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Australia: giro di vite sulle concessioni all’uso della cannabis terapeutica


Mentre in tutta l’Australia si alza il polverone sulle leggi che regolano la guida e l’uso della cannabis terapeutica, il premier vittoriano Dan Andrews ha segnalato di essere pronto a fare qualcosa al riguardo. Nella maggior parte degli Stati e dei territori australiani, i pazienti che utilizzano prodotti a base di cannabis contenenti THC, prescritti […]

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Agili, veloci e tech. L’Europa guarda agli elicotteri del futuro


L’Europa accelera verso gli elicotteri di nuova generazione, attraverso la definizione di diversi requisiti sia in ambito dell’Unione europea, sia in ambito Nato. Quest’ultima ha lanciato una iniziativa chiamata Ngrc (Next generation rotorcraft capability

L’Europa accelera verso gli elicotteri di nuova generazione, attraverso la definizione di diversi requisiti sia in ambito dell’Unione europea, sia in ambito Nato. Quest’ultima ha lanciato una iniziativa chiamata Ngrc (Next generation rotorcraft capability), e vede tra i Paesi partecipanti, Gran Bretagna, Italia, Francia, Germania, Paesi Bassi, Grecia, con Stati Uniti e Canada come osservatori. A metà del 2022 i sei Paesi hanno siglato un memorandum d’intesa per lavorare insieme allo sviluppo del progetto con 26,7 milioni di euro allocati. Il progetto Ngrc ambisce a sviluppare un velivolo capace di raggiungere velocità, distanze, e altezze superiori ai modelli attuali, capace di operare nello spettro elettromagnetico con manovrabilità mai raggiunte e di penetrare i sistemi di difesa avversari (A2/AD), anche attraverso l’inter-connettività (multi-dominio) e l’uso dei droni lanciati dagli stessi elicotteri (Air launched effects).

Programmi paralleli

Il programma Nato è parallelo a un’altra iniziativa all’interno dell’Ue, lanciata da Francia, Germania, Grecia, Italia, Paesi Bassi, Spagna e Svezia, che collaborano a un progetto per analizzare elicotteri alternativi per soddisfare esigenze future anche attraverso l’utilizzo di dimostratori e simulatori. Il progetto, chiamato European new generation rotary technologies (Engrt), volto ad analizzare nuove soluzioni tecnologiche per l’elicotteristica militare e con l’obiettivo di trovare anche un sostituto dell’NH90, è finanziato con quaranta milioni di euro attraverso il Fondo europeo per la Difesa e vedrà coinvolti dodici Paesi e ventiquattro industrie europee. Tali iniziative segnalano l’urgenza percepita dai principali Stati europei e NATO di dotare le proprie Forze armate di un nuovo tipo di velivolo ad ala rotante per affrontare le sfide emergenti.

Il nuovo elicottero della Nato

Del progetto Ngrc si è parlato soprattutto nel corso della conferenza International military helicopter (Imh), il forum internazionale per elicotteri di Londra, nel corso del quale l’Alleanza Atlantica ha delineato lo studio concettuale per il programma, il quale, a partire dallo scorso giugno, segue uno sviluppo in cinque fasi distribuite nell’arco di tre anni. I cinque requisiti base, decisi per il programma Ngrc, stabiliscono che la piattaforma non superi i 35 milioni di euro per unità, con un costo per ora di volo compreso tra i cinque e i diecimila euro. Tali parametri, inoltre, devono essere raggiunti con il minimo di configurazioni diverse, così da ridurre i costi stessi del programma. Nel dettaglio, finora non sono ancora stati fissati requisiti dettagliati per l’Ngrc, ma nel maggio 2021 è stato rilasciato un elenco di “attributi”, tra i quali si prevedono un’autonomia senza rifornimento di novecento miglia nautiche (1.650 chilometri) e una gamma di velocità di crociera,, di gran lunga superiori agli elicotteri tradizionali.

L’interesse italiano

La conferenza di Londra è servita anche all’Italia per annunciare i requisiti di cui le nostre Forze armate hanno bisogno per la componente ad ala rotante del futuro. Il comandante del Comando Aeronautica Militare Roma, generale Giandomenico Taricco, ha infatti ribadito che “l’elicottero resterà un asset-chiave negli scenari del futuro, e abbiamo bisogno di sviluppare la piattaforma di volo, l’avionica, le armi e le capacità di autoprotezione, perché dobbiamo combattere in un ambiente molto contestato”. I requisiti di base per qualsiasi futuro velivolo rotante italiano sono, dunque, quelli di operare in un ambiente multi-dominio; avere un’agilità e un carico utile migliorati (fino a 17 militari completamente equipaggiati); una firma acustica ridotta; una velocità di crociera superiore a 250 nodi; la capacità di essere rifornito in volo e l’interoperabilità con i veicoli senza pilota. Roma non ha ancora definito un requisito ufficiale per un rotore veloce e sta ancora valutando tutte le possibili architetture, tra cui anche la tecnologia X2 di Sikorsky. Secondo il comandante dell’Aviazione dell’Esercito (Aves), generale Andrea Di Stasio, in particolare l’elevata velocità e l’aumento di range saranno fondamentali nella definizione del prossimo elicottero.

Il Future vertical lift

L’Italia, del resto, oltre che ai programmi Nato e Ue guarda da vicino il programma dello Us Army, Future vertical lift. A inizio di dicembre l’Esercito Usa ha annunciato di aver scelto per il programma Future long-range assault aircraft (Flraa) il convertiplano della Bell Helicopter, simile al V-22 Osprey, rispetto al DefiantX proposto dal team Sikorsky-Boeing. Quest’ultimo un elicottero basato su tecnologia X2 con un doppio rotore coassiale rigido, unitamente ad un propulsore, in grado di raggiungere velocità superiori ai quattrocento chilometri orari ed elevati livelli di agilità e manovrabilità. La decisione dell’Esercito Usa è stata contestata dall’azienda di Lockheed Martin che ha chiesto all’ufficio che si occupa di verificare la correttezza dei bandi pubblici statunitensi di verificare che l’Army abbia valutato i concorrenti in conformità con i criteri dichiarati. In particolare, sotto scrutinio sono i prezzi notevolmente superiori del mezzo proposto da Bell, privilegiando l’autonomia e la velocità del rotore basculante a scapito di requisiti altrettanto importanti che favoriscono il DefiantX.

