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L’accordo tra Arabia Saudita e Iran mette a nudo l’influenza in declino dell’UE in Medio Oriente


L’ annuncio del ripristino delle relazioni diplomatiche tra Arabia Saudita e Iran, sotto la mediazione cinese, ha messo in luce i limiti dell’influenza dell’Unione Europea in Medio Oriente. Mentre l’UE è stata attenta a evitare di accreditare esplicitamente la Cina, che ha definito il suo “rivale sistemico”, per la svolta, Bruxelles ha dichiarato di essere […]

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L’Ucraina deve fare di più per contrastare la narrazione russa nel Sud del mondo


A più di un anno da quando Vladimir Putin ha lanciato l’invasione su vasta scala dell’Ucraina, la reazione internazionale alla guerra rimane nettamente divisa. Mentre molto è stato fatto dell’unità occidentale a sostegno dell’Ucraina, il resto del mondo è stato in gran parte riluttante ad opporsi o addirittura a condannare la Russia in alcun modo […]

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KENYA. Carbonio insanguinato in nome della lotta al cambiamento climatico


Un nuovo rapporto pubblicato oggi da Survival International rivela le lacune più gravi di un programma di crediti di carbonio che ha visto tra i suoi clienti Meta e Netflix. L'articolo KENYA. Carbonio insanguinato in nome della lotta al cambiamento clima

dalla redazione di Survival International – Comunicato stampa

Pagine Esteri, 16 marzo 2023 – Un nuovo rapporto pubblicato oggi da Survival International rivela le lacune più gravi di un programma di crediti di carbonio che ha visto tra i suoi clienti Meta e Netflix.

Il rapporto si intitola “Blood Carbon: how a carbon offset scheme makes million from Indigenous land in Northern Kenya” (Carbonio insanguinato: un programma di compensazione di carbonio che ricava milioni dalla terra indigena nel nord del Kenya), e analizza il Northern Kenya Grassland Carbon Project, il progetto gestito dall’organizzazione Northern Rangelands Trust (NRT) su un territorio abitato da oltre 100.000 indigeni tra cui i Samburu, i Borana e i Rendille.

Il progetto potrebbe generare intorno ai 300-500 milioni di dollari, e potenzialmente molto di più.

Ecco alcune delle conclusioni del rapporto:

– Il progetto si basa sullo smantellamento dei tradizionali sistemi di pascolo dei popoli indigeni e sulla loro sostituzione con un sistema controllato a livello centrale, più simile all’allevamento commerciale. Impedendo la pratica tradizionale della migrazione durante la siccità, il progetto potrebbe mettere a rischio la sicurezza alimentare dei popoli pastorali locali.

– Ad oggi sono state presentate prove assolutamente non convincenti sul fatto che la NRT abbia informato adeguatamente le comunità sul progetto, per non parlare del fatto che abbia ricevuto il loro Consenso Previo, Libero e Informato. La fornitura di informazioni sul progetto è stata limitata a un numero molto ristretto di persone, e per lo più solo molto tempo dopo l’inizio del progetto stesso.

– Di conseguenza, pochissime persone nell’area hanno una chiara comprensione del programma.

– La base giuridica del progetto solleva problemi e interrogativi molto seri, in particolare sul diritto della NRT di “possedere” e commerciare carbonio proveniente dai terreni interessati.

– Il progetto non presenta argomentazioni credibili sulla sua addizionalità di carbonio, un principio fondamentale per la generazione di crediti di carbonio.

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Donna samburu, Kenya settentrionale. Un membro della sua famiglia è stato ucciso mentre portava al pascolo i suoi animali vicino a una “Area di conservazione” della The Northern Rangelands Trust (NRT); dicono sia stato ucciso dai suoi guardaparco. © Survival

Il rapporto segna il lancio della campagna “Carbonio insanguinato” di Survival International, che denuncia come la vendita di crediti di carbonio dalle Aree Protette potrebbe aumentare enormemente il finanziamento delle violazioni dei diritti umani dei popoli indigeni, senza per altro fare nulla per combattere i cambiamenti climatici.

Il progetto sul carbonio della NRT non soddisfa alcuni dei requisiti fondamentali previsti per i progetti di compensazione di carbonio” ha dichiarato oggi l’autore del rapporto Simon Counsell (ex direttore di Rainforest Foundation UK), “come dimostrare una chiara addizionalità, avere uno scenario di riferimento credibile ed essere in grado di misurare ‘dispersioni’ di carbonio in altri territori. I meccanismi di monitoraggio dell’attuazione e degli impatti del progetto sono fondamentalmente difettosi. È estremamente poco plausibile che i crediti di carbonio venduti dal progetto rappresentino un reale deposito addizionale di carbonio nel suolo dell’area.”

La responsabile della campagna di Survival per Decolonizzare la conservazione, Fiore Longo, ha aggiunto: “Dopo anni di violazioni dei diritti umani compiuti nel nome della cosiddetta ‘conservazione’, oggi le ONG occidentali stanno rubando la terra degli indigeni anche nel nome della ‘mitigazione del clima’. Come dimostra chiaramente questo rapporto, il progetto della NRT si fonda sullo stesso pregiudizio coloniale e razzista che pervade molti grandi progetti di conservazione, ovvero che i popoli indigeni siano responsabili della distruzione dell’ambiente. Ma le prove dimostrano esattamente il contrario: che i popoli indigeni sono i migliori conservazionisti. Questo progetto non è solo un pericoloso greenwashing, è carbonio insanguinato: la NRT sta facendo soldi distruggendo il modo di vivere dei popoli meno responsabili dei cambiamenti climatici”.

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In Fondazione Luigi Einaudi dibattito su norme antimafia e Stato di diritto


“L’inganno. Antimafia. Usi e soprusi dei professionisti del bene”, l’ultimo libro del giornalista Alessandro Barbano, edito da Marsilio, è stato presentato ieri a Roma nella sede della Fondazione Luigi Einaudi. Dopo i saluti istituzionali del presidente d

“L’inganno. Antimafia. Usi e soprusi dei professionisti del bene”, l’ultimo libro del giornalista Alessandro Barbano, edito da Marsilio, è stato presentato ieri a Roma nella sede della Fondazione Luigi Einaudi. Dopo i saluti istituzionali del presidente della Fondazione Giuseppe Benedetto, l’autore del libro e il giurista Giovanni Pellegrino, hanno dato vita a un interessante dibattito moderato dal Segretario generale della Fondazione Luigi Einaudi Andrea Cangini.

“Questo libro denuncia come dentro la filiera della giustizia penale, che attraversa il giudizio di prevenzione e il giudizio ordinario vero e proprio, c’è uno slittamento tra il diritto ordinario liberale, che si fonda sulla colpevolezza, e quindi su un fatto costituente reato, e il diritto del sospetto che si fonda sulla pericolosità, che non ha al centro il fatto ma ha al centro l’uomo, l’attore, il quale non viene colpito perché ha commesso un fatto, ma in quanto «pericoloso»”, ha detto Barbano di fronte a un nutrito pubblico di ospiti. “Non si può essere garantisti solo quando conviene o per quello che ci piace, e dire, ad esempio, ‘io sono per la Costituzione, ma mi piace l’ergastolo ostativo’, perché le due cose non stanno insieme”, ha sottolineato. “Si può accettare che in una fase straordinaria, come ad esempio durante una guerra, ci siano delle garanzie che si riducono per un tempo necessariamente breve, come per altro pensava Falcone nel 1992, ma se invece questa compressione diventa permanente è chiaro che il sistema va in contraddizione. E purtroppo questo slittamento, questa sostituzione del diritto della colpevolezza, che è il diritto delle democrazie liberali, con il diritto della pericolosità, che è un diritto autoritario, illiberale, il diritto dei regimi, è presente. È presente nelle interdittive o nel sistema delle confische, che hanno assunto nel nostro paese una dimensione spaventosa”.

