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Questo articolo fa parte del nostro special report AI per la sostenibilità: Sfruttare la tecnologia per alimentare la doppia transizione. Per la deputata europea Eva Maydell, l’ambiziosa agenda verde dell’Europa deve essere sostenuta da un piano industriale completo che sposti...


NORSE / ABANDONACY


A distanza di tre anni dall'ottimo "Blu", recensito dall' infaticabile Massimo Argo su queste nostre stesse pagine, come un album in cui "la vita e la rabbia fluiscono accanto alla morte, come è naturale che sia", tornano a trovarci i Norse, una delle realtà più interessanti del panorama italiano. Nome magari ancora poco conosciuto, ma da tenere in grande considerazione, non fosse altro che per l'immenso potenziale che stanno dimostrando di avere.

@Musica Agorà #musica #punk

iyezine.com/norse-abandonacy

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NON SOLO MASTODON: MISSKEY.SOCIAL è nella Top10 delle istanze non giapponesi ed è tra le 3 istanze social italiane preferite tra quelle non basate su mastodon

@Che succede nel Fediverso?

Mastodon continua a dominare il Fediverso, ma iniziano a svilupparsi (anche in Italia) istanze basate su software alternativi, come Misskey, un progetto che prova ad arricchire l'esperienza del microblogging twitterbased con funzionalità interessanti e un'interfaccia molto piacevole.

E così, dopo pixelfed.uno e dopo l'istanza Friendica poliverso.org, ecco che misskey.social diventa la terza istanza italiana per numero di utenti tra i social del fediverso non basati su mastodon.

* Sì, lo sappiamo: l'istanza italiana feddit.it ha un numero di utenti maggiore rispetto a quello di Poliverso, ma Lemmy non può ancora essere tecnicamente considerato un social network.

Il post di @ピージイ タッソマン
⬇⬇⬇⬇⬇Il messaggio di Tassomen: "Siamo nella Top10 delle istanze #Misskey non giapponesi nel mondo"


Siamo nella Top10 delle istanze #Misskey non giapponesi nel mondo :ai_smile_misskeyio:



Tunisia: il presidente Saied benedice la caccia al nero


Alla popolazione preoccupata per la crisi economica, il presidente della Tunisia offre il capro espiatorio. Saied agita lo spettro della sostituzione etnica e legittima i pogrom contro i migranti subsahariani. Intanto continuano gli arresti degli opposito

di Marco Santopadre*

Pagine Esteri, 2 marzo 2023 – La Tunisia è stretta da una crisi economica senza precedenti e, nonostante il potere sia saldamente nelle sue mani, il presidente Kais Saied ha scelto di giocare la carta del capro espiatorio sperando di distrarre un’opinione pubblica sempre più inquieta.

“Un complotto per la sostituzione etnica”
Il 21 febbraio, durante i lavori del Consiglio di Sicurezza Nazionale, Saied ha chiesto “misure urgenti” contro quelle che ha definito “orde” di immigrati irregolari subsahariani. Incredibilmente, poi, ha agitato lo spauracchio della “sostituzione etnica”, utilizzando un cliché complottista molto caro all’estrema destra xenofoba occidentale: «Esiste un piano criminale ordito all’alba di questo secolo per cambiare la composizione demografica della Tunisia. Alcuni individui hanno ricevuto grosse somme di denaro per dare la residenza ai migranti subsahariani. La loro presenza è fonte di violenza, crimini e atti inaccettabili. È il momento di mettere la parola fine a tutto questo perché esiste la volontà di far diventare la Tunisia un paese puramente africano e non più arabo e islamico».
Il presidente ha così legittimato e amplificato gli argomenti della propaganda portata avanti negli ultimi anni da piccoli ma aggressivi gruppi xenofobi. In particolare, il Partito Nazionalista conduce dal 2018 una violenta campagna – prima sui social, poi anche nelle strade – che all’insegna dello slogan “La Tunisia ai tunisini” chiede alle autorità di identificare ed espellere i migranti africani privi di documenti.
All’inizio dell’anno l’ex portavoce del ministero dell’Interno di Tunisi, Khalifa Chibani, si è lamentato da Radio Diwan degli «africani che cominciano a diventare troppo numerosi», seguito dall’ex ministro Mabrouk Kerchid che da un’altra emittente ha tuonato contro il pericolo della “sostituzione etnica”: «se i tunisini continueranno a emigrare, gli africani ci sostituiranno».

Sui media e sulla rete girano cifre iperboliche sulla presunta presenza in Tunisia di centinaia di migliaia o addirittura milioni di immigrati subsahariani. Secondo le stime delle associazioni che si occupano della questione, però, gli africani irregolari sarebbero solo tra i 20 e i 50 mila su una popolazione complessiva di circa 12 milioni. Oltretutto la maggior parte dei migranti provenienti da sud arrivano in Tunisia con l’intenzione di salpare verso la sponda nord del Mediterraneo e quelli che si trattengono sono davvero pochi.

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La caccia ai nero
Le irresponsabili dichiarazioni dei vari esponenti politici, ed in particolare quelle del capo dello Stato, hanno scatenato nelle città tunisine, in particolare a Sfax, una vera e propria “caccia all’uomo”, diffondendo il terrore tra i migranti.
Varie organizzazioni, tra le quali Avocats sans frontières, denunciano che negli ultimi giorni sono state attaccate violentemente centinaia di persone. Secondo alcune fonti alcuni degli aggrediti sarebbero stati addirittura uccisi da gruppi di razzisti che prendono d’assalto e devastano le case abitate dai migranti nelle zone più degradate delle città tunisine o pestano e accoltellano cittadini africani nelle strade. Si registrano casi di famiglie sfrattate dai proprietari e buttate a forza in mezzo alla strada, di licenziamenti, di incendi intimidatori contro le abitazioni o le attività economiche di alcuni migranti.

Da settimane, poi, anche la polizia tunisina ha realizzato numerose retate alla ricerca di immigrati irregolari da detenere ed espellere. Secondo le associazioni per i diritti umani le forze dell’ordine avrebbero compiuto centinaia di arresti arbitrari realizzati anche all’interno dell’Università o dei luoghi di lavoro.

Le proteste dei governi africani
Ovviamente a fare le spese dei pogrom sono anche immigrati in regola con i documenti nonché cittadini tunisini dalla pelle più scura della media. In molti si sono barricati in casa per sfuggire alle aggressioni compiute anche da passanti non organizzati. Molti cittadini africani hanno chiesto asilo alle ambasciate dei loro paesi di provenienza o si sono accampati davanti alle sedi diplomatiche – ad esempio quella della Costa d’Avorio e quella del Mali – in cerca di protezione.
I governi dei due paesi hanno reso noto di aver inviato in Tunisia degli aerei noleggiati per rimpatriare i connazionali che vogliono rientrare nei paesi d’origine.

