Salta al contenuto principale



PRIVACY DAILY 95/2023


L’attivista di Hong Kong Joshua Wong è stato condannato a tre mesi di carcere per aver divulgato informazioni personali su un agente di polizia che ha ferito un manifestante durante le proteste antigovernative del 2019. Wong era salito alla ribalta nelle proteste pro-democrazia del 2014 ed era in custodia dopo aver manifestato l’intenzione di dichiararsi... Continue reading →


GLI INSEGNANTI DANESI USANO LE APP PER CONTROLLARE L'UMORE DEI PROPRI STUDENTI

@Etica Digitale (Feddit)

Le aziende affermano che il software può aiutare a migliorare il benessere, ma alcuni esperti temono che potrebbe avere l'effetto opposto. Di Arian Khameneh su Technology Review

Ci sono poche prove che una quantificazione di questo tipo possa essere utilizzata per risolvere problemi sociali e promuovere l'abitudine all'autosorveglianza fin dalla tenera età potrebbe alterare radicalmente il rapporto dei bambini con se stessi e tra di loro in un modo che li fa sentire peggio. piuttosto che migliore. "Difficilmente possiamo andare in un ristorante o a teatro senza che ci venga chiesto come ci sentiamo dopo e spuntando caselle qua e là", afferma Karen Vallgårda, professore associato all'Università di Copenaghen che studia storia della famiglia e dell'infanzia. "C'è una quantificazione delle emozioni e delle esperienze che sta crescendo, ed è importante che ci chiediamo se questo sia l'approccio ideale quando si tratta del benessere dei bambini".

NB: Gli scolari danesi sono nel bel mezzo di una crisi di salute mentale che uno dei più grandi partiti politici del paese ha definito una sfida "uguale all'inflazione, alla crisi ambientale e alla sicurezza nazionale". Nessuno sa perché, ma in pochi decenni il numero di bambini e giovani danesi affetti da depressione è più che sestuplicato. Un quarto degli alunni della nona elementare riferisce di aver tentato l'autolesionismo. (il problema non è circoscritto alla Danimarca: gli episodi depressivi tra gli adolescenti statunitensi sono aumentati di circa il 60% tra il 2007 e il 2017, e anche i tassi di suicidio tra gli adolescenti sono aumentati di circa il 60% nello stesso periodo). preoccupazioni" sullo stato mentale dei bambini che vedono nel loro lavoro e ha avvertito che se non si interviene immediatamente, "non vedono alcuna speranza per invertire la tendenza negativa".

Immagine di NICOLE RIFKIN

CONTINUA QUI



Il trilemma della sicurezza alimentare


Il trilemma della sicurezza alimentare sicurezza alimentare contadini
Davanti a emergenza climatica e globalizzazione la sfida per il futuro delle economie asiatiche si gioca anche nel rapporto tra risorse alimentari e popolazione. Un estratto dal nostro ultimo e-book dedicato ai trend demografici in Asia

L'articolo Il trilemma della sicurezza alimentare proviene da China Files.



Le mani di Facebook e TikTok sugli acquisti online in farmacia per alimentare il mercato pubblicitario


Avete presente la linea gialla che oggi campeggia davanti ai banchi di tutte o quasi le farmacie italiane? È il risultato di un provvedimento adottato dal Garante per la protezione dei dati personali italiano oltre vent’anni fa per garantirci, almeno in farmacia, un briciolo di riservatezza e consentirci di acquistare le medicine di cui abbiamo... Continue reading →


VIDEO. E’ guerra civile in Sudan,180 morti in tre giorni


Protagoniste le Forze di supporto rapido (Rsf), la formazione paramilitare controllata Mohamed Hamdan “Hemeti” Dagalo entrato in conflitto con il generale Al Burhan. Entrambi il 25 ottobre 2021 avevano preso il potere rovesciando il governo democratico ci

AGGIORNAMENTO 17 APRILE ORE 20.15

Più di 180 persone sono state uccise e altre 1.800 ferite in tre giorni di combattimenti tra le fazioni rivali in Sudan, riferisce il rappresentante speciale delle Nazioni Unite nel paese. “È una situazione fluida, quindi è molto difficile dire dove si stia spostando l’equilibrio”, ha aggiunto Volker Perthes a proposito della violenza tra l’esercito e le forze paramilitari guidate rispettivamente da Abdel Fattah El Burhan e Mohammad Hamdan Dagalo detto “Hemeti”

————————————————————————————————————————————-

di Michele Giorgio

Pagine Esteri, 15 aprile 2023 – Resta fluida la situazione in Sudan dove è in corso un tentativo, non è chiaro se destinato al successo, di golpe da parte delle Forze di supporto rapido (Rsf), la formazione paramilitare controllata da Mohamed Hamdan “Hemeti” Dagalo, contro il capo della giunta militare Abdel Fattah al Burhan. Entrambi erano già stati autori, il 25 ottobre 2021, di un colpo di stato che ha interrotto la transizione del Sudan verso la democrazia cominciata dopo la rimozione dal potere, dopo trent’anni, di Omar Al Bashir nel 2019. Contro questo golpe hanno manifestato e protestato con forza i sudanesi: la repressione dei militari golpisti ha fatto centinaia di morti e feriti.

Le Rsf hanno fatto sapere di aver preso il controllo del Palazzo presidenziale infliggendo pesanti perdite all’esercito regolare e di essere vicine ad occupare l’aeroporto di Khartoum. Fonti dell’esercito però smentiscono. La tensione tra l’esercito, agli ordini di Al Burhan, e i paramilitari delle Rsf era molto alta da diversi giorni. Poi questa mattina ha avuto inizio una offensiva delle forze regolari contro la base di Soba, a sud di Khartoum, da alcuni giorni nella mani delle Rsf. Gli scontri si sono poi allargati ad altre basi militari nel Paese e anche al centro di Khartoum, in particolare nella zona del palazzo presidenziale.

Da mesi si stava negoziando il ritorno del governo nelle mani dei civili senza però un risultato definitivo. Un punto critico riguardava l’integrazione all’interno dell’esercito delle Rsf formate anche da ex membri delle milizie janjaweed – accusate di crimini nel Darfur – e che sarebbero sostenute dalla Russia e dall’organizzazione mercenaria Wagner. Pagine Esteri

GUARDA IL VIDEO

youtube.com/embed/sZPDb3jZHek?…

L'articolo VIDEO. E’ guerra civile in Sudan,180 morti in tre giorni proviene da Pagine Esteri.



Export armi agli Emirati Arabi Uniti. Il governo fa cadere il divieto


Cade il divieto di export di armi negli Emirati Arabi Uniti. Lo ha deciso il governo di Giorgia Meloni, che ha dato attuazione a una decisione presa dal precedente esecutivo guidato da Mario Draghi. “Il 5 agosto 2021, il Consiglio dei ministri ha avuto co

Cade il divieto di export di armi negli Emirati Arabi Uniti. Lo ha deciso il governo di Giorgia Meloni, che ha dato attuazione a una decisione presa dal precedente esecutivo guidato da Mario Draghi.

“Il 5 agosto 2021, il Consiglio dei ministri ha avuto conferma dall’allora Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, d’intesa con il Parlamento, dopo un’indagine conoscitiva della Commissione affari esteri e comunitari della Camera, del fatto che l’impegno militare degli Emirati Arabi Uniti in Yemen era cessato. In seguito, lo scenario ha continuato a evolversi positivamente: da aprile 2022 le attività militari in Yemen sono rallentate e circoscritte e l’attività diplomatica ha avuto una importante accelerazione”.

