“Intelligenza artificiale, diritti, giustizia e pubblica amministrazione”.
📌Cosedagarante| 🕘 A partire 9.00 interverrò a Palazzo Spada al Convegno organizzato dall’Ufficio studi e formazione della Giustizia Amministrativa “Intelligenza artificiale, diritti, giustizia e pubblica amministrazione”. Qui il programma completo ➡️lnkd.in/d_gRD4e4Qui il link per seguire i lavori vimeo.com/event/3393675.
Il Capo del Dipartimento per le risorse umane, finanziarie e strumentali del Ministero dell’Istruzione e del Merito, Jacopo Greco, interverrà oggi, nell’Arena del Forum, all’evento dal titolo “PNRR e Coesione: com…
1946-2023: i 77 anni dello statuto speciale della Regione Siciliana – 19 maggio 2023
Terzo appuntamento del ciclo di incontri organizzato dalla Fondazione Luigi Einaudi a celebrazione dei 77 anni dello Statuto Speciale della Regione Siciliana
Venerdì 19 maggio 2023 – ore 11.00
Istituto di Istruzione Superiore “G. Galilei – T. Campailla” Piazzale Baden Powell, 10 – 97015 Modica (RG)
Relatori: Marco Sammito, Giuseppe Tringali, Gian Marco Bovenzi
Approfondisci l’intero ciclo di seminari
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Li Hui in Ucraina, Xi riceve a Xi’an i leader dell’Asia centrale
L'inviato speciale incontra il ministro degli Esteri ucraino Kuleba, nel viaggio cinese a Kiev più rilevante da febbraio 2022. Intanto, nell'antica capitale della Via della Seta va in scena il primo summit tra i leader di Pechino e delle 5 repubbliche ex sovietiche senza la Russia
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PRIVACYDAILY
Dialoghi: Pechino e il mondo: quali lingue straniere si studiano in Cina?
Tra studenti all’estero e studenti “da app”, la storia delle lingue straniere in Cina racconta un percorso fatto di interessi individuali e di relazioni internazionali che danno forma al mondo del lavoro e della cultura di oggi. “Dialoghi” è una rubrica in collaborazione tra China Files e l’Istituto Confucio di Milano
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Proiezione HACKING JUSTICE
v.o. sub ita. 89 min.
ingresso libero gratuito
Sala CGIL
Via E. Dandolo 8
22 maggio 2023
Ore 20.
FREE ASSANGE Italia
Proiezione HACKING JUSTICE v.o. sub ita. 89 min. ingresso libero gratuito Sala CGIL Via E. Dandolo 8 22 maggio 2023 Ore 20.Telegram
La Meloni ha morso il cane autieuropeista, ma i giornali hanno ignorato la notizia
Secondo una cattiva interpretazione della vecchia regola per cui a fare notizia non è il cane che morde l’uomo, ma l’uomo che morde il cane, i giornali hanno bellamente ignorato il discorso pronunciato ieri da Giorgia Meloni al Consiglio d’Europa riunito a Reykjavik. C’è da credere che se il presidente del Consiglio italiano avesse parlato male dell’Europa la notizia sarebbe stata colta e, per così dire, valorizzata. Ne ha invece parlato bene, benissimo, e di conseguenza nessuno ne ha dato conto. Eppure, la professione di europeismo enunciata da un leader politico sostanzialmente antieuropeista fino allo scorso semestre dovrebbe avere valore di notizia non meno dell’uomo che morde il cane.
Infatti ha morso, Giorgia a Meloni, eccome se ha morso. La Giorgia Meloni presidente del Consiglio ha letteralmente sbranato la Giorgia Meloni leader dell’opposizione, fino a cancellarne ogni passata traccia politica. Del resto, che qualcosa di profondo fosse cambiato l’ha detto all’inizio del suo discorso islandese. “La guerra in Ucraina – ha esordito Meloni, evidentemente riferendosi alle aspettative di pace – ha messo in discussione certezze sulle quali ci eravamo per troppo tempo ingenuamente adagiati”. Con l’attacco militare di Putin a Kiev tutto è, appunto, cambiato. Più o meno quello che è successo con il passaggio della Meloni dall’irresponsabilità dell’opposizione alle responsabilità del governo. E infatti: “Il Consiglio d’Europa – ha detto la premier davanti ai capi di Stato e di governo dei paesi membri – è la casa di tutti gli europei” ed “europea è la nostra comune identità”. Un’identità “fondata sui valori di libertà, democrazia, giustizia, uguaglianza tra gli uomini”. Valori che “l’eroico popolo ucraino” sta difendendo in prima persona al posto nostro.
Il cambio di paradigma è netto, radicale. Giorgia Meloni si è evidentemente resa conto del fatto che non è pensabile governare l’Italia contro l’Europa e ha di conseguenza innestato la retromarcia. Per un decennio ha fatto leva sulla vecchia identità post missina, per un decennio ha alimentato l’euroscetticismo, per un decennio ha cavalcato ogni onda che si levava dalla società per andare ad infrangersi contro l’establishment. Soprattutto contro “l’establishment tecnocratico europeo”. Poi, più nulla.
Che sia realpolitik o reale convinzione è difficile dirlo. Certo è che da quando si trova a capo del governo Giorgia Meloni ha ribaltato i canoni della propria narrazione pubblica nel tentativo evidente di rassicurare i partner e di dare una nuova identità a se stessa e al proprio partito. Quella di Meloni è un’operazione a cavallo tra politica e cultura. Un’operazione eminentemente identitaria, utile tanto a lei quanto all’Italia. Ma se i giornali continuano ad ignorarla rischia di rivelarsi un’operazione clandestina.
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Amnesty: numero delle esecuzioni nel 2022 è il più alto da cinque anni
Comunicato di Amnesty International
Pagine Esteri, 17 maggio 2023 – Hakamada Iwao, giapponese ormai quasi novantenne, ha trascorso 45 anni nel braccio della morte, perlopiù in isolamento. Amnesty International segue la sua vicenda da decenni, perché Hakamada non solo è stato il prigioniero che ha trascorso più tempo al mondo in un braccio della morte, ma anche perché la sua è la condanna di un innocente.
