Il dialogo Roma-Delhi passa per la Difesa. Un’opportunità anche per le aziende italiane
Ripartono dalla Difesa le relazioni tra Italia e India, con i due Paesi che siglano un accordo bilaterale, primo tassello di una partnership più stretta tra Roma e Nuova Delhi. È quanto emerso dall’incontro tra il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, con il primo ministro dell’India, Narendra Modi, un’occasione che ha permesso il rilancio dei rapporti tra i due governi dopo un decennio di relativa freddezza, accelerati in particolare nel settore della sicurezza. “C’è molto lavoro da fare insieme, a partire da alcuni settori su cui rafforzare le nostre relazioni: penso al tema della Difesa” ha registrato infatti il presidente Meloni, che ha sottolineato come l’incontro sia servito per “elevare i rapporti a partenariato strategico, perché le nostre relazioni sono estremamente solide”. Parole a cui ha fatto eco il premier Modi “Oggi istituiamo un ponte tra l’Italia e l’India aprendo un nuovo capitolo e cioè la cooperazione in materia di difesa per la produzione e sviluppo in questo settore che può essere un beneficio per ambedue i Paesi”.
Patto bilaterale Difesa
L’accordo prevede da una parte un rapporto più stretto tra le Forze armate di Italia e Inda, e dall’altra una collaborazione nello sviluppo e la produzione di piattaforme militari. La cooperazione con il subcontinente in questo settore, sottolineano da Palazzo Chigi, “è in forte ripresa”, e la sottoscrizione dell’accordo “consentirà di facilitare lo sviluppo di partenariati industriali, scambi di informazioni e corsi di formazione”. Come spiegato da Modi, infatti, con il presidente Meloni “abbiamo deciso di organizzare delle esercitazioni e dei corsi di formazione congiunti tra le rispettive Forze armate”, settando come priorità la lotta al terrorismo e al separatismo. Per il premier indiano, in particolare, la cooperazione nel settore della Difesa servirà a creare “nuove opportunità di sviluppo” anche per quanto riguarda la produzione, in con un “vantaggio per entrambi i Paesi”.
Interessi industriali
Per le aziende italiane, da Leonardo, a Fincantieri, fino a Elettronica, solo per citarne alcuni, il rilancio delle attività in India rappresenta una grande opportunità, soprattutto alla luce dell’importanza di un mercato vasto come quello indiano. Gli interessi della più grande democrazia asiatica, infatti, vanno dal capo dei trasporti militari, essenziali per un Paese esteso come l’India, a soluzioni all’avanguardia per il monitoraggio e la sensoristica della Difesa. L’India, inoltre, possiede requisiti a lungo termine avanzati, che possono essere incontrati dall’offerta industriale del nostro Paese. Certamente, però, l’accordo stretto tra Meloni e Modi rappresenta solo il primo passaggio di un percorso ancora da costruire. Un momento importante, di apertura, che dovrà necessariamente essere seguito dalle aziende del nostro Paese, che dovranno andare a costruire le opportunità commerciali con Nuova Delhi, registrando i requisiti e capendo come poter sviluppare le adeguate capacità di interesse per l’India. Una opportunità preziosa, che dovrà necessariamente vedere il continuo sostegno anche da parte del governo.
Dal Mediterraneo all’Indo-Pacifico
Un interesse, quello italiano per l’India, che si collega alla proiezione del nostro Paese verso l’Indo-Pacifico. Il governo in questo senso è sembrato consapevole che la sfida globale del futuro, oltre l’immediata minaccia russa, è quella che viene dal quadrante asiatico, le cui dinamiche saranno determinanti per lo scenario globale del futuro, con impatti che raggiungeranno anche l’Europa. “Noi parliamo di Mediterraneo allargato – ha infatti spiegato Meloni – e lo consideriamo allargato fino a qui, c’è una connessione fra Mediterraneo e Indo-Pacifico che vogliamo rafforzare”. Un esempio recente di questa visione indo-pacifica dell’Italia viene dall’invio nelle acque dei due oceani del pattugliatore d’altura della Marina militare italiana Francesco Morosini, classe Thaon di Revel, per una serie di esercitazioni insieme agli alleati e alle marine amiche nell’Indo-Pacifico e, come spiegato ad Airpress dal capo di Stato maggiore della Marina, ammiraglio Enrico Credendino: “Un’occasione per contribuire alla possibile esportazione del prodotto nazionale”. Dato lo scenario strategico attuale, infatti, l’India è impegnata nel potenziamento della sua componente militare marittima, e Nuova Delhi può rappresentare un mercato importante per i prodotti di realtà italiane come Fincantieri.
