La grande coalizione che servirebbe all’Europa
Servirebbe all’Europa una «grande coalizione»? Sì, servirebbe anche se è difficile che possa nascere. Non è tuttavia un esercizio futile immaginare un tale scenario. Può aiutare a capire meglio le difficoltà del presente. Ma occorre una premessa. Contrariamente a ciò che pensano i true believers , i veri credenti, ossia i faziosi di destra e di sinistra , quelle cose lì — destra e sinistra — contengono di tutto. Chi ha a cuore la democrazia liberale può constatare, dal suo punto di vista, quanto segue: in entrambi i contenitori (destra e sinistra) sono contemporaneamente presenti pessime idee e pessimi propositi, idee e propositi così così, buone idee e buoni propositi. Le grandi coalizioni funzionano (ma ci riescono raramente) quando i difetti dell’una e dell’altra parte si neutralizzano a vicenda. Soprattutto, possono avere successo se vengono emarginate le componenti massimaliste di entrambe.
Perché all’Europa servirebbe una grande coalizione? Per la stessa ragione per cui, di tanto in tanto, si formano grandi coalizioni entro i sistemi democratici nazionali: per fronteggiare condizioni di emergenza. Ci sono minacce che incombono sull’insieme dei cittadini europei. Anche se la percezione di quanto queste minacce siano gravi non sembra essere ancora sufficientemente diffusa. Si dice: l’invasione russa dell’Ucraina ha cambiato il mondo che conoscevamo. Ma quanti fra coloro che lo dicono hanno anche capito che se è cambiato il mondo intorno a noi, dobbiamo cambiare anche noi? È chiaro quale sia il retro-pensiero di molti: dopo che la guerra in Ucraina sarà finita (nel migliore dei casi con una sconfitta russa, nel peggiore con un cessate il fuoco sine die tipo conclusione della guerra di Corea) si tornerà
al mondo pacifico di prima. Ma non è così. Comunque finisca la vicenda ucraina, l’Europa, non per sua volontà, è passata, per restarci, da una condizione di pace a una di non-pace. Con rischi di guerra «calda» sempre in agguato. Significa che la minaccia e le pressioni della potenza euroasiatica (la Russia) sull’Europa non cesseranno.
Si pensi anche al movimento a tenaglia, alla minaccia russa dal Sud. Gli attuali scontri in Sudan sono alimentati dalla Wagner, braccio armato della Russia in Africa e in Medio Oriente (non solo in Ucraina). La pressione russa sull’Europa arriva dall’Est ma arriverà presto anche dal Sud. Ci sono in gioco, oltre che il controllo del Mediterraneo, anche quello di materie prime, opportunità di mercato, risorse energetiche. Per non parlare del fatto che una Russia insediata in luoghi strategici dell’Africa, del Medio e Vicino Oriente può ricattare e destabilizzare l’Europa mediante la gestione politica dei flussi migratori. E c’è naturalmente la Cina, con la sua potenza economica, e ormai anche militare, decisa quanto il suo alleato russo (ma con molte più risorse e capacità) a indebolire e a disarticolare il mondo occidentale, Europa in testa. Come ha osservato Sergio Fabbrini ( Il Sole 24ore , 10 aprile), commentando il viaggio in Cina di Macron, ai cinesi conviene trattare, come fanno, con le piccole nazioni europee singolarmente prese, sfruttando le nostre fragilità, piuttosto che con la Commissione europea. La Cina, inoltre, vuole fare di tutto per accelerare il ridimensionamento della potenza internazionale degli Stati Uniti. Lo ha osservato Danilo Taino (Corriere , 17 aprile). Gli europei antiamericani se ne rallegrano ma se quel ridimensionamento ci sarà, un’Europa divisa e quindi debole, cadendo sotto l’influenza di potenze autoritarie, cesserà prima o poi di essere democratica.
Una grande coalizione, eliminati da una parte e dall’altra gli incompatibili, a cominciare dai putiniani e cripto-putiniani di destra e di sinistra, potrebbe affrontare alcuni dei più gravi problemi che ha l’Europa. A cominciare dalla questione della sicurezza. Una compresenza, nel governo dell’Europa, di forze, di sinistra e di destra, consapevoli che il possesso di mezzi coercitivi (la forza militare) è necessario per garantire la sicurezza europea, potrebbe fare passi significativi in materia di difesa comune mantenendo contemporaneamente intatti i legami atlantici, l’alleanza politica e militare con gli Stati Uniti: difesa europea sì, terza forza fra Stati Uniti e Cina, spezzando in due il campo democratico, no. Checché ne dica Macron. Per inciso, non è possibile pensare realisticamente alla sicurezza europea se non si recupera, quanto meno in materia di difesa, la Gran Bretagna. Perché ci serve la sua forza militare e perché la presenza britannica è necessaria per bilanciare e, possibilmente, neutralizzare, i ricorrenti pruriti neogollisti della Francia.
Il richiamo al caso britannico serve anche per un’altra ragione. Brexit è stata soprattutto il frutto di una rivincita dell’insularità rispetto al continente. Ma al di là di ciò, molte delle critiche che i britannici rivolgevano all’Unione, quando ne facevano parte, non erano campate in aria. Quelle critiche venivano sempre bollate come frutto dell’«euroscetticismo»: qualche volta lo erano ma altre volte erano invece espressione di un disagio, squisitamente liberale, davanti all’eccesso di dirigismo che caratterizzale istituzioni europee. Se in una grande coalizione fossero presenti forze che condividono alcune di quelle critiche, forse le istituzioni europee, alla lunga, ne trarrebbero giovamento.
Da ultimo pensiamo al tema delle migrazioni. Una grande coalizione potrebbe mettere fuori gioco gli opposti estremismi (in Italia essi si manifestano, per così dire, in purezza): le pulsioni xenofobe di certa destra («Chiudiamo le porte ai barbari») e quelle evangelico-terzomondiste di certa sinistra («Sono loro i più deboli. Vanno accolti tutti»). Serve un punto di equilibrio. Una gestione realistica dei flussi (a livello europeo, come tanti invocano) non è possibile se gli opposti estremismi non vengono neutralizzati.
Sappiamo che il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni spera, dopo le prossime elezioni europee, di ottenere un ribaltamento delle alleanze, fare nascere una intesa fra popolari e conservatori nel Parlamento di Strasburgo. Sia o no realistico tale disegno non è comunque ciò a cui si riferisce lo scenario ipotizzato. Qualcuno può dire che qui si immagina, su scala europea, una sorta di «agenda Draghi». Nessuno ha mai capito cosa fosse la suddetta agenda. Però in politica c’è sempre bisogno di parole d’ordine e slogan. E dunque perché no?