Nel 1968 Hakamada è stato giudicato colpevole dell’omicidio del suo datore di lavoro, della moglie e dei loro due figli. Per i decenni successivi, ha lottato per dimostrare che la sua confessione di colpevolezza era stata estorta dopo interminabili interrogatori gestiti con costanti pestaggi e intimidazioni. Dopo alterne vicende giudiziarie, uscito dal braccio della morte nel 2014, finalmente nelle ultime settimane l’Alta Corte di Tokio ha ammesso che ha diritto a un nuovo processo.
Proprio quando la Dichiarazione universale dei diritti umani compie 75 anni, la notizia della revisione del processo di Hakamada apre alla speranza di un lieto fine per questa storia lunga quasi mezzo secolo. Un lieto fine che è frutto anche dell’impegno incessante di Amnesty International contro la pena di morte e altre violazioni dei diritti umani. Per sostenere ogni giorno questo impegno, fondamentale è stato il supporto di chi negli anni ha donato all’Organizzazione il suo 5×1000. “Per molti anni, attraverso il 5×1000 in favore di Amnesty International Italia, abbiamo finanziato iniziative, mobilitazioni, appelli ed eventi in favore di Hakamada Iwao. Anche grazie alle tante persone che hanno deciso di sostenerci in questo modo, finalmente ce l’abbiamo fatta” dichiara Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia.
Scrivere ancora tante altre storie a lieto fine: questo l’impegno dell’Organizzazione, che ha di recente pubblicato il Rapporto annuale sulla pena di morte nel mondo. Dall’analisi di Amnesty International, emerge come il numero delle esecuzioni registrate nel 2022 sia il più alto da cinque anni. L’organizzazione per i diritti umani ha registrato 883 esecuzioni in 20 stati, con un aumento del 53% rispetto al 2021. Il notevole incremento, che non tiene conto delle migliaia di condanne a morte presumibilmente eseguite in Cina, i cui dati rimangono un segreto di stato, dipende dagli stati dell’area Medio Oriente – Africa del Nord, il cui totale è salito da 520 nel 2021 a 825 nel 2022. Nell’ultimo anno, sono cinque gli stati in cui sono state riprese le esecuzioni: Afghanistan, Kuwait, Myanmar, Palestina e Singapore.
“Non si può mai accettare – spiega Noury – che lo stato uccida per mostrare che non si deve uccidere. Ma quando a rischiare l’esecuzione è un innocente o addirittura viene messo a morte un innocente, è ancora più inaccettabile. Hakamada Iwao per ora è salvo. La vita di tante persone, condannate alla pena capitale per reati che non hanno commesso, è ancora in pericolo: come quella dello scienziato Ahmadreza Djajali, che da sette anni rischia l’impiccagione per ciò che non ha mai fatto: la spia. Per questo, il 5×1000 in favore di Amnesty International Italia può salvare vite umane”.
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Guterres (Onu): non si usi l’intelligenza artificiale come arma, no a sviluppo incontrollato, tracciare linee rosse
⏰ Domani, 18 maggio, l’ultimo appuntamento per quest’anno scolastico con L'Ora di Costituzione!
Oltre al Presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato Alberto Balboni, ci sarà anche il Prof.
FORUM PA – “State of Privacy ’22 – Follow up”
📌Cosedagarante| Domani parteciperò a partire dalle 11.30 al tavolo di lavoro “State of Privacy ’22 – Follow up” organizzato a FORUM PA Qui le informazioni
“Intelligenza artificiale, diritti, giustizia e pubblica amministrazione”.
📌Cosedagarante| Domani a partire dalle 9.00 avrò il piacere di intervenire a Palazzo Spada al Convegno organizzato dall’Ufficio studi e formazione della Giustizia Amministrativa “Intelligenza artificiale, diritti, giustizia e pubblica amministrazione”. Qui il programma completo ➡️lnkd.in/d_gRD4e4 Autorità Garante per la protezione dei dati personali
Gerusalemme. Cala popolazione ebraica, cresce quella palestinese
della redazione
Pagine Esteri, 17 maggio 2023 – La maggioranza ebraica di Gerusalemme continua a ridursi nonostante l’alto tasso di natalità nel settore haredi (religioso ultraortodosso), secondo i dati diffusi dall’Ufficio centrale di statistica israeliano (CBS).
Alla fine del 2021, riferisce il CBS, i residenti erano complessivamente 966.200, di cui 576.600 ebrei, pari al 59,7% della popolazione totale, 375.600 arabi (38,9% del totale) – di cui 362.600 musulmani e 12.900 Cristiani – insieme a 3.500 cristiani non arabi (0,4%) e 10.500 residenti senza classificazione religiosa (1,1%).
La maggioranza ebraica della città è passata dal 60,4%, alla fine del 2020, al 59,7% alla fine del 2021. E si stima che sia ulteriormente scesa nel 2023. Si tratta del margine più stretto per la maggioranza ebraica nella città da quando nel 1967 Israele ha occupato militarmente la zona araba di Gerusalemme proclamandola unilateralmente e contro le leggi internazionali parre della sua capitale unita.
La comunità haredi costituisce circa il 48% della popolazione ebraica di Gerusalemme e circa il 29% della popolazione complessiva della città. Dei 322.800 ebrei di età pari o superiore a 20 anni che vivono a Gerusalemme, il 19% si dichiara come laico (62.400), il 25% tradizionalista (81.800), il 20% come religioso (65.600) e il 35% come haredi (113.100).
Nel 2021, l’età media tra i residenti di Gerusalemme era di 24,2 anni, con i ragazzi sotto i 14 anni che costituiscono il 33% della popolazione totale della città.
La città ha un alto tasso di fertilità complessivo, pari a 3,9. Tra le donne ebree a Gerusalemme il tasso di fertilità è 4,4, superiore a quello delle donne arabe a Gerusalemme, pari 3,1.
Nel 2021, il 39% delle famiglie che vivevano a Gerusalemme (125.900) era al di sotto della soglia di povertà, insieme al 51% dei bambini (202.400).
