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La scoperta di Antonio Gramsci - Giovanni D'Anna


Sin dai primissimi giorni del suo rientro in Italia, Togliatti iniziò una incessante opera di “divulgazione” della figura gramsciana

gramscionline.org/2020/09/29/g…

#gramsci



Un anno di guerra in Ucraina, ma la Russia è stata sconfitta nelle prime tre settimane


Un anno fa, tutti gli obiettivi principali della Russia in Ucraina tranne uno furono sconfitti nelle prime tre settimane di guerra, prima dell’arrivo delle armi pesanti occidentali. Le ragioni di questo completo rovescio russo – che nessun osservatore occidentale, me compreso, ha previsto – sono di grande interesse per gli analisti militari, anche se alcune […]

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La riforma Cartabia accentua per il pm il carattere di “accusatore”


Pubblica accusa o organo di giustizia? Parte nel processo o garante della legalità? La natura del pubblico ministero è una vexata quaestio del dibattito giuridico, mai realmente conclusa. Nota è la definizione di parte imparziale, un bisticcio terminologi

Pubblica accusa o organo di giustizia? Parte nel processo o garante della legalità? La natura del pubblico ministero è una vexata quaestio del dibattito giuridico, mai realmente conclusa. Nota è la definizione di parte imparziale, un bisticcio terminologico, come evidenziato anche dalla Cassazione. Il tema è di estrema rilevanza e di particolare attualità, essendo un nodo cruciale nella strada per la separazione delle carriere. I magistrati requirenti e la Anm propendono per il carattere dell’imparzialità. Al contrario, i penalisti italiani ritengono prevalente la natura di parte del pubblico ministero, a sostegno della necessità di costituire due distinti Csm, come ricordato da Giuseppe Benedetto nel saggio Non diamoci del tu.

La nuova regola di giudizio per l’archiviazione e l’udienza preliminare, tra le più significative modifiche della riforma Cartabia, ha riacceso il dibattito sul punto. Già nel 2021, quando in Parlamento si approvava la legge delega, il Csm e il Procuratore Capo di Bologna, Giuseppe Amato, rilevavano che la prognosi di condanna attribuisse una inedita funzione di controllo al pm. Il vaglio più stringente sul bivio azione/ inazione sarebbe la nitida dimostrazione della natura super partes degli uffici di Procura, che non devono patire la chiusura delle indagini come una “sconfitta”. Ecco, allora, che sarebbero smontate tutte le tesi di coloro che domandano la separazione delle carriere.

A giudizio di chi scrive, la novella in esame è indice dell’esatto contrario, perché, come si dirà, la nuova regola di giudizio avvicinerà molto il pubblico ministero italiano al public prosecutor degli ordinamenti di Common Law.

Una premessa necessaria: il carattere di parte del pubblico ministero non può ovviamente emergere durante le indagini, quando la notizia di reato è ancora sfumata. È in dibattimento, dopo l’esercizio dell’azione, che prevarrà il carattere di “accusatore”. In tal senso, la riforma Cartabia ci fornisce un dato di nitida evidenza: il pubblico ministero eserciterà nel processo soltanto le funzioni d’accusa. Infatti, se ha agito ritenendo di avere elementi a sostegno di una prognosi di condanna, delle due l’una: o si giunge all’accertamento della responsabilità dell’imputato, o ha errato nelle sue valutazioni.

Tertium non datur. Pertanto, il carattere di parte del requirente è accentuato dalla riforma, non ridotto. Non si trascuri, inoltre, il significativo condizionamento psicologico a cui potrebbe essere soggetto il giudice del dibattimento. Si troverà davanti a un fascicolo su cui il pm (e anche il Gup) si è già pronunciato in termini di probabile responsabilità penale. Ne consegue, allora, che le istanze per la separazione delle carriere siano ancor più fondate di prima. La riforma ha prodotto significativi effetti anche sull’azione penale. Non si dimentichi, infatti, che la Corte costituzionale ha dedotto dal principio dell’obbligatorietà il criterio del favor actionis (sent. 88/1991). In tal senso, l’art. 112 Cost. imporrebbe che l’azione sia esercitata ogni qualvolta manchi l’oggettiva infondatezza della notizia di reato. Questo elemento va letto in combinato disposto con la nuova regola per l’iscrizione della notitia criminis: il fatto deve essere determinato, non inverosimile e riconducibile ad una fattispecie incriminatrice. Si rende immediatamente percettibile il maggior ambito di valutazione di cui godrà il magistrato circa l’inizio delle indagini. L’azione penale obbligatoria, già oggetto di evidentissimi deficit di attuazione, potrebbe essere erosa ancor di più dalla riforma. In conclusione, emerge che la nuova regola di giudizio accentui il carattere di parte del pm e si allontani dalla stretta osservazione dell’obbligatorietà dell’azione. Vi è anche un dato empirico che appare schiacciante: l’evidential succiciency è il criterio fondamentale del pubblico ministero nord- americano, che va a dibattimento solo quando è certo della condanna. Infatti, i suoi progressi di carriera dipendono dal numero di “vittorie”. E allora, se così stanno i fatti, la strada non può che essere una: la separazione delle carriere.

Il Dubbio

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Palloni-spia: possono dei ragazzini tenere in scacco le forze armate americane?


Ammettiamolo pure. Abbiamo scritto tutti e in modo torrentizio tanto che più volte la notizia ha avuto la meglio sul festival di Sanremo, la guerra in Ucraina e il terremoto in Turchia. E ci siamo domandati: di chi sono le sfere che volano sui cieli dell’America violando gli spazi più alti dei suoi confini? Alla […]

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Nuovo appuntamento con la rubrica #iprovvedimentispiegatisemplice su Agenda Digitale. In questo numero parliamo dell’illecito trattamento dei dati biometrici dei dipendenti che è costato alla società Sportitalia una sanzione di 20 mila euro da parte del Garante privacy.


In questa nuova puntata di #Garantismi insieme a Matteo Flora parliamo delle “Spunte Blu” per ottenere la “verifica” dell’account oltre ad una serie di servizi accessori, in cambio di una copia dei propri documenti di identità. Il gioco vale la candela?