«La Tunisia di Bourghiba non merita un presidente come Kais Saied» ha scritto in un comunicato il Consiglio della Diaspora Maliana mentre le autorità di Bamakohanno condannato le violenze e gli arresti arbitrari contro i propri cittadini.

Alle proteste delle diplomazie africane però il ministero degli Esteri di Tunisi ha risposto con un invito a non interferire negli affari interni del paese.
Anche all’Unione Africanache invitava Tunisi «ad astenersi da ogni discorso di odio razzista» il titolare degli Esteri, Nabil Ammar, ha rivolto parole dure: «Sono accuse che rifiutiamo. La migrazione illegale pone problemi a tutti i paesi. Il fatto di considerarlo un problema non significa pronunciare discorsi di odio».
A Saied è giunta invece immediata la solidarietà del leader della destra razzista francese Eric Zemmour, fondatore del partito Reconquête: «Gli stessi paesi del Maghreb cominciano a suonare l’allarme di fronte alla deriva migratoria. La Tunisia ha deciso di prendere provvedimenti urgenti per proteggere il suo popolo. Cosa aspettiamo a lottare contro la grande sostituzione?».

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Marcia antirazzista a TunisiAlle dichiarazioni del presidente, ai pogrom e agli arresti indiscriminati cercano di opporsi come possono le organizzazioni antirazziste tunisine. Il 25 febbraio, davanti alla sede dell’Unione Nazionale dei Giornalisti Tunisini della capitale, si sono radunate un migliaio di persone che hanno poi marciato su Viale Bourghiba «per difendere le vittime degli attacchi razzisti e chiedere una risposta umanitaria che garantisca la regolarizzazione amministrativa e blocchi le violenze».
Decine di organizzazioni progressiste e per la difesa dei diritti umani hanno lanciato un appello alla costruzione di un fronte antirazzista capace di respingere la deriva fascista delle istituzioni tunisine.

Continuano gli arresti degli oppositori
Una deriva che oltre ai migranti ha preso di mira negli ultimi giorni numerosi esponenti delle opposizioni, giudici, giornalisti e imprenditori che evidentemente il presidente Saied, che nel luglio del 2021 ha congelato il Parlamento e sciolto il governo, considera un ostacolo.
Anche sul presidente dell’Unione Nazionale dei Giornalisti, Mohamed Yassine, grava una denuncia per aggressione a pubblico ufficiale rimediata nel corso di una manifestazione per i diritti civili realizzata nel luglio del 2022. In manette invece è finito Jahouar Ben M’Barek, uno dei leader del Fronte di Salvezza Nazionale (FSN), alleanza politica che riunisce i principali partiti di opposizione. Anche Ezzedine Hazgui, uno dei leader storici della sinistra tunisina, è stato fermato dalle forze di sicurezza. Il FSN ha chiesto l’immediato rilascio di tre membri del Partito repubblicano, tra cui il leader, Wissem Sghaier, e altri due attivisti, Bouthayna Khlifi e Oussama Ghoulem, arrestati per aver realizzato delle scritte su alcuni muri che reclamavano la liberazione di Issam Chebbi, segretario generale del partito, recentemente arrestato in quanto accusato di “cospirazione contro lo Stato”. Un ex deputato del partito islamista Ennahda, Said Ferjani, è invece stato arrestato con l’accusa di “riciclaggio di denaro” in relazione al caso Instalingo, un’impresa anch’essa accusata di cospirazione. In manette, sempre martedì, è finito anche l’ex ministro dell’Ambiente Riad Mouakher, accusato invece di “corruzione”. Nei giorni scorsi quattro partiti di opposizione – Corrente democratica, Ettakatol (social-democratico), il Partito dei lavoratori (comunista) e Al Qutb (centro-sinistra) – hanno denunciato l’arresto dell’attivista politico ed ex segretario generale di Corrente democratica, Ghazi Chaouachi, denunciando che «le accuse contro di lui non hanno alcun fondamento giuridico».
Sarebbero ad oggi almeno 50 le persone arrestate per motivi politici a partire dall’inizio dell’anno in Tunisia.

Il governo italiano sta con Saied
«La campagna presidenziale mira a creare un nemico immaginario per i tunisini per distrarli dai loro problemi di base» ha spiegato in un’intervista a Reuters Romdhane Ben Amor, portavoce del Forum per i diritti economici e sociali. Il FTDES e il movimento antirazzista denunciano il sostegno dell’Unione Europea, e in particolare dell’Italia, alle politiche razziste del regime tunisino. I rappresentanti del governo Meloni – come di quello Draghi in precedenza – fanno la spola tra Roma e Tunisi per rafforzare l’esternalizzazione dei confini del nostro paese, affidata alle forze di sicurezza tunisine, finanziate per intercettare e bloccare le carrette del mare a bordo delle quali migliaia di disperati tentano di raggiungere la sponda nord del Mediterraneo. Il discorso di Saied del 21 febbraio segue di poche settimane la visita di una delegazione italiana guidata dal Ministro degli Esteri Antonio Tajani e dal ministro degli Interni Matteo Piantedosi, giunti a Tunisi proprio per concordare le prossime mosse dei due governi contro l’immigrazione. Non stupisce, quindi, che lo stesso Tajani il 27 febbraio abbia dichiarato che «Il governo italiano è in prima linea nel sostenere la Tunisia nelle attività di controllo delle frontiere». Non una parola sui pogrom contro i migranti. – Pagine Esteri

5704877* Marco Santopadre, giornalista e scrittore, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria.

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In Cina e Asia – Il giorno di Lukashenko in Cina


In Cina e Asia – Il giorno di Lukashenko in Cina 5704126
Il giorno di Lukashenko in Cina
Cina: le aziende straniere investono sempre meno
La Russia starebbe aiutando la Cina nel suo programma nucleare
Gli Usa approvano vendita di nuove armi a Taiwan
Il Vietnam ha un nuovo presidente

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Chat control/Child Sexual Abuse Regulation expert hearing: warnings from all sides


The Digital Affairs Committee of the German Bundestag today organised a public hearing on the controversial chat control/Child Sexual Abuse Regulation proposal currently being negotiated at EU level. The EU project …

The Digital Affairs Committee of the German Bundestag today organised a public hearing on the controversial chat control/Child Sexual Abuse Regulation proposal currently being negotiated at EU level. The EU project met with unanimous criticism not only from data protection and digital experts, but also from child protection groups and law enforcement:

For Joachim Türk, representative of the German Child Protection Association (Kinderschutzbund Bundesverband e.V)., the EU regulation “goes too far in key points”. The association clearly opposes the screening of private communication content. “Above all, the indiscriminate scanning of private communication in messenger services (such as WhatsApp or Signal) or emails is neither proportionate nor effective,” its statement says.[1] Chat control was “a deep intrusion into the fundamental right of freedom of communication” also of children. The association instead proposes to extend the voluntary chat control interim regulation.