Il tasso di povertà a Gerusalemme è particolarmente alto: il 21% delle famiglie e il 28% dei bambini. La povertà a Gerusalemme è diffusa tra le popolazioni haredi e nei quartieri arabi. Pagine Esteri
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Data Breach in Malta: Company must disclose source within 20 days or face penalties
Violazione dei dati a Malta: L'azienda deve rivelare la fonte entro 20 giorni o incorrere in sanzioni L'Autorità maltese per la protezione dei dati (IDPC) ha intrapreso un'azione decisiva contro C-PLANET, la società informatica responsabile di una violazione dei dati degli elettori a Malta.
Pubblicata oggi la newsletter settimanale DigitalBridge di Marc Scott, giornalista di Politico ci racconta l'emulazione tra Whashingon e Bruxelles, l'ottimismo di MozillaMan e la nuova AD di Twitter, oltre a tanto altro
— Washington e Bruxelles si stanno scopiazzando pesantemente l'una dall'altra sui social media e sulle regole dell'intelligenza artificiale.
— Mark Surman della Mozilla Foundation spiega perché è ottimista riguardo alla regolamentazione della tecnologia e perché i politici devono andare avanti con le leggi sull'IA.
— Twitter ha un nuovo amministratore delegato: Linda Yaccarino, ex Fox News. Ecco tre questioni politiche urgenti da affrontare: rapporti con i governi, ricostruzione del management e trasparenza sulle tante elezioni del 2024
— IL SUMMIT ANNUALE DEL G7 prende il via venerdì a Hiroshima, in Giappone, l'incontro annuale dei leader delle più grandi democrazie occidentali. Ci stiamo concentrando su Taro Kono , ministro della trasformazione digitale del Giappone ed ex ministro degli affari esteri e della difesa
— L'autorità garante della concorrenza italiana ha accusato Apple di aver abusato della propria posizione dominante nel mercato delle app per favorire i propri servizi rispetto a quelli dei concorrentii
— La legge europea sull'IA è un buon primo inizio, ma la recente bozza del Parlamento europeo non riesce a definire chiaramente quale gestione del rischio è necessaria per specifici casi d'uso dell'IA
— I governi, da Washington a Bruxelles a Pechino, si stanno sempre più integrando nella definizione degli standard tecnici delle tecnologie emergenti in modi che portano la geopolitica in discussioni politiche traballanti in tutto il mondo
Qui la newsletter completa
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Secondo un nuovo documento datato 12 maggio e visionato da EURACTIV, la maggioranza del Consiglio dei ministri dell'UE sembra favorire l'espansione della scansione dei messaggi privati alle comunicazioni audio per rilevare materiale di abusi sessuali su minori.
Le implicazioni dell'estensione dell'ambito degli ordini di rilevamento all'audio sono potenzialmente di vasta portata, a partire dal fatto che si sta ancora determinando se ciò riguarderà anche i messaggi vocali o le telefonate.
Secondo una fonte del settore delle telecomunicazioni che ha parlato con EURACTIV sotto condizione di anonimato, includere le comunicazioni audio sarebbe estremamente negativo, non solo per la privacy delle conversazioni ma anche per la sicurezza dell'intera rete.
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1946-2023: i 77 anni dello statuto speciale della Regione Siciliana – 17 maggio 2023
Secondo appuntamento del ciclo di incontri organizzato dalla Fondazione Luigi Einaudi a celebrazione dei 77 anni dello Statuto Speciale della Regione Siciliana
Mercoledì 17 maggio 2023 – ore 16.00
Villa Piccolo – Fondazione Famiglia Piccolo di Calanovella
S.S. 113, km 109, 98071 Capo d’Orlando (ME)
Relatori: Andrea Pruiti Ciarello, Gian Marco Bovenzi
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Digital Bridge: Transatlantic wins — Mozilla’s chief — Twitter to-do list
POLITICO’s weekly transatlantic tech newsletter for global technology elites and political influencers.
By MARK SCOTT
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DIGITAL BRIDGE IS COMING AT YOU a day early this week. I’m Mark Scott, POLITICO’s chief technology correspondent, and if you’ve got time, I’m testifying to a British parliamentary committee on May 23 on digital competition regulation (watch along here) and speaking on a panel, the same day, on trade policy in the digital era (watch that here.) Warning: It’s pretty much the only time you’ll see me in a suit.
OK, let’s get down to business:
— Washington and Brussels are borrowing heavily from each other on social media and artificial intelligence rules.
— The Mozilla Foundation’s Mark Surman on why he’s optimistic on tech rulemaking — and why politicians need to keep going on AI laws.
— Twitter has a new chief executive. Here are three urgent policy areas that Linda Yaccarino needs to sink her teeth into.
EU-US RELATIONS: RULE-SETTER VS. RULE-TAKER
I CONSIDER THE UNITED STATES AND THE EUROPEAN UNION to be frenemies. Both partners and rivals, Brussels and Washington don’t always have the easiest relationship. But even I have to admit that on a series of thorny digital policymaking issues, the transatlantic relationship is, dare I say it, actually working. There are still some massive problems — U.S. views on European “protectionism,” and European views on U.S. “corporate capture.” But the upcoming EU-U.S. Trade and Technology Council (TTC) summit at the end of the month offers two glaring examples of how both sides are influencing each other.
First, social media rules. Ever since Republicans took back the U.S. House of Representatives, any form of checks on these platforms has become a no-go area — mostly because these politicians incorrectly believe any restrictions are anathema to the First Amendment. And yet, the U.S. is about to sign up to (nonbinding) commitments at the end of the month that align almost exactly with the EU’s new social media rules, known as the Digital Services Act. In fact, the team implementing that legislation within the 27-country bloc was involved in writing the upcoming TTC communiqué.
“The European Union and the United States consider that online platforms should exercise greater responsibility in ensuring that their services contribute to an online environment that protects, empowers and respects minors,” EU and U.S. officials are expected to say later this month. “We share a common view that data access for researchers is key to help understand systemic risks on online platforms and to advance our understanding of the online ecosystem.” Both those commitments draw almost exclusively from Brussels’ new content rules — and mark a clear sign that Washington is willing to take on some, if not all, of those suggestions.
