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Anna Camposampiero* Come Responsabile Comunicazione Nazionale ho pensato che fosse utile e necessario “comunicare” al corpo del Partito cosa stiamo facen


Costi e requisiti. Perché Abu Dhabi rinuncia agli elicotteri Airbus


Il governo degli Emirati arabi uniti ha terminato un contratto con Airbus Helicopters per l’acquisto degli elicotteri H225. Ad annunciarlo, in una intervista a Breaking Defense, Muammar Abdulla Abushehab, il capo del settore affari industriali per la Dife

Il governo degli Emirati arabi uniti ha terminato un contratto con Airbus Helicopters per l’acquisto degli elicotteri H225. Ad annunciarlo, in una intervista a Breaking Defense, Muammar Abdulla Abushehab, il capo del settore affari industriali per la Difesa e sicurezza del Tawazun council, l’autorità emiratina per le acquisizioni destinate alle Forze armate e alla polizia di Abu Dhabi. Il contratto, da quasi ottocento milioni di euro, prevedeva l’acquisto di dodici H225 Caracal, elicotteri multiruolo prodotti dal gigante aerospaziale francese Airbus. Il contratto venne siglato nel dicembre del 2021, in occasione della visita del presidente francese. Il Caracal è la versione militare dell’elicottero H225 di Airbus, capace di essere equipaggiato con diversi tipi di sistemi d’arma, da mitragliatori a razzi antinave. Attualmente è in servizio con le forze armate francesi ed è esportato in undici Paesi.

Le difficoltà del contratto

“Abbiamo riscontrato delle difficoltà del proseguire con il contratto per via degli alti costi per il ciclo di vita, le limitazioni nell’adattamento a un design modulare per i futuri requisiti di missione, e le complessità tecniche della proposta”, ha specificato ancora Abushehab. Secondo il funzionario del Tawazun, ente indipendente che lavora affianco al ministero della Difesa emiratino e che ha tra i compiti quello di esplorare le ripercussioni sull’innovazione tecnologica dei programmi, la cancellazione non è un atto politico, ma basato esclusivamente su ragioni tecniche e finanziarie. “L’azienda non aveva la seria motivazione di rispondere alle nostre richieste per soddisfare le pressanti esigenze del governo – ha detto il funzionario emiratino – e il mancato raggiungimento degli obiettivi di valore aggiunto per il Paese è stato un altro fattore che ha portato alla decisione di rescindere il contratto”.

Sviluppo emiratino

Per Abushehab “in questo momento, il nostro obiettivo principale è sviluppare valore all’interno del Paese attraverso tutte le operazioni che intraprendiamo in collaborazione con i nostri partner locali e internazionali”. Infatti, tra gli obiettivi del Tawazun c’è anche quello di assicurarsi che tutti i progetti e le operazioni di acquisizione possano sostenere e generare proprietà intellettuale, ricerca e sviluppo o linee di produzione all’interno dello stato emiratino. I contratti stretti finora dal Consiglio con tutti i principali appaltatori della Difesa, tra cui è presente l’italiana Leonardo, oltre a Raytheon, Boeing, Saab, L3 Harris e altre, prevedono il sostegno a progetti di sviluppo all’interno dei laboratori degli Emirati Arabi Uniti. “Gli appaltatori della difesa possono ora ottenere crediti di compensazione partecipando ad attività economiche che stimolano l’economia locale, accelerano il trasferimento di tecnologia e know-how, offrono opportunità di lavoro e formazione e migliorano la catena di approvvigionamento”, ha infatti concluso Abushehab.


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Einaudi: il pensiero e l’azione – Il podcast condotto da Nicola Galati


Einaudi: il pensiero e l’azione è il titolo della nuova serie di podcast condotti da Nicola Galati che si articolerà in sei puntate e che partirà giovedì 11 maggio. Ogni puntata vedrà come ospite una personalità illustre del mondo liberale. Puntate e ospi

Einaudi: il pensiero e l’azione è il titolo della nuova serie di podcast condotti da Nicola Galati che si articolerà in sei puntate e che partirà giovedì 11 maggio. Ogni puntata vedrà come ospite una personalità illustre del mondo liberale.

Puntate e ospiti

Giovedi 11 Maggio 2023 ore 18:00
L’UOMO. Con Paolo Silvestri

Giovedi 18 Maggio 2023 ore 18:00
IL GIORNALISTA. Con Andrea Cangini

Giovedi 25 Maggio 2023 ore 18:00
IL LIBERALE. Con Giancristiano Desidei

Giovedì 01 Giugno 2023 ore 18:00
L’EUROPEISTA. Con Lorenzo Infantino

Giovedi 08 Giugno 2023 ore 18:00
IL POLITICO. Con Giuseppe Benedetto

Giovedi 15 Giugno 2023 ore 18:00
L’ECONOMISTA. Con Emma Galli

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John Stuart Mill, le radici del pensiero liberale


Se all’età di tre anni tuo padre ti insegna il Greco antico, a otto comincia col Latino e a dieci sei in grado di leggere gli autori classici senza vocabolario, puoi dire di avere avuto un’infanzia felice? Insomma, mica tanto. E così la pensava anche John

Se all’età di tre anni tuo padre ti insegna il Greco antico, a otto comincia col Latino e a dieci sei in grado di leggere gli autori classici senza vocabolario, puoi dire di avere avuto un’infanzia felice? Insomma, mica tanto. E così la pensava anche John Stuart Mill, il grande filosofo ed economista inglese di cui l’8 maggio ricorreva il 150º anniversario della morte avvenuta a 67 anni. Infatti, il padre di John, James Mill, era un filosofo utilitarista seguace di Bentham che aveva preso un po’ troppo alla lettera i canoni di questa scuola di pensiero. Non solo per raggiungere la massima felicità bisognava essere il più colti possibile per essere in grado di prendere decisioni consapevoli, ma il povero John fin da piccolo era costretto assieme alla sorella a sottoporre ogni decisione ad un test di utilità: meglio una camminata al parco o un giro in barca sul laghetto? Analizzate i pro e i contro e scegliete razionalmente. Un incubo.

Tuttavia, nonostante infanzia e adolescenza un po’ particolari ed un esaurimento nervoso a vent’anni, John riuscì a non sbroccare e a diventare un grande studioso ed un pensatore originale. Nel 1848 pubblicò i Principi di Economia politica, un vero e proprio manuale di economia in cui sposava la teoria liberista sulle orme di Adam Smith e David Ricardo, anche se nelle successive edizioni introdusse dei correttivi influenzati dalla lettura dei socialisti utopisti. Le sue opere successive servirono a definire il suo pensiero, prima fra tutte On Liberty del 1859, la più famosa, e poi a seguire Le considerazioni sul governo rappresentativo del 1861, Utilitarismo del1863 e La soggezione delle donne del 1869.

Quel che rende Mill un pensatore ancora oggi letto e studiato è la modernità del suo approccio e l’adattabilità del suo pensiero alle odierne circostanze. Prendiamo l’Utilitarismo: mentre Bentham vedeva la formula «la massima felicità per il maggior numero di persone» come un obiettivo della legislazione da applicare in modo quasi matematico, Mill introdusse una gerarchia dei piaceri. Certo, la felicità è il fine dell’agire umano, ma non si può mettere sullo stesso piano i piaceri morali, estetici ed intellettuali con quelli materiali: «Meglio un Socrate insoddisfatto che un maiale felice».

Questa scala di valori è attualmente uno dei crucci maggiori degli studiosi di analisi economica del diritto che misurano e propugnano l’efficienza delle norme, ma si rendono conto che non sempre è possibile assegnare un valore in dollari alle scelte legislative. E, in fondo, anche coloro i quali cercano indicatori alternativi al Pil si pongono sulla scia del nostro filosofo. John, influenzato dalla moglie Henriette, donna colta con la quale ebbe un’intensa intimità anche intellettuale, fu un teorico del femminismo. L’uguaglianza tra i sessi e il diritto di voto per le donne furono due costanti dei suoi scritti e del suo impegno politico (fu anche deputato liberale per una legislatura).

E – in pieno spirito utilitaristico- avvertiva gli uomini che la parità femminile conveniva in primis a loro visto che la discriminazione privava la società dell’intelligenza e del contributo delle loro signore. Stesso discorso si applicava naturalmente al razzismo e le perorazioni di Mill per l’abolizione della schiavitù negli Stati Uniti furono molteplici. Il suo principio fondamentale «do no harm», non danneggiare gli altri e poi fai quello che vuoi, è oggi spesso richiamato dai promotori dell’eutanasia (Mill ricordava che del proprio corpo ognuno poteva disporre come gli pareva) e del matrimonio gay (due persone dello stesso sesso che si sposano non nuocciono a nessuno).