Le altre collaborazioni regionali
Rafforzare i legami con l’India, tra l’altro, potrebbe rappresentare un ulteriore tassello nella presenza dell’Italia nella cornice di sicurezza dell’Indo-Pacifico attraverso le partnership con i principali attori della regione. Roma, del resto, è legata anche all’altro grande player del quadrante, il Giappone, con il quale sta sviluppando, insieme a Londra, il sistema aereo di combattimento di sesta generazione, il Global combat air programme (Gcap), destinato a sostituire i circa novanta caccia F-2 giapponesi e gli Eurofighter europei. Al progetto, da parte italiana, partecipa il consorzio che coinvolge Avio Aero, Elettronica, MBDA Italia e Leonardo. A Marzo, tra l’altro, i ministri della Difesa dei tre Paesi, Guido Crosetto, Ben Wallace e Yasukazu Hamada, dovrebbero incontrarsi a Tokyo per discutere i prossimi passi del programma e per esplorare la possibilità di esportare il nuovo caccia ad altri Paesi. L’apertura dei rapporti con l’India potrebbe rappresentare una proiezione interessante per il consorzio Gcap.
L’Australia e la geopolitica del litio
Le tecnologie energetiche pulite sono essenziali per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione fissati nell’accordo di Parigi. I minerali critici, tra cui litio, nichel, cobalto, grafite, rame e terre rare, sono vitali per produrre prodotti energetici puliti come pannelli solari, turbine eoliche e batterie per veicoli elettrici (EV). La domanda di litio, un componente chiave delle […]
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11,99 EURO A SETTIMANA! DOPO TWITTER E FACEBOOK, ANCHE POLIVERSO.ORG NON È DA MENO E CENTINAIA DI UTENTI GIÀ ADERISCONO AL SERVIZIO! COM'È POSSIBILE?
Sulla scia dei comunicati di Meta per offrire servizi aggiuntivi a 11,99 $/settimana, Poliverso.org lancia la propria iniziativa a 11,99 euro a settimana.
Con 11,99 euro a settimana sarà possibile
1) seguire non solo tutti gli account social del fediverso con Friendica, ma anche seguire interi siti web e gestire il proprio account Twitter
2) usare le funzionalità di Friendica per formattare i propri post, per modificare quelli già pubblicati, per programmarne la pubblicazione, per scrivere post con un titolo, per usare un calendario eventi (compatibile con #Mobilizon e Gancio) e per gestire account multipli
3) creare gestire e utilizzare i grupi/forum di Friendica che mettono a disposizione degli utenti del Fediverso le funzionalità dei gruppi Facebook
4) disporre di un'istanza Mastodon come Poliversity.it, dedicata al mondo della ricerca, della scuola e del giornalismo
5) far parte della comunità italiana di feddit.it, la più grande comunità italiana alternativa a Reddit basata su Lemmy e diventata ormai un vero e proprio "forum del fediverso", per partecipare alla discussione di tutte le community attuali o per crearne di nuove
6) eliminare gli annunci pubblicitari
7) sottrarsi al tracciamento durante la navigazione
Non solo tutto questo costa solo 11,99 euro a settimana, ma...
...UDITE UDITE...
...non si tratta di soldi che pagate voi, perché questi sono i costi che sostengono gli amministratori di Poliverso.org, Poliversity.it e Feddit.it!
Infatti mentre i social tradizionali multimiliardari iniziano a chiedere soldi agli utenti (senza peraltro smettere di drenare i loro dati personali), i nostri server vengono messi a disposizione degli utenti senza chiedere nulla in cambio!
A questo proposito, per chi volesse contribuire a mantenere vivo e in buona salute il progetto di Poliverso, vi informiamo che, su richiesta di alcuni nostri utenti, abbiamo finalmente attivato due servizi di crowfunding:
1) Ko-Fi
2) LiberaPay
Naturalmente tutti gli importi ricevuti in dono verranno utilizzati esclusivamente per la copertura dei costi sostenuti nella gestione dei progetti gestiti da Poliverso
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Insabbiati
Si tratta di poca roba, ma esemplare. Di roba che continuiamo a tenere ridicolmente bloccata supponendo di difendere interessi italiani che, invece, danneggiamo. Di una storia che finisce male perché è stata impostata malissimo. E nella sua pochezza racconta la deriva irragionevole della politica italiana. Ebbene sì, sto ancora parlando degli stabilimenti balneari. Un problema piccolo piccolo che abbiamo fatto diventare un errore grande grande.
Perché, si chiedono i nazionalisti protezionisti, incapaci di proteggere e conoscere la Nazione, dovremmo concedere le nostre spiagge ai capitali stranieri? Risposta: perché è una balla e perché ragionando alla vostra maniera siamo fra i luoghi turisticamente più attrattivi del mondo, ma non abbiamo catene alberghiere italiane che siano multinazionali. Di media ne abbiamo una sola, il resto è tutto capitale internazionale. E questo bel risultato lo si è ottenuto con la pretesa di difendere i piccoli albergatori, facendoli uscire fuori mercato, così favorendo offerte qualitativamente ed economicamente migliori. Sarà meglio cambiare approccio.