There’s more. The EU and the U.S. will also unveil (again, nonbinding) principles for “transparent and accountable online platforms” that borrow heavily from Europe’s new social media rulebook. That includes greater protection for kids online and a series of pledges to give outsiders better access to these networks, all in the name of transparency. The goal, according to three EU and U.S. officials, is to announce some form of DSA-lite data-access (voluntary) rules for researchers at the next TTC summit in the U.S. at the end of the year. That would parallel similar, mandatory offerings for these academics that are baked into Europe’s unfolding rules.
But this is not just a one-way street. As part of an extended “Joint Roadmap for Truthworthy AI and Risk Management” (not the catchiest title), U.S. and EU officials will likewise take a page — or many pages — from guidelines recently published by the U.S. National Institute of Standards and Technology. The so-called AI Risk Management Framework lays out four specific pathways for governing the emerging technology to both mitigate potential harms and provide space for innovation.
That falls into four buckets of policymaking — and extends to the latest craze of generative AI that will also get a name-check at the transatlantic tech and trade gathering in Northern Sweden on May 30-31. Suggestions include the specific metrics needed to measure so-called trustworthy AI, or pledges to use the tech for good; how best to check that companies are upholding such standards; and other technical specifications that agencies like NIST do very well, and where the EU, for all its policymaking know-how, often falls down due to a lack on in-house expertise within its institutions.
The goal is not to create a one-size-fits-all approach to AI, but to instead offer voluntary measurement tools and risk-management techniques that, while immensely boring, are crucial if the technology can quickly develop, globally, with the necessary checks in place. Think of it as a set of best practices, and not prescriptive regulation. One caveat: It’s still unclear whether the TTC’s AI Roadmap will comply with Europe’s Artificial Intelligence Act and its requirements to clamp down on “harmful AI.” If that isn’t cleared up, then this whole transatlantic bonhomie could, again, be back to square one.
THE ‘CAKE-AND-EAT-IT’ APPROACH TO DIGTAL RULEMAKING
MARK SURMAN, HEAD OF THE MOZILLA FOUNDATION, the nonprofit organization behind the Firefox browser that advocates for responsible technology and regulation, has a message for politicians: Just keep swimming. As policymakers around the world freak out about generative artificial intelligence — and certain regions and countries push ahead with their own tech regulation on everything from privacy to social media to digital competition — the Canadian feels pretty confident that things are moving in the right direction.
“Keep going on the DSA and enforcement. Keep going on GDPR and making enforcement better. Keep going on the AI Act and figuring out how general purpose AI is regulated,” he told me via Zoom from his California headquarters, in reference to the litany of EU digital proposals to police everything from online content to privacy rights to AI. “All this stuff is happening in terms of regulation, exactly at the right time and at an appropriate speed, in my view.”
For Surman, whose public policy colleagues play a central role in how Western civil society has pushed back against Big Tech players’ dominance of parts of the online landscape, it’s only natural that lawmaking will lag behind fast-developing technologies that track progress in months, if not weeks. “Now is the time to go hard on regulation. It’s not dramatically too late. The DSA and DMA are much more mature runs about at how you think about these topics than the GDPR was,” he added in reference to Brussels’ online content and antitrust reboots, known as the Digital Services Act and Digital Markets Act, respectively. GDPR refers to the General Data Protection Regulation, the bloc’s revamped privacy laws that came into force almost five years ago.
His take isn’t that we should be complacent in how new rules are created around technology. Instead, Surman prefers to take a “cake-and-eat-it” approach to policymaking: Let’s use all the existing rules and build out new regulation, too, to capture potential digital downsides that lawmakers have yet to get their heads around. “We either have the right stuff or we’re working on the right stuff,” the Mozilla chief executive said. “There’s a shift in our thinking that isn’t in the (policymaking) that’s already moving. Work around collective rights, collective benefits, collective harms, and how data and AI fit into that is needed, too.”
Unlike other policy wonks, Surman also runs a multibillion-dollar tech business — where he can put his money where his mouth is. And that means Mozilla is now moving from just advocating for so-called trustworthy AI to embedding the principles of fairness, accountability and transparency into how it builds and invests in digital products. The nonprofit has set aside $35 million in venture capital funding for fledgling firms in that sector and has earmarked additional money for in-house research and development to create AI-focused tools that embrace trustworthy AI principles.
“If AI is defining the next era of our digitized work, and we want our values to show up in that we need both a market-based strategy and a movement-based strategy,” Surman said. “Building AI, especially into consumer products, like Firefox, people are doing it really fast and irresponsible way. As we explore the market-based piece of it, there’s a reason why we’re going cautiously. There’s a reason why we’re starting with safety and inclusion-focused technologies and not rushing to the end with some big consumer play.”
Mozilla’s boss acknowledges that the slow-and-steady approach likely means the nonprofit will never compete with OpenAI and Google’s Bard in the generative AI hysteria. His pitch is about building the means to rein in some of the risks created by these new tools — mostly because most businesses aren’t worrying about the downsides to the technology. “It’s not about creating the alternative to GPT7,” he said in reference to OpenAI’s technology. “A lot of the leverage is going to be around the edges and on top of these things at this point, and not actually in trying to be as a main competitor and owning one of the (AI) models.”
BY THE NUMBERS
TWITTER’S POLITICAL PRIORITIES
I’M NOT ONE TO GIVE OUT BUSINESS ADVICE. And with Twitter’s faltering business model, its new chief executive, Linda Yaccarino, has enough on her plate. Yet the policymaking world is my bread and butter, so here are some thorny political questions the former NBCUniversal ad executive needs to get ahead of as lawmakers worldwide ask increasingly difficult question of the Blue Bird.