Pellegrino, parlamentare di lungo corso e già presidente della Commissione bicamerale d’inchiesta sulle stragi, sul tema ha osservato: “Il libro di Barbano è un libro coraggioso perché dice alcune scomode verità, e nutre di una casistica fitta di quello che indubbiamente deve essere considerato un risultato che ripugna a comuni sentimenti di giustizia, cioè il fatto che una persona assolta in giudicato dall’accusa di essere mafiosa, o anche soltanto concorrente esterna con la mafia, possa vedere la propria vita distrutta, e il proprio patrimonio azzerato, dalla applicazione di misure di prevenzione antimafia”. Urge una riflessione in merito, ha detto Pellegrino, “ed è necessaria una correzione del sistema che eviti questo iato che c’è tra misure di prevenzione e giudizio di merito”. E ha poi aggiunto: “Non arriveremo a questo risultato se non usciamo dal clima dello scontro tra tifoserie che da sempre caratterizza il dibattito sulla giustizia”.

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Venerdì 17 marzo, dalle ore 10.00, interverrò al webinar “Intelligenza artificiale e dintorni” organizzato da Cyberacademy. Con Luisa Di Giacomo parleremo di ChatGPT, Replika e molto altro. Per info clicca qui.


CISGIORDANIA. Lo sciopero degli insegnanti palestinesi fa tremare l’Anp


Gli insegnanti palestinesi in mobilitazione da inizio anno contro salari da fame (quando arrivano). Ma la protesta è molto più ampia: la gente è stanca del governo di Ramallah L'articolo CISGIORDANIA. Lo sciopero degli insegnanti palestinesi fa tremare l

di Michele Giorgio

Pagine Esteri, 16 marzo 2023 – Il freddo e la pioggia caduta copiosa in questi ultimi due giorni li hanno frenati dal tenere nuove proteste di massa. Sono però pronti a tornare nelle strade di Ramallah per far valere i loro diritti. Lunedì migliaia di insegnanti, dopo aver aggirato i blocchi stradali allestiti dalla polizia dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) all’uscita di Ubaidiya, Surda, Al Bireh e Tulkarem, hanno raggiunto Ramallah e si sono radunati davanti alla sede del Consiglio dei ministri costringendo il ministro dell’istruzione, Marwan Awartani, ad incontrarli, per la prima volta, da quando all’inizio dell’anno è scattato nella scuola pubblica lo sciopero più lungo e partecipato degli ultimi anni per ottenere finalmente un aumento dei salari. Awartani si è limitato ad assicurare che il governo farà la sua parte. Più di tutto ha esortato gli insegnanti a riprendere immediatamente il lavoro.

«Non abbiamo scelta, continueremo lo sciopero nonostante le minacce (del governo), siamo alla fame, il nostro stipendio basta per dieci giorni e non ci arriva neanche tutto il più delle volte», ci dice Sumaya H, insegnante di arabo in una scuola superiore. Anche lei ha partecipato al grande sit in di lunedì scorso. «Quelli (i ministri) ci accusano di danneggiare i ragazzi palestinesi, di sottrarci al dovere dell’insegnamento. Ma come fanno a non capire che stiano crollando e che anche noi siamo dei genitori e abbiamo delle famiglie da mandare avanti. Piuttosto il governo trovi i fondi necessari per mantenere le promesse che ha fatto. Si impegni a combattere la corruzione e lo spreco di fondi perché anche gli insegnanti hanno diritto a una vita dignitosa», aggiunge Sumaya replicando indirettamente alle parole del primo ministro Muhammad Shttayeh che all’ultima seduta del Consiglio dei ministri ha affermato che il governo «Qualche giorno fa ha firmato degli accordi con i sindacati… Gli insegnanti chiedevano che il bonus fosse fissato in busta paga e il Consiglio dei ministri ha acconsentito. Ed è andato anche oltre pagando il 5 per cento sullo stipendio del mese in corso e fissando il restante 10 per cento nella busta paga successiva». Quindi ha aggiunto che solo un «piccolo gruppo di insegnanti» si ostinerebbe a voler continuare lo sciopero. Dopo le sue parole il TAR dell’Anp ha ordinato il rientro nelle aule ma solo pochi docenti hanno rispettato il provvedimento.

Le cose non stanno come le racconta il governo, dicono i leader dello sciopero. La protesta, assicurano, coinvolge buona parte degli insegnanti delle scuole pubbliche. E comunque a guidare le rivendicazioni non è l’Unione generale degli insegnanti, il sindacato ufficiale, ma il Movimento unito degli insegnanti (Mui), indipendente e sorto con il proposito di tenersi a distanza dalle politiche e dalle decisioni delle autorità che non si renderebbero conto della gravità della condizioni degli insegnanti. Omar Assaf, uno dei rappresentanti del Mui, avverte che le assicurazioni del governo non sono concrete perché l’accordo raggiunto con il sindacato ufficiale sarà attuato solo se lo permetterà la situazione delle casse pubbliche. Tenendo conto della mancanza di fondi, dovuta anche ai tagli che Israele attua ormai con regolarità ai 150-200 milioni di dollari – dazi doganali e tasse – che raccoglie ogni mese ai valichi per conto dell’Anp (Accordi di Oslo 1993-4), la possibilità che le intese possano essere rispettate è a dir poco ridotta.

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Ahmad T., 44 anni, insegna scienze a Hebron e descrive la frustrazione sua e dei colleghi. «Insegnare, trasmettere il sapere non è solo un dovere per me, è soprattutto un piacere» dice. «Quando sono entrato in un’aula per la prima volta e mi sono seduto di fronte agli studenti, ho pensato di aver raggiunto il traguardo che volevo. Non è andata come credevo da giovane» racconta. Aggiunge di «non aver mai pensato di diventare benestante facendo l’insegnante» ma neanche «di finire in miseria e di essere poi accusato di non rispettare il diritto all’istruzione di bambini e ragazzi». In media un insegnante del ministro dell’istruzione dell’Anp riceve mensilmente in busta paga tra 2000 e 3000 shekel (tra 500 e 700 euro), una retribuzione del tutto inadeguata a coprire il costo reale della vita nei Territori palestinesi occupati. E quei pochi che percepiscono di più comunque non guadagnano abbastanza per una vita dignitosa. «I miei colleghi ed io – spiega Ahmad – facciamo altri lavori, diversi dall’insegnamento, per sopravvivere. Un tempo ci aiutavamo le ripetizioni private, ora però le famiglie non hanno abbastanza soldi. Nessun ha più soldi, specie se lavori per l’Anp».

Il governo Shttayeh si giustifica sottolineando i tagli di Israele ai fondi palestinesi e il calo delle donazioni arabe e internazionali all’Anp. Problemi reali che tuttavia convincono solo in parte la massa dei dipendenti pubblici. «Credo che la questione sia molto più ampia e che vada ben oltre lo sciopero degli insegnanti che prosegue da settimane. È un questione di consenso all’Anp che si sta sgretolando. Le rivendicazioni salariali si aggiungono alla profonda delusione per il ruolo dell’Anp che non ha realizzato alcuna delle aspirazioni palestinesi nei trent’anni passato dagli Accordi di Oslo» ci spiega il giornalista Nasser Atta. «Non è che gli insegnanti – prosegue – e tutti gli altri palestinesi non siano consapevoli delle politiche di Israele e della precarietà finanziaria del governo. Però si domandano cosa abbia fatto l’Anp per evitare tutto questo».
Tanti palestinesi ora guardano alle Forze di sicurezza che ricevono oltre il 30% del budget dell’Anp ed inoltre cooperano con l’intelligence israeliana. L’istruzione pubblica arriva appena al 10%.