Il vostro protezionismo che si rifiuta di mettere a gara quel che deve andare a gara, secondo il diritto europeo, ma anche secondo il diritto italiano, secondo una sentenza italiana e secondo gli interessi degli italiani, il vostro insensato protezionismo non ha protetto gli stabilimenti dal capitale straniero, ma i concessionari inerti da più giovani, più intraprendenti e più innovativi che vogliano prendere il loro posto. Impedendo a questi italiani di concorrere li si indirizzerà a fare altro o a non fare niente, sicché poi finirà come i grandi alberghi: uno a uno cadono in mani altrui. E dire, come ora provano a dire, che prima delle gare serve il censimento delle spiagge è come dire che si difende da anni quello che manco si conosce. Oltre a essere orrida l’idea che il demanio non conosca il proprio patrimonio.
Ma perché mai un governo di destra dovrebbe piegarsi a quel che vuole la sinistra? Perché la sinistra manco lo voleva e perché la direttiva europea è stata recepita e introdotta nel diritto italiano, nel marzo del 2010, a cura di un governo di destra, presieduto da Berlusconi, in cui Meloni era ministro. Non sono notizie segrete, circolano ovunque e ci facciamo la parte dei peracottari. Per giunta su una faccenda di pochissimo rilievo, che potrebbe essere affrontata lavorando sui bandi di gara, riconoscendo valore agli investimenti fatti (e verificati) e al fatturato, il che aiuterebbe a liberare le spiagge italiane da gestori che sfruttano la rendita senza investire neanche sui servizi igienici e da quelli che accettano solo pagamenti in nero e sono evasori fiscali. Una faccenda di pochissimo rilievo mentre ne incombono altre, dal Mes alla rimodulazione dei fondi europei, di ben altra portata. Indebolire la propria credibilità è autolesionismo.
Tutto ciò è possibile perché il capovolgimento logico del falso sistema maggioritario premia le minoranze di blocco. O ricatto. Il sistema elettorale maggioritario serve a far governare le minoranze, dato che le maggioranze, se sono tali, governano con qualsiasi sistema elettorale, proporzionale compreso. Il maggioritario serve a dire: sei minoranza, ma la più consistente, eccoti la forza aggiuntiva per governare. Ma se arrivi alle elezioni presentando false coalizioni, il cui solo interesse comune è vincere, il risultato è che il maggioritario trasformerà in maggioranza una minoranza relativa, ma, a quel punto, dentro la così ottenuta maggioranza si formeranno minoranze che bloccano tutto, pretendendo di prevalere perché “indispensabili”.
È così che il nostro è divenuto un mondo politico di minoranze estremiste, ciascuna delle quali reclama a sé la rappresentanza esclusiva degli interessi degli italiani. E se un ex estremista evolve in ragionevole, subito un ex ragionevole ne prende il posto di estremista. Un manicomio capace di insabbiare interessi, idee, credibilità e, alla lunga, anche onorabilità.
L'articolo Insabbiati proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Guerra in Ucraina: la Russia deve negoziare, ma sinceramente
Sotto molti punti di vista, l’invasione dell’Ucraina da parte di Putin è stata un errore senza pari. Ha unito l’Europa e l’Occidente contro questo regime. Ha, per citare il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg, ottenuto “più NATO, non meno”. Ha trasformato un paese che era relativamente polarizzato e diviso sulla questione delle relazioni con […]
L'articolo Guerra in Ucraina: la Russia deve negoziare, ma sinceramente proviene da L'Indro.
L’innovazione tecnologica aiuta l’Ucraina contro la potenza militare della Russia
Da più di un anno l’Ucraina combatte per la propria vita contro una superpotenza militare che gode di enormi vantaggi in termini di finanziamenti, armi e manodopera. Una delle poche aree in cui l’Ucraina è riuscita a rimanere costantemente davanti alla Russia è nell’uso di tecnologie militari innovative. L’Ucraina di oggi è spesso descritta come […]
L'articolo L’innovazione tecnologica aiuta l’Ucraina contro la potenza militare della Russia proviene da L'Indro.
Per anni Putin non ha invaso l’Ucraina. Perché lo ha fatto nel 2022?
Perché Vladimir Putin ha invaso l’Ucraina e ha cercato di prendere Kiev nel febbraio 2022, e non anni prima? Mosca ha sempre voluto dominare l’Ucraina, e Putin ne ha dato le ragioni nei suoi discorsi e scritti. Perché allora non ha cercato di prendere tutto o la maggior parte del Paese dopo la rivoluzione ucraina […]
L'articolo Per anni Putin non ha invaso l’Ucraina. Perché lo ha fatto nel 2022? proviene da L'Indro.