“L’impegno degli Emirati Arabi Uniti con altri attori regionali ha fatto progressi”, spiega la nota post Consiglio dei ministri. “Tra il 2015 e il 2021 gli Emirati hanno stanziato 5,5 miliardi di euro per la stabilizzazione e ricostruzione dello Yemen, impegno che è continuato nel 2022 con 500 milioni di euro e ancora nel novembre scorso, con Fondo monetario internazionale e Arab Monetary Fund, con un impegno di 1,5 miliardi di dollari in tre anni”, si legge ancora.

È alla luce di questi “nuovi elementi” che “il Consiglio dei ministri oggi, dopo aver ascoltato una dettagliata relazione del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, ha dato attuazione a quanto stabilito dal precedente Governo, e dunque attesta che l’esportazione di materiale d’armamento negli Emirati Arabi Uniti non ricade più tra i divieti stabiliti dall’art. 1, commi 5 e 6, della legge 9 luglio 1990, n. 185”.

A inizio marzo, Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, aveva fatto visita negli Emirati Arabi Uniti. Una vista che “segue da vicino la recente visita del ministro della Difesa italiano, Guido Crosetto, ad Abu Dhabi, che potrebbe indicare un focus sul rinvigorimento della cooperazione in difesa e sicurezza, compresa la vendita di armi”, spiegava Ebtesam al-Ketbi, presidente e fondatrice dell’Emirates Policy Center, a Formiche.net. “Ciò suggerisce”, aggiunga allora, “una nuova pagina nel rapporto tra i due Paesi che ha superato la spaccatura nel rapporto tra i due Paesi nel 2021”.


formiche.net/2023/04/emirati-a…



Presentazione del libro “Non diamoci del Tu – La separazione delle carriere” – 20 aprile 2023, Tivoli


Aula Magna del Convitto Nazionale Amedeo di Savoia Saluti iniziali ELIANA LELLI, Presidente Consiglio Ordine Avvocati di Tivoli NICOLA DI GRAZIA, Presidente Sezione Penale del Tribunale Tivoli GIUSEPPE PROIETTI, Sindaco del Comune di Tivoli Introducono MO

Aula Magna del Convitto Nazionale Amedeo di Savoia

Saluti iniziali
ELIANA LELLI, Presidente Consiglio Ordine Avvocati di Tivoli
NICOLA DI GRAZIA, Presidente Sezione Penale del Tribunale Tivoli
GIUSEPPE PROIETTI, Sindaco del Comune di Tivoli

Introducono
MONICA ROSSI, Avvocato
VALTER CARA, Avvocato
FRANCESCO FRATINI, Avvocato

Intervengono
ALESSANDRO PALOMBI, Membro della II Commissione Giustizia
ENRICO COSTA, Membro della II Commissione Giustizia
FABIO FERRARA, Presidente Camera Penale di Palermo
FRANCESCO PETRELLI, Direttore Rivista UCPI DIRITTO DI DIFESA
BENIAMINO MIGLIUCCI, Presidente della Fondazione UCPI

Modera
FABIO FRATTINI, Presidente Camera Penale di Tivoli

Sarà presente l’autore

L'articolo Presentazione del libro “Non diamoci del Tu – La separazione delle carriere” – 20 aprile 2023, Tivoli proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Hanno approvato in Italia una legge per un contrasto forte alla pirateria. Il fatto è che comporta rischi importanti per gli internauti.


Il complottista che è in noi e i modesti margini per il realismo liberale


Il 32% degli italiani è convinto che l’attentato alle Torri gemelle sia stato organizzato dagli stessi americani, il 29% ritiene che la missione Apollo 11 fosse una fake news e che l’uomo non sia mai sbarcato sulla luna, il 17% considera “plausibile” che

Il 32% degli italiani è convinto che l’attentato alle Torri gemelle sia stato organizzato dagli stessi americani, il 29% ritiene che la missione Apollo 11 fosse una fake news e che l’uomo non sia mai sbarcato sulla luna, il 17% considera “plausibile” che l’Olocausto non sia avvenuto, il 25% ritiene che i vaccini siano uno strumento per controllare i popoli attraverso il 5G (?), il 15% pensa che “probabilmente” la terra non sia sferica ma piatta… Questi, tra gli altri, i risultati di un recente sondaggio di Swg. Ce n’è abbastanza per tirare una conclusione tanto amara quanto liquidatoria: siamo circondati da coglioni ossessionati dai complotti, in media uno su quattro. C’è del vero, naturalmente, ma la questione è leggermente più complessa.

Il problema è che, come ha spiegato con inedita chiarezza ai primi del Novecento lo psicologo delle masse Gustave Le Bon, “la ragione crea la scienza, ma sono i sentimenti a guidare la storia”. E i sentimenti, da sempre più forti della ragione, possono indurci a confutare anche le più acclarate evidenze scientifiche e a rifugiarci nelle tutto sommato rassicuranti teorie del complotto. Rassicuranti perché aiutano a dare un ordine al caos, ad escludere il ruolo spesso determinante del caso, a confermare i nostri più radicati pregiudizi.

Nel pieno della campagna elettorale per le presidenziali del 2004, gli psicologi Drew Westen, Stefan Haman e Clint Kilts selezionarono due gruppi di militanti politici, il primo composto da 15 democratici convinti, il secondo da altrettanti non meno convinti repubblicani. Collegarono ciascuno di loro ad una macchina che attraverso la risonanza magnetica ne verificava le reazioni cerebrali e gli sottoposero una serie di affermazioni in video del candidato repubblicano (George W. Bush) e di quello democratico (John Kerry), molte delle quali denunciavano evidenti contraddizioni. Come sospettavano, la stragrande maggioranza dei militanti democratici percepì nitidamente le contraddizioni di Bush, mentre non avvertì affatto quelle di Kerry. E viceversa. Questo per dire quanto contino i pregiudizi e quanto (poco) conti l’evidenza dei fatti. Dunque, quanto sia tutto sommato naturale avere un approccio complottista ai grandi accadimenti della Storia.

Osservò Umberto Eco che “la psicologia del complotto nasce dal fatto che le spiegazioni più evidenti di molti fatti preoccupanti non ci soddisfano, e spesso non ci soddisfano perché ci fa male accettarle”. Meglio, allora, inventarsi una realtà parallela. Meglio anche perché, proseguiva Eco, “l’interpretazione sospettosa ci assolve dalle nostre responsabilità” e, come ha osservato il politologo Angelo Panebianco, ci evita la fatica di cimentarci con la “complessità della storia”.

Un tempo, era la religione ad assolvere a questo disperato ed arciumano bisogno di spiegazioni ultime e trascendenti. Ma Dio è morto, e, come ammoniva il grande storico delle religioni Mircea Eliade, “l’alternativa alla religione non è il trionfo della Dea Ragione, ma della superstizione”. E vai, dunque, col terrapiattismo…

Il resto, è noto, lo fanno i social. I social dove, come lamentava Eco, ogni assurdità complottista trova oggi la propria rassicurante community. I social dove, come ha certificato il Mit di Boston, le notizie false si diffondo sei volte più velocemente delle notizie vere.

Ecco dunque sommariamente spiegato cosa si celi dietro gli allucinanti dati Swg. Ed ecco spiegato perché in politica trionfi la demagogia e fatichi ad affermarsi quell’approccio realista e competente tipico del metodo liberale.