La proposta di Sikorsky

Proprio la società americana, tra l’altro, offrirà nel contesto del programma Ngrc la sua proposta per lo sviluppo di un nuovo elicottero di medio tonnellaggio basato sulla tecnologia X2, il Next generation fast helicopter (Ngfh). Il velivolo sarebbe una macchina modulare e multiruolo, bimotore, a metà strada tra il più piccolo elicottero da ricognizione e attacco RaiderX, in gara nel bando Future attack reconnaissance aicraft (Fara) del Fvl, e quello più grande pensato per il trasporto truppe d’assalto DefiantX. Sikorsky “sta analizzando l’opportunità di sviluppare una terza variante della tecnologia X2, che risponde a requisiti internazionali per un elicottero multi-ruolo capace di operare in contesti multi-dominio all’interno di scenari futuri ad alta intensità” ha spiegato ad Airpress il responsabile del programma Future vertical lift internazionale di Sikorsky, l’italiano Luigi Piantadosi, aggiungendo come la società abbia “ricevuto richieste di interesse da molti paesi Nato e alleati, e sappiamo che anche l’Alleanza sta guardando a questa tecnologia con estremo interesse, all’interno del programma Ngrc, Nato Next Generation Rotorcraft”.


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Le donne ucraine giocano un ruolo chiave nella lotta contro la Russia


Mentre l’invasione russa su vasta scala dell’Ucraina entra nel suo secondo anno, la notevole resilienza del popolo ucraino continua a stupire il mondo che osserva. Uno degli aspetti più sorprendenti della lotta dell’Ucraina contro l’aggressione russa è stata l’importanza delle donne ucraine. Da soldati in prima linea ad ambasciatrici non ufficiali, le donne ucraine stanno […]

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Dimmi come finisce la guerra in Ucraina: se la storia recente è una guida, non con un colpo da KO


Una proporzione crescente di conflitti internazionali nell’era moderna viene portata a termine da negoziati diplomatici, non da una vittoria militare decisiva. Questa realtà è spesso denigrata da accuse di ” appeasement ” che vanno contro il sobrio calcolo. I guadagni massimizzati sono diventati la norma nelle discussioni su come dovrebbero essere coinvolti gli Stati Uniti […]

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Martedì 7 marzo sarò a Brussels, presso il Parlamento europeo, all’evento “Towards the Artificial Intelligence Act”, per parlare di intelligenza artificiale. Per info e programma clicca qui.

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Cieli chiusi e aerei distrutti. La fragilità delle retrovie russe. L’analisi di Alegi


Dopo sei mesi, la battaglia di Bakhmut sembra avviarsi alla conclusione. Con il taglio della via di rifornimento, l’autostrada H20, la resistenza nella città diventa sempre più difficile e la sacca potrebbe presto chiudersi. In realtà, però, la caduta del

Dopo sei mesi, la battaglia di Bakhmut sembra avviarsi alla conclusione. Con il taglio della via di rifornimento, l’autostrada H20, la resistenza nella città diventa sempre più difficile e la sacca potrebbe presto chiudersi. In realtà, però, la caduta della città rappresenterebbe la fine di una fase in corso da tempo, e non sembra che l’ipotetica nuova offensiva russa possa sfondare le linee ucraine andando oltre la cittadina. È quindi improbabile che l’obiettivo cambi il corso della guerra, come già era successo l’anno scorso con Mariupol, oggetto di attenzione mediatica ma alla fine priva di grandi conseguenze. Diverso è il caso di quanto sembra stia accadendo all’interno delle linee russe.

La distruzione del Beriev A-50

Dalla Bielorussia a est, giungono notizie variamente attendibili di azioni ucraine. Ieri l’aeroporto di San Pietroburgo è stato chiuso per alcune ore e sono decollati i caccia della difesa aerea russa per un presunto allarme droni, come annunciato da Ria Novosti. A Minsk, invece, è confermata la sostanziale distruzione (o almeno il danneggiamento grave) di un Beriev A-50 russo presso la base aerea di Machulishchy. La notizia è importante per due motivi: il primo che si tratta di un Awacs russo, quindi di un velivolo che controlla e gestisce l’azione degli altri aeroplani. Un assetto molto tecnologico e molto costoso dei quali l’aviazione di Mosca ha in servizio una manciata di esemplari. Non a caso, come per le cisterne volanti, le forze aeree tengono questi mezzi pregiati ben lontani dalla zona di combattimento, per evitare che siano abbattuti dalla caccia o dai missili avversari. In questo caso però, l’A-50 è stato danneggiato a terra da un commando ucraino o da partigiani anti-governativi bielorussi. Il secondo motivo è che il gesto ricorda a Minsk il prezzo, in termini di instabilità interna, dello schierarsi con i russi, e a Mosca il fatto di non essere universalmente bene accetta nella sfera territoriale dell’ex-Urss che il Cremlino rivendica come propria. Soprattutto, la distruzione del velivolo segnala lo scarso controllo del territorio bielorusso. Questa considerazione è particolarmente importante dal momento che già prima del 24 febbraio la Bielorussia è la retrovia strategica delle forze di Putin. Non potersi muovere liberamente in territorio bielorusso è, quindi, particolarmente grave in vista della possibilità di un nuovo attacco contro Kiev partendo, appunto, da nord