Il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha assegnato oltre 31 milioni di euro al finanziamento degli istituti italiani che hanno accolto bambini e studenti ucraini.
Si tratta di 3.
NORSE / ABANDONACY
A distanza di tre anni dall'ottimo "Blu", recensito dall' infaticabile Massimo Argo su queste nostre stesse pagine, come un album in cui "la vita e la rabbia fluiscono accanto alla morte, come è naturale che sia", tornano a trovarci i Norse, una delle realtà più interessanti del panorama italiano. Nome magari ancora poco conosciuto, ma da tenere in grande considerazione, non fosse altro che per l'immenso potenziale che stanno dimostrando di avere.
NORSE / ABANDONACY - 2023
NORSE / ABANDONACY : A distanza di tre anni dall'ottimo "Blu", recensito dall' infaticabile Massimo Argo su queste nostre stesse pagine, come un album in cui "la vita e la rabbia fluiscono accanto alla morte, come è naturale che sia", torna…Marco Valenti (In Your Eyes ezine)
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NON SOLO MASTODON: MISSKEY.SOCIAL è nella Top10 delle istanze non giapponesi ed è tra le 3 istanze social italiane preferite tra quelle non basate su mastodon
Mastodon continua a dominare il Fediverso, ma iniziano a svilupparsi (anche in Italia) istanze basate su software alternativi, come Misskey, un progetto che prova ad arricchire l'esperienza del microblogging twitterbased con funzionalità interessanti e un'interfaccia molto piacevole.
E così, dopo pixelfed.uno e dopo l'istanza Friendica poliverso.org, ecco che misskey.social diventa la terza istanza italiana per numero di utenti tra i social del fediverso non basati su mastodon.
* Sì, lo sappiamo: l'istanza italiana feddit.it ha un numero di utenti maggiore rispetto a quello di Poliverso, ma Lemmy non può ancora essere tecnicamente considerato un social network.
Il post di @ピージイ タッソマン
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Tunisia: il presidente Saied benedice la caccia al nero
di Marco Santopadre*
Pagine Esteri, 2 marzo 2023 – La Tunisia è stretta da una crisi economica senza precedenti e, nonostante il potere sia saldamente nelle sue mani, il presidente Kais Saied ha scelto di giocare la carta del capro espiatorio sperando di distrarre un’opinione pubblica sempre più inquieta.
“Un complotto per la sostituzione etnica”
Il 21 febbraio, durante i lavori del Consiglio di Sicurezza Nazionale, Saied ha chiesto “misure urgenti” contro quelle che ha definito “orde” di immigrati irregolari subsahariani. Incredibilmente, poi, ha agitato lo spauracchio della “sostituzione etnica”, utilizzando un cliché complottista molto caro all’estrema destra xenofoba occidentale: «Esiste un piano criminale ordito all’alba di questo secolo per cambiare la composizione demografica della Tunisia. Alcuni individui hanno ricevuto grosse somme di denaro per dare la residenza ai migranti subsahariani. La loro presenza è fonte di violenza, crimini e atti inaccettabili. È il momento di mettere la parola fine a tutto questo perché esiste la volontà di far diventare la Tunisia un paese puramente africano e non più arabo e islamico».
Il presidente ha così legittimato e amplificato gli argomenti della propaganda portata avanti negli ultimi anni da piccoli ma aggressivi gruppi xenofobi. In particolare, il Partito Nazionalista conduce dal 2018 una violenta campagna – prima sui social, poi anche nelle strade – che all’insegna dello slogan “La Tunisia ai tunisini” chiede alle autorità di identificare ed espellere i migranti africani privi di documenti.
All’inizio dell’anno l’ex portavoce del ministero dell’Interno di Tunisi, Khalifa Chibani, si è lamentato da Radio Diwan degli «africani che cominciano a diventare troppo numerosi», seguito dall’ex ministro Mabrouk Kerchid che da un’altra emittente ha tuonato contro il pericolo della “sostituzione etnica”: «se i tunisini continueranno a emigrare, gli africani ci sostituiranno».
Sui media e sulla rete girano cifre iperboliche sulla presunta presenza in Tunisia di centinaia di migliaia o addirittura milioni di immigrati subsahariani. Secondo le stime delle associazioni che si occupano della questione, però, gli africani irregolari sarebbero solo tra i 20 e i 50 mila su una popolazione complessiva di circa 12 milioni. Oltretutto la maggior parte dei migranti provenienti da sud arrivano in Tunisia con l’intenzione di salpare verso la sponda nord del Mediterraneo e quelli che si trattengono sono davvero pochi.
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La caccia ai nero
Le irresponsabili dichiarazioni dei vari esponenti politici, ed in particolare quelle del capo dello Stato, hanno scatenato nelle città tunisine, in particolare a Sfax, una vera e propria “caccia all’uomo”, diffondendo il terrore tra i migranti.