Huffington Post

L'articolo Il complottista che è in noi e i modesti margini per il realismo liberale proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Pierre Schoendoerffer – La 317a Sessione


L'articolo Pierre Schoendoerffer – La 317a Sessione proviene da Fondazione Luigi Einaudi. https://www.fondazioneluigieinaudi.it/pierre-schoendoerffer-la-317a-sessione/ https://www.fondazioneluigieinaudi.it/feed


RiStabilità


Il Patto di stabilità e crescita, che contiene le regole di bilancio cui i Paesi dell’Unione europea devono attenersi, è stato sospeso durante l’emergenza pandemica e tornerà in vigore una volta iniziato il 2024. Sul punto c’è un equivoco: è stato sospeso

Il Patto di stabilità e crescita, che contiene le regole di bilancio cui i Paesi dell’Unione europea devono attenersi, è stato sospeso durante l’emergenza pandemica e tornerà in vigore una volta iniziato il 2024. Sul punto c’è un equivoco: è stato sospeso il Patto, mica la realtà. La prima cosa è alla portata dei governi, la seconda no. In emergenza si è potuto spendere di più, accrescendo deficit e debito, senza incorrere in vincoli interni, ma quei vincoli mica erano stati elaborati per la gioia di coltivare bonsai economici, bensì per evitare che deficit e debiti eccessivi squilibrino il mercato interno e sfondino le dighe che difendono dalle alluvioni speculative. Quindi il Patto era sospeso, ma i problemi e i costi dei debiti crescenti sono lì a ricordarci il peso della realtà.

Analogo effetto hanno le richieste di questa o quella spesa, sempre nobilmente indirizzata (da ultimo quella relativa agli aiuti all’Ucraina), in “deroga” al Patto: evita la contestazione dell’ufficio, ma non evita per nulla la conseguenza sul bilancio e sugli acquirenti di debito.

Lo scorso 14 marzo l’Ecofin, ovvero l’insieme dei ministri dell’economia e delle finanze dei Paesi Ue, ha proseguito l’esame della proposta fatta dalla Commissione europea, circa la riforma del Patto. In brutale sintesi, la Commissione propone che i Paesi che si trovano con un eccesso di deficit o debito o di entrambi negozino, ciascuno a partire dalle proprie condizioni, con la Commissione stessa il percorso di rientro. In tale negoziato su misura c’è una coda velenosa: si terrà conto della sostenibilità di ciascun debito, segnalandone la pericolosità al mercato. L’alternativa, se la riforma non si facesse, sarebbe vedere tornare in vigore il vecchio trattato, con meccanismi automatici di riequilibrio. Questo è il punto importante, che serve a capire il seguito: non è che quei meccanismi non abbiano funzionato, è che non sono stati applicati pienamente, bensì solo a spizzichi e bocconi. Tanto che il ministro dell’economia tedesca, il liberale Christian Lindner sostiene: <<Inutile avere regole che sono soggette alla discrezionalità politica e alla fine non funzionano mai>>. Difficile dargli torto.

Dopo quella riunione la Germania ha diffuso un proprio “non paper”, una riflessione informale, in cui sostiene che passi pure per la negoziabilità proposta dalla Commissione, ma se poi non funziona si passa alla garanzia di un sistema automatico, con una riduzione obbligatoria proporzionale allo squilibrio del debito, fino all’1% annuo del prodotto interno lordo.

L’Italia si trova fra questi scogli: la proposta della Commissione porterebbe ad una indicazione di pericolo per il nostro debito, quella tedesca all’automaticità della sua riduzione. E nella misura massima, visto che il Fondo monetario internazionale ha provveduto a ricordare che, nel mondo sviluppato, il nostro debito è secondo solo a quello del Giappone, ma con una condizione interna assai diversa (colà altro che pensionati che neanche hanno 60 anni!). Che intendiamo fare? Se la sinistra non fosse impegnata a convincere sé stessa d’essere de sinistra e i terzopolisti a scannarsi e mettere in fuga gli elettori, proverebbero a incalzare il governo su questo tema.

Aumentare il debito è bello nell’immediato e molto doloroso nel futuro subito successivo, dimostra sovranità nazionale nello svendere sovranità nazionale. Il debito toglie libertà. Diminuire il debito è doloroso nell’immediato e un sollievo subito dopo, riconquistando sovranità e libertà. Un governo che pensasse di durare non avrebbe dubbi e scegliere la riduzione. Chi pensa di cadere sceglie l’indebitamento. Chi non sceglie si barcamena nell’inutilità.

Una cosa è sicura: se non si sarà capaci di usare i fondi europei e si penserà di tenere in ostaggio gli altri immobilizzandoli sul Meccanismo europeo di stabilità (Mes), i due scogli si stringeranno e si dovrà chiedere a Schettino l’effetto che fa. A quel punto il Patto sarà difficile, ma la stabilità ancora di più.

La Ragione

L'articolo RiStabilità proviene da Fondazione Luigi Einaudi.




Il fondatore di Anonymous Russia è stato arrestato

@Pirati Europei

Arrestato in Bielorussia uno dei leader del gruppo hacker filorusso #Killnet: è un 18enne bielorusso ed era a capo di Anonymous Russia. Non si sa di cosa sia accusato. Lo ha detto il fondatore di Killnet nel suo canale Telegram.

Il fondatore del gruppo Killnet noto con il soprannome Killmilk ha deciso di “deanonimizzare” il membro della comunità arrestato. Secondo lui, il capo di Anonymous Russia è un cittadino bielorusso di 18 anni, studente del liceo, Arseniy Eliseev, noto con i nick Raty o Mr. Raty e residente a Gomel. Ora si trova in stato di fermo, in custodia cautelare, in una cella di isolamento presso l’ufficio investigativo di Gomel.

(CONTINUA QUI)

Il cittadino bielorusso di 18 anni e studente di liceo, Arseniy Eliseev, noto con i nick Raty o Mr. Raty e residente a Gomel

Questa voce è stata modificata (2 anni fa)

reshared this



🍀 ThePrivacyPost è un account di servizio gestito direttamente dagli amministratori di Poliverso e pubblica notizie provenienti da diversi siti, blog, account del fediverso e alcuni contenuti originali.
🩸 Se apprezzi questo servizio, prendi in considerazione la possibilità di effettuare una donazione a Poliverso. Puoi scegliere due canali:

1) Ko-Fi
2) LiberaPay 💳

Supporta Poliverso con Ko-Fi

Supporta Poliverso con LiberaPay

reshared this



Su Intelligenza Artificiale Spiegata Semplice – Il podcast di AI Play, riascolta la puntata


Grazie a Pasquale Viscanti e Giacinto Fiore per l’ospitalità su “Intelligenza Artificiale Spiegata Semplice”, il podcast di AI Play, dove abbiamo parlato di cosa insegna la vicenda ChatGPT a Manager e imprenditori dell’IA. Per riascoltare la puntata clicca qui.


guidoscorza.it/su-intelligenza…



4900 prigionieri politici palestinesi in carcere in Israele


Tra di essi anche donne e minori. Oltre mille sono agli arresti "amministrativi", senza processo L'articolo 4900 prigionieri politici palestinesi in carcere in Israele proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/2023/04/17/medioriente/4900-prigio

della redazione

Pagine Esteri, 17 aprile 2023Sono 4.900 i prigionieri politici palestinesi nelle carceri israeliane tra cui 31 donne e 160 minori e più di 1.000 detenuti “amministrativi”, ossia in carcere senza processo, tra cui due giovani donne, il numero più alto dal 2003. 544 prigionieri scontano il carcere a vita, il caso più noto è quello di Abdullah Al-Barghouti (67 ergastoli). Sono questi i dati comunicati da Ong locali e internazionali in occasione della Giornata del prigioniero palestinese.

Quest’anno, dal primo gennaio al 15 aprile circa 2300 palestinesi sono stati arrestati dalle forze militari e di polizia di Israele. Tra di questi 350 sono minori.

Le Ong aggiungono che circa 700 detenuti sono ammalati, tra cui 24 affetti da cancro. In questi giorni è in corso una campagna per far scarcerare Walid Daqqah (detenuto da 37 anni) affetto da mielofibrosi. Le sue condizioni si sarebbero aggravate, sostengono i palestinesi, a causa di cure adeguate in carcere. Pagine Esteri

L'articolo 4900 prigionieri politici palestinesi in carcere in Israele proviene da Pagine Esteri.