I presunti attacchi di droni ucraini

Più difficile è valutare la notizia dell’attacco di droni in territorio russo, riportata per ora soltanto da Tass. Kiev ha, naturalmente, già dimostrato di avere buone capacita con i velivoli a pilotaggio remoto, colpendo in quest’anno molti obiettivi sia sul fronte, sia nelle retrovie. Quindi la notizia in sé non è necessariamente infondata. Tuttavia, la mancanza di riscontri oggettivi, come foto di buona qualità per esempio, impone una certa cautela. Non si può, infatti, escludere che l’agenzia Tass abbia quantomeno ingigantito la notizia in modo da utilizzarla sul fronte interno come indicazione della presunta mancanza di scrupoli da parte ucraina. In questo senso, evidenziare la vulnerabilità del territorio interno russo agli attacchi ucraini potrebbe servire a consolidare il morale russo e il sostegno a Putin. L’Ucraina, da parte sua, ha smentito gli attacchi con droni, ma anche in questo caso, oltre alla difficoltà tecnica, c’è il desiderio di non sfidare troppo apertamente l’opposizione degli Stati Uniti, da sempre molto cauti nei riguardi di mosse che in qualche modo avvalorino la narrazione russa o possano essere usate, strumentalmente, per giustificare attacchi contro obiettivi civili, escalation e quant’altro.

Disinformazione russa

Alla necessità di cautela da parte degli analisti non-mediatizzati, contribuisce anche il fatto che nelle stesse ore, fonti russe hanno distribuito la foto di un presunto Leopard 2 di fornitura tedesca distrutto sul fronte ucraino. Dopo pochi minuti, tuttavia, i fact-checker volontari, che da un anno seguono la guerra, hanno dimostrato che si trattava in realtà di un mezzo dell’esercito turco distrutto anni fa sul fronte siriano. L’uso spregiudicato di immagini in questo senso non è da parte russa una novità. Nei mesi scorsi era stata annunciata la distruzione di Himars, Bradley e altri mezzi occidentali ben prima del loro effettivo arrivo in Ucraina. Tutto questo proprio perché, come i professionisti del settore difesa ben sanno, tra la decisione di consegnare materiale bellico e l’effettivo impiego sul fronte passano molti mesi. Proprio ieri parlando al Congresso degli Stati Uniti, il sottosegretario alla Difesa per le policy, Colin H. Kahl, ha detto che lo schieramento in Ucraina di eventuali F-16 concessi dagli Usa potrebbe richiedere fino a 18 mesi, considerando non solo la preparazione dei piloti, ma anche del sistema logistico per consentirne l’uso, convertendo le vecchie basi di epoca sovietica agli standard occidentali in numerosi aspetti di ogni genere, dai magazzini, alle reti elettriche e quelle informatiche. Cautela, dunque, e necessità di separare l’indubbio peso politico del tema dalla sua effettiva introduzione sul campo di battaglia.


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SEBASTIA. Dove l’archeologia è politica


Reportage dal villaggio e sito archeologico più importante nella Cisgiordania occupata. Gli accordi di Oslo che dovevano garantire il passaggio della gestione del patrimonio storico-culturale da Israele all'Autorità Nazionale Palestinese, non sono stati a

di Michele Giorgio –

Pagine Esteri, 3 marzo 2023 – Sotto la guida dell’archeologo Osama Hamdan e della storica dell’arte Carla Benelli, Pagine Esteri vi porta sul sito archeologico di Sebastia, al centro dello scontro tra Israele e i palestinesi per la gestione dei parchi archeologici nella Cisgiordania occupata. Una situazione generata, paradossalmente, proprio dagli accordi di Oslo, che avrebbero dovuto garantire la nascita di uno Stato palestinese accanto a Israele ma che hanno fallito questo obiettivo.

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Quale presidenzialismo? Confronto tra il Ministro Casellati e il Professo Cassese


Il giorno 7 marzo 2023 alle ore 18:00 presso la sede della Fondazione Luigi Einaudi si terrà un confronto tra il Ministro Casellati e il Professor Cassese, che discuteranno la proposta di eleggere un’Assemblea per la riforma organica dello Stato. Il confr

Il giorno 7 marzo 2023 alle ore 18:00 presso la sede della Fondazione Luigi Einaudi si terrà un confronto tra il Ministro Casellati e il Professor Cassese, che discuteranno la proposta di eleggere un’Assemblea per la riforma organica dello Stato.

Il confronto sarà moderato dal Segretario Generale Andrea Cangini, che con l’occasione presenterà il disegno di legge costituzionale per l’elezione di un’Assemblea per la riforma della Costituzione redatto dalla Fondazione.

Saluti istituzionali del Presidente Giuseppe Benedetto

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Paolo Ferrero Nell'autunno del 2020 come Partito della Sinistra Europea, facemmo questo libro di denuncia sulla mancata zona rossa nella bergamasca. Gli elem


Dal multilateralismo al sostegno alla pace. Gli aiuti militari europei alla Somalia


L’Unione europea rafforza il suo sostegno alla Somalia. Il Comitato politico e di sicurezza (Cps) del Consiglio dell’Ue, responsabile della Politica estera e di sicurezza comune (Pesc) e della Politica di sicurezza e di difesa comune (Psdc), ha approvato

L’Unione europea rafforza il suo sostegno alla Somalia. Il Comitato politico e di sicurezza (Cps) del Consiglio dell’Ue, responsabile della Politica estera e di sicurezza comune (Pesc) e della Politica di sicurezza e di difesa comune (Psdc), ha approvato un ulteriore contributo all’Esercito nazionale somalo, nell’ambito del Fondo europeo per la pace (Epf). Puntando così a rafforzare la componente militare della Missione di transizione dell’Unione africana in Somalia (Atmis). Scopo dell’iniziativa è infatti il passaggio di responsabilità in termini di sicurezza dall’Atmis allo stesso Esercito del Paese. Con tale manovra, l’Ue raggiungerà quota 85 milioni di euro di risorse già mobilitate per la Missione per il 2023 e 25 milioni di euro per l’Esercito somalo. Nel dettaglio, il sostegno per le forze terrestri di Mogadiscio si concentrerà sulla fornitura di equipaggiamento non letale e sulle opere infrastrutturali, in stretto coordinamento con la Missione europea di formazione in Somalia (Eutm-S).

