsoft reinventa la ricerca con l’intelligenza artificiale
Microsoft ha annunciato una nuova versione del motore di ricerca Bing e del browser Edge basati sull'intelligenza artificiale di ChatGPTAndrea De Marco (01net)
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La Polonia, nuova superpotenza militare
di Marco Santopadre*
Pagine Esteri, 7 febbraio 2023 – La Polonia è in prima fila nel sostegno politico e militare all’Ucraina. Le sue pressioni sono state fondamentali per convincere i paesi europei più scettici – in primis la Germania – ad inviare a Kiev i carri armati Leopard. Centrato l’obiettivo, Varsavia perora ora la causa dell’invio nel paese invaso dei caccia F16. Nei mesi scorsi, poi, l’esecutivo polacco aveva sostenuto la richiesta ucraina di una no-fly zone imposta dalla Nato almeno sulle regioni occidentali ucraine – che avrebbe portato allo scontro militare diretto con Mosca – e poi una provocatoria “missione di pace” armata sempre dell’Alleanza Atlantica.
Varsavia, il perno della strategia Usa in Europa
La Polonia ha ampiamente sfruttato la crisi ucraina a proprio beneficio. Ha ottenuto, ad esempio, la realizzazione della Baltic Pipe, il gasdotto che da settembre trasposta il gas estratto in Norvegia fino alle sue regioni occidentali, passando dalla Danimarca. Anche il pensionamento del Nord Stream e la rottura dell’asse energetico e diplomatico tra Berlino e Mosca possono essere considerate una vittoria della diplomazia polacca, oltre naturalmente che dell’amministrazione statunitense.
La radicalizzazione dello scontro tra l’Alleanza Atlantica e la Federazione Russa e la polarizzazione militare globale innescate dall’invasione russa dell’Ucraina stanno trasformando Varsavia da paese di seconda fila dell’UE in perno centrale delle strategie della Nato, di cui il paese fa parte dal 1999.
Sembrano passati secoli da quando l’UE minacciava la Polonia di sospendere i fondi comunitari e Bruxelles bacchettava il governo ultranazionalista di Varsavia per le ripetute violazioni dello stato di diritto e gli ostacoli frapposti all’esercizio dei diritti delle donne.
Da decenni ormai la Polonia rappresenta la principale sponda delle mire egemoniche statunitensi in Europa. Washington fa leva in particolar modo sui paesi dell’Europa orientale per intralciare il progetto di una Unione Europea “superpotenza autonoma” perorato in particolare da Francia e Germania.
La recente elezione alla presidenza della Repubblica Ceca del generale in congedo Petr Pavel, ex leader del comitato militare della Nato dal 2015 al 2018, rappresenta un segnale quantomai significativo sulle tendenze in atto nei paesi dell’ex blocco socialista.
Un genuino timore di essere aggredita militarmente da Mosca, unito alla volontà di rivalsa nei confronti sia della Russia sia della Germania (colpevoli storicamente di aver smembrato il paese o di averne bloccato le mire espansioniste), in un contesto caratterizzato dal boom della russofobia e da un nazionalismo sciovinista e reazionario, hanno posizionato il paese sulla prima linea del fronte tra est e ovest.
Biden visita le truppe Usa in Polonia
Spese militari alle stelle
La classe dirigente polacca, però, non si accontenta dell’accresciuto ruolo geopolitico del paese e punta a farne rapidamente una superpotenza militare convenzionale.
Il progetto, caldeggiato fin dal 2006 soprattutto dai nazional-conservatori di “Diritto e Giustizia” (PiS), partito della destra radicale al potere dal 2015, è stato definitivamente sdoganato e accelerato dall’inizio delle operazioni belliche in Ucraina.
Il 17 marzo 2022, neanche un mese dopo l’inizio dell’invasione, il parlamento di Varsavia ha votato all’unanimità la “legge per la difesa della patria”, che prevede il raddoppio degli effettivi delle forze armate e delle spese militari entro il 2035, con un esborso complessivo di 115 miliardi di euro.
Già nel 2022, comunque, la Polonia ha speso il 2,4% del suo Pil per il bilancio della Difesa, piazzandosi terza all’interno dell’Alleanza Atlantica dopo la Grecia (3,76%) e gli Stati Uniti (3,47%) e poco al di sopra della Lettonia (2,36%).
Si trattava però solo del primo traguardo di una corsa al riarmo assai più ambiziosa. «La guerra in Ucraina ci fa armare ancora più velocemente. Ecco perché quest’anno faremo uno sforzo senza precedenti: il 4% del Pil per l’esercito polacco» ha annunciato il premier Mateusz Morawiecki in una conferenza stampa realizzata il 30 gennaio. Quest’anno, per sostenere l’espansione e l’ammodernamento delle proprie forze armate, Varsavia intende spendere quasi 29 miliardi. Una cifra spropositata per un paese di appena 38 milioni di abitanti, ma che potrebbe crescere ulteriormente visto che il governo intende portare la spesa militare al 5% della sua ricchezza nazionale.