Varie organizzazioni, tra le quali Avocats sans frontières, denunciano che negli ultimi giorni sono state attaccate violentemente centinaia di persone. Secondo alcune fonti alcuni degli aggrediti sarebbero stati addirittura uccisi da gruppi di razzisti che prendono d’assalto e devastano le case abitate dai migranti nelle zone più degradate delle città tunisine o pestano e accoltellano cittadini africani nelle strade. Si registrano casi di famiglie sfrattate dai proprietari e buttate a forza in mezzo alla strada, di licenziamenti, di incendi intimidatori contro le abitazioni o le attività economiche di alcuni migranti.
Da settimane, poi, anche la polizia tunisina ha realizzato numerose retate alla ricerca di immigrati irregolari da detenere ed espellere. Secondo le associazioni per i diritti umani le forze dell’ordine avrebbero compiuto centinaia di arresti arbitrari realizzati anche all’interno dell’Università o dei luoghi di lavoro.
Le proteste dei governi africani
Ovviamente a fare le spese dei pogrom sono anche immigrati in regola con i documenti nonché cittadini tunisini dalla pelle più scura della media. In molti si sono barricati in casa per sfuggire alle aggressioni compiute anche da passanti non organizzati. Molti cittadini africani hanno chiesto asilo alle ambasciate dei loro paesi di provenienza o si sono accampati davanti alle sedi diplomatiche – ad esempio quella della Costa d’Avorio e quella del Mali – in cerca di protezione.
I governi dei due paesi hanno reso noto di aver inviato in Tunisia degli aerei noleggiati per rimpatriare i connazionali che vogliono rientrare nei paesi d’origine.
«La Tunisia di Bourghiba non merita un presidente come Kais Saied» ha scritto in un comunicato il Consiglio della Diaspora Maliana mentre le autorità di Bamakohanno condannato le violenze e gli arresti arbitrari contro i propri cittadini.
Alle proteste delle diplomazie africane però il ministero degli Esteri di Tunisi ha risposto con un invito a non interferire negli affari interni del paese.
Anche all’Unione Africanache invitava Tunisi «ad astenersi da ogni discorso di odio razzista» il titolare degli Esteri, Nabil Ammar, ha rivolto parole dure: «Sono accuse che rifiutiamo. La migrazione illegale pone problemi a tutti i paesi. Il fatto di considerarlo un problema non significa pronunciare discorsi di odio».
A Saied è giunta invece immediata la solidarietà del leader della destra razzista francese Eric Zemmour, fondatore del partito Reconquête: «Gli stessi paesi del Maghreb cominciano a suonare l’allarme di fronte alla deriva migratoria. La Tunisia ha deciso di prendere provvedimenti urgenti per proteggere il suo popolo. Cosa aspettiamo a lottare contro la grande sostituzione?».
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Marcia antirazzista a TunisiAlle dichiarazioni del presidente, ai pogrom e agli arresti indiscriminati cercano di opporsi come possono le organizzazioni antirazziste tunisine. Il 25 febbraio, davanti alla sede dell’Unione Nazionale dei Giornalisti Tunisini della capitale, si sono radunate un migliaio di persone che hanno poi marciato su Viale Bourghiba «per difendere le vittime degli attacchi razzisti e chiedere una risposta umanitaria che garantisca la regolarizzazione amministrativa e blocchi le violenze».
Decine di organizzazioni progressiste e per la difesa dei diritti umani hanno lanciato un appello alla costruzione di un fronte antirazzista capace di respingere la deriva fascista delle istituzioni tunisine.
Continuano gli arresti degli oppositori
Una deriva che oltre ai migranti ha preso di mira negli ultimi giorni numerosi esponenti delle opposizioni, giudici, giornalisti e imprenditori che evidentemente il presidente Saied, che nel luglio del 2021 ha congelato il Parlamento e sciolto il governo, considera un ostacolo.