1. What’s your relationship like with governments? Historically, Twitter has been more willing than others to go to the mattresses with governments over things like censorship and free speech, including multiple lawsuits filed against India’s repeated checks on social media. That approach has now shifted under Elon Musk’s tenure as chief executive, including the blocking of content from opposition leaders in Turkey ahead of last weekend’s nationwide election. At some point, Twitter has to decide: How strongly does it want to defend free speech, and at what cost?
2. Who do I call to talk at Twitter? During last year’s mass layoffs, Musk fired almost all of the company’s public policy executives. That means those long-standing relationships with policymakers worldwide were cut off, almost overnight. In Europe, for instance, European Commission officials don’t know to whom to turn within Twitter to ask about how the company will comply with the bloc’s new social media rules. The tech giant needs to rebuild those bridges fast, and not just in Europe.
3. How are you handling the 2024 election tsunami? Next year, the U.S., the EU, the United Kingdom and India (among others) will all hold elections. Frankly, it’s going to be shitshow of misinformation, political skullduggery and potential foreign interference. Twitter remains woefully underprepared to handle its role in these upcoming votes — and is fast losing political goodwill as an impartial place where people can voice their (often politically heated) opinions. Coming up with a comprehensive global election strategy needs to be a top priority.
WONK OF THE WEEK
THE ANNUAL G7 SUMMIT gets underway on Friday in Hiroshima, Japan — the annual gathering of leaders from the West’s largest democracies. We’re focusing on Taro Kono, Japan’s digital transformation minister, and former foreign affairs and defense minister under the country’s now-deceased former Prime Minister Shinzo Abe.
Tokyo has focused on boosting the free flow of data and pushing Western norms on AI under its G7 presidency (check out the summary of the recent meeting of the country’s digital ministers). Kono, a Georgetown graduate who began his career in the electronics industry in the early 1990s, is spending a lot of his time digitizing his ministry’s work and even boasts his own lifesize robot avatar.
“I asked ChatGPT who Kono Taro is and he came back with the wrong answer,” Kono told Bloomberg earlier this month in reference to the generative AI tool. “So you need to be careful.”
THEY SAID WHAT, NOW?
“Video games attract billions of users all over the world. In such a fast-growing and dynamic industry, it is crucial to protect competition and innovation. Our decision represents an important step in this direction,” said Margrethe Vestager, Europe’s competition chief, when announcing that Brussels had approved Microsoft’s $68 billion takeover of Activision — a deal that has been blocked by British antitrust authorities and faces a separate legal challenge by the U.S. Federal Trade Commission.
WHAT I’M READING
— Sam Altman, chief executive of OpenAI, explained why regulation was needed for this emerging technology that protects people while also allowing industry to innovate. Read his U.S. Senate testimony here.
— Italy’s competition authority accused Apple of abusing its dominant position in the app market to favor its own services over those of rivals. Read more here.
— Europe’s AI Act is a good first start, but the recent draft from the European Parliament misses the mark on clearly defining what risk management is needed for specific AI use cases, according to Philipp Hacker, a law professor, via LinkedIn.
— Governments from Washington to Brussels to Beijing are increasingly embedding themselves into the technical standard-setting of emerging technologies in ways that bring geopolitics into wonky policy discussions worldwide, claims Tim Ruhlig from the German Council on Foreign Relations.
— U.S. agencies including the Federal Trade Commission, the Department of Justice, and the Consumer Financial Protection Bureau issued a joint statement on enforcing existing rules that related to AI “automated systems.”
— France’s privacy regulator announced an action plan on AI that includes upholding data protection standards, auditing AI systems for potential harm, and better understanding how the technology affects society. Read more here.
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“Non diamoci del tu”, Benedetto a Pescara con il saggio sulla separazione delle carriere – Il Centro
Giornale Il Centro
L'articolo “Non diamoci del tu”, Benedetto a Pescara con il saggio sulla separazione delle carriere – Il Centro proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
CLASS CNBC – ROADMAP Italia
📌 Cosedagarante | Questa sera a partire dalle 19,00 sarò ospite a ROADMAP ITALIA su CLASS CNBC per parlare di data protection e privacy
Al via la seconda giornata di Forum PA!
Il Ministro Giuseppe Valditara sarà presente oggi alle 14.30, nell’Arena del Forum, dove si parlerà delle novità in campo per la scuola, a partire dal Piano di semplificazioni recentemente approvato.
Ereditare
Per i beni che si ricevono in eredità, l’Italia è un paradiso fiscale. E siccome i paradisi sono migliori degli inferni, sarebbe bello goderselo. Se non fosse che quel paradiso coabita con l’inferno della pressione fiscale complessiva, aggravato da un’elevata evasione fiscale, il che rende l’inferno degli onesti ulteriormente demoniaco. Paghiamo meno degli altri europei sulle eredità, ma ereditiamo un sistema fortemente squilibrato, tassando alla grande il lavoro e meno le rendite. E mentre la tassazione del lavoro è progressiva – come la Costituzione vuole (articolo 53) – il resto non lo è. Il che avvantaggia i patrimoni più ricchi.
Il valore netto di quel che si riceve in eredità, quindi detratti eventuali debiti, è esente da tassazione fino a 1 milione di euro. Dopo di che si paga il 4% fisso, non progressivo. In tutti i grandi Paesi europei la franchigia è inferiore e l’aliquota superiore. Ma, ripeto, non c’è motivo di volersi allineare. O forse c’è, ma va cercato nella distribuzione del peso fiscale.
Quanti studiano i sistemi fiscali osservano gli effetti dell’andamento demografico sul prelievo, presente e futuro. Da ultimo circola un approfondimento del Joint Research Centre, che fa capo alla Commissione europea. Parentesi: la Commissione Ue non tassa nessuno; la materia fiscale non è di competenza Ue; gli studi si riferiscono alla sostenibilità dei rispettivi sistemi di riscossione e spesa; è privo di senso lamentarsi perché in Ue c’è concorrenza fiscale e poi lamentarsi per ogni suggerimento di omogenizzazione fiscale. Ma capisco che già si fa troppo complicato per chi ama la propaganda a tre palle un soldo, con il soldo che manco è proprio ma del contribuente. Tutti quegli studi convergono sull’ovvio: se i lavoratori diminuiscono di numero, aumentando gli ex lavoratori che percepiscono una rendita (denominata pensione) i soldi si dovrà andarli a prendere da un’altra parte, ad esempio nei patrimoni ereditati.
