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Molli e inefficienti


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Come circolano i nostri dati tra Europa, USA e Asia e Microsoft dovrebbe congelare il data center saudita?


Nuovo appuntamento con la rubrica Privacy weekly, tutti i venerdì su StartupItalia. Uno spazio dove potrete trovare tutte le principali notizie della settimana su privacy e dintorni. E se volete saperne di più potete leggere qui le news quotidiane di Privacy Daily o iscrivervi alla newsletter di #cosedagarante. Grazie a StartupItalia per l’ospitalità!


guidoscorza.it/come-circolano-…



Alternanza alla base NATO di Sigonella: studenti a scuola di guerra | Senza Tregua

"In un contesto in cui la Sicilia riconferma il record negativo di dispersione scolastica, con picchi del tasso di abbandono che raggiungono il 25% a Catania, la priorità del governo regionale sembra essere quella di educare i giovani alla guerra. In una regione in cui disoccupazione e lavoro nero affossano le condizioni di vita di migliaia di proletari e in cui il lavoro è per lo più precario, pare non esserci alternativa per le classi popolari: emigrare, arruolarsi, o andare ad alimentare la filiera bellica che per ragioni strategiche proprio in Sicilia è particolarmente sviluppata."

senzatregua.it/2023/04/14/alte…



Riforma Cartabia, obiettivi del Pnrr e sicurezza – Tra obbligatorietà dell’azione penale e deflazione processuale


Giovedì 20 aprile 2023 alle ore 11:00 presso la Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani si terrà il convegno dal titolo “Riforma Cartabia, obiettivi del Pnrr e sicurezza – Tra obbligatorietà dell’azione penale e deflazione processuale” A partire dall’introduz

Giovedì 20 aprile 2023 alle ore 11:00 presso la Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani si terrà il convegno dal titolo “Riforma Cartabia, obiettivi del Pnrr e sicurezza – Tra obbligatorietà dell’azione penale e deflazione processuale

A partire dall’introduzione della Riforma della Giustizia italiana, il convegno intende avviare un dibattito su uno degli interventi principali e maggiormente discussi della revisione: l’estensione del regime di procedibilità a querela di figure di reato centrali. A questo proposito, l’iniziativa nasce con l’obiettivo di stimolare una riflessione tra esperti e stakeholder politico-istituzionali che possa rappresentare una sintesi tra i tanti interessi in gioco. Da una parte il raggiungimento degli obiettivi del Pnrr per l’ottenimento dei fondi europei, dall’altra l’aumento della percezione di pericolo da parte dei cittadini.

Agenda dei lavori

Aumento della percezione di insicurezza dei cittadini: più reati ma meno processi?

Giorgio Altieri, Partner, Tonucci & Partners
Roberto Arditti, Direttore editoriale, Formiche
Andrea Cangini, Segretario Generale, Fondazione Luigi Einaudi
Manfredi Landi di Chiavenna, Avvocato, Studio Legale Avv. Daria Pesce

Giustizia e PNRR: la gestione dei fondi per il raggiungimento degli obiettivi UE

Guido Alleva, Fondatore, Studio legale Alleva e Associati
Gianluigi Gatta, Professore di diritto penale, Università degli Studi di Milano
Ciro Maschio, Presidente II Commissione Giustizia, Camera dei Deputati
Bartolomeo Romano, Professore Ordinario di Diritto penale, Università di Palermo; Consigliere Giuridico, Ministro della Giustizia; Responsabile giustizia, Fondazione Luigi Einaudi
Ida Teresi, Sostituto Procuratore – Sezione I DDA Procura della Repubblica, Tribunale di Napoli

Conclusioni

Francesco Paolo Sisto, Viceministro, Ministero della Giustizia

Modera

Maria Antonietta Spadorcia, Vicedirettore del TG2, Rai

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  Ogni giorno, per migliaia di studenti si consuma un dramma silenzioso, che trova voce soltanto quando si trasforma in tragedia, in un loro gesto estremo. Da


PODCAST. Pechino applaude a Macron, irritazione a Washington


Soddisfazione a Pechino per le dichiarazioni di Macron per una minore dipendenza dell'Ue dagli Usa e un maggior coinvolgimento con la Cina. Abbiamo intervistato l'analista e giornalista Michelangelo Cocco L'articolo PODCAST. Pechino applaude a Macron, ir

di Michele Giorgio

Pagine Esteri, 14 aprile 2023 – Accolte con stupore in Europa e con rabbia dall’Amministrazione Biden, le dichiarazioni fatte da Emmanuel Macron, in due interviste, a favore di una riduzione della dipendenza europea dagli Stati uniti e per un maggiore coinvolgimento politico oltre che economico con la Cina, sono state accolte con grande soddisfazione da Pechino. Ne abbiamo parlato con Michelangelo Cocco, giornalista e analista che da anni vive e lavora a Shanghai.
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Ieri, durante una riunione politica, i membri del Parlamento europeo hanno chiuso diverse parti critiche dell’AI Act, ma gli usi vietati dell’intelligenza artificiale potrebbero risultare divisivi. Presentato dalla Commissione europea nel 2021, l’AI Act è la normativa volta a regolamentare...


Lula presenta alla Cina il piano di pace brasiliano per l’Ucraina


La proposta del leader brasiliano ruota attorno alla restituzione da parte russa dei territori ucraini conquistati dopo il 24 febbraio 2022. Mosca in cambio vedrebbe legittimata la sua sovranità sulla Crimea da parte dell’Ucraina. L'articolo Lula present

della redazione

Pagine Esteri, 14 aprile 2023 – Nell’incontro oggi a Pechino tra il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva e quello cinese Xi Jinping si discuterà anche di un possibile percorso per arrivare alla fine della guerra in Ucraina. Lula ha in tasca un piano di pace.

La proposta del leader brasiliano ruota attorno alla restituzione da parte russa dei territori ucraini conquistati dopo il 24 febbraio 2022. Mosca in cambio vedrebbe legittimata la sua sovranità sulla Crimea da parte dell’Ucraina. Lula è convinto che qualsiasi possibilità di fine del conflitto passi per il coinvolgimento della Cina perché l’unica in grado di esercitare pressioni sulla Russia.

Il “piano” di Lula al momento non sembra avere grandi possibilità considerando in particolare le posizioni di Kiev che vuole il ritiro completo della Russia. Ma presentandolo il presidente brasiliano vuole affermare il posizionamento del suo paese come attore non allineato e impegnato nel multilateralismo dopo gli anni oscuri della presidenza di Jair Bolsonaro tra il 2018 e il 2022.

Oltre a Pechino, Lula farà tappa anche a Shanghai, per l’insediamento di Dilma Rousseff, ex presidente brasiliana e sua compagna di partito, alla guida della Nuova banca per lo sviluppo che fa capo al gruppo dei Brics del quale fanno parte insieme con il Brasile, il Sudafrica, l’India, la Cina e la Russia. Pagine Esteri

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🐳 Oggi il Ministero celebra a Genova, in collaborazione con la Guardia Costiera, la #GiornatadelMare. Alla manifestazione prenderanno parte oltre 700 studenti provenienti da tutta Italia.


In Cina e Asia – Cina, allerta caduta rottami e blocco alla circolazione navale sullo stretto di Taiwan


In Cina e Asia – Cina, allerta caduta rottami e blocco alla circolazione navale sullo stretto di Taiwan missili
I titoli di oggi:

Cina, allerta caduta rottami e blocco alla circolazione navale sullo stretto di Taiwan
La Cina non farà parte di un progetto Onu sulle malattie infettive
Germania, in stallo l'accordo con la Cina per il porto di Amburgo
Ministra degli Esteri tedesca: cruciale per l'Europa come Pechino influenzerà Mosca
Corea del Nord: conferma collaudo di missile a combustibile solito

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Carlo Calenda, Matteo Renzi e il Rolex dei poli superflui



Si noti lo slogan alle spalle dei due ben vestiti. Di serio, nel loro caso, pare ci sia più che altro il bisogno di una revisione complessiva del regime alimentare.