Public prosecutor Markus Hartmann, representing the Central and Contact Point for Cybercrime (ZAC) in North Rhine-Westphalia, warns that “all services and devices of digital communication are likely to be covered by the provisions of the draft regulation.” He speaks of “considerable and, in the end, reasoned concerns […] with regard to the necessity of at least part of the measures associated with the detection order, especially insofar as they are directed against end-to-end encrypted communications.” With regard to unencrypted communications, he considers it „unlikely that general interception of individual communications would withstand the scrutiny of (European) fundamental rights“. [2]

During the hearing, he notes that “[t]here is no law enforcement at any price. We don’t install a camera in every private home.” The “error rates concerning false positives, even in a single-digit percentage range, [were] still so high in absolute figures that an inacceptable number of persons wrongly came into the focus of authorities.” Hartmann continues: “By breaking encryption, the Commission is in fact undermining the most important digital means of protection. As the head of a technical cybercrime unit that also deals with the protection of critical infrastructures of authorities and companies, I can tell you that compromised encryption is ultimately no encryption.”

Ella Jakubowska of European Digital Rights (EDRi) calls for the proposal to be “outright rejected” as it is incompatible with EU law.[3]

Elina Eickstädt from the Chaos Computer Club (CCC) makes it clear right at the beginning of the hearing that the CCC “fundamentally rejects the CSAR regulation”. The “technical implementation of the regulation means the establishment of an unprecedented surveillance infrastructure (…) that deeply interferes with IT security principles and deprives users of any control over their digital communication.[4]

Felix Reda of the Society for Freedom Rights (GFF) clarifies: “Rejecting client-side scanning is not enough. From a fundamental rights perspective, it makes no difference whether scanning is done on the server or on the device.” He is convinced that the draft law violates the EU Charter of Fundamental Rights in “crucial points.” The “chat control proposal (…) not only threatens to keep law enforcement agencies busy with numerous reports of false positives. Moreover, there is also the risk that reports of consensual sexting among young people will increase.”[5]

Pirate Party MEP Patrick Breyer, who is negotiating the planned regulation for his group in the lead committee on home affairs, comments:

“With chat control, the EU is planning a mass surveillance system that is so extreme that it exists nowhere else in the free world. The only country that practices such indiscriminate searches is authoritarian China.

The scathing criticism even from the Child Protection League and law enforcement today clearly shows: chat control threatens to destroy the fundamental right to digital privacy of correspondence and must not be introduced in this form. No one is helping children with a regulation that will inevitably fail before the European Court of Justice because it violates the Charter of Fundamental Rights.

What we really need instead of totalitarian chat control and ID obligations for age verification is a long overdue obligation for law enforcement agencies to have known abuse material on the internet removed, as well as Europe-wide standards for effective prevention measures, victim support and counselling, and swife r criminal investigations.”

Video recording of the hearing (in German)


patrick-breyer.de/en/chat-cont…

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PD: ora tocca a Schlein fare politica!


Buono l’esordio di Elly Schlein tra l’ironico e l’irridente: “una volta di più non ci hanno visti arrivare”. Vero. Anzi più che vero: perché negare che dal partito abbiano cercato in ogni modo di ostacolarla è un fatto evidente. Quella dichiarazione volgarissima di Stefano Bonaccini la sera prima del voto, ne è la prova evidente. […]

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L’EDPB ha adottato il suo parere sulla bozza di decisione di adeguatezza relativa al Data Privacy Framework UE-USA pubblicata dalla Commissione Europea lo scorso 13 dicembre. Ad annunciarlo è il Board stesso, il quale comunica che accoglie con favore i miglioramenti sostanziali apportati, come l’introduzione di requisiti che incorporano i principi di necessità e proporzionalità...


Tutta la vera storia di Elon Musk, il genio che come Newton inizia da un albero e finisce per comprare Twitter


Ho fatto un cartone su Elon Musk che è un super genio youtu.be/gB0Sn1Ety7k

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Se sconfitta in Ucraina, la Russia verrebbe spartita tra Occidente e Cina?


Nelle ultime settimane, la prospettiva della disintegrazione della Federazione Russa è emersa come uno dei grandi temi del discorso internazionale. Nelle ultime settimane sulla stampa europea e su quella statunitense si sono moltiplicati i commenti sull’argomento. Va notato che il tema non è nuovo. Questa nuova attenzione concentrata su di esso è dovuta al fatto […]

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Il ministro dell'Interno del governo Meloni, riferendo in Commissione affari costituzionali della Camera, è stato sottoposto ovviamente a domande relative alla


GDPR howto: efficaci misure tecniche supplementari per GMail, Google Drive e Google Workspace


monitora-pa.it/2023/03/01/gdpr…

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Apprendo con stupore, da un comunicato di Stampa Romana, del licenziamento in tronco di Federico Tulli, da 17 anni firma di punta di Left. Nel leggere le motiva


Una politica senza futuro


Con la lettera del 24 febbraio scorso ai presidenti delle due Camere e al presidente del Consiglio dei ministri, il presidente della Repubblica non si è limitato a segnalare il pasticcio delle concessioni balneari. Ha indicato anche altri problemi, quello

Con la lettera del 24 febbraio scorso ai presidenti delle due Camere e al presidente del Consiglio dei ministri, il presidente della Repubblica non si è limitato a segnalare il pasticcio delle concessioni balneari. Ha indicato anche altri problemi, quello dell’«abuso della decretazione di urgenza e la circostanza che i decreti-legge siano da tempo divenuti lo strumento di gran lunga prevalente attraverso i quali i governi esercitano l’iniziativa legislativa», nonché «il carattere frammentario, confuso e precario della normativa prodotta attraverso gli emendamenti ai decreti-legge e come questa produca difficoltà interpretative e applicative».