Il sostegno europeo alla Somalia

Il contributo attivo dell’Ue all’Atmis non è però cosa nuova, dal 2007 infatti ammontano a circa 2,4 miliardi di euro i fondi totali stanziati per la missione, a conferma della volontà da parte del Vecchio continente di impegnarsi su questo fronte e consolidare i risultati raggiunti fino ad ora. Seguendo quello che è l’approccio integrato dell’Ue ai conflitti e alle crisi esterne, l’impegno a sostegno della pace in Somalia, e più largamente nel Corno d’Africa, risulta in linea anche con le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e con il piano di transizione somalo. In particolare, l’aiuto alla componente militare dell’Atmis e dell’Esercito somalo è finanziato in riferimento alla Misura di assistenza a sostegno delle operazioni di sostegno alla pace a guida africana, che nell’ambito dell’Epf ammonta a 600 milioni di euro per il periodo 2022-2024.

Il precedente

Ad aprile dell’anno scorso, il Consiglio ha adottato la decisione che ha istituito la nuova misura di assistenza nell’ambito dell’Epf a sostegno dell’Unione africana di 600 milioni. Tale misura di assistenza triennale continua dunque a fornire il consolidato supporto a lungo termine dell’Ue alle operazioni di sostegno alla pace condotte dall’Africa, oltre a rafforzare il multilateralismo e in particolare il ruolo-chiave dell’Unione africana per la pace e la sicurezza nel continente.

Il fondo europeo per la Pace

Nell’attuale contesto geopolitico, che vede l’aumento della concorrenza strategica così come il proliferare di minacce complesse alla sicurezza, l’Epf mira ad ampliare le capacità dell’Unione europea di garantire la sicurezza ai suoi cittadini e partner. Permettendo all’Ue di intervenire in modo tangibile, fornendo tutti i tipi di equipaggiamento e di infrastrutture alle Forze armate dei partner dell’Ue. Creato nel 2021, l’Epf è infatti nato proprio con lo scopo di supportare i partner nel settore della Difesa, come si è visto anche in riferimento alla guerra in Ucraina, per cui l’Unione ha recentemente deciso di sostenere Kiev con un pacchetto di aiuti militari. Ad oggi, il Consiglio ha adottato dieci misure di assistenza nell’ambito dell’Epf.


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5 marzo 2022 – 5 marzo 2023: L’ultima lezione di Antonio Martino alla Scuola di Liberalismo


5 marzo 2022 – 5 marzo 2023 A un anno dalla scomparsa ricordiamo Antonio Martino con l’ultima lezione alla Scuola di Liberalismo della Fondazione Luigi Einaudi L'articolo 5 marzo 2022 – 5 marzo 2023: L’ultima lezione di Antonio Martino alla Scuola di Lib

5 marzo 2022 – 5 marzo 2023

A un anno dalla scomparsa ricordiamo Antonio Martino con l’ultima lezione alla Scuola di Liberalismo della Fondazione Luigi Einaudi

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Il mago del Cremlino di Giuliano da Empoli


Dopo alcuni saggi, Giuliano da Empoli – professore di politica comparata a Parigi – pubblica in Francia per le Edizioni Gallimard e in Italia per tipi di Mondadori, il suo primo romanzo “Il mago del Cremlino” in cui si narra la vita di Vadim Baranov, consigliere personale del Presidente russo Vladimir Putin, un personaggio fittizio dietro al quale si cela il reale spin doctor Vladislav Surkov.

@L’angolo del lettore

iyezine.com/il-mago-del-cremli…

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Mondo Asean – Lego punta sul Vietnam come nuovo hub di produzione a emissioni zero


Mondo Asean – Lego punta sul Vietnam come nuovo hub di produzione a emissioni zero 5725325
La Lego ha scelto il Vietnam per la costruzione della sua prima fabbrica a emissioni zero. Nel tentativo di minimizzare l’impatto della competizione commerciale tra Cina e Stati Uniti, diverse multinazionali stanno puntando a diversificare le catene di approvvigionamento prendendo le distanze da quella che per decenni è stata considerata la fabbrica del mondo.

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In Cina e Asia – G20: Cina e Russia bloccano comunicato congiunto


In Cina e Asia – G20: Cina e Russia bloccano comunicato congiunto G20
G20: Cina e Russia bloccano comunicato congiunto
Usa: 37 entità russe e cinesi aggiunte a lista nera del commercio
Sulla ricerca in settori strategici vince la Cina
Meglio la felicità dei soldi?
L’internazionalizzazione dello yuan riprende a pieno ritmo
Record di suicidi tra gli studenti giapponesi nel 2022

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Toscana, elezioni amministrative del 2023 e "centrodestra"


In #Toscana il "centrodestra" si prepara alle #ElezioniAmministrative2023 ispirando la consueta ripugnanza.
A Siena il "partito" di #GiorgiaMeloni ha ritirato il sostegno ad Emanuele Montomoli che mena vanto della propria adesione alla #massoneria. Se pensiamo che quella #Meloni è una madre non sposata, possiamo interpretare la cosa come un vero scontro di titani fra coerentissimi esponenti dei valori cattolici e tradizionali.
A Massa invece un voto in Consiglio Comunale ha silurato Francesco Persiani della #Lega.
Probabile che il "partito" della madre non sposata stia cercando, con il cameratismo che gli è proprio, di estromettere la Lega dalle amministrazioni toscane.

Finché si mordono tra loro a noi persone serie va anche bene.
L'ideale sarebbe che certi sociopati mantenuti dalla società andassero a farlo altrove, senza infastidire chi lavora.