Anche sul presidente dell’Unione Nazionale dei Giornalisti, Mohamed Yassine, grava una denuncia per aggressione a pubblico ufficiale rimediata nel corso di una manifestazione per i diritti civili realizzata nel luglio del 2022. In manette invece è finito Jahouar Ben M’Barek, uno dei leader del Fronte di Salvezza Nazionale (FSN), alleanza politica che riunisce i principali partiti di opposizione. Anche Ezzedine Hazgui, uno dei leader storici della sinistra tunisina, è stato fermato dalle forze di sicurezza. Il FSN ha chiesto l’immediato rilascio di tre membri del Partito repubblicano, tra cui il leader, Wissem Sghaier, e altri due attivisti, Bouthayna Khlifi e Oussama Ghoulem, arrestati per aver realizzato delle scritte su alcuni muri che reclamavano la liberazione di Issam Chebbi, segretario generale del partito, recentemente arrestato in quanto accusato di “cospirazione contro lo Stato”. Un ex deputato del partito islamista Ennahda, Said Ferjani, è invece stato arrestato con l’accusa di “riciclaggio di denaro” in relazione al caso Instalingo, un’impresa anch’essa accusata di cospirazione. In manette, sempre martedì, è finito anche l’ex ministro dell’Ambiente Riad Mouakher, accusato invece di “corruzione”. Nei giorni scorsi quattro partiti di opposizione – Corrente democratica, Ettakatol (social-democratico), il Partito dei lavoratori (comunista) e Al Qutb (centro-sinistra) – hanno denunciato l’arresto dell’attivista politico ed ex segretario generale di Corrente democratica, Ghazi Chaouachi, denunciando che «le accuse contro di lui non hanno alcun fondamento giuridico».
Sarebbero ad oggi almeno 50 le persone arrestate per motivi politici a partire dall’inizio dell’anno in Tunisia.
Il governo italiano sta con Saied
«La campagna presidenziale mira a creare un nemico immaginario per i tunisini per distrarli dai loro problemi di base» ha spiegato in un’intervista a Reuters Romdhane Ben Amor, portavoce del Forum per i diritti economici e sociali. Il FTDES e il movimento antirazzista denunciano il sostegno dell’Unione Europea, e in particolare dell’Italia, alle politiche razziste del regime tunisino. I rappresentanti del governo Meloni – come di quello Draghi in precedenza – fanno la spola tra Roma e Tunisi per rafforzare l’esternalizzazione dei confini del nostro paese, affidata alle forze di sicurezza tunisine, finanziate per intercettare e bloccare le carrette del mare a bordo delle quali migliaia di disperati tentano di raggiungere la sponda nord del Mediterraneo. Il discorso di Saied del 21 febbraio segue di poche settimane la visita di una delegazione italiana guidata dal Ministro degli Esteri Antonio Tajani e dal ministro degli Interni Matteo Piantedosi, giunti a Tunisi proprio per concordare le prossime mosse dei due governi contro l’immigrazione. Non stupisce, quindi, che lo stesso Tajani il 27 febbraio abbia dichiarato che «Il governo italiano è in prima linea nel sostenere la Tunisia nelle attività di controllo delle frontiere». Non una parola sui pogrom contro i migranti. – Pagine Esteri
* Marco Santopadre, giornalista e scrittore, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria.
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In Cina e Asia – Il giorno di Lukashenko in Cina
Il giorno di Lukashenko in Cina
Cina: le aziende straniere investono sempre meno
La Russia starebbe aiutando la Cina nel suo programma nucleare
Gli Usa approvano vendita di nuove armi a Taiwan
Il Vietnam ha un nuovo presidente
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Chat control/Child Sexual Abuse Regulation expert hearing: warnings from all sides
The Digital Affairs Committee of the German Bundestag today organised a public hearing on the controversial chat control/Child Sexual Abuse Regulation proposal currently being negotiated at EU level. The EU project met with unanimous criticism not only from data protection and digital experts, but also from child protection groups and law enforcement:
For Joachim Türk, representative of the German Child Protection Association (Kinderschutzbund Bundesverband e.V)., the EU regulation “goes too far in key points”. The association clearly opposes the screening of private communication content. “Above all, the indiscriminate scanning of private communication in messenger services (such as WhatsApp or Signal) or emails is neither proportionate nor effective,” its statement says.[1] Chat control was “a deep intrusion into the fundamental right of freedom of communication” also of children. The association instead proposes to extend the voluntary chat control interim regulation.
Public prosecutor Markus Hartmann, representing the Central and Contact Point for Cybercrime (ZAC) in North Rhine-Westphalia, warns that “all services and devices of digital communication are likely to be covered by the provisions of the draft regulation.” He speaks of “considerable and, in the end, reasoned concerns […] with regard to the necessity of at least part of the measures associated with the detection order, especially insofar as they are directed against end-to-end encrypted communications.” With regard to unencrypted communications, he considers it „unlikely that general interception of individual communications would withstand the scrutiny of (European) fundamental rights“. [2]
During the hearing, he notes that “[t]here is no law enforcement at any price. We don’t install a camera in every private home.” The “error rates concerning false positives, even in a single-digit percentage range, [were] still so high in absolute figures that an inacceptable number of persons wrongly came into the focus of authorities.” Hartmann continues: “By breaking encryption, the Commission is in fact undermining the most important digital means of protection. As the head of a technical cybercrime unit that also deals with the protection of critical infrastructures of authorities and companies, I can tell you that compromised encryption is ultimately no encryption.”