I falsari di André Gide


Primo e unico vero romanzo di André Gide, “I falsari” (1925) è un atto d’accusa nei confronti della letteratura per la mancanza di coraggio, lo scarso approfondimento e l’essere complice nella costruzione della menzogna; sorprendente e affascinante, diverso da qualsiasi altra cosa, mette in scena le vicende di un gruppo di personaggi disparati, moltiplicando i punti di vista, i generi e le linee narrative secondarie, distaccandosi così dalla tradizionale narrazione lineare.

iyezine.com/i-falsari-di-andre…

@L’angolo del lettore

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#NotiziePerLaScuola

È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.



Consultazione pubblica sui dati biometrici in Nuova Zelanda Il Privacy Commissioner neozelandese sta valutando l’adozione un codice di condotta per regolamentare la biometria. L’uso di tecnologie biometriche, come il riconoscimento facciale o delle impronte digitali, è una questione di interesse per le autorità garanti della privacy di tutto il mondo e la Nuova Zelanda non...


In Cina e Asia – Toni duri tra Wang Yi e Blinken


In Cina e Asia – Toni duri tra Wang Yi e Blinken wang yi
I titoli di oggi:

Toni duri tra Wang Yi e Blinken
La Cina ha ripreso di mira il settore finanziario?
Cina: ChatGPT e "fake news" nel mirino della polizia
La commissione consultiva cinese lancia comitato ambientale

Il Bangladesh diventerà il primo esportatore di vestiti nell'Ue?
Corea del Nord: nuovo test missilistico e scambi con la Cina

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Scuola di Liberalismo 2023 – Luigi Marattin, “Tassazione versus vessazione”


Approfondisci Scuola di Liberalismo 2023 L'articolo Scuola di Liberalismo 2023 – Luigi Marattin, “Tassazione versus vessazione” proviene da Fondazione Luigi Einaudi. https://www.fondazioneluigieinaudi.it/scuola-di-liberalismo-2023-luigi-marattin-tassazi


AFGHANISTAN. Donne e lavoro. Attesa per le linee guida dei Talebani


Erano state promesse alla fine di gennaio a una delegazione delle Nazioni Unite e dovrebbero regolamentare il ruolo delle donne nelle ONG, dalle quali sono state bandite alla fine del 2022. L'articolo AFGHANISTAN. Donne e lavoro. Attesa per le linee guid

di Valeria Cagnazzo

Pagine Esteri, 20 febbraio 2023 – Si fanno ancora attendere le linee guida promesse dal governo de facto dei Talebani per regolamentare il ruolo delle donne nelle Organizzazioni Non Governative e riabilitarle al loro lavoro. Sono trascorse, infatti, tre settimane dalla missione ONU a Kabul dalla quale Martin Griffiths e gli altri delegati erano tornati con “risposte incoraggianti”, così avevano detto, da parte dei ministri talebani. Al centro dell’incontro c’era stata la discussione in merito al divieto per le donne afghane di lavorare nelle ONG, ratificato dal regime il 24 dicembre scorso. La causa della legge era, a detta del regime, il mancato rispetto da parte delle operatrici delle ONG delle norme di abbigliamento imposte dalla sharia.

Dopo il bando emesso dal governo talebano, alcune ONG avevano momentaneamente sospeso le loro attività nel Paese, e per tutte erano seguite ore di gelo di fronte all’incertezza di poter continuare ad adoperare personale femminile per le proprie missioni, ovvero di poter continuare a impiegare, in condizioni di sicurezza, almeno la metà dei propri dipendenti. Al decreto, che aveva gettato nello sconforto la comunità internazionale, aveva poi fatto seguito una correzione del tiro da parte dei Talebani, che avevano escluso dalle destinatarie del bando le donne che operavano negli ospedali e nel settore sanitario. L’International Rescue Committee (IRC), Save the Children e CARE avevano quindi riavviato in parte le proprie attività nel Paese.

Il 24 gennaio scorso, i Talebani avevano ricevuto una delegazione dell’ONU guidata da Martin Griffiths, Sottosegretario dell’Agenzia delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari e Presidente dell’Inter-Agency Standing Committee (IASC), un forum che riunisce i leader di 18 organizzazioni umanitarie. In tale occasione, il governo afghano avrebbe, appunto, dichiarato di essere al lavoro nella redazione di “linee guida”, sic, per regolamentare il lavoro delle donne nelle ONG senza infrangere la legge islamica.

“Un certo numero di leader talebani mi ha detto che l’amministrazione talebana sta lavorando a linee guida che forniranno più chiarezza sul ruolo, la possibilità e auspicabilmente la libertà delle donne di lavorare nel settore umanitario”, aveva dichiarato Griffiths. Una promessa interpretata come un tenue segnale di speranza nonostante la sua vaghezza e malgrado la consapevolezza che un incontro con i leader talebani di Kandahar, roccaforte dei capi spirituali in grado di dire effettivamente l’ultima parola in tema di politica, sarebbe prezioso per sigillare l’accordo sul lavoro delle donne.

Pochi giorni prima, un’altra delegazione ONU aveva raggiunto a Kabul e Kandahar i leader talebani, sempre a proposito del divieto di lavorare nelle ONG per le operatrici afghane. Questa volta a guidarla era stata una donna, Amina Mohammed, Vice Segretario Generale delle Nazioni Unite, accompagnata da Sima Bahous, Direttore Esecutivo dell’Agenzia ONU per le Donne, e da Khaled Khiari, Segretario Generale aggiunto del Dipartimento di Costruzione politica e Operazioni di Pace. Mohammed si era detta “incoraggiata” dalle eccezioni fatte per le operatrici sanitarie, ma al tempo stesso aveva dichiarato che le conversazioni con la controparte erano state particolarmente “difficili”.

A tre settimane dall’ultimo incontro con i rappresentanti dell’ONU, il decalogo che dovrebbe permettere alle donne afghane di tornare a operare nelle ONG senza infrangere le norme di vestiario e di comportamento non è stato apparentemente ancora pubblicato. Le conseguenze dell’allontanamento delle dipendenti dal lavoro di soccorso alla popolazione afghana sono disastrose.

Il bando delle donne dalle attività assistenziali, infatti, colpisce non solo le lavoratrici e le loro famiglie, ma tutte le donne e i bambini destinatari dell’assistenza umanitaria. Le donne afghane, infatti, possono accettare aiuti – denaro, cibo, medicinali, vestiti – solo da altre donne, e comunicare solo con personale femminile.