L'articolo La grande coalizione che servirebbe all’Europa proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
GiustaMente
Due questioni di giustizia occupano le cronache: l’ipotesi di una revisione processuale per gli ergastolani della strage di Erba e la fuga di un detenuto in procinto d’essere estradato. Sono casi diversi, ma che hanno in comune la distrazione dal nocciolo del problema. Che è grave e pericoloso.
Due coniugi, Rosa Bazzi e Olindo Romano, sono condannati all’ergastolo, con tre sentenze conformi, per avere ucciso quattro persone e ferito gravemente una quinta l’11 dicembre del 2006. Un sostituto procuratore generale, presso il Tribunale di Milano, chiede ora che il processo sia rivisto, ritenendo innocenti i condannati. C’è chi sostiene di averlo sempre detto e chi (“Le Iene”) ne ha recentemente fatto oggetto di trasmissioni televisive con analoga finalità: sostenere che sono innocenti. Tutto legittimo. Ma, ove mai la richiesta venga accolta, il processo si rifarà in tribunale e non in televisione, sulla stampa o al bar. Capisco che tutto faccia spettacolo, purché sia chiaro che quello cui assistiamo è solo spettacolo. La questione è tutt’altra e anche gravida di dolorose conseguenze.
Fra le ragioni che il sostituto procuratore generale adduce, oltre a una diversa valutazione di prove e testimonianze, vi è un preciso e gravissimo rilievo. Leggo che considera «indotte, con modalità che definire poco ortodosse è fare esercizio di eufemismo, le “confessioni”, trattate invece alla stregua di prove regine». E aggiunge: «certo è che i due sono soggetti a qualche “manipolazione” da parte dei Carabinieri». Ed è qui che si apre una voragine, perché sotto processo deve finire qualche magistrato o responsabile dell’Arma.
Nessuno di noi crede che in tribunale possa agguantarsi una verità assoluta e non smentibile, sappiamo bene che l’errore non è mai cancellabile. Ma ritenere che dei collegi giudicanti considerino «prove regine» delle confessioni è come dare loro degli incapaci, se non analfabeti del diritto. Ritenere che le indagini abbiano indotto o coartato gli indagati a confessare quel che non hanno commesso è ipotizzare un reato in capo a chi interrogava, sia nel caso della polizia giudiziaria che del pubblico ministero responsabile delle indagini. Affermare che i Carabinieri possano «manipolare» gli indagati è immaginare loro come violatori della legge e il pm come loro complice o incapace di accorgersene. Fine. È questo il problema: qualcuno deve rispondere di quel che successe o di quel che sta accadendo, perché gli uni o l’altro stanno facendo il possibile per togliere credibilità e affidabilità alla pur fallace giustizia.
L’altro è il caso di Artem Uss, cittadino russo, tratto in arresto all’aeroporto perché ricercato negli Stati Uniti quale trafficante e complice degli aggiramenti delle sanzioni alla Russia. Dopo più di un mese in carcere, i giudici assegnano ai domiciliari la custodia cautelare, con braccialetto elettronico. Uss si libera del braccialetto e se ne va. Il ministro della Giustizia invia gli ispettori al Tribunale di Milano e la presidente del Consiglio considera dubbie le motivazioni dei domiciliari. Errori a catena.
I giudici devono restare liberi di sentenziare quel che credono e, semmai, la responsabilità dev’essere fatta valere ove sia il procedimento stesso a smentirli, non il potere esecutivo. I giudici non si occupano della sicurezza nazionale o di rapporti internazionali, ma della responsabilità penale, che è personale. Se Uss era da sorvegliare (e lo era) potevano circondare la casa con l’esercito o potevano chiedere ai servizi di sicurezza (che sostengono di nulla sapere!!), non sindacare i giudici. In ogni caso, una volta scappato, sia lui che il padre hanno tenuto a ringraziare gli «amici italiani» che lo hanno aiutato. Questa non è cortesia ma il manifestarsi di un ricatto attivo, teso a far sapere che potrebbero uscire i nomi degli «amici», veri o inventati. Quindi ci si preoccupi di quel che sarà fatto (o non fatto) per evitarlo. E si usi la mente nel parlare di giustizia.
L'articolo GiustaMente proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Germany insists in major revision of the EU Chat Control proposal to protect fundamental rights
Germany will not support the EU Commission’s „Chat Control“ proposal of a regulation on Child Sexual Abuse unless major changes are implemented, a leaked position paper reveals:
1) The country opposes „client-side scanning“ on personal devices and wants to exclude end-to-end encrypted messages from scanning. Audio communications and phone calls would also be exempted from scanning.
2) As for server-side mass scanning of private communications and cloud storage, the government „reserve[s] the right to make additional requests at a later date“, questioning the „permissibility“ of such scans in view of fundamental rights. Indeed the European Parliament’s Research Service found only last week that the globally unprecedented scanning orders proposed by the EU Commission would stand in Court only if they were targeted and „specific with regards to the group of individuals to be monitored“.
3) The German government also insists that no voluntary mass scanning by providers in the absence of an order should take place, as currently practised by various US services such as Facebook/Instagram Messenger, Gmail, outlook.com.
4) The proposed age verification requirements for communications services „must allow for anonymous or at least pseudonymous use of the services in question“. It is feared that these requirements could effectively mean the end of anonymous e-mail or messenger accounts, which can be essential for whistleblowers.
Pirate Party MEP Patrick Breyer, shadow rapporteur (negotiator) for his group in the Civil Liberties Committee (LIBE) and long-time opponent of mass scanning of private communications, comments:
„The EU Commission’s globally unprecedented proposal of indiscriminately searching the content of any private correspondence and photos is increasingly falling apart. A Chinese-style mass surveillance scheme as extreme as this doesn’t exist anywhere else in the free world for a reason: It would inflict a death blow to the security and secrecy of communications as well as the right to communicate anonymously, which protect children, victims, whistleblowers, dissidents, industry, governments and many more.
What we really need instead of untargeted chat control and identification obligations for age verification is obliging law enforcement agencies to have known exploitation material removed from the internet, as well as Europe-wide standards for effective prevention measures, victim support and counselling, and for effective criminal investigations.”
Purtroppo al @journalismfest di Perugia di quest'anno non si parlerà di #Assange! Ma noi di @Assange_Italia ci saremo lo stesso a distribuire volantini per #FreeAssangeNOW
Raggiungeteci anche voi al volantinaggio per #FreeAssange
@Giornalismo e disordine informativo
Noi ci saremo
- giovedì 20 Aprile davanti al Palazzo dei Priori, Auditorium San Francesco al Prato Hotel Brufani
- e sabato 22 in occasione della trasmissione Propaganda Live, insieme ad Amnesty Perugia
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CELEBRITÀ DI INTERNET E STUDIOSI DI MEME. Viola Stefanello a teatro...