Nello stato che occupa la penisola italiana le gazzette di metà aprile 2023 intrattengono i sudditi col volare di stracci tra i ben nutriti nella foto qui sopra.
Al di là dei link indispensabili alla comprensione dei contenuti pubblicati in questa sede, non è nostra abitudine trarre materiale da gazzette. In questo caso però riportiamo l'epitaffio del loro "progetto politico" pubblicato proprio da una di esse, perché abbastanza coincidente con quanto avrebbe potuto dire sull'argomento qualsiasi persona seria. Nel testo originale ricorre il nome dello stato che occupa la penisola italiana; come nostra abitudine ce ne scusiamo in anticipo con i lettori, specie con quanti avessero appena finito di pranzare.

Marco Travaglio - Il Polo superfluo

La morte annunciata del Terzo Pelo o Terzo Coso è ancor più trascurabile della sua nascita. Trattandosi di un polo superfluo, il divorzio fra il De Gaulle dei Parioli e il De Rege di Rignano è molto meno allarmante di quello fra Boldi e De Sica. Molto più affascinanti sono gli spingitori dei due Nessuno: giornaloni, tg e talk che li han pompati fino a convincerli di essere qualcuno: campioni del Riformismo, alfieri del Moderatismo, idoli del Grande Centro. Sono loro che li hanno rovinati, chiamandoli “Terzo Polo” sulla fiducia e illudendoli di avere “praterie” sterminate: bastava che si accoppiassero per crescere e moltiplicarsi.
Vincono i 5Stelle? Praterie. Cade il Conte-1? Praterie. Nascono Azione e Italia Viva? Praterie. Cade il Conte-2? Praterie. Arriva Draghi? Praterie. Cade Draghi? Praterie. Calenda va con Letta? Praterie. Calenda va con Renzi? Praterie. Vince Meloni? Praterie. Schlein leader Pd? Praterie. B. ricoverato? Praterie. Dove siano esattamente queste praterie, sfugge ai più. L’unica certezza è che, se esistono, sono disabitate. O popolate di gente che ha sulle palle sia Ollio sia Ollio: persone normali. Resta da capire chi frequentino i giornalisti per convincersi che i due caratteristi abbiano un radioso futuro.
È vero che Carletto sparava: “Puntiamo al 13%, Meloni non governerà mai e tornerà Draghi”, salvo poi incolpare gli elettori perché votano tutti fuorché lui. È vero che il fu Matteo vaticinava: “Facciamo il botto, nel 2024 saremo primo partito, il M5S è morto”. Ma, anziché ridergli in faccia e relegarli nelle brevi, i media li prendevano sul serio. Corriere a tutta prima: “Ciclone Calenda sul centrosinistra” (non scoreggina: ciclone), “Strategia di Renzi per una svolta ‘alla Pirlo’” (con la o). Folli: “Il magnete Calenda” (non pongo: magnete). Il profeta Riotta: “Il centro di Calenda e Renzi sembra ben vivo… potrebbe animare a sorpresa la scena politica”. Foglio: “Il Centrocampo Calenda” (3 pagine su 4). Polito el Drito: “L’accordo Letta-Calenda riequilibra in parte una gara sbilanciata a favore del centrodestra”. Francesco Merlo e la sua lingua: “Calenda aspira all’eredità dei papi laici o forse luterani, Ugo La Malfa, Visentini, Spadolini, la buona amministrazione, il rigore dei conti e il cattivo carattere che è stato una grande risorsa italiana, una specie di lievito di progresso” (o di birra).
Paginone sulla Stampa: “Cantiere Draghi bis”. Paginone su Rep: “Calenda, l’uomo mercato corteggiato da tutti”, con foto dei suoi tatuaggi (“La A di Azione presa dagli Avengers, lo squalo e SPQR”), dettagli biografici (“A 16 anni fece una figlia”) e rivelazioni dell’eroico ragazzo padre: “Le cambiavo i pannolini e la allattavo”. Precoce com’è, aveva già le tette. Ora si allatta da solo.


"Meglio finirla qui, almeno non ci ruberemo i #Rolex", pare abbia concluso Carlo Calenda, uno che nelle consultazioni amministative per la città di Roma di un paio di anni fa mandò in giro per chiacchierate tra amici (difficile poterle definire comizi elettorali) un ventenne con al polso uno di quei cosi di metallo che segnano le ore ma che costano come un appartamento (qui su Archive). Una passione piuttosto diffusa tra i ricchi, questa di quei cosi di metallo.
Quello che il poco attento Calenda e il boy scout di Rignano non hanno capito (o hanno fatto finta di non capire, o hanno sperato non fosse necessario capire) è che l'elettorato che ha al polso uno di quei cosi di metallo che segnano le ore ma che costano come un appartamento è ridotto e già conteso. Ed è in via di ulteriore restringimento data l'incessante erosione dei redditi.
I due ben vestiti si sono comportati come due torsoli degli anni Ottanta. Voci che arrivano da una stolta età dell'abbondanza in cui c'erano le banche in doppiopetto grigio con un'orchidea all'occhiello di ogni lavoratore. Adesso non ci sono più nemmeno le banche, e il poco personale rimasto sta facendo l'impossibile per non essere licenziato a un anno dalla pensione.
Più facile che invece che un'orchidea, all'occhiello abbia un orcodìo.
E che non pensi certo a questi due, al loro "partito" e ai pezzi di metallo che gli piace mostrare in giro.




I leaks del Pentagono confermano: forze Nato in Ucraina


I leaks del Pentagono trafugati e diffusi alcuni giorni fa confermano la presenza sul campo, in Ucraina, di forze speciali di alcuni paesi della Nato. Superata un'altra linea rossa nello scontro tra Russia e Alleanza Atlantica L'articolo I leaks del Pent

di Marco Santopadre*

Pagine Esteri, 14 aprile 2023 – Smentite, mezze ammissioni, infine la conferma: si tratterebbe della più massiccia fuga di notizie riservate degli ultimi anni.
Qualcuno – ieri l’FBI ha arrestato un giovane militare impiegato in una base statunitense in Massachusetts (altra storia è capire se per conto di qualcun altro e a quale scopo) – è effettivamente riuscito a trafugare un centinaio di documenti riservati del Pentagono che includono informazioni e analisi dell’intelligence e dello Stato Maggiore sul conflitto in corso in Ucraina.

Poi, questi leaks sono stati pubblicati su Discord, una piattaforma di comunicazione online dal quale sono stati diffusi su vari siti e social network, a volte con dei tagli ed a volte con delle modifiche. Negli ultimi giorni, dopo esser stati ampiamente controllati per depurarli di eventuali manipolazioni, alcuni sono stati pubblicati da grandi organi di informazione. Si tratta in generale di documenti classificati al massimo livello di riservatezza, alcuni dei quali da non condividere neanche con le intelligence dei paesi alleati.

I file resi pubblici riguardano diverse questioni, da un giudizio pessimistico sulla possibilità per l’esercito ucraino di riconquistare porzioni consistenti dei territori occupati da Mosca ad un’analisi dei dissidi all’interno dell’apparato statale e delle forze armate russe. Inoltre i leaks evidenziano che Washington spia costantemente lo stesso presidente ucraino Volodymyr Zelensky oltre che molti dei paesi considerati alleati.

Dai file emerge anche che l’intelligence statunitense prevede un lungo stallo nel conflitto che quindi potrebbe continuare ancora a lungo, visto che nessuno dei due schieramenti ha la forza militare per imporsi sull’altro.

La conferma: forze speciali dei paesi Nato in UcrainaTra i documenti più interessanti, però, ci sono quelli che confermano la presenza, in Ucraina, di forze speciali di vari paesi aderenti all’Alleanza Atlantica. In tutto, sul terreno, sarebbero schierati 50 membri delle forze speciali britanniche, 17 lettoni, 14 statunitensi, 15 francesi ed un solo olandese.

Non si tratterebbe quindi di grandi numeri, ai quali vanno però aggiunti alcune migliaia di membri delle diverse forze armate dei paesi occidentali e di altri paesi che combattono agli ordini di Kiev con le insegne della Legione Internazionale. A questi vanno poi sicuramente aggiunti tecnici e istruttori inviati di volta in volta dai paesi che donano o vendono armi di ultima generazione all’Ucraina; la maggior parte del lavoro di addestramento all’uso dei dispositivi può essere realizzato anche nei paesi di origine, ma spesso l’ultima fase non può non prevedere la presenza sul campo degli istruttori stranieri. Infine, ci sarebbero gli uomini inviati ufficialmente a rinforzare la sicurezza delle rappresentanze diplomatiche operanti a Kiev e che in realtà si dedicherebbero ad altro.