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La Commissione Affari Esteri della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti ha approvato una proposta di legge che conferirebbe al Presidente Biden l’autorità per vietare TikTok. “Le implicazioni sono ottime per chiunque abbia perso quote di mercato a favore di TikTok”, ha dichiarato in un’intervista Laura Martin, analista di Needham, aggiungendo che Snap, Meta e...
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friendica (DFRN) - Collegamento all'originale
Informa Pirata
@Max
La sorveglianza di TikTok è oggettivamente più pericolosa di quella di GAFAM, perché la seconda viene condotta da un "alleato" mentre la prima è riconducibile a un avversario strategico (e forse a breve anche vero e proprio nemico). Inoltre c'è grande preoccupazione da parte degli USA nei confronti della capacità cinese di elaborare i dati di sorveglianza.
D'altra parte la sorveglianza Gafam è peggiore, non solo perché infinitamente più diffusa, ma anche perché non c'è alcun politico nostrano che prenda posizione contro di essa.


#uncaffèconLuigiEinaudi☕ – A tutti gli uomini viventi in una società civile…


A tutti gli uomini viventi in una società civile deve essere data la possibilità di elevarsi da un minimo tenor di vita verso l’alto. Possibilità non equivale a diritto da Di alcuni problemi di politica sociale, Lezioni di politica sociale, Torino, 1949
A tutti gli uomini viventi in una società civile deve essere data la possibilità di elevarsi da un minimo tenor di vita verso l’alto. Possibilità non equivale a diritto

da Di alcuni problemi di politica sociale, Lezioni di politica sociale, Torino, 1949

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fondazioneluigieinaudi.it/unca…



Israele – Palestina: il Consiglio di sicurezza prova a cambiare rotta


Con una prassi non proprio usuale, e precisamente con una “dichiarazione del Presidente”, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato un atteggiamento finora inusuale nella sua storia. La tecnica delle dichiarazioni presidenziali è un espediente di prassi usato sostanzialmente per annunciare atteggiamenti e iniziative del Consiglio di Sicurezza delle NU non, appunto, rientranti […]

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Domani al via all’European School of Economics, il corso in “Diritti nel Metaverso” che ho il piacere di dirigere con Giuseppe Cassano e Giorgio Spangher. Per info clicca qui.


Ripropongo alle compagne e ai compagni due lunghi post dalla mia pagina fb riguardanti la campagna sottilmente antisemita e omofoba della destra contro Elly Sch


La Federazione di Foggia ha organizzato a San Giovanni Rotondo e Ischitella la presentazione dell'ultimo libro di Giovanni Impastato "Mio fratello. Tutta una vi



Il Pd collabori alla riforma della Costituzione


Tra i problemi seri da risolvere, e che purtroppo sono rimasti in sordina durante il dibattito congressuale del Pd, c’è quello delle riforme della Costituzione. Questa mancanza è poco comprensibile, anche solo guardando alla storia. Il Pci si dette una pr

Tra i problemi seri da risolvere, e che purtroppo sono rimasti in sordina durante il dibattito congressuale del Pd, c’è quello delle riforme della Costituzione. Questa mancanza è poco comprensibile, anche solo guardando alla storia. Il Pci si dette una propria statura politica proprio durante la fase costituente della repubblica e per decenni ha vissuto facendo riferimento a quella Costituzione come alle proprie radici e alla propria matrice di identità.

Questo risultato fu ottenuto con un vero compromesso, quello sì storico, con la Democrazia cristiana. Se, allora, fu possibile trovare un accordo per fondare una democrazia, perché oggi non dovrebbe esserlo in condizioni di gran lunga più facili per rifondarla? Non c’è più alcun fattore K (come Kommunismus) o A (come America) o O (come Occidente) o N (come Nato)che impedisca al Pd di governare l’Italia. E (almeno fuori da San Remo) non c’è più ragione ideologica se non pretestuosa (l’antifascismo) che faccia da ostacolo al Pd per collaborare a una revisione della nostra Costituzione, come lo stesso Pd ha più volte tentato di fare ben conoscendone la necessità.

Il centrodestra ha posto la revisione della Costituzione fra gli obiettivi programmatici da raggiungere; Giorgia Meloni ha dichiarato più volte che questo sarà l’anno di inizio del processo delle riforme; e sempre la presidente del Consiglio ha detto che questo processo si fa assieme all’opposizione. Ha teso una mano responsabilmente e ha aspettato il congresso Pd. Può ora il Pd sottrarsi? Se la maggioranza intende collaborare, può opporle veti? Può definirla impresentabile e pericolosa? Non può. Sta perciò a Elly Schlein e al nuovo gruppo dirigente che si sta formando attorno a lei elaborare una posizione che finora è mancata.

Intanto sono già cominciate le celebrazioni dei 75 anni della costituzione. Occasioni quasi sempre retoriche e vacue, dove vecchi maestri o presunti tali si esercitano davanti allo specchio con le pose dell’autocompiacimento. Ma quando si celebra non si medita, quando si esalta non si comprende, quando si difendono tesi per partito preso non si studiano le carenze. E tuttavia, anche quando si voglia saltare la prima parte e mettere a tacere una lunga tradizione di critica liberale e democratica e anche di destra che l’ha sempre investita, la seconda parte della nostra Costituzione di carenze ne presenta in quantità. Palesi e riconosciute da tutti, dalla dottrina come dalla politica.

In questo clima di celebrazioni vorrei sottoporre l’idea di un giorno solenne di meditazione. Settantacinque anni fa la Costituzione entrò in vigore, ma quasi settantasette anni fa si cercò di modificarla. Non è un paradosso. Correva il 4 settembre 1946 e all’assemblea costituente, di fronte al voto di indirizzo fra il sistema parlamentare e quello presidenziale, un bravo giurista eletto nella fila del partito repubblicano, Tommaso Perassi, si alzò e presentò un ordine del giorno che così diceva: “la seconda sottocommissione, udite le relazioni degli onorevoli Mortati e Conti, ritenuto che né il tipo del governo presidenziale, né quello del governo direttoriale risponderebbero alle condizioni della società italiana, si pronuncia per l’adozione del sistema parlamentare da disciplinarsi, tuttavia, con dispositivi costituzionali idonei a tutelare le esigenze di stabilità dell’azione di governo ed evitare le degenerazioni del parlamentarismo”. Profetico e puntuale. Perché il sistema parlamentare è poi di fatto degenerato nella partitocrazia e la partitocrazia è infine degenerata nella irrilevanza del parlamento (proprio quello della famosa “centralità”!).

