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ANALISI. La “Cultura della Difesa”? No, non è cosa di Crosetto. È bipartisan!


È scarsa l'attenzione dei media e dell’opinione pubblica al dilagante processo di penetrazione delle forze armate e delle industrie del comparto militare nel tessuto sociale, culturale ed economico del paese. L'articolo ANALISI. La “Cultura della Difesa”

di Antonio Mazzeo

(foto di Jose Antonio – Wikimedia Commons)

Pagine Esteri, 7 marzo 2023 – Quattordici superconsulenti “a titolo gratuito” del ministro Guido Crosetto, giornalisti, docenti universitari e manager industriali, per dar vita a un “Comitato per lo sviluppo e la valorizzazione della cultura della Difesa”. Numerose testate nazionali hanno rilanciato la notizia dell’istituzione, lo scorso 21 febbraio, di quello che è già stato definito – erroneamente – il think thank personale di Crosetto. “Un gruppo di pensiero personale del ministro della difesa”, riporta Il Fatto Quotidiano, affinché le tematiche militari siano note, discusse e condivise dalla società italiana. “Ma a cosa servirà questo nuovo Comitato?”, domanda il Fatto. “Ci spiega una fonte della Difesa: Spesso si pensa che la Difesa sia solo forze armate, ma non è così. L’idea è che il mondo della Difesa riguarda tecnologia, industria, cultura, geopolitica. Si organizzeranno seminari, incontri, si elaboreranno documenti, direttive e proposte che verranno comunicate al ministro. E sia chiaro, i membri del Comitato lo fanno tutti gratis e con un approccio totalmente indipendente”.

La scarsissima attenzione dei media e dell’opinione pubblica al dilagante processo di penetrazione delle forze armate e delle industrie del comparto militare nel tessuto sociale, culturale ed economico del paese, e particolarmente nel mondo dell’istruzione di ogni ordine e grado e della ricerca accademica

Bisogna comunque attendere il settembre 2014 perché la partnership tra istituzioni scolastiche e apparato militare venga formalizzata in ambito nazionale: le allora ministre all’Istruzione Stefania Giannini e alla Difesa Roberta Pinotti firmavano un Protocollo d’Intesa per favorire l’approfondimento della Costituzione italiana e dei principi della Dichiarazione universale dei diritti umani, in riferimento all’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione. I due dicasteri s’impegnavano a “sensibilizzare la porzione più giovane della popolazione su un tema così toccante quale è il centenario della 1^ Guerra Mondiale”, organizzando incontri e conferenze “durante le quali i militari, oltre a illustrare i fatti storici che la caratterizzarono, spiegheranno ai ragazzi il fondamentale ruolo delle Forze Armate a difesa della democrazia”. Istruzione e Difesa concordavano altresì di “attivare nelle scuole un focus sulla funzione centrale che la Cultura della Difesa ha svolto e continua a svolgere a favore della crescita sociale, politica, economica e democratica del Paese”. Con una circolare del 15 dicembre 2015, il MIUR elencava i percorsi progettuali da affidare alle forze armate contemplando quasi tutti i campi didattico-disciplinari: dalla storia alle scienze, dalle nuove tecnologie al diritto, dallo sport alla geografia politica, ecc..

Come abbiamo visto, l’accordo MIUR-FFAA enfatizzava il concetto di Cultura della Difesa, non nuovo in ambito militare e sicuritario, ma ignoto al mondo scolastico e della formazione. Per comprenderne in parte il significato bisogna andare al testo della legge n.124 del 2007 con cui sono stati “riformati” i servizi segreti. Tra gli obiettivi della nuova architettura d’intelligence nazionale viene specificato quello di “far crescere la consapevolezza per i temi dell’interesse nazionale, e della sua difesa, in tutte le declinazioni che esso assume di fronte alle sfide della globalizzazione e alle minacce transnazionali che arrivano dentro il sistema Paese mettendo a rischio la sua integrità patrimoniale e industriale, la sua competitività, la sicurezza delle sue infrastrutture e dei sistemi informativi”. In verità i riferimenti della legge sono alla Cultura della Sicurezza e l’organo preposto alla sua definizione è il nuovo Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS), che sovrintende alle attività delle due agenzie d’intelligence, l’AISE per la “sicurezza esterna” e l’AISI per quella “interna”. “Il DIS deve essere in continuo contatto con il sistema educativo nazionale, dalle scuole superiori alle università, e con tutti coloro che si occupano a vario titolo di intelligence e contribuiscono alla creazione di una via nazionale per la diffusione della cultura della sicurezza”, specifica la legge n.124/2007. Nei fatti viene sancita la cooptazione del sistema scolastico e accademico all’interno degli apparati sicuritari e militari riproducendo il modello implementato in quei paesi che hanno fatto della guerra l’essenza stessa della propria esistenza (Israele, petromonarchie, ecc.).

Perché la Cultura della Difesa diventi argomento di analisi e confronto tra gli strateghi militari per poi essere assunto acriticamente dalla politica si è dovuto attendere qualche tempo. Con il secondo governo Conte e l’inedita coalizione Pd-M5S e partititi satelliti, per la diffusione della Cultura della Difesa e della Sicurezza è stato perfino delegato un sottosegretario di Stato, l’on. Angelo Tofalo, ingegnere progettista nei settori delle telecomunicazioni strategiche e della videosorveglianza e un master in Intelligence e Security alla Link Campus University di Roma. Con lo Stato maggiore della Difesa e il Segretariato generale della Direzione nazionale armamenti, il ministro del tempo Lorenzo Guerini e il sottosegretario Tofalo hanno avviato un ciclo di conferenze itineranti per spiegare la Cultura della Difesa all’interno di università e centri di ricerca. “L’obiettivo è quello di facilitare i cittadini a comprendere i temi di interesse strategico per la Difesa, acquisire sistemi ed equipaggiamenti per le forze armate, valorizzare le capacità dell’industria nazionale e sostenere la ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica”, spiega il Ministero. Si punta cioè ad estendere a tutte le fasce sociali e generazionali l’incondizionato consenso per le forze armate, le missioni di guerra internazionali e il complesso militare-industriale affinché i cittadini siano disponibili a sempre maggiori sacrifici in termini di tagli salariali e accesso ai servizi sociali. Tutto ciò con lo scopo d’indirizzare sempre più risorse finanziarie pubbliche alla produzione e all’acquisto di armi tecnologicamente avanzate. “Invito tutti ad essere attori di uno sforzo comune per far crescere la Cultura della Difesa e la consapevolezza del ruolo che riveste per il Sistema Paese”, ha poi dichiarato il ministro Guerini ad un convegno promosso dalle maggiori aziende aerospaziali e dal Centro Alti Studi della Difesa. “Dobbiamo intraprendere tutti gli sforzi necessari per avviare un percorso teso ad incrementare gli investimenti e allineare, progressivamente, il rapporto budget Difesa–PIL alla media degli altri Alleati europei. Le risorse destinate alla Difesa devono essere viste come uno straordinario volano economico”. La Cultura della Difesa assolve anche la funzione di sensibilizzare i cittadini sulle”minacce” onnicomprensive alla sicurezza, anche perché essi possano assolvere a compiti di controllo e vigilanza. Su chi e cosa l’ha spiegato lo Stato maggiore in un convegno del 23 gennaio 2020: “attori non militari (civili, operatori di agenzie governative e non, operatori dei mass media e combattenti regolari e irregolari); uso indiscriminato e terroristico di qualsiasi strumento di offesa da parte di soggetti non-statuali; sfruttamento della dimensione del cyberspazio; uso della propaganda tramite i new media per acquisire il controllo delle opinioni; possibile uso di armi CBRN (chimiche, biologiche, radiologiche, nucleari), ecc..