Il pieno di armi da Usa e Sud Corea
L’obiettivo principale è, innanzitutto, sostituire gli arsenali dell’epoca sovietica (in parte già ceduti all’Ucraina) con armi e mezzi d’avanguardia. In prospettiva, però, Varsavia mira a dotarsi di un esercito possente, superiore anche a quello della vicina Germania, che pure lo scorso anno ha stanziato 100 miliardi per modernizzare una Bundeswehr assai malmessa.
Così, Varsavia nell’ultimo anno ha firmato una sfilza di contratti d’acquisto di mezzi e attrezzature, principalmente dagli Stati Uniti e dalla Corea del Sud, snobbando quasi del tutto l’industria militare europea a parte qualche elicottero commissionato all’italiana Leonardo.
La primavera scorsa, Varsavia ha firmato un accordo da 5 miliardi per l’acquisto di 250 carri armati statunitensi Abrams e recentemente ne ha richiesti altri 116. Inoltre da Washington la Polonia otterrà 32 caccia F-35 (4,6 miliardi) per sostituire gli ormai obsoleti F-16. Per rafforzare il proprio sistema antimissilistico, inoltre, dal marzo scorso il paese ha ordinato un consistente stock di missili Patriot e ben 500 missili HIMARS.
La Polonia ha anche firmato un contratto da 12 miliardi con aziende sudcoreane per la fornitura di 580 carri armati Hyundai Rotem K2 Black Panther (che entro la fine del decennio intende portare a 1000), 700 obici Hanwha Defense, 50 caccia FA-50 e 288 lanciarazzi multipli K239.
Inoltre, Varsavia ha deciso di acquistare un certo numero di droni da bombardamento Bayraktar dalla Turchia ed ha pattuito la presenza permanente del V Corpo d’Armata statunitense sul proprio territorio.
Come se non bastasse, politici e generali polacchi continuano a chiedere a Washington di piazzare alcuni missili a testata nucleare nelle basi della Nato esistenti nel paese.
“L’esercito più grande d’Europa”
Oltre a fare il pieno di armi, Varsavia intende aumentare gli effettivi dell’esercito fino a raggiungere almeno le 300 mila unità entro il 2030, dotandosi così di una forza armata quasi doppia rispetto a quella della Germania, paese che però possiede più del doppio della popolazione. Attualmente l’esercito della Polonia può contare su 150 mila membri, più i 30 mila (che dovrebbero diventare 50 mila) inquadrati nella Forza Territoriale di Difesa (OTK), un corpo istituito nel 2017 e composto da volontari che periodicamente si addestrano all’uso delle armi e alle tattiche militari. Se il paese riuscirà a trasformare in realtà gli obiettivi fissati dal Ministro della Difesa Mariusz Blaszczak, la Polonia – il cui Pil nel 2022 è cresciuto del 4,9% – potrà contare sul «più grande esercito di terra del continente europeo».
«Ogni centimetro della nostra terra è santificato dal sangue polacco. Le prossime generazioni devono avere una Polonia sicura. Per raggiungere questo obiettivo c’è bisogno di un esercito forte» ha chiarito il premier Morawiecki.
Marcia dell’estrema destra in occasione del Giorno dell’Indipendenza
I muri con Russia e Bielorussia
Il governo del PiS ha anche deciso di costruire un muro al confine con l’exclave russa di Kaliningrad. I lavori dovrebbero iniziare già nel mese di marzo. La barriera, della lunghezza prevista di 210 chilometri, sarà composta da tre recinzioni parallele di filo spinato alte 2,5 metri e includerà anche numerosi sensori e telecamere. Per giustificare la decisione, Varsavia ha addotto la necessità di bloccare i flussi migratori illegali; per lo stesso motivo la Polonia ha già realizzato nei mesi scorsi un’analoga barriera al confine con la Bielorussia, accompagnata da una “zona interdetta” larga 3 chilometri poi ridotta a 200 metri.
Censura e carcere per i giornalisti non in linea
Non stupisce, in questo clima da crociata bellicista, che nel paese si moltiplichino gli episodi di censura e di repressione.
La scorsa settimana l’emittente statale TVP ha licenziato in tronco Magdalena Wolinska-Riedi, la sua corrispondente da Roma dal 2015, per aver pubblicato dei tweet non in linea con l’ideologia ufficiale ormai imposta dal partito dei fratelli Kaczynski e da un’opinione pubblica sempre più sciovinista. In uno, pubblicato in occasione della Giornata della Memoria, la giornalista aveva scritto «È necessario trasmettere alle giovani generazioni la conoscenza delle profondità dell’inferno che i nazisti hanno preparato per il mondo». Molti lettori hanno protestato perché la corrispondente non ha utilizzato il termine “tedeschi” riferendosi ai nazisti, sottintendendo che la responsabilità del massacro sia da attribuire anche ai polacchi. Replicando alle critiche, Wolinska-Riedi ha aggiunto: «I russi di oggi sono responsabili della guerra in Ucraina o lo sono Putin e i suoi uomini? Quindi stigmatizziamo l’intera nazione russa per la follia di Putin. Probabilmente solo noi polacchi, che abbiamo succhiato l’odio con il latte materno, possiamo interpretare le cose in questo modo».