Le iniziative delle altre Autorità


L’Autorità garante spagnola adotta delle Linee Guida per la prevenzione dei data breach nella Pubblica Amministrazione L’Agenzia spagnola per la protezione dei dati (AEPD) ha pubblicato le Orientaciones para tratamientos que implican comunicación de datos entre Administraciones Públicas ante el riesgo de brechas de datos personales. Si tratta di un documento rivolto al settore pubblico... Continue reading →


La decisione del governo di nominare il Responsabile del Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione del Viminale, Commissario straordinario all' Emergenza Nazi


Perù: uccise giornalista, condannato ex ministro degli Interni


di Redazione Pagine Esteri, 17 aprile 2023 – Un generale in pensione ed ex candidato alla presidenza del Perù, Daniel Urresti, è stato condannato a 12 anni di carcere per crimini contro l’umanità perché riconosciuto colpevole di aver partecipato all’omici

di Redazione

Pagine Esteri, 17 aprile 2023 – Un generale in pensione ed ex candidato alla presidenza del Perù, Daniel Urresti, è stato condannato a 12 anni di carcere per crimini contro l’umanità perché riconosciuto colpevole di aver partecipato all’omicidio di un giornalista.

Nei giorni scorsi un tribunale ha infatti stabilito che Urresti, che all’epoca era un ufficiale dei servizi segreti militari di Lima, partecipò all’agguato e all’omicidio di Hugo Bustíos, un reporter del settimanale peruviano “Caretas” che stava svolgendo un’inchiesta sulla violazione dei diritti umani da parte degli apparati di sicurezza.

Il giornalista lavorava nella regione andina di Ayacucho, al centro del conflitto armato tra guerriglia maoista e forze governative negli anni Ottanta e Novanta. Prima di essere assassinato, il reporter ha documentato le violazioni dei diritti umani compiute nella regione sia dai ribelli di Sendero Luminoso sia dalle forze armate. La regione di Ayacucho è stata la più colpita dalla violenza politica che ha causato quasi 70mila tra morti e desaparecidos, stando al bilancio fornito dalla Commissione per la verità e la riconciliazione del Perù.

Il 24 novembre del 1988 Bustíos si stava recando ad Erapata, nel sud-ovest del paese, per indagare sull’uccisione di un contadino e di suo figlio. Bustíos era convinto che gli autori degli omicidi fossero alcuni membri dell’esercito, che in quella zona erano allora impegnati in una dura repressione di Sendero Luminoso. Mentre era sulla strada per Erapata insieme al collega Eduardo Rojas, cadde in un’imboscata realizzata da alcuni militari in abiti civili: prima venne ferito con alcuni colpi d’arma da fuoco e poi fu ucciso dopo che sul suo corpo venne piazzato dell’esplosivo per incolpare i ribelli maoisti. Il suo collega Rojas però riuscì a fuggire e a raccontare l’accaduto.

Per l’omicidio, nel 2007, è stato già condannato come mandante il comandante della locale base militare, Victor La Vera Hernández, che dopo essere uscito di prigione già nel 2011 indicò Urresti come uno degli esecutori materiali. Il politico fu quindi processato una prima volta ma venne assolto nel 2018. Nel 2019, però, la Corte Suprema di Lima ordinò un nuovo processo sostenendo che i giudici non avessero valutato adeguatamente alcune prove e testimonianze contro l’ex militare che nel 2014 e 2015 ha ricoperto anche l’incarico di ministro degli Interni nel governo del populista Ollanta Humala e poi di deputato.

La Commissione Interamericana per i Diritti Umani aveva già condannato le autorità peruviane per aver violato il diritto dei parenti della vittima alla verità non indagando adeguatamente sull’omicidio. Gli avvocati della Difesa hanno annunciato che ricorreranno in appello nonostante l’accusa avesse chiesto una condanna a 25 anni. Prima della sentenza Urresti ha scritto di Twitter di sentirsi “ingiustamente perseguitato”.

Ma Urresti è attualmente indagato per il ruolo che ebbe, come ministro degli Interni, nella repressione che nel febbraio del 2015 portò alla morte di uno studente di 25 anni e al ferimento di altri manifestanti che partecipavano ad uno sciopero. Gli agenti della Polizia Nazionale spararono contro i manifestanti a Pichanaki causando molte vittime. L’allora ministro affermò che gli agenti non avevano fatto ricorso alle armi da fuoco ma venne smentito da numerose testimonianze e poco dopo il presidente Humala gli revocò l’incarico. – Pagine Esteri

L'articolo Perù: uccise giornalista, condannato ex ministro degli Interni proviene da Pagine Esteri.



#NotiziePerLaScuola

È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.

Poliverso & Poliversity reshared this.



Phantom of the Paradise


Questo film è la storia di quel sound..., dell'uomo che lo creò, della ragazza che lo cantò e del mostro che lo rubò.

Questo è l'intro di apertura del musical dal regista Brian De Palma ,prodotto dalla 20th century Fox nel 1974, (andato in onda in Italia nel 1989) e uno dei pochi musical che ho più apprezzato (io che non adoro i musical)e che sono andata a scovare per curiosità dopo che un amico americano ci aveva chiesto di partecipare ad una tribute per il 50' anniversario dell'uscita.

iyezine.com/phantom-of-the-par…



In Cina e Asia – Il Ministro della Difesa cinese incontra Putin


In Cina e Asia – Il Ministro della Difesa cinese incontra Putin Putin
I titoli di oggi:

Il Ministro della Difesa cinese incontra Putin
Ucraina: trovate "componenti di fabbricazione cinese" nelle armi russe
Borrell: "La Cina può svolgere un ruolo nella guerra"
Usa: società cinesi accusate di fornire al cartello messicano i precursori chimici del fentanil
Veterani del Partito comunista a capo dell’ufficio per Hong Kong e Macao
Sentenza di un tribunale di Pechino: gli "straordinari su WeChat" vanno pagati
Il Giappone avrà il suo primo casinò
L'esercito sudcoreano spara colpi di avvertimento contro una motovedetta della Corea del Nord

L'articolo In Cina e Asia – Il Ministro della Difesa cinese incontra Putin proviene da China Files.



SCONTRI IN SUDAN. Gradito anche all’Italia il capo miliziano Dagalo


Il leader delle famigerate Forze di supporto rapido (Rsf) è stato in visita “privata” in Italia il 9 febbraio 2022. Sul tavolo dei contatti con Roma anche "il contrasto alla migrazione irregolare" L'articolo SCONTRI IN SUDAN. Gradito anche all’Italia il

di Antonio Mazzeo

Pagine Esteri, 17 aprile 2023 – Buoni contro cattivi, forze militari regolari contro paramilitari, filo-occidentali contro filo-russi. Ancora una volta analisti e commentatori tv preferiscono le esemplificazioni binarie per descrivere gli attori (solo alcuni di essi, in verità), che in queste ore si combattono violentemente nelle strade di Khartoum, capitale del Sudan. Da una parte le unità dell’esercito fedeli al presidente del Consiglio Sovrano di Transizione, il generale Abdel Fattah Abdelrahman al-Burhan; dall’altra le Forze di Supporto Rapido (RSF), corpo d’élite del Servizio nazionale d’intelligence, guidate dal vicepresidente del consiglio, il generale Mohamed Hamdan Dagalo, detto “Hemetti”. Il primo lo si vorrebbe vicino a Washington, il secondo a Mosca, ma probabilmente più che dalle distinte preferenze sui partner internazionali, il tentato golpe nasce dalla ferma opposizione del generale Hemetti a porre le “sue” milizie sotto il controllo della Presidenza del consiglio. “Un progetto – scrive l’africanista Fulvio Beltrami – in cui Hemetti vede un tentativo di distruggere il suo potere (e dei suoi immensi affari), privandolo del controllo della potente unità di combattimento”. (1)