Stavolta pr la comunità @Etica Digitale (Feddit) pubblichiamo qualcosa di più leggero.
INTERNET! MEME!! SOCIAL!!! CREATOR!!!! CONTENUTI!!!!! RYAN BRODERICK!!!!!! UNO SHOW SULLA CULTURA DI INTERNET
Il superospite sarà @Ryan Broderick (ex Buzzfeed, oggi Garbage Day), arrivato direttamente dall’America, mentre @Viola Stefanello 👩💻 (giornalista de Il Post) condurrà due ore di digressioni, presentazioni Powerpoint e cose allucinanti varie raccontate da accademici, artisti, memer, tiktoker e altre persone che di lavoro postano online.
Con chi?!
Sul palco si alterneranno Eterobasiche, Giulio Armeni (Filosofia Coatta), Giada Arena, Valentina Tanni, Silvia Dal Dosso (Clusterduck), Daniele Zinni (Inchiestagram).
Quando?!
Mercoledì 10 maggio alle 21 spaccate.
Dove?!
A BASE Milano, via Bergognone 34, fermata Porta Genova M2. **Chi c'è dietro?!
ACQUISTA IL BIGLIETTO!
LINK ALL'EVENTO MOBILIZON
Celebrità di internet e studiosi di meme
**CELEBRITÀ DI INTERNET E STUDIOSI DI MEME: COSA SANNO? SANNO COSE?? SCOPRIAMOLO INSIEME!** L'evento: *INTERNET! MEME!! SOCIAL!!! CREATOR!!!! CONTENUTI!!!!! RYAN BRODERICK!!!!!!* Come dice il titolo: una serata a metà tra la stand-up comedy e il …DICE
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UK data reform bill revived after lengthy legislative delay
The UK’s data reform bill, set to revamp the country’s post-Brexit data protection regime, was debated in Parliament on Monday (17 April) after being shelved for several months.
Sudan e Arabia saudita mettono in crisi gli Accordi di Abramo
di Michele Giorgio
Pagine Esteri, 18 aprile 2023 – Israele starebbe partecipando agli sforzi per ridurre l’escalation il Sudan, almeno così riporta il quotidiano Yisrael Hayom vicino al governo Netanyahu. Non solo, secondo il giornale, rappresentanti del capo della giunta militare golpista Abdel Fattah al-Burhan e del comandante paramilitare Mohamed Hamdan Dagalo sono stati in contatto con Israele mentre l’esercito regolare e le Forze di supporto rapido si combattevano senza esclusione di colpi e nelle strade giacevano decine di corpi di militari e civili uccisi. È possibile, se si tiene conto delle preoccupazioni in casa israeliana. Il Sudan è uno dei quattro paesi arabi che hanno normalizzato i rapporti con lo Stato ebraico aderendo agli Accordi di Abramo del 2020 e ora, scrive sempre Yisrael Hayom, la firma dell’accordo di pace con Khartoum va nel freezer.
È una brusca frenata alle intenzioni più volte espresse dal primo ministro Netanyahu di rafforzare i rapporti di Israele con i membri attuali delle intese del 2020 e di allargarli ad altri paesi arabi. E se il Sudan, povero ma importante per la sua posizione strategica, va nel congelatore, si assottigliano pure le possibilità per il governo israeliano di portare negli Accordi di Abramo la ricca e influente Arabia saudita. Un obiettivo che Netanyahu credeva di avere a portata di mano appena un paio di mesi fa. Non solo Riyadh all’inizio di marzo si è riconciliata con la nemica Teheran e il processo di avvicinamento tra i due paesi va avanti, ma l’Arabia saudita adesso stringe i rapporti con le leadership palestinesi, allontanando l’obiettivo fondamentale degli Accordi di Abramo: normalizzare le relazioni di Israele con i paesi arabi dimenticando l’occupazione militare dei Territori palestinesi.
Occupazione israeliana che, almeno in apparenza, la casa regnante saudita non intende mettere da parte tanto da accogliere nelle ultime ore prima a Gedda il presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), Mahmoud Abbas, e poi a Riyadh il capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, una visita questa di eccezionale significato se si tiene conto dei rapporti di fatto inesistenti per anni tra l’Arabia saudita e il movimento islamico palestinese. Sviluppi che generano malumore a Tel Aviv e non fanno piacere anche all’Anp. Haniyeh era atteso da funzionari sauditi con i quali avrebbe discusso di una serie di questioni palestinesi e regionali e dei 68 militanti del movimento islamico detenuti in Arabia Saudita. Con Haniyeh c’erano due pezzi da novanta di Hamas: il «ministro della guerra» Saleh Arouri e il capo dell’organizzazione all’estero Khaled Meshaal. Il gelo tra Riyadh e Hamas era sceso nel 2007 quando il movimento islamico palestinese aveva preso con la forza il controllo di Gaza a danno dell’Anp. Per Hamas riconciliarsi con i Saud significa anche esercitare pressioni su Riyadh affinché non normalizzi le relazioni con Israele.
Netanyahu lo sa, perciò la svolta saudita è un altro boccone amaro mentre la sua coalizione di governo perde consensi. Se si svolgessero adesso le elezioni perderebbe la maggioranza secondo un sondaggio. Avrebbe soltanto 52 seggi in parlamento, a fronte degli attuali 64. Dati che sono frutto dell’ondata di contestazione popolare per la riforma giudiziaria presentata dal governo che sta avendo ricadute anche sull’economia. L’agenzia di rating Moody’s ha declassato venerdì le prospettive economiche di Israele da positive a stabili, citando proprio le recenti proteste contro la riforma della magistratura. Per Netanyahu e il ministro delle finanze Smotrich invece «L’economia di Israele è stabile e solida e con l’aiuto di Dio rimarrà tale». Pagine Esteri
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Deerhoof - Miracle-Level
I fatti dicono che: Miracle-Level è il diciannovesimo album in studio dei Deerhoof ed è il loro primo cantato interamente in giapponese. C’è di che meravigliarsi, ma non di che impaurirsi. Tolti i testi, di cui la maggior parte di noi non capirà un acca,¹ la musica è quella dei Deerhoof che abbiamo imparato ad amare, appena appena più pop e diretta di quella fuoriuscita dalle prove precedenti, ma sempre piacevolmente unica e bislacca. E il giapponese sembra aderire come un guanto alle strutture sghembe, alle melodie appiccicose e a quelle malinconiche, agli scatti rumoristici più o meno imprevisti, alla voce di Satomi Matsuzaki ovviamente, ma pure, incredibilmente, a quella di Greg Saunier. @Musica Agorà
iyezine.com/deerhoof-miracle-l…
Deerhoof - Miracle-Level - 2023
Tolti i testi, di cui la maggior parte di noi non capirà un acca, la musica è quella dei Deerhoof che abbiamo imparato ad amare, appena appena più pop e diretta di quella fuoriuscita dalle prove precedenti, ma sempre piacevolmente unica e bislaccaleodurruti (In Your Eyes ezine)
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Parole belle, giuste e definitive di Luciana Littizzetto su Enea, il bambino
#CTCF
Puoi ascoltarle su Raiplay dal minuto 1:59:36:
raiplay.it/video/2023/04/Che-t…
Oppure leggerle qui:
"Caro Enea, bel cicciottino di 2 kg e mezzo, cucciolo di specie umana, super-millenial, classe 2023. Piccolo avannotto che dai le tue prime bracciate nel mare tempestoso della vita.