Ella Jakubowska of European Digital Rights (EDRi) calls for the proposal to be “outright rejected” as it is incompatible with EU law.[3]
Elina Eickstädt from the Chaos Computer Club (CCC) makes it clear right at the beginning of the hearing that the CCC “fundamentally rejects the CSAR regulation”. The “technical implementation of the regulation means the establishment of an unprecedented surveillance infrastructure (…) that deeply interferes with IT security principles and deprives users of any control over their digital communication.[4]
Felix Reda of the Society for Freedom Rights (GFF) clarifies: “Rejecting client-side scanning is not enough. From a fundamental rights perspective, it makes no difference whether scanning is done on the server or on the device.” He is convinced that the draft law violates the EU Charter of Fundamental Rights in “crucial points.” The “chat control proposal (…) not only threatens to keep law enforcement agencies busy with numerous reports of false positives. Moreover, there is also the risk that reports of consensual sexting among young people will increase.”[5]
Pirate Party MEP Patrick Breyer, who is negotiating the planned regulation for his group in the lead committee on home affairs, comments:
“With chat control, the EU is planning a mass surveillance system that is so extreme that it exists nowhere else in the free world. The only country that practices such indiscriminate searches is authoritarian China.
The scathing criticism even from the Child Protection League and law enforcement today clearly shows: chat control threatens to destroy the fundamental right to digital privacy of correspondence and must not be introduced in this form. No one is helping children with a regulation that will inevitably fail before the European Court of Justice because it violates the Charter of Fundamental Rights.
What we really need instead of totalitarian chat control and ID obligations for age verification is a long overdue obligation for law enforcement agencies to have known abuse material on the internet removed, as well as Europe-wide standards for effective prevention measures, victim support and counselling, and swife r criminal investigations.”
Video recording of the hearing (in German)
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PD: ora tocca a Schlein fare politica!
Buono l’esordio di Elly Schlein tra l’ironico e l’irridente: “una volta di più non ci hanno visti arrivare”. Vero. Anzi più che vero: perché negare che dal partito abbiano cercato in ogni modo di ostacolarla è un fatto evidente. Quella dichiarazione volgarissima di Stefano Bonaccini la sera prima del voto, ne è la prova evidente. […]
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Se sconfitta in Ucraina, la Russia verrebbe spartita tra Occidente e Cina?
Nelle ultime settimane, la prospettiva della disintegrazione della Federazione Russa è emersa come uno dei grandi temi del discorso internazionale. Nelle ultime settimane sulla stampa europea e su quella statunitense si sono moltiplicati i commenti sull’argomento. Va notato che il tema non è nuovo. Questa nuova attenzione concentrata su di esso è dovuta al fatto […]
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GDPR howto: efficaci misure tecniche supplementari per GMail, Google Drive e Google Workspace
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Una politica senza futuro
Con la lettera del 24 febbraio scorso ai presidenti delle due Camere e al presidente del Consiglio dei ministri, il presidente della Repubblica non si è limitato a segnalare il pasticcio delle concessioni balneari. Ha indicato anche altri problemi, quello dell’«abuso della decretazione di urgenza e la circostanza che i decreti-legge siano da tempo divenuti lo strumento di gran lunga prevalente attraverso i quali i governi esercitano l’iniziativa legislativa», nonché «il carattere frammentario, confuso e precario della normativa prodotta attraverso gli emendamenti ai decreti-legge e come questa produca difficoltà interpretative e applicative».
Questi problemi sono noti al governo, che sta cercando di porvi rimedio, come lo stesso presidente della Repubblica ha segnalato, ricordando «l’iniziativa che il presidente del Consiglio dei ministri ha di recente assunto, in dialogo con i presidenti delle Camere». Ma queste sono solo alcune tessere di un mosaico. Ve ne sono altre, i cui segni sono sotto gli occhi di tutti. Vorrei provare a metterle insieme, nella loro successione funzionale, perché, considerate congiuntamente, mostrano lo slittamento in corso del nostro sistema politico costituzionale, con effetti a cascata, e una trasformazione lenta e progressiva, iniziata da tempo. Tutto inizia con il fatto che «i partiti si sono allontanati dalla società», come ha scritto Luciano Violante, il 26 febbraio scorso, su Domani : pochi iscritti; forte diminuzione, con bruschi cali, della partecipazione politica attiva; perdita di elettori; rottura del rapporto elettori-eletti; forte volatilità elettorale; congressi rarissimi.
Uno dei maggiori partiti degli ultimi trent’anni ha affidato la guida della propria organizzazione ad una candidata iscrittasi in vista delle primarie e scelta da un numero di partecipanti quasi sette volte superiore al numero degli iscritti: c’è differenza rispetto alla scelta di un «podestà straniero»? Si può dire che in questo modo quel partito riesce a perdere anche le proprie elezioni interne, dopo averle delegate ad altri? La trasformazione dei partiti da associazioni in comitati elettorali, o tutt’al più in movimenti, e quindi il loro regresso allo stato iniziale della «forma partito», comporta anche un’altra conseguenza: le loro rappresentanze parlamentari non sono composte da eletti, ma da nominati, perché scelti dai vertici e assegnati a collegi più o meno sicuri.