Per chi, come noi in Italia, tassa forsennatamente il lavoro e abita paradisi per le successioni, quell’effetto di spiazzamento diventa ancora più grande. Ed è questa la ragione per cui vale la pena pensarci, non perché lo chiede questo o quello. Che, peraltro, non fa che argomentare l’evidenza.
Pensarci non significa tassare di più. Anzi, direi che è a non pensarci che si dovrà poi tassare di più. Che fare? I grandi patrimoni si organizzano da soli, con attrezzati consulenti fiscali. Essendo poco tassati, quando evadono lo fanno per vocazione. I patrimoni familiari sono, per lo più, composti da immobili e qualche risparmio. Gli immobili subiscono anch’essi l’effetto della leva demografica, sicché sempre meno cittadini ereditano sempre più case, che non è affatto detto si trovino dove servono loro. Ciascuno, con quel che è proprio, fa quello che gli pare, ma il patrimonio è anche un costo e quando erode una parte eccessiva dei guadagni non ha senso chiedere bonus e defiscalizzazioni, perché si traducono in maggiore pressione fiscale sui guadagni da lavoro. Mentre è ragionevole non favorire l’immobilizzazione del patrimonio, favorendone la rimessa in circolazione. Quindi aggiornamento del catasto (anche per beccare gli evasori), riqualificazione per evitare di muoversi fra ruderi, messa a reddito o vendita. Ma siccome ciascuno deve continuare a fare quel che vuole, tassare maggiormente quel che non si è guadagnato rispetto a quel che si guadagna non è che sia una bestemmia. Tanto più che ci pensava anche Luigi Einaudi, non propriamente un bolscevico.
L’obiettivo, però, non deve essere quello – perverso – di inseguire la spesa con il gettito, bensì quello di far scendere la spesa corrente per diminuire il bisogno di gettito. Che non significa meno sanità, ma migliore spesa sanitaria e minore regalia di pensioni non basate su contributi versati. Altrimenti si ricevono in eredità squilibri e debiti, solo che – al contrario di quel che avviene in privato – in questo caso non è possibile rinunciare all’eredità.
L'articolo Ereditare proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
EuroPace
Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, non parla e non viaggia per tenere normali rapporti fra Stati. La sua è una condizione molto particolare: guida il Paese che sta combattendo contro un’aggressione, utilizzando le nostre armi. Ma la sua condizione ha anche un altro aspetto: guida un popolo che sta dando il suo sangue, per evitare che per difendere i nostri interessi e il nostro ordine internazionale si debba versare il nostro sangue. Per questo è stata avviata la procedura accelerata d’ingresso dell’Ucraina nell’Unione europea, affinché si tratti di armi e di sangue fra concittadini.
Ma c’è ancora un altro aspetto che caratterizza le numerose visite dei governanti europei in Ucraina e questa di Zelensky in Italia e in altri Paesi dell’Ue: l’aggressione russa ha creato un collante schiettamente politico fra europei, dando all’Unione un ruolo e un peso internazionali che non aveva. E ha creato un discrimine che non assorbe le altre – numerose e positive – differenze politiche fra partiti e culture europee, ma le sovrasta: il sostegno all’Ucraina è il comune denominatore di tutte le forze che non si sono allineate ai desideri dell’invasore russo. E questo cambia la storia.
Il maggior sostegno agli ucraini è giunto e giungerà dagli Stati Uniti. Anche in questo la scelta di Putin è stata suicida, visto che venivamo da anni in cui l’Atlantico s’era allargato. Ma la scelta immediata di tutte le democrazie occidentali, di non offrire alcuno spiraglio alle divisioni, è quella che ha segnato la sconfitta, militare e politica, della Russia. Non oggi, ma il giorno dopo la criminale invasione. Putin ha investito, soldi e influenze, sulle nostre divisioni, ma ha perso la scommessa e a dividersi è il suo mondo. Posto ciò, che non è affatto poco, ci sono tre cose che sappiamo fin dall’inizio. Tre cose imprescindibili per una pace che stabilizzi l’ordine internazionale.
1. La partita non si gioca sul campo di battaglia. Su quello la carneficina può andare avanti ancora a lungo. Gli aiuti occidentali servono proprio ad evitare che la supremazia bellica e numerica della Russia si traduca nella sua vittoria. Nel corso della guerra, inoltre, abbiamo imparato che militari e mercenari russi non difettano in ferocia, non lesinano crimini, ma sono l’opposto di un’armata invincibile, tarlati dalla corruzione e compensanti l’impreparazione con la strage dei loro giovani. La pace, comunque, non arriverà dalle trincee.
2. È rilevante il ruolo cinese. Su quel fronte l’iniziativa di pace è stata europea, cosa di cui va reso merito al presidente francese, Emanuel Macron, e alla non irrilevante e contemporanea iniziativa della Commissione europea, con Ursula von der Leyen. La Cina, dal canto suo, coglie due opportunità: usa il suicidio di Putin per nuocere all’Occidente e incassa da quel suicidio influenza asiatica, che si espande. Quindi la Cina non è in ritardo, ma sincrona ai propri interessi. Il ruolo delle nostre diplomazie è chiarire i limiti di quell’imperiale ambizione. Quando sarà messa a fuoco la pace sarà vicina e tutto si potrà negoziare.
3. Ma questo porta alla terza evidenza: la Russia ne uscirà politicamente distrutta e militarmente umiliata. Il pericolo è che il sapore della fine inneschi il desiderio di distruzione atomica, ma non lo si contiene cedendo. In quel modo lo si incentiva. Ciò significa che, finita questa storia, toccherà a noi occidentali difendere gli interessi e l’identità dei russi, altrimenti destinati al vassallaggio cinese. Cosa che è contro i nostri interessi e contro l’equilibrio dell’intera area. Il russofobo è Putin.