In seguito gli incontri per diffondere la Cultura della Difesa e i “valori delle forze armate” sono stati estesi a numerose scuole secondarie di primo e secondo grado, mentre sono sempre meno quelle che inseriscono qualsivoglia riferimento alla cultura della pace nei piani dell’offerta formativa.

Il segretario è Filippo Maria Grasso, un passato in Pirelli e da anni a capo delle relazioni istituzionali di Leonardo, il colosso militare controllato dallo Stato. I membri del Comitato invece spaziano in vari settori. Non poteva mancare Gianni Riotta. A fargli compagnia ci sarà anche Angelo Panebianco, editorialista che qualche tempo fa sulle colonne del Corriere della Sera Scorrendo la lista dei membri di questo nuovo think tank della Difesa poi ci sono: Giulio Anselmi, presidente dell’agenzia di stampa Ansa, lo scrittore Pietrangelo Buttafuoco (voce che fa stecca nel coro filo-Nato), Anna Coliva, storica d’arte per 25 anni alla guida della Galleria borghese di Roma prima come ispettore storico dell’Arte, poi funzionario delegato alla direzione del museo e dal 2016 direttore generale. Ci sono anche il direttore del Sole 24 Ore Fabio Tamburini e Pier Domenico Garrone “consigliere del ministro per le tematiche correlate alla comunicazione istituzionale e le strategie per valorizzare la cultura della difesa”, si legge nel decreto del 21 febbraio. E poi c’è il mondo delle università: Michèle Roberta Lavagna, ordinaria al Politecnico di Milano, dipartimento di scienze e tecnologie aerospaziali; Vittorio Emanuele Parsi, ordinario di relazioni internazionali a Scienze Politiche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e cultore dell’atlantismo più spinto e Antonio Zoccoli, professore ordinario all’università di Bologna e presidente dell’Associazione Big Data.

E infine ci sono anche Giancarlo Leone (figlio dell’ex presidente della Repubblica), presidente dell’associazione produttori televisivi e Angelo Maria Petroni, in passato membro del cda della Rai (dal 2003 al 2012) e editorialista del Wall Street Journal Europe e de Il Sole 24 Ore, dal 2007 Segretario generale Aspen Institute, uno dei più prestigiosi think tank americani il cui distaccamento italiano è presieduto da Giulio Tremonti e che dal 2021 ha tra i soci anche colei che di lì a poco sarebbe diventata la premier, Giorgia Meloni. Pagine Esteri

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Migranti: con quale coraggio la politica italiana può guardarsi allo specchio?


«Poiché i migranti vengono da posti dove certo non mancano telefoni e parabole, bisognerebbe avvisarli dei pericoli che corrono nel viaggiare per mare», affermazione di un certo Rampelli, chiunque sia, meglio perderlo che trovarlo; «La disperazione non può mai giustificare condizioni di viaggio che mettono in pericolo la vita dei propri figli» e poi per non essere frainteso: « Il problema non […]

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La Cina sta per istituire una nuova agenzia governativa per centralizzare la gestione delle banche dati. Lo riporta un articolo del Wall Street Journal, ripreso dalle agenzie. Pechino starebbe cercando di razionalizzare la propria struttura regolatoria, attualmente ripartita in vari soggetti (Amministrazione del Cyberspazio della Cina, Ministero dell’Industria e della Tecnologia dell’Informazione, Commissione Nazionale dello...


Migranti: con quale coraggio la politica iraniana può guardarsi allo specchio?


«Poiché i migranti vengono da posti dove certo non mancano telefoni e parabole, bisognerebbe avvisarli dei pericoli che corrono nel viaggiare per mare», affermazione di un certo Rampelli, chiunque sia, meglio perderlo che trovarlo; «La disperazione non può mai giustificare condizioni di viaggio che mettono in pericolo la vita dei propri figli» e poi per non essere frainteso: « Il problema non […]

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Come procede l'integrazione di Fediverso in Tumblr?

@Che succede nel Fediverso?

Stanno testando "tutti i protocolli", inclusi ActivityPub, Bluesky e Nostr.

Uno dei loro timori è che Tumblr possa sopraffare qualsiasi protocollo decida di utilizzare.

Il post di TechCrunch


How is Tumblr’s Fediverse integration coming along?

They’re testing “all the protocols” including ActivityPub, Bluesky, and Nostr.

One of their fears is that Tumblr will overwhelm any protocol it opts to use.

techcrunch.com/2023/03/04/this…

@fediversenews


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Unknown parent

mastodon - Collegamento all'originale
QuasiMagia 🌀 マルコ
@irrisolvibile Si, ma è improbabile che accada dall'oggi al domani.
Sarebbe una cosa graduale, e comunque al momento vedo poco probabile che un'istanza diventi tanto grossa da "fagocitare" gli altri.
Unknown parent

@Alessandro :fediverso: con gli attuali ritmi di crescita, nessuna istanza può diventare così grande da ospitare 420 milioni di utenti. Almeno non nei prossimi 10 anni! 😅

Il punto però è che non devono esserci istanze troppo grandi e già il volume in cui è arrivata attualmente mastodon.social sono abnormi.

Quando gli utenti complessivi del fediverso saranno dell'ordine di qualche decina di milioni, si ragionerà sul carico reciproco tra istanze

@QuasiMagia 🌀 マルコ



DOMANI 7 MARZO A ROMA: CHE FINE HA FATTO AL PIATTAFORMA DIGITALE PER LA FIRMA DEI REFERENDUM E DELLE LEGGI DI INIZIATIVA POPOLARE?


EUMANS E ASSOCIAZIONE COSCIONI SARANNO AL PRESIDIO IN P.ZZA SS APOSTOLI A ROMA, IL 7 MARZO ALLE H. 16.00

→ CLICCA QUI PER FIRMARE L’APPELLO ←


@Politica interna, europea e internazionale

SARÀ PRESENTE ANCHE IL CO PRESIDENTE DELL’ASSOCIAZIONE MARCO GENTILI, CHE SI FARÀ PORTAVOCE DELLE PERSONE CON DISABILITÀ. CAPPATO E MINEO COMMENTANO: “LA PIATTAFORMA È PRONTA DA MESI, BASTA RITARDI!”

Il 7 Marzo alle 16 si terrà in piazza Santi Apostoli a Roma, una manifestazione per chiedere al Governo di attivare senza ulteriori ritardi la piattaforma pubblica per sottoscrivere gratuitamente online referendum e iniziative popolari. Tra i presenti Marco Gentili, affetto da SLA, co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni, impegnato per l’abbattimento degli ostacoli per il pieno godimento dei diritti civili e politici grazie al digitale. Con lui Marco Cappato, Lorenzo Mineo, militanti e dirigenti di Eumans, e altre organizzazioni.

La legge che crea la piattaforma pubblica, affidandola alla Presidenza del Consiglio, è del 2020. Gli ultimi due governi non hanno rispettato l’obbligo di farla entrare in vigore, continuando a frapporre ostacoli al pieno godimento dei diritti civili in Italia. La piattaforma renderebbe infatti finalmente gratuita, e non più a carico dei comitati promotori, la possibilità di attivare iniziative di democrazia diretta, come referendum e proposte di legge popolari, grazie alle sottoscrizioni online.

La piattaforma è anche lo strumento che lo Stato Italiano si era impegnato a realizzare in sede internazionale al fine di rimuovere le irragionevoli restrizioni che il Comitato diritti umani dell’Onu nel caso Staderini-De Lucia vs Italia ha accertato essere presenti nell’attuazione del diritto costituzionale a promuovere referendum e leggi di iniziativa popolare, dando ragione alla battaglia politico-giudiziaria ultradecennale di Mario Staderini.