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Stacia Datskovska (USA) non ama Firenze



Una giovane yankee aspirante gazzettiera di nome Stacia Datskovska scrive di non essersi trovata bene a "studiare" a Firenze.
Le giovani yankee in città sono note da molti anni per la loro cultura da rotocalco, la loro spiccata predilezione per gli alcolici e i loro discutibili costumi.
Un loro giudizio negativo, di conseguenza, non scuote gli animi più di tanto.
Amanda Knox che le ricorda come studiare nella penisola italiana sia "fantastico" ha invece ragione da vendere: l'impunità di cui gli yankee godono nello stato che la occupa permette loro di attraversare senza scosse anche un processo per reati di rara efferatezza traendone persino una qualche notorietà.


In Cina e Asia – Xi propone la Global Civilization Initiative


In Cina e Asia – Xi propone la Global Civilization Initiative cina
Xi propone la Global Civilization Initiative Arrestato negli Usa Guo Wengui L’autosufficienza tecnologica cinese parte dall’industria automobilistica La Cina nel mirino della stretta Ue sull’export di tecnologia sensibile Addio a Jiang Yanyong: denunciò la Sars e i massacri di Tiananmen La Commissione Trilaterale definisce il 2023 l’anno del nuovo ordine mondiale Xi propone la Global Civilization Initiative Global Civilization ...

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Schiantato dal debito, lo Sri Lanka attende l’FMI


Ad un anno dal default, la popolazione dello Sri Lanka continua a soffrire per la scarsità di cibo, medicine e lavoro. I sindacati scioperano contro le "riforme" imposte dal Fmi per concedere gli aiuti L'articolo Schiantato dal debito, lo Sri Lanka atten

di Marco Santopadre*

Pagine Esteri, 16 marzo 2023 – Ieri un nuovo sciopero ha paralizzato alcuni servizi per protestare contro il forte aumento della pressione fiscale, deciso dal governo di Colombo per soddisfare le condizioni poste dal Fondo Monetario Internazionale per concedere allo Sri Lanka un pacchetto di aiuti da 2,9 miliardi di dollari. L’astensione dal lavoro ha causato l’interruzione del trasporto pubblico, la chiusura di alcuni reparti ospedalieri e la cancellazione dei previsti esami scolastici.

Tra scioperi e repressione
Le proteste nel mondo del lavoro continuano nonostante un esplicito divieto, varato a fine febbraio dal presidente Ranil Wickremesinghe, che ha più volte minacciato di licenziamento in tronco gli scioperanti, dichiarando “essenziali” i servizi legati ai porti, agli aeroporti e al trasporto dei passeggeri.
I sindacati, però, hanno ribadito che la mobilitazione proseguirà. Oltre ai dipendenti della sanità, dei trasporti e della scuola hanno protestato anche le organizzazioni dei liberi professionisti.
Ad un altro sciopero di 24 ore organizzato il primo marzo hanno invece aderito soprattutto i sindacati delle società elettriche (Ceylon Electricity Board) e petrolifere (Ceylon Petroleum Corporation), delle imprese che garantiscono l’approvvigionamento idrico, dei servizi postali, oltre a quelli della scuola e del sistema sanitario pubblico. Anche molti docenti universitari e dipendenti delle banche pubbliche hanno protestato contro l’aumento delle tariffe elettriche e delle tasse sul reddito, imposto dal FMI in cambio della concessione del prestito al governo srilankese. In quell’occasione 9000 lavoratori del porto di Colombo avevano bloccato le operazioni di carico e scarico.

Agli scioperi e alle manifestazioni il governo risponde con la repressione e gli arresti di militanti e leader sindacali e studenteschi. Contro i manifestanti – afferma un rapporto intitolato “Lacrimogeni. Le lacrime di 20 milioni” – nell’ultimo anni, in particolare tra la primavera e l’estate del 2022 – le forze di sicurezza hanno sparato finora 6000 cartucce, il triplo di quelle utilizzate nei dieci anni precedenti. Come se non bastasse, polizia ed esercito hanno utilizzato spesso lacrimogeni scaduti anche da venti anni, provocando la morte di alcuni manifestanti a causa delle complicazioni respiratorie provocate.

Altri scioperi e proteste seguiranno, ma difficilmente avranno la meglio su un governo determinato a portare avanti le “riforme” imposte dall’istituzione finanziaria internazionale controllata da Washington per erogare al paese un credito considerato fondamentale per uscire da una crisi economica che ha messo in ginocchio lo stato insulare asiatico.

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Il default e la cacciata del presidente
Lo scorso anno il governo dello Sri Lanka ha dovuto dichiarare default– il primo paese asiatico in venti anni – dopo che non è stato in grado di pagare i 78 milioni di dollari di interessi sul debito pubblico scaduti il 18 aprile.
A causa della chiusura dei principali canali di credito privato e internazionale, l’economia del paese è crollata, e il paese ha dovuto chiedere l’assistenza alimentare ai vicini, mentre le scuole sono state chiuse e le centrali elettriche, a corto di carburante, hanno sospeso l’erogazione dell’elettricità anche per 13 ore al giorno.
Il 9 luglio del 2022, dopo un’ondata di prolungate e violente proteste popolari, migliaia di manifestanti hanno preso d’assalto il palazzo presidenziale costringendo alla fuga il presidente Gotabaya Rajapaksa, che si è rifugiato alle Maldive per poi rassegnare le dimissioni. Il suo incarico è stato assunto, ad interim, dal primo ministro Ranil Wickremesinghe, di cui pure la folla reclamava le dimissioni, che dopo alcuni giorni di caos ha ordinato alle forze di sicurezza di ristabilire l’ordine.

“Buone notizie”
Ora, il governo attende con ansia di sapere se l’FMI gli concederà effettivamente il prestito che potrebbe dare una boccata d’ossigeno alle esangui casse dello Sri Lanka.
Il 7 marzo il sottosegretario alle finanze Shehan Semasinghe ha affermato che il paese starebbe per ricevere «notizie molto positive». «Il programma dell’Fmi è essenziale per noi, e lo Sri Lanka ha lavorato molto duramente sin da settembre per ottenerlo» ha affermato il membro del governo di Colombo.
«I nostri problemi non possono essere risolti con 2,9 miliardi di dollari, ma per noi è molto importante che il FMI riconosca che la nostra economia è ora sulla strada giusta» ha invece commentato il portavoce dell’esecutivo Bandula Gunawardana.

A generare ottimismo sarebbe il fatto che, secondo una fonte governativa citata da “Channel News Asia”, la Export-Import Bank of China (EximBank) – uno dei principali creditori internazionali dello Sri Lanka – avrebbe scritto al Fondo sostenendo il programma di ristrutturazione del debito del Paese. Ma allo stato si tratta di indiscrezioni.
Stando ad una lettera diffusa da “Channel News Asia” e attribuita a EximBank, Pechino avrebbe promesso a Colombo «un’estensione del debito da restituire nel 2022 e nel 2023 come misura d’emergenza immediata (…) che esonera lo Sri Lanka dal rimborso del capitale e degli interessi maturati sui prestiti dell’istituto».
Un passo positivo per il governo srilankese, che però si aspettava di più e di meglio, hanno commentato alcuni funzionari, mentre l’inviata di Washington nello Sri Lanka, Julie Chung, ha accusato Pechino di impedire al paese di accedere al salvataggio del FMI.