Perché la tua mamma dopo averti tenuto nella sua pancia per nove mesi ha pensato che saresti stato meglio lontano da lei. Credo che questa decisione le sia costata molto cara, sai Enea. Così ti lasciato in una culla per la vita a Milano.
Le culle per la vita non ci sono solo a Milano sai. Ci sono in tante città d’Italia. Ci sono a Napoli, Varese, Parma, Padova, Firenze e Roma. Più di una in ogni regione. E funzionano così: Appena la mamma appoggia il bambino in quella piccola cuccia calda scatta un sensore collegato con l’ospedale più vicino che allerta i medici che intervengono subito.
Per questo non credere mai a quelli che dicono che la tua mamma ti ha abbandonato. Non ti ha abbandonato, ti ha affidato. Son due verbi molto diversi sai…quando crescerai lo capirai.
Abbandonare significa mettere in pericolo, fregarsene di cosa succederà dopo, vuol dire che non te ne importa niente.
Affidare invece è diverso. È avere così tanta fiducia nell’altro da chiedergli di custodire la cosa che più ti sta a cuore.
Semplicemente le mani di mamma hanno incontrato altre mani. È stata una catena d’amore Enea caro.
Non succede solo a te sai. Pensa che in Italia capita a 400 bambini all’anno. E la maggior parte trova una nuova famiglia già dall’ospedale.
Sai, per noi adulti la vita è un casino e a volte siamo costretti a fare cose che non vorremmo. Sembra strano dirlo a te che di settimane su questa terra ne hai così poche ma ti assicuro che più invecchi più le cose si complicano.
Non so come mai la tua mamma l’abbia fatto e se vogliamo davvero rispettarla non dobbiamo neanche chiedercelo. Al contrario. Dobbiamo custodire il suo segreto con rispetto, silenzio e soprattutto compassione.
Sappi comunque che mamma, con il suo gesto pieno di amore e di dolore, ha messo in moto una catena di protezione che nei decenni in Italia abbiamo reso sempre più forte…
E che parte dagli ospedali, fino ad arrivare ai tribunali dei minori, agli assistenti sociali, ai genitori affidatari, a quelli adottivi.…
E questa catena sta dentro una cosa che si chiama Stato e serve apposta per tutelare i diritti di tutti, neonati, bambini, mamme e papà perduti e fragili. Famiglie tradizionali e famiglie non tradizionali.
Perché non è vero che la società non esiste. Esiste eccome. E dobbiamo fidarci di lei.
Porti un nome importante, Enea, il nome di un signore fuggito da una città in fiamme per cercare una nuova vita e una nuova casa… la stessa cosa è capitata a te… quell’altro Enea ce l’ha fatta, sono sicura che ce la farai anche tu.
Ti auguro di diventare tutto ciò che si sogna da bambini: astronauta, calciatore, Harry Potter, pilota di Ferrari, dentista di Leoni in Africa, rockstar come i Maneskin…sosia di Chiattillo o mimo ai semafori.
Sono certa che avrai al tuo fianco una mamma e un papà al 100% che ti ameranno moltissimo. Ti ameranno un botto. Non dubitarne mai neanche un secondo.
Purtroppo la vita a volte somiglia alla scuola guida: le partenze in salita sono difficili, certo, ma se impari a farle, poi non ti spaventa più nulla.
Benvenuto pulcino di Pasqua. Ti riempiamo di baci. Luciana."
LIBRI. Igiaba Scego: “Il nostro corpo in una guerra che non riusciamo a superare”
di Daniela Volpecina –
Pagine Esteri, 18 aprile 2023. “Cassandra a Mogadiscio” è il titolo del nuovo libro di Igiaba Scego, scrittrice italiana di origini somale. Un romanzo in parte autobiografico, edito da Bompiani e candidato al Premio Strega, in cui emergono con forza alcune delle tematiche da sempre care all’autrice: la memoria, la guerra, il colonialismo, la diaspora, il dialogo intergenerazionale. L’abbiamo incontrata in occasione della quarta edizione di ‘Napoli Città Libro – il Salone del Libro e dell’Editoria’ al termine di un dibattito a tre voci con le giornaliste Donatella Trotta e Ileana Bonadies.
Con Igiaba, attenta osservatrice e testimone privilegiata della storia dei Paesi del Corno d’Africa degli ultimi quarant’anni, abbiamo parlato delle attuali condizioni della Somalia, scossa oltre che dall’instabilità politica e dalla minaccia del terrorismo, anche da una emergenza carestia innescata da una prolungata siccità e dalla guerra in Ucraina che ha ridimensionato notevolmente le quantità di grano, farine e fertilizzanti disponibili. E poi la visita, appena conclusa, della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in Etiopia. Le politiche migratorie del Governo italiano. Lo Ius soli. La guerra in Siria e in Afghanistan.
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ChatGPT – La mia intervista su War Room InnovAction
La mia intervista su War Room InnovAction, su ChatGPT. Grazie a Luca De Biase per l’ospitalità. .
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ChatGPT, Task Force europea – La mia intervista su War Room InnovAction
La mia intervista su War Room InnovAction, sul tema ChatGPT e la costituzione della task force europea. Grazie a Luca De Biase per l’ospitalità. .
In Cina e Asia – Il Pil cinese cresce più del previsto
I titoli di oggi: Cina, il Pil torna a crescere G7 contro ogni “coercizione” sullo stretto di Taiwan New York, due arresti legati a una “stazione di polizia segreta cinese” Hikvision, nuove prove sulla sorveglianza degli uiguri Taiwan pronta ad aprire un nuovo ufficio di rappresentanza a Milano Hong Kong, arriva un’altra condanna per Joshua Wong Myanmar, liberati 3 mila ...