Le Forze di Supporto Rapido conterebbero attualmente su un enorme numero di militari bene armati e addestrati – tra i 50.000 e i 70.000 -, molti dei quali già in forza alla Janjaweed, la milizia araba impiegata dal governo sudanese durante la lunga guerra in Darfur esplosa nel febbraio 2003. Le RSF furono istituite nel 2013 e poste sotto il comando del generale Hemetti; da allora si sono macchiate di gravi crimini contro l’umanità (massacri di civili, saccheggi e distruzioni, stupri, ecc.), soprattutto nel biennio 2014-15 ancora in Darfur. Il 3 giugno 2019, due mesi dopo il colpo di stato che costrinse alla fuga il presidente Omar al-Bashir in carica da 25 anni, i reparti guidati da Mohamed Hamdan Dagalo attaccarono con gas e armi da fuoco numerosi manifestanti nelle strade di Khartoum, uccidendo più di un centinaio di persone e gettandone i corpi nel Nilo.

Dopo un secondo golpe militare a fine ottobre 2021, al vertice dello stato africano si insediò il Consiglio Sovrano di Transizione presieduto dal generale al-Burhan, vicepresidente il sempre più potente capo delle RSF, impunito per le efferate stragi ma gradito a diverse cancellerie europee, Roma in testa. Come rilevato da Africa ExPress, Mohamed Hamdan Dagalo Hemetti è stato in visita “privata” in Italia il 9 febbraio 2022, in compagnia del fratello Al-Qoni Hamdan (ufficiale delle Forze di Supporto Rapido, responsabile del settore appalti) e da un uomo d’affari di origini siriane, Muhammad Abdul Halim. “Hemetti mirava anche ad ottenere finanziamenti per acquistare da una fabbrica italiana le attrezzature lattiero-casearie necessarie agli impianti in costruzione in Etiopia”, ha riportato la testata giornalistica. (2)

Il 3 settembre 2022 è stato l’ambasciatore italiano a Khartoum, Gianluigi Vassallo, a recarsi in visita dal generale Mohamed Hamdan Dagalo, nei sui uffici del Palazzo presidenziale di Khartoum. Sul meeting è stata pubblicata una lunga nota sul sito istituzionale delle RSF. “Il diplomatico è stato ricevuto allo scadere del suo incarico, alla presenza del sottosegretario per gli Affari esteri, l’ambasciatore Dafa-Allah Al-Haj, e del Direttore del dipartimento europeo, l’ambasciatore Khalid Musa”, vi si legge. “Il vice presidente del Consiglio Sovrano di Transizione, generale Mohammed Hamdan Dagalo ha sottolineato il desiderio del Sudan di sviluppare e rafforzare le sue relazioni con l’Italia in tutti i campi nell’interesse dei due paesi. Ha inoltre invitato l’Italia e la comunità internazionale a sostenere il Sudan e il suo popolo nel portare avanti il processo di transizione democratica (…) Dagalo ha lodato gli sforzi dell’Italia a supporto della stabilità del Sudan, apprezzando il livello del fruttuoso coordinamento tra i due paesi nei settori della lotta all’immigrazione illegale, della salute e degli interventi umanitari”. Altrettanto enfatiche le parole dell’ambasciatore Vassallo. “Esprimo il mio apprezzamento al governo del Sudan e al suo popolo per il sostegno continuo e il rispetto per il mio lavoro a Khartoum”, ha dichiarato il diplomatico. “E’ stata un’esperienza unica che ha testimoniato il grande sviluppo delle relazioni tra i due paesi. L’Italia continuerà a sostenere gli sforzi del Sudan per conseguire la stabilità e la transizione democratica e a cooperare insieme per combattere l’immigrazione illegale. Il mio paese ha donato 250.000 euro per supportare ciò che è stato danneggiato dai disastri naturali in Sudan. (3)

6603386

Chiodo fisso quello dell’immigrazione irregolare per tutti i governi succedutisi alla guida del bel paese nelle ultime decadi, anche a costo di stringere relazioni e alleanze con i regimi più indigesti, impresentabili, violenti e corrotti del continente africano. Con il Sudan è stato firmato il 3 agosto 2016 un memorandum sui temi della gestione dei fenomeni migratori e delle frontiere (a sottoscriverlo a Roma l’allora direttore generale della Pubblica sicurezza, prefetto Franco Gabrielli e il direttore generale delle Forze di polizia sudanesi, generale Hashim Osman el-Hussein).

“Le parti di dichiarano pienamente impegnate a impedire i pericolosi viaggi di migranti che mettono seriamente a rischio le loro vite e convinte che un’efficace politica di rimpatrio avrebbe un notevole effetto deterrente, contribuendo a prevenire la migrazione irregolare e le tragedie umanitarie ad essa connesse”, si legge nel preambolo del memorandum.

L’accordo, mai revocato dall’Italia nonostante i successivi sanguinosi colpi di stato in Sudan, prevede la collaborazione tra le due forze di polizia in ampi settori: contrasto al crimine organizzato internazionale, immigrazione irregolare, traffico di esseri umani, crimine telematico e finanziario, riciclaggio di denaro, contraffazione di documenti, corruzione, ecc.. Numerosi gli interventi previsti: scambio di informazioni sui gruppi criminali organizzati, sulla loro struttura, gestione e modus operandi, nonché sull’applicazione delle misure di prevenzione personali e patrimoniali; scambio di informazioni sui gruppi terroristici operanti nei rispettivi territori e in materia di immigrazione irregolare e per combattere la tratta di esseri umani e il traffico di migranti; scambi di esperienze e di esperti tra le forze di polizia; organizzazione di corsi e attività addestrative; scambio di informazioni sui passaporti e sugli altri documenti di viaggio, sui visti e sui timbri di ingresso e uscita; possibile partecipazione congiunta ad iniziative di cooperazione operativa a livello regionale o internazionale, “anche nell’ambito delle attività svolte dalle competenti agenzie dell’Unione Europea, quali Frontex ed Europol”. Onde migliorare le capacità di gestione delle frontiere e dei flussi migratori e di contrasto alla migrazione irregolare, il memorandum prevede la possibilità che l’Italia offra alle autorità sudanesi “supporto e assistenza tecnica in termini di formazione e di fornitura di mezzi e di equipaggiamento”.

Infine una serie di articoli in tema di rimpatri di cittadini irregolari. “Le competenti autorità sudanesi forniscono assistenza e supporto nell’accertamento della nazionalità dei migranti irregolari, procedendo alla loro identificazione, al fine di consentire alle competenti autorità italiane di eseguire le misure di rimpatrio”, è previsto all’art. 9. “Le competenti autorità diplomatiche/consolari del Sudan procedono senza indugio alle interviste delle persone da rimpatriare, al fine di stabilire la loro nazionalità e, sulla base dei risultati del colloquio, senza svolgere ulteriori indagini sulla loro identità, emettono, il prima possibile, documenti di viaggio sudanesi d’emergenza, consentendo in tal modo alle competenti autorità italiane di organizzare ed eseguire operazioni di rimpatrio mediante voli di linea o charter”.