Tra USA e Cina
Lo Sri Lanka è da tempo terreno di competizione tra le diverse potenze asiatiche e gli Stati Uniti. Negli ultimi dieci anni, in particolare, la Cina ha concesso a Colombo prestiti agevolati per cinque miliardi (che hanno contribuito ad aggravare la crisi del debito), allo scopo di finanziare la costruzione di autostrade, porti e altre infrastrutture utili soprattutto agli interessi di Pechino. Il progetto più rilevante è quello della “zona economica speciale” prevista nel porto della capitale, inserito all’interno della Belt and Road Initiative o Nuova Via della Seta.
A gennaio, il ministero degli Esteri di Pechino aveva riferito che la EximBank aveva offerto allo Sri Lanka una moratoria di due anni sul debito pubblico del paese, in modo da garantirgli la concessione del prestito da parte del FMI. «La Cina percepisce le difficoltà e le problematiche affrontate dallo Sri Lanka e ha assistito lo sviluppo socioeconomico del Paese nel miglior modo possibile» avevo affermato il dicastero in una nota. La Cina e l’India sono i principali creditori di Colombo, seguite dal Giappone. In particolare, la Export-Import Bank of China e la China Development Bank detengono rispettivamente 4,3 miliardi e tre miliardi di dollari del debito srilankese, arrivato nel 2022 a quota 51 miliardi di dollari.

La decisione dell’istituzione finanziaria guidata dalla bulgara Kristalina Georgieva sulla concessione del tanto agognato prestito potrebbe arrivare il prossimo 20 marzo. Intanto Colombo sta trattando con l’India l’estensione per un altro anno di una linea di credito da un miliardo, in scadenza il 17 marzo. Per ora lo Sri Lanka può permettersi importazioni molto limitate, pagate utilizzando i proventi delle scarse esportazioni, le rimesse in valuta estera degli emigrati e le entrate di un turismo in crisi dopo il lungo stop imposto dalla pandemia di Covid19.
Nell’aprile del 2022 le riserve accessibili di valuta estera dello Sri Lanka hanno toccato il minimo record di 20 milioni di dollari, per risalire ora a circa 700 milioni. Ufficialmente, le riserve totali ammontano a 2,1 miliardi di dollari, che però includono 1,4 miliardi di un accordo di swap valutario con la Banca popolare cinese, attualmente inaccessibili a causa di una serie di condizioni restrittive.

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Il presidente cinese Xi Jinping insieme all’ex presidente srilankese Mahinda Rajapaksa

La popolazione allo stremo
Secondo il governatore della Banca Centrale, Nandalal Weerasinghe, l’economia del paese si starebbe lentamente riprendendo; la rupia si è leggermente rivalutata e l’aumento dei prezzi sembra stia rallentando.
Ma dopo anni di crisi economica e di misure di austerity la popolazione è allo stremo. E comunque a febbraio l’inflazione su base annua ha toccato quota 55%. Secondo le ultime previsioni del South Asia Economic Focus, il Pil dello Sri Lanka dovrebbe diminuire quest’anno del 4,2%, dopo il crollo dell’8% registrato nel 2022.
Ad un anno dalla dichiarazione del default la mancanza di cibo, medicine e carburante continuano a rendere la vita estremamente difficile a milioni di persone.
Un’indagine realizzata da Save the Children denuncia che dal giugno al dicembre del 2022 i nuclei familiari non più in grado di assicurare un approvvigionamento sufficiente di cibo e medicine sono aumentati del 23%. Il 27% delle persone, inoltre, salta i pasti per garantire una quota sufficiente di cibo ai propri figli. L’indagine ha rilevato che il 70% delle famiglie ha perso tutte o la maggior parte delle proprie fonti di reddito, e che più della metà delle famiglie (54%) ora trae il proprio reddito familiare principale da lavori stagionali e irregolari.

La spada di damocle del FMI
Anche la concessione del prestito del FMI, però, potrebbe avere pesanti ripercussioni sulle condizioni di vita e sull’economia del paese provato dalla crisi più grave dal 1948, anno dell’indipendenza.
Per ottemperare alle richieste dell’istituzione, infatti, il governo di Wickremesinghe ha imposto forti aumenti delle tasse, ha cancellato i sussidi finora concessi sull’acquisto di benzina ed elettricità ed ha pianificato la vendita di numerose imprese statali, molte delle quali in perdita a causa della mala gestione e della corruzione. Molte di queste imprese pubbliche privatizzate, ovviamente, finiranno nelle mani di grandi gruppi stranieri.
Lo scorso 16 febbraio, anche in questo caso su “suggerimento” del FMI, il Ceylon Electricity Board ha aumentato i prezzi dell’energia elettrica del 66%, dopo che già lo scorso anno le bollette erano improvvisamente lievitate del 75%. La mossa ha scatenato massicce e trasversali proteste – una petizione contraria ha raccolto in pochi giorni 7 milioni di firme – e ha contribuito a mandare sul lastrico decine di migliaia di famiglie già provate dall’aumento generalizzato dei prezzi causato dalla speculazione e dall’aumento dei prodotti provenienti dall’estero.

Ma il presidente ha più volte ribadito che è intenzionato a reprimere con forza ogni protesta che miri a far deragliare le “riforme” adottate per riportare la stabilità economica in Sri Lanka. – Pagine Esteri

5971326* Marco Santopadre, giornalista e scrittore, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria.

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Il Parlamento Europeo ha adottato la sua posizione negoziale sul Data Act. Questa normativa mira a stabilire norme UE sulla condivisione dei dati generati dall’uso di prodotti connessi o servizi affini (ad esempio “l’internet delle cose” e le macchine industriali) al fine di garantire un’equità dei contratti di condivisione dei dati. Il testo è stato...


Libera informazione nel mirino del ‘nuovo’ potere


Non crediamo mai abbastanza a ciò in cui non crediamo (M. Conte S. 2004) La stampa, i media, i social costituiscono, almeno dalla storia moderna, l’argine che si frappone tra l’uso del potere politico e l’opinione pubblica. Fin quando il rapporto tra governanti e governati accoglie al proprio interno la condizione ineludibile della critica a mezzo stampa […]

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Austrian DSB: Meta Tracking Tools Illegal


DSB austriaco: gli strumenti di meta-tracciamento sono illegali L'Autorità austriaca per la protezione dei dati (DSB) ha deciso che l'uso del pixel di tracciamento di Facebook viola direttamente il GDPR e la cosiddetta decisione "Schrems II" sui flussi di dati tra FB Pixel


noyb.eu/en/austrian-dsb-meta-t…



Meloni – Schlein: due donne sì, ma agli antipodi


La gran parte della stampa, da quando abbiamo questo nuovo governo diretto dalla signora Giorgia Meloni e da quando è stata eletta segretaria del Partito Democratico la signora Elly Schlein, la gran parte della stampa, dico, ricorda e ribadisce e ripete che tra i due tra le due persone ci sono molti punti in comune. […]

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Twitter Vs Mastodon

@Che succede nel Fediverso?

Ho pubblicato questo grafico su Twitter (fino a 95.000 follower) e Mastodon (con 1/10 di follower).
Ho ricevuto il doppio dei like/boost su Mastodon. Su Twitter ho ricevuto dozzine di brutte risposte da negazionisti del clima e troll. Su Mastodon ho ricevuto domande educate e interessanti.


Post by @Peter Gleick


Twitter vs. Mastodon
I posted this graph on Twitter (to 95,000 followers) & Mastodon (with 1/10th the followers).
I got double the likes/boosts on Mastodon. On Twitter I got dozens of ugly replies from climate deniers & trolls. On Mastodon I got polite & interesting questions.

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in reply to Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂

C'è anche da dire che su Twitter conta il numero di interazioni (indipendentemente dal "tipo") mentre su Mastodon o in generale nel fediverso, grazie anche al fatto che si parte "da zero", ogniuno si crea la sua bolla come vuole

Sono sicuro che, da qualche parte, esistano istanze piene di complottisti che se la suonano e se la cantano

in reply to quasimagia

@quasimagia

> Sono sicuro che, da qualche parte, esistano istanze piene di complottisti che se la suonano e se la cantano

Ci sono molte istanze pleroma e peertube (ce n'è anche una italiana) fatte proprio per i complottisti. Al di là del fatto che sono praticamente defederate da tutto il fediverso italiano, è interessante vedere di cosa si "discute": in pratica sembrano una camera degli orrori in cui ognuno URLAAAA la propria verità, non ci si fila l'uno con l'altro e ognuno si spalma con le proprie feci per liberare la propria espressività... Un cazzo di inferno, insomma.