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Scorpio in Orbita. Così Elettronica raggiunge lo Spazio
Elettronica raggiunge lo spazio e porta l’electronic Intelligence in orbita. La società italiana specializzata nel campo di soluzioni tecnologiche per la difesa elettronica ha lanciato per la prima volta un suo payload oltre l’atmosfera. Si tratta del sistema Scorpio, uno strumento per la raccolta di informazioni attraverso lo spettro elettromagnetico, che ha raggiunto l’orbita a bordo di un Falcon 9 di SpaceX, partito dalla stazione spaziale di Vandenberg, in California. Il lancio rientra nel piano strategico della società chiamato Tenet, che definisce gli obiettivi e le risorse che servono per un rafforzamento della propria posizione di leadership basandosi su un modello di crescita orientato all’innovazione e d all’espansione in nuove aree geografiche e che include proprio la Space electronic warfare (Space Ew) tra i suoi ambiti di crescita.
La missione di Scorpio
Il lancio di Scorpio è avvenuto grazie alla collaborazione tra Elettronica e la società italiana D-Orbit, azienda di tecnologia e logistica spaziale in stile Silicon Valley fondata nel marzo 2011 quotata al Nasdaq, che ha messo a disposizione un satellite taxi che ha messo in orbita bassa (Leo) lo strumento Scorpio. Il nuovo sistema svolge attività di electronic Intelligence e consente di intercettare, identificare e localizzare sorgenti elettromagnetiche terrestri (segnali Rf) dallo Spazio, sfruttando algoritmi di intelligenza artificiale per l’elaborazione e la classificazione delle informazioni. Nello specifico questa prima missione avrà l’obiettivo di raccogliere dati non classificati osservati sulla Terra.
Elettronica in orbita
Con questo lancio Elettronica espande le proprie competenze al servizio di un ulteriore dominio operativo, quello spaziale, che si aggiunge agli altri quattro in cui è già presente con i propri sistemi di difesa: aereo, terrestre, marittimo e cyber. I sistemi sviluppati nell’ambito Space Ew si avvarranno delle competenze già acquisite nel cyber-space e saranno integrate per la protezione e il contrasto dalle minacce cibernetiche. “Siamo molto orgogliosi del nostro approdo a questo nuovo dominio” ha commentato Enzo Benigni, presidente e ceo di Elt, aggiungendo che “la particolare esperienza che deriva dall’applicazione delle competenze nel settore Emso nel dominio spaziale rappresenta oggi una risorsa strategica per la sovranità tecnologica dell’Italia in un ambito e un settore sempre più cruciale per la difesa e la sicurezza anche in ambito civile”.
PRIVACY DAILY 95/2023
GLI INSEGNANTI DANESI USANO LE APP PER CONTROLLARE L'UMORE DEI PROPRI STUDENTI
Ci sono poche prove che una quantificazione di questo tipo possa essere utilizzata per risolvere problemi sociali e promuovere l'abitudine all'autosorveglianza fin dalla tenera età potrebbe alterare radicalmente il rapporto dei bambini con se stessi e tra di loro in un modo che li fa sentire peggio. piuttosto che migliore. "Difficilmente possiamo andare in un ristorante o a teatro senza che ci venga chiesto come ci sentiamo dopo e spuntando caselle qua e là", afferma Karen Vallgårda, professore associato all'Università di Copenaghen che studia storia della famiglia e dell'infanzia. "C'è una quantificazione delle emozioni e delle esperienze che sta crescendo, ed è importante che ci chiediamo se questo sia l'approccio ideale quando si tratta del benessere dei bambini".
NB: Gli scolari danesi sono nel bel mezzo di una crisi di salute mentale che uno dei più grandi partiti politici del paese ha definito una sfida "uguale all'inflazione, alla crisi ambientale e alla sicurezza nazionale". Nessuno sa perché, ma in pochi decenni il numero di bambini e giovani danesi affetti da depressione è più che sestuplicato. Un quarto degli alunni della nona elementare riferisce di aver tentato l'autolesionismo. (il problema non è circoscritto alla Danimarca: gli episodi depressivi tra gli adolescenti statunitensi sono aumentati di circa il 60% tra il 2007 e il 2017, e anche i tassi di suicidio tra gli adolescenti sono aumentati di circa il 60% nello stesso periodo). preoccupazioni" sullo stato mentale dei bambini che vedono nel loro lavoro e ha avvertito che se non si interviene immediatamente, "non vedono alcuna speranza per invertire la tendenza negativa".
CONTINUA QUI
Teachers in Denmark are using apps to audit their students’ moods
Companies say the software can help improve well-being, but some experts worry it could have the opposite effect.Arian Khameneh (MIT Technology Review)
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Il trilemma della sicurezza alimentare
Davanti a emergenza climatica e globalizzazione la sfida per il futuro delle economie asiatiche si gioca anche nel rapporto tra risorse alimentari e popolazione. Un estratto dal nostro ultimo e-book dedicato ai trend demografici in Asia
L'articolo Il trilemma della sicurezza alimentare proviene da China Files.
Le mani di Facebook e TikTok sugli acquisti online in farmacia per alimentare il mercato pubblicitario
VIDEO. E’ guerra civile in Sudan,180 morti in tre giorni
AGGIORNAMENTO 17 APRILE ORE 20.15
Più di 180 persone sono state uccise e altre 1.800 ferite in tre giorni di combattimenti tra le fazioni rivali in Sudan, riferisce il rappresentante speciale delle Nazioni Unite nel paese. “È una situazione fluida, quindi è molto difficile dire dove si stia spostando l’equilibrio”, ha aggiunto Volker Perthes a proposito della violenza tra l’esercito e le forze paramilitari guidate rispettivamente da Abdel Fattah El Burhan e Mohammad Hamdan Dagalo detto “Hemeti”
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di Michele Giorgio
Pagine Esteri, 15 aprile 2023 – Resta fluida la situazione in Sudan dove è in corso un tentativo, non è chiaro se destinato al successo, di golpe da parte delle Forze di supporto rapido (Rsf), la formazione paramilitare controllata da Mohamed Hamdan “Hemeti” Dagalo, contro il capo della giunta militare Abdel Fattah al Burhan. Entrambi erano già stati autori, il 25 ottobre 2021, di un colpo di stato che ha interrotto la transizione del Sudan verso la democrazia cominciata dopo la rimozione dal potere, dopo trent’anni, di Omar Al Bashir nel 2019. Contro questo golpe hanno manifestato e protestato con forza i sudanesi: la repressione dei militari golpisti ha fatto centinaia di morti e feriti.