«Nella Tvp non c’è posto per le parole che attaccano l’interesse nazionale polacco. Tvp non si identifica con dichiarazioni che fanno parte della propaganda russa» ha incredibilmente sostenuto la direzione del canale televisivo, annunciando il benservito.
Nel frattempo rimane rinchiuso in un carcere di massima sicurezza polacco il giornalista spagnolo Pablo Gonzalez arrestato nel febbraio del 2022 dai servizi segreti di Varsavia mentre si trovava al confine con l’Ucraina per documentare l’arrivo dei profughi in fuga dalla guerra per conto di alcuni quotidiani e di un’emittente televisiva spagnola. Nato a Mosca nel 1982 da figli di due antifascisti baschi che ripararono in Unione Sovietica dopo la vittoria dei franchisti, Gonzalez è accusato dalle autorità polacche di essere una spia russa. Un gran numero di giuristi, giornalisti ed intellettuali iberici ha chiesto la sua liberazione vista anche l’assoluta mancanza di prove a sostegno dell’accusa, ma finora Varsavia ha risposto picche, confortata dallo scarso interesse per la vicenda dimostrato dal governo spagnolo. – Pagine Esteri
* Marco Santopadre, giornalista e scrittore, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria.
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PODCAST ECUADOR. I candidati della destra perdono le roccaforti, vince la Revolución Ciudadana
di Eliana Riva –
Pagine Esteri, 7 febbraio 2023 – Da Quito, Ecuador, Davide Matrone ci aggiorna sui risultati del referendum e delle elezioni comunali, regionali, quelle per il rinnovo dei membri del Consiglio di Partecipazione Cittadina e Controllo Sociale. Il governo Lasso ne esce con le ossa rotte, vince le Revolución Ciudadana, il partito dell’ex presidente Rafael Correa, che conquista 9 regioni e il Pachakutik, il partito di sinistra del Movimento Indigeno.
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‘Ungherizzare’ l’Italia, l’obiettivo di Giorgia Meloni
Si cerca sempre e sempre più spesso, di dipingere questo Governo, come una consorteria di sostanziali incapaci un po’ bambinoni irrequieti, guidati però da una signora, a sua volta poco capace, ma ‘intelligente’. Che, sempre nel giudizio comune, fa continue marce indietro. Orbene, al di là del fatto che, fossi io la Meloni, sentirmi definire […]
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Grande competizione in Siberia
L’altro lato della guerra in Ucraina è la continuazione della battaglia tra Russia e Stati Uniti per mantenere o catturare la Siberia. Washington è consapevole del fatto che la Siberia e le sue risorse possono garantire la leadership degli Stati Uniti nel mondo per i prossimi cento anni. La Russia sta anche cercando di garantire […]
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Etiopia, L’Alto Commissario delle Nazioni Unite Filippo Grandi visita gli sfollati a Mekelle, Tigray
L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati Filippo Grandi si è recato questa settimana nella regione del Tigray in Etiopia per incontrare le famiglie sfollate a causa del conflitto.
Dal suo arrivo in Etiopia il 5 febbraio, Grandi ha anche incontrato il presidente dell’Etiopia e i rifugiati eritrei nel campo di Alemwach ad Amhara.
I rifugiati eritrei in Etiopia hanno subito attacchi mirati negli ultimi due anni di guerra. A dicembre, l’UNHCR ha collaborato con i partner per trasferire 7.000 rifugiati eritrei dal Tigray occidentale ad Alemwach.
Sebbene l’accesso agli aiuti al Tigray sia migliorato da quando a novembre è stato firmato un accordo di pace tra il governo federale e le forze del Tigray, le risorse rimangono limitate rispetto alle necessità, secondo un rapporto delle Nazioni Unite.
Grandi ha affermato attraverso una dichiarazione rilasciata su Twitter che l’accordo di pace ha consentito alle agenzie umanitarie di fornire maggiori aiuti nelle aree dell’Etiopia settentrionale colpite dal conflitto.
Dall’accordo, il governo federale ha ripristinato i servizi di base e gli aiuti umanitari nella regione. Come parte dell’accordo, i combattenti del Tigray hanno consegnato armi pesanti al governo federale, mentre le forze speciali di Amhara hanno lasciato la regione del Tigray. Il 3 febbraio, il primo ministro Abiy Ahmed ha incontrato per la prima volta i leader del TPLF per discutere l’attuazione dell’accordo di pace.