Tutta quella bellissima gente è così, è sempre stata così: non è fatta per socializzare, ma solo per aggregarsi quando trova qualcuno che URLAAAA più forte. I socialproprietari, con i loro algoritmi di aggregazione, aiutano queste persone a ritrovarsi sotto alcuni loro "influencer", anche se il massimo si esprime nei canali Telegram, in cui c'è uno che spara grosse flatulenze e gli altri si rotolano eccitati mentre le annusano.

Il fediverso invece è dispersivo, ostico, ti rende invisibile by default se non interagisci e non ti consente di trovare facilmente le persone che vorresti offendere e molestare: in pratica è disegnato malissimo per questo tipo utenza.



I dispositivi FlipperZero vengono sequestrati dall'agenzia delle telecomunicazioni brasiliana

@Pirati Europei

L'ente regolatore nazionale delle telecomunicazioni Anatelha contrassegnato il Flipper Zero come un dispositivo che serve a scopi illeciti o facilita un crimine o un illecito. Come con altri dispositivi che emettono radiofrequenze, quando il Flipper Zero viene spedito nel Paese, l'ufficio postale nazionale intercetta e reindirizza il dispositivo ad Anatel per la certificazione. Anatel ha quindi deciso di non certificare l'apparecchiatura e di conseguenza sequestrarla, impedendo al Flipper Zero di procedere verso la sua destinazione finale

Il post di EFF continua qui

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Silicon Valley Bank al collasso? Tutta colpa di Donald Trump


Ci sono due punti chiave che le persone dovrebbero riconoscere riguardo alla decisione di garantire tutti i depositi presso la Silicon Valley Bank (SVB): 1) È stato un salvataggio, 2) Donald Trump era il responsabile. Il primo punto è semplice. È stata data una garanzia governativa di grande valore a persone che non l’avevano pagata. […]

L'articolo Silicon Valley Bank al collasso? Tutta colpa di Donald Trump proviene da L'Indro.




È stato pubblicato l’elenco di 399 interventi di edilizia scolastica indicati dalle Regioni e finanziati con circa 936 mln di risorse nell’ambito del #PNRR, che Comuni e Province potranno immediatamente attuare.
#pnrr

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Stefano Galieni*   Pensarci a freddo è impossibile. Non passa quasi giorno che dal mare calabrese, da quella spiaggia bella, da quel mare turchese


Elettronica per il jet del futuro. Ecco l’accordo siglato in Giappone


Un accordo industriale permanente per l’elettronica della Difesa. È questo il cuore dell’accordo siglato nel corso di Dsei Japan, la principale manifestazione dedicata al settore della Difesa integrato del Giappone, che si terrà a Chiba, vicino Tokyo, fin

Un accordo industriale permanente per l’elettronica della Difesa. È questo il cuore dell’accordo siglato nel corso di Dsei Japan, la principale manifestazione dedicata al settore della Difesa integrato del Giappone, che si terrà a Chiba, vicino Tokyo, fino al 17 marzo. Le società Mitsubishi Electric in rappresentanza del Giappone, Leonardo UK per il Regno Unito e Leonardo ed Elettronica per l’Italia, rafforzeranno le loro relazioni e valuteranno adeguati modelli operativi, in vista della fase successiva dello sviluppo della prossima fase del sistema aereo di combattimento di sesta generazione, il Global combat air programme (Gcap), che il nostro Paese realizza insieme a Londra e Tokyo. Nel corso dell’evento, tra l’altro, nella giornata di giovedì è previsto il vertice tra i ministri della Difesa italiano, britannico e giapponese Guido Crosetto, Ben Wallace e Yasukazu Hamada per discutere i prossimi passi verso lo sviluppo congiunto del Gcap.

Il caccia di sesta generazione

All’evento giapponese sono presenti tutte le principali aziende responsabili del progetto Gcap, dalla nipponica Mitsubishi Heavy Industries e la britannica BAE Systems, al consorzio italiano composto Avio Aero, Elettronica, Mbda Italia e Leonardo. Il progetto del Gcap prevede lo sviluppo di un sistema di combattimento aereo integrato, nel quale la piattaforma principale, l’aereo più propriamente inteso, provvisto di pilota umano, è al centro di una rete di velivoli a pilotaggio remoto con ruoli e compiti diversi, dalla ricognizione, al sostegno al combattimento, controllati dal nodo centrale e inseriti in un ecosistema capace di moltiplicare l’efficacia del sistema stesso. L’intero pacchetto capacitivo è poi inserito all’intero nella dimensione all-domain, in grado cioè di comunicare efficacemente e in tempo reale con gli altri dispositivi militari di terra, mare, aria, spazio e cyber. Questa integrazione consentirà al Gcap di essere fin dalla sua concezione progettato per coordinarsi con tutti gli altri assetti militari schierabili, consentendo ai decisori di possedere un’immagine completa e costantemente aggiornata dell’area di operazioni, con un effetto moltiplicatore delle capacità di analisi dello scenario e sulle opzioni decisionali in risposta al mutare degli eventi.

La sfida della nuova elettronica avanzata

Nel dettaglio, l’accordo prevede una collaborazione sullo sviluppo del sistema di elettronica avanzata che verrà implementato a bordo della piattaforma Gcap, l’Integrated sensing and non kinetic effects & integrated communication system (Isanke & Ics). Si tratta di una vera e propria rete di sistemi interconnessi in grado di conferire al velivolo capacità superiori in termini di capacità informative e di auto-protezione. La componente Isanke & Ics porterà a bordo del Gcap anche la sensoristica di sesta generazione, introducendo una capacità di sensing, fusione dell’informazione e auto-protezione completamente integrata. In questo modo, la sensoristica sarà in grado di operare in una rete composta da velivoli con e senza equipaggio e come parte di un sistema di sistemi più ampio e multi-dominio per ciascuna nazione. Infine, grazie alla nuova elettronica, sarà possibile per Italia, Giappone e Regno Unito interagire all’interno di operazioni congiunte.

I termini dell’accordo

L’accordo riflette la volontà dei partner di avviare la costruzione di una piattaforma di collaborazione permanente per il conseguimento di un vero e proprio programma tri-nazionale completamente integrato. Questo rende necessario mettere in pratica un approccio che soddisfi le ambizioni di ciascun Paese, in uno spirito di partnership paritaria, e che, al contempo, permetta di rispettare le tempistiche, raggiungendo l’obiettivo del Gcap entro il 2035. A tal fine, sarà utile per le aziende coinvolte attingere alle precedenti esperienze di collaborazione internazionali.

Collaborazioni già avviate

Non è la prima volta, infatti, che le società partner nel Gcap si trovano ad interagire tra loro. Ad esempio, Mitsubishi Electric ha svolto un ruolo chiave nel programma giapponese F-2. In Leonardo, in qualità di partner nel programma Eurofighter Typhoon, sia il team italiano sia quello britannico lavorano al radar a scansione elettronica. Leonardo ed Elettronica, poi, collaborano sul sottosistema di difesa del Typhoon. Leonardo UK e Mitsubishi Electric, invece, lavorano insieme dal 2018 al progetto anglo-giapponese di tecnologia radar Jaguar.


formiche.net/2023/03/elettroni…



Messinscena


Si corre il rischio di far sembrare svegli i soldati giapponesi che, anni dopo la fine del conflitto mondiale, credevano fosse ancora in corso. Il milite nipponico aveva, almeno, l’attenuante dell’isolamento. Mentre qui è tutto un succedersi di spie lumin

Si corre il rischio di far sembrare svegli i soldati giapponesi che, anni dopo la fine del conflitto mondiale, credevano fosse ancora in corso. Il milite nipponico aveva, almeno, l’attenuante dell’isolamento. Mentre qui è tutto un succedersi di spie luminose accese, avvisi orali e scritti, consigli pubblici e privati, siamo giunti al punto che ci si offra di venire a spiegare quel che, all’evidenza, non s’è capito. Eppure tutti sanno che sarà fatto: la riforma del Meccanismo europeo di stabilità deve essere ratificata. Specie ora che una brezza tesa ha scarruffato il crine bancario.