Già un anno fa dei funzionari ucraini avevano raccontato al Times che degli esperti britannici erano a Kiev per addestrare i locali all’uso di sistemi anti-carro; più tardi Le Figaro informò che una cinquantina di militari francesi erano sul campo per sostenere Kiev nell’analisi delle informazioni fornite dalla rete satellitare e nell’individuazione degli obiettivi nemici da colpire. Dal canto suo il New York Times ha informato sul fatto che un gruppo di membri delle forze speciali di Washington – probabilmente della Cia – operava a Kiev per gestire il consistente flusso di armi in arrivo da Europa e Stati Uniti e per proteggere il presidente ucraino, citando la presenza sul campo di militari canadesi, lituani, polacchi e cechi.

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Un militare ucraino si addestra all’uso dei razzi Usa “Javelin”

Superata un’altra linea rossa
Al di là dell’esiguità dei numeri – sempre che i numeri riportati siano veritieri – ora i leaks trafugati e diffusi confermano che i paesi della Nato non si limitano a fornire massicci aiuti finanziari, armi ed equipaggiamenti di vario tipo all’Ucraina, ma schierano sul campo un certo numero di propri militari in uno scontro bellico che potrebbe presto opporre direttamente il blocco euro-atlantico con la Russia.

Le forze speciali alle quali si rifornisce il documento potrebbero essere presenti in Ucraina per partecipare ai preparativi dell’annunciata controffensiva di primavera alla quale starebbero lavorando le forze armate ucraine. Uno dei documenti trafugati afferma ad esempio che Kiev progetta di attaccare con i droni alcune basi militari all’interno del territorio della Federazione Russa, in particolare nella confinante regione di Rostov sul Don. Un altro leak, reso noto dal Guardian, il Pentagono afferma che Kiev sta tentando di creare 12 nuove brigate dotate di 253 carri armati e circa 1500 veicoli blindati più leggeri. Secondo gli osservatori militari statunitensi però, al 23 marzo cinque di queste brigate non avevano ancora iniziato l’addestramento necessario e sei non possedevano l’equipaggiamento necessario a partecipare all’offensiva.

Secondo la BBC, che già nei mesi scorsi ha pubblicato delle informazioni filtrate dai comandi militari, le forze speciali occidentali presenti in Ucraina starebbero compiendo delle missioni di intelligence per facilitare il lavoro delle truppe ucraine. Il documento del Pentagono risalente al 23 marzo mette in rilievo che le forze speciali britanniche schierate sul campo sono le più numerose.

Recentemente il ministro della Difesa di Kiev, Oleksii Reznikov, ha risolutamente negato la presenza sul campo della Nato ed ha definito i leaks trafugati il frutto di un tentativo di manipolazione da parte della Russia, ma da Washington ormai non possono che confermare l’autenticità dei documenti diffusi nei giorni scorsi da una talpa.
Se anche queste forze speciali non stanno combattendo in prima linea, indubbiamente supportano o dirigono le truppe ucraine. Un’altra linea rossa nello scontro tra Russia e Alleanza Atlantica è stato superato, dopo la decisione del governo di schierare armi nucleari tattiche sul territorio della Bielorussia. – Pagine Esteri

6549979* Marco Santopadre, giornalista e scrittore, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria.

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Le recenti misure del Garante della privacy in Italia nei confronti di ChatGPT e i problemi sollevati sulla protezione dei dati relativi al chatbot AI in Germania hanno scatenato un dibattito a livello europeo, che contrappone gli entusiasti da chi...

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in reply to Informa Pirata

è indubbio che i politicanti italioti sono preoccupati dal fatto che servizi come ChatGPT si rivelino più capaci e preparati di loro... :flan_XD:


PRIVACY DAILY 92/2023


Microsoft dovrebbe sospendere il suo investimento in un nuovo data center cloud in Arabia Saudita fino a quando non sarà in grado di dimostrare chiaramente come mitigherà il rischio di gravi violazioni dei diritti umani. Lo ha dichiarato Human Rights Watch. Nel febbraio 2023, Microsoft ha annunciato l’intenzione di investire in un data center in... Continue reading →


Tigray, la pace non basta: due milioni di bambini senza scuola


L'allarme è stato lanciato da Save the Children L'articolo Tigray, la pace non basta: due milioni di bambini senza scuola proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/2023/04/14/africa/la-pace-non-basta-nel-tigray-due-milioni-di-bambini-non-vanno-

della redazione

Pagine Esteri, 14 aprile 2023 – Nel nord dell’Etiopia, circa 2,3 milioni di bambini non vanno a scuola. Nonostante l’accordo di pace dello scorso novembre abbia posto fine a due anni di conflitto non è ancora iniziata la ricostruzione degli edifici danneggiati. È l’allarme lanciato da Save the Children.

Secondo i dati dell’ultimo rapporto dell’Etiopia Education Cluster, che comprende il Ministero dell’Istruzione, Save the Children e UNICEF, ci sarebbero ingenti danni alle scuole nelle aree colpite dal conflitto nel Tigray, ad Amhara e Afar nel nord dell’Etiopia. La situazione poi, sarebbe particolarmente grave nel Tigray, dove l’85% delle scuole ha subito danni, gravi o parziali, e tutte le scuole pubbliche restano ancora chiuse.

Secondo l’Etiopia Education Cluster, inoltre, a seguito della pandemia da COVID-19, seguita da due anni di conflitto, 2,3 milioni di bambini nella regione non hanno frequentato la scuola per circa tre anni e 22.500 insegnanti non sono stati pagati per più di due anni. I bambini che non vanno a scuola per periodi prolungati sono più esposti al rischio di sfruttamento, violenza sessuale, matrimoni precoci e lavoro minorile e perdono il diritto all’istruzione.

L’appello delle Nazioni Unite per l’Etiopia è finanziato solo per il 18,4%, il che significa che sono necessari altri 3,26 miliardi di dollari. Pagine Esteri

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Materia oscura, abbiamo una nuova mappa | Galileo

«La nuova mappa della materia oscura è diversa da quelle prodotte finora, i cui risultati avevano messo un po’ in crisi il modello cosmologico della relatività generale di Einstein, facendo pensare che servisse una “nuova fisica”. I dati dell’Act, invece, mostrano una struttura della materia nell’Universo “grumosa” al punto giusto, compatibile con le previsioni fatte sulla base della teoria di Einstein. E se da un lato si tratta di risultati confortanti, dall’altro – hanno commentato gli esperti – sarà interessante capire il perché esiste una discrepanza tra diversi metodi di misurazione.»

galileonet.it/materia-oscura-m…



Sulla pagina Facebook della Commissione Europea è stato pubblicato un annuncio che invita a segnalare mantenendo l'anonimato notizie relative a singoli o impre


Le organizzazioni per la salute e i diritti digitali sollecitano i legislatori dell'UE a sostenere i diritti dei pazienti nella nuova legge sui dati sanitari


I legislatori europei devono garantire che i pazienti abbiano il controllo sulle loro cartelle cliniche private aggiungendo un requisito di consenso "opt-in" per l'uso secondario dei dati sanitari nell'ambito del proposto European Health Data Space (EHDS)

@Etica Digitale (Feddit)

Più di una dozzina di organizzazioni che rappresentano pazienti, operatori sanitari, persone con disabilità, organizzazioni dei consumatori e dei diritti digitali, nonché lavoratori e sindacati hanno scritto ai membri del Parlamento europeo, esortandoli a garantire che i diritti dei pazienti e il controllo sui loro le informazioni sanitarie private sono confermate nel proposto European Health Data Space (EHDS).

Leggi la lettera aperta

Attraverso l'EHDS, i legislatori vogliono creare sistemi sanitari digitali interoperabili e moderni in tutta l'UE. Sfortunatamente, la proposta della Commissione europea non riesce a proteggere i pazienti quando si tratta della condivisione e dell'uso delle loro informazioni mediche personali da parte di terzi. I pazienti non avrebbero voce in capitolo sulla condivisione e lo sfruttamento commerciale dei loro dati e non sarebbero nemmeno informati su chi li riceve.