FONTE: voanews.com/a/un-high-commissi…
Le scuole residenziali cinesi separano un milione di bambini tibetani dalle loro famiglie, afferma l'ONU
@Notizie dall'Italia e dal mondo
Questa la dichiarazione congiunta di Fernand de Varennes, relatore speciale delle Nazioni Unite sulle questioni delle minoranze; Farida Shaheed, relatrice speciale sul diritto all'istruzione; e Alexandra Xanthaki, relatrice speciale nel campo dei diritti culturali.
"Il sistema scolastico residenziale per bambini tibetani sembra agire come un programma obbligatorio su larga scala inteso ad assimilare i tibetani nella cultura a maggioranza Han, contrariamente agli standard internazionali sui diritti umani"
L'articolo completo di Charlie Campbell è stato pubblicato sul Time
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RIFONDAZIONE COMUNISTA CHIEDE LO STRALCIO DELL’INTESA TRA LA MULTIUTILITY DEL NORD-OVEST IREN E L’ISRAELIANA MEKOROT: NON SI FACCIANO AFFARI CON CHI PRATICA L’APARTHEID IDRICO
Rifondazione Comunista sostiene la campagna per la revoca del protocollo d’intesa fra Iren spa, la multiutility italiana attiva in Emilia-Romagna, Liguria e PRifondazione Comunista
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Etiopia, palazzo faraonico per il Premier Abiy Ahmed, preso da manie di grandezza
Laghi artificiali, zoo, ville di lusso… Gli impulsi edilizi del leader etiope sono sproporzionati. Il Progetto Chaka, sulle alture di Addis Abeba, prenderà un’area di 503 ettari nella foresta di Yeka.
Soldati federali fanno la guardia lungo la strada appena asfaltata che attraversa, per una trentina di chilometri, la foresta di Yeka, alla periferia di Addis Abeba. In questi boschi che sovrastano la capitale etiope sta emergendo un cantiere faraonico. Il primo ministro, Abiy Ahmed, ha deciso di costruirvi, con tutta discrezione, un gigantesco complesso. Si intravedono le fondamenta dietro i prefabbricati blu di un’impresa edile cinese che si ergono nel fango, su una collina solitamente frequentata da fondisti di giorno e da iene di notte.
Il Progetto Chaka rispecchia le ambizioni del capo del governo etiope: sproporzionato. Su un’area di 503 ettari dovrebbe comprendere un palazzo che dovrebbe ospitare il presidente del Consiglio, ma anche tre laghi artificiali, uno zoo, una cascata e un progetto immobiliare di ville di lusso. Lo stesso Abiy Ahmed lo ha riconosciuto davanti al Parlamento il 15 novembre 2022:
“Abbiamo sentito in città che il Primo Ministro sta costruendo un palazzo per la somma di 49 miliardi di birr [circa 850 milioni di euro] , mentre ‘Veramente sarà di circa 400 miliardi o 500 miliardi di birr. A titolo di paragone, la costruzione del “palazzo dalle mille stanze”, inaugurato nel 2014 dal presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ad Ankara,era costato 491 milioni di euro.
Prezzo colossale
Ma il Premio Nobel per la Pace 2019 non intende frenare il suo slancio costruttivo.
“Non sono venuto in Parlamento con l’intenzione di chiedervi soldi per costruirlo “, ha detto ai parlamentari.
Il finanziamento del progetto dipenderà da fondi privati. Secondo diversi funzionari del municipio di Addis Abeba che hanno parlato in condizione di anonimato, il costo totale del progetto Chaka potrebbe raggiungere circa 800 miliardi di birr (13,8 miliardi di euro), una somma approssimativamente equivalente al budget annuale etiope. Secondo queste stesse fonti, gli Emirati Arabi Uniti, stretti alleati di Abiy Ahmed, finanzierebbero gran parte del palazzo. L’entourage del leader etiope conta anche sulle ricadute economiche dei vari progetti immobiliari per assicurarne la fattibilità.
Non è la prima volta che il Presidente del Consiglio aggira in questo modo il Parlamento. Per i suoi precedenti progetti infrastrutturali, ha più volte fatto appello a ricchi etiopi della sua cerchia o della diaspora, raccogliendo miliardi di birr in occasione di cene di gala chiamate “Dine for Ethiopia”. Dal 2018, l’uomo forte di Addis Abeba ha intrapreso, con grandi spese, una serie di vistosi progetti destinati ad abbellire la capitale: ammodernamento della centrale piazza Meskel, conversione del palazzo dell’imperatore Haile Selassie in un museo, creazione di numerosi parchi, biblioteche e musei…
Oggi il nuovo palazzo è diventato “la sua principale preoccupazione”, confida un dirigente del Partito della Prosperità (Prosperity Party), la formazione del Primo Ministro. Abiy Ahmed visita spesso i locali, situati a meno di 5 chilometri dal suo attuale ufficio. Ma il sontuoso palazzo in costruzione non è per tutti i gusti. Oltre al suo prezzo colossale, il sito porta al disboscamento di parte del sito di Yeka e all’esproprio di migliaia di famiglie che vivono sulle alture della capitale.