Questi problemi sono noti al governo, che sta cercando di porvi rimedio, come lo stesso presidente della Repubblica ha segnalato, ricordando «l’iniziativa che il presidente del Consiglio dei ministri ha di recente assunto, in dialogo con i presidenti delle Camere». Ma queste sono solo alcune tessere di un mosaico. Ve ne sono altre, i cui segni sono sotto gli occhi di tutti. Vorrei provare a metterle insieme, nella loro successione funzionale, perché, considerate congiuntamente, mostrano lo slittamento in corso del nostro sistema politico costituzionale, con effetti a cascata, e una trasformazione lenta e progressiva, iniziata da tempo. Tutto inizia con il fatto che «i partiti si sono allontanati dalla società», come ha scritto Luciano Violante, il 26 febbraio scorso, su Domani : pochi iscritti; forte diminuzione, con bruschi cali, della partecipazione politica attiva; perdita di elettori; rottura del rapporto elettori-eletti; forte volatilità elettorale; congressi rarissimi.

Uno dei maggiori partiti degli ultimi trent’anni ha affidato la guida della propria organizzazione ad una candidata iscrittasi in vista delle primarie e scelta da un numero di partecipanti quasi sette volte superiore al numero degli iscritti: c’è differenza rispetto alla scelta di un «podestà straniero»? Si può dire che in questo modo quel partito riesce a perdere anche le proprie elezioni interne, dopo averle delegate ad altri? La trasformazione dei partiti da associazioni in comitati elettorali, o tutt’al più in movimenti, e quindi il loro regresso allo stato iniziale della «forma partito», comporta anche un’altra conseguenza: le loro rappresentanze parlamentari non sono composte da eletti, ma da nominati, perché scelti dai vertici e assegnati a collegi più o meno sicuri.

Un’altra conseguenza della rarefazione del rapporto tra politica e società sta nel fatto che le forze politiche, non avendo né sicuri votanti né molti iscritti, operano in funzione di gruppi e associazioni di categorie. Mario Monti, sul Corriere della Sera del 26 febbraio scorso, ha segnalato la loro tendenza a regalare risorse dello Stato a categorie organizzate di cittadini nella speranza che questi contraccambino con il loro voto, un fenomeno non solo italiano, ma da noi più diffuso che altrove.

Questi fenomeni si accompagnano con uno svuotamento del Parlamento, sia in termini di persone, sia in termini di funzioni. Il numero dei parlamentari è stato ridotto di un terzo. Le funzioni molto di più. La funzione legislativa è ormai svolta dal governo (si va avanti con più di un decreto-legge a settimana). L’assegnazione alle oligarchie al vertice dei partiti del compito di scegliere i candidati e paracadutarli nei collegi ha invertito il rapporto maggioranza parlamentare-governo: se una volta era la maggioranza che dominava, oggi è il contrario. Quindi, i parlamentari più che «policy makers», sono meri «politicians». Ma, frustrati dal fatto di essere esclusi dalle maggiori decisioni, si prendono una rivincita: inseriscono nei decreti-legge del governo, che debbono convertire, ogni tipo di norme (il presidente Repubblica ha segnalato che ai 149commi originari del decreto-legge «milleproroghe» se ne sono aggiunti altri 205 nel corso della conversione parlamentare) e propongono commissioni monocamerali o bicamerali di inchiesta, una volta usate con molta parsimonia per raccogliere dati e notizie su materie di pubblico interesse, ora proposte in gran numero come strumento di battaglia politica, o talora come tribunali del popolo.

Un altro cambiamento riguarda il governo e, in particolare, il suo presidente, il cui peso e la cui forza aumentano. Ciò è dovuto, da un lato, a ragioni strutturali: il capo del governo, in un regime parlamentare, quando ha un mandato popolare e una sicura maggioranza nelle Camere, può contare sul «continuum» maggioranza parlamentare-governo, mentre il presidente di una Repubblica presidenziale non necessariamente gode dell’appoggio di una maggioranza parlamentare. Dall’altro lato, la partecipazione all’Unione europea e ai vertici dei molti organismi internazionali, costituisce un elemento esterno di rafforzamento del ruolo del capo dell’esecutivo perché le decisioni collettive più importanti vengono prese a Bruxelles o in Summit internazionali a Bali, e lì l’Italia è rappresentata dal presidente del Consiglio dei ministri. Questo, quando non è il decisore di ultima istanza, è comunque il punto necessario d’incontro tra i decisori. Le trasformazioni illustrate producono conseguenze anche sugli altri poteri, su quello amministrativo, tanto essenziale ma sempre più vincolato, e su quello giudiziario, anch’esso importante, ma ormai fuori fase rispetto alla domanda di giustizia.

Non tutti questi passaggi si sono completati, ma si è perduta la cornice politico-costituzionale che ha retto finora il nostro sistema di potere, con una verticalizzazione del potere centrale in parallelo con quello nelle regioni, anche se nel primo caso indebolito dalla breve durata degli esecutivi. Se alcuni di questi sviluppi rappresentano una tendenza inesorabile e sono effetto e causa della debolezza della democrazia, tuttavia, due aspetti segnalano una vera e propria regressione: i meccanismi di selezione del personale politico e lo «short-termism». Se né la «carriera» all’interno di un partito, né la scelta degli elettori sono utilizzati per reclutare e selezionare parlamentari e ministri, quale è lo strumento per formare le classi dirigenti politiche? Se la politica è tutta declinata al quotidiano, chi disegnerà un futuro per l’Italia?

Corriere della Sera

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Ucraina: Italia, ‘armatevi e restate’


“L’eroica reazione di un popolo disposto a fare tutto ciò che va fatto per difendere la sua libertà, la sua sovranità e la sua identità… mi ha ricordato la nascita dello Stato italiano: c’era un tempo in cui si diceva che l’Italia fosse solo un’espressione geografica. Ma col Risorgimento ha dimostrato di essere una nazione. […]

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Ucraina: una vittoria non negoziabile


Slava Heroyam! L’Ucraina sarà di nuovo gloriosa! Sulle colline ferite dell’Ucraina tornerà la vita. Le case e le strade distrutte saranno ricostruite. Famiglie separate e persone care saranno unite. I morti saranno pianti ma l’Ucraina celebrerà la libertà e la pace. Ho partecipato alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco e questi erano i sentimenti di […]

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L’eredità presidenziale di Jimmy Carter


Con l’annuncio che l’ex Presidente novantottenne Jimmy Carter non avrebbe cercato cure mediche aggiuntive ma avrebbe vissuto il resto della sua vita sotto cure ospedaliere, lo sfogo del sentimento, sia degli esperti che del pubblico, si è concentrato sulla sua stellare post-presidenza superando la sua fallita presidenza di un mandato. I media hanno comprensibilmente evidenziato il […]

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La Russia affronti il ​​tribunale per l’aggressione contro l’Ucraina