Donde la crisi della democrazia, donde i governi tecnici, donde la disaffezione al voto, donde la crisi dei partiti, donde il sempre più spiccato ruolo politico, contro la stessa costituzione, del presidente della repubblica nella formazione e nella vita dei governi. Aveva ragione Perassi a chiedere riforme (“provvedimenti costituzionali”) per dare efficienza al sistema politico (“stabilità dell’azione di governo”) e per evitare rischi alla democrazia(“degenerazioni del parlamentarismo”). Un anno e cinque mesi prima che la costituzione entrasse in vigore!

Si osservi che tanta parte della politica italiana del Dopoguerra si spiega con il mancato adempimento dell’ordine del giorno Perassi. Sarebbero tante quest’anno le date da celebrare (vedi A. Malaschini, La tela di Penelope , Rassegna parlamentare, 64, 2, 2022): i settanta anni della legge elettorale maggioritaria sostenuta da De Gasperi, i quasi quaranta anni del “Decalogo Spadolini” sui poteri del presidente del consiglio in parlamento, i quaranta anni esatti della commissione Bozzi, i poco più di trenta anni della commissione De Mita poi Iotti, fino ai tentativi di D’Alema (26 anni fa) e Renzi(ieri).

Possiamo riprovarci? Abbiamo bisogno di studiare ancora? No, basterebbe poco tempo a una commissione bicamerale per esaminare una serie di problemi, fare una rassegna delle possibili soluzioni e una collazione dei testi. Si devono fare tante audizioni e consultazioni? Macché! Sulla forma di governo basterebbe la testimonianza di quei presidenti del Consiglio che si sono succeduti alla cadenza di uno ogni quattordici mesi; sull’ordinamento giudiziario basterebbe tirare a sorte qualcuno dei tanti cittadini che hanno avuto la disgrazia di incapparci; sul bicameralismo perfetto, chiedere a qualunque parlamentare e ministro dei rapporti col parlamento; eccetera. E’ quasi tutto fatto e tutto chiaro.

Allora, ci riproviamo? Dobbiamo, se non vogliamo aggravare la crisi. A ben guardare, bastano un po’ di consapevolezza, di determinazione, di fiducia reciproca, di volontà, di clima non avvelenato. Anche lo strumento è ben chiaro. Dunque, qua la mano. C’è da tempo un’Italia nuova a cui dobbiamo dare una veste nuova. Dobbiamo farlo presto, prima che ci scappi di mano. Se ne renderà presto conto anche la Schlein, e anche lei converrà che Penelope sarà anche stata una sposa virtuosa, ma è l’ora che vada in pensione.

Il Foglio

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Ucraina vs Russia: la ‘fame vorace dei cannoni’, tra scommesse ed illusioni


Nel suo racconto ‘Isbe e steppe’, l’allora inviato di guerra del ‘Corriere della Sera’, Lamberti Sorrentino, così descriveva i partigiani ucraini operanti nelle retrovie del fronte nel ‘43: «Confuso, sinistro, cieco, intelligente, il partigiano porta con sé la realtà, e spera di poter divellere ostacoli, contrasti, barriere, limiti… Spesso ho pensato che costoro sparino soltanto perché […]

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Stefano Galieni*   Le tracce restano, la storia non si cancella con un colpo di mano. Strappare manifesti, coprire o imbrattare murales, cercare di rim


Il dialogo Roma-Delhi passa per la Difesa. Un’opportunità anche per le aziende italiane


Ripartono dalla Difesa le relazioni tra Italia e India, con i due Paesi che siglano un accordo bilaterale, primo tassello di una partnership più stretta tra Roma e Nuova Delhi. È quanto emerso dall’incontro tra il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni,

Ripartono dalla Difesa le relazioni tra Italia e India, con i due Paesi che siglano un accordo bilaterale, primo tassello di una partnership più stretta tra Roma e Nuova Delhi. È quanto emerso dall’incontro tra il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, con il primo ministro dell’India, Narendra Modi, un’occasione che ha permesso il rilancio dei rapporti tra i due governi dopo un decennio di relativa freddezza, accelerati in particolare nel settore della sicurezza. “C’è molto lavoro da fare insieme, a partire da alcuni settori su cui rafforzare le nostre relazioni: penso al tema della Difesa” ha registrato infatti il presidente Meloni, che ha sottolineato come l’incontro sia servito per “elevare i rapporti a partenariato strategico, perché le nostre relazioni sono estremamente solide”. Parole a cui ha fatto eco il premier Modi “Oggi istituiamo un ponte tra l’Italia e l’India aprendo un nuovo capitolo e cioè la cooperazione in materia di difesa per la produzione e sviluppo in questo settore che può essere un beneficio per ambedue i Paesi”.

Patto bilaterale Difesa

L’accordo prevede da una parte un rapporto più stretto tra le Forze armate di Italia e Inda, e dall’altra una collaborazione nello sviluppo e la produzione di piattaforme militari. La cooperazione con il subcontinente in questo settore, sottolineano da Palazzo Chigi, “è in forte ripresa”, e la sottoscrizione dell’accordo “consentirà di facilitare lo sviluppo di partenariati industriali, scambi di informazioni e corsi di formazione”. Come spiegato da Modi, infatti, con il presidente Meloni “abbiamo deciso di organizzare delle esercitazioni e dei corsi di formazione congiunti tra le rispettive Forze armate”, settando come priorità la lotta al terrorismo e al separatismo. Per il premier indiano, in particolare, la cooperazione nel settore della Difesa servirà a creare “nuove opportunità di sviluppo” anche per quanto riguarda la produzione, in con un “vantaggio per entrambi i Paesi”.