Il municipio ha già raso al suolo diverse case di persone che non potevano provare il loro titolo di proprietà. Da quando ha ricevuto una visita inaspettata dai funzionari della città, una madre che desidera rimanere anonima dice di aver vissuto nella paura dello sfratto, si lamenta davanti ai suoi tre figli.
“Quando abbiamo chiesto loro specificamente perché dovevamo lasciare la nostra terra, ci hanno esortato ad accettare gli ordini del governo, rifiutandosi di darci dettagli sul sito in costruzione ”.
Economia sull’orlo del collasso
Uno dei suoi vicini è stato arrestato per aver protestato un po’ troppo forte contro le nuove linee guida.
“Mi hanno accusato di essere un criminale perché mi oppongo a un progetto governativo.
L’unico scopo di questo progetto è quello di compiacere il Primo Ministro, che vuole stabilire attorno a sé un’immagine simile a quella degli imperatori etiopi nonostante tutti i problemi che il Paese sta attraversando.”
Lodato per le sue riforme liberali quando è salito al potere nel 2018, Abiy Ahmed deve ora fare i conti con un’economia sull’orlo del collasso. Il Paese è uscito incruento dalla guerra che ha opposto, dal 2020 al 2022, le forze federali e i loro alleati ai ribelli del Tigray, nel nord, provocando oltre 600.000 vittime, secondo l’Unione Africana. L’inflazione galoppante, spinta dall’aumento dei prezzi alimentari, ha superato il 30% in media annua nel 2022. L’agenzia Fitch Ratings ha rivisto al ribasso il rating a lungo termine dell’Etiopia all’inizio di gennaio a causa di un “significativo rischio di default del debito” .
Le autorità stimano in 20 miliardi di dollari (18,6 miliardi di euro) il costo della ricostruzione nel nord del Paese.
“In uno scenario senza guerra civile e senza pandemia di coronavirus, un progetto del genere avrebbe potuto convincere i più scettici. Ma per come stanno le cose, le ambizioni narcisistiche del primo ministro non sono accettabili , ha detto uno studioso etiope in condizione di anonimato. (…) [Abiy Ahmed] crede di poter cambiare l’Etiopia attraverso la costruzione di monumenti moderni. Pensa che puoi cambiare la mentalità di una popolazione cambiando il suo ambiente fisico. In verità, vivere ad Addis Abeba è diventato più costoso a causa dei suoi piani.”
FONTE: lemonde.fr/afrique/article/202…
Gli Stati Uniti ampliano la presenza militare nelle Filippine
Il 2 febbraio 2023 è stat diffusa la notizia di un incontro tra i segretari alla Difesa statunitensi e filippini che consentiva l’uso statunitense delle basi militari filippine, suggerendo che il numero totale di basi da mettere a disposizione delle forze statunitensi è salito a nove. L’annuncio sembra segnare un modesto cambiamento rispetto alla precedente posizione […]
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Grande competizione di potere in Siberia
L’altro lato della guerra in Ucraina è la continuazione della battaglia tra Russia e Stati Uniti per mantenere o catturare la Siberia. Washington è consapevole del fatto che la Siberia e le sue risorse possono garantire la leadership degli Stati Uniti nel mondo per i prossimi cento anni. La Russia sta anche cercando di garantire […]
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Quali sono le speranze del Cremlino per la sua guerra contro l’Ucraina?
Nel dodicesimo mese della guerra della Russia contro l’Ucraina, gli analisti vicini al Cremlino lanciano sempre più l’allarme che il popolo russo dovrebbe prepararsi per un conflitto a lungo termine. Allo stesso tempo, in passato, tali dichiarazioni erano sempre accompagnate da narrazioni propagandistiche sugli Stati Uniti che trascinavano la Russia in una guerra di lunga […]
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Regionalismo scombiccherato
Da giorni si sta parlando del nulla. Ci si accapiglia scompostamente sul 41 bis dell’ordinamento penitenziario avendo l’unanimità nel mantenerlo e zero proposte su come modificarlo per renderlo civile. Sotto lo schiumare delle polemiche restano le faccende di sostanza, come la quella del regionalismo differenziato, che così come è stato concepito non funzionerà mai.