Per questo motivo l’Associazione Luca Coscioni e Eumans sostengono l’appello online di Marco Gentili, che si rivolge alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e al sottosegretario all’Innovazione Tecnologica Alessio Butti, per chiedere al Governo di attivare immediatamente la piattaforma.

Tra le prime organizzazioni che si sono sono unite alla mobilitazione ci sono Volt, Servizio Pubblico, Più Democrazia Italia, Io Cambio, Riprendiamoci Il Comune, Società della Ragione, Forum Droghe, Meglio Legale, Movimenta, Comitato Antispecista Difesa Animali Protezione Ambiente OdV, Partito Animalista, Animal Aid Italia, Radicali Italiani, Radicali Roma, Sinistra Civica Ecologista Roma, Extinction Rebellion Roma

I promotori chiedono anche che le funzioni della piattaforma siano allargate alla sottoscrizione di liste elettorali con firma digitale: un modo per arginare la discriminazione nell’accesso alle elezioni che tocca le organizzazioni senza eletti in Parlamento, le uniche a dover raccogliere firme.

Marco Cappato, co-presidente di Eumans e Lorenzo Mineo, coordinatore della campagna, hanno dichiarato: “Ogni seria attività umana si svolge sempre di più anche in Rete, oltre che di persona; negando la possibilità di esercitare i diritti di partecipazione anche attraverso gli strumenti digitali si finisce per marginalizzare la democrazia stessa; la piattaforma è tecnicamente pronta: ora serve la volontà politica.”

Marco Gentili, co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni, ha dichiarato: “Il Sottosegretario Butti ha confermato che sarà possibile interfacciarsi digitalmente con la Pubblica Amministrazione. Dopo quasi 10 anni di SPID occorre ampliare la funzionalità e consentire il pieno godimento online dei diritti civili e politici. Butti si assuma la responsabilità di lanciare una volta per tutte le sottoscrizioni digitali. L’entrata in funzione della piattaforma pubblica e gratuita di raccolta firme online garantirebbe il diritto alla piena partecipazione civica di chi, come me, vive una condizione di disabilità grave”.

ALTRE RISORSE
- Le iniziative per la democrazia digitale di EUMANS
- Come rafforzare la democrazia nell'Unione Europea

FIRMA QUI L'APPELLO!

Unknown parent

lemmy - Collegamento all'originale
suoko
Come ben saprai, proprio quelli che a parole difendono più strenuamente la democrazia, sono quelli che in realtà pensano che a decidere debbano essere in pochi ma buoni, perché la "gente" in fondo è ignorante. E la democrazia diretta che offrono i referendum digitali è un affare troppo scomodo per i pochi ma "buoni"



RILEGGIAMO: L’agente segreto di Joseph Conrad


Londra 1894: Verloc conduce una vita tranquilla insieme alla moglie Winnie con la quale gestisce un piccolo negozio; con loro vive Stevie, fratello minore di Winnie.

Da anni, Verloc lavora come agente segreto per il governo del suo paese che lo ha incaricato di infiltrarsi in un gruppo di anarchici e di organizzare un attentato. Costretto ad agire nel silenzio, convince Stevie ad aiutarlo, senza immaginare che questa scelta metterà in moto conseguenze drammatiche. #LIBRO @L’angolo del lettore #rileggiamo

iyezine.com/lagente-segreto-di…

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Così l’Italia si prepara al trilaterale sul Tempest. L’incontro Crosetto-Sukuzi


Si è tenuto un incontro amichevole tra il ministro della Difesa, Guido Crosetto, e l’ambasciatore giapponese in Italia, Satoshi Suzuki. Un’occasione di confronto su diversi temi, che spaziano dalla cooperazione tecnologica tra Roma e Tokyo alle collaboraz

Si è tenuto un incontro amichevole tra il ministro della Difesa, Guido Crosetto, e l’ambasciatore giapponese in Italia, Satoshi Suzuki. Un’occasione di confronto su diversi temi, che spaziano dalla cooperazione tecnologica tra Roma e Tokyo alle collaborazioni industriali sul piano bilaterale, le quali afferiscono anche al settore della Difesa, come conferma il programma Global combat air programme (Gcap). L’incontro è da vedersi come apripista per quello che avverrà entro fine marzo tra Crosetto e i suoi omologhi britannico, Ben Wallace, e giapponese Yasukazu Hamada. I tre ministri si incontreranno infatti nella capitale giapponese per discutere i prossimi passi verso lo sviluppo congiunto del sistema aereo di combattimento di sesta generazione, il Gcap, destinato a sostituire i circa novanta caccia F-2 giapponesi e gli oltre duecento Eurofighter di Gran Bretagna e Italia.

Il programma congiunto

L’avvio del programma congiunto risale a dicembre del 2022, quando i governi dei tre Paesi hanno concordato di sviluppare insieme una piattaforma di combattimento aerea di nuova generazione entro il 2035. Nella nota comune, i capi del governo dei tre Paesi sottolinearono in particolare il rispettivo impegno a sostenere l’ordine internazionale libero e aperto basato sulle regole, a difesa della democrazia, per cui è necessario istituire “forti partenariati di difesa e di sicurezza, sostenuti e rafforzati da una capacità di deterrenza credibile”. Grazie al progetto, Roma, Londra e Tokyo puntano ad accelerare le proprie capacità militari avanzate e il vantaggio tecnologico.

Il Tempest

Il progetto del Tempest prevede lo sviluppo di un sistema di combattimento aereo integrato, nel quale la piattaforma principale, l’aereo più propriamente inteso, provvisto di pilota umano, è al centro di una rete di velivoli a pilotaggio remoto con ruoli e compiti diversi, dalla ricognizione, al sostegno al combattimento, controllati dal nodo centrale e inseriti in un ecosistema capace di moltiplicare l’efficacia del sistema stesso. L’intero pacchetto capacitivo è poi inserito all’intero nella dimensione all-domain, in grado cioè di comunicare efficacemente e in tempo reale con gli altri dispositivi militari di terra, mare, aria, spazio e cyber. Questa integrazione consentirà al Tempest di essere fin dalla sua concezione progettato per coordinarsi con tutti gli altri assetti militari schierabili, consentendo ai decisori di possedere un’immagine completa e costantemente aggiornata dell’area di operazioni, con un effetto moltiplicatore delle capacità di analisi dello scenario e sulle opzioni decisionali in risposta al mutare degli eventi.

Tokyo spinge sulle riforme

Per Tokyo, il Gcap è il primo progetto a tre con due membri della Nato, e il primo dedicato alla difesa sviluppato con nazioni diverse dagli Stati Uniti, l’alleato di sicurezza principale del Giappone. I tre responsabili della Difesa dei tre Paesi potrebbero anche avviare una discussione per esplorare la possibilità di esportare il nuovo caccia ad altri Paesi. In particolare, il governo giapponese starebbe lavorando a una revisione delle regole della nazione sulle esportazioni di attrezzature di difesa, particolarmente rigide in Giappone. Un intento dichiarato anche nella recente Strategia di sicurezza nazionale, aggiornata a dicembre. La misura si inserisce anche nel progetto del gabinetto di Fumio Kishida di modificare le norme pacifiste della Costituzione del Giappone.

DSEI Japan

Secondo le fonti del Paese del Sol levante, l’incontro avverrebbe in concomitanza con DSEI Japan, la manifestazione dedicata al settore della Difesa integrato che si terrà a Chiba dal 15 al 17 marzo. All’evento saranno presenti tutte le principali aziende responsabili del progetto Gcap come la giapponese Mitsubishi Heavy Industries e la britannica BAE Systems, compreso il consorzio italiano che coinvolge Avio Aero, Elettronica, Mbda Italia e Leonardo. Oltre a queste, il programma vede la partecipazione dell’intera filiera della Difesa nazionale, coinvolgendo anche università, centri di ricerca e Pmi nazionali.