Le sue preoccupazioni per gli effetti nefasti della democrazia, ossia la prevalenza della mediocrità, il conformismo e lo strapotere delle maggioranze, sono attualmente rese più che mai evidenti in quelle “democrature” come la Turchia e l’Ungheria, dove si svolgono sì le elezioni, ma il governo è autoritario, si soffoca la diversità e prevalgono gli insulsi purché fedeli. I rimedi che aveva in mente Mill, però, non sarebbero stati ben accetti né dagli attuali tribalistiche vogliono dividere la società in tante quote predeterminate in guerra tra loro, né dai populisti di ogni genere. Il filosofo era un elitista meritocratico il quale pensava che lo Stato avesse il dovere di assicurare l’educazione a tutti per l’eguaglianza di opportunità, ma non impartendo l’istruzione direttamente bensì lasciando fiorire la concorrenza tra scuole.

Dopodiché l'”uno vale uno” non sarebbe andato bene nemmeno alle elezioni: chi era analfabeta o non pagava tasse e viveva di sussistenza non avrebbe avuto il diritto di votare per decidere come spendere i soldi dello Stato e chi aveva cultura e capacità intellettuali superiori poteva aspirare a un voto plurimo. Misure estreme, certamente, mail problema di come le liberaldemocrazie riusciranno a sopravvivere con una popolazione disinteressata, sommersa di fake news e che si aspetta di essere mantenuta da qualcun altro è ben presente tra noi.

La Stampa

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Dalle fregate alle crociere. Ecco il piano di Fincantieri


Leadership trasversale in tutti i settori, capacità di rispondere alle dinamiche geopolitiche e integrazione verticale grazie a competenze nell’automazione, nell’elettromeccanica e nei sistemi di propulsione e generazione necessarie per guidare la transiz

Leadership trasversale in tutti i settori, capacità di rispondere alle dinamiche geopolitiche e integrazione verticale grazie a competenze nell’automazione, nell’elettromeccanica e nei sistemi di propulsione e generazione necessarie per guidare la transizione digitale e verde. Sono questi i principali obiettivi del piano industriale 2023-2027 presentato dall’amministratore delegato di Fincantieri Pierroberto Folgiero. Un ciclo industriale che nelle indicazioni del gruppo spezzino sarà trainato dalle rivoluzioni digitali e green.

Gli obiettivi del piano

Confermati i cinque i pilastri del nuovo piano industriale: focalizzazione sul business della cantieristica navale cruise, difesa e offshore con progressiva espansione delle competenze distintive per la nave digitale e a zero emissioni, mitigazione dei rischi, attenzione alla gestione dei costi e l’ottimizzazione delle dinamiche di cassa, commitment industriale alla strategia di sostenibilità, sviluppo di un’offerta di servizi life cycle management, ed evoluzione delle competenze di integratore di piattaforma.

I settori trainanti

A trainare il piano ci sono alcune considerazioni sul contesto internazionale, a partire dalla ripresa del mercato cruise dopo l’emergenza pandemica, con una crescita dei servizi crocieristici prevista al tasso del 6% fino al prossimo decennio, con una prospetta ripresa degli ordini per le navi a partire dal 2023-2024. Strategico anche il mercato per il settore militare, dal momento che lo scenario geopolitico globale sta spingendo molti stati verso la costruzione di flotte di maggiori dimensioni ed elevati standard tecnologici. In questo settore, Fincantieri può vantare i contratti con la Marina militare italiana e con la Us Navy, con la quale il gruppo collabora per la realizzazione delle fregate classe Constellation, basate a loro volta sul progetto Fremm. Crescita anche per il settore offshore, guidato dall’evoluzione delle piattaforme eoliche in mare. Forte spinta, poi, in tutti gli indici di sostenibilità Esg (enviromental, social, governance) con impegni ambiziosi verso le Net zero emission.

Bilancio del primo trimestre

Fincantieri ha anche approvato i risultati del primo trimestre del 2023 con i ricavi si sono attestati a un miliardo e settecento milioni di euro, in crescita del 4,9% rispetto al primo quarto dell’anno scorso. L’Ebita è pari a 87 milioni, con un margine al 4,9%, in miglioramento rispetto al 2022 del 3%. La Posizione finanziaria netta è negativa per euro 2,9 miliardi in linea con l’andamento dei fabbisogni delle commesse cruise. Con 89 navi in portafoglio e un backlog di 22,7 miliardi, gli ordini acquisti si attestano a poco meno di un miliardo, rispetto al mezzo miliardo dello stesso periodo dell’anno scorso, grazie in particolare al forte contributo del settore eolico offshore. Nel corso del periodo sono anche state consegnate cinque navi da tre stabiliti menti, di cui due militari, una per la Guardia costiera norvegese e una unità da combattimento costiera classe Freedom per la Us Navy, denominata Uss Marinette, sito dove Fincantieri ha i propri cantieri nel Wisconsin.


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Al via l’esercitazione Joint Stars. Oltre 4000 uomini e 900 mezzi in Sardegna


Dai presidi della Croce Rossa italiana per soccorrere i feriti, alle attività che contrastano il contrabbando, dalle operazioni cyber alla gestione degli sfollati, fino allo scandagliamento dei mari da parte di assetti navali specializzati. Così è iniziat

Dai presidi della Croce Rossa italiana per soccorrere i feriti, alle attività che contrastano il contrabbando, dalle operazioni cyber alla gestione degli sfollati, fino allo scandagliamento dei mari da parte di assetti navali specializzati. Così è iniziata la fase inter agenzia di “Joint Stars”, l’esercitazione militare pianificata e diretta dal Comando operativo di vertice interforze (Covi). Dall’8 al 26 maggio la Sardegna, e più precisamente Decimomannu con il poligono di Capo Teulada e Salto di Quirra, saranno infatti lo sfondo di una delle più importanti e significative esercitazioni nazionali della Difesa che coinvolge moltissime realtà nazionali, quali la Guardia di Finanza, la Protezione civile, le Capitanerie di Porto, i Vigli del Fuoco, senza escludere anche il mondo accademico e le istituzioni. Joint Stars è stata preceduta dall’esercitazione multinazionale Nato, “Noble Jump 2023”, inziata a fine aprile, che ha visto impegnati personale e mezzi provenienti da ben sette diversi Paesi dell’Alleanza atlantica, tra cui l’Italia che in qualità di Paese ospitante ha fornito il supporto logistico. Tali operazioni servono ad addestrare la Very high readiness joint task force della Nato, e a verificare la capacità di rapido schieramento di tali forze in seguito all’insorgere di una situazione di pericolo per la sicurezza dell’Alleanza.

Fase interagenzia

La fase interagenzia dell’esercitazione interforze Joint Stars, che si prolungherà fino al 14 maggio, vedrà un totale di 28 eventi esercitativi che interessano sia i reparti delle Forze armate, sia gli altri assetti di Difesa civile coinvolti nella gestione dell’ordine pubblico e nella gestione delle emergenze. Tali attività sono volte a incrementare l’integrazione e l’interoperabilità tra tutti gli attori coinvolti, militari e non. Nel dettaglio, gli assetti dell’Arma dei Carabinieri saranno coinvolti in attività di Polizia di stabilità a Capo San Lorenzo, mentre a Decimomannu il personale del Comando delle operazioni spaziali (Cos), del Nucleo operativo ecologico (Noe) e del Corpo dei Vigili del fuoco seguiranno un rientro simulato in atmosfera terrestre dei resti di un razzo impiegato per portare i satelliti in orbita, intervenendo sul luogo dell’impatto per decontaminare l’area. Mentre, la Marina militare, la Guardia di Finanza e la Guardia costiera si occuperanno di pattugliare le acque vicine a Cagliari per un’attività in mare di contrasto al contrabbando, in cui saranno impiegati anche il pattugliatore multiruolo Monte Sperone e un velivolo Atr-72 in servizio per le Fiamme Gialle. La Croce Rossa italiana (Cri) prenderà parte alle esercitazioni con un Posto medico avanzato, operativo per il primo soccorso e screening sanitario e triage anti Covid-19 per il personale soccorso in mare. Si simulerà così l’avvistamento di alcuni barconi instabili, uno dei quali si capovolgerà e richiederà l’intervento delle motovedette della Guardia Costiera e della Fiamme Gialle con a bordo il team sanitario Cri. In ultimo, gli elicotteri dell’Aeronautica militare effettueranno delle evacuazioni mediche (Medevac).

L’esercitazione

Per Joint Stars opereranno circa 4mila uomini e donne e circa 900 mezzi tra terrestri, aerei e navali. Saranno impegnati in un evento addestrativo che verterà appunto su una prima risposta civile a una crisi militare interforze e multinazionale, in aderenza a quanto prescritto dall’Articolo 5 del Trattato Nato, che stabilisce il principio di difesa collettiva in caso di aggressione a uno dei Paesi alleati. Verranno, dunque, simulati scenari complessi connessi alle azioni di risposta in situazioni emergenziali, dal mantenimento della sicurezza pubblica al contrasto dei traffici illeciti.