Un anno fa avevamo usato questo stesso titolo: messinscena. Ci ripetiamo, chiedendo ai politici di professione: non sarebbe stato meglio per voi, specie per la destra che ora governa, se la scontata approvazione l’aveste messa in conto alla maggioranza del governo Draghi? Tanto più che era ampia al punto da consentire a qualche giapponese di passare la sua giornata nella giungla. Ora vi tocca deglutire il rospo in esclusiva. Che poi non è affatto un rospo, il che esclude riusciate a trasformarlo in principe. Direte che è diverso e che cambierà, “come se fosse antani”. Vabbè, sbrigatevi. Perché ci sono conseguenze negative rilevanti.

Intanto è umiliante che il ministro dell’economia debba rispondere ai colleghi: scusate, ma è di competenza parlamentare. Come se in Parlamento la maggioranza non l’avesse il governo o come se quella maggioranza fosse pronta a tradire il governo. Ed è imbarazzante che dai vertici del Mes gli rispondano: se non riuscite a spiegare voi a cosa serve, non preoccupatevi, veniamo a farlo noi. Manca solo aggiungano: con un disegnino.

Il che si riflette sulla discussione relativa alla modifica del Patto di stabilità, per noi fondamentale e che presenta luci ed ombre. Fuori dall’Italia nessuno crede che noi si possa non ratificare la riforma del Mes, ma se si continua a perdere tempo quell’increscioso traccheggio potrà essere utilizzato per dire: nessuno ha voluto isolare l’Italia, sono gli italiani che hanno deciso di isolarsi.

Sulla riforma del mercato elettrico il governo Meloni ha tenuto ferma la posizione di quello Draghi, chiedendo il disaccoppiamento del prezzo dell’energia elettrica da quello del gas, cui si legano altre conseguenze. Ovvio che si tratta di un mercato su cui volano numerosi interessi. Una cosa non basta dirla o chiederla, per poi lamentarne il rigetto, si devono costruire le alleanze. Per noi preziosa quella della Francia. Allearsi non è sposarsi, non è comunione di tutto, ma rispettarsi sì e certi toni polemici non sono il modo più saggio di difendere gli interessi nazionali. È solo una postura a favore di telecamera, ma incorpora la sconfitta.

Sullo stop all’immatricolazione delle auto con carburante tradizionale, fissato al 2035, si sono dette e lette delle corbellerie. Ci sarà, non è stato bocciato manco per niente, il voto è solo rinviato. Se i giornali che credono di appoggiare il governo continueranno a usare quei toni (sul nucleare è stato anche scritto che la Ue lo vieta!!) in realtà gli rendono la vita impossibile. C’è una posizione saggia, ispirata a un sano principio: non si stabilisca quali tipologie di motore le auto dovranno avere, si resti nella neutralità tecnologica, si stabilisca quali emissioni non saranno consentite. Entro il 2035 non si immatricoleranno auto a benzina o diesel. Stabilite le condizioni sarà l’innovazione a regolarsi sulla convenienza dei carburanti sintetici o sulla compatibilità dei biocombustibili. La norma fissa le emissioni, il resto spetta alla tecnologia e al mercato. Se, invece, ci si arrocca su un no che pretende di ridiscutere le emissioni, il risultato sarà che si sarà solo pedina che favorisce il gioco altrui, finendo nell’irrilevanza mentre i tedeschi trattano la mediazione.

Essere isolati è un costo. Essere isolati per un capriccio elettoralistico è da sciocchi. Basta con la messinscena: Mes e gare per il demanio, senza farsi ulteriormente del male.

La Ragione

L'articolo Messinscena proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



L’Ucraina in Europa al più presto


È sconcertante come parte della sinistra politica, sindacale e pubblicistica italiana non comprenda la natura fascista del suprematismo russo. È arrivato il momento di accogliere gli eroi antifascisti nell’Unione europea Ogni giorno penso all’Ucraina, c

È sconcertante come parte della sinistra politica, sindacale e pubblicistica italiana non comprenda la natura fascista del suprematismo russo. È arrivato il momento di accogliere gli eroi antifascisti nell’Unione europea

Ogni giorno penso all’Ucraina, cerco notizie sull’Ucraina, commissiono articoli sull’Ucraina, pubblico un giornale in lingua ucraina, e, guarda che combinazione, mi viene da scrivere solo di Ucraina.
È un’ossessione, forse? È una malattia seria? O, più semplicemente, l’Ucraina è la questione più importante del nostro tempo, del nostro presente e del nostro futuro (per non parlare del presente e del futuro degli ucraini che si devono quotidianamente proteggere dalle bombe dei fanatici russi)?

Solo il 1989 con la caduta del Muro di Berlino e il 2001 con l’attacco islamista a New York hanno per la Generazione X (i fortunati occidentali nati tra il 1965 e il 1989) una rilevanza ideale pari agli anni che stiamo vivendo dal 2022 con l’invasione russa, anche se è cominciata nel 2014 con l’Anschluss della Crimea e del Donbas, e si spera anche in questo 2023 con la vittoria definitiva dell’Ucraina sui criminali di guerra del Cremlino.

Una bella canzone di Dario Brunori di qualche anno fa, “Canzone contro la paura”, a un certo punto diceva «perché alla fine, dai, di che altro vuoi parlare?».

E, appunto, di che altro vuoi parlare se non dell’Ucraina e della sua ammirevole e coraggiosa battaglia contro le tenebre dell’autoritarismo russo che martorizza gli ucraini e minaccia da vicino l’Europa e il modello di vita occidentale.

Non si può parlare d’altro anche perché siamo tutti corresponsabili delle sofferenze del popolo ucraino, non per le ragioni che i fessi ripetono nelle fogne dei talk show italiani («guerra per procura», «colpa della Nato» e altre immonde oscenità), ma perché non ci siamo accorti in tempo delle palesi intenzioni del Cremlino e delle inevitabili conseguenze del suprematismo russo, malgrado fossero ben evidenti già durante la rivoluzione arancione (2004), durante la rivoluzione della dignità (le proteste pro Europa del 2013 a Maidan) e in seguito all’annessione illegale nel 2014 della Crimea e del Donbas.

Uno dei pochi che se ne era accorto in tempo e che invano ci aveva avvertiti è stato Bernard-Henri Levy, uno dei più lucidi intellettuali della nostra epoca, i cui ripetuti e ignorati appelli sono stati appena raccolti dalla Nave di Teseo nel libro “Dunque, la guerra”.
La congiunzione conclusiva, “dunque”, è usata da BHL per sottolineare che la guerra altro non è che la conclusione logica dell’inascoltato grido del 2004 e poi del 2013-2014.

Oggi gli ucraini sono i patrioti e i partigiani dell’Europa, probabilmente gli unici del continente, e combattono contro gli «abiti nuovi del fascismo» (definizione di Paul Berman) indossati da Vladimir Putin.

Questa cosa che una buona parte della sinistra politica, sindacale e pubblicistica italiana non comprenda, o faccia finta di non comprendere, la natura tipicamente fascista dell’ideologia russa alla base dell’aggressione all’Ucraina, e anzi ripeta le bufale della propaganda del Cremlino che sostengono l’opposto, ovvero che gli aggrediti guidati da un presidente ebreo siano loro stessi i fascisti, è un elemento sconcertante e un’ulteriore dimostrazione che viviamo nell’epoca della post verità e della società dove non contano i dati di fatto.