L’idea di un tribunale speciale per il crimine di aggressione contro l’Ucraina è stata proposta per la prima volta dal professor Philippe Sands subito dopo l’inizio dell’invasione su vasta scala della Russia all’inizio del 2022. Mentre la guerra entra ora nel suo secondo anno, questa iniziativa continua a guadagnare slancio. Dall’inizio dell’invasione, il concetto di […]

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lindro.it/la-russia-affronti-i…



Così parlò Nordio, prima di diventare Ministro


Appunti, al di là dei fatti contingenti, per una riforma della giustizia. “Mementi”, se si vuole. Vergati in saggi, articoli, libri, dall’attuale ministro della Giustizia Carlo Nordio. Li si può condividere o no, ma hanno comunque il pregio della chiarezza: il ministro Nordio dice quello che pensa, dopo aver pensato a quello che vuole dire. Il “particolare” […]

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Paolo Ferrero Il 10 e l’11 febbraio scorso si è tenuto all’Avana il Primo Incontro Internazionale delle Pubblicazioni Teoriche dei Partiti e dei Movimen


Confronto sulla Separazione delle Carriere con Matteo Salvini


Nel quadro del confronto con tutte le forze politiche interessate e prendendo spunto dal libro del nostro Presidente “Non diamoci del tu”, il giorno 1 marzo 2023 alle ore 17:30 presso la nostra sede, in via della Conciliazione 10, Matteo Salvini si confro

Nel quadro del confronto con tutte le forze politiche interessate e prendendo spunto dal libro del nostro Presidente “Non diamoci del tu”, il giorno 1 marzo 2023 alle ore 17:30 presso la nostra sede, in via della Conciliazione 10, Matteo Salvini si confronterà con il Presidente Giuseppe Benedetto sul tema della Separazione delle Carriere.
Sarà presente il Sottosegretario di Stato alla Giustizia Andrea Ostellari.

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Perché inviare più truppe militari USA a Taiwan è così rischioso


Secondo quanto riferito, gli Stati Uniti stanno pianificando di aumentare la propria presenza militare a Taiwan da quasi 40 a un numero compreso tra 100 e 200 militari. Secondo il primo rapporto del Wall Street Journal della scorsa settimana, le truppe aggiuntive arriveranno nei prossimi mesi. Il piccolo numero di forze statunitensi a Taiwan è […]

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L’invasione della Russia un anno dopo: l’Ucraina è più forte che mai


Quando io e la mia famiglia abbiamo lasciato Kiev la prima mattina dell’invasione su vasta scala della Russia lo scorso febbraio, non avevamo idea se saremmo mai stati in grado di tornare a casa o se la stessa Ucraina sarebbe sopravvissuta. Nei giorni successivi, mentre continuava a svolgersi il più grande conflitto europeo dalla seconda […]

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Bavaglio e retate di oppositori; Tunisia a un passo dal default


Il presidente Saied scatena la repressione contro le opposizioni, i giornalisti e i sindacati e grida al complotto e alle ingerenze straniere. Ma l'economia della Tunisia cola a picco; per concedere un prestito il FMI pretende lacrime e sangue L'articolo

di Marco Santopadre*

Pagine Esteri, 24 febbraio 2023 – La “rivoluzione dei Gelsomini”, che nel 2011 pose fine dopo 24 anni al regime dispotico di Zine Ben Alì, è un ricordo sbiadito. La Tunisia è oggi un paese in profonda crisi gestito con il pugno di ferro dal presidente della Repubblica Kaies Saied.

Il golpe silenzioso
Eletto a furor di popolo nell’ottobre del 2019 come indipendente, due anni dopo Saied ha realizzato un vero e proprio autogolpe. In nome della stabilità, nel 2021 il presidente ha esautorato il governo e congelato il parlamento, attribuendosi pieni poteri. Nel luglio 2022, sfruttando la sua popolarità ma soprattutto la distanza siderale della popolazione dalla politica, Saied è riuscito a far approvare un nuovo testo costituzionale che concede alla Presidenza ampissimi poteri.
Se a pronunciarsi sul nuovo testo fondamentale fu solo il 30% degli elettori, nelle scorse settimane ancora meno cittadini hanno votato nelle due tornate (17 dicembre 2022 e 29 gennaio) delle elezioni legislative: solo l’11% degli aventi diritto ha messo la scheda nell’urna.
La popolarità di Saied è ancora superiore al 50%, dicono i sondaggi, ma è in calo visto soprattutto il rapido deterioramento della situazione economica. Impotente, l’autocrate risponde mettendo il bavaglio all’opposizione e denunciando improbabili complotti. Alle prossime elezioni presidenziali previste nel 2024 – ammesso che si tengano – Saied non vuole problemi, anche se i sondaggi prevedono per ora una sua netta vittoria.

Un’ondata di arresti
Nei giorni scorsi il capo dello Stato ha avviato una vasta campagna di arresti di esponenti politici, di imprenditori, giudici e giornalisti accusati di «aver cospirato contro la sicurezza dello stato». In manette sono finiti soprattutto leader politici della Fratellanza Musulmana come Abelhamid Jlassi, Faouzi Kammoun e Noureddine Bhiri (ex ministro della Giustizia), vicini al partito di opposizione Ennahda. Ma gli arresti sono trasversali: in carcere sono finiti anche Noureddine Boutar, direttore di “Mosaique Fm” – la radio indipendente più ascoltata del paese spesso critica nei confronti del governo – l’imprenditore Kamal Eltaief, all’epoca vicino al despota Ben Ali e legato agli interessi occidentali e Khayam Turki, esponente del partito socialdemocratico Ettakatol. Mercoledì la Procura Nazionale Antiterrorismo ha ordinato l’arresto di Chaima Aissa, leader del Fronte di Salvezza Nazionale, e di Issam Chebbi, leader del Partito Repubblicano.
Contro gli arresti arbitrati si sono espressi in particolare la Germania e gli Stati Uniti, ma anche l’Alto commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, Volker Turk, ha espresso preoccupazione per «l’inasprimento della repressione contro gli oppositori politici e i rappresentanti della società civile in Tunisia, soprattutto attraverso le misure adottate dalle autorità, che continuano a minare l’indipendenza della magistratura».
Il portavoce della diplomazia Usa, Ned Price ha affermato che Washington sostiene le aspirazioni del popolo tunisino verso «un sistema giudiziario indipendente e trasparente, in grado di garantire libertà a tutti». «I principi democratici della libertà di espressione, della diversità politica e dello stato di diritto devono essere applicati in un paese democratico come la Tunisia» ha invece sentenziato il portavoce dell’esecutivo tedesco Wolfgang Buechner.
Saied ha risposto per le rime a tutti, soprattutto all’amministrazione Biden. «Che guardino alla loro storia e alla loro realtà, prima di parlare della situazione in Tunisia. Siamo uno stato indipendente e sovrano, non siamo sotto colonizzazione o protettorato. Sappiamo quello che facciamo, gli arrestati sono dei terroristi» ha detto l’uomo forte di Tunisi.