Secondo i Gruppi di Lavoro sul “Genere nell’Azione Umanitaria” (Giha) e sull’”Accesso Umanitario”, entrambi operanti all’interno delle Nazioni Unite, il decreto di fine dicembre continua a danneggiare il lavoro umanitario e di conseguenza la popolazione afghana. Dalle risposte di un’intervista rivolta a 129 operatori di organizzazioni nazionali e internazionali e agenzie ONU, emerge, infatti, come a tre settimane di distanza dal bando il 93% delle ONG abbia assistito a un deterioramento delle proprie capacità di portare assistenza alle donne afghane.

Secondo l’inchiesta, inoltre, nell’81% delle ONG lo staff femminile non può più recarsi sul posto di lavoro. Al tempo stesso, le attività di protezione specifica per le donne, così come di monitoraggio dei loro bisogni assistenziali, sono state interrotte forzatamente dal bando.

Non è difficile immaginare quale danno stia rappresentando quindi il decreto nelle attività di aiuto in un Paese che attraversa una drammatica crisi dei diritti delle donne e una altrettanto tragica emergenza umanitaria. I numeri della sofferenza del popolo afghano rimangono raccapriccianti, nonostante il progressivo disinteresse di gran parte dei media per le sorti del Paese. Oltre 28 milioni di abitanti, più della metà della popolazione, secondo l’Ufficio ONU per il Coordinamento degli Affari Umanitari, dipendono dagli aiuti umanitari. Tra questi, 6 milioni di persone, in gran parte bambini, patiscono letteralmente la fame.

Come dichiarato da Save the Children, che ha riavviato solo una parte delle sue attività nel Paese, “il bando alle lavoratrici delle ONG non sarebbe potuto arrivare in un momento peggiore”. “La severità dell’emergenza umanitaria in Afghanistan è qualcosa che non ho mai visto prima”, ha dichiarato il Direttore delle operazioni sul campo della ONG. “Quasi 20 milioni di bambini e adulti stanno affrontando la fame. Molte famiglie vanno avanti a pane e acqua per settimane”. A tutto ciò si aggiunge il freddo, che ancora non dà tregua. “I bambini stanno lottando per sopravvivere a un gelido, terribile inverno. E riscaldare le abitazioni è fuori questione”. Non poteva esserci periodo peggiore per recidere le braccia delle donne dagli aiuti a un Paese distrutto – sempre ammesso che un periodo “migliore” per farlo si possa mai immaginare. Pagine Esteri

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Continuano le battaglie legali per i dati biometrici davanti alla Corte Suprema dell’Illinois. Due settimane dopo essersi pronunciata in favore dell’estensione dei termini di prescrizione a cinque anni per tutte le violazioni del Biometric Information Privacy Act (BIPA), la Corte ritorna sull’argomento. È stata una decisione sofferta (passata per 4 voti contro 3), ma alla...


#uncaffèconLuigiEinaudi – Non vi è limite…


Non vi è limite alla quantità di opere pubbliche destinate a rendere più feconda l’opera dei produttori e più bella la vita dei cittadini Lineamenti di una politica economica liberale, Movimento Liberale Italiano, 1943 L'articolo #uncaffèconLuigiEinaud
Non vi è limite alla quantità di opere pubbliche destinate a rendere più feconda l’opera dei produttori e più bella la vita dei cittadini

Lineamenti di una politica economica liberale, Movimento Liberale Italiano, 1943

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Guerra in Ucraina: la soluzione sta nel diritto internazionale


In un bellissimo articolo, pubblicato in traduzione italiana su Repubblica, quello che a tutti gli effetti è uno dei maggiori pensatori europei, Jürgen Habermas, analizza con una freddezza di ragionamento tagliente, ma con una partecipazione umana ed etica di singolare intensità, la questione della guerra in Ucraina. Dimostrando, detto incidentalmente, che razionalità, politica e diritto non […]

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Giorgia Meloni, ‘hai voluto Palazzo Chigi? E ora governa!’


Hai voluto Palazzo Chigi? E ora governa. Si può mutuare il famoso proverbio della bicicletta e dell’imperativo, una volta avutala, di pedalare, e chiederne conto a Giorgia Meloni: dalle comode e redditizie sponde dell’opposizione è approdata, trionfante e acclamata, alla famosa stanza dei bottoni. Ha chiesto la legittimità popolare, perché, obiettava, una quantità di governi […]

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Il diritto alla privacy, per settimane, è stato additato come responsabile dapprima dell’impossibilità di procedere a ricerche più efficaci e, quindi, della morte di una persona. Ma quei dati avrebbero potuto e, probabilmente, dovuto essere utilizzati come il Garante ha chiarito sin dal 2008. Leggi qui il pezzo nella mia rubrica Governare il futuro su...


“Ali per la libertà”. Il generale Davis spiega il suo sì ai caccia a Kyiv


Gli Stati Uniti e i loro alleati dovrebbero fornire all’Ucraina aerei da combattimento occidentali ad ala fissa? Sì, in particolare jet da combattimento multiruolo, di fabbricazione occidentale o russa. L’Ucraina merita tutto ciò che l’Occidente può forni

Gli Stati Uniti e i loro alleati dovrebbero fornire all’Ucraina aerei da combattimento occidentali ad ala fissa?

Sì, in particolare jet da combattimento multiruolo, di fabbricazione occidentale o russa. L’Ucraina merita tutto ciò che l’Occidente può fornirle per la sua lotta. L’Occidente non dovrebbe farsi scoraggiare dalle minacce bellicose e dalla campagna di disinformazione della Russia e dovrebbe ascoltare l’emozionante richiesta del Presidente Zelenskyy al Parlamento britannico, l’8 febbraio, di fornire “ali per la libertà”.

Questi caccia possono essere utilizzati per rafforzare la difesa dell’Ucraina, basata principalmente su “armi combinate” di terra, contro l’offensiva russa e per riconquistare il territorio occupato illegalmente dalle forze russe.

I piloti e i tecnici ucraini possono imparare a pilotare e a revisionare i caccia che ricevono. Inoltre, si può ritenere che i vertici militari ucraini impiegheranno con successo qualsiasi velivolo venga loro fornito, nel rispetto dei limiti imposti dai leader occidentali.

I piloti ucraini sono stati straordinariamente bravi a continuare a volare in missioni di combattimento, proteggendo e mantenendo una piccolissima forza di MiG ed elicotteri contro una vasta gamma di moderne difese aeree e terrestri russe. Le forze e i leader ucraini hanno dimostrato creatività, ingegno e intraprendenza nell’impiego dei sistemi d’arma terrestri ricevuti dalle nazioni occidentali. Dobbiamo aspettarci che continuino a farlo con qualsiasi velivolo venga loro fornito.