Un occhio alla sostenibilità

Nel corso delle operazioni vi sarà una particolare cura per la tutela ambientale, e ne è dimostrazione il coinvolgimento di esperti e consulenti ambientali che vigileranno, insieme ai comparti militari, sul rispetto della normativa nazionale e delle disposizioni contenute nei Piani di tutela ambientale di ciascuna area addestrativa interessata. Bonifica e operazioni di pulizia e ripristino ambientale, saranno le principali attività di appannaggio della Difesa durante tutte le fasi dell’esercitazione. Ed è previsto che tali squadre siano affiancate anche da assetti navali specializzati nello scandagliamento dei mari e nella localizzazione di oggetti sui fondali, che verranno così definitivamente rimossi.

Joint Stars village

In contemporanea alla Joint Stars, saranno organizzate inoltre diverse attività collaterali di tipo sportivo, sociale, culturale, didattico e di protezione dell’ambiente. Alla Fiera di Cagliari si apriranno ad esempio le porte del Joint Stars village, l’area espositiva e promozionale allestita ad hoc dal Covi per l’occasione che permetterà ai visitatori di conoscere più da vicino le attività delle Forze armate e degli altri corpi dello Stato coinvolti. Accanto alla mostra si svolgeranno anche la maratona Joint run, organizzata dalla Asd Cagliari Atletica leggera Fidal con il patrocinio del comune di Cagliari, e la cerimonia di premiazione con a seguire un momento conviviale in occasione del “Pasta party”.


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La strage di lavoratrici e lavoratori non si placa. Ieri un’ennesima vittima in un cantiere edile di Sala Comacina (CO). Le indagini faranno il loro corso per


Clearview AI data use deemed illegal in Austria, however no fine issued


L'utilizzo dei dati di Clearview AI è considerato illegale in Austria, ma non è stata comminata alcuna multa La DPA austriaca ha deciso: Clearview AI, l'azienda che vende software di riconoscimento facciale alle forze dell'ordine negli Stati Uniti, non può più elaborare dati biometrici. clearview


noyb.eu/en/clearview-ai-data-u…



GAZA. Proseguono i raid israeliani. Altri morti a Gaza e in Cisgiordania


Proseguono nella mattinata di oggi i bombardamenti israeliani su Gaza. Almeno quattro forti esplosioni sono state riportate nel sud della Striscia, a Khan Younis. Il premier Netanyahu ha incontrato, sempre questa mattina, il leader dell'opposizione, Lapid

Pagine Esteri, 10 maggio 2023. Proseguono nella mattinata di oggi i bombardamenti israeliani su Gaza. Almeno quattro forti esplosioni sono state riportate nel sud della Striscia, a Khan Younis. Durante gli attacchi almeno un palestinese è stato ucciso e due feriti.

Il premier Netanyahu ha incontrato, sempre questa mattina, il leader dell’opposizione, Lapid, per discutere dell’offensiva militare in corso, denominata “Scudo e Freccia”.

Intanto, nelle prime ore del giorno, le forze armate israeliane hanno ucciso due giovani palestinesi a Qabatiya, al sud di Jenin. Si tratta di Ahmad Jamal Assaf, 19 anni, e Warani Walid Qatanat, 24 anni. Durante una grande operazione di rastrellamento, che ha visto impegnati decine di militari israeliani, che hanno perquisito abitazioni e locali, le forze armate hanno aperto il fuoco contro un’automobile, all’interno si trovavano i due giovani che hanno perso la vita. Secondo la ricostruzione dell’esercito israeliano, i militari hanno risposto al fuoco.

L’operazione militare a Qabatiya arriva solo poche ore dopo il pesante attacco su Gaza che ha causato la morte di 15 persone tra cui 4 bambini. Si è trattato di un attacco improvviso, che ha colpito edifici civili. Il governo israeliano ha dichiarato che i 40 aerei militari impegnati nei bombardamenti hanno portato a termine la missione: tra i 15 morti si contano 3 membri del Jihad Islami. Pagine Esteri


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CILE: l’estrema destra mobilita la maggioranza silenziosa


Nuova sconfitta per Boric e il governo progressista del Cile. L'estrema destra mobilita la maggioranza silenziosa e controllerà il processo di revisione della Costituzione scritta da Pinochet che non fa mistero di apprezzare L'articolo CILE: l’estrema de

di Marco Santopadre

Pagine Esteri, 10 maggio 2023 – Sarà il Partito Repubblicano, formazione che raccoglie l’eredità politica e ideologica del regime fascista e turboliberista imposto da Augusto Pinochet dal 1973 al 1990, ad avere la maggioranza nel Consiglio Costituzionale di Santiago.

Il Consiglio Costituzionale in mano alla destra
L’organismo eletto domenica con il mandato di approvare una nuova bozza di Costituzione sarà quindi controllato dal partito di estrema destra guidato da José Antonio Kast, che ha raccolto il 35,5% dei consensi, riuscendo ad eleggere ben 23 dei 51 membri del Consiglio. I 3,3 milioni di voti ottenuti il 7 maggio fanno del Partito Repubblicano la formazione più votata in Cile dalla fine del regime. Si tratta di un risultato enorme, tenendo conto che alle elezioni per il Senato del 2021 il Pr aveva ottenuto un solo seggio e che era rimasto fuori dalla precedente assemblea costituente.
“Unità per il Cile”, la coalizione che sostiene l’attuale governo progressista di Gabriel Boric ha incassato il 28,4% e 16 seggi mentre altri 11 seggi (21,1%) vanno alla coalizione della destra liberale “Cile sicuro”. Dal Consiglio Costituzionale rimane invece fuori “Tutto per il Cile”, erede della “Concertación de Partidos por la Democracia” che ha a lungo governato il paese dopo la fine della dittatura; la coalizione di centrosinistra ha raggranellato solo il 9%. Nessun seggio anche per il Partito della Gente (5,4%), formazione di destra populista. Un seggio è stato invece attribuito, come previsto dalla legge elettorale, ad un rappresentante dei popoli indigeni del paese.

Record di voti nulli
Alle urne, anche in virtù dell’obbligatorietà del voto, si sono recati ben 12,8 milioni di aventi diritto, quasi l’85% del totale, con un’impennata apparente di partecipazione rispetto alle precedenti tornate elettorali. Ma l’enorme quota di voti nulli – 2,1 milioni, il 17% del totale – e di schede bianche – 565 mila, 4,55% – mostrano quanto siano diffusi il disinteresse e la disillusionetra gli elettori cileni.

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Manifestante nel corso di una protesta nell’autunno del 2019

L’estallido social e la fase costituente
Il processo di revisione della Costituzione pinochettista è stato avviato il 25 ottobre del 2020 da uno storico referendum (approvato dal 78% dei votanti ma solo dal 38% degli aventi diritto, in una giornata caratterizzata da una forte astensione) convocato dal governo di destra di Sebastian Piñera per placare l’estallido social esploso in Cile nell’autunno del 2019. Formalmente le agitazioni sociali erano iniziate contro gli aumenti delle tariffe del trasporto pubblico, ma si erano presto estese alla richiesta di una riforma generalizzata di un sistema economico rigidamente liberista imposto durante la dittatura che affida ai grandi gruppi privati il controllo dei principali servizi pubblici e impedisce una qualsiasi seria redistribuzione della ricchezza. In piazza erano scesi soprattutto gli studenti e le donne, ma anche settori consistenti di lavoratori.
Nel 2021 era stata eletta (ma solo dal 43% degli aventi diritto) un’Assemblea Costituente composta da 155 membri, di cui 48 “indipendenti” spesso espressione dei movimenti sociali e della società civile. Ne era nato un testo contraddittorio che però aggrediva alcuni dei pilastri autoritari e liberisti imposti durante la dittatura.

Gli elettori bocciano la nuova costituzione
Nel referendum popolare convocato lo scorso 4 settembre, però, ben il 61,87% degli elettori ha bocciato la proposta di nuova Costituzione. Il “Rechazo” si è imposto in tutte le 16 regioni del Paese, raggiungendo punte del 74% nelle regioni del Nuble e dell’Araucania. Era il segno che la maggioranza della popolazione del paese non condivide le ansie riformiste e progressiste dei settori più avanzati della società cilena che si erano mobilitati nel 2019 e nel 2020. L’esito del voto di domenica scorsa conferma quanto sia forte nel paese il radicamento dell’ideologia reazionaria incarnata da José Antonio Kast.
«Il Cile ha sconfitto un governo fallito, che è stato incapace di affrontare le crisi della sicurezza, dell’immigrazione, le crisi economiche e sociali» ha commentato il leader dell’estrema destra.