Le Rsf hanno fatto sapere di aver preso il controllo del Palazzo presidenziale infliggendo pesanti perdite all’esercito regolare e di essere vicine ad occupare l’aeroporto di Khartoum. Fonti dell’esercito però smentiscono. La tensione tra l’esercito, agli ordini di Al Burhan, e i paramilitari delle Rsf era molto alta da diversi giorni. Poi questa mattina ha avuto inizio una offensiva delle forze regolari contro la base di Soba, a sud di Khartoum, da alcuni giorni nella mani delle Rsf. Gli scontri si sono poi allargati ad altre basi militari nel Paese e anche al centro di Khartoum, in particolare nella zona del palazzo presidenziale.
Da mesi si stava negoziando il ritorno del governo nelle mani dei civili senza però un risultato definitivo. Un punto critico riguardava l’integrazione all’interno dell’esercito delle Rsf formate anche da ex membri delle milizie janjaweed – accusate di crimini nel Darfur – e che sarebbero sostenute dalla Russia e dall’organizzazione mercenaria Wagner. Pagine Esteri
GUARDA IL VIDEO
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Export armi agli Emirati Arabi Uniti. Il governo fa cadere il divieto
Cade il divieto di export di armi negli Emirati Arabi Uniti. Lo ha deciso il governo di Giorgia Meloni, che ha dato attuazione a una decisione presa dal precedente esecutivo guidato da Mario Draghi.
“Il 5 agosto 2021, il Consiglio dei ministri ha avuto conferma dall’allora Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, d’intesa con il Parlamento, dopo un’indagine conoscitiva della Commissione affari esteri e comunitari della Camera, del fatto che l’impegno militare degli Emirati Arabi Uniti in Yemen era cessato. In seguito, lo scenario ha continuato a evolversi positivamente: da aprile 2022 le attività militari in Yemen sono rallentate e circoscritte e l’attività diplomatica ha avuto una importante accelerazione”.
“L’impegno degli Emirati Arabi Uniti con altri attori regionali ha fatto progressi”, spiega la nota post Consiglio dei ministri. “Tra il 2015 e il 2021 gli Emirati hanno stanziato 5,5 miliardi di euro per la stabilizzazione e ricostruzione dello Yemen, impegno che è continuato nel 2022 con 500 milioni di euro e ancora nel novembre scorso, con Fondo monetario internazionale e Arab Monetary Fund, con un impegno di 1,5 miliardi di dollari in tre anni”, si legge ancora.
È alla luce di questi “nuovi elementi” che “il Consiglio dei ministri oggi, dopo aver ascoltato una dettagliata relazione del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, ha dato attuazione a quanto stabilito dal precedente Governo, e dunque attesta che l’esportazione di materiale d’armamento negli Emirati Arabi Uniti non ricade più tra i divieti stabiliti dall’art. 1, commi 5 e 6, della legge 9 luglio 1990, n. 185”.
A inizio marzo, Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, aveva fatto visita negli Emirati Arabi Uniti. Una vista che “segue da vicino la recente visita del ministro della Difesa italiano, Guido Crosetto, ad Abu Dhabi, che potrebbe indicare un focus sul rinvigorimento della cooperazione in difesa e sicurezza, compresa la vendita di armi”, spiegava Ebtesam al-Ketbi, presidente e fondatrice dell’Emirates Policy Center, a Formiche.net. “Ciò suggerisce”, aggiunga allora, “una nuova pagina nel rapporto tra i due Paesi che ha superato la spaccatura nel rapporto tra i due Paesi nel 2021”.
Presentazione del libro “Non diamoci del Tu – La separazione delle carriere” – 20 aprile 2023, Tivoli
Aula Magna del Convitto Nazionale Amedeo di Savoia
Saluti iniziali
ELIANA LELLI, Presidente Consiglio Ordine Avvocati di Tivoli
NICOLA DI GRAZIA, Presidente Sezione Penale del Tribunale Tivoli
GIUSEPPE PROIETTI, Sindaco del Comune di Tivoli
Introducono
MONICA ROSSI, Avvocato
VALTER CARA, Avvocato
FRANCESCO FRATINI, Avvocato
Intervengono
ALESSANDRO PALOMBI, Membro della II Commissione Giustizia
ENRICO COSTA, Membro della II Commissione Giustizia
FABIO FERRARA, Presidente Camera Penale di Palermo
FRANCESCO PETRELLI, Direttore Rivista UCPI DIRITTO DI DIFESA
BENIAMINO MIGLIUCCI, Presidente della Fondazione UCPI
Modera
FABIO FRATTINI, Presidente Camera Penale di Tivoli
Sarà presente l’autore
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Il complottista che è in noi e i modesti margini per il realismo liberale
Il 32% degli italiani è convinto che l’attentato alle Torri gemelle sia stato organizzato dagli stessi americani, il 29% ritiene che la missione Apollo 11 fosse una fake news e che l’uomo non sia mai sbarcato sulla luna, il 17% considera “plausibile” che l’Olocausto non sia avvenuto, il 25% ritiene che i vaccini siano uno strumento per controllare i popoli attraverso il 5G (?), il 15% pensa che “probabilmente” la terra non sia sferica ma piatta… Questi, tra gli altri, i risultati di un recente sondaggio di Swg. Ce n’è abbastanza per tirare una conclusione tanto amara quanto liquidatoria: siamo circondati da coglioni ossessionati dai complotti, in media uno su quattro. C’è del vero, naturalmente, ma la questione è leggermente più complessa.
Il problema è che, come ha spiegato con inedita chiarezza ai primi del Novecento lo psicologo delle masse Gustave Le Bon, “la ragione crea la scienza, ma sono i sentimenti a guidare la storia”. E i sentimenti, da sempre più forti della ragione, possono indurci a confutare anche le più acclarate evidenze scientifiche e a rifugiarci nelle tutto sommato rassicuranti teorie del complotto. Rassicuranti perché aiutano a dare un ordine al caos, ad escludere il ruolo spesso determinante del caso, a confermare i nostri più radicati pregiudizi.
Nel pieno della campagna elettorale per le presidenziali del 2004, gli psicologi Drew Westen, Stefan Haman e Clint Kilts selezionarono due gruppi di militanti politici, il primo composto da 15 democratici convinti, il secondo da altrettanti non meno convinti repubblicani. Collegarono ciascuno di loro ad una macchina che attraverso la risonanza magnetica ne verificava le reazioni cerebrali e gli sottoposero una serie di affermazioni in video del candidato repubblicano (George W. Bush) e di quello democratico (John Kerry), molte delle quali denunciavano evidenti contraddizioni. Come sospettavano, la stragrande maggioranza dei militanti democratici percepì nitidamente le contraddizioni di Bush, mentre non avvertì affatto quelle di Kerry. E viceversa. Questo per dire quanto contino i pregiudizi e quanto (poco) conti l’evidenza dei fatti. Dunque, quanto sia tutto sommato naturale avere un approccio complottista ai grandi accadimenti della Storia.