Importante la voce di un costituzionalista che citiamo non perché la sua firma ha onorato La Ragione, ma perché è stato capo di gabinetto in questo governo, proprio sul fronte delle riforme istituzionali. Tutto si può dire di Alfonso Celotto, ma non che sia pregiudizialmente ostile al governo. Dice Celotto: <<Il rischio maggiore è la confusione. Serve un chiarimento su chi ha la competenza nei diversi settori. E questa riforma non chiarisce affatto. Andiamo verso il federalismo? Allora c’è bisogno di un intervento sulla Costituzione. In caso contrario, rischiamo di incappare in una serie di conflitti fra Stato e Regioni. In pratica, di complicare ancor più la situazione a livello burocratico>>.
Quel che sottolinea è logicamente e giuridicamente insuperabile e solo a causa di una politica fatta di slogan e inutili contrapposizioni non è politicamente centrale. In materia di regionalismo non ci sono schieramenti esenti da colpe, il che dovrebbe indurre a creare un dialogo istituzionale per uscire dal pasticcio combinato dalla sinistra nel 2001. Invece è ripartita una corsa fra estremismi. ScassaStato.
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Lo Scisma della Chiesa Ortodossa Etiope Tewahedo – EOTC in Oromia
Contesto
Giovedì 26 gennaio 2023 il Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa Etiope (EOTC) ha scomunicato tre arcivescovi separatisti e 25 episcopati nominati accusandoli di essere coinvolti in “unzioni illegali” all’insaputa della chiesa.
Sabato 28 gennaio, i tre arcivescovi e il 25 episcopato hanno scomunicato 12 arcivescovi dei membri del Santo Sinodo EOTC come contromisura, seguiti dall’invio nel fine settimana dei vescovi alle loro diocesi assegnate.
L’evento che ha portato a quella che ora è potenzialmente diventata una scissione dell’EOTC è avvenuto presso la Haro Beale Wold Church nella città di Woliso, nella zona sud-occidentale della Shoa nello stato regionale di Oromia, il 22 gennaio, dove Sua Santità Abune Sawiros (PhD), L’arcivescovo della diocesi di South West Shoa, insieme ad altri due arcivescovi, ha nominato 26 vescovi: 17 vescovi per le diocesi situate nella regione dell’Oromia e 9 vescovi per le diocesi al di fuori dell’Oromia senza il coinvolgimento del Santo Sinodo, creando un diffuso shock e rabbia tra molti di seguaci della chiesa.
Sua Santità Abune Sawiros ha spiegato che la decisione di nominare il 26° episcopato è stata presa per risolvere problemi di lunga data all’interno della chiesa per non aver servito i credenti nelle loro lingue native e distaccati dalla loro cultura, il che ha provocato la perdita di milioni di credenti negli ultimi anni, in particolare in Oromia e nella regione meridionale.
Tuttavia, la nomina è stata definita “illegale” da Sua Santità Abune Mathias I, Patriarca della Chiesa ortodossa etiope Tewahedo (EOTC) che ha convocato una riunione di emergenza per affrontare l’evento che ha definito “un grande evento che ha preso di mira la Chiesa”
Lo scisma ha provocato vittime a Shashemene, Oromia
Tre persone sono state uccise sabato 4 febbraio 2023 in attacchi contro una chiesa nel sud dell’Etiopia, secondo quanto riferito da un media religioso. Le uccisioni sono avvenute per mano delle forze dell’ordine regionali su alcuni civili chiamati a raccolta dal suono delle campane a Shashemene.
Le violenze sono scoppiate sullo sfondo delle tensioni nell’antica chiesa ortodossa etiope Tewahedo dopo che i vescovi ribelli hanno creato il proprio sinodo in Oromia, la regione più popolosa dell’Etiopia.
Abune Henok, arcivescovo della diocesi di Addis Abeba, ha descritto gli incidenti nella città oromo di Shashamene come “vergognosi e strazianti”, secondo il Tewahedo Media Center (TMC), affiliato alla Chiesa.
Il TMC ha dichiarato che 2 giovani cristiani ortodossi sono stati uccisi e altre 4 persone ferite, quando le forze speciali di Oromia hanno attaccato la chiesa di Shashamene, che si trova a circa 250 chilometri a sud di Addis Abeba.
Successivamente ha detto che c’era stato un fuoco di cecchino sulla chiesa dai grattacieli vicini che aveva ucciso 1 donna e ferito altri civili.
Sempre secondo TMC, Abune Henok ha invitato le autorità di Oromia, la più grande regione dell’Etiopia, a fermare la “persecuzione” dei cristiani ortodossi, secondo il TMC.
Una dichiarazione rilasciata dal Santo Sinodo ha successivamente esortato il clero e i fedeli a vestirsi di nero in segno di protesta e ha chiesto manifestazioni pacifiche nelle chiese in patria e all’estero il 12 febbraio.
Lo scisma, dichiarazioni ed appelli
La Chiesa ortodossa etiopica, una delle più antiche del mondo e che rappresenta circa il 40 per cento dei 115 milioni di abitanti del Paese, è sotto attacco e minacciata dopo il scisma del clero ribelle il mese scorso.