Il Parlamento europeo deve introdurre un regime di consenso "opt-in" in modo che gli utenti dei dati siano tenuti a ottenere un consenso valido dai pazienti le cui cartelle cliniche personali vorrebbero utilizzare per scopi secondari.

IL POST DI EDRI CONTINUA QUI



Terzopolisti immaginari


Il carattere non c’entra niente. Assume un peso quando la politica se ne è già andata via. In quello che, temerariamente, ha accettato di farsi chiamare “Terzo polo”, la gara a chi comanda è appassionante solo per chi vi partecipa. Per tutti gli altri è s

Il carattere non c’entra niente. Assume un peso quando la politica se ne è già andata via. In quello che, temerariamente, ha accettato di farsi chiamare “Terzo polo”, la gara a chi comanda è appassionante solo per chi vi partecipa. Per tutti gli altri è solo una ragione ulteriore per non andare a votare o acconciarsi a votare altro. Il modo in cui si sono infilati in questo vicolo cieco mi fa pensare che siano stati ciechi alla storia e sordi alla politica. Di voti ne hanno presi tanti, ma non basta. Se ne può prendere il quintuplo, contare nulla e sparire in fretta. Se la storia li avesse guidati e la politica assistiti avrebbero dovuto dire: no, non siamo un Terzo polo. Per le seguenti ragioni.

C’è un ricordo, che conserviamo fra le cose care. Un comizio per la chiusura della campagna referendaria, nel 1974, a favore del divorzio. La Malfa, Malagodi, Nenni e Saragat si tengono per mano. Perché non furono mai un partito unico? Perché quando s’univano, liberali e repubblicani o socialisti e socialdemocratici, prendevano meno voti che separatamente? Perché quella era la logica del sistema proporzionale. Dove, aprano le orecchie gli odierni identitaristi, non è che contassero le “identità”, ma la rappresentanza degli interessi e le idealità: per un liberale i lamalfiani erano praticamente socialisti, per un repubblicano i malagodiani dei contabili conservatori. Unendosi perdevano una quota di riottosi. Eppure si deve a loro un miracolo: l’Italia è un Paese conservatore, che vota destra e statalista, ma che deve la sua ricchezza alle riforme della sinistra democratica e il suo sistema produttivo al rigorismo della destra liberale. Poi ci si tiene per mano, in nome di una battaglia comune.

Se si resta in un sistema proporzionale le forze intermedie sono diverse fra loro, se si fa finta di passare a un sistema maggioritario non esistono terzaforzismi. In Germania c’è il sistema proporzionale e ci sono liberali e verdi. In Inghilterra c’è il maggioritario e non ci sono. Nel proporzionale ci si rappresenta da sé, nel maggioritario si lavora a modificare e colonizzare i due schieramenti.

Una politica intermedia, oggi e qui, può funzionare se apre un confronto-scontro a destra sul Pnrr e le riforme che mancano e un confronto-scontro a sinistra per l’uscita dal falso maggioritario. In questo modo provando a liberare la destra dal pauperismo protezionista e la sinistra dal masochismo dell’alleanza con il proprio becchino. Se, invece, si manovra a pescar fuoriusciti e organizzare sorprese parlamentari si rinuncia a fare politica e si usa la dote elettorale non per rappresentare un elettorato ancora più vasto, ma per giocarselo ballando la taranta del trasformismo altolocato.

Il carattere delle persone è quel che resta quando tutto il resto è perso. Il che è di nessun interesse politico e attiene all’egolatria imitativa di chi è in terapia intensiva. Miniature pretensiose.

La Ragione

L'articolo Terzopolisti immaginari proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



CHI FINANZIA IL FACTCHECKER CHE BLACKLISTA I CONSERVATORI?

@Giornalismo e disordine informativo

Due gruppi senza scopo di lucro statunitensi legati al Global Disinformation Index , un'entità britannica che inserisce nella lista nera i media conservatori, si rifiutano di rivelare dettagli chiave sulle loro operazioni, citando un'oscura legge federale di esenzione sulle "molestie", secondo un'indagine del Washington Examiner.

> La mancanza di trasparenza sui moduli fiscali depositati dai gruppi GDI potrebbe portare i legislatori e i gruppi di controllo a spingere le loro indagini sulla presunta rete di tracciamento della "disinformazione", che è stata messa sotto accusa da quando un rapporto del Washington Examiner del 9 febbraio ha dettagliato i suoi sforzi per fornire agli inserzionisti blacklist di siti Web conservatori. Diversi membri repubblicani del Congresso, tra cui il presidente del Comitato per la supervisione e la responsabilità della Camera James Comer (R-KY), hanno chiesto chiarimenti al Dipartimento di Stato per aver indirizzato i fondi della sovvenzione al GDI tra il 2020 e il 2021.

L'articolo di Gabe Kaminsky continua sul Washigton Examiner

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La Russia come l’Isis


« Non guardate questo video». Perfino gli account ucraini, di solito molto efficaci nel mobilitare un’ondata di indignazione, non postano il link al filmato dell’orrore. Bombe sugli ospedali, sui condomini, esecuzioni sommarie, torture, bambini rapiti: og

«Non guardate questo video». Perfino gli account ucraini, di solito molto efficaci nel mobilitare un’ondata di indignazione, non postano il link al filmato dell’orrore. Bombe sugli ospedali, sui condomini, esecuzioni sommarie, torture, bambini rapiti: ogni giorno si sfonda una barriera dell’indicibile, impossibile, insopportabile. Quello che fa raggelare nel video della decapitazione con un coltello di un soldato ucraino per mano di militari russi non è nemmeno il suo grido di dolore, né la sbrigativa efficienza dei boia, né l’evidente normalità del massacro compiuto di cui il comando è al corrente. A rendere il video davvero una nuova frontiera dell’orrore è il fatto che non si tratta di un “leak”: non è una denuncia degli ucraini per screditare gli invasori, è uscito sui canali della propaganda russa, ed è stato ripostato e commentato (positivamente) proprio da chi ne esce devastato senza possibilità di redenzione, i russi stessi.

In tutte le guerre, si aprono abissi di odio e ferocia. Quello che cambia è l’esibizione di quella che dovrebbe venire secretato, l’orgoglio della mostruosità, la normalità del disumano. “Gole profonde” da Mosca spiegano che la decapitazione è stata compiuta dal gruppo Wagner, e che il video è stato pubblicato intenzionalmente, per incoraggiare gli ucraini a torturare a loro volta i prigionieri russi, fermando così l’emorragia di militari di Mosca che si arrendono al nemico (3 mila soltanto a marzo, secondo Kyiv). È evidente che l’esecuzione sia stata compiuta, filmata e diffusa per terrorizzare.

Il paragone con l’Isis, nello sfoggio pubblico di violenza, è inevitabile ed è venuto in mente a molti. Per allontanarsi da questo parallelo, sarebbe bastata una condanna, una promessa di indagare e punire. Non sono arrivati. Il parlamento russo era troppo impegnato ad approvare, all’unanimità, la legge che trasforma i maschi russi in reclute da mandare in trincea con un click. I tribunali russi erano intenti a condannare a 25 anni per “alto tradimento” politici di opposizione come Vladimir Kara-Murza. La polizia russa era troppo impegnata ad arrestare chi scrive “no alla guerra” sui muri. L’esercito era indaffarato a reclutare galeotti da spedire al fronte. La magistratura era troppo impegnata a leggere tonnellate di delazioni contro i “nemici del popolo”.

In un Paese dove le maestre denunciano i bambini (e i bambini le maestre) per un disegno pacifista, dove il leader dell’opposizione in cella perde 8 chili in 15 giorni perché torturato con la fame, la Tv inneggia alla bomba atomica, gli intellettuali decantano Stalin e i giudici tolgono i
figli ai dissidenti, il limite dell’orrore è stato sfondato da tempo. Il paragone con l’Isis regge nella furia con la quale la Russia resuscita il suo passato più oscuro, cancellando con le sue mani ogni residuo rispetto o empatia che poteva suscitare.