L’ombra di Pinochet
Ora i repubblicani avranno il potere di veto all’interno dell’emiciclo e potranno probabilmente contare sul sostegno di “Cile sicuro” per controllare, con 33 seggi, la maggioranza del Consiglio incaricato di approvare una nuova bozza di Costituzione. Paradossalmente, saranno ora gli ammiratori del dittatore e delle sue politiche a dover riformare il testo costituzionale redatto durante il regime, che i Repubblicani ammettono di non avere alcuna intenzione di stravolgere.

Anche in questo caso, la Carta sfornata alla fine dei suoi lavori dal Consiglio – che sarà fortemente vincolato a una bozza a sua volta redatta dai 24 esperti designati il 6 marzo dal Congresso di Santiago – dovrà essere approvata da almeno i tre quinti dei membri dell’Assemblea per poi essere sottoposto al giudizio popolare. Il fatto che ad aprire i lavori della speciale commissione congressuale sia stato chiamato Hernán Larraín Fernández, che ebbe un ruolo non secondario durante il regime di Pinochet e che viene per questo contestato dalle organizzazioni per i diritti umani, lascia intendere quanto siano mutati, in soli due anni, gli equilibri politici del Cile.

L’esito del voto di domenica rappresenta un’ennesima doccia fredda per Gabriel Boric e il governo del paese, che dopo la bocciatura di settembre ha già tirato i remi in barca rispetto a molte delle riforme radicali promesse, che avevano portato la coalizione di sinistra “Apruebo Dignidad” (socialisti, comunisti, Frente Amplio, umanisti) a vincere le elezioni presidenziali, nel dicembre del 2021, proprio contro il leader dei repubblicani José Antonio Kast.

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Josè Antonio Kast insieme all’ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro

“Legge e ordine”. Kast mobilita la maggioranza silenziosa
Stavolta, però, la destra radicale è riuscita a mobilitare una vera e propria “maggioranza silenziosa”. Alle precedenti tornate elettorali aveva partecipato una quota assai minore di elettori, e molti di quelli che stavolta si sono recati alle urne, quando non hanno annullato la scheda, hanno confermato la propria fedeltà ai “valori” del passato regime o hanno espresso la propria paura nei confronti di cambiamenti legislativi e culturali percepiti come rischiosi.

Il campione della destra è riuscito a catalizzare l’attenzione degli elettori con un discorso basato sul sempreverde asse “legge ed ordine”, con i suoi strali contro gli immigrati illegali – soprattutto venezuelani, haitiani e peruviani – e l’aumento delle rapine e dei crimini violenti (che comunque non rendono il Cile il paese più insicuro del continente). La disillusione per le promesse non mantenute da Boric – che negli ultimi mesi rincorre, tra l’altro senza grande fortuna, i toni securitari della destra, abbandonando parte dell’agenda sociale che ne ha favorito la vittoria – e la rabbia sociale suscitata dall’aumento esorbitante dei prezzi degli alimenti e dei servizi fanno il resto.

Il risultato è che anche il secondo tentativo di riforma della costituzione potrebbe andare a vuoto, chiudendo chissà per quanto tempo la finestra apertasi nel 2020. Il referendum che dovrà seguire il varo della seconda bozza, infatti, potrebbe di nuovo bocciare il lavoro dei costituenti. Oppure, potrebbe approvare un testo non dissimile – forse ancora peggiore – da quello vergato nel 1980 dal generale Pinochet e dai suoi “Chicago Boys”, ma stavolta legittimato dal voto popolare proprio mentre il paese è governato da una coalizione di sinistra.

La sconfitta per il governo – che nei giorni scorsi è comunque riuscito a portare a casa la riduzione dell’orario di lavoro a 40 ore settimanali – arriva poco dopo che Boric ha presentato la sua ambiziosa proposta di aumentare il controllo statale sui progetti strategici del litio e creare una nuova compagnia nazionale per sfruttare il metallo bianco. L’esito del progetto – che si sta già scontrando con numerosi ostacoli di ordine tecnico e politico – chiarirà quanto è ancora forte la presa della maggioranza di sinistra sul paese. – Pagine Esteri

7050048* Marco Santopadre, giornalista e scrittore, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria.

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Nuova sconfitta per Boric e il governo progressista del Cile. L'estrema destra mobilita la maggioranza silenziosa e controllerà il processo di revisione della Costituzione scritta da Pinochet che non fa mistero di apprezzare L'articolo CILE: l’estrema de
@Andrea Russo pessima notizia

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Nuova sconfitta per Boric e il governo progressista del Cile. L'estrema destra mobilita la maggioranza silenziosa e controllerà il processo di revisione della Costituzione scritta da Pinochet che non fa mistero di apprezzare L'articolo CILE: l’estrema de
@fabiolinux sì, una notizia raggelante


PAKISTAN. Mille manifestanti arrestati dopo il fermo dell’ex Premier Khan


Un morto, decine di feriti e circa 1.000 arrestati durante le manifestazioni di ieri in sostegno dell'ex Primo Ministro Imran Khan. Il governo dispiega l'esercito. L'articolo PAKISTAN. Mille manifestanti arrestati dopo il fermo dell’ex Premier Khan provi

Pagine Esteri, 10 maggio 2023. È attesa per oggi una grande manifestazione dei sostenitori di Imran Khan, l’ex Primo Ministro arrestato ieri mentre si trovava presso l’Alta Corte di Giustizia di Islamabad.

Il 70enne ex campione di cricket si trovava nella capitale per partecipare all’udienza del processo che lo vede imputato per corruzione. Dopo essere stato deposto da un voto di sfiducia, lo scorso anno, Imran Khan ha dichiarato di essere stato raggiunto da 85 capi di accusa, tra cui quelli di corruzione, terrorismo, oltraggio ai tribunali, sommosse, blasfemia.

Secondo Khan e il suo partito si tratta di un accanimento giudiziario guidato da ragioni strettamente politiche, interne ed esterne: il premier non era ben visto dagli Stati Uniti, anche a causa dei suoi legami con la Cina e la Russia.

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Khan era appena entrato nell’edificio che ospita l’Alta Corte di Giustizia quando l’area è stata circondata ed è stato fatto uscire da decine di paramilitari che lo hanno caricato su un veicolo e portato via. I membri del suo partito e i suoi legali hanno atteso che la stessa Corte di Giustizia si pronunciasse sulla legalità dell’arresto. Dopo qualche ora il fermo è stato definito legale ma in quel momento erano già in strada a centinaia i sostenitori dell’ex Primo Ministro, che secondo i sondaggi è ancora il leader più amato in Pakistan. Un manifestante è stato ucciso e a decine sono rimasti feriti.

Le autorità hanno fatto oggi sapere di aver arrestato quasi 1.000 persone nella provincia di Punjab e che durante gli scontri sono rimasti feriti 130 membri delle forze di sicurezza. Il governo ha dato l’ordine di dispiegare l’esercito nella provincia di Punjab.

L’accesso ai social network è stato bloccato per ordine del governo, e internet è stato messo fuori uso in alcune zone del Paese. Nonostante questo sono comparsi sui social video delle proteste ma anche delle violenze: edifici, checkpoint e luoghi simbolo dell’esercito e delle forze di polizie sono stati dati alle fiamme.

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L’ex premier Khan portato via dai paramilitari

Il segretario generale del partito di Khan, Pakistan Tehreek-e-Insaf (PTI), Asad Umar, ha dichiarato che elementi governativi sotto copertura si sono resi responsabili di violenze e incendi. Anche Asad Umar è stato arrestato oggi, non è ancora chiaro con quali accuse.

I social media risultano ancora inaccessibili, anzi, oggi si è aggiunto Instagram alla lista che ieri era composta solo da Facebook, Twitter e YouTube.