Il funesto e liberticida accordo sottoscritto quando ancora alla guida dello stato africano c’era Omar Hassan al-Bashir (dal 30 giugno 1989 incriminato dalla Corte Penale Internazionale per genocidio e crimini contro l’umanità), è stato duramente stigmatizzato dalle associazioni di giuristi e dalle ONG che difendono i diritti umani. “Il memorandum comporta lo stravolgimento delle già flebili garanzie previste dall’ordinamento in tema di rimpatri”, ha denunciato ASGI – Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione. “La Polizia italiana non solo si arroga il diritto di deportare stranieri irregolari in Sudan senza averli identificati con certezza come sudanesi, ma addirittura mortifica il controllo giurisdizionale previsto dalla legge consistente nella previa convalida dell’accompagnamento coattivo. Pertanto è uno strumento di natura politica illegittimo sia perché adottato al di fuori del controllo parlamentare sia perché sottratto alle procedure previste dalla fonti costituzionali, sovranazionali e nazionali”. Forti preoccupazioni sono state espresse anche dalla sezione italiana di Amnesty International. “L’Italia sta deportando queste persone in un paese dove alcuni gruppi corrono un rischio concreto di gravi violazioni dei loro diritti umani, sulla base di un accordo di riammissione il cui contenuto non è chiaro”, ha scritto AI. “Si teme tra l’altro il rimpatrio di originarie del Darfur, che andrebbero incontro a persecuzioni, repressioni brutali e altri gravi abusi”. (4)

Il 6 luglio 2017, nel corso di un incontro con il ministro degli Affari esteri della Repubblica del Sudan, Ibrahim A. Ghandour, l’allora titolare della Farnesina, Angelino Alfano, esprimeva la soddisfazione per i risultati conseguiti in meno di un anno dalla firma del memorandum anti-immigrati. “Riconosciamo il ruolo del Sudan sulla rotta migratoria dell’Africa Orientale e in particolare nell’ambito del Processo di Khartoum, strumento fondamentale per eradicare i flussi migratori irregolari e i traffici di esseri umani”, dichiarava il ministro Alfano. “Apprezziamo molto gli sforzi che il Sudan sta facendo per ospitare un gran numero di rifugiati nel proprio territorio e siamo pienamente consapevoli del ruolo svolto tra l’Africa subsahariana e mediterranea…”. (5)

Destituito manu militari il presidente Omar al-Bashir, l’Italia non ha perso tempo a riallacciare le relazioni con il nuovo fragile e diviso regime. Il 4 marzo 2020 l’allora vice ministra degli Esteri, Emanuela Claudia Del Re era la prima esponente del governo a recarsi in Sudan in visita istituzionale ed incontrare il presidente del primo governo di transizione Abdallah Hamdok, la ministra degli Esteri Asma Abdallah, quello delle Finanze Ibrahim Badawi e quello della Salute Akram al-Tom. La Vice Ministra ha espresso apprezzamento per l’attivismo sudanese in politica estera, in particolare per l’importante ruolo che sta rivestendo per la stabilizzazione della regione del Corno d’Africa”, riporta la Farnesina. “In campo multilaterale l’Italia rafforzerà l’advocacy nell’ambito del Group of friends of Sudan per facilitare la rimozione del Sudan dalla lista dei paesi sponsor del terrorismo, mentre in ambito bilaterale avvieremo a breve i negoziati per la conclusione di un accordo quadro bilaterale sulla cooperazione allo sviluppo che faciliterà gli interventi italiani a sostegno della popolazione sudanese. (6)

6603388
Dagalo incontra una delegazione francese

Nessun riferimento alle politiche di contrasto all’immigrazione, vero, ma sette mesi dopo sarebbe stata la stessa Del Re a rendere inequivocabili fini e obiettivi dei nuovi interventi di cooperazione pro-Sudan. Il 13 ottobre 2020, nel corso di una conversazione telefonica con il ministro degli Esteri ad interim Omar Gamareldin Ismail, la vice ministra esprimeva l’apprezzamento “per gli sforzi compiuti dal governo sudanese nell’ospitare centinaia di migliaia di migranti e nel facilitare le operazioni di rimpatrio, in particolare dei migranti bloccati in Libia”. “Continueremo a fornire il supporto di cui avete bisogno, soprattutto attraverso organizzazioni delle Nazioni Unite che operano sul campo”, prometteva alla fine Emanuela Claudia Del Re. (7) E infatti, meno di un mese dopo, la Farnesina formalizzava la nuova strategia italiana per le migrazioni in Sudan, stanziando un contributo iniziale di 1,5 milioni di euro del Fondo Migrazioni a favore dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) e del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP) al fine di promuovere progetti “a beneficio di migranti, rifugiati e comunità locali, in particolare negli Stati dell’est del Sudan, maggiormente esposti ai flussi migratori, e in corrispondenza del campo rifugiati di Shagrab”. (8)

Talmente buone le relazioni tra il governo italiano e le autorità di Khartoum in perenne lotta per il potere che il 5 marzo 2021 l’ambasciatore Gianluigi Vassallo annunciava sul sito del ministero degli Affari esteri nuove prospettive di partenariato con il Sudan. “L’Italia costituisce uno dei principali partner commerciali del Sudan a livello europeo, con interessi concentrati prevalentemente nei settori agroalimentare ed energetico”, asseriva il diplomatico. “Sono inoltre in corso di analisi alcune prospettive di partenariato in settori potenzialmente strategici e ancora poco esplorati, quali aeronautica aerospaziale e incubazione di start-up, ma anche infrastrutture e trasporti”. (9)

Il primo governo di transizione democratica veniva poi spodestato dal golpe dell’ottobre 2021 ma restava immutata – anzi no, cresceva – la fiducia di Roma nelle capacità di contrasto dei migranti del nuovo regime bipolare al-Burhan/Hemetti. “La Farnesina rafforza l’impegno in ambito migratorio in Sudan ed Etiopia”, annunciava euforico il ministro Luigi Di Maio a conclusione di una visita ad Addis Abeba (11 luglio 2022). “Abbiamo espresso particolare attenzione alle conseguenze sul piano migratorio dei conflitti in corso nella regione e sono stati finanziati tre progetti per un totale di 7 milioni di euro del Fondo Migrazioni per rafforzare l’azione di sostegno a rifugiati e migranti vulnerabili in Sudan ed Etiopia. Saranno inoltre rafforzate le attività volte a promuovere la coesistenza pacifica con le comunità locali dei migranti che dal Corno d’Africa seguono la rotta migratoria del Mediterraneo centrale”. (9)

A riprova del rilanciato sostegno dell’Italia, dal 2 al 5 agosto 2022 veniva effettuata in Sudan una missione congiunta del personale del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione e dell’Ufficio UNHCR per l’Italia. La delegazione, accompagnata dall’ambasciatore Gianluigi Vassallo, si recava in visita nei campi di Um Rakuba e Tunyadbah, a 230km da Ghedarif, nel Sudan orientale, dove erano ospitati complessivamente più di 40.000 rifugiati. “Il Sudan ha dimostrato generosità nell’accogliere 1.142.000 rifugiati, di cui 50.000 in fuga dal recente conflitto nella regione del Tigray, in Etiopia”, annota con non poco cinismo e ipocrisia la Farnesina. “La missione congiunta in Sudan conferma il forte impegno italiano a favore non solo dei rifugiati, ma anche delle comunità locali che accolgono i rifugiati nel Paese, con l’obiettivo di una stabilizzazione dei flussi con soluzioni di lungo periodo, in particolare per i più giovani”. (11)