Un’altra conseguenza della rarefazione del rapporto tra politica e società sta nel fatto che le forze politiche, non avendo né sicuri votanti né molti iscritti, operano in funzione di gruppi e associazioni di categorie. Mario Monti, sul Corriere della Sera del 26 febbraio scorso, ha segnalato la loro tendenza a regalare risorse dello Stato a categorie organizzate di cittadini nella speranza che questi contraccambino con il loro voto, un fenomeno non solo italiano, ma da noi più diffuso che altrove.
Questi fenomeni si accompagnano con uno svuotamento del Parlamento, sia in termini di persone, sia in termini di funzioni. Il numero dei parlamentari è stato ridotto di un terzo. Le funzioni molto di più. La funzione legislativa è ormai svolta dal governo (si va avanti con più di un decreto-legge a settimana). L’assegnazione alle oligarchie al vertice dei partiti del compito di scegliere i candidati e paracadutarli nei collegi ha invertito il rapporto maggioranza parlamentare-governo: se una volta era la maggioranza che dominava, oggi è il contrario. Quindi, i parlamentari più che «policy makers», sono meri «politicians». Ma, frustrati dal fatto di essere esclusi dalle maggiori decisioni, si prendono una rivincita: inseriscono nei decreti-legge del governo, che debbono convertire, ogni tipo di norme (il presidente Repubblica ha segnalato che ai 149commi originari del decreto-legge «milleproroghe» se ne sono aggiunti altri 205 nel corso della conversione parlamentare) e propongono commissioni monocamerali o bicamerali di inchiesta, una volta usate con molta parsimonia per raccogliere dati e notizie su materie di pubblico interesse, ora proposte in gran numero come strumento di battaglia politica, o talora come tribunali del popolo.
Un altro cambiamento riguarda il governo e, in particolare, il suo presidente, il cui peso e la cui forza aumentano. Ciò è dovuto, da un lato, a ragioni strutturali: il capo del governo, in un regime parlamentare, quando ha un mandato popolare e una sicura maggioranza nelle Camere, può contare sul «continuum» maggioranza parlamentare-governo, mentre il presidente di una Repubblica presidenziale non necessariamente gode dell’appoggio di una maggioranza parlamentare. Dall’altro lato, la partecipazione all’Unione europea e ai vertici dei molti organismi internazionali, costituisce un elemento esterno di rafforzamento del ruolo del capo dell’esecutivo perché le decisioni collettive più importanti vengono prese a Bruxelles o in Summit internazionali a Bali, e lì l’Italia è rappresentata dal presidente del Consiglio dei ministri. Questo, quando non è il decisore di ultima istanza, è comunque il punto necessario d’incontro tra i decisori. Le trasformazioni illustrate producono conseguenze anche sugli altri poteri, su quello amministrativo, tanto essenziale ma sempre più vincolato, e su quello giudiziario, anch’esso importante, ma ormai fuori fase rispetto alla domanda di giustizia.
Non tutti questi passaggi si sono completati, ma si è perduta la cornice politico-costituzionale che ha retto finora il nostro sistema di potere, con una verticalizzazione del potere centrale in parallelo con quello nelle regioni, anche se nel primo caso indebolito dalla breve durata degli esecutivi. Se alcuni di questi sviluppi rappresentano una tendenza inesorabile e sono effetto e causa della debolezza della democrazia, tuttavia, due aspetti segnalano una vera e propria regressione: i meccanismi di selezione del personale politico e lo «short-termism». Se né la «carriera» all’interno di un partito, né la scelta degli elettori sono utilizzati per reclutare e selezionare parlamentari e ministri, quale è lo strumento per formare le classi dirigenti politiche? Se la politica è tutta declinata al quotidiano, chi disegnerà un futuro per l’Italia?
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Sarà presente il Sottosegretario di Stato alla Giustizia Andrea Ostellari.
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Aaron Winston Smith
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Andrea Russo
in reply to Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂ • •Poi ho letto il resto e ho capito che sono una brutta persona 🤣🤣🤣
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Adrianaaaa
in reply to Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂ • • •"mentre i social tradizionali multimiliardari iniziano a chiedere soldi agli utenti (senza peraltro smettere di drenare i loro dati personali), i nostri server vengono messi a disposizione degli utenti senza chiedere nulla in cambio!"
Degli amministratori che offrono i server al pubblico dovrebbero parlarne i giornali. E invece loro parlano sempre di Zuck Musk Dorsey Durov etc
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Andrea Russo
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Gatta Cikova
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