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Manifestazione di protesta dei giornalisti

Sindacati in piazza, Tunisi espelle la leader della CES
Contro l’arresto del fondatore di Radio Mosaique a Tunisi hanno manifestato numerosi membri del Sindacato Nazionale dei Giornalisti. «Le autorità vogliono mettere in riga sia i media privati sia quelli pubblici, e l’arresto di Boutar è un tentativo di intimidire l’intero settore» ha denunciato Mahdi Jlassi, presidente del SNJT.
Anche la segretaria generale della Confederazione europea dei sindacati (Ces), Esther Lynch, ha invitato il presidente tunisino a rispettare i diritti umani e a smettere di prendere di mira i sindacati. L’appello è giunto il giorno dopo l’espulsione della sindacalista irlandese dal Paese, motivata dalla sua partecipazione a una protesta antigovernativa organizzata a Sfax dall’Unione generale tunisina del lavoro (Ugtt). Il 18 febbraio Saied ha definito la leader sindacale “persona non grata”, ingiungendole di abbandonare la Tunisia entro 24 ore.
La sua partecipazione alle manifestazioni del maggiore sindacato del paese rappresenta, secondo il capo dello Stato, un atto di intollerabile ingerenza negli affari interni del paese. Per il segretario generale dell’Ugtt, Noureddine Taboubi, si sarebbe trattato solo di una dimostrazione di solidarietà.
Il sindacato tunisino, che conta oltre 700 mila iscritti, ha organizzato diverse manifestazioni di lavoratori per protestare contro gli arresti arbitrari. Migliaia di manifestanti sono scesi in piazza in otto diverse città, accusando Saied di soffocare le libertà fondamentali, compresi i diritti sindacali. Il vicesegretario generale dell’Ugtt Taher Barbari ha spiegato che le manifestazioni sono una risposta a una situazione politica marcia, ai “discorsi da caserma” e alla nuova legge finanziaria.
«L’Ugtt non può lasciare il Paese nelle mani di un unico decisore e con una Costituzione redatta dal presidente della Repubblica per costruire una nuova dittatura», ha aggiunto.
Il 31 gennaio un dirigente dell’Ugtt, Anis Kaabi, è stato arrestato a seguito di uno sciopero dei lavoratori dei caselli autostradali. A favore della sua liberazione di sono espressi decine di firmatari di un appello – dal Partito Comunista all’Associazione Tunisina per i Diritti e le Libertà passando per il filosofo e antropologo Youssef Seddik e l’attivista Bochra Belhaj Hmida – che denuncia «i tentativi disperati di criminalizzare il lavoro sindacale».

Crisi economica e complotti
Saied afferma che «la libertà di espressione è garantita e non c’è alcun legame con questi arresti, che piuttosto sono legati al complotto e alla corruzione».
Il giro di vite voluto dal presidente si inserisce però in un contesto dominato dalla preoccupazione della popolazione per una crisi economica sempre più grave. Molti prodotti alimentari di base – come lo zucchero, il latte e il caffè – sono diventati inaccessibili a molti tunisini e comunque risultano spesso introvabili. Il paese è privo di significative risorse naturali, è affetto da una siccità sempre più cronica ed è costretto ad importare dall’estero il grano che serve per fare il pane distribuito alla popolazione a prezzi calmierati.
Anche in questo caso, però, Saied si difende agitando un non meglio precisato “complotto”. I beni alimentari di prima necessità «sono disponibili all’interno del mercato tunisino, ma sono registrate delle carenze allo scopo di aggravare la situazione» ha affermato dopo aver però rimosso, all’inizio di gennaio, la ministra del Commercio Fadhila Rebihi.

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Saied incontra la premier tunisina

Lacrime e sangue
Giustificazioni del presidente a parte, la situazione economica in Tunisia non era stata così grave dagli anni ’50 del secolo scorso.
L’economia del paese è stata gravemente colpita prima dalla pandemia e poi dalle conseguenze del conflitto in Ucraina. Preoccupa soprattutto l’aumento record del debito che nel 2021 aveva raggiunto quota 40 miliardi di euro e l’80% del Pil. Le agenzie di rating hanno ulteriormente declassato Tunisi e il Fondo Monetario Internazionale ha deciso di ritardare l’approvazione finale di un prestito di circa 2 miliardi inizialmente previsto il 19 dicembre. A provocare lo stop dell’FMI – che rischia di bloccare i finanziamenti internazionali necessari per evitare il tracollo finanziario del paese – sono stati il ritardo con il quale il governo ha varato la legge Finanziaria e le scarse garanzie fornite.
Se anche a marzo l’istituzione finanziaria gestita da Washington dovesse concedere il prestito, secondo la direttrice generale del Ministero delle Finanze di Tunisi, Ibtisam Ben Aljia, il paese dovrebbe riuscire ad ottenere altri 3 miliardi per mettersi al riparo dal default. Senza la tranche promessa dal FMI anche i creditori europei ed arabi potrebbero tirarsi indietro.
Se il prestito a 48 mesi del FMI non dovesse essere concesso, secondo il vicepresidente della Banca mondiale per il Medio Oriente e il Nord Africa (Mena), Farid Belha, la Tunisia sarebbe costretta a rinegoziare il suo debito con il Club di Parigi, un gruppo informale di organizzazioni finanziarie dei 22 Paesi più ricchi del mondo. Non saranno certo gli strali di Saied – che ha sollecitato i paesi creditori a cancellare i debiti del paese e a restituire i “fondi saccheggiati” – a placare gli appetiti del Fondo e del Club di Parigi, che in cambio di una dilazione delle rate chiederanno un prezzo alto alla Tunisia. A pagarlo, nel caso, non sarebbe certo il presidente Saied.
Per concedere il prestito, al governo di Tunisi il Fondo Monetarioha già preteso l’eliminazione dei sussidi concessi alla popolazione per l’acquisto di cibo e carburante, il taglio della spesa pubblica per la sanità, l’istruzione e la protezione sociale, nonché la privatizzazione delle principali aziende pubbliche. – Pagine Esteri

5687873* Marco Santopadre, giornalista e scrittore, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria.