Interessi industriali

Per le aziende italiane, da Leonardo, a Fincantieri, fino a Elettronica, solo per citarne alcuni, il rilancio delle attività in India rappresenta una grande opportunità, soprattutto alla luce dell’importanza di un mercato vasto come quello indiano. Gli interessi della più grande democrazia asiatica, infatti, vanno dal capo dei trasporti militari, essenziali per un Paese esteso come l’India, a soluzioni all’avanguardia per il monitoraggio e la sensoristica della Difesa. L’India, inoltre, possiede requisiti a lungo termine avanzati, che possono essere incontrati dall’offerta industriale del nostro Paese. Certamente, però, l’accordo stretto tra Meloni e Modi rappresenta solo il primo passaggio di un percorso ancora da costruire. Un momento importante, di apertura, che dovrà necessariamente essere seguito dalle aziende del nostro Paese, che dovranno andare a costruire le opportunità commerciali con Nuova Delhi, registrando i requisiti e capendo come poter sviluppare le adeguate capacità di interesse per l’India. Una opportunità preziosa, che dovrà necessariamente vedere il continuo sostegno anche da parte del governo.

Dal Mediterraneo all’Indo-Pacifico

Un interesse, quello italiano per l’India, che si collega alla proiezione del nostro Paese verso l’Indo-Pacifico. Il governo in questo senso è sembrato consapevole che la sfida globale del futuro, oltre l’immediata minaccia russa, è quella che viene dal quadrante asiatico, le cui dinamiche saranno determinanti per lo scenario globale del futuro, con impatti che raggiungeranno anche l’Europa. “Noi parliamo di Mediterraneo allargato – ha infatti spiegato Meloni – e lo consideriamo allargato fino a qui, c’è una connessione fra Mediterraneo e Indo-Pacifico che vogliamo rafforzare”. Un esempio recente di questa visione indo-pacifica dell’Italia viene dall’invio nelle acque dei due oceani del pattugliatore d’altura della Marina militare italiana Francesco Morosini, classe Thaon di Revel, per una serie di esercitazioni insieme agli alleati e alle marine amiche nell’Indo-Pacifico e, come spiegato ad Airpress dal capo di Stato maggiore della Marina, ammiraglio Enrico Credendino: “Un’occasione per contribuire alla possibile esportazione del prodotto nazionale”. Dato lo scenario strategico attuale, infatti, l’India è impegnata nel potenziamento della sua componente militare marittima, e Nuova Delhi può rappresentare un mercato importante per i prodotti di realtà italiane come Fincantieri.

Le altre collaborazioni regionali

Rafforzare i legami con l’India, tra l’altro, potrebbe rappresentare un ulteriore tassello nella presenza dell’Italia nella cornice di sicurezza dell’Indo-Pacifico attraverso le partnership con i principali attori della regione. Roma, del resto, è legata anche all’altro grande player del quadrante, il Giappone, con il quale sta sviluppando, insieme a Londra, il sistema aereo di combattimento di sesta generazione, il Global combat air programme (Gcap), destinato a sostituire i circa novanta caccia F-2 giapponesi e gli Eurofighter europei. Al progetto, da parte italiana, partecipa il consorzio che coinvolge Avio Aero, Elettronica, MBDA Italia e Leonardo. A Marzo, tra l’altro, i ministri della Difesa dei tre Paesi, Guido Crosetto, Ben Wallace e Yasukazu Hamada, dovrebbero incontrarsi a Tokyo per discutere i prossimi passi del programma e per esplorare la possibilità di esportare il nuovo caccia ad altri Paesi. L’apertura dei rapporti con l’India potrebbe rappresentare una proiezione interessante per il consorzio Gcap.


formiche.net/2023/03/il-dialog…



Paolo Ferrero* Il governo degli Stati Uniti, ponendo le condizioni affinché in Ucraina potesse scoppiare una guerra, ha fatto un errore enorme che va contro


L’Australia e la geopolitica del litio


Le tecnologie energetiche pulite sono essenziali per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione fissati nell’accordo di Parigi. I minerali critici, tra cui litio, nichel, cobalto, grafite, rame e terre rare, sono vitali per produrre prodotti energetici puliti come pannelli solari, turbine eoliche e batterie per veicoli elettrici (EV). La domanda di litio, un componente chiave delle […]

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Rifondazione comunista partecipa alla manifestazione del 4 marzo a Firenze, con le organizzazioni sindacali confederali e di base, con Priorità alla Scuola, co


Oggi 94enne, resta entusiasta della sua invenzione, che però ha spalancato anche ai più piccoli la porta a una quantità infinita di contenuti e servizi che non sono adatti a loro e dai quali andrebbero tenuti lontano. Per questo bisogna introdurre sistemi di verifica dell’età. Se vuoi leggere il mio pezzo nella rubrica Governare il futuro su...



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3) creare gestire e utilizzare i grupi/forum di Friendica che mettono a disposizione degli utenti del Fediverso le funzionalità dei gruppi Facebook
4) disporre di un'istanza Mastodon come Poliversity.it, dedicata al mondo della ricerca, della scuola e del giornalismo
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6) eliminare gli annunci pubblicitari
7) sottrarsi al tracciamento durante la navigazione

Non solo tutto questo costa solo 11,99 euro a settimana, ma...

...UDITE UDITE...

...non si tratta di soldi che pagate voi, perché questi sono i costi che sostengono gli amministratori di Poliverso.org, Poliversity.it e Feddit.it!

Infatti mentre i social tradizionali multimiliardari iniziano a chiedere soldi agli utenti (senza peraltro smettere di drenare i loro dati personali), i nostri server vengono messi a disposizione degli utenti senza chiedere nulla in cambio!