I leader ortodossi si sono lamentati a lungo della persecuzione religiosa, compreso l’incendio di chiese diversi anni fa, e le relazioni con il governo sono state tese in passato, anche a causa del conflitto nel Tigray.
Venerdì il Consiglio ecumenico delle chiese ha rilasciato una dichiarazione esprimendo “profonda preoccupazione” per gli sviluppi nell’istituzione etiope.
“Chiediamo a tutti i leader politici in Etiopia di sostenere la Chiesa ortodossa etiope Tewahedo nei suoi sforzi per raggiungere l’unità e la pace tra i suoi membri”, ha detto il segretario generale del World Council of Churches (WCC) Jerry Pillay.
La Chiesa, guidata da un decennio dal patriarca Abune Mathias, che ha dichiarato illegale il sinodo scissionista e ha scomunicato i vescovi coinvolti, ha anche accusato il governo del primo ministro Abiy Ahmed di interferire nei suoi affari e di aver fatto commenti che hanno effettivamente riconosciuto il “gruppo illegittimo”.
Lo scisma politicizzato della EOTC e la posizione del Premier etiope Abiy Ahmed Ali
Addis Standard // Rivolgendosi ai membri del gabinetto convocati per una valutazione semestrale delle prestazioni dei ministeri del governo, il primo ministro Abiy Ahmed ha rotto il silenzio con un’osservazione sulla controversia in corso all’interno della Chiesa ortodossa etiope Tewahedo (EOTC) e ha invitato i leader del Chiesa per risolvere le loro divergenze attraverso il dialogo e la discussione. Ha anche difeso l’esperienza del suo governo nell’aiutare la Chiesa di fronte alle crescenti critiche, anche da parte del partito Ezema (Ethiopian Citizens for Social Justice), sui ruoli svolti dal partito al governo per dividere la chiesa aiutando gli arcivescovi separatisti.
NOTA: “Il partito EZEMA (Ethiopian Citizens for Social Justice) si è da sempre contraddistinto per una marcata opposizione al principio della cittadinanza etnica.” Luca Puddu
L’osservazione del primo ministro è arrivata tra le crescenti critiche secondo cui il suo governo si sta schierando con gli arcivescovi separatisti e le forze di sicurezza stanno detenendo e facendo pressioni sui leader religiosi che sono contrari agli arcivescovi separatisti.
In un video pubblicato martedì 1 febbraio 2023 sulla sua pagina Facebook, il primo ministro Abiy ha affermato che le istituzioni religiose dovrebbero ripulirsi da “politica, furti e razzismo”, che secondo lui sono contrari ai principi e ai valori dei religiosi. Ma la tendenza è stata più volte testimoniata nel caso etiope, ha detto, lasciando una scia di “rottura della storia, ostacolo allo sviluppo e danno alla convivenza sociale”.
Il primo ministro Abiy ha paragonato il suo governo a quelli del passato, nello specifico il Derg, che ha detto di aver “ucciso”, e l’EPRDF, che ha detto di aver “espulso” con una lettera, i rispettivi Patriarchi della Chiesa.
Il premier etiope ha accreditato il suo governo in carica guidato dal Partito della Prosperità come uno che ha sostenuto la Chiesa a differenza dei regimi precedenti menzionando il coinvolgimento del governo nel portare il defunto Abune Merkorios, il 4° Patriarca della Chiesa, dopo 27 anni di esilio. Il Patriarca è stato deposto durante i primi giorni del governo EPRDF (coalizione con a capo il TPLF – Tigray People’s Liberation Front) in quella che è ampiamente ritenuta dai fedeli una decisione politicamente motivata, che ha portato all’esilio del defunto Abune Merkorios che aveva istituito un Sinodo separato negli Stati Uniti, dividendo di fatto la Chiesa fino a quando il Sinodo in esilio non si è riunito dopo che il defunto Abune Merkorios e i suoi membri del Sinodo sono arrivati ad Addis Abeba il 1° agosto 2018.
Nella sua osservazione il Primo Ministro ha riconosciuto al suo governo di aver compiuto. “Quello che abbiamo fatto è stato cercare di riconciliare e unire i due”, ha detto, aggiungendo che questa è stata una delle “differenze fondamentali” del suo governo con i governi del passato. “Questa non è una questione ordinaria.”
Confutando ulteriormente le crescenti affermazioni secondo cui il suo governo stava svolgendo un ruolo nell’attuale controversia tra i due gruppi della chiesa, ha continuato a calcolare il numero di edifici e le dimensioni del terreno che il suo governo ha messo a disposizione della Chiesa; ha detto che il suo governo ha facilitato la restituzione alla Chiesa di due edifici confiscati dai regimi precedenti, e ha “concesso” solo negli ultimi quattro anni la dimensione di 1.045.000 metri quadrati di terreno nella capitale Addis Abeba, “tre volte di più ” di quanto il suo governo abbia “concesso” ad altre importanti istituzioni religiose tra cui denominatori islamici, cattolici ed evangelici messi insieme, che secondo lui erano circa 350.000 metri quadrati di terra.