L'articolo Bavaglio e retate di oppositori; Tunisia a un passo dal default proviene da Pagine Esteri.



Prova con #Hashtag e formattazione nel titolo

@Test: palestra e allenamenti :-)

Ok, ciao a tutti

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COME INTERPRETA LEMMY I LINK QUANDO ESSI INCLUDONO IL 200° CARATTERE, DAI POST SENZA TITOLO OSSIA L'ULTIMO CARATTERE CHE VIENE ESTRAPOLATO PER RICAVARE UN TITOLO?

@Test: palestra e allenamenti :-)

I dieci pomodori che hanno cambiato il mondo, di William Alexander
27 Febbraio 2023 - di Rita Giordano - Commenta
I dieci pomodori che hanno cambiato il mondo di William Alexander
“I dieci pomodori che hanno cambiato il mondo“- Storia, viaggi e avventure alla scoperta del frutto più amato di William Alexander è un saggio sulla storia del pomodoro, all’inizio disprezzato e oggigiorno osannato in tutto il mondo. Edito da Aboca Edizioni e pubblicato da pochissimo, I dieci pomodori che hanno cambiato il mondo (titolo originale: Ten Tomatoes That Changed the World. A History, tradotto da Domenico Giusti) è un libro interessante, originale e leggero sulla storia del pomodoro dalle origini ai giorni nostri.

William Alexander è autore di diversi editoriali. Ha scritto varie opere, quali “52 Loaves” (2010), “Flirting with French”(2014) ma è conosciuto soprattutto per il suo memoir diventato bestseller negli USA “The $64Tomato” (2006).

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Intervista a Vittore Baroni 2023


Il 17 gennaio del 1956, un piccolo asteroide cadde nei pressi di Forte dei Marmi …

All’interno del prezioso corpo celeste, trovava dimora un’entità aliena molto particolare, che prese le sembianze umanoidi di VITTORE BARONI, con una precisa missione: insinuarsi ed integrarsi tra i terrestri, per studiarne usi e costumi.

iyezine.com/vittore-baroni-int…

#arte #mailart #mailartist



MENTRE LEMMY DIVENTA SEMPRE PIÙ IL FORUM E L'AGGREGATORE DI NEWS DEL FEDIVERSO, FLIPBOARD STA INTEGRANDO MASTODON NELLA SUA APP PRINCIPALE!

LINK


#Flipboard ha annunciato che sta integrando Mastodon nella sua app principale, in modo che gli utenti possano sfogliare i propri feed proprio come possono "sfogliare" le loro timeline di Twitter. Flipboard sta inoltre avviando la propria istanza Mastodon nel tentativo di incoraggiare un'adozione più ampia tra la sua base di utenti.

Secondo il CEO di #Flipboard Mike McCue, i due aggiornamenti sono i primi "passi iniziali" di un piano più ampio per abbracciare i protocolli di social networking decentralizzati che sono stati resi popolari da Mastodon nell'ultimo anno. Invece di fare affidamento sui "grafi sociali proprietari" di servizi come Twitter e Facebook, entrambi diventati sempre più ostili agli sviluppatori esterni, Flipboard potrebbe invece essere incentrato su ActivityPub, il protocollo open source che alimenta Mastodon e il resto dei servizi decentralizzati. che compongono il “Fediverso”.

L'articolo di Karissa Bell
FLIPBOARD IS LEANING INTO MASTODON
AND AWAY FROM TWITTER
è su Engadget

La schermata di Flipboard

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Unknown parent

@Francesco 🕳️ Purtroppo temo che attenderai molto a lungo... 😒

"This project is archived. Due to circumstances, the project as planned did not take place. This page is left as a placeholder, for transparency reasons and to perhaps inspire others to take up this work."

Ma forse qualcosa si muove di nuovo...


Discourse sta aggiungendo il supporto ActivityPub e richiedendo feedback sulla loro sp proposta ispirata a Lemmy


Pavilion e CDCK (Discourse.org) stanno discutendo la creazione di un plug-in ActivityPub per Discourse. Dopo alcune discussioni, siamo arrivati ​​alle specifiche di seguito. Qualsiasi commento o suggerimento è benvenuto prima di finalizzarlo. Si noti che il supporto per i contenuti in arrivo (ad es. post su Mastodon ecc. importati in Discourse) è intenzionalmente escluso. Sarà possibile aggiungerlo in una versione successiva.




PROVA DI TITOLO LUNGO E LINK CON RIFERIMENTO IPERTESTUALE ALL'INTERNO DEL TESTO CHE VERRÀ ESTRAPOLATO DA LEMMY PER FARLO DIVENTARE IL TITOLO DI UN NUOVO POST

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I dieci pomodori che hanno cambiato il mondo, di William Alexander
27 Febbraio 2023 - di Rita Giordano - Commenta
I dieci pomodori che hanno cambiato il mondo di William Alexander
“I dieci pomodori che hanno cambiato il mondo“- Storia, viaggi e avventure alla scoperta del frutto più amato di William Alexander è un saggio sulla storia del pomodoro, all’inizio disprezzato e oggigiorno osannato in tutto il mondo. Edito da Aboca Edizioni e pubblicato da pochissimo, I dieci pomodori che hanno cambiato il mondo (titolo originale: Ten Tomatoes That Changed the World. A History, tradotto da Domenico Giusti) è un libro interessante, originale e leggero sulla storia del pomodoro dalle origini ai giorni nostri.

William Alexander è autore di diversi editoriali. Ha scritto varie opere, quali “52 Loaves” (2010), “Flirting with French”(2014) ma è conosciuto soprattutto per il suo memoir diventato bestseller negli USA “The $64Tomato” (2006).

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ECUADOR. Tentativi di rimozione: il presidente Lasso rischia l’impeachment


Dopo la sonora sconfitta subita al referendum del 5 febbraio, la società e la politica chiedono le dimissioni di Guillermo Lasso che ora rischia seriamente lo stato di accusa L'articolo ECUADOR. Tentativi di rimozione: il presidente Lasso rischia l’impea

di Mishell Mantuano*,

Traduzione Davide Matrone –

Pagine Esteri, 1 marzo 2023 – QUITO. L’Ecuador sta attraversando una grave crisi economica, d’insicurezza, e d’istituzionalità. Aumentano gli indici di malnutrizione infantile cronica, di abbandono scolastico e lavoro minorile e, a questo, si aggiunge pure l’incremento di ecuadoriani che lasciano il paese. Finora, nel solo 2023, più di 31.000 migranti ecuadoriani hanno attraversato irregolarmente la giungla di Darien, diretti verso gli Stati Uniti, secondo le autorità panamensi.