Il 12 aprile è l’anniversario del volo di Yuri Gagarin, ma la Russia preferisce essere celebre non per le conquiste dello spazio, ma per i mercenari di Wagner che decapitano prigionieri. Il Paese che presiede il Consiglio di Sicurezza dell’Onu si sta trasformando nel Mordor, come lo chiamano gli ucraini, la terra dell’oscurità inventata da Tolkien, abitata da orchi governati con la tortura e la morte. Nel suo ultimo libro “L’antimondo russo” il filosofo Mikhail Epshtein scrive che quello russo è l’unico impero a comportarsi come colonizzatore spietato anche verso il proprio popolo, e a non cercare di migliorarne la vita, perché una dittatura di orchi non è capace di governare uomini liberi e felici. In una cultura politica, ereditata da Stalin e da Ivan il Terribile, che confonde la paura con il rispetto, ed esige la prima come segno del
secondo, il video dell’orrore è una promessa anche ai sudditi di Putin, ormai privati di vie di fuga.

La Stampa

L'articolo La Russia come l’Isis proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



EU Parliament study slams online child abuse material proposal


The European Parliament’s impact assessment of the proposal for the child sexual abuse material (CSAM) online, obtained by EURACTIV, raises hefty concerns about the privacy and technical implications of the draft law. The European Commission’s proposal to fight the dissemination...


euractiv.com/section/law-enfor…



UN'ASSOCIAZIONE INSEGNA IL FACTCHECKING A MIGLIAIA DI INDONESIANI

@Giornalismo e disordine informativo

> Bu Iroh è determinata a vedere suo nipote e a convincere suo marito a smettere di credere a ogni WhatsApp che trasmette informazioni fattuali. Vestita con un trench rosso e un berretto con una gigantesca lente d'ingrandimento in mano, porta il marito in giro per la città ascoltando le false idee della gente sul vaccino e sfatandole.

Mafindo ha un team centrale di nove persone, con migliaia di volontari in tutta l'Indonesia che aiutano a condurre corsi di formazione, verificare i fatti e coinvolgere più membri del pubblico nel lavoro dell'organizzazione.


CONTINUA SU NIEMANLAB




📚 Il Ministero dell’Istruzione e del Merito celebra il 25 aprile con un’esposizione di saggi, biografie e romanzi legati alla storia della Liberazione, custoditi presso la Biblioteca “Luigi De Gregori”. I testi saranno esposti dal 13 al 28 aprile.


Miliardi di dollari per i Paesi in via di sviluppo non hanno mai lasciato i paesi donatori.


Sara Harcourt, Senior Policy Director di ONE, movimento globale che si batte per porre fine alla povertà estrema e alle malattie prevenibili entro il 2030, ha denunciato come miliardi di dollari di donazioni da record del 2022 per i paesi in via di svilup

Sara Harcourt, Senior Policy Director di ONE, movimento globale che si batte per porre fine alla povertà estrema e alle malattie prevenibili entro il 2030, ha denunciato come miliardi di dollari di donazioni da record del 2022 per i paesi in via di sviluppo non abbiano mai lasciato i paesi donatori.

Via social Sara, basandosi su dati OECD-Development Assistance Committee (DAC), ha denunciato in un thread quanto segue:

“I livelli record di aiuti nel 2022 per i quali i paesi donatori si congratulano con se stessi sono un miraggio. Le entrate sono in: 29,3 miliardi di dollari in aiuti non hanno mai lasciato i paesi donatori.


Aggiungendo che:

“I livelli di aiuto hanno raggiunto il tetto record di 204 miliardi di dollari nel 2022, con un aumento del 13,6% in termini reali rispetto al 2021. Sembra incredibile, vero? Fino a quando non ti rendi conto che la maggior parte dell’aumento è dovuto ad aiuti che non hanno mai lasciato i paesi donatori.

Se si escludono gli aiuti spesi all’interno dei paesi donatori per i rifugiati, la spesa COVID e gli aiuti bilaterali all’Ucraina, l’APS è aumentato di appena il 3,5% nel 2022 (in termini di flusso).

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Diversi tipi di “aiuti” in realtà non raggiungono mai i paesi in via di sviluppo


Diversi tipi di “aiuti” in realtà non raggiungono mai i paesi in via di sviluppo. Ma il maggior contributo alla spesa dei donatori nel 2022 sono stati i costi per i rifugiati a causa della guerra in Ucraina. Grazie alle regole #OECD, i donatori possono contare comesono stati stanziati i soldi spesi per sostenere i rifugiati all’interno del proprio paese.

Nel 2022, 29,3 miliardi di dollari, ovvero il 14,4% degli aiuti totali per i rifugiati, sono i costi andati per i donatori. Questo è senza precedenti. Durante la crisi dei rifugiati siriani nel 2016, i costi dei donatori hanno raggiunto il picco dell’11% dell’aiuto totale.

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Nel frattempo, gli aiuti bilaterali destinati ai paesi meno sviluppati e ai paesi africani sono diminuiti nel 2022.


Nel frattempo, gli aiuti bilaterali destinati ai paesi meno sviluppati e ai paesi africani sono diminuiti nel 2022. Sostenere i rifugiati è assolutamente la cosa giusta da fare. Ma non dovrebbe andare a scapito degli aiuti ad altri paesi che soffrono di insicurezza alimentare, inflazione record e aumento del costo del debito.

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Nel Regno Unito, sono stati spesi in patria 4,5 miliardi di dollari di aiuti, il che ha portato direttamente a tagli ai programmi nei paesi a basso reddito.

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Approfondimento: UK aid budget ‘totally transformed’ as another £1.5B cut looms

I bilanci degli aiuti dovrebbero essere concentrati sulla fine della povertà e affrontare le crisi nei paesi vulnerabili, non saccheggiati per finanziare i costi interni. Non dovremmo permettere ai donatori di stabilire le regole a loro vantaggio.

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Vuoi esplorare tu stesso i dati #globalaid ? Visita la dashboard APS di ONE Campaign con le cifre più recenti sugli aiuti, ricercabili per tipi di aiuti e donatori.”


FONTE: twitter.com/Sara_Harcourt/stat…


tommasin.org/blog/2023-04-13/m…



GERUSALEMME. Patriarca cattolico: il governo israeliano ha peggiorato la vita dei cristiani


In una intervista alla Ap, Pierbattista Pizzaballa accusa l'esecutivo di Netanyahu di incoraggiare le azioni degli estremisti israeliani contro i palestinesi cristiani. L'articolo GERUSALEMME. Patriarca cattolico: il governo israeliano ha peggiorato la v

della redazione

Pagine Esteri, 13 aprile 2023 – In una intervista all’agenzia stampa statunitense Associated Press (Ap) il Patriarca latino, capo della Chiesa cattolica in Terra Santa, Pierbattista Pizzaballa, ha denunciato che l’ascesa al potere del governo di destra del primo ministro Benyamin Netanyahu ha peggiorato la vita dei cristiani nella culla della loro religione. La comunità cristiana, ha detto Pizzaballa, è oggetto di attacchi crescenti da parte di estremisti ebrei israeliani incoraggiati, a suo dire, da esponenti dell’esecutivo guidato da Netanyahu.

L’aumento degli incidenti anticristiani arriva quando i gruppi di destra, galvanizzati dai loro alleati al governo, sembrano aver colto l’attimo per espandere gli sforzi per stabilire enclavi ebraiche nei quartieri arabi di Gerusalemme est.

“La frequenza di questi attacchi è diventata qualcosa di nuovo”, ha spiegato Pizzaballa, “queste persone (gli estremisti, ndr) si sentono protette… l’atmosfera culturale e politica ora giustifica o tollera azioni contro i cristiani”.

Le difficoltà per le minoranze cristiane non sono una novità nella brulicante Città Vecchia che Israele si è annessa unilateralmente, contro il diritto internazionale, nel 1967. Ma ora la situazione sembra peggiorata perché l’attuale governo di destra di Netanyahu include leader dei coloni in ruoli chiave, come il ministro delle finanze Bezalel Smotrich e il ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir accusato di istigazione al razzismo anti-arabo.

Israele si proclama garante della libertà di culto a Gerusalemme. Ma i palestinesi cristiani ritengono che le autorità israeliane non proteggano i loro siti da attacchi mirati. Le tensioni sono aumentate dopo che la polizia israeliana, nei giorni scorsi, ha caricato con violenza i fedeli musulmani nel complesso della moschea di Al-Aqsa. A ciò si aggiunge il no di Israele all’arrivo a Gerusalemne per la Pasqua di 700 cristiani di Gaza e le proteste degli ortodossi per le restrizioni della polizia israeliana alle presenze nel S.Sepolcro per la cerimonia del “Fuoco sacro”.