(Foto: ministero della Difesa)


formiche.net/2023/03/incontro-…



La fuga dalle responsabilità


Sacrificarsi in ragione di un principio, di una funzione o di un ideale non sembra rientrare più nello spirito dei tempi. Commentando il fatto, in effetti desolante, che solo un italiano su tre dichiara di condividere la scelta di armare il popolo ucraino

Sacrificarsi in ragione di un principio, di una funzione o di un ideale non sembra rientrare più nello spirito dei tempi. Commentando il fatto, in effetti desolante, che solo un italiano su tre dichiara di condividere la scelta di armare il popolo ucraino, sul Corriere della Sera di martedì lo storico Ernesto Galli della Loggia si è domandato quanti, tra noi italiani, sarebbero oggi disposti a combattere per la Patria: “Quanti sono, mi chiedo, gli italiani che oggi sentono un tale dovere? Quanti sono le donne e gli uomini disposti quindi a pensare che esistono cause per le quali è giusto mettere da parte la propria esistenza quotidiana con i suoi piccoli e meno piccoli piaceri, le sue comode abitudini, e accettare rinunce, disagi, pericoli, magari anche di rischiare la propria vita?”. La domanda è retorica, la risposta implicita. Pochi, pochissimi.
Di istinto si è portati ad attingere alla consueta retorica antitaliana o arcitaliana che dir si voglia. Un Paese abitato da “furbi” e da “cicale”, una nazione irresponsabile e disunita, uno Stato che non ha mai terminato una guerra al fianco dell’alleato con cui l’ha iniziata… Tutto vero, ma ad alzare lo sguardo dal nostro ombelico nazionale si ha l’impressione che sia in corso un singolare processo di italianizzazione del mondo. Almeno del mondo occidentale.

Assistiamo da tempo a fenomeni oggettivamente diversi, ma apparentemente accomunati da una sostanziale indisponibilità al sacrificio. Una fuga dalle responsabilità. Fenomeni un tempo impensabili. Impensabili come le dimissioni di un Papa (Benedetto XVI), o di un imperatore (Akihito), o di un primo ministro (Jacinda Arden). Fenomeni come il rifiuto di una principessa (Diana Spencer) e di suo figlio (William) dalle rinunce connesse allo status regale. Fenomeni che riguardano le élite così come le masse.

Masse sempre meno inclini ad accettare i limiti e i sacrifici impliciti in ogni appartenenza: sia politica sia religiosa. E persino familiare. In Italia il tasso di fecondità è passato dai 3 figli per donna del 1946 all’1,2 odierno, i matrimoni sono in calo costante (1,6 ogni mille abitanti), ogni cinque minuti una coppia decide di separarsi, la cura degli anziani viene sempre più delegata ad apposite strutture (ne abbiamo 7400) non a caso considerate un ottimo business dai fondi globali di investimento. L’Italia è il capofila, ma la tendenza riguarda tutti gli stati occidentali.

In America lo chiamano “Great resignation”. È il fenomeno, accelerato dalla pandemia, di fuga dal lavoro. Solo nei primi nove mesi del 2022 sono stati un milione e 600mila gli italiani che si sono spontaneamente dimessi dall’incarico che svolgevano: il 22% in più rispetto all’anno precedente. Nei colloqui di lavoro, la prima richiesta che i capi del personale si sentono oggi rivolgere riguarda il grado di flessibilità degli orari e la possibilità di lavorare comodamente da casa.

Anni di tambureggiante retorica sui diritti e di assordante silenzio sui doveri hanno prodotto un ripiegamento degli individui sul proprio particolare. Ed una sostanziale indisponibilità ad ogni responsabilità, ad ogni etica, ad ogni sacrificio. Entrano così in crisi per prime le professioni che richiedono una vocazione prossima all’abnegazione: il prete, il soldato, il politico. E da queste crisi delle vocazioni individuali discende il viscerale e crescente rifiuto delle società occidentali per le religioni, per la guerra e per la politica. Un rifiuto che, in un mondo scosso dal risveglio di antichi imperi, ci riporta alla condizione infantile, rendendoci di conseguenza inadatti al governo.

“Riappropriarsi della propria libertà” suona bene, purché poi si sappia cosa farne e non ci si trovi infine costretti a consegnarla al primo uomo forte venuto da lontano.

Huffington Post

L'articolo La fuga dalle responsabilità proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Elly Schlein, la prima donna alla guida del PD


Non crediamo mai abbastanza a ciò in cui non crediamo (M. Conte S. 2004) Issato su un albero lo zio Teo (Ciccio Ingrassia) in libera uscita dal manicomio sfugge al controllo dei congiunti e si arrampica su un olmo per ululare “Voglio una donnaaaa!”. Il film era lo splendido “Amarcord” del grande Federico Fellini. Nel […]

L'articolo Elly Schlein, la prima donna alla guida del PD proviene da L'Indro.



Ucraina: Bielorussia tra le braccia della Russia? L’Occidente non può meravigliarsi


La Russia sta preparando una seconda offensiva contro l’Ucraina dalla Bielorussia? Il ruolo della Bielorussia come partner della Russia in questa guerra continua a rimanere nei titoli dei giornali. Ciò che si perde in queste storie è quanto sarebbe stato strano e impossibile solo un paio di anni fa immaginare che la Russia fosse in […]

L'articolo Ucraina: Bielorussia tra le braccia della Russia? L’Occidente non può meravigliarsi proviene da L'Indro.



Sul muro di scudi invocato a Firenze da Azione Studentesca


#AzioneStudentesca a #Firenze è rimasta coinvolta in un piccolo incidente di percorso, con sei militanti (i due terzi degli effettivi, verrebbe da malignare) che hanno fatto il pieno di capi d'accusa per essere venuti alle mani durante un #volantinaggio davanti a un obitoriale #liceo cittadino.
Non avevano calcolato il fatto che ormai ci sono due cellulari per ogni suddito, tutti dotati di fotocamere per lo meno passabili.

Nell'immediato i risultati sono stati la fine dell'agibilità politica -pare che alcuni dei coinvolti abbiano addirittura cambiato scuola, date le attestazioni non proprio di stima ricevute dai compagni- il rinvio di iniziative pianificate da mesi e una manifestazione di segno contrario che ha convogliato in piazza #SantaCroce una ragguardevole quantità di detrattori.
Adesso invocano il muro di scudi.
Contestualizzando la cosa, si capisce che in un'epoca in cui da una parola in su sono cause e querele come se piovesse, ai risultati immediati farà seguito un futuro gramo.
Più che un muro di scudi farà comodo una pila di quattrini.
Che difatti è quello che chiedono, battendo cassa come #punkabbestia qualsiasi.

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La Gran Bretagna e le Guardie della Rivoluzione iraniana


Alireza Akbari, un politico iraniano e un tempo alto ufficiale del famigerato IRGC (Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche) iraniano, è stato vice ministro della Difesa dal 1998 al 2003. Nel 2009 è stato arrestato, accusato di spionaggio per conto della Gran Bretagna, ma è stato rilasciato su cauzione. Si è trasferito in Europa e si […]

L'articolo La Gran Bretagna e le Guardie della Rivoluzione iraniana proviene da L'Indro.