Non esiste niente di più visibile e riconoscibile del bianco e del nero nella questione imperialista russa. Il male è da una sola parte e il bene è sotto attacco indiscriminato.

Chi invoca la complessità o altre ignobili scemenze come «la guerra di Biden» è soltanto un manutengolo del Cremlino.

Non c’è alcuna differenza tra la politica basata sulle bugie di un artista della truffa come Trump e quelle di Putin e dei suoi volenterosi complici di sinistra e di destra nella politica e nella televisione italiana.

Non c’è alcuna differenza tra l’ideologia fascista storica e il revanscismo eurasiatico e antioccidentale di ideologi come Alexander Dugin, uno che è stato allontanato da Putin per eccessivo estremismo senza però perdere lo status di ospite d’onore dei nazibol italiani e del telegiornale Rai diretto dall’attuale ministro italiano della Cultura, nonché agiografo di Putin e di Trump, Gennaro Sangiuliano.

Aggiungo una cosa che alcuni sedicenti intelligentoni, insufflati a loro insaputa dalla disinformazione russa, fastidiosamente ripetono ogni volta che sentono gli amici dell’Ucraina dire “Slava Ukraini”, gloria all’Ucraina, cui gli ucraini rispondono immancabilmente con “Heroiam slava”, Gloria agli eroi, come in un call-and-response tipico della tradizione della musica gospel.

Slava Ukraini, dicono i dotti e i sapienti che ci possiamo permettere in questi tempi impazziti, è uno slogan fascista usato da Stepan Bandera un secolo fa. Bandera era certamente antisemita ed era di simpatie fasciste, anche se le atrocità di cui è accusato in realtà sono state condotte dai suoi seguaci mentre lui era rinchiuso in un lager nazista, ma Bandera era anche un indipendentista ucraino che voleva liberare il suo popolo dal giogo sterminatore di Mosca e per questo si appoggiava alla Germania, tanto poi da essere stato ucciso dai sovietici nel secondo dopoguerra a Monaco di Baviera. Il punto però non è quanto sia deprecabile oggi il pensiero di Bandera negli anni 20 del secolo scorso, ma che l’invocazione gloriosa all’Ucraina si trovi invece nei testi ottocenteschi del principale poeta e scrittore ucraino, il Manzoni e il Dante degli ucraini, Taras Shevchenko:

«La nostra idea, il nostro cantare
Non può morire né cadere…
Ecco dov’è la nostra gloria,
La gloria ch’è dell’Ucraina».

Soprattutto, Slava Ukraini è diventato il segno di riconoscimento dell’indipendenza, della libertà e dello spirito democratico di Kyjiv, coniato nelle fredde notti di Maidan, tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014, mentre il fantoccio del Cremlino che guidava l’Ucraina grazie ai brogli elettorali strappava gli accordi di amicizia con l’Europa e sparava sui connazionali che pretendevano il rispetto del processo di integrazione europea e di affrancamento dall’imperialismo russo.

Quindi, sia storicamente sia politicamente, Bandera non detiene né la primogenitura né il senso indipendentista dell’espressione Slava Ukraini, che invece è molto più recente, liberale, democratica e antifascista.

Che fare, quindi, per sostenere ancora la lotta ucraina? Certamente bisogna continuare a informare, ad aiutare (magari donando a Come back alive) e a tenere alto il dibattito pubblico sui pericoli dell’autoritarismo russo e sull’importanza degli aiuti militari a Kyjiv in vista della controffensiva di primavera volta a rimandare l’Armata rossa a casa e in rovina.

Ma forse è arrivato anche il momento di accelerare le procedure di adesione dell’Ucraina all’Europa, di aprire subito i negoziati con cerimonia pubblica e solenne a Kyjiv con tutti i capi di stato e di governo dei ventisette paesi membri. L’Ucraina se lo merita e noi lo dobbiamo ai patrioti e ai partigiani dell’Europa.

Linkiesta

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Le conseguenze monetarie della guerra in Ucraina


La guerra che la Russia sta conducendo contro la civiltà euro-atlantica (“occidentale”) sul territorio dell’Ucraina sta già influenzando in modo significativo il sistema geo-economico del mondo intero. Non c’è dubbio che le sue conseguenze economiche saranno ancora più significative. Ciò vale anche per l’influenza sulla sfera delle relazioni monetarie. E questo non è sorprendente, dal […]

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Dopo lo stop ai certificati di nascita dei figli delle famiglie arcobaleno in tutta Italia e la decisione governativa di bloccare il certificato europeo di fili

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La Cina e il volto mutevole della governance


Il Presidente cinese Xi Jinping aveva appena lanciato il suo terzo mandato al potere quando le domande sulla sua leadership sono iniziate a circolare in patria e all’estero. La completa inversione di tendenza della Cina sulla sua politica zero-COVID è stata così rapida e straordinaria che ha colto quasi tutti di sorpresa. Ma la correzione […]

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A Budapest parte il progetto europeo della Fondazione Einaudi sul clima – Il Messaggero


Simona Benedettini, in qualità di Energy Economist del Comitato Scientifico della Fondazione Luigi Einaudi, aprirà il 16 marzo a Budapest la prima sessione di lavori del progetto europeo “Promoting power purchase agreements to achieve the net- zero target

Simona Benedettini, in qualità di Energy Economist del Comitato Scientifico della Fondazione Luigi Einaudi, aprirà il 16 marzo a Budapest la prima sessione di lavori del progetto europeo “Promoting power purchase agreements to achieve the net- zero target”, promosso dall’European Liberal Forum, e che vede, tra i partner coinvolti, anche la Friedrich Naumann Foundation (Germania). Nel workshop ungherese Benedettini indicherà le linee guida per lo sviluppo di uno studio comparato volto ad individuare le migliori pratiche applicate negli accordi di fornitura di energia elettrica (fondamentali per raggiungere l’obiettivo di emissioni zero e per contrastare i cambiamenti climatici), nei diversi Stati aderenti alla ricerca. Parteciperanno, oltre all’Energy Economist che rappresenta la Fondazione Luigi Einaudi di Roma e che si occuperà di sviluppare l’analisi della situazione italiana, Gero Sheck per la Friedrich Naumann Foundation (Germania), Ricardo Silvestre per il Social Liberal Movement (Portogallo), William Hongsong Wang per la Fundacion para el Avance de Libertad (Spagna) e Tomas Babicz per l’Inditsuk Be (Ungheria). L’incontro di Budapest segna l’avvio di un importante iter che svilupperà durante tutto il 2023 un qualificato contributo al dibattito europeo sul clima, animato dalla Fondazione Luigi Einaudi di Roma. In programma anche un secondo workshop che si terrà a Lisbona nel mese di maggio. Due volumi sul tema del risparmio energetico e due relativi policy briefs coroneranno il lavoro scientifico che si concluderà con una grande presentazione finale a Roma entro la fine del 2023.

ilmessaggero.it

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Il Kenya e lo spazio italiano che non diventa realtà


Il presidente della RepubblicaSergio Mattarella torna oggi da Nairobi, dove è stato con il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli per una visita di Stato di tre giorni e -come scrivono i più informati- si tratta della sua quinta missione nell’area dell’Africa sub-sahariana. È un evento importante di cui non si è parlato molto prima della […]

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PODCAST. A Gaza per salvare vite di bambini gravemente ammalati