Il governo del presidente di destra, Guillermo Lasso, non ha saputo rispondere tempestivamente ai problemi che sta attraversando il Paese, cosa che l’ha portato a perdere il suo capitale politico e il sostegno popolare. Per questo, cercando di recuperare, ha proposto un referendum con otto quesiti che cercavano di riformare la Costituzione.

Ma nelle urne, il 5 febbraio 2023, il popolo ecuadoriano ha detto NO alle otto domande e di conseguenza, le organizzazioni sociali, i sindacati dei lavoratori, gli studenti, i gruppi ambientalisti e dei diritti umani, gli indigeni, buona parte dei partiti politici e un pezzo del Parlamento chiede ora le dimissioni del presidente.

In questo momento, il presidente Guillermo Lasso potrebbe essere chiamato all’impeachment per il caso “Il Grande Padrino”, che contiene una serie di reati di corruzione nel settore elettrico e il principale responsabile, secondo le denunce del media digitale LA POSTA, sarebbe il sig. Danilo Carrera, cognato del presidente ed ex proprietario del Banco de Guayaquil.

Infatti, la Commissione per la verità, la giustizia e la lotta alla corruzione del Parlamento sta indagando sui fatti e convocando le persone che devono comparire davanti alla commissione, tra cui, lo stesso presidente Lasso che è già stato convocato due volte ma non è ancora apparso.

Inoltre, in questi giorni si affermano le condizioni per la convocazione di un nuovo sciopero generale indetto dalla Confederazione delle Nazionalità Indigene dell’Ecuador, Conaie, che chiede a gran voce le dimissioni del Presidente Guillermo Lasso e l’accusa politica da parte del Parlamento. La CONAIE si è già posta sul piede di guerra dichiarandosi in mobilitazione permanente, convocando la mobilitazione per l’8 marzo dove consegneranno richieste di incostituzionalità su vari decreti presidenziali.

La Conaie ha abbandonato il dialogo e i tavoli di monitoraggio per gli accordi firmati nell’ottobre 2022, per la scarsa volontà del governo di rispettare i patti. A una situazione molto tesa, si aggiunge nella giornata di ieri l’omicidio del dirigente delle relazioni internazionali della Conaie Eduardo Madúa che ha acceso ancora di più gli animi della stessa organizzazione che vuole dar scacco matto a un presidente sempre più in difficoltà e isolato. Sulla morte del dirigente amazzonico stanno indagando le autorità pertinenti ma si tratterebbe di un regolamento di conti viste le reiterate denunce del lider sullo sfruttamento delle risorse nell’Amazzonia da parte di alcune multinazioniali straniere.

L’ipotesi di rimozione del presidente.

La Costituzione dell’Ecuador presenta diverse alternative per la rimozione del presidente. La prima è la muerte cruzada; vale a dire che il Parlamento si appella all’articolo 130 della costituzione per rimuovere il presidente a causa dell’assunzione di funzioni che non gli corrispondono costituzionalmente o per una grave crisi politica o di agitazione interna. Tuttavia, occorre il parere favorevole della Corte Costituzionale e dopo l’ok l’iter passa al Parlamento che deve approvare con 92 voti. Nel caso questo avvenisse, l’Esecutivo e il Legislativo perderebbero le loro funzioni e di conseguenza entrerebbe in carica il vicepresidente, Alfredo Borrero, che resterebbe al comando per soli 7 giorni fino alla convocazione di elezioni indette dal Consiglio Elettorale Nazionale.

Ora, il Parlamento ha già attivato questo meccanismo nel giugno 2022, durante lo sciopero nazionale, a causa della grave crisi e agitazione popolare registratasi all’interno del Paese. Non sono stati raggiunti i voti richiesti e con ciò si è esaurita la possibilità di rimozione. Tuttavia, diversi partiti politici accennano alla possibilità che il legislatore riattivi di nuovo l’articolo 130. Se si dovesse registrare la rimozione del Presidente in questo modo, sarebbe la prima volta nella storia del Paese.

C’é però un altro meccanismo da poter usare per la rimozione del Presidente e cioè che lo stesso, in base all’articolo 148 della Costituzione, sciolga automaticamente il Parlamento. Questa opzione sembra molto remota e impraticabile.

Un’altra opzione è la revoca del mandato, prevista dall’articolo 105 della costituzione. Le persone che godono di diritti politici possono revocare il mandato delle autorità elette dal popolo. Questo meccanismo può essere presentato una volta terminato il primo anno di governo e prima dell’ultimo anno dello stesso.

L’azione di revoca del mandato deve essere supportata da oltre due milioni di firme, corrispondenti al 15% degli iscritti al registro elettorale che conta oggi con 13.400.000 iscritti. Una volta raggiunte le firme e vidimate regolarmente si passa alla Convocazione di un Referendum Popolare.

La revoca del mandato del presidente Guillermo Lasso è stata già praticata e depositata nel 2022, presso il Tribunale per le controversie elettorali, dal Coordinatore nazionale per la revoca del mandato, che è in attesa ancora della consegna dei moduli per la raccolta delle firme.

Infine, c’è la possibilità di rimozione del presidente attraverso l’impeachment. Secondo l’articolo 129 della costituzione ecuadoriana, il Parlamento può accusare politicamente il presidente per crimini contro la sicurezza dello Stato; di estorsione, corruzione, appropriazione indebita o arricchimento illecito; per reati di genocidio, tortura, sparizione forzata di persone, sequestro di persona o omicidio per motivi politici o di coscienza. Per questo meccanismo sono necessari 92 voti favorevoli da parte dei membri del Parlamento.

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* periodista de Wambra, medio comunitario

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In Cina e Asia – Cina: pronto piano per ristrutturazione del partito-stato 


In Cina e Asia – Cina: pronto piano per ristrutturazione del partito-stato partito-stato
Cina: pronto piano per ristrutturazione del partito-stato
Ucraina: "Non ci sono segni di un aiuto militari della Cina alla Russia"
Il Congresso Usa inaugura nuova Commissione sulla Cina
In Xinjiang al via progetto di litio più grande al mondo
Piano per una “riunificazione” di Taiwan
Gli Stati Uniti rafforzano le relazioni con i partner asiatici

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La Casa Bianca ha concesso alle Agenzie governative 30 giorni di tempo per assicurarsi che Tik Tok sia rimosso dai dispositivi dei dipendenti. Ma l’American Civil Liberties Union (ACLU) non è d’accordo. La tendenza delle istituzioni occidentali ad avversare il social media cinese si sta ormai consolidando sempre di più: le amministrazioni di Unione Europea,...