Pur difendendo il suo governo dalle accuse, il primo ministro Abiy ha anche ammesso che il governo ha inviato mediatori per consigliare ai leader dell’EOTC di discutere e risolvere con calma le questioni, che ha detto essere state respinte.
Il Premier ha riflettuto sulle denunce che hanno avanzato gli arcivescovi separatisti in fatto di discriminazione di lunga data sulle nomine dei vescovi e sui problemi relativi all’ottenimento di servizi religiosi nella propria lingua come cause principali dei disaccordi in corso: il PM ha affermato che il suo governo non può fermare le richieste della gente da ottenere risposta.
“Potrebbe non essere possibile nominare cento vescovi dall’oggi al domani per l’Oromia, ma in un periodo più lungo, e ascoltando le richieste della gente, è possibile risolvere la questione, in modo che tali questioni di lingua, razza, politica ecc. non possano distruggere un grande istituzione come questa”
Ha aggiunto:
“È possibile risolverlo senza sopprimere il diritto e la richiesta delle persone di usare la propria lingua”
Il primo ministro Abiy ha anche rimarcato la decisione presa lo scorso anno dai membri della Chiesa della regione del Tigray di prendere le distanze dal Santo Sinodo di Addis Abeba e istituire il Patriarcato della Chiesa ortodossa del Tigray per il silenzio di quest’ultimo sull’uccisione di sacerdoti e la distruzione di chiese nel Guerra del Tigray; ha detto che nessuno si era opposto alla decisione.
NOTA: i vescovi ortodossi uccisi in Tigray
Di seguito è riportato un elenco di sacerdoti e diaconi tigrini uccisi in Tigray durante la guerra genocida.
Si noti che il Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa di Tewahedo in Etiopia non ha rilasciato una sola dichiarazione su questi martiri fino ad oggi. Al contrario, oltre una dozzina di membri del Sinodo (nella foto allegata) hanno lavorato per minare gli sforzi degli USA per fermare la guerra, alcuni predicando apertamente per la sua continuazione.
Questo crimine rimarrà parte della dolorosa ferita sul corpo della popolazione del Tigray che ancora oggi lotta per riavere i servizi di base ed avere giustizia per le centinaia di migliaia di vittime causate dalla guerra genocida in più di 2 anni.
Le osservazioni del Primo Ministro, tuttavia, potrebbero non adattarsi bene al Santo Sinodo dopo che domenica 29 gennaio, Sua Santità Abune Mathias I, Patriarca della Chiesa ortodossa etiope di Tewahedo (EOTC), il Santo Sinodo principale ha esortato il governo e la popolazione in generale ad aiutare assicurando il rispetto del dogma e del canone della “storica Chiesa ortodossa etiope di Tewahedo”, e ha chiesto cautela e protezione da parte delle forze di sicurezza per evitare che “il sangue di cristiani innocenti” venga versato.
In quello che sembra essere l’esatto contrario, il primo ministro Abiy ha affermato che “non c’è nessun gruppo che sosteniamo o ci opponiamo, entrambi i gruppi sono ortodossi, ed entrambi hanno rivendicazioni e proprie verità”.
Il PM Abiy avvertito che le conseguenze possono essere disastrose per entrambi i gruppi e per il Paese in generale se non riescono a risolvere la questione con la discussione e con uno spirito calmo, aggiungendo che ci sono forze che vogliono intervenire e utilizzare l’agenda per i propri interessi. Ha anche avvertito i membri del suo gabinetto di non intervenire in alcun modo.
Il video della negazione dell’intervento del governo da parte del Primo Ministro è stato diffuso poche ore dopo che il partito Ethiopian Citizens for Social Justice (Ezema) ha rilasciato un comunicato in cui accusava il governo di ingerenza nella vicenda ed esprimeva “preoccupazione” per “misure che le forze di sicurezza stanno prendendo.”
“Sono stati rilevati diversi interventi del governo” ha detto il partito, senza rivelare la natura degli interventi, e ha invitato il governo ad astenersi dai suoi atti. Il partito ha anche chiesto al governo di prendere misure contro individui e gruppi con un’agenda politica che vogliono intervenire nelle questioni interne della chiesa.
Ucraini compatti nel rifiuto di qualsiasi compromesso con la Russia di Putin
L’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia supererà il limite di un anno nelle prossime settimane senza una fine in vista di quello che è già il più grande conflitto europeo dalla seconda guerra mondiale. Vladimir Putin inizialmente prevedeva una piccola guerra vittoriosa che avrebbe estinto l’indipendenza ucraina e costretto il Paese a […]
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