Le aggressioni fisiche e le molestie al clero spesso non vengono denunciate ma sono stati documentati almeno sette gravi casi di vandalismo contro le proprietà delle chiese da gennaio a metà marzo, un forte aumento rispetto ai sei casi anticristiani registrati in tutto il 2022. I leader della chiesa incolpano gli estremisti israeliani per la maggior parte degli incidenti.

“Questa escalation porterà più violenza”, ha avvertito Pizzaballa. “Creerà una situazione che sarà molto difficile da correggere”.

A marzo, una coppia di israeliani ha fatto irruzione nella basilica accanto al Giardino del Getsemani, dove si dice sia stata sepolta la Vergine Maria. Entrambi si sono avventati su un prete con un’asta di metallo prima di essere arrestati. A febbraio, un religioso ebreo americano ha strappato dal piedistallo una rappresentazione di Cristo alta 3 metri e l’ha fracassata sul pavimento, colpendone la faccia con un martello, nella Chiesa della Flagellazione sulla Via Dolorosa, lungo la quale si crede Gesù abbia trascinato la sua croce. “Niente idoli nella città santa di Gerusalemme!” ha urlato l’aggressore. A gennaio, ebrei religiosi hanno abbattuto e vandalizzato 30 tombe contrassegnate da croci di pietra in uno storico cimitero cristiano della città.

I cristiani affermano che la polizia israeliana non ha preso sul serio la maggior parte degli attacchi. Pagine Esteri

L'articolo GERUSALEMME. Patriarca cattolico: il governo israeliano ha peggiorato la vita dei cristiani proviene da Pagine Esteri.



Pubblicata la newsletter #DigitalBridge di Mark Scott, giornalista di Politico!

@Etica Digitale (Feddit)

Oggi si occupa di Meta, Moldavia, 6G, AI e tanto altro

— Meta ormai coinvolta in un gioco del pollo con i garanti Privacy europei sul come spostare i dati delle persone dall'Europa agli Stati Uniti.
— Moldavia che sta effettivamente vivendo ora una guerra ibrida mai così intensa, principalmente online (e la risposta delle piattaforme è stata minima)
— le battaglie politiche per il 6G già in corso (anche se nessuno se ne sta occupando)
— le preoccupazioni di Jen Easterly, direttore della US Cybersecurity and Infrastructure Security Agency, in riferimento a come gli hacker possono utilizzare strumenti di intelligenza artificiale in attacchi futuri
— L'Alan Turing Institute e il Consiglio d'Europa che scrivono un manuale su come l'IA influenzerà i diritti umani
— l'interessante sezione (da pagina 27 in poi) sull'autoritarismo digitale e l'influenza malevola, della valutazione annuale delle minacce della comunità dell'intelligence statunitense

QUI LA NEWSLETTER COMPLETA

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Digital Bridge: Meta’s privacy standoff — Moldovan interference — 6G politics


POLITICO’s weekly transatlantic tech newsletter for global technology elites and political influencers. By MARK SCOTT Send tips here | Subscribe for free | View in your browser ARE YOU READY FOR ANOTHER DIGITAL BRIDGE? I’m Mark Scott, POLITICO’s chief tec

POLITICO’s weekly transatlantic tech newsletter for global technology elites and political influencers.

POLITICO Digital Bridge

By MARK SCOTT

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ARE YOU READY FOR ANOTHER DIGITAL BRIDGE? I’m Mark Scott, POLITICO’s chief technology correspondent, and as the months tick down to the summer, I’m getting myself in shape for those days at the beach. ICYMI, this is now my preferred exercise style. All I need now is to find a bear to train with.

There’s something for everyone this week:

— Meta is in a game of chicken with transatlantic privacy officials over how it can move people’s data from Europe to the United States.

— Everyone talks about hybrid warfare. But Moldova is actually living that reality out now, mostly online — and it’s not pretty.

— Here’s something no one has time for (but is already happening): the political battles for 6G have already begun.

WHO’S GOING TO BLINK FIRST? META OR PRIVACY OFFICIALS?


SOMETIME THURSDAY OR POSSIBLY FRIDAY, European Union data protection watchdogs will back a preliminary decision by Ireland’s Data Protection Commission to strip Meta of its last legal route for shipping data across the Atlantic. The company says that may force it to stop offering Facebook and Instagram within the 27-country bloc, though that’s a pretty empty threat (I’ll explain why below). But the decision marks the latest twist in a decade-long battle over privacy rights and how far American national security agencies can go when accessing information from non-U.S. citizens.

Here’s how the timing will work. After the European Data Protection Board, the pan-EU group of privacy regulators, makes its decision this week, Ireland (whose watchdog has the final say because that is where Meta is headquartered within the bloc) will have until mid-May to rubberstamp the decision. Two things will happen next. Meta almost certainly will appeal the ruling against its so-called standard contractual clauses, which are complex legal instruments required to move data between both regions. That will push any final decision against the company into the fall.

Ireland’s privacy regulator also has a lot of discretion over when that decision — banning Meta’s use of standard contractual clauses; imposing a sizable fine; and, potentially; forcing the company to delete people’s data transferred under that instrument — will come into force. Expect a three-to-six-month implementation period, again pushing Meta’s threat of shuttering its EU-focused services until the fall. That’s why that threat is so hollow. It’s not really what the company will do. It’s more of a public relations campaign to explain to its European users what’s at stake.

And that’s where the separate ongoing discussions around a new EU-U.S. data transfer deal come in. Ever since the White House published its executive order aimed at giving Europeans greater legal remedies to challenge how their data was accessed by U.S. national security agencies (more on that here), European officials have been reviewing those changes to eventually approve a new transatlantic data pact. Such an agreement would supersede Meta’s specific issues around standard contractual clauses, and end the legal uncertainty (for all) around such EU-U.S. transfers.

The new Data Privacy Framework was supposed to be done by July — more than enough time for either Meta to appeal this week’s separate privacy ruling or Ireland’s privacy regulator to give the company enough leeway to make this issue go away. But a last-minute snag may now scupper those plans. As part of the new transatlantic data pact, the U.S. Department of Justice is currently reviewing the surveillance practices of individual European countries. Its focus is on what legal remedies American citizens have to appeal such EU national security access — similar to what Europeans are about to get via U.S. courts, according to two people with direct knowledge of those discussions. They spoke on the condition of anonymity to outline the ongoing negotiations.

That oversight — which has become a precursor for American officials before they will grant Europeans access to the newly-created U.S. legal appeal process — is now likely to push back final ratification of the new EU-U.S. data agreement until September, one of those individuals added. Given that Meta is likely to win a reprieve in its own data transfer case until around that time, it’s added additional pressure on negotiations around transatlantic privacy issues that have been boiling away for more than a decade.

Does that mean Meta will turn off its services within Europe? No. Don’t believe the headlines that will say that this week. The issue, as you can see above, is a lot more complicated than that. It involves two separate processes (one involving Europe’s privacy regulators and Meta; another between EU and U.S. officials), which, while independent from one another, are also inextricably linked. For me, it’s another sign that maybe the current Western status quo on privacy matters (as discussed in last week’s newsletter) needs a rethink.

WELCOME TO MOLDOVA: THE HOT HYBRID WAR


DORIN [b]FRĂSĬNEANU WAS SCROLLING THROUGH FACEBOOK this week and saw what he and his fellow Moldovans have been bombarded with for months: ads via the social networking giant that promoted Russian disinformation. But as Frăsîneanu was, until February, foreign policy adviser to the country’s prime minister, Dorin Recean, a pro-Western politician, the ongoing Kremlin-backed propaganda flooding into the small Eastern European country represented an ongoing kick in the teeth.

“Facebook has the biggest reach because it’s where you can upload fake videos and spread them,” he told me. Other platforms like Telegram and Google’s YouTube also have allowed such messaging — mostly that Moldova should not side with Ukraine in its war with Russia; that the West is to blame for the conflict; and that Moldova would be better served by partnering with Russia. But it’s Facebook, whose users numbers in Romanian-speaking Moldova far outgun those of the other companies, that poses the biggest problem, according to Moldovan officials and independent social media experts who spoke to Digital Bridge.