Imparare a pilotare e manutenere i caccia di fabbricazione occidentale richiederà tempo e dovrà essere accompagnato da forniture e strumenti per mantenerli pronti all’uso. Potrebbero essere necessarie ulteriori macchine spazzatrici di piste e strade per rimuovere i detriti. Dovranno essere dispersi, protetti, armati e dispiegati da luoghi con piste sufficientemente lunghe per il decollo e l’atterraggio. Questi sono tutti fattori di pianificazione, ma non motivi per negare i caccia all’Ucraina.

Quali sarebbero i migliori?

L’Ucraina ha bisogno di caccia multiruolo in grado di condurre una serie di attacchi al suolo, interdizione aerea e missioni di difesa aerea e superiorità aerea. I Paesi occidentali dispongono di diversi caccia che potrebbero fare al caso loro, dagli F-16 agli Eurofighter e ai MiG-29. Anche i Gripen e i MiG-21 potrebbero essere disponibili.

Ecco un rapido riassunto di ciò che si può o si potrebbe offrire. L’anno scorso la Polonia si è offerta di fornire 28 MiG-29 recentemente dismessi, un tipo di aereo che l’Ucraina già utilizza. La Slovacchia si è offerta di fornire la sua piccola flotta di MiG-29 (secondo quanto riferito, 11 dei 12 sono stati ritirati nel 2022). Il Regno Unito si è offerto di addestrare i piloti ucraini sui suoi Eurofighter Typhoon, senza specificare il numero o la data in cui potrebbe fornirli. Il Regno Unito ha già pianificato il ritiro di 24 Typhoon entro il 2025. Anche l’Italia, la Spagna e la Germania possiedono questi aerei, anche se nessuno di questi Paesi ha accennato a fornire caccia all’Ucraina.

Gli Stati Uniti, la Danimarca, la Francia, i Paesi Bassi e la Romania non hanno escluso i caccia e hanno aerei disponibili per il trasferimento. Insieme, gli Stati Uniti e la Danimarca dispongono di oltre 1.300 F-16. Il Congresso degli Stati Uniti ha autorizzato l’USAF a ritirare 48 F-16 lo scorso anno. La Romania sta passando dai MiG-21 agli F-16.

In conclusione, sono disponibili numerosi velivoli, ma al momento sono più i contrari che i sostenitori a promuovere il trasferimento di jet occidentali all’Ucraina.

Che differenza farebbero nella guerra?

Se forniti in numero e con velocità sufficienti, i jet da combattimento consentirebbero all’Ucraina di difendere e riconquistare il territorio occupato. Gli aerei da combattimento che operano con funzione di interdizione aerea o di supporto a terra fornirebbero la necessaria capacità di attacco standoff a sostegno delle operazioni difensive e controffensive. Sarebbero in grado di colpire una serie di obiettivi chiave per l’Ucraina, come il comando e le comunicazioni (C2) russo, i rifornimenti e i nodi logistici, la difesa aerea, le capacità di guerra elettronica (EW) e, naturalmente, le unità di manovra (corazzate/meccanizzate/motorizzate) e le unità di fuoco indiretto.

I jet da combattimento in un ruolo di difesa aerea o aria-aria possono sconfiggere i MiG russi e, con il radar e le munizioni giuste, i droni e i missili da crociera. I caccia occidentali hanno generalmente un’avionica migliore, radar migliori, sistemi di guida migliori, contromisure EW migliori e missili migliori rispetto alle loro controparti russe. I jet russi possono essere più manovrabili, ma è improbabile che i piloti russi siano ben addestrati come le loro controparti occidentali o ucraine. L’arrivo di veicoli da combattimento occidentali, di sistemi di fuoco a lungo raggio e di difesa aerea, insieme ai jet da combattimento, consentirebbe una controffensiva di successo per riconquistare il territorio ucraino e sconfiggere l’obiettivo di Putin di annettere e mantenere porzioni dell’Ucraina orientale e meridionale.

Ma ci sono grandi domande a cui rispondere: ci sarà il via libera, quando e in che numero?

In termini di tempistica, supponendo che la decisione venga presa nei prossimi giorni, ci vorranno diverse settimane per addestrare i piloti a pilotare gli aerei di fabbricazione occidentale e alcuni mesi per impiegarli effettivamente. Gli aerei di fabbricazione occidentale non sarebbero disponibili prima dell’autunno, nella migliore delle ipotesi. Ma i MiG-29 e i MiG-21, meno performanti, potrebbero essere integrati molto più rapidamente, forse già quest’estate.

L’anno scorso i dirigenti dell’USAF hanno stimato che ci vorrebbero dalle quattro alle sei settimane per addestrare gli attuali piloti di MiG a pilotare un F-16, e altri tre-sei mesi per utilizzare efficacemente i suoi sensori e sistemi d’arma. I programmi di addestramento dei partner dell’USAF esistono già per l’F-16 e per altri jet di produzione statunitense. L’addestramento degli equipaggi di manutenzione e la spedizione di munizioni, ricambi, strumenti e attrezzature di supporto potrebbero avvenire in contemporanea. La Polonia e la Slovacchia dovrebbero essere incentivate e sostenute nel fornire i loro MiG-29 il prima possibile.

In termini numerici, in Polonia e Slovacchia ci sono abbastanza MiG-29 per formare due squadroni di quattro voli ciascuno (32 aerei in totale), che probabilmente raddoppierebbero la flotta operativa dell’Ucraina. Ci sono abbastanza F-16 disponibili per formare molti altri squadroni, ma i fattori limitanti sarebbero gli allievi piloti e i manutentori ucraini disponibili per l’addestramento, i rifornimenti necessari per armare e sostenere i jet e le infrastrutture per supportarli. E non è troppo presto per iniziare a pensare a lungo termine alla forza aerea di cui l’Ucraina avrà bisogno dopo il conflitto. Una combinazione di F-16 occidentali e MiG-29 di produzione russa potrebbe essere un mix sostenibile.

Se l’Occidente fornisse i jet, ci sarebbe ancora una ragione per negare all’Ucraina le munizioni per l’artiglieria a più lungo raggio?