A questo proposito, per chi volesse contribuire a mantenere vivo e in buona salute il progetto di Poliverso, vi informiamo che, su richiesta di alcuni nostri utenti, abbiamo finalmente attivato due servizi di crowfunding:

1) Ko-Fi
2) LiberaPay

Naturalmente tutti gli importi ricevuti in dono verranno utilizzati esclusivamente per la copertura dei costi sostenuti nella gestione dei progetti gestiti da Poliverso

La pagina LiberaPay di Poliverso

La pagina Ko-Fi di Poliverso

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@Paco Len :fedora: sì, ma ti giuro che anche gli altri sono disponibili senza abbonamento... 😁


Insabbiati


Si tratta di poca roba, ma esemplare. Di roba che continuiamo a tenere ridicolmente bloccata supponendo di difendere interessi italiani che, invece, danneggiamo. Di una storia che finisce male perché è stata impostata malissimo. E nella sua pochezza racco

Si tratta di poca roba, ma esemplare. Di roba che continuiamo a tenere ridicolmente bloccata supponendo di difendere interessi italiani che, invece, danneggiamo. Di una storia che finisce male perché è stata impostata malissimo. E nella sua pochezza racconta la deriva irragionevole della politica italiana. Ebbene sì, sto ancora parlando degli stabilimenti balneari. Un problema piccolo piccolo che abbiamo fatto diventare un errore grande grande.

Perché, si chiedono i nazionalisti protezionisti, incapaci di proteggere e conoscere la Nazione, dovremmo concedere le nostre spiagge ai capitali stranieri? Risposta: perché è una balla e perché ragionando alla vostra maniera siamo fra i luoghi turisticamente più attrattivi del mondo, ma non abbiamo catene alberghiere italiane che siano multinazionali. Di media ne abbiamo una sola, il resto è tutto capitale internazionale. E questo bel risultato lo si è ottenuto con la pretesa di difendere i piccoli albergatori, facendoli uscire fuori mercato, così favorendo offerte qualitativamente ed economicamente migliori. Sarà meglio cambiare approccio.

Il vostro protezionismo che si rifiuta di mettere a gara quel che deve andare a gara, secondo il diritto europeo, ma anche secondo il diritto italiano, secondo una sentenza italiana e secondo gli interessi degli italiani, il vostro insensato protezionismo non ha protetto gli stabilimenti dal capitale straniero, ma i concessionari inerti da più giovani, più intraprendenti e più innovativi che vogliano prendere il loro posto. Impedendo a questi italiani di concorrere li si indirizzerà a fare altro o a non fare niente, sicché poi finirà come i grandi alberghi: uno a uno cadono in mani altrui. E dire, come ora provano a dire, che prima delle gare serve il censimento delle spiagge è come dire che si difende da anni quello che manco si conosce. Oltre a essere orrida l’idea che il demanio non conosca il proprio patrimonio.

Ma perché mai un governo di destra dovrebbe piegarsi a quel che vuole la sinistra? Perché la sinistra manco lo voleva e perché la direttiva europea è stata recepita e introdotta nel diritto italiano, nel marzo del 2010, a cura di un governo di destra, presieduto da Berlusconi, in cui Meloni era ministro. Non sono notizie segrete, circolano ovunque e ci facciamo la parte dei peracottari. Per giunta su una faccenda di pochissimo rilievo, che potrebbe essere affrontata lavorando sui bandi di gara, riconoscendo valore agli investimenti fatti (e verificati) e al fatturato, il che aiuterebbe a liberare le spiagge italiane da gestori che sfruttano la rendita senza investire neanche sui servizi igienici e da quelli che accettano solo pagamenti in nero e sono evasori fiscali. Una faccenda di pochissimo rilievo mentre ne incombono altre, dal Mes alla rimodulazione dei fondi europei, di ben altra portata. Indebolire la propria credibilità è autolesionismo.

Tutto ciò è possibile perché il capovolgimento logico del falso sistema maggioritario premia le minoranze di blocco. O ricatto. Il sistema elettorale maggioritario serve a far governare le minoranze, dato che le maggioranze, se sono tali, governano con qualsiasi sistema elettorale, proporzionale compreso. Il maggioritario serve a dire: sei minoranza, ma la più consistente, eccoti la forza aggiuntiva per governare. Ma se arrivi alle elezioni presentando false coalizioni, il cui solo interesse comune è vincere, il risultato è che il maggioritario trasformerà in maggioranza una minoranza relativa, ma, a quel punto, dentro la così ottenuta maggioranza si formeranno minoranze che bloccano tutto, pretendendo di prevalere perché “indispensabili”.

È così che il nostro è divenuto un mondo politico di minoranze estremiste, ciascuna delle quali reclama a sé la rappresentanza esclusiva degli interessi degli italiani. E se un ex estremista evolve in ragionevole, subito un ex ragionevole ne prende il posto di estremista. Un manicomio capace di insabbiare interessi, idee, credibilità e, alla lunga, anche onorabilità.

La Ragione

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Guerra in Ucraina: la Russia deve negoziare, ma sinceramente


Sotto molti punti di vista, l’invasione dell’Ucraina da parte di Putin è stata un errore senza pari. Ha unito l’Europa e l’Occidente contro questo regime. Ha, per citare il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg, ottenuto “più NATO, non meno”. Ha trasformato un paese che era relativamente polarizzato e diviso sulla questione delle relazioni con […]

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L’innovazione tecnologica aiuta l’Ucraina contro la potenza militare della Russia


Da più di un anno l’Ucraina combatte per la propria vita contro una superpotenza militare che gode di enormi vantaggi in termini di finanziamenti, armi e manodopera. Una delle poche aree in cui l’Ucraina è riuscita a rimanere costantemente davanti alla Russia è nell’uso di tecnologie militari innovative. L’Ucraina di oggi è spesso descritta come […]

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Per anni Putin non ha invaso l’Ucraina. Perché lo ha fatto nel 2022?


Perché Vladimir Putin ha invaso l’Ucraina e ha cercato di prendere Kiev nel febbraio 2022, e non anni prima? Mosca ha sempre voluto dominare l’Ucraina, e Putin ne ha dato le ragioni nei suoi discorsi e scritti. Perché allora non ha cercato di prendere tutto o la maggior parte del Paese dopo la rivoluzione ucraina […]

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Il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha assegnato oltre 31 milioni di euro al finanziamento degli istituti italiani che hanno accolto bambini e studenti ucraini.

Si tratta di 3.