Welcome to what hybrid war really looks like far away from the headlines associated with the ongoing war in Ukraine or the political tussles around Russian interference (or Hunter Biden’s laptop) in the U.S., Moldova shares a border with Ukraine; Russian troops are located in Transnistria, a breakaway part of the country; and Russian-linked politicians, most notably Ilan Shor, have been sanctioned by Washington for their ties to Moscow (he denies those charges). Maia Sandu, Moldova’s president, has repeatedly warned that the Kremlin is interfering in the country to undermine its Western-focused government in favor of those who want closer ties to Russia.

This certainly goes beyond digitally-focused propaganda and disinformation. Moldova, for instance, relies heavily on its larger Eastern neighbor for energy imports, making it particularly susceptible to Kremlin-induced pressure. But as the potential threat of actual invasion has embedded away, the country now finds itself at the heart of an online interference campaign that has seen the EU, U.S. and United Kingdom all wade in to shore up a country on the frontline of this new form of warfare.

“Russian actors, some with current ties to Russian intelligence, are seeking to stage and use protests in Moldova as a basis to foment a manufactured insurrection against the Moldovan government,” John Kirby, the White House’s coordinator for strategic communications at the National Security Council, said earlier this month. Such protests — primarily in support of Shor’s pro-Kremlin ȘOR political party — have been promoted heavily via social media and Google search ads, according to research from Reset, a tech accountability campaigning group.

So far, the platforms’ response has been minimal. Google has removed scores of YouTube-related content associated with pro-Russian views in Moldova, but Facebook ads linked to Kremlin-friendly local politicians are still showing up daily, often through anonymous users, and not via accounts directly associated with the likes of Shor. In response, Meta said it worked with local fact-checkers in the Eastern European country and held meetings with Moldovan officials — even before the most-recent protests — to listen to their concerns. “We took away Ilan Shor’s ability to advertise on our apps when he was added to the U.S. sanctions list,” Al Tolan, a Meta spokesperson, added.

Still, Frăsîneanu, the former Moldovan official, told me his government’s interactions with the companies, at least while he was an adviser, had been minimal, at best. He and his team often tried to flag harmful material, but didn’t have a contact at the company to whom they could flag it. “It’s been difficult to get them to pay attention to what’s going on,” he added. “What do we do with Big Tech and how do we ensure that it’s used for good things and not, you know, for spreading fake news?”

That’s why Recean, the country’s prime minister, and leaders of seven other Eastern European countries recently penned an open letter to “CEOs of Big Tech” urging them to do more about the real-world consequences of online interference in countries with longstanding problematic ties to Russia. “Foreign information manipulation and interference, including disinformation is being deployed to destabilize our countries, weaken our democracies,” the politicians wrote. “All our countries are under attack, too, because while direct targets differ, the ultimate goals of information warfare are universal.”

BY THE NUMBERS

infographic

**Join online U.K. Editor Jack Blanchard as he speaks one-to-one with a senior cabinet minister on the future of tech within the U.K., on Wednesday, April 19 at 6:30 p.m. BST. Register today.**

LET’S GET READY FOR 6G POLITICS


I KNOW WHAT YOU’RE THINKING. It’s hard to get even a so-called 5G connection (I wrote this in 2016, and I’m still waiting), so why are we talking about the next generation of mobile telecommunication networks? Well, countries are already lining up their lobbying bandwagons for the initial standards meetings that will lay the groundwork to determine which companies’ intellectual property will underpin these networks when they start rolling out, at best, by the end of the decade. This will most likely pit European, Japanese, South Korean and U.S. companies against those from China in the latest round of tech-related geopolitics as Washington seeks to woo its international partners to push back against Beijing.

Already, China Mobile has issued 6G recommendationsin the hopes of convincing others to follow its technological approach. The way telecom standards works is that mostly industry-led groups determine which companies’ intellectual property should become the global standard, and that technology is then licensed, globally, for all to use. Europe has Nokia and Ericsson, arguably the West’s largest telecom standards players. Asia has the likes of Samsung, while the U.S. has Intel. But it’s China, whose local players Huawei and ZTE are still global players, that is making a coordinated play for 6G market share. Here’s one to look out for: Expect some form of 6G coordination between Washington and Brussels during next month’s EU-U.S. Trade and Tech Council summit in Sweden.

WONK OF THE WEEK


WE’RE BREAKING OUT THE LONG-HAUL FLIGHTS this week to head down to Aotearoa, a.k.a. New Zealand, where Jacinda Ardern, the country’s recently-departed prime minister, will become special envoy to the so-called Christchurch Call, a multistakeholder group dedicated to combating online extremism, on April 17.

The former Kiwi leader was instrumental in setting up that organization in the wake of the 2019 massacre in Christchurch that left 51 people dead and was livestreamed via social media. That tragedy, unfortunately, has been repeated over and over again in the subsequent years — most recently during a deadly shooting in Kentucky this week that was also shared widely online.

“Terrorist and violent extremist content online is a global issue, but for many in New Zealand it is also very personal,” Chris Hipkins, New Zealand’s current prime minister, said in a statement that made reference to the 2019 attack in Christchurch. “Jacinda Ardern’s commitment to stopping violent extremist content like we saw that day is key to why she should carry on this work. Her relationships with leaders and technology companies and her drive for change will help increase the pace and ambition of the work we are doing through the Christchurch Call.”

THEY SAID WHAT, NOW?


“I am really, really worried in a way that I’ve never been that worried, and I used to deal with ISIS all the time every day,” said Jen Easterly, director of the U.S. Cybersecurity and Infrastructure Security Agency, in reference to how hackers may use artificial intelligence tools in future attacks. “We just don’t know where this is going to end up, so I am more worried than I have been in a long time about the downstream potential of the use of this technology by bad actors.”

WHAT I’M READING


— In the wake of China’s new data protection rules, known as PIPL, the country’s app developers gave more consent to users to opt out of specific data collection practices, though many who did so were unable to use these specific apps, according to researchers from the University of Oxford and Tsinghua University.

— Russian-linked hackers targeted NATO digital infrastructure in a coordinated cyberattack, causing only minor damage to public-facing websites. Ferhat Dikbiyik has more.

— The European Commission’s antitrust proposals, which include requirements for interoperability between encrypted messaging services, do not appear to have a strong grasp on the technical implications of what has been proposed, according to a critique from Matthew Green.

— The Cyberspace Administration of China published draft rules for so-called generative artificial intelligence that would require companies to conduct security and risk assessments before implementing the technology. Read the text here.

— Confused about how AI is going to affect human rights, democracy and the rule of law (aren’t we all)? The Alan Turing Institute and the Council of Europe have written a primer on everything that you need to know.

— The annual threat assessment of the U.S. intelligence community has a section (page 27 onward) on digital authoritarianism and malign influence. It’s worth a read.

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politico.eu/newsletter/digital…



EU Parliament’s Research Service confirms: Chat control violates fundamental rights


Today, the European Parliament’s Research Service (EPRS) presented a new study on the legality of the proposed Child Sexual Abuse / Chat Control Regulation to the European Parliament’s lead Committee on …

Today, the European Parliament’s Research Service (EPRS) presented a new study on the legality of the proposed Child Sexual Abuse / Chat Control Regulation to the European Parliament’s lead Committee on Home Affairs (LIBE). The legal experts conclude that “when weighing the fundamental rights affected by the measures of the CSA proposal, it can be established that the CSA proposal would violate Articles 7 and 8 of the Charter of Fundamental Rights with regard to users. This violation of the prohibition of general data retention and the prohibition of general surveillance obligations cannot be justified.” And also: „A detection order on the content of interpersonal data either on the device or the server will compromise the essence of the right to privacy under Article 7 CFR in the form of confidentiality of telecommunications. It constitutes a form of access on a generalised basis, pursuant to Schrems, where it involves an analysis of all communications going through the server.“

The experts made clear that an “increase in the number of reported contents does not necessarily lead to a corresponding increase in investigations and prosecutions leading to better protection of children. As long as the capacity of law enforcement agencies is limited to its current size, an increase in reports will make effective prosecution of depictions of abuse more difficult.”