Zelensky, che oggi arriva a Roma, non è, quindi, un ospite straniero da onorare, ma un pezzo della nostra storia e del nostro futuro, che abbiamo il dovere e l’onere di difendere.
In quanto al rifiuto della guerra, che anima anime per niente belle: lo dicano a chi l’ha scatenata. Far vincere l’aggressore non porta alla pace, ma alla peggiore delle guerre. Pacifisti siamo noi, che ci sentiamo ucraini.
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FORUM PA – “Digitalmente inclusivi, combattere le disuguaglianze attraverso l’alfabetizzazione digitale”
📌 Cosedagarante |A partire dalle ore 12.00 avrò il piacere di partecipare al Convegno “Digitalmente inclusivi: combattere le disuguaglianze attraverso l’alfabetizzazione digitale” al Forum PA per parlare di digitale, inclusione dei ragazzi, ruolo della scuola e dei genitori. Qui tutte le informazioni lnkd.in/dc6WFN4R
Internet Archive rischia di scomparire (e con lui un pezzo di Rete). Un riepilogo della questione a cura di @lracrr per @GuerreDiRete
> Il 25 marzo scorso è arrivata la prima decisione del tribunale: almeno per ora, ha dato ragione agli editori. Per il giudice infatti qualsiasi “presunto beneficio” derivante dalla biblioteca di Internet Archive “non può superare il danno di mercato per gli editori”. E sempre per il giudice sarebbe “irrilevante” il fatto che Internet Archive acquisti i libri prima di farne copie per il suo pubblico online. Secondo i dati ottenuti durante il processo, Internet Archive gestisce attualmente circa 70.000 prestiti di e-book al giorno, scrive The Verge.
Qui è il link al post completo di Laura Carrer per #GuerreDiRete
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Ben(e)detto – 17 maggio 2023
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In Cina e Asia – La ripresa economica cinese potrebbe richiedere più del previsto
La ripresa economica cinese potrebbe richiedere più del previsto
Cina, chiude un’altra organizzazione per i diritti Lgbq+
Biden riduce la visita in Asia, e salta il Quad
Arrestato a Shanghai il centrocampista sudcoreano Son Jun-Ho
Sentenza fino a 4 anni di carcere per gli attivisti pro-democrazia di Hong Kong
Hong Kong, le biblioteche pubbliche cancellano il massacro di Tiananmen
Gli Usa avviano procedimenti penali contro il furto di tecnologia
La ripresa economica cinese potrebbe richiedere più del previsto
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A Shanwei un esercito arrabbiato di rider contro Meituan
Dopo lo sciopero dei rider a Shanwei aumenta la paga per le consegne, ma la compagnia porta in città un camion di crumiri, e lega il compenso alla valutazione dei lavoratori da parte degli utenti sull’app
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AMBIENTE. Isabella Pratesi (Wwf): il 68% degli ecosistemi italiani è in pericolo
di Daniela Volpecina
Pagine Esteri, 16 maggio 2023. Migliaia di attivisti del Wwf, provenienti da tutta Italia, si sono incontrati a Caserta per il Forum nazionale dei volontari. Nel corso di questa due giorni è stato presentato il report ‘Biodiversità fragile, maneggiare con cura’. Ne è emerso un quadro preoccupante: il 68% degli ecosistemi italiani è in pericolo. Il 57% dei fiumi e l’80% dei laghi si trovano in uno stato ecologico non buono. Il 25% delle specie animali marine del Mediterraneo è a rischio estinzione. Chi è responsabile di tutto ciò? Quali sono le best practices da mettere in campo per ridurre gli effetti di questo disastro? Cosa sta facendo il governo italiano per invertire la rotta? A queste e a tante altre domande ha risposto Isabella Pratesi, direttrice del programma conservazione del Wwf, con la quale abbiamo affrontato anche la vicenda degli orsi in Trentino, la privatizzazione delle risorse idriche, l’emergenza climatica, la crescente desertificazione dei suoli e i numerosi dossier aperti sul tavolo del Ministero dell’Ambiente ancora in attesa di una risposta. ‘In Italia – denuncia Pratesi – c’è un problema di governance ambientale’. Tutti i dettagli in questa intervista.
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PRIVACYDAILY
Nella Turchia di Erdogan con una poesia si rischia l’ergastolo
di Eliana Riva
[Questo articolo è stato pubblicato la prima volta su Pagine Esteri il giorno 12 maggio 2023. A causa di un attacco hacker avvenuto il giorno successivo, il pezzo è andato perduto. Lo ripubblichiamo oggi]
Il sogno dell’isolano in cella
[…]
La mia isola è boscosa.
Una foresta di amicizia, cameratismo, cavalleria,
copre tutta la mia isola.
Il sole della grazia illumina l’uomo ventiquattro ore al giorno.
Noi isolani non conosciamo il buio.
Sono un isolano, maledetta cella, isolano.
Giusto. Come potresti conoscere la mia isola, cella millenaria, feudale, militarista.
E tu, che ti muovi e ti gonfi fino a sembrare un bue.
Invidioso mostro rana, conosci la mia isola?
Il mondo è oscuro, un’isola così dove il sole non tramonta mai
non esiste sulla terra.
Giusto, nano delle tenebre, povero disgraziato?
E tu, poeta dei pipistrelli, pietoso Cacomcho?
Non esiste un’isola del genere, né nelle poesie, né nelle fiabe.
Un’isola del genere è contro la natura delle cose.
Non è così per te, poeta delle tenebre?
Quello che dici non è contro la natura delle cose, ma contro la natura delle tenebre.
I nani delle tenebre, i vecchi bisbetici, i farabutti…
Saranno esposti nello zoo della Turchia di domani.
[…]
di Mahir Çayan
Pagine Esteri, 12 maggio 2023. Per queste parole pubblicate nel suo libro, per questa poesia di Mahir Çayan, rivoluzionario marxista morto nel 1972, una giovane donna turca è stata accusata di finanziare il terrorismo.