Osservò Umberto Eco che “la psicologia del complotto nasce dal fatto che le spiegazioni più evidenti di molti fatti preoccupanti non ci soddisfano, e spesso non ci soddisfano perché ci fa male accettarle”. Meglio, allora, inventarsi una realtà parallela. Meglio anche perché, proseguiva Eco, “l’interpretazione sospettosa ci assolve dalle nostre responsabilità” e, come ha osservato il politologo Angelo Panebianco, ci evita la fatica di cimentarci con la “complessità della storia”.
Un tempo, era la religione ad assolvere a questo disperato ed arciumano bisogno di spiegazioni ultime e trascendenti. Ma Dio è morto, e, come ammoniva il grande storico delle religioni Mircea Eliade, “l’alternativa alla religione non è il trionfo della Dea Ragione, ma della superstizione”. E vai, dunque, col terrapiattismo…
Il resto, è noto, lo fanno i social. I social dove, come lamentava Eco, ogni assurdità complottista trova oggi la propria rassicurante community. I social dove, come ha certificato il Mit di Boston, le notizie false si diffondo sei volte più velocemente delle notizie vere.
Ecco dunque sommariamente spiegato cosa si celi dietro gli allucinanti dati Swg. Ed ecco spiegato perché in politica trionfi la demagogia e fatichi ad affermarsi quell’approccio realista e competente tipico del metodo liberale.
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Pierre Schoendoerffer – La 317a Sessione
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RiStabilità
Il Patto di stabilità e crescita, che contiene le regole di bilancio cui i Paesi dell’Unione europea devono attenersi, è stato sospeso durante l’emergenza pandemica e tornerà in vigore una volta iniziato il 2024. Sul punto c’è un equivoco: è stato sospeso il Patto, mica la realtà. La prima cosa è alla portata dei governi, la seconda no. In emergenza si è potuto spendere di più, accrescendo deficit e debito, senza incorrere in vincoli interni, ma quei vincoli mica erano stati elaborati per la gioia di coltivare bonsai economici, bensì per evitare che deficit e debiti eccessivi squilibrino il mercato interno e sfondino le dighe che difendono dalle alluvioni speculative. Quindi il Patto era sospeso, ma i problemi e i costi dei debiti crescenti sono lì a ricordarci il peso della realtà.
Analogo effetto hanno le richieste di questa o quella spesa, sempre nobilmente indirizzata (da ultimo quella relativa agli aiuti all’Ucraina), in “deroga” al Patto: evita la contestazione dell’ufficio, ma non evita per nulla la conseguenza sul bilancio e sugli acquirenti di debito.
Lo scorso 14 marzo l’Ecofin, ovvero l’insieme dei ministri dell’economia e delle finanze dei Paesi Ue, ha proseguito l’esame della proposta fatta dalla Commissione europea, circa la riforma del Patto. In brutale sintesi, la Commissione propone che i Paesi che si trovano con un eccesso di deficit o debito o di entrambi negozino, ciascuno a partire dalle proprie condizioni, con la Commissione stessa il percorso di rientro. In tale negoziato su misura c’è una coda velenosa: si terrà conto della sostenibilità di ciascun debito, segnalandone la pericolosità al mercato. L’alternativa, se la riforma non si facesse, sarebbe vedere tornare in vigore il vecchio trattato, con meccanismi automatici di riequilibrio. Questo è il punto importante, che serve a capire il seguito: non è che quei meccanismi non abbiano funzionato, è che non sono stati applicati pienamente, bensì solo a spizzichi e bocconi. Tanto che il ministro dell’economia tedesca, il liberale Christian Lindner sostiene: <<Inutile avere regole che sono soggette alla discrezionalità politica e alla fine non funzionano mai>>. Difficile dargli torto.
Dopo quella riunione la Germania ha diffuso un proprio “non paper”, una riflessione informale, in cui sostiene che passi pure per la negoziabilità proposta dalla Commissione, ma se poi non funziona si passa alla garanzia di un sistema automatico, con una riduzione obbligatoria proporzionale allo squilibrio del debito, fino all’1% annuo del prodotto interno lordo.
L’Italia si trova fra questi scogli: la proposta della Commissione porterebbe ad una indicazione di pericolo per il nostro debito, quella tedesca all’automaticità della sua riduzione. E nella misura massima, visto che il Fondo monetario internazionale ha provveduto a ricordare che, nel mondo sviluppato, il nostro debito è secondo solo a quello del Giappone, ma con una condizione interna assai diversa (colà altro che pensionati che neanche hanno 60 anni!). Che intendiamo fare? Se la sinistra non fosse impegnata a convincere sé stessa d’essere de sinistra e i terzopolisti a scannarsi e mettere in fuga gli elettori, proverebbero a incalzare il governo su questo tema.
Aumentare il debito è bello nell’immediato e molto doloroso nel futuro subito successivo, dimostra sovranità nazionale nello svendere sovranità nazionale. Il debito toglie libertà. Diminuire il debito è doloroso nell’immediato e un sollievo subito dopo, riconquistando sovranità e libertà. Un governo che pensasse di durare non avrebbe dubbi e scegliere la riduzione. Chi pensa di cadere sceglie l’indebitamento. Chi non sceglie si barcamena nell’inutilità.
Una cosa è sicura: se non si sarà capaci di usare i fondi europei e si penserà di tenere in ostaggio gli altri immobilizzandoli sul Meccanismo europeo di stabilità (Mes), i due scogli si stringeranno e si dovrà chiedere a Schettino l’effetto che fa. A quel punto il Patto sarà difficile, ma la stabilità ancora di più.
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Il fondatore di Anonymous Russia è stato arrestato
Il fondatore del gruppo Killnet noto con il soprannome Killmilk ha deciso di “deanonimizzare” il membro della comunità arrestato. Secondo lui, il capo di Anonymous Russia è un cittadino bielorusso di 18 anni, studente del liceo, Arseniy Eliseev, noto con i nick Raty o Mr. Raty e residente a Gomel. Ora si trova in stato di fermo, in custodia cautelare, in una cella di isolamento presso l’ufficio investigativo di Gomel.
Arrestato il fondatore di Anonymous Russia, membro degli hacker filorussi di Killnet
Arrestato in Bielorussia uno dei leader del gruppo hacker filorusso Killnet: è un 18enne bielorusso ed era a capo di Anonymous Russia. Non si sa di cosa sia accusato. Lo ha detto il fondatore di Killnet nel suo canale Telegram.MSN
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Su Intelligenza Artificiale Spiegata Semplice – Il podcast di AI Play, riascolta la puntata
Grazie a Pasquale Viscanti e Giacinto Fiore per l’ospitalità su “Intelligenza Artificiale Spiegata Semplice”, il podcast di AI Play, dove abbiamo parlato di cosa insegna la vicenda ChatGPT a Manager e imprenditori dell’IA. Per riascoltare la puntata clicca qui.