Secondo media pakistani Khan è stato portato in tribunale questa mattina. Pagine Esteri


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In Cina e Asia – Cina-Ue: Qin Gang corteggia la Germania


In Cina e Asia – Cina-Ue: Qin Gang corteggia la Germania Ue
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Arrestato magnate cinese per raccolta illegale di fondi
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Digitalizziamo l’Italia


Come sostenere la digitalizzazione delle medie imprese e sfruttare le potenzialità dei distretti italiani del Big Data e dell’intelligenza artificiale. La Fondazione Luigi Einaudi e Oliver Wyman vi aspettano per il primo di una serie di appuntamenti orga

Come sostenere la digitalizzazione delle medie imprese e sfruttare le potenzialità dei distretti italiani del Big Data e dell’intelligenza artificiale.
La Fondazione Luigi Einaudi e Oliver Wyman vi aspettano per il primo di una serie di appuntamenti organizzati dal nuovo Osservatorio Digitale della Fondazione, con l’obiettivo di lavorare insieme e fare sistema.
Saluti istituzionali:


  • Giuseppe Benedetto, Presidente, Fondazione Luigi Einaudi

Interverranno:


  • Valentino Valentini, Viceministro, Ministero delle Imprese e del Made in Italy
  • Andrea Cangini, Segretario Generale, Fondazione Luigi Einaudi
  • Fabio Tomassini, Consigliere di amministrazione, Fondazione Luigi Einaudi
  • Gianluca Sgueo, Coordinatore Dipartimento Digitale, Fondazione Luigi Einaudi
  • Marco Grieco, Partner, Oliver Wyman
  • Roberto Scaramella, Partner, Oliver Wyman


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Qin Gang in Europa: sanzioni e Canada ostacoli sulla distensione


Qin Gang in Europa: sanzioni e Canada ostacoli sulla distensione 7045855
Il ministro degli Esteri cinese tra Germania, Francia e Norvegia. Si cerca di immaginare un terreno comune sull'Ucraina, ma Pechino prova a slegare le relazioni dalla guerra. Intanto Xi Jinping prepara il vertice con le repubbliche ex sovietiche dell'Asia centrale

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PRIVACY DAILY 112/2023


In seguito alle rivelazioni del 2021 secondo le quali i governi di tutto il mondo avevano sistematicamente utilizzato il software di spionaggio fornito dalla NSO il Parlamento Europeo ha istituito una commissione per indagare su Pegasus. Il testo del documento prodotto, basato su 15 mesi di indagini, include anche raccomandazioni specifiche per ogni Paese. Il... Continue reading →


#30 / Sì, la privacy è un feticcio


Il feticcio della privacy e la sfiducia verso le istituzioni / Tornano le tessere della fame / Exposed, il podcast di Privacy Week / Meme e citazione del giorno.

Il feticcio della privacy


Il ministero dell’Interno ha recentemente annunciato di voler potenziare l’apparato di sorveglianza italiano introducendo sistemi di videosorveglianza con riconoscimento facciale nelle stazioni. Lo scopo è, come sempre, garantire più sicurezza.

Qualche giorno dopo Repubblica ha pubblicato un articolo a firma di Andrea Monti, giurista e professore universitario, intitolato “Il feticcio della privacy e le polemiche sul riconoscimento facciale”.

Se anche tu ami il feticcio della privacy, che aspetti a iscriverti?

Nell’articolo Monti cerca di spiegarci i motivi giuridici e tecnici per cui dovremmo accettare ogni proposta di sorveglianza “per la sicurezza” pacatamente e passivamente: è fuori discussione che il superiore interesse dello Stato e la tutela della collettività non possano essere globalmente limitati “in nome della privacy, dice Monti.

Il prof. Monti non è certo un paladino della privacy, che ha definito come “feticcio” più di una volta, arrivando anche ad affermare che non esiste come diritto autonomo, nonostante la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani affermi il contrario. In ogni caso, non è questo il punto.

Il prof. Monti infatti ha ragione da vendere: “opporsi all’impiego di tecnologia per garantire la sicurezza perché qualcuno potrebbe abusarne equivale ad affermare di non avere fiducia nelle istituzioni. Se così fosse, allora la inevitabile conseguenza logica di questa posizione sarebbe il dover entrare in clandestinità per rovesciare uno Stato che ha tradito gli ideali democratici. Chi ha il coraggio di fare un’affermazione del genere lanci il primo tweet”.

La sfiducia verso le “istituzioni” è esattamente il motivo per cui è lecito opporsi alla diffusione incontrollata di tecnologie di sorveglianza nelle nostre città. Di esempi di abuso ce ne sono molti, e non serve guardare lontano per comprendere il modo in cui un governo possa abusare dei suoi poteri di sorveglianza per opprimere determinati gruppi politici o minoranze. E ricordiamolo: la più piccola minoranza al mondo è l’individuo.

E se i governi cambiano nel tempo, ricordiamoci che una telecamera è invece per sempre. Le telecamere nelle nostre città aumentano sempre e non diminuiscono mai: la Cina, che continua a installare telecamere, è arrivata ad averne quasi 600 milioni.

Chi può assicurarci che la fiducia verso le istituzioni venga ripagata? Chi può assicurarci che fra 5, 10, 50 anni i sistemi di sorveglianza costruiti e potenziati nel tempo non saranno mai usati e abusati da qualcuno? Chi può assicurarci che lo Stato, in un determinato momento storico, non abbia il potere e l’incentivo di perseguire e opprimere milioni di persone per ciò che pensano o fanno? D’altronde, la storia ci insegna che è molto facile giustificare qualsiasi atrocità sotto l’egida della sicurezza pubblica e dell’ordine pubblico.

Affermare la supremazia dell’interesse di Stato e della collettività (che non esiste) sui diritti individuali, come la privacy, equivale a dire che alcuni uomini — i più violenti tra noi — hanno il diritto assoluto di disporre totalmente di tutti gli altri, giustificando così qualsiasi abuso e oppressione.

Sì, la privacy è un feticcio — un ostacolo al potere, che altrimenti sarebbe illimitato. È anche l’unico modo per vivere un’esistenza libera e morale. Senza privacy non può esserci alcuna libertà. Alla provocazione del prof. Monti non si può quindi che rispondere così:

We hold these truths to be self-evident, that all men are created equal, that they are endowed by their Creator with certain unalienable Rights, that among these are Life, Liberty and the pursuit of Happiness.—That to secure these rights, Governments are instituted among Men, deriving their just powers from the consent of the governed, —That whenever any Form of Government becomes destructive of these ends, it is the Right of the People to alter or to abolish it, and to institute new Government.

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Tornano le tessere della fame


Da luglio 2023 saranno attive in Italia ben 1.300.000 “carte acquisti” per la spesa. Saranno postepay ricaricabili e daranno diritto di acquistare fino a €380 di beni alimentari autorizzati dal Ministero. Saranno ad esempio esclusi gli alcolici.

L’attribuzione delle nuove tessere annonarie passerà dai Comuni, che tramite INPS avranno a disposizione l’elenco dei beneficiari. I Comuni dovranno quindi verificare le anagrafiche e le informazioni relative ai nuclei familiari per assegnare le tessere ai più meritevoli — cioè coloro che casualmente possiedono i criteri arbitrari fissati per legge.

E se tra ordine pubblico e privacy vince sempre l’ordine pubblico, lo stesso può dirsi tra welfare e privacy. Ma noi eretici lo sappiamo bene: non esistono pasti gratis, e prima o poi arriverà qualcuno a chiedere il conto.

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Exposed


Anche quest’anno torna Privacy Week, che non è più soltanto il più bell’evento nazionale su privacy e tecnologia, ma ora anche una piattaforma per la fruizione di contenuti on-demand come newsletter, podcast, webinar e molto altro.

Intanto è già uscito il primo episodio del nostro podcast: Exposed.

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Meme del giorno


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Citazione del giorno

There's no way to rule innocent men. The only power any government has is the power to crack down on criminals. Well, when there aren't enough criminals one makes them. One declares so many things to be a crime that it becomes impossible for men to live without breaking laws. Who wants a nation of law-abiding citizens? What's there in that for anyone?

Ayn Rand

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Etiopia, il sistema del Programma alimentare mondiale punisce i bisognosi in Tigray?


La moralità della consegna degli aiuti: il sistema del Programma alimentare mondiale punisce i bisognosi? Analisi di Eden Kassa – 06/05/2023 Gli aiuti umanitari sono un’ancora di salvezza fondamentale per le persone bisognose, ma il furto e lo smarrimento

La moralità della consegna degli aiuti: il sistema del Programma alimentare mondiale punisce i bisognosi?

Analisi di Eden Kassa – 06/05/2023


Gli aiuti umanitari sono un’ancora di salvezza fondamentale per le persone bisognose, ma il furto e lo smarrimento possono mettere a rischio la vita. Ecco perché le organizzazioni umanitarie hanno implementato sistemi sofisticati per garantire che gli aiuti arrivino nelle mani giuste. Dall’attento monitoraggio alle misure di sicurezza ad alta tecnologia, questi sistemi sono essenziali per prevenire i furti e garantire una consegna efficiente. Tuttavia, il saccheggio degli aiuti può talvolta verificarsi a causa di motivi politici o criminali o circostanze estreme.In questi casi, potrebbero esserci soluzioni migliori rispetto alla soppressione degli aiuti. Invece, fornire più aiuti potrebbe essere la risposta.

Le organizzazioni umanitarie hanno implementato vari sistemi per prevenire il furto o lo smarrimento degli aiuti. Garantire che le risorse destinate ad aiutare le persone bisognose siano fornite in modo efficace ed efficiente è fondamentale. Questi sistemi includono un attento monitoraggio, misure di sicurezza e controlli regolari.

“La questione di come ridurre al minimo la corruzione pur rispondendo all’imperativo umanitario di soddisfare bisogni urgenti… La questione non è nuova”.