Le preoccupazioni occidentali sui sistemi a lungo raggio si sono concentrate sul rischio di escalation e di potenziale allargamento della guerra alle nazioni alleate. Le minacce, le spacconate, la disinformazione e la propaganda russe hanno seguito ogni decisione occidentale di fornire all’Ucraina importanti sistemi d’arma.

È tempo che i leader occidentali si impegnino a sostenere l’Ucraina nel suo sforzo di ripristinare la piena integrità territoriale e di opporsi all’aggressione e ai giochi di potere di Putin.

Ciò include la fornitura di munizioni d’artiglieria a più lungo raggio, come la “bomba a piccolo diametro lanciata da terra” (ora in arrivo) e i sistemi missilistici tattici dell’esercito (non ancora approvati). L’Ucraina dovrebbe avere fiducia nell’impiego dei sistemi e delle munizioni occidentali che riceve per ripristinare il territorio occupato e astenersi dal colpire le infrastrutture civili o i civili in Russia.

I leader politici occidentali si sono lentamente mossi con un’assistenza militare sempre maggiore, spinti dalle chiare prove della barbarie della Russia. Ma soprattutto, c’è una necessità esistenziale per l’Occidente di stare al fianco di una nazione europea democratica sotto attacco per prevenire futuri conflitti in Europa; ulteriori esitazioni inviterebbero proprio a questo.

Questo articolo è apparso per la prima volta sul sito del Center for European Policy Analysis con il titolo “Send Western Wings for Ukraine’s Freedom”(traduzione di Formiche.net).


formiche.net/2023/02/caccia-uc…



Gli adulti che questa mattina al liceo Michelangiolo di Firenze hanno aggredito studenti di un collettivo antifascista con inaudita violenza, hanno un volto ben


HO PERSO IL GUSTO, NON HA SAPORE


A scoppio ritardato scrivo anche io qualcosa di non-necessario su Sanremo.
Quest’anno non c’è stata una canzone che mi ha colpito particolarmente. È vero che a più riprese mi sono addormentato davanti alla TV, ma le esibizioni che perdevo, le recuperavo il giorno dopo su RaiPlay.
Ho visto qualche gag simpatica (gli interventi del solito immarcescibile Fiorello) e qualche piacevole sorpresa (Paola Egonu è stata la co-conduttrice più spontanea, paradossalmente anche quando leggeva). In generale però lo spettacolo mi è sembrato un po’ troppo costruito e in alcuni momenti anche un po’ stucchevole. Sarà che con il passare degli anni trovo sempre più noiose le confessioni e le prediche televisive fatte da chi ha il cXXo al caldo.
Per attirare l’attenzione su di sé, qualche artista ha azzardato – o “ha simulato” – uno scandaloso passionale colpo di testa: prendere a calci le rose, allungare il brodo all'infinito obbligando il pubblico a cantare un ritornello che non conosce, strusciarsi e baciarsi con l’influencer di turno, ecc... Ma dopo decenni di TV spazzatura oramai siamo tutti vaccinati (compreso i bambini) e la provocazione è diventata “Mission: impossible”.

Con questo non voglio dire che il Sanremo che ho visto sia tutto da buttare. Ci mancherebbe. Si sono esibiti anche dei bravi artisti. Qualcuno si è impegnato e ha fatto anche bene, tuttavia a distanza di una settimana dalla chiusura di Sanremo Venti23 (chiamarlo duemilaventitré non è più di moda) ricordo soprattutto due cose: la sanguigna “American Woman” di Elodie e Big Mama (per la cronaca: alla fine della canzone si sono baciate anche loro, ma nessuno ha montato polemiche) e la superba “Quello che non c’è” di Manuel Agnelli e gIANMARIA.
Lo so che sono di parte, perché adoro quella canzone e quel disco. E’ vero che gIANMARIA sembrava un pulcino bagnato, ma la performance di Manuel Agnelli e di Fabio Rondanini, batterista dei Calibro 35, è stata strepitosa.
Ma questo è camminare alto sull’acqua e su quello che non c’è.



L’uso di un nuovo tipo di software di analisi dei dati da parte della polizia non è conforme alla Costituzione tedesca. Lo ha affermato il Bundesverfassungsgericht (la Corte costituzionale federale), stabilendo l’incostituzionalità delle attuali norme relative all’uso di questi software da parte della polizia di Assia e Amburgo. Si tratta di programmi informatici complessi, come...


Scuola di Liberalismo 2023 – Messina: Cerimonia conclusiva della XII Edizione della Scuola di Liberalismo FLE di Messina


Ultimo atto dell’edizione 2022/23 della Scuola di Liberalismo di Messina, promossa dalla Fondazione Luigi Einaudi ed organizzata in collaborazione con l’Università degli Studi di Messina e con la Fondazione Bonino-Pulejo, con il patrocinio della Regione

Ultimo atto dell’edizione 2022/23 della Scuola di Liberalismo di Messina, promossa dalla Fondazione Luigi Einaudi ed organizzata in collaborazione con l’Università degli Studi di Messina e con la Fondazione Bonino-Pulejo, con il patrocinio della Regione Siciliana e di cinque Ordini professionali (Architetti, Avvocati, Ingegneri, Medici Chirurghi ed Odontoiatri, Notai) di Messina.

Sabato 18 febbraio, a partire dalle ore 9.30, presso l’Auditorium della Gazzetta del Sud (in via Uberto Bonino n. 15/C, Messina), si svolgerà la cerimonia conclusiva della dodicesima edizione messinese del ciclo di lezioni dedicato alle opere degli autori più rappresentativi del pensiero liberale ed articolatosi in 14 lezioni (di cui 3 tenute in presenza ed 11 erogate in modalità telematica).