4900 prigionieri politici palestinesi in carcere in Israele
della redazione
Pagine Esteri, 17 aprile 2023 – Sono 4.900 i prigionieri politici palestinesi nelle carceri israeliane tra cui 31 donne e 160 minori e più di 1.000 detenuti “amministrativi”, ossia in carcere senza processo, tra cui due giovani donne, il numero più alto dal 2003. 544 prigionieri scontano il carcere a vita, il caso più noto è quello di Abdullah Al-Barghouti (67 ergastoli). Sono questi i dati comunicati da Ong locali e internazionali in occasione della Giornata del prigioniero palestinese.
Quest’anno, dal primo gennaio al 15 aprile circa 2300 palestinesi sono stati arrestati dalle forze militari e di polizia di Israele. Tra di questi 350 sono minori.
Le Ong aggiungono che circa 700 detenuti sono ammalati, tra cui 24 affetti da cancro. In questi giorni è in corso una campagna per far scarcerare Walid Daqqah (detenuto da 37 anni) affetto da mielofibrosi. Le sue condizioni si sarebbero aggravate, sostengono i palestinesi, a causa di cure adeguate in carcere. Pagine Esteri
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Le iniziative delle altre Autorità
Perù: uccise giornalista, condannato ex ministro degli Interni
di Redazione
Pagine Esteri, 17 aprile 2023 – Un generale in pensione ed ex candidato alla presidenza del Perù, Daniel Urresti, è stato condannato a 12 anni di carcere per crimini contro l’umanità perché riconosciuto colpevole di aver partecipato all’omicidio di un giornalista.
Nei giorni scorsi un tribunale ha infatti stabilito che Urresti, che all’epoca era un ufficiale dei servizi segreti militari di Lima, partecipò all’agguato e all’omicidio di Hugo Bustíos, un reporter del settimanale peruviano “Caretas” che stava svolgendo un’inchiesta sulla violazione dei diritti umani da parte degli apparati di sicurezza.
Il giornalista lavorava nella regione andina di Ayacucho, al centro del conflitto armato tra guerriglia maoista e forze governative negli anni Ottanta e Novanta. Prima di essere assassinato, il reporter ha documentato le violazioni dei diritti umani compiute nella regione sia dai ribelli di Sendero Luminoso sia dalle forze armate. La regione di Ayacucho è stata la più colpita dalla violenza politica che ha causato quasi 70mila tra morti e desaparecidos, stando al bilancio fornito dalla Commissione per la verità e la riconciliazione del Perù.
Il 24 novembre del 1988 Bustíos si stava recando ad Erapata, nel sud-ovest del paese, per indagare sull’uccisione di un contadino e di suo figlio. Bustíos era convinto che gli autori degli omicidi fossero alcuni membri dell’esercito, che in quella zona erano allora impegnati in una dura repressione di Sendero Luminoso. Mentre era sulla strada per Erapata insieme al collega Eduardo Rojas, cadde in un’imboscata realizzata da alcuni militari in abiti civili: prima venne ferito con alcuni colpi d’arma da fuoco e poi fu ucciso dopo che sul suo corpo venne piazzato dell’esplosivo per incolpare i ribelli maoisti. Il suo collega Rojas però riuscì a fuggire e a raccontare l’accaduto.
Per l’omicidio, nel 2007, è stato già condannato come mandante il comandante della locale base militare, Victor La Vera Hernández, che dopo essere uscito di prigione già nel 2011 indicò Urresti come uno degli esecutori materiali. Il politico fu quindi processato una prima volta ma venne assolto nel 2018. Nel 2019, però, la Corte Suprema di Lima ordinò un nuovo processo sostenendo che i giudici non avessero valutato adeguatamente alcune prove e testimonianze contro l’ex militare che nel 2014 e 2015 ha ricoperto anche l’incarico di ministro degli Interni nel governo del populista Ollanta Humala e poi di deputato.
La Commissione Interamericana per i Diritti Umani aveva già condannato le autorità peruviane per aver violato il diritto dei parenti della vittima alla verità non indagando adeguatamente sull’omicidio. Gli avvocati della Difesa hanno annunciato che ricorreranno in appello nonostante l’accusa avesse chiesto una condanna a 25 anni. Prima della sentenza Urresti ha scritto di Twitter di sentirsi “ingiustamente perseguitato”.
Ma Urresti è attualmente indagato per il ruolo che ebbe, come ministro degli Interni, nella repressione che nel febbraio del 2015 portò alla morte di uno studente di 25 anni e al ferimento di altri manifestanti che partecipavano ad uno sciopero. Gli agenti della Polizia Nazionale spararono contro i manifestanti a Pichanaki causando molte vittime. L’allora ministro affermò che gli agenti non avevano fatto ricorso alle armi da fuoco ma venne smentito da numerose testimonianze e poco dopo il presidente Humala gli revocò l’incarico. – Pagine Esteri
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Phantom of the Paradise
Questo film è la storia di quel sound..., dell'uomo che lo creò, della ragazza che lo cantò e del mostro che lo rubò.
Questo è l'intro di apertura del musical dal regista Brian De Palma ,prodotto dalla 20th century Fox nel 1974, (andato in onda in Italia nel 1989) e uno dei pochi musical che ho più apprezzato (io che non adoro i musical)e che sono andata a scovare per curiosità dopo che un amico americano ci aveva chiesto di partecipare ad una tribute per il 50' anniversario dell'uscita.
iyezine.com/phantom-of-the-par…
Phantom of the Paradise 1974
Phantom of the Paradise: Questo film è la storia di quel sound..., dell'uomo che lo creò, della ragazza che lo cantò e del mostro che lo rubò.La Misse (In Your Eyes ezine)
In Cina e Asia – Il Ministro della Difesa cinese incontra Putin
Il Ministro della Difesa cinese incontra Putin
Ucraina: trovate "componenti di fabbricazione cinese" nelle armi russe
Borrell: "La Cina può svolgere un ruolo nella guerra"
Usa: società cinesi accusate di fornire al cartello messicano i precursori chimici del fentanil
Veterani del Partito comunista a capo dell’ufficio per Hong Kong e Macao
Sentenza di un tribunale di Pechino: gli "straordinari su WeChat" vanno pagati
Il Giappone avrà il suo primo casinò
L'esercito sudcoreano spara colpi di avvertimento contro una motovedetta della Corea del Nord
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Eleonora
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