In addition, the study finds: “It is undisputed that children need to be protected from becoming victims of child abuse and depictions of abuse online… but they also need to be able to enjoy the protection of fundamental rights as a basis for their development and transition into adulthood.” It warns: „With regards to adult users with no malicious intentions, chilling effects are likely to occur.“

In order to align the proposal with fundamental rights and make it court-proof, the experts recommend: „It should be noted that when the CSA proposal would address the above observations and would require detection orders to also be specific with regards to the group of individuals to be monitored, the detection of known material could be considered specific enough so as not to violate the prohibition of general monitoring obligations (for internet access services and hosting services) and would comply with communications secrecy (for interpersonal communication). Technically, it could be feasible to program detection technologies for known material to monitor only the exchanges of a particular type of group, thereby, preventing overly wide detection orders in terms of affected users. Such groups could for instance be members of a forum or chat group (where previously CSAM was exchanged).“

After the presentation of the study, critical questions on the proposal were voiced by Members of almost all political groups, including by Sven Simon (EPP), Paul Tang and Birgit Sippel (S&D), Moritz Körner (Renew), Patrick Breyer (Greens/EFA) and Swedish members Alice Kuhnke (Greens/EFA) and Charlie Weimers (ECR). The Commission representative was hashly criticised for admittedly not even having read the study.

Pirate Party MEP Patrick Breyer, shadow rapporteur (negotiator) for his group in the Civil Liberties Committee (LIBE) and long-time opponent of mass scanning of private communications, comments:

“The EU Parliament’s Scientific Service now confirms in crystal clear words what I and numerous human rights activists, law enforcement officials, legal experts, abuse victims and child protection organisations have been warning about for a long time: the proposed general, indiscriminate scanning of our private conversations and photos destroys the digital privacy of correspondence and violates our fundamental rights. A flood of mostly false suspicious activity reports would make effective investigations more difficult, criminalise children en masse and fail to bring the abusers and producers of such material to justice. According to this expertise, searching private communications for potential child sexual exploitation material, known or unknown, is legally feasible only if the search provisions are targeted and limited to persons presumably involved in such criminal activity.

I think negotiators understand that if we give in to the impulse and best intentions to do everything possible, but fail to respect the legal limits imposed by fundamental rights, detection provisions will be struck down by the Court of Justice altogether, and we’ll be left with nothing, and fail to achieve anything to better protect children and victims. This disaster must be avoided at all cost. No one is helping children with a regulation that will inevitably fail before the European Court of Justice.

What we really need instead of untargeted chat control and identification obligations for age verification is obliging law enforcement agencies to have known exploitation material removed from the internet, as well as Europe-wide standards for effective prevention measures, victim support and counselling, and for effective criminal investigations.”


patrick-breyer.de/en/eu-parlia…



Riapre i cancelli l’ambasciata iraniana a Riyadh


Prosegue la riconciliazione tra Iran e Arabia saudita che sta ridefinendo l'ordine regionale L'articolo Riapre i cancelli l’ambasciata iraniana a Riyadh proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/2023/04/13/medioriente/riapre-i-cancelli-lambasci

della redazione

Pagine Esteri, 13 aprile 2023L’ambasciata iraniana in Arabia saudita ha riaperto i cancelli ieri per la prima volta in sette anni nel quadro di un accordo volto a ristabilire i legami diplomatici tra Teheran e Riyadh e che dovrebbe allentare una lunga rivalità che ha alimentato crisi e conflitti in tutto il Medio oriente. L’agenzia Reuters ha scritto che ieri sono stati riaperti i pesanti cancelli dell’ambasciata iraniana a Riyadh e che alcune persone hanno ispezionato l’edificio. I due paesi avevano interrotto i rapporti nel 2016, dopo l’assalto all’ambasciata saudita a Teheran seguito all’esecuzione di un importante religioso sciita da parte di Riyadh. Ma i rapporti avevano iniziato a peggiorare un anno prima, dopo che l’Arabia saudita e gli Emirati erano intervenuti militarmente in Yemen, dove i ribelli sciiti Houthi, alleati dell’Iran, avevano preso il potere estromettendo da Sanaa il governo sostenuto dai sauditi. Negli anni successivi, Riyadh e Teheran sono giunte a pochi passi dallo scontro militare. Circa due anni fa l’inizio di colloqui tra i due paesi mediati dall’Iraq. Infine è giunto l’intervento della Cina che a marzo ha portato alla firma a Pechino di uno storico accordo di riconciliazione tra sauditi e iraniani.

La riconciliazione tra le due potenze regionali ha contribuito alla ridefinizione parziale dell’ordine mediorientale con la fine dell’isolamento arabo della Siriache ha appena ripreso le relazioni diplomatiche con la Tunisia e sarà riammessa nella Lega araba – e il riavvicinamento tra Turchia ed Egitto. E ha frenato il progetto avviato da Israele e Usa attraverso gli Accordi di Abramo per la creazione di un fronte israelo-arabo contro l’Iran. Pagine Esteri

L'articolo Riapre i cancelli l’ambasciata iraniana a Riyadh proviene da Pagine Esteri.



#Scuola, il Ministro Giuseppe Valditara ha firmato due decreti di riparto di risorse #PNRR destinati alla formazione di studenti, docenti e personale scolastico per un importo complessivo di 1 miliardo e 200 milioni.


Mosca sostituisce l’Europa con l’Africa e aumenta le esportazioni di benzina


Mosca aumenta le proprie esportazioni di benzina, trovando nuovi clienti in Africa per sostituire quelli europei venuti meno a causa delle sanzioni imposte dall'UE L'articolo Mosca sostituisce l’Europa con l’Africa e aumenta le esportazioni di benzina pr

di Redazione

Pagine Esteri, 13 aprile 2023 – Nel primo trimestre di quest’anno la Russia ha incrementato le esportazioni di benzina di quasi il 50% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, spedendo i carichi direttamente in Africa e individuando nuove rotte commerciali dopo che l’Unione Europea ha sanzionato il petrolio russo.

Mosca ha incrementato le spedizioni di carburante soprattutto verso la Nigeria, la Tunisia e la Libia, dopo che il 5 febbraio l’Unione Europea ha vietato i prodotti russi.
La Russia è stata costretta a trovare acquirenti alternativi dopo che gli hub commerciali di Anversa-Rotterdam-Amsterdam e il porto lettone di Ventspils hanno evitato i suoi prodotti.

Un tetto di prezzo di 100 dollari al barile per la benzina e il gasolio russi, imposto dal Gruppo delle Sette Nazioni, dall’UE e dall’Australia, ha costretto Mosca a trovare nuovi mercati. In precedenza esportava circa 2,5 milioni di tonnellate (60.000 barili al giorno) di benzina all’anno in Europa.

Gli sforzi della Russia per incrementare le vendite di benzina in Africa sono stati favoriti dalla riduzione delle esportazioni dai Paesi Bassi, dove il 1° aprile sono entrate in vigore nuove normative che richiedono che le miscele di carburante per i mercati di esportazione rispettino gli standard sul contenuto di zolfo, benzene e manganese.

«Sembra che l’Europa stia perdendo quote di mercato a favore della Russia in termini di esportazioni di benzina verso la Nigeria», hanno dichiarato in una nota gli analisti della società di consulenza FGE.

Il limite di prezzo della benzina è più del doppio di quello imposto alla nafta, rendendo più redditizio per i venditori russi miscelare la nafta alla benzina, ha osservato FGE, e vendere a 100 dollari al barile piuttosto che a 45 dollari.

La Russia ha esportato 1,9 milioni di benzina tra gennaio e marzo di quest’anno, in aumento rispetto agli 1,3 milioni di tonnellate del primo trimestre del 2022, secondo i dati di Refinitiv.

Un altro tracker di navi, Kpler, stima le esportazioni di gennaio-marzo a 2,2 milioni di tonnellate, in aumento rispetto a circa 1,5 milioni di tonnellate nello stesso periodo dell’anno scorso.

Secondo i dati diffusi da Kpler, l’Africa ha importato volumi record di benzina russa nel primo trimestre, pari a 812.000 tonnellate, equivalenti a circa un terzo delle esportazioni totali russe di carburante.

La Nigeria è emersa come il primo acquirente africano di benzina russa, importando 488.000 tonnellate nel primo trimestre, rispetto alle 38.000 tonnellate dello stesso periodo dell’anno scorso. – Pagine Esteri

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