Uno dei sistemi più cruciali messi in atto è il monitoraggio della distribuzione degli aiuti. Le organizzazioni umanitarie spesso assegnano personale o assumono volontari locali per supervisionare la distribuzione degli aiuti e garantire che raggiunga i destinatari previsti. Questo processo può comportare il monitoraggio del movimento degli aiuti dai magazzini ai centri di distribuzione e, infine, ai beneficiari. Il monitoraggio può includere anche controlli a campione e visite di follow-up per garantire che gli aiuti vengano utilizzati come previsto.

Un altro sistema messo in atto sono le misure di sicurezza. Le organizzazioni umanitarie possono impiegare personale di sicurezza per proteggere le spedizioni di aiuti oi centri di distribuzione da furti o altre minacce. Possono anche utilizzare dispositivi di tracciamento GPS o sistemi di autenticazione biometrica per monitorare le spedizioni di aiuti e garantirne la consegna sicura.

Controlli regolari sono inoltre essenziali per prevenire il furto o lo smarrimento degli aiuti. Le organizzazioni umanitarie possono condurre audit interni o assumere revisori esterni per rivedere regolarmente i loro registri finanziari e le loro operazioni. Questi audit possono identificare eventuali irregolarità o discrepanze e garantire che le risorse degli aiuti vengano utilizzate come previsto.

Il successo di questi sistemi dipende da diversi fattori, tra cui l’efficacia del personale dell’organizzazione e del personale di sicurezza, l’affidabilità della tecnologia utilizzata e il contesto politico e sociale delle regioni in cui vengono erogati gli aiuti. Sebbene questi sistemi possano aiutare a prevenire il furto o lo smarrimento dell’assistenza, nessun sistema è infallibile e possono comunque verificarsi incidenti di furto o smarrimento.
Post su Twitter del maggio 2023 dopo che il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite e USAID hanno annunciato la sospensione degli aiuti al Tigray, in Etiopia.Post su Twitter del maggio 2023 dopo che il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite e USAID hanno annunciato la sospensione degli aiuti al Tigray, in Etiopia.

In una recente mossa che ha suscitato polemiche, il Programma Alimentare Mondiale (WFP) e l’Agenzia Statale per lo Sviluppo Internazionale (USAID) hanno sospeso la consegna degli aiuti al Tigray a causa di denunce di saccheggi e furti.


Approfondimento: Etiopia, la catastrofica crisi umanitaria del Tigray normalizzata dall’occidente


Mentre alcuni sostengono che la responsabilità sia necessaria per evitare che gli aiuti vengano rubati, altri temono che punire i bisognosi per le azioni di pochi non sia una soluzione praticabile. Le considerazioni etiche sulla consegna degli aiuti sono complesse, e giusto e sbagliato diventano relativi quando teniamo conto del contesto politico e sociale della regione. Il Programma alimentare mondiale avrebbe dovuto sospendere gli aiuti al Tigray o avrebbe potuto esserci un modo migliore per prevenire i furti e garantire la responsabilità senza punire i bisognosi? Partecipa alla conversazione utilizzando #AllowAccessToTigray mentre esploriamo le sfide etiche della fornitura di aiuti e cerchiamo di trovare soluzioni praticabili che bilancino la responsabilità con l’urgente necessità di salvare vite umane.
Post su Twitter del maggio 2023 dopo che il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite e USAID hanno annunciato la sospensione degli aiuti al Tigray, in Etiopia.Post su Twitter del maggio 2023 dopo che il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite e USAID hanno annunciato la sospensione degli aiuti al Tigray, in Etiopia.


FONTE: medium.com/@kassa83/the-morali…


tommasin.org/blog/2023-05-09/e…



RiFormare


Una maggioranza s’insedia, un nuovo capo politico traccia per sé e la propria parte un tragitto di lungo futuro, proponendo di modificare la Costituzione. Non è la prima volta che capita. Non si può dire che porti fortuna. A parte gli aggiustamenti e le i

Una maggioranza s’insedia, un nuovo capo politico traccia per sé e la propria parte un tragitto di lungo futuro, proponendo di modificare la Costituzione. Non è la prima volta che capita. Non si può dire che porti fortuna.

A parte gli aggiustamenti e le integrazioni, due sono state le riforme costituzionali che sono giunte in porto: quella del 2001, che ha rivisto il Titolo V, e quella del 2019, che ha tagliato il numero dei parlamentari. La prima voluta con prepotenza dalla sinistra, la seconda avviata da Cinque Stelle e Lega, poi votata da quasi tutti. Due porcherie. Due premesse per le sconfitte elettorali. Al di là della malasorte, dietro i tentativi di riforma – compreso quello odierno – si cela un equivoco.

Dopo l’avventura distruttiva delle dittature, Germania (divisa) e Italia ricostruirono le loro democrazie con un ordito costituzionale che vedeva governi politicamente forti e istituzionalmente deboli. Comprensibile, visto il disastro e il disonore portato da uomini e regimi che si volevano istituzionalmente fortissimi. L’equivoco italiano consiste nella credenza superstiziosa che alla progressiva debolezza politica dei governi, resa enorme dall’avere voluto un sistema elettorale che premia le false coalizioni – di destra o di sinistra, non cambia – si possa rimediare dando loro forza istituzionale. Non funziona e non funzionerà mai.

Il tema non è quello del presidenzialismo, che alla Costituente fu sostenuto da forze della sinistra democratica (come il Partito d’Azione) e da chi antivide i rischi di quella che Maranini chiamò «partitocrazia». È un sistema più che legittimo, ma non consegna forza ai deboli. Non ha nulla a che vedere con i dispotismi, ma è il contrario dei personalismi. Può funzionare se si accompagna a un sistema elettorale maggioritario (il solo esempio europeo efficace è quello semipresidenziale francese, che utilizza il ballottaggio a doppio turno), che non serve a rendere forti le maggioranze ma a far governare la più forte delle minoranze. Se una parte politica è maggioranza assoluta può ben legiferare e governare con qualsiasi sistema. Il maggioritario serve quando non lo è. Il che comporta, però, il riconoscimento reciproco delle forze politiche, talché la vittoria di una non sia vissuta come la fine del sistema democratico. Guardatevi in giro e dite se è questa la condizione che ci circonda. Non da oggi, da decenni.

Nelle democrazie governare non è mai sinonimo di comandare. La democrazia è faticosa, comporta la continua costruzione del consenso nel mentre conserva come prezioso e indispensabile il dissenso. Nello stesso esempio francese, del resto, il presidente eletto a suffragio universale (dalla più forte minoranza, non dalla maggioranza) può essere da quello stesso suffragio battuto. A Macron è successo poche settimane dopo la rielezione.

Cambiare la Costituzione è possibile, è previsto, lo si è fatto. Nulla di scandaloso. Farlo dialogando con tutte le forze politiche, come Meloni intende fare, è saggio. Parlare fin da ora del referendum è stolto. Ma se il governo italiano è politicamente debole, perché frutto di minoranze disomogenee che diventano maggioranze parlamentari in modo artificiale e artefatto, non c’è verso alcuno di renderlo più solido. Semmai più rigido, propiziando il successivo spezzarsi. L’Italia funziona male non perché la democrazia sia faticosa e il parlamentarismo preveda l’arte del compromesso, ma perché le forze politiche preferiscono il compromesso al ribasso, la demagogia e il trasformismo in quanto evitano le sfide. Puoi pure eleggere un monarca (dopo Carlo III la voglia passa anche ai monarchici), ma il Paese resta fermo perché impastoiato nelle mancate riforme: dalla burocrazia alla concorrenza, dalla scuola alla giustizia.

Questo è l’equivoco. Al punto che si ha l’impressione, oggi come ieri, che parlare di riforme istituzionali serva, più che altro, a non parlare del resto. Riformare la Costituzione senza ri-formare la politica è un’illusione.

L'articolo RiFormare proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Si chiama Europa l’ultima speranza degli Stati nazione


Sondaggi alla mano, eravamo, noi italiani, il popolo europeo più europeista finché le cose andavano bene; siamo diventati il meno europeista dal momento in cui, con la crisi finanziaria del 2008, le cose hanno cominciato ad andar male. Ora che le cose van

Sondaggi alla mano, eravamo, noi italiani, il popolo europeo più europeista finché le cose andavano bene; siamo diventati il meno europeista dal momento in cui, con la crisi finanziaria del 2008, le cose hanno cominciato ad andar male. Ora che le cose vanno così così, siamo nel mezzo della classifica degli Stati membri. È il segno che manca qualcosa. Manca qualcosa, per esempio lo spirito di sacrificio, a noi italiani. E manca qualcosa, per esempio il sentimento di un comune destino fondato su una reale comunanza politica, all’Europa.