A partire dalle 9.30 si terrà la tavola rotonda “Gaetano Martino: Scienziato, Rettore, Statista, Europeista”, nella quale verrà ricordata ed omaggiata la figura dell’on. prof. Gaetano Martino (1900- 1967), docente di Fisiologia umana dapprima presso l’Università di Messina (di cui fu Rettore dal 1943 al 1957) e poi presso l’Università “La Sapienza” di Roma (di cui fu Rettore dal 1966 al 1967), Deputato della Repubblica Italiana dalla I alla IV legislatura, membro dell’Assemblea Costituente, Ministro degli Affari Esteri dal 1954 al 1957 (in tale veste fu promotore della Conferenza di Messina del 1955 a cui parteciparono i Ministri degli Esteri della Comunità europea del carbone e dell’acciaio – CECA, nonché tra i firmatari dei Trattati di Roma del 1957 istitutivi della Comunità economica europea), Presidente del Parlamento europeo dal 1962 al 1964 e, soprattutto, insigne esponente del Partito Liberale Italiano (del quale fu anche Presidente dal 1961 al 1967). L’incontro sarà presieduto ed introdotto dal prof. Pippo Rao (Direttore Generale della Scuola di Liberalismo di Messina e membro del Comitato Scientifico della Fondazione Luigi Einaudi), con i saluti istituzionali del dott. Federico Basile (Sindaco di Messina) e gli interventi del prof. Rosario Battaglia (già Ordinario di Storia contemporanea presso l’Università di Messina, del prof. Salvatore Cuzzocrea (Magnifico Rettore dell’Università di Messina), del prof. Giuseppe Gembillo (Direttore Scientifico della Scuola di Liberalismo di Messina), del dott. Lino Morgante (Presidente della Fondazione Bonino-Pulejo), del prof. Giovanni Moschella (Prorettore Vicario dell’Università di Messina), dell’on. avv. Enzo Palumbo (componente della Commissione Giustizia della Fondazione Luigi Einaudi), del prof. Marcello Saija (Ordinario di Storia delle Istituzioni Politiche presso l’Università di Palermo) e della prof.ssa Angela Villani (Ordinaria di Storia delle Relazioni internazionali presso l’Università di Messina). Le conclusioni saranno affidate all’avv. Giuseppe Benedetto (Presidente della Fondazione Luigi Einaudi).

A seguire, dalle ore 12.30 in poi, si svolgerà la premiazione dei vincitori delle cinque borse di studio, messe in palio a favore dei corsisti (di età inferiore ai 32 anni e frequentanti almeno i 2/3 delle lezioni della Scuola) che hanno svolto delle tesine sui temi oggetto del corso. Le borse di studio, tutte del valore di 500 € ciascuna e tutte intitolate alla memoria dell’on. prof. Gaetano Martino, sono state stanziate dall’Università degli Studi di Messina (in numero di due), dalla Fondazione Bonino-Pulejo, dalla Fondazione Luigi Einaudi e dal Coordinamento messinese della Fondazione Luigi Einaudi.

Della cerimonia di chiusura è prevista la realizzazione di una diretta streaming sulla pagina Facebook della Scuola di Liberalismo di Messina (facebook.com/scuoladiliberalis…).
La partecipazione all’evento è valida ai fini del riconoscimento di crediti formativi per gli avvocati iscritti all’Ordine degli Avvocati di Messina, nonché per gli studenti dell’Università di Messina.

Pippo Rao Direttore Generale Scuola di Liberalismo di Messina

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L'articolo Scuola di Liberalismo 2023 – Messina: Cerimonia conclusiva della XII Edizione della Scuola di Liberalismo FLE di Messina proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Siamo tutti supereroi


Quando le masse, la stampa e il mondo intero ti dicono di muoverti, il tuo compito è di piantarti come un albero accanto al fiume della verità e dire a tutto il mondo - 'No, muovetevi voi.’

Tra il 2006 e il 2007 uscì uno degli archi narrativi più belli, secondo me, dell’universo Marvel: Civil War. Qualcuno magari avrà visto l’omonimo film, che però non c’entra niente.

Oggi voglio raccontarvi questa storia perché ha molto a che fare con la realtà che ci circonda e con l’attualissima diatriba tra chi vorrebbe incatenarci tra mille algoritmi e sistemi di sorveglianza di massa e chi invece preferirebbe semplicemente essere libero. C’è molto da imparare anche dai fumetti.

Civil War è una storia che parla di libertà, di privacy e dell’ingerenza arbitraria del governo. Potremmo dire che Civil War descrive ciò di cui parliamo ogni settimana su Privacy Chronicles.

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I veri supereroi sono iscritti a Privacy Chronicles

Civil War, la storia


Tutto iniziò con una squadra di giovani supereroi, i New Warriors. I sei si trovavano a Stamford, in Connecticut, per girare un reality-show chiamato “Superhuman High”. Durante le riprese vennero a sapere che nella città si trovava anche un gruppo di super-criminali, la Skeletal League, che proprio in quei giorni stavano progettando di rapinare una banca. L’occasione sembrò ghiotta per aumentare il rating televisivo del reality-show, così i New Warriors decisero di attaccare e cercare di catturare la Skeletal League in diretta TV.

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Purtroppo le cose non andarono come previsto. Durante i combattimenti uno dei supercriminali — Nitro — provocò un’esplosione proprio nel mezzo della città, che distrusse diversi quartieri e anche una scuola, uccidendo più di 600 persone — tra cui molti bambini.

Il drammatico episodio fu presto strumentalizzato dalla politica per attaccare tutti i supereroi che fino a quel momento agivano in modo indisturbato e spesso anonimo nel territorio degli Stati Uniti. Nel giro di pochissimo tempo il governo presentò un nuovo disegno di legge, chiamato Superhuman Registration Act.

L’atto, se approvato, avrebbe obbligato ogni “superumano” a registrarsi presso il governo e rendere nota la sua identità. Questo avrebbe consentito alle autorità di regolamentare le attività dei “supereroi”, supervisionarli, e — se necessario — sanzionarli. Il dibattito fu subito infuocato.

Da una parte c’era chi, come Tony Stark (Iron Man), prese subito le parti del governo. Secondo lui il Registration Act era semplicemente un atto dovuto. Un gesto di civiltà. La legge e la supervisione del governo avrebbero responsabilizzato tutti i supereroi, che quindi avrebbero smesso di agire in modo indipendente e al di fuori della legge.

Stark voleva evitare a tutti i costi il ripetersi di incidenti come quelli di Stamford ed era convinto che questo sarebbe stato possibile grazie a una forte legislazione per delimitare e regolamentare il campo d’azione dei supereroi.

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Dall’altra c’erano invece persone convinte che il Registration Act non fosse altro che un modo per violare le libertà fondamentali dei superumani, costringendoli a rivelare le loro identità segrete e rinunciare a ogni indipendenza.

Il principale sostenitore di questa tesi era Steve Rogers (Captain America). Secondo lui i supereroi avevano il dovere di agire moralmente e responsabilmente, ma come individui e non come macchine controllate dallo Stato. Steve credeva che il Registration Act avrebbe tolto ogni libertà di autodeterminazione ai supereroi, consegnando invece al governo il potere di manipolarli per finalità politiche.