Negli stessi giorni in cui i tecnici del Ministero Affari esteri e dell’UNHCR erano in visita ai campi rifugiati sudanesi, una missione top secret di presunti agenti dei servizi segreti sbarcava nell’aeroporto di Khartoum a bordo di un aereo privato, un TARH-1 Dassault Falcon 900EX. A rivelare l’inquietante vicenda è stato Massimo Alberizzi, corrispondente per decenni del Corriere della Sera in Africa orientale e direttore oggi di Africa ExPress. “La delegazione è arrivata da Roma all’alba di mercoledì 3 agosto; in aeroporto le 12 persone appena sbarcate, tutte di nazionalità italiana, sono state ricevute dal tenente colonnello Abdel Rahim Taj El Din uno dei capi del cerimoniale del RSF”, scrive Alberizzi. La missione degli 007 sarebbe stata definita dopo la visita privata a febbraio in Italia del generale Mohamed Hamdan Dagalo. “Il comandante delle RSF ha presentato una lista di richieste comprendenti attrezzature per l’assistenza tecnica e il supporto strategico (cioè istruttori per corsi d’addestramento e armi)”, aggiunge il giornalista. “Il nostro Paese e gli altri partner coinvolti nell’operazione dopo una valutazione accurata, hanno informato Hemetti dell’approvazione delle sue richieste che contemplano anche droni dei quali l’ex janjaweed ha sostenuto di avere bisogno per il controllo delle frontiere e per fermare il flusso migratorio verso l’Europa”. (12)

6603390
Una colonna di automezzi con a bordo miliziani delle Forze di supporto rapido

In un secondo articolo pubblicato il 26 agosto 2022, Massimo Alberizzi ha fornito ulteriori particolari sull’operazione militare clandestina. “Nel Paese africano già da oltre un anno, si alterna una squadra di 12 militari italiani il cui compito è di istruire gli ex janjaweed che ora si sono riciclati nel Rapid Support Forces”, ha spiegato il giornalista. “Il 12 gennaio Hemmetti e il suo braccio destro, Muhammad Abdul Halim, hanno ricevuto per due volte un’altra delegazione italiana, guidata da un dirigente del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS), agenzia che dipende dalla Presidenza del Consiglio, con quattro uomini fidatissimi e una donna apparentemente rappresentante di una ONG, giunti a Karthum per pianificare l’addestramento”. All’incontro era presente pure il generale Ahmed Ibrahim Ali Mofadaal, capo dell’intelligence sudanese. “Ali Mofadaal è un pericoloso islamista che era uno dei dirigenti della dittatura di Omar Al Bashir”, annota Alberizzi. “E’ considerato il diretto responsabile della feroce repressione delle manifestazioni di piazza che si susseguono perché sia sciolto il governo militare (…) Durante l’incontro è stato confermato l’impegno italiano ad addestrare i janjaweed, ufficialmente per bloccare i migranti che tentano di raggiungere il Mediterraneo e quindi l’Europa attraverso il Sudan e la Libia passando dall’oasi di Kufra”. (13)

Né il ministero della Difesa né quello degli Esteri hanno inteso commentare l’accurata e dettagliata narrazione del direttore di Africa ExPress. L’intera vicenda è stata portata in discussione al Senato dal senatore Alberto Airola del Movimento 5 Stelle nella seduta del 6 settembre 2022. Nel corso del suo intervento il parlamentare ha anche ipotizzato che per le attività addestrative delle forze speciali del generale Hemmetti sarebbe stata utilizzata una parte del fondo per gli “aiuti umanitari” a favore del Sudan del valore di 46 milioni di euro, fondo deliberato dall’Unione europea nel 2017. (14) Anche in questo caso il governo italiano ha ritenuto di non dover fornire alcun chiarimento sull’affaire.

E dall’agosto 2022 andiamo ai giorni nostri. Mentre a Khartoum crescevano i rumori su un possibile scontro armato tra il numero uno e il numero due del governo militare di “transizione”, il 6 aprile scorso l’ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Marco Minniti (poi ministro dell’Interno dal dicembre 2016 al giugno 2018) firmava in qualità di presidente della Fondazione Med-Or del gruppo industriale-militare Leonardo SpA un Memorandum of Understanding con l’ambasciatore del Sudan in Italia, Sayed Altayeb Ahmed. “L’Intesa con la Repubblica del Sudan punta alla collaborazione nel campo della cultura”, spiega Med-Or Leonardo. “In linea con le attività già intraprese dalla Fondazione con altri paesi africani si stabilisce un mutuo impegno per il sostegno all’educazione, alla formazione professionale e, soprattutto, alla promozione della lingua italiana in Sudan”. L’accordo prevede in particolare l’erogazione di borse di studio e la partecipazione a corsi di alta formazione accademica e professionale per giovani studenti del Sudan presso università italiane, oltre alla realizzazione di progetti di ricerca congiunti tra Med-Or e alcuni think tank sudanesi. (15) Italiani, sempre e solo, brava gente… Pagine Esteri

Note:

1 farodiroma.it/sudan-scatta-il-…

2 https://www.africa-express.info/2022/09/08/italia-addestra-i-tagliagole-janjaweed-ma-il-parlamento-non-lo-sa-le-rivelazioni-di-africa-express-approdano-in-senato/

3 rsf.gov.sd/en/news/2358/Dagalo…

4 stranieriinitalia.it/attualita…

5 esteri.it/it/sala_stampa/archi…

6 https://www.esteri.it/it/sala_stampa/archivionotizie/retediplomatica/2020/03/visita-della-vice-ministra-del-re-in-sudan_0/

7 esteri.it/it/sala_stampa/archi…

8 esteri.it/it/sala_stampa/archi…

9 esteri.it/it/sala_stampa/archi…

10 esteri.it/it/sala_stampa/archi…

11 esteri.it/it/sala_stampa/archi…

12 africa-express.info/2022/08/13…

13 africa-express.info/2022/08/26…

14 senato.it/japp/bgt/showdoc/18/…

15 med-or.org/news/fondazione-med…

L'articolo SCONTRI IN SUDAN. Gradito anche all’Italia il capo miliziano Dagalo proviene da Pagine Esteri.



PRIVACY DAILY 94/2023


La Guardia Civil fa marcia indietro sulla banca dati Toletum, mentre l’Autorità garante spagnola apre un fascicolo sul caso. “La questione ‘Toletum’ è nelle mani dell’Agenzia per la protezione dei dati e del dipartimento di protezione dei dati della Guardia Civil”. Questa è la laconica risposta del Comando della Guardia Civil di Toledo alla stampa.... Continue reading →


L'intenso e violento scontro militare tra i generali del Comitato di sicurezza e le loro forze sta esponendo le masse del nostro popolo al pericolo e all'incosc




  Sergio Dalmasso  Giovedì 14 aprile: dodicesima giornata di mobilitazione sindacale contro i provvedimenti del governo Borne (presidenza Macron) c


Attentato contro Kishida, il Giappone si sente nel mirino


Attentato contro Kishida, il Giappone si sente nel mirino 6584782
Nove mesi dopo l'omicidio di Shinzo Abe nuovo episodio. A Wakayama un 24enne, arrestato dalla polizia, tira un ordigno esplosivo a un comizio elettorale. Il premier ne esce illeso, mentre parte la riunione del ministro degli Esteri del G7

L'articolo Attentato contro Kishida, il Giappone si sente nel mirino proviene da China Files.



La Germania esce definitivamente dal nucleare con la chiusura delle ultime tre centrali. Finalmente un altro grande paese industrializzato, anzi la locomotiva d


Dal nuovo numero della rivista CRITICA MARXISTA vi proponiamo l'editoriale di apertura di Aldo Tortorella. Ripubblichiamo in questo numero gli articoli sul fas

Poliverso & Poliversity reshared this.