Del resto, gli intellettuali lo sostengono da tempo. Ralph Dahrendorf nel 1994, ad esempio: “Oggi la Comunità europea è prevalentemente una Comunità di protezione di rami dell’economia un po’ depressi… è un parto della testa… non suscita e non sviluppa sentimenti di appartenenza”. E senza sentimenti nessuna identità politica è possibile.

Eppure, negli ultimi anni sono successe cose un tempo impensabili. L’aver fatto fronte comune sul Covid, l’aver impostato il Next generation Eu con stanziamenti a fondo perduto rappresentano non dei passi, ma dei balzi in avanti nella direzione di una Comunità realmente tale. E a quanti lamentano, sulla scorta di vecchie ideologie e ordinarie ossessioni, l’asservimento degli stati europei all’America nella crisi ucraina, va risposto che, posto che è evidentemente meglio trovarsi nello spazio geopolitico degli Stati Uniti piuttosto che in quello russo o cinese, l’alternativa è solo una: che l’Europa si dia una struttura istituzionale “politica” per poter poi darsi una difesa comune e di conseguenza poter avere una politica estera credibile ed effettivamente autonoma.

Del resto, non abbiamo alternative. In un mondo ormai globalizzato, nessuno Stato europeo può pensare di cavarsela da solo. Men che meno l’Italia, Stato strutturalmente fragile, per giunta da sempre ritenuto poco affidabile dalla comunità internazionale.

Anni fa chiesi a Francesco Cossiga, che allora era presidente della Repubblica, cosa spinse la classe dirigente italiana ad aderire a Maastricht. «La sfiducia nel carattere degli italiani – fu la risposta -. Cioè la consapevolezza che la virtù contabile non ci appartiene e che, pertanto, il male minore per l’Italia fosse quello d’essere obbligata alla moralità politica e alla morigeratezza economica da un vincolo esterno. Il vincolo europeo». Rabbrividii. Crescendo, e maturando esperienza, compresi che, per quanto amaro, quel ragionamento era fondato. E non valeva solo per l’Italia.

L’attuale conflitto politico-diplomatico tra l’Italia e la Francia, ad esempio, si presta a diverse letture, ma leggerlo alla luce della crisi degli Stati nazione aiuta, forse, a comprenderne meglio il senso più profondo. Osservate da questa prospettiva, infatti, le cose appaiono diverse. Meloni e Macron sembrano ammiragli nel pieno di un conflitto navale, sì, ma imbarcati sulla stessa barca. Una barca di cui si contendono la guida. È la barca dello Stato nazione. Una barca alla deriva.

Gli Stati nazionali hanno cominciato ad imbarcare acqua quarant’anni fa con l’avvio dei processi di finanziarizzazione dell’economia, di globalizzazione dei mercati, di cessione di sovranità ad organismi, autorità e istituzioni multinazionali, di migrazioni bibliche. È stato un crescendo. Ed è stato presto chiaro a molti quali effetti avrebbero avuto questi quattro colossali processi storici sulla tenuta di quella forma di ordine interno ed internazionale che ci rappresenta da un paio di secoli: lo Stato nazione, appunto.

Già negli anni Novanta a livello accademico il dibattito sembrava concluso con il generale riconoscimento di una verità di fondo: lo Stato nazione è in crisi. E si tratta di una crisi irreversibile. ”La fine dello Stato nazione” è il titolo, lapidario, di un saggio pubblicato nel 1995 dal politologo nippoamericano Kenichi Ohmae. Parlando delle élite politiche nazionali e locali, Ohmae la mise così: “Le aspettative crescenti degli elettori hanno in effetti modificato il loro ruolo: oggi essi sono soprattutto mercanti di denaro pubblico”. Cioè a dire che lo sviluppo del nuovo ordine nazionale ed internazionale lascia ai singoli governi i margini per dispensare qualche marchetta, non più quelli per impostare alcuna strategia.

Può non piacere, ma questa è la realtà. E in questa realtà si dibatte un Emmanuel Macron che finge di governare la Grande Francia e una Giorgia Meloni, che sembra aver capito quanto pensare di poter governare l’Italia contro l’Europa sia il proposito dei folli, ma che fatica ad affrancarsi dalla demagogia degli anni passati all’opposizione cavalcando tutte le onde “anti”: anche quella antieuropea incarnata da Marine Le Pen. Cosa che, con tutta evidenza, i francesi non le perdonano.

Perciò, essendo oggi la Giornata dell’Europa, è bene dare per acquisito che nessuno può fare a meno di coltivarne politicamente il sogno. Tanto meno noi italiani. È, dunque, bene aderire, e farlo anche con un certo entusiasmo, alle parole scritte nel lontano 1929 da Josè Ortega y Gasset ne “La ribellione delle masse”: «Se si facesse un’ideale esperimento di ridursi a vivere puramente con ciò che siamo, come “nazionali”, mediante un processo di pura immaginazione si estirpasse dell’uomo medio francese tutto quel che usa, pensa, sente per il tramite degli altri paesi continentali, sentirebbe terrore. Vedrebbe che non gli è possibile vivere di quello soltanto e che i quattro quinti del suo capitale intimo sono beni comuni europei».

Auguri di buon futuro all’Europa, la Patria dove risorge l’interesse nazionale.

Huffington Post

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Congo: i paesi dell’Africa Australe schierano un contingente contro i ribelli


I Paesi della Comunità economica dell’Africa australe hanno deciso di schierare un contingente militare nell’est della Repubblica democratica del Congo per contrastare i gruppi ribelli L'articolo Congo: i paesi dell’Africa Australe schierano un contingen

di Redazione

Pagine Esteri, 9 maggio 2023 – I Paesi della Comunità economica dell’Africa australe (Sadc) hanno deciso di schierare un contingente di forze militari nell’est della Repubblica democratica del Congo (Rdc) allo scopo di contrastare i gruppi ribelli.
La decisione è stata presa al termine di una riunione della troika – responsabile delle questioni di difesa e sicurezza dell’organizzazione regionale – che si è tenuta a Windhoek, in Namibia. Il vertice, ospitato dal presidente namibiano Hage Geingob, ha riunito il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa, quello congolese Felix Tshisekedi e quello tanzaniano Samia Suluhu Hassan. Angola, Malawi e Zambia erano invece rappresentati dai rispettivi ministri degli Esteri.

«Il vertice ha preso atto con grande preoccupazione dell’instabilità e del deterioramento della situazione nell’est della Rdc e ha ribadito la sua ferma condanna per la recrudescenza dei conflitti e delle attività dei gruppi armati, compresi i ribelli dell’M23 (Movimento 23 marzo)» ha affermato l’organizzazione in un comunicato diffuso dopo una giornata di discussioni.
Il vertice di Windhoek ha anche chiesto «un approccio coordinato» in vista degli schieramenti esistenti «nell’ambito di accordi multilaterali e bilaterali» nella travagliata regione orientale della Rdc e invita il governo di Kinshasa a « mettere in atto le condizioni e le misure necessarie per garantire un coordinamento efficace».
Restano tuttavia ancora da definire diversi dettagli, come la data e le zone di schieramento delle truppe della coalizione di paesi. Dal dicembre scorso una forza militare regionale della Comunità dell’Africa orientale (Eac) è già dispiegata nella parte orientale della Rdc, principalmente in risposta alla minaccia rappresentata dal gruppo ribelle M23, che Kinshasasostiene sia appoggiato militarmente e finanziariamente dal Ruanda e, in misura minore, dall’Uganda.

I combattenti del movimento nei giorni scorsi hanno conquistato la città di Goma, capitale provinciale del Nord-Kivu, dopo che i soldati governativi si sono ritirati e le forze di pace delle Nazioni Unite hanno rinunciato a difenderla. Successivamente i miliziani dell’M23 hanno preso la vicina città di Sake.
La violenza ha costretto alla fuga più di 100.000 persone, più della metà delle quali sono bambini, secondo l’agenzia delle Nazioni Unite per l’infanzia.

Intanto nei giorni scorsi quasi 400 persone sono morte nell’est della Repubblica democratica del Congo (Rdc) a causa delle inondazioni provocate dalle forti piogge che hanno colpito il Paese. Giovedì, le forti piogge cadute nella regione di Kalehe, nel Sud Kivu, hanno causato lo straripamento dei fiumi, provocando frane che hanno inghiottito i villaggi di Bushushu e Nyamukubi. – Pagine Esteri

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📚 Con una ricca raccolta di testi sulle tappe della costituzione dell’Unione Europea e sullo sviluppo dei sistemi scolastici europei, la Biblioteca del Ministero celebra questo mese la Giornata dell'Europa.