I mass media, il pubblico e diversi gruppi di supereroi si divisero presto in due fazioni: da una parte quella pro-governo, capitanata pubblicamente da Tony Stark; dall’altra quella “ribelle”, condotta da Steve Rogers.

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Le due forze in campo divennero sempre più violente, fino a sfociare in una violenta guerra civile tra alcuni gruppi di supereroi fedeli a Tony Stark o Steve Rogers. La battaglia finale, che vide diversi feriti e morti, portò alla sconfitta di Captain America, che venne catturato e arrestato in quanto leader della fazione ribelle e anti-governativa.

L’arco narrativo si chiude con l’emblematica morte di Captain America, ucciso da un cecchino mentre veniva accompagnato in manette sulla scalinata del tribunale dove avrebbe dovuto essere giudicato per i suoi crimini durante la guerra civile.

Insieme a lui, morivano anche le speranze di libertà dei superumani, ormai condannati alla schedatura governativa.

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Qualche anno dopo gli eventi di Civil War si scoprì che il governo degli Stati Uniti da molto tempo era infiltrato fino alle sue posizioni apicali da agenti HYDRA (i nazisti dell’universo Marvel), e che il Superhuman Registration Act fu in verità un piano dei nazisti per sorvegliare e controllare i supereroi — unico vero ostacolo ai loro piani.

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Tony Stark o Steve Rogers?


Il mondo è in piena guerra civile. Proprio come raccontavano i fumetti Marvel 17 anni fa, anche oggi siamo circondati da due fazioni capitanate da vari Tony Stark e Steve Rogers. E come in Civil War, anche oggi la fazione vincente è quella dei Tony Stark.

Noi non abbiamo un Superhuman Registration Act, ma sistemi e leggi che Steve Rogers non avrebbe mai immaginato nel 2007. Schemi globali di identità digitale; sorveglianza totale delle comunicazioni; progetti per lo sviluppo di monete digitali di Stato e sorveglianza finanziaria; sistemi decisionali automatizzati e social scoring ; scatole nere obbligatorie sulle nostre auto…

L’effetto è lo stesso, anzi peggiore: sorveglianza totale delle nostre identità e delle nostre azioni. Per il “bene comune”.

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I Tony Stark del mondo ci dicono che l’anonimato e la privacy devono essere combattuti, perché deresponsabilizzano le persone. Essere anonimi è pericoloso; la libertà è pericolosa. Tenere alla propria privacy significa avere qualcosa da nascondere, o essere dei criminali.

Questi sono convinti di essere circondati da imbecilli senza alcuna moralità né principi. Il prossimo è un potenziale criminale o qualcuno talmente inaffidabile da non poter neanche gestire la sua stessa vita. E come Tony Stark, credono di essere tra i pochi illuminati a poter guidare il gregge con quel bastone chiamato governo. La legge è uno strumento di dominio per la creazione di una “società migliore”, a loro immagine e somiglianza.

E poi ci sono gli Steve Rogers. Loro sono convinti che l’essere umano abbia in sé tutti gli strumenti per agire moralmente, in modo autonomo e libero — senza per questo essere perseguito. Queste persone sanno che per agire moralmente, bisogna prima essere liberi. Che ogni individuo ha il diritto di creare la sua strada e agire secondo i suoi principi; che non può esserci alcuna libertà senza privacy, e che il governo non è altro che uno strumento di controllo delle persone per fini politici (di specifici gruppi di potere). Sì, la libertà è sporca. È caotica. A volte, pericolosa. Ma non importa.

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Paradimatico di questo pensiero è il celebre discorso di Steve Rogers a Peter Parker proprio durante la Civil War. Probabilmente uno dei migliori di tutto l’universo Marvel:

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Non importa ciò che dice la stampa. Non importa ciò che dicono i politici o le masse.

Non importa se l'intero Paese decide che qualcosa di sbagliato è qualcosa di giusto.

Questa nazione è stata fondata su un principio sopra ogni altro: la necessità di difendere ciò in cui crediamo, senza tener conto delle probabilità o delle conseguenze. Quando le masse, la stampa e il mondo intero ti dicono di muoverti, il tuo compito è di piantarti come un albero accanto al fiume della verità e dire a tutto il mondo -

'No, muovetevi voi.’

Tu, da che parte stai?





Mentre in UE l'identità digitale è tra i temi nodali, l'Italia sta facendo morire #SPID, la conquista più importante per la nostra cittadinanza digitale.
Perché da noi l'unica #eutanasialegale è quella sui nostri diritti...
Di @Luke_like su @wireditalia
wired.it/article/spid-c…

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Gabriel reshared this.



Con la scomparsa di Maurizio Scaparro la cultura italiana perde un punto di riferimento. Lo ricordo non solo come amico ma anche come compagno di strada e uomo

sergiej reshared this.



Modernizzazione, 2% ed export. La Difesa fa il punto in Parlamento


Istituzioni, Forze armate e industria hanno presentato al Parlamento le vulnerabilità e le esigenze del settore della Difesa. Il ministro Guido Crosetto, il capo di Stato maggiore dell’Esercito, generale Pietro Serino, e il presidente di Aiad, Giuseppe Co

Istituzioni, Forze armate e industria hanno presentato al Parlamento le vulnerabilità e le esigenze del settore della Difesa. Il ministro Guido Crosetto, il capo di Stato maggiore dell’Esercito, generale Pietro Serino, e il presidente di Aiad, Giuseppe Cossiga, nel corso di tre diverse audizioni davanti alle commissioni delle Camere, hanno descritto ai legislatori italiani le necessità di cui lo Stato ha bisogno per dotarsi di uno strumento militare adeguato alle necessità dell’attuale scenario globale di insicurezza.

Modernizzare le Forze armate

Gli eventi bellici in Ucraina “hanno evidenziato l’esigenza di mantenere apparati militari efficaci e prontamente impiegabili” ha ricordato il generale Serino, registrando come le specificità operative, con l’ingresso di nuove tecnologie, obblighi l’Esercito a “rinnovare i propri equipaggiamenti e sistemi d’arma”, ripristinando capacità convenzionali e potenziando quelle dei nuovi ambiti operativi, dalla guerra elettronica, ai droni, fino alla difesa contraerea. Per il capo di Stato maggiore, questi processi “richiedono adeguate risorse, certezza, profondità e stabilità degli stanziamenti” e le nuove richieste, se non gestite correttamente, rischiano di pesare negativamente sulla produzione e sulle imprese. Per evitare questo sovraccarico, ha affermato ancora il generale, bisognerebbe giungere a un fondo d’investimento che abbia una profondità temporale di almeno tre anni.