Moldavia: il nuovo governo si aspetta nuove pressioni da Mosca


Il nuovo governo della Moldavia deve affrontare nuove minacce ibride dalla Russia, con gli esperti che temono che una sofisticata campagna di disinformazione venga messa in atto per forzare un altro cambio di potere. La precedente amministrazione, guidata da Natalia Gavrilița e inaugurata nell’agosto 2021, si è dimessa il 10 febbraio. Aveva affrontato molteplici crisi […]

L'articolo Moldavia: il nuovo governo si aspetta nuove pressioni da Mosca proviene da L'Indro.




Grazie al Professor Ruben Razzante per lo spazio dedicato a “La privacy degli ultimi”, edito da Rubbettino, su www.dirittodellinformazione.it. Leggi qui l’intervista.


È tempo che l’Occidente accolga l’Ucraina a casa


Mentre l’invasione su vasta scala della Russia entra nel suo secondo anno, l’Ucraina rimane non conquistata. Il Presidente russo Vladimir Putin sognava di impadronirsi di Kiev in tre giorni e di imporre un regime fantoccio di preesistenti politici filo-Cremlino con zero legittimità all’interno del Paese. Al contrario, la società ucraina è rimasta ribelle ed è […]

L'articolo È tempo che l’Occidente accolga l’Ucraina a casa proviene da L'Indro.



Taiwan: siamo sull’orlo della guerra nel Pacifico?


Mentre il mondo è stato distratto, persino divertito, dalla rissa diplomatica sui recenti voli in mongolfiera della Cina attraverso il Nord America, ci sono segnali che Pechino e Washington si stanno preparando per qualcosa di molto più serio: il conflitto armato su Taiwan. Esaminare i recenti sviluppi nella regione Asia-Pacifico solleva una lezione storica collaudata […]

L'articolo Taiwan: siamo sull’orlo della guerra nel Pacifico? proviene da L'Indro.



Inchieste


Ci sono le premesse perché finisca male. Sentiremo gridare che la giustizia è morta o è stata tradita, perché quella sarà la reazione di un pubblico e di parti processuali che vivono nell’illusione che in tribunale si accerti la verità o, meglio, si valid

Ci sono le premesse perché finisca male. Sentiremo gridare che la giustizia è morta o è stata tradita, perché quella sarà la reazione di un pubblico e di parti processuali che vivono nell’illusione che in tribunale si accerti la verità o, meglio, si validi la verità annunciata anni prima dalla Procura ovvero dagli accusatori. Un’illusione pericolosa, alimentata dalla viltà della politica e dalla pochezza dell’informazione.

La giustizia penale è una cosa, il governo del Paese è tutt’altra. Se per orientare il secondo si attende la prima, si trasformano le sentenze in documenti politici, si ritardano i rimedi e si cancella la responsabilità politica. Accoppiare politica e penale è una bestemmia che inquina la vita pubblica: per supposta responsabilità di un amministratore pubblico sarebbero morte migliaia di persone, il che emerge all’indomani della rielezione dell’amministratore al suo posto; l’ipotesi d’accusa, del resto, si regge su una perizia il cui autore, nel frattempo, è stato eletto parlamentare nello schieramento avversario. Non c’è nulla di normale, in questo.

Come non lo è che il procuratore dica un giorno che non intende rilasciare dichiarazioni nel merito del procedimento, perché «per legge» non può, e il giorno appresso ne parli con tutti, strologando di «verità» e «risposte ai cittadini». Tanto loquace da fare un regalo ai futuri avvocati difensori: «Forse qualcuno sarà prosciolto, altri archiviati. Ma a noi interessa spiegare cosa è successo». Ma se è successo quel che l’accusa presume, come può supporre che la faccenda finisca nel nulla? E se non è successo nei termini che ha illustrato, allora è dubbio il servizio reso alla collettività. Quando il dilemma si chiarirà sentiremo gridare che la giustizia è morta. Diciamo che è stata avvelenata a puntate.

I cittadini dovrebbero essere informati che in tribunale non si porta lo strazio dei morti, proclamando che un colpevole deve pur esserci. Quella è roba da bar. Da Bergamo a Crotone si tratta di accertare se chi doveva decidere avesse le informazioni necessarie, se esistevano procedure da rispettare (riducendosi così la discrezionalità della decisione) e se chi è chiamato a risponderne avesse il potere che comporta la responsabilità. Se porti sul banco degli imputati i sismologi poi vengono assolti, non perché non ci siano stati il terremoto o i morti ma perché l’accusa era campata nell’aria di una verità che era superstizione.

Diverso il discorso sul piano politico perché, siccome gli errori sono evidenti e le conseguenze drammatiche, ci s’interroga su cosa non abbia funzionato e su chi non sia stato all’altezza. Non c’entra niente la responsabilità penale, perché quella – in un senso o nell’altro – arriva a babbo morto e a candidato rieletto. Quindi ci si chiede perché il piano pandemico non ci fosse o perché un avviso di pericolo non abbia fatto scattare il soccorso. E ce lo si chiede senza supporre che si sia voluto contagiare o affogare, ma perché il disastro prescinde dal reato. Quindi si cambia la procedura oppure il decisore, senza che ci voglia nessuna sentenza. Oppure si ritiene che si sia trattato di fatalità e amen. Dopo di che se ne risponde ai cittadini. E non è che per far vedere che vuoi accertare come sono andate le cose devi sempre proporre una commissione parlamentare d’inchiesta, altrimenti ne propongo una sulle commissioni parlamentari d’inchiesta ove si dimostra che non accertano un accidenti.

I politici rispondono ai cittadini, non i magistrati. L’ipotesi che un magistrato risponda al popolo è in sé deviante, come lo è supporre che il consenso elettorale esenti dalla responsabilità penale. Mentre il giornalismo s’è convinto che mettere il microfono sotto la bocca delle persone sia un mestiere. E che metterlo sotto quella di chi non vuole parlare sia un mestiere coraggioso. Con il risultato che si scrive tutti la stessa cosa in omaggio alla “notizia”. No: una cosa è il mattinale di polizia, un’altra il ragionare. Il che comporta responsabilità, ma ha una qualche utilità.

La Ragione

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Giancarlo Elia Valori: un libro per chiarire che cos’è l’intelligenza artificiale


Ne abbiamo già parlato parlato: nell’ultimo libro di Giancarlo Elia Valori ‘Cyberspazio e intelligenza artificiale fra Occidente e Oriente’, l’autore ha ricordato come sia più che mai necessario unire le forze, superando quelle inutili barriere costituite da Stati confessionali, da pregiudizi e ignoranza, con una attenta informazione su benenefici e rischi che possono rappresentare le […]

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WhatsApp commits to comply with EU consumer rules over policy updates


The Meta-owned messaging service agreed on Monday (6 March) to a series of commitments to settle an EU consumer probe over how it pushes out updates to its terms of services.


euractiv.com/section/data-priv…



I consigli dell’ICO ai game designers: alcuni “top tips” per rispettare Children’s code Il 15 febbraio 2023, l’ICO ha pubblicato i “Top Tips” per aiutare i progettisti/sviluppatori di giochi a conformarsi al suo Children’s code (Age appropriate design: a code of practice for online services), entrato in vigore il 2 settembre 2020 e contenente un...


In questa nuova puntata di #Garantismi insieme a Matteo Flora parliamo del report redatto da Human Rights Watch che parla del rastrellamento dei membri della comunità LGBTQA+ in Medio Oriente e Nord Africa, oltre alle intimidazioni e estorsioni basate sui dati, e tanto altro.


“Cybersecurity e Cyberwarfare” per EPC editore è il recente volume uscito che vede come curatori e in parte anche autori Michele Iaselli e Giovanni Caria assieme ad altri esperti di sicurezza informatica e giuristi specializzati nel settore. Gli eventi bellici che coinvolgono direttamente la Russia e l’Ucraina, ma indirettamente l’intero nostro pianeta per le inevitabili...