È in corso all’European Gaza Hospital di Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza, la missione della Ong italiana PCRF - Palestine Children's Relief Fund impegnata sin dagli anni Novanta a garantire assistenza medica ad alta specializzazione ai bambini

di Michele Giorgio –

Pagine Esteri, 15 marzo 2023 – Guidata dal dottor Vincenzo “Stefano” Luisi, cardiochirurgo pediatrico, è in corso all’European Gaza Hospital di Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza, la missione della Ong italiana PCRF – Palestine Children’s Relief Fund impegnata sin dagli anni Novanta a garantire assistenza medica aa alta specializzazione ai bambini palestinesi. Il team si compone di volontari e volontarie provenienti da cinque regioni diverse incaricati di svolgere attività sia di cardiochirurgia che di cardiologia interventistica in ambito pediatrico. E’ presente personale medico e infermieristico dell’Istituto Giannina Gaslini di Genova (con i cardiochirurghi Francesco Santoro e Elena Ribera e l’anestesista Alessia Franceschi), dell’Azienda di Rilievo Nazionale ed Alta Specializzazione – ARNAS G. Brotzu Brotzu di Cagliari (con il cardiologo Roberto Tumbarello e gli infermieri Francesco Anedda e Corrado Viola), dell’Ospedale del Cuore di Massa (con l’anestesista Pierantonio Furfori e l’infermiera Giada Boggi), dell’AOU Meyer di Firenze (con l’anestesista Fabio Panetta), dell’Università Federico II di Napoli (con la cardiologa Vittoria De Lucia) e dell’AO di Padova (con la perfusionista Federica Raffin).
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Insieme a loro anche Angelo Stefanini, medico esperto in Salute pubblica, incaricato del coordinamento e del monitoraggio del programma del PCRF di rafforzamento delle cure di base nella Striscia di Gaza.
La missione del team italiano è stata resa possibile grazie al sostegno economico dell’Otto per Mille Valdese, del Centro di Salute Globale – Regione Toscana, di Flying Angels Foundation Gift of Life NY e Gift of Life, Inc. e al supporto istituzionale dell’Azienda USL Toscana Centro e della Fondazione Monasterio.

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Putin non è riuscito a congelare l’Europa, ma la guerra energetica della Russia continuerà


Vladimir Putin sperava di mettere in ginocchio l’Europa durante la stagione invernale tagliando drasticamente le forniture di gas russo. Con la primavera ormai arrivata, è chiaro che non ci è riuscito. I consumatori europei non si sono congelati nelle loro case e le economie europee stanno iniziando a mostrare segnali promettenti di ripresa. La fortuna […]

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Ucraina: il pericolo di minimizzare il bilancio del campo di battaglia


“L’Ucraina vincerà”. Alcune variazioni di questo sono diventate il mantra non ufficiale della politica degli Stati Uniti nei confronti della guerra in Ucraina, affermato in innumerevoli colonne, interviste e discorsi, spesso promettendo un impegno a tempo indeterminato degli Stati Uniti per lo sforzo bellico ucraino e rimproverando i politici per non aver inviato maggiori quantità […]

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Carceri: la mattanza continua


Il dato ‘scivola’ come se fosse qualche cosa di ‘naturale’: da inizio anno nelle carceri italiane si sono tolti la vita già dieci detenuti. Aldo Di Giacomo, segretario del Sindacato Polizia Penitenziaria, avverte: “Si abbassa l’età dei detenuti suicidi. I più fragili sono i giovani, i tossicodipendenti e gli stranieri”. In meno di due mesi […]

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I sistemi di apprendimento automatico hanno proprietà politiche? A cura di Daniela Tafani, ricercatrice presso l'Università di Pisa


📣 Tornano gli incontri di @Etica Digitale !
🏷 I sistemi di apprendimento automatico hanno proprietà politiche?
🎙 Conduce: Daniela Tafani, ricercatrice presso l'Università di Pisa

Le tecnologie sono politiche? Langdon Winner, nel 1980, distingueva due modi in cui gli artefatti tecnologici possono essere politici: quando nascono come risposta a un problema di una specifica comunità; e quando invece sono "intrinsecamente politici", cioè quando la loro stessa esistenza presuppone o promuove una determinata visione politica della società.

A partire da questa distinzione, discuteremo la tesi formulata da Dan McQuillan nel suo recente libro Resisting AI. An Anti-fascist Approach to Artificial Intelligence. Secondo McQuillan, «L'intelligenza artificiale è una tecnologia politica, nella sua esistenza materiale e nei suoi effetti», che condensa la violenza strutturale, amplifica disuguaglianze e ingiustizie e incarna e consolida un regime autoritario.

🗓 Martedì 21 marzo
🕑 21:30
ℹ️ Non serve registrarsi

📍 blue.meet.garr.it/b/dan-vzz-hu…

#EticaDigitale #IA

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e-ID: Decentralised storage and right to anonymity are additional Pirate successes in final trilogue mandate


Brussels, 15/03/2023 – On Thursday, the European Parliament is expected to formally adopt its final position on the European Electronic Identity (e-ID), before going into trilogue negotiations with the Council of …

Brussels, 15/03/2023 – On Thursday, the European Parliament is expected to formally adopt its final position on the European Electronic Identity (e-ID), before going into trilogue negotiations with the Council of the European Union. In addition to privacy successes in the leading industry Committee, Pirate Party MEPs were able to implement additional data protection safeguards into the final text via the Civil Liberties Committee (LIBE). Most importantly the content of a user’s identity wallet, which may include sensitive medical data, payment data or criminal records, would be stored on the user’s device only unless they explicitly choose that an external cloud copy should be kept. The text also protects the right to use digital services anonymously by providing that digital services should be provided without electronic identification or authentication where reasonably possible.

Via the lead industry Committee Pirate Party MEPs had already made sure that Member States will not have to establish a unique personal identification number for every citizen. The source code used for providing European Digital Identity Wallets would be open source, that non-users of the voluntary eID scheme would not suffer disadvantages and would be able to use alternative means of identification or authentication. Pirates have not been able to prevent the mandatory acceptance of government browser certificates but there will be exceptions.

Pirate Party MEP Patrick Breyer, who negotiated the bill in the Committee on Civil Liberties (LIBE), comments:

“We successfully pushed for the addition of a provision ensuring that services are normally provided without electronic identification or authentication wherever reasonably possible. I’m glad that we thus countered the risk that the anonymity online that protects us from profiling and online crime is gradually eroded. We further managed to ensure that the content of a user’s identity wallet, which may include sensitive medical data, payment data or criminal records, would be stored decentrally on the user’s device only unless they explicitly choose that an external cloud copy should be kept. After all, nobody keeps a duplicate of a person’s physical wallet, either. Decentralized data storage protects our data from hacks and identity theft.

While the e-ID can be an important tool for the modernization and digitization within the EU, the European Commission’s initial proposal was problematic and put users’ data needlessly at risk. That’s why in the trilogue negotiations, my Pirate Party colleague Mikuláš Peksa, who is in the negotiating team as Shadow rapporteur will fortunately continue the fight to protect our personal data and right to anonymity online.”

The e-ID will allow EU citizens to prove their identity via mobile app, access public and private services online, pay online and facilitate everyday situations. Driving licences or medical prescriptions could also be stored in the “Wallet App”.


patrick-breyer.de/en/eid-addit…



I legislatori UE alla guida dei sull’AI Act, la Legge UE sull’intelligenza artificiale, hanno previsto importanti obblighi per i fornitori di modelli di linguaggio generativo come ChatGPT e Stable Diffusion, cercando di chiarire le responsabilità lungo la value chain dell’intelligenza...


Rise Of The Northstar - Showdown


🎧 #RECENSIONE:

👉 Rise Of The Northstar - Showdown
#numetal

Dopo tre anni di composizione e di produzione esce il nuovo disco dei francesi Rise Of The Northstar intitolato "Showdown" per Atomic Fire. Il gruppo francese nato nel 2008 ha messo insieme sottoculture musicali come l'hardcore, l'hardcore beatdown, l'hip-hop con la cultura giapponese di certi manga ed anime.

iyezine.com/rise-of-the-norths…