Rifondazione: "Superate le 100 mila richieste di dimissioni a Ignazio Benito La Russa. Il 24 maggio la consegna" "Oltre 100 mila persone hanno raccolto il no


La vicenda denunciata dalla nostra giovane compagna Francesca Sparacino, è la dimostrazione concreta di quali siano oggi le condizioni in cui si sviluppano i r


Oggi è la Giornata dell’Europa 🇪🇺
Anche il Ministero si unisce alle celebrazioni con un evento che vedrà la partecipazione di 80 tra studenti e docenti in arrivo da tutta Italia, protagonisti di un laboratorio di tre giorni, che si concluderà proprio…


Buona Festa dell’Europa!


Nell’ambito del Maggio dei Libri, in occasione della Festa dell’Europa, Michele Gerace legge Alessandro Manzoni. La lettura è tratta dall’Ode civile “Marzo 1821”, Alessandro Manzoni, Tutte le opere (Giunti Barbera, 1966) L'articolo Buona Festa dell’Europ

Nell’ambito del Maggio dei Libri, in occasione della Festa dell’Europa, Michele Gerace legge Alessandro Manzoni.

La lettura è tratta dall’Ode civile “Marzo 1821”, Alessandro Manzoni, Tutte le opere (Giunti Barbera, 1966)

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Festa dell’Europa 2023 – Michele Gerace legge Alessandro Manzoni


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PAKISTAN. Arrestato l’ex premier Imran Khan


L'ex Primo Ministro pachistano, Imran Khan, è stato arrestato durante un'udienza nel tribunale di Islamabad L'articolo PAKISTAN. Arrestato l’ex premier Imran Khan proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/2023/05/09/medioriente/pakistan-arresta

Pagine Esteri, 9 maggio 2023 – L’ex Primo Ministro pachistano, Imran Khan, è stato arrestato durante un’udienza nel tribunale di Islamabad.

La zona che circonda l’Alta Corte della capitale è stata occupata dai paramilitari, i Rangers pakistani. Fawad Chaudhry, membro del Movimento per la Giustizia del Pakistan, partito di Imran Khan, ha scritto in un tweet che gli avvocati della difesa sono stati “torturati” dai Rangers.

Former PM Imran Khan has been abducted from Court premises, scores of lawyers and general people have been tortured, Imran Khan has been whisked away by unknown people to an unknown location, CJ Islamabad HIgh Court has ordered Secy interior and IG police to appear within 15 min…

— Ch Fawad Hussain (@fawadchaudhry) May 9, 2023

Khan era in udienza presso la Corte di Islamabad per un caso di corruzione del quale era imputato. Poco dopo l’ingresso dell’ex premier gli ingressi sono stati bloccati e l’edificio è stato circondato dai paramilitari. Khan è stato scortato all’esterno e caricato su una automobile.

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Andrea Pamparana – Tiffany


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MA.CA.BRO -MECHANÈ


Secondo disco per i Ma.Ca.Bro, al secolo il duo Stefano Danusso e Cristiano Lo Mele il chitarrista dei Pertubazione, intitolato Mechanè. I due musicisti vantano una lunga militanza sulla scena musicale italiana, e si sono incontrati all’inizio degli anni duemila grazie al musicista Totò Zingaro e da quel momento hanno cominciato a collaborare componendo colonne sonore molto valide come “La passione di Anna Magnani” di Enrico Cerasuolo, “Manuale di storie dei cinema” di Stefano D’Antuono e Bruno Ugioli,“Linfe” di Lucio Viglierchio, “Incontro con le macchine” di Alessandro Bernard,“Phonetrip” di Moomie. #elettronica #chitarre #minimalismo #colonnesonore #macabro #mechanè @icebergrecords

iyezine.com/ma-ca-bro-mechane



In Cina e Asia – Qin Gang incontra l’ambasciatore Usa in Cina


In Cina e Asia – Qin Gang incontra l’ambasciatore Usa in Cina ambasciata Usa in Cina qin gang
I titoli di oggi:
Qin Gang incontra l'ambasciatore Usa in Cina
Ottawa espelle il diplomatico cinese accusato di minacce verso un politico canadese
Cina, alla Commissione centrale Xi chiede attenzione su demografia e tecnologia
ChatGPT, in Cina la prima detenzione legata all'utilizzo del bot per produrre fake news
LinkedIn chiude la app pensata per il mercato cinese
Giappone, la Camera dei rappresentanti vota una controversa legge sui rifugiati

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Il 9 maggio si celebra il Giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo interno e internazionale, e delle stragi di tale matrice.


Parola di Godfathers. L’Ai è più urgente del cambiamento climatico, ma meno pericolosa delle bombe atomiche


Geoffrey Hinton e Jurgen Schmidhuber sono d’accordo su un fatto: non è possibile fermare la corsa all’AI, ma bisogna preoccuparsi di governarla Se vuoi leggere il mio pezzo nella rubrica Governare il futuro su Huffington Post la trovi qui huffingtonpost.it/rubriche/gov…


guidoscorza.it/parola-di-godfa…



Ora le opposizioni colgano l’occasione: non agguati, ma confronto serio e nel merito


Il Dubbio, 9 maggio 2023, pagina 4 L'articolo Ora le opposizioni colgano l’occasione: non agguati, ma confronto serio e nel merito proviene da Fondazione Luigi Einaudi. https://www.fondazioneluigieinaudi.it/ora-le-opposizioni-colgano-loccasione-non-aggu


PRIVACY DAILY 111/2023


Alcuni ministri del governo britannico hanno avvertito che WhatsApp potrebbe sparire dal Regno Unito. Le opzioni per una risoluzione amichevole si stanno rapidamente esaurendo. Al centro del contenzioso c’è l’Online Safety Bill, un provvedimento legislativo che riguarderà quasi tutti gli aspetti della vita online in Gran Bretagna. Il disegno di legge, che è alla Camera... Continue reading →


Attacco improvviso israeliano su Gaza, numerosi morti e feriti tra i palestinesi


I raid hanno preso di mira alcuni comandanti del Jihad Islami ma sono stati uccisi anche civili, tra cui almeno tre bambini. L'articolo Attacco improvviso israeliano su Gaza, numerosi morti e feriti tra i palestinesi proviene da Pagine Esteri. https://p

della redazione

Pagine Esteri, 9 maggio 2023Almeno 12 palestinesi sono stati uccisi e altri 20 feriti nell’attacco improvviso lanciato nella notte da Israele contro la Striscia di Gaza. Tra i morti ci sono tre bambini e una o più donne. Obiettivo ufficiale dell’offensiva aerea denominata “Scudo e Freccia” sono stati alcuni leader di spicco del Jihad Islami colti di sorpresa nelle loro abitazioni ed uffici. Inizialmente il bombardamento condotto, pare, anche con droni killer, ha preso di mira Jihad al-Ghanam, Khalil al-Bahtini, membro del Consiglio militare e comandante della regione settentrionale nelle Brigate al-Quds (l’ala armata del Jihad) e Tariq Ezz al- Din e i suoi due figli, Ali e Mayar.

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Tra gli uccisi figura anche il dottor Jamal Khaswan, direttore del consiglio di amministrazione dell’ospedale Al-Wafa.

Poi l’aviazione israeliana ha preso di mira numerosi obiettivi che il portavoce militare israeliano ha descritto come campo militari e siti per la fabbricazione di razzi ed esplosivi. Gli attacchi hanno provocato altre vittime, alcune delle quali civili. Il ministro della difesa israeliano Yoav Gallant ha scritto su Twitter che “l’esercito e lo Shin Bet (intelligence, ndr) hanno svolto la loro missione con precisione, contro la leadership del Jihad islami nella Striscia di Gaza”. Non ha fatto alcun riferimento ai bambini e alle altre vittime civili.

In previsione di una probabile escalation, le autorità di Gaza hanno annunciato la chiusura degli istituti scolastici e il rinvio degli esami previsti per oggi fino a nuovo avviso. L’orario di lavoro nelle istituzioni governative è stato ridotto al minimo necessario. Anche l’Unrwa (Onu) ha annunciato che, al fine di garantire la sicurezza degli studenti e del personale docente e scolastico, le lezioni saranno sospese. Altrettanto avverrà nelle università.

A Gaza tutti si attendono una guerra ampia. Il Jihad, si prevede, lancerà i suoi razzi contro Israele in risposta agli attacchi subiti e alle uccisioni. Poi dovrebbe cominciare un attacco massiccio da parte di Israele che ha già avvertito la sua popolazione nei pressi di Gaza di restare in casa e nei rifugi. I media israeliani sostengono che il governo Netanyahu vorrebbe tenere fuori dal conflitto il movimento Hamas, la principale forza militare a Gaza. Ma il capo dell’ufficio politico di Hamas, Ismail Haniyeh, ha replicato che “il nemico ha fatto un errore nelle sue stime e pagherà il prezzo del suo crimine” e che “l’aggressione ha preso di mira tutto il nostro popolo e la resistenza è unita nell’affrontarla”. Pagine Esteri

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