GERICO. Il brusco risveglio della città che dorme


Già luogo di turismo, relax e investimenti della classe media palestinese, ora brucia come il resto della Cisgiordania occupata L'articolo GERICO. Il brusco risveglio della città che dorme proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/2023/03/06/me

di Michele Giorgio,

Pagine Esteri, 6 marzo 2023 – Muna è una insegnante di scienze. Suo marito Firas è un avvocato con uno studio ben avviato a Gerusalemme. Entrambi originari della Galilea, quattro anni fa, imitando altre coppie della classe media palestinese, hanno investito 150mila dollari nella costruzione di una villa con piscina a Gerico, la prima città della Cisgiordania ad essere proclamata autonoma dopo la firma degli Accordi di Oslo nel 1993. «È una cittadina piacevole, dove l’inverno dura ben poco e si possono trascorrere giorni in completo relax. Mio marito ed io ci veniamo tutte le volte che possiamo», ci dice Muna omettendo un aspetto non secondario della convenienza di possedere una villa a Gerico. Può affittare la sua proprietà a famiglie intere nel fine settimana ricavandone fino a 500 dollari a notte. Girovagando per la città, ci si può rendere conto degli investimenti fatti anche da grosse società in questo settore così redditizio, tra cui il Fondo di investimento palestinese e la Padico Holding Company. Acquistano vasti terreni, li dividono in piccoli appezzamenti e vi costruiscono aree residenziali moderne con ville enormi come la Jericho Gate o la Moon City. Negli ultimi 10 anni a Gerico sono sorte oltre 1200 ville e residenze di lusso.

Da qualche settimana però, quello che sembrava un investimento sicuro e fruttuoso si è improvvisamente rivelato estremamente incerto. La Gerico regina della valle del Giordano, la «città che dorme» meta di gite scolastiche e di turisti in visita ai meravigliosi mosaici del Palazzo di Hisham, un tempo residenza invernale dei califfi omayyadi, e all’antichissimo sito archeologico di Tell es Sultan, è diventata terreno di scontro tra palestinesi armati e forze di occupazione. Da settimane l’esercito israeliano circonda Gerico, i controlli ai posti di blocco sono rigidi, i turisti non arrivano più e i fine settimana in relax della classe media palestinese sono un ricordo. «Siamo indecisi, seguiamo gli sviluppi. Se le cose andranno avanti così saremo costretti a mettere in vendita la nostra villa», prevede Muna.

Certo quanto è accaduto nelle ultime settimane, con cinque palestinesi – pare del movimento islamico Hamas – uccisi dall’esercito israeliano nel campo profughi di Aqbet Jaber alle porte di Gerico e un israeliano ferito mortalmente da raffiche di mira sparate contro la sua auto, non è paragonabile alla situazione critica di Jenin e Nablus, teatro da un anno a questa parte di continue incursioni di reparti militari israeliani con un bilancio elevato di morti e feriti palestinesi, tra cui non pochi civili.

Il fatto che una cellula armata palestinese fosse presente ad Aqbet Jaber è stata una sorpresa per i servizi segreti israeliani e per le forze di sicurezza dell’Autorità Nazionale (Anp) di Abu Mazen. Gerico non è soltanto una piacevole cittadina turistica e archeologica, con buoni ristoranti. È considerata assieme a Ramallah una città dell’Anp, dove hanno sede un’accademia di polizia – in cui hanno tenuto «corsi di formazione» anche carabinieri italiani -, caserme dell’intelligence e l’ateneo Al Istiqlal dove studiano i giovani che vorrebbero diventare funzionari dell’amministrazione di Abu Mazen. A Gerico ci sono anche carceri speciali in cui finiscono gli oppositori politici, del movimento islamico Hamas e della sinistra. Fonti della sicurezza dell’Anp sostengono che Hamas starebbe cercando di mettere in piedi cellule armate come quella di Aqbet Jaber per sfidare le forze fedeli ad Abu Mazen ovunque in Cisgiordania, anche nella sonnolenta Gerico. Uno sviluppo che, secondo alcuni, avrebbe spinto il presidente dell’Anp ad accettare, dopo aver esitato per settimane, il piano del generale americano Mike Fenkel, responsabile per le questioni di sicurezza dell’ambasciata Usa a Tel Aviv, che prevede la costituzione di una forza speciale dell’Anp di 5mila uomini, da addestrare in Giordania, che sarà incaricata di riprendere il controllo di Jenin e Nablus e altri centri dove operano, con il sostegno degli abitanti, i gruppi armati palestinesi che combattono contro l’esercito israeliano. Una decisione, che se sarà confermata ufficialmente, reciderà gli ultimi legami esistenti tra l’Anp e la popolazione palestinese.

L’analista Jamal Zakout non crede che facessero parte di Hamas i cinque palestinesi che sono stati uccisi il mese scorso dai militari israeliani ad Aqbet Jaber. «I proclami fatti dai leader di Hamas dopo l’incursione israeliana non mi convincono. Ho parlato con i miei contatti in quel campo profughi e mi hanno detto che (gli uccisi) erano solo dei giovani non legati ad alcuna organizzazione», spiega Zakout. «Più concretamente – aggiunge – penso che i palestinesi siano infinitamente stanchi dell’occupazione militare ovunque, a Jenin, Nablus e in qualsiasi altro punto della Cisgiordania. E sono stanchi anche della linea debole dell’Anp». In mancanza di una vera leadership politica, prosegue Zakout, «non pochi pensano di prendere le armi e di unirsi a gruppi organizzati o di agire da soli. E se tutto questo è accaduto anche a Gerico, la città che dorme come la descrive qualcuno, allora vuol dire che la misura è colma e che l’occupazione non è più sopportabile, in alcuna forma».

A Gerico le reazioni alla nuova situazione sono diverse. Da un lato ci sono gli abitanti che, come gli altri palestinesi, invocano la fine ad ogni costo dell’occupazione israeliana. Dall’altro ci sono le autorità comunali che nello stop al turismo e al business delle ville vedono un colpo devastante per Gerico e la sua economia. Il sindaco Abdul Karim Sidr in una intervista ha avvertito che i posti di blocco allestiti da Israele «già a febbraio hanno causato danni enormi e hanno rappresentato una punizione collettiva per l’intera città. Sarà un disastro se la città non sarà riaperta completamente». Di sicuro è accantonato il progetto di cui si era parlato lo scorso anno per la riapertura di Oasis, il casinò di Gerico – chiuso all’inizio della seconda Intifada nel 2000 – in cui negli anni Novanta si recavano a giocare migliaia di israeliani ogni settimana garantendo flussi di denaro che alimentavano la corruzione e non finivano nelle casse dell’Anp. Gerico ora non «dorme» più. Pagine Esteri

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PAKISTAN. Attacco suicida, almeno nove soldati morti


Un attentatore lancia una motocicletta con esplosivo contro un autobus nella provincia del Balochistan, uccidendo almeno nove membri di una forza paramilitare. L'articolo PAKISTAN. Attacco suicida, almeno nove soldati morti proviene da Pagine Esteri. ht

BREAKING NEWS |

della redazione –

Pagine Esteri, 6 marzo 2023 – Almeno nove soldati della forza paramilitare del Balochistan Constabulary sono stati uccisi e diversi feriti in un attacco suicida nella provincia del Balochistan, nel sud-ovest del Pakistan.

Un attentatore suicida in sella a una motocicletta ha colpito pullman su cui viaggiavano i militari, di ritorno da una mostra locale durante la quale avevano fornito il servizio di sicurezza previsto. L’autobus è esploso, uccidendo nove militari e ferendone almeno altri 7.

I gruppi armati di etnia beluci hanno combattuto il governo per decenni, accusandolo di sfruttare le ricche risorse minerarie e di gas del Belucistan.