Il primo ministro italiano Giorgia Meloni è tornata soddisfatta dal viaggio nel Corno D'Africa che l'ha portata ad incontrare le autorità di Etiopia e Somalia


Caso uranio impoverito, il punto del generale Tricarico


Una conversazione “franca e sincera” – come si suole dire quando ci si confronta senza risparmio di colpi – con un giornalista che si occupa di uranio impoverito mi ha convinto che sull’argomento non si possono spegnere i riflettori, pena che si radichi c

Una conversazione “franca e sincera” – come si suole dire quando ci si confronta senza risparmio di colpi – con un giornalista che si occupa di uranio impoverito mi ha convinto che sull’argomento non si possono spegnere i riflettori, pena che si radichi come verità, nel sentire comune, quella di un’informazione allarmistica, ma scientificamente e storicamente poco rigorosa nel denunciare l’esistenza di un pericolo sostanzialmente inesistente per i militari italiani impiegati nelle missioni all’estero.

La prima motivazione addotta dal mio interlocutore per sostanziare le sue convinzioni è che sull’argomento esiste ormai una “giurisprudenza radicata e consolidata”. Peccato che una semplice verifica gli avrebbe invece consentito di appurare l’esatto contrario. La giustizia sull’argomento si è letteralmente spaccata in due; su oltre cento contenziosi ad oggi andati a giudizio, oltre la metà ha visto soccombere i ricorrenti ed esonerare l’amministrazione da qualunque responsabilità per l’insorgere di patologie tumorali attribuibili all’uranio impoverito.

Inoltre, ci sono oltre un centinaio di altre istanze pendenti in attesa di sentenza presso Tar, corti d’appello, Cassazione, tribunali civili e Consiglio di Stato. A completare il quadro del contenzioso, si registrano oltre trecento istanze stragiudiziali in corso di definizione. Se a tutto ciò si aggiungono le richieste di riconoscimento delle patologie come dipendenti da causa di servizio avanzate all’amministrazione della Difesa, le cifre lievitano a dismisura raggiungendo l’ordine delle migliaia.

Una situazione francamente meritevole di maggior attenzione da parte di chi detiene i poteri di controllo, segnatamente della Corte dei conti, per una verifica approfondita che non si stia sostanziando uno smisurato danno erariale, un fiume di denaro pubblico esborsato dallo Stato a seguito di sentenze non confortate da verità solide e condivise dal mondo della scienza, quella indipendente ed autorevole.

Sembra quasi una replica di quanto avvenuto per la tragedia di Ustica del 1980, quando il DC9 Itavia precipitò a causa di una bomba a bordo ed i giudici dei tribunali civili condannarono lo Stato italiano a risarcire con diverse centinaia di milioni di euro gli aventi titolo per un fatto mai avvenuto, un missile inesistente sparato contro il velivolo civile.

Tornando all’uranio impoverito, l’unico assunto certo e verificabile è che nessuno studio condotto da istituti prestigiosi e indipendenti e commissionato da istituzioni nazionali e sovranazionali ha mai appurato il nesso di causalità tra esposizione a particolati di uranio impoverito e l’insorgenza di tumori. Anzi, quegli stessi studi hanno ritenuto trascurabile la pericolosità del particolare agente, fissandone una soglia di rischio solo in casi estremi – peraltro altamente improbabili – quali la sopravvivenza in ambienti chiusi colpiti da proiettili di uranio impoverito (gli spazi interni di un veicolo corazzato) o per il personale addetto alla pulizia degli stessi mezzi. In tali casi si è stimato che la probabilità di contrarre un tumore sia il doppio rispetto ad una condizione di normalità.

Se poi si dovesse dar risposta alle legittime perplessità di chi cerca una ragione per la pur rilevante quantità di sentenze favorevoli agli istanti, le motivazioni adducibili sarebbero molteplici, di natura non scientifica, tutte verosimili ma opinabili e che con tale riserva debbono essere prese.

Innanzitutto, potrebbe aver avuto un ruolo non da poco la comprensibile e giustificata indulgenza con cui sia l’amministrazione sia la giustizia hanno accolto le istanze di soggetti affetti da gravi patologie. Di norma tale atteggiamento comprensivo e remissivo è quello che di norma viene usato in risposta a istanti affetti da infermità invalidanti.

Più di un tribunale inoltre non ha tenuto rigoroso conto del parere degli stessi tecnici di ufficio, altre volte invece il pregresso riconoscimento della patologia da parte dell’amministrazione ha costituito per il giudice un precedente significativo per l’accoglimento dell’istanza.

Uguali clemenza e comprensione potrebbero aver guidato l’amministrazione nel predisporre la difesa nei processi per i quali non è dato sapere quanto l’Avvocatura dello Stato sia stata istruita in termini di perentorietà e determinazione con cui affrontare l’accusa.

L’inversione dell’onere della prova infine potrebbe essere stato l’ultimo fattore non secondario che ha agevolato la formazione di sentenze risarcitorie sfavorevoli alla Difesa.

In definitiva, l’auspicio è quello che non sia troppo tardi per una inversione di tendenza nel ristabilimento di una informazione corretta, magari con qualche giornalista che disegni un responsabile e complessivo punto di situazione da cui ripartire, avuto anche riguardo alle non marginali ricadute economiche per le martoriate risorse pubbliche.


formiche.net/2023/04/caso-uran…



Cesare Viel


Cesare Viel immagina forme di soggettività altre che interpretano l’arte come momento di scambio emozionale e di relazione con la collettività.

iyezine.com/cesareviel

informapirata ⁂ reshared this.



"Abbiamo accettato l'invito del PCC perchè riteniamo che vada contrastata la logica della nuova guerra fredda che gli Stati Uniti stanno promuovendo contro la


VIDEO. Golpe in corso in Sudan, è scontro tra autori colpo di stato del 2021


Protagoniste le Forze di supporto rapido (Rsf), la formazione paramilitare controllata Mohamed Hamdan “Hemeti” Dagalo entrato in conflitto con il generale Al Burhan. Entrambi il 25 ottobre 2021 avevano preso il potere rovesciando il governo democratico ci

di Michele Giorgio

Pagine Esteri, 15 aprile 2023 – Resta fluida la situazione in Sudan dove è in corso un tentativo, non è chiaro se destinato al successo, di golpe da parte delle Forze di supporto rapido (Rsf), la formazione paramilitare controllata Mohamed Hamdan “Hemeti” Dagalo, contro il capo della giunta militare Abdel Fattah al Burhan. Entrambi erano stati autori il 25 ottobre 2021 del un colpo di stato che ha interrotto la transizione del Sudan verso la democrazia cominciata dopo la rimozione dal potere, dopo trent’anni, di Omar Al Bashir nel 2019. Contro questo golpe hanno manifestato e protestato con forza i sudanesi: la repressione dei militari golpisti ha fatto centinaia di morti e feriti.

Le Rsf ha fatto sapere di aver preso il controllo del Palazzo presidenziale infliggendo pesanti perdite all’esercito regolare e di essere vicine ad occupare l’aeroporto di Khartoum. Fonti dell’esercito però smentiscono. La tensione tra l’esercito, gli ordini di Al Burhan, e i paramilitari delle Rsf era molto alta da diversi giorni. Poi questa mattina ha avuto inizio una offensiva delle forze regolari contro la base di Soba, a sud di Khartum, nella mani delle Rsf da alcuni giorni. Gli scontri si sono poi allargati ad altre basi militari nel Paese e anche al centro di Khartum, in particolare nella zona del palazzo presidenziale.

Da mesi si negoziava il ritorno del governo nelle mani dei civili senza però un risultato definitivo. Un punto critico è l’integrazione nell’esercito delle Rsf formate anche da ex membri delle milizie janjaweed – accusate di crimini nel Darfur – e che sarebbero sostenute dalla Russia e dall’organizzazione mercenaria Wagner. Pagine Esteri

GUARDA IL VIDEO

youtube.com/embed/sZPDb3jZHek?…

L'articolo VIDEO. Golpe in corso in Sudan, è scontro tra autori colpo di stato del 2021 proviene da Pagine Esteri.