La Difesa fuori dai vincoli di stabilità

Il tema dei fondi per la Difesa, e in particolare il raggiungimento del 2% del Pil da dedicare al settore, è stato affrontato anche dal ministro Crosetto, di ritorno dal vertice Nato di Bruxelles. Come ribadito dal titolare di palazzo Baracchini, l’impegno del 2% assunto nel 2014 è ormai considerato dall’Alleanza Atlantica un punto di partenza, con numerosi Paesi che già spingono per superarlo. Di fronte alle difficoltà economiche del Paese, tuttavia, il ministro è tornato a proporre come misura lo scorporo delle spese della Difesa dai vincoli di bilancio, “l’unico modo per non togliere risorse a interventi sociali”. “Il tema del 2% verrà posto al prossimo vertice di Vilnius – ha ricordato il ministro – e noi rischiamo di essere gli unici a non raggiungerlo o a non essere chiari nei tempi con cui lo raggiungeremo, quando gli altri Paesi già parlano del 3%”.

L’importanza dell’export

Supportare la Difesa, poi, vuol dire anche velocizzare le pratiche interne dello Stato sulle attività relative alle esportazioni del comparto industriale, un settore che da solo vale circa un punto percentuale del Pil nazionale, con un valore, incluso l’indotto, di circa quaranta miliardi di euro. Del fatturato, due terzi proviene dall’export, che rappresenta nel complesso il 13% del saldo commerciale italiano. Di fronte a questa consapevolezza, ha registrato il presidente di Aiad Cossiga, la legge che regola le esportazioni militari “dà poca chiarezza ed è scarsamente immediata” concludendo come ci sarebbe bisogno di “migliorare la rapidità di esecuzione dell’export”.


formiche.net/2023/02/modernizz…



USA: Nikki Haley, la promessa del ‘trumpismo senza Trump’


L’ufficializzazione della candidatura di Nikki Haley per la nomination repubblicana del 2024 apre, di fatto, anche per il Grand Old Party, la stagione che lo porterà, fra un anno e mezzo circa, al voto presidenziale. Haley è la prima figura ‘di peso’ ad avere raccolto la sfida lanciata negli scorsi mesi da Donald Trump, che […]

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Oggi il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha incontrato al Ministero il Forum nazionale delle associazioni dei genitori della scuola (Fonags), per istituire un Tavolo permanente di confronto tra le associazioni delle famiglie e…


#LaFLEalMassimo – Episodio 83 – La lezione di Quaero


Mentre si avvicina l’anniversario dei tragici eventi che hanno riportato la guerra in Europa questa rubrica conferma il proprio sostegno alla popolazione ucraina e la condanna dell’invasione russa. In questi giorni si discute della possibilità che la dime

Mentre si avvicina l’anniversario dei tragici eventi che hanno riportato la guerra in Europa questa rubrica conferma il proprio sostegno alla popolazione ucraina e la condanna dell’invasione russa.

In questi giorni si discute della possibilità che la dimensione significativa dei sussidi previsti dall’Inflation Reduction Act promosso dal presidente Biden possa incentivare diverse imprese europee a delocalizzare verso gli Stati Uniti e sull’opportunità che l’Europa rincorra alcune componenti protezionistiche e politiche di supporto alle imprese locali implementate negli Stati Uniti. La storia recente ci insegna che cercare di tenere il passo con l’innovazione americana a colpi di aiuti di stato non è una buona idea. Come ricordato dal settimanale The Economist agli inizi degli anni duemila, mentre si consolidava il successo di Google tra i motori di ricerca la Francia, con il benestare dell’Unione Europea cercò di sostenere con un sostegno di oltre 100 milioni di euro un’impresa francese, Quero, che si proponeva come campione nazionale e antagonista americano.

Oggi sappiamo come è andata a finire, Google è diventato il motore di ricerca per antonomasia, è entrato nel lessico comune con un verbo sinonimo di ricercare e rientra tra le aziende con la maggiore capitalizzazione di borsa al mondo. Personalmente non conoscevo l’esistenza di Quero prima di averlo letto sul giornale britannico. Dopo gli allentamenti alla normativa sugli aiuti di stato introdotti durante la pandemia,
permane una forte tentazione per i politici delle nazioni europee di riversare ingenti contributi sulle aziende nazionali, nella speranza di tenere il passo con quanto avviene oltreoceano.

Si tratta di un errore di prospettiva con il rischio elevato di ripetere l’esperienza negativa del motore di ricerca francese. In Europa la normativa contro gli aiuti di stato ha funzionato in modo adeguato per evitare dannose politiche protezioniste e anche riguardo alla transizione ecologica sarebbe opportuno resistere alla tentazione di rincorrere gli Stati Uniti con l’unico probabile esito di distruggere denaro dei contribuenti. Invece di imitare in modo maldestro i più forti le nazioni europee dovrebbero concentrarsi sui punti deboli della propria unione: completare gli aspetti ancora carenti del mercato unico, specie per quanto riguarda le attività finanziarie, promuovere maggiori investimenti nella ricerca e sviluppo e incentivare formazione ed educazione. La via europea alla green economy può essere tanto efficace quanto differenziata rispetto a quella degli Stati Uniti.

Slava Ukraini

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Cina: spesa dei consumatori fondamentale per la ripresa economica


Il 2022 è stato un anno cupo per l’economia cinese. Le severe misure anti-COVID e le repressioni normative sul settore immobiliare e sulle piattaforme digitali hanno rallentato in modo significativo la crescita economica. La crescita annua del PIL reale del 3 per cento è stata significativamente inferiore all’obiettivo ufficiale del 5,5 per cento. Il presidente […]

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Competizione Studentesca


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Sostenibilità: tutela ambientale, sociale, economica ed etica delle imprese ‘qui e ora’


La sostenibilità del sistema socio economico si basa su quattro tutele: ambientale, sociale, economica ed etica. Le imprese devono essere agenti di sostenibilità e perseguire l’impegno operativo nel gestire un modello di business che non solo permetta il sostentamento dell’impresa a breve-medio-lungo termine, ma che sia anche attento all’ambiente, al benessere sociale ed a una governance equa e partecipata. […]

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