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Sfondato


Eccolo, il buco. Avevamo qui avvertito che l’appuntamento era fissato al primo di marzo e che era proprio in ragione di quella scadenza che il governo aveva (giustamente) affondato il superbonus, cercando di fare in modo che i dati Istat non venissero pre

Eccolo, il buco. Avevamo qui avvertito che l’appuntamento era fissato al primo di marzo e che era proprio in ragione di quella scadenza che il governo aveva (giustamente) affondato il superbonus, cercando di fare in modo che i dati Istat non venissero presi troppo male. Eccolo, il superbuco del superbonus che ha sfondato il deficit: quello 2022 passa da una previsione del 5.6% a una realtà dell’8%. Per giunta la crescita è ritoccata leggermente al ribasso, pur restando significativa: +3.7%. Siccome la ricchezza prodotta non consiste nella maggiore spesa pubblica in deficit e a debito, ma nella capacità di trasformare gli investimenti e il lavoro in maggiore valore di quel che costano, quei quasi due punti e mezzo di deficit in più timbrano come bubbola la favola del contributo del superbonus alla crescita dell’Italia. È stata una tassa pagata da tutti per favorire uno spostamento di ricchezza a favore di molto pochi, per giunta fra i più benestanti.

Avendo anche drogato il mercato, adesso si deve stare attenti alla crisi d’astinenza. Che è la ragione per cui, avvertendo l’imminente sfondamento, proponevamo di puntare sulla direttiva europea relativa agli immobili e preparare incentivi (almeno questa volta razionali e non dilapidatori) di carattere fiscale, quindi non maggiore spesa pubblica, trasformando un mancato gettito odierno nella promessa di un maggiore gettito futuro, ma anche agevolando la messa in circolazione di capitali che valorizzino l’immobile ed evitino di passare dallo schioppare per overdose all’accasciarsi per astinenza.

A questi guasti va aggiunta la notevole spinta all’inflazione, ovvero l’ulteriore danno arrecato ai meno abbienti e ai risparmiatori. Avere finanziato lavori senza badare ai costi ha generato la peggiore inflazione, separata dalla produzione di ricchezza. Il che ci porta a un altro squilibrio e a un’altra ingiustizia, relativa alle pensioni. A partire da oggi prendono corpo gli adeguamenti delle pensioni all’inflazione, anche per quelle di importo superiore a 2100 euro (fin qui sterilizzate). Ma in quest’ultima affermazione ci sono due indicazioni ingannevoli. La prima è comprensibile: l’adeguamento non compensa l’intera inflazione, ma ne recupera una parte. Serve a non perdere “troppo” potere d’acquisto, al tempo stesso cercando di non alimentare l’inflazione che si prova a contrastare. La seconda è nascosta e meramente ideologica: gli adeguamenti vanno da un massimo del 7.3% a un minimo del 2.3%, a seconda dell’ammontare lordo della pensione stessa. Solo che distinguere secondo gli importi crea una potente ingiustizia: c’è chi ha una pensione “bassa”, in realtà molto più alta di quel che consentirebbero i contributi versati (sempre che siano stati versati), e c’è chi ne ha una “alta”, ma finanziata dai contributi, quindi dal risparmio forzoso fatto in una vita di lavoro. Risultato: chi ha rispettato gli obblighi contributivi si vede violato il patto che lo Stato gli impose, mentre chi non ha versato si ritrova avvantaggiato. Il che capita perché si considera solo la categoria “bassa o alta”, senza preoccuparsi dell’altra: “regalata o sudata”.

Dietro questi sfondamenti di bilancio c’è uno sfondamento logico e culturale, che spinge a ripetere sempre gli stessi errori: considerare la “spesa sociale” buona per la sua finalità e come se nessuno dovesse mai pagarne il conto. Invece non è detto che la finalità sia buona (non lo è pagare la ristrutturazione delle case di chi può e deve pagarsela), non è detto che funzioni (se la spesa per l’assistenza dei poveri cresce e crescono anche i poveri ne deduco che è la spesa a generarli, non ad aiutare i veri bisognosi), e non è detto che sia giusta (premiare chi evase o non produsse ricchezza a spese di chi rispettò le regole non è socialità, ma incentivo all’asocialità), e, comunque, qualcuno è chiamato a pagare. Se solo gli elettori lo tenessero in maggior conto non avremmo meno idee diverse sulla scena, ma meno imbonitori e demagoghi in circolazione.

La Ragione

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MEDITERRANEO. Ancora una strage di migranti ma il governo Meloni non cambia politica


Almeno 59 i cadaveri rinvenuti finora sulla costa calabrese, in provincia di Crotone, 80 i superstiti soccorsi, almeno cento i dispersi L'articolo MEDITERRANEO. Ancora una strage di migranti ma il governo Meloni non cambia politica proviene da Pagine Est

di Valeria Cagnazzo

Pagine Esteri, 26 febbraio 2021 – Una nuova strage nel Mediterraneo si è verificata oggi poco prima dell’alba al largo della costa calabrese. Sul fare del giorno, i primi cadaveri sono stati rinvenuti sulla spiaggia turistica di Steccato di Cutro, in provincia di Crotone. Tra questi, anche un lattante di sei mesi. Nelle ore successive, altri cadaveri sono stati restituiti dalle onde di un mare in tempesta, alcuni ritrovati persino sulle rive del catanzarese. Per il momento, il bilancio è di 59 morti (tra cui 14 bambini) e circa 80 sopravvissuti, subito soccorsi e ricoverati in ospedale o portati nei centri di raccolta per migranti.

Sono almeno un centinaio i dispersi che i soccorritori della guardia costiera, dei vigili del fuoco, della polizia e della Croce Rossa Italiana stanno cercando in queste ore.

Secondo le prime ricostruzioni, una piccola imbarcazione, partita dalla Turchia carica di circa 250 migranti provenienti da Afghanistan, Iran e Pakistan, si sarebbe incagliata contro gli scogli della costa di Cutro e ribaltata, probabilmente a causa del mare molto mosso. “E’ qualcosa che nessuno vorrebbe mai vedere”, ha dichiarato il sindaco di Cutro, “Il mare continua a restituire corpi, tra le vittime ci sono donne e bambini”.

Immediate le reazioni da parte del governo, a partire dalla premier Giorgia Meloni che, tuttavia, ha soltanto saputo attaccare i trafficanti, definendo “criminale mettere in mare una imbarcazione lunga appena 20 metri con ben 200 persone a bordo e con previsioni meteo avverse”, senza mettere in discussione le politiche ostruzionistiche che il suo esecutivo attua verso le navi delle Ong impegnate nei salvataggi.

Le Organizzazioni Non Governative impegnate nel soccorso dei migranti nel Mediterraneo hanno, però, reagito all’ennesima strage di migranti in mare attaccando proprio il governo meloniano. Solo pochi giorni fa, infatti, Il decreto sui flussi migratori, il cosiddetto decreto ONG, era diventato legge, dopo l’approvazione definitiva del Senato con 84 voti favorevoli e 61 contrari. Una legge che limita i soccorsi in mare, secondo le ONG, provocando potenzialmente centinaia e migliaia di vittime delle migrazioni nel Mediterraneo.

Secondo la legge, infatti, le navi impegnate nelle operazioni di soccorso in mare non possono effettuare più di un salvataggio alla volta. Dopo aver soccorso i migranti, sono obbligate a richiedere immediatamente l’assegnazione di un porto di sbarco e a raggiungerlo nel più breve tempo possibile. Secondo le ONG, impedire di effettuare più salvataggi sulla stessa rotta riduce in maniera criminale la possibilità di salvare vite umane pur avendone la possibilità. I porti assegnati, inoltre, come dimostrato negli ultimi mesi con l’applicazione del decreto, si trovano spesso nel Centro e nel Nord Italia: ciò determina un inutile dispendio di tempo (oltre che di carburante) prezioso alle navi per tornare in mare e soccorrere altre persone.

In caso di violazione della legge, è prevista una sanzione amministrativa per il comandante della nave che va dai 10.000 ai 50.000 euro e il fermo amministrativo del mezzo per due mesi. In caso di reiterazione della violazione, si applica la confisca della nave. Previste sanzioni che vanno dai 2000 ai 10mila euro al comandante e all’armatore della nave anche se “non forniscono le informazioni richieste dalla competente autorità nazionale per la ricerca e il soccorso in mare o non si uniformano alle indicazioni della medesima autorità”.

La legge per questo, secondo le opposizioni e i soccorritori, attacca direttamente le ONG e la possibilità di svolgere salvataggi nel Mediterraneo. Nel 2022, oltre 100.000 rifugiati sono arrivati in Italia via mare, un numero in aumento negli ultimi anni. La strage del 26 febbraio infiamma di nuovo lo scontro con il governo, che, con le parole di Meloni, non sembra indietreggiare sul fronte migratorio.

“Il Governo è impegnato a impedire le partenze, e con esse il consumarsi di queste tragedie, e continuerà a farlo, anzitutto esigendo il massimo della collaborazione dagli Stati di partenza e di provenienza. Si commenta da sé l’azione di chi oggi specula su questi morti, dopo aver esaltato l’illusione di una immigrazione senza regole”, ha aggiunto, infatti, la Premier sui social. Difficile immaginare come potrà garantire il rispetto dei diritti umani mediando con il governo iraniano o con quello dei talebani affinché i migranti non decidano più di lasciare quei Paesi. Intanto vengono vantati nuovi accordi con Tunisia e Libia, che probabilmente foraggeranno ulteriormente i crimini nei centri di detenzione per i migranti o quelli compiuti dalla guardia costiera nazionale.

Ferma la condanna di Mediterranea Saving Humans:

⚫️ Cresce di ora in ora il numero delle vittime e dei dispersi del naufragio al largo di #Crotone.

Chi, al governo, chiude le frontiere e non apre canali legali e sicuri d'ingresso in #Europa, dovrebbe solo tacere.

Per rispetto. pic.twitter.com/P363tkhpYR

— Mediterranea Saving Humans (@RescueMed) February 26, 2023

E di Medici Senza Frontiere (MSF):

⚫️ While we are stuck in port, avoidable tragedies continue to unfold before our eyes. How many people will have to be sacrificed until #Italy and the #EU guarantee search and rescue operations and support the life-saving work of #NGOs?#TheyWillPay t.co/WVSPC5PHXp

— MSF Sea (@MSF_Sea) February 26, 2023

Il primo fermo amministrativo della legge sui flussi migratori con multa ai danni di una ONG era stato notificato il 23 febbraio scorso proprio ai danni di Medici Senza Frontiere, ONG francese premio Nobel per la Pace. «La Capitaneria di Porto di Ancona ci contesta, alla luce del nuovo decreto, di non aver fornito tutte le informazioni richieste durante l’ultima rotazione che si è conclusa con lo sbarco ad Ancona di 48 naufraghi», aveva comunicato l’ONG. Per questo motivo, la Geo Barents, la nave di soccorso in mare di MSF, “è stata raggiunta da un fermo amministrativo di 20 giorni e una multa da 10 mila euro”. L’ONG aveva prontamente dichiarato che i suoi legali stavano valutando le azioni per contestare la sanzione.

Proseguono, intanto, le ricerche dei dispersi. Secondo il progetto Missing Migrants dell’International Organization of Migrants, dal 2014 a oggi, sono oltre 50.000 i migranti dispersi nel mondo. Di questi, almeno il 60% resta non identificato: di oltre 30.000 persone, cioè, non si riesce a risalire né all’identità né almeno alla nazionalità d’origine.

Tra le rotte delle migrazioni, sempre secondo Missing Migrants, quella che conduce verso l’Europa è la più “mortale”, con più di 29.000 dei 50.000 morti dal 2014 registrati lungo rotte all’interno o verso i confini europei. Le rotte europee sono anche quelle dove si registra il maggior numero di migranti non recuperati, con almeno 16.032 persone disperse o di cui si suppone il decesso in mare. Ciò significa che un migrante su due disperso lungo il viaggio verso l’Europa non viene ritrovato né identificato.

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La Thailandia corre verso le elezioni, tra i soliti militari e voglia di cambiamento


La Thailandia corre verso le elezioni, tra i soliti militari e voglia di cambiamento elezioni Thailandia
Entro maggio la Thailandia andrà a elezioni generali, le seconde dopo il colpo di stato del 2014. L'ex generale golpista Prayut cerca un terzo mandato, ma dovrà vedersela con vecchi alleati e nemici politici.

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In Cina e Asia – La Cina annuncia gli obiettivi per il 2023 


In Cina e Asia – La Cina annuncia gli obiettivi per il 2023 partito-stato
I titoli di oggi:

La Cina annuncia gli obiettivi per il 2023
Due sessioni: nuove leggi per contrastare le sanzioni straniere
Miliardario americano denuncia blocco dei depositi in Cina
Leader dell'opposizione cambogiana condannato per tradimento

Seul e Tokyo firmano nuovo accordo sul lavoro forzato

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in reply to Andrea Russo

Cina fa qualcosa di sinistra, fa qualcosa di sinistra Cina :/


PAKISTAN. Attacco suicida, almeno nove soldati morti


Un attentatore lancia una motocicletta con esplosivo contro un autobus nella provincia del Balochistan, uccidendo almeno nove membri di una forza paramilitare. L'articolo PAKISTAN. Attacco suicida, almeno nove soldati morti proviene da Pagine Esteri. ht

BREAKING NEWS |

della redazione –

Pagine Esteri, 6 marzo 2023 – Almeno nove soldati della forza paramilitare del Balochistan Constabulary sono stati uccisi e diversi feriti in un attacco suicida nella provincia del Balochistan, nel sud-ovest del Pakistan.

Un attentatore suicida in sella a una motocicletta ha colpito pullman su cui viaggiavano i militari, di ritorno da una mostra locale durante la quale avevano fornito il servizio di sicurezza previsto. L’autobus è esploso, uccidendo nove militari e ferendone almeno altri 7.

I gruppi armati di etnia beluci hanno combattuto il governo per decenni, accusandolo di sfruttare le ricche risorse minerarie e di gas del Belucistan.

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La Federal Trade Commission (FTC) vieta al servizio di consulenza psicologica online BetterHelp Inc. di condividere i dati sanitari dei suoi utenti, comprese le informazioni sui problemi di salute mentale, a scopo pubblicitario. La proposta di ordinanza prevede anche che l’azienda paghi 7,8 milioni di dollari di risarcimento agli utenti per aver rivelato i loro...


Monitorare la trasformazione digitale italiana: il caso del reddito di cittadinanza  


Molti governi europei utilizzano sempre di più algoritmi e processi automatizzati per la trasformazione digitale dei servizi pubblici. In questo articolo vi raccontiamo un’esperienza pratica del team di Privacy Network che da anni vuole monitorare l’uso d

Molti governi europei utilizzano sempre di più algoritmi e processi automatizzati per la trasformazione digitale dei servizi pubblici. In questo articolo vi raccontiamo un’esperienza pratica del team di Privacy Network che da anni vuole monitorare l’uso di tecnologie digitali usate per predisporre servizi ai cittadini, in questo caso l’assegnazione di un sussidio statale. Dal 2021...

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