Rischia già 2 ergastoli Ayten Öztürk, confermati in due gradi di giudizio, è ai domiciliari in attesa della sentenza definitiva. È da qui, dalla sua casa di Istanbul, che ha scritto il suo libro “Resistenza e vittoria. Nei centri di tortura segreti del fascismo”, in cui racconta del rapimento, dei 6 mesi di tortura, della prigionia, dei processi farsa.
Abbiamo già parlato di lei su Pagine Esteri, siamo andati a trovarla solo 3 mesi fa, abbiamo raccolto la sua testimonianza, ci ha raccontato tutto quello che ha subito e spiegato perché non intende arretrare. Costi quel che costi.
In Turchia si terranno, tra pochissimi giorni, il 14 maggio, le elezioni. Il partito del presidente Erdoğan, l’Akp, per i sondaggi è al momento secondo, a qualche punto in percentuale di distanza dal Partito Popolare della Repubblica di Kılıçdaroğlu.
Tutto potrebbe accadere. Ma la strada che la Turchia ha da percorrere per raggiungere la democrazia resta un cammino lungo che necessita di un cambiamento di direzione netto. Oggi la Turchia di Erdoğan è quella che in una retata a pochi giorni dal voto arresta 126 persone tra giornalisti, avvocati, artisti, politici, membri della sinistra. L’accusa è sempre la stessa per gli oppositori: terrorismo.
Anche Ayten Öztürk è un’oppositrice politica e fa parte di una minoranza, quella degli aleviti, discriminata e perseguitata dal governo del presidente conservatore.
Nel suo libro “Resistenza e Vittoria. Nei centri di tortura segreti del fascismo”, Ayten ha raccontato la sua storia e ha raccolto pensieri e riflessioni sul suo Paese, la Turchia, sulla sua politica interna e su quella estera. È un libro auto-pubblicato di 313 pagine che comincia così:
“Come le favole, inizio con «C’era una volta»… Ma quello che racconto in questo libro non è una favola. È la verità! Sono esistita e scomparsa in un istante. Questa è la storia di una sparizione durata 6 mesi! L’unica cosa che rimane di me è il filmato della telecamera che mi ha ripreso all’aeroporto libanese, ma il governo del Libano, che ha collaborato con quello turco, ha negato tutto. E così hanno permesso mesi di tortura. Chissà con quali accordi mi hanno consegnata alle autorità turche. Tanto da provare poi a cancellare la mia voce, il mio viso, la mia immagine.
Sei mesi di resistenza dopo il rapimento dal Libano, in una prigione segreta di Ankara, al buio, alla sete, al dolore e alla tortura! Sei mesi di vita che ho perso! A sei mesi il bambino inizia a gattonare. Emette i primi suoni. Le sue mani afferrano gli oggetti. In sei mesi volevano rubarmi la vita, la salute, le aspirazioni.
In sei mesi, hanno cercato di strapparmi a me stessa, ai miei valori e alle mie convinzioni con ogni tipo di tortura: l’elettricità, l’elettroshock, le molestie, il tentativo di stupro, l’abbandono in una bara, l’annegamento, le impiccagioni e le percosse. Ogni parte del mio corpo era livida, gonfia e segnata. Ho perso 25 chili. 898 cicatrici si sono aperte sul mio corpo. Sono stata abbandonata in un campo, in uno stato irriconoscibile.
Perché? Perché sono una rivoluzionaria… Perché lotto per un paese libero, indipendente, uguale e giusto… Perché amo la mia patria, il mio popolo, i miei compagni…”
Ayten si trovava in Siria quando è scoppiata la guerra. Tentava di raggiungere la Grecia facendo scalo a Beirut. All’aeroporto è stata trattenuta e poi consegnata ai servizi segreti turchi cha l’hanno portata,occhi e bocca bendati, ad Ankara. Ci ha raccontato le torture subite, lo sciopero della fame, l’alimentazione forzata e poi l’abbandono in un terreno sul quale la polizia ha finto un casuale ritrovamento. Il direttore del carcere in cui è stata portata si è rifiutato di ammetterla: nonostante nelle ultime settimane fosse stata curata e alimentata forzatamente dai suoi aguzzini, le sue condizioni rimanevano gravi. Così è andata in ospedale, poi in prigione e in fine agli arresti domiciliari.
Rischia due ergastoli con accuse insensate ed è solo in attesa del giudizio definitivo, quello della Corte Suprema. In tribunale è comparso un testimone che l’ha accusata di aver assistito al linciaggio di un uomo, un pedofilo con precedenti penali che è stato aggredito dalla folla. Non è morto. Ayten, dice il testimone, sarebbe stata lì, sul marciapiede opposto a quello dove si stavano svolgendo i fatti e non avrebbe fatto nulla per evitare il pestaggio. Forse anzi, ha dichiarato e poi ritirato il testimone, incitava la folla. Lei nega tutto. Il tribunale l’ha così giudicata: colpevole. E poi ha deciso la condanna: ergastolo.
Il testimone, invece, identificato come uno degli artefici del pestaggio, ha goduto, per la sua dichiarazione, di un importante sconto di pena.
Un altro testimone dice di averla vista nella sede di un’associazione per i diritti umani: l’Associazione per i diritti e le libertà è legale in Turchia e la sede è aperta e accessibile a tutti. Il tribunale l’ha giudicata colpevole di tentare di rovesciare il governo e l’ha condannata all’ergastolo.
Due ergastoli, quindi, confermati in due gradi di giudizio. Tutto dopo aver denunciato le torture. Nonostante ciò, ha continuato a parlare e a denunciare l’accanimento giudiziario, le ingiustizie che sta subendo, così come fanno i suoi avvocati.
Nei primi giorni di Maggio la polizia, che irrompe spesso a casa di Ayten, soprattutto all’alba, ufficialmente per perquisizioni e controlli vari, l’ha interrogata. Sul suo libro, sulla poesia di Mahir Çayan, su ciò che ha scritto sulla Palestina. Una fotografia che Ayten ha pubblicato sui social è stata inclusa come prova nel fascicolo di indagine. Tutte le copie del libro sono state confiscate e la vendita è stata vietata.
È stata avviata un’indagine contro Öztürk per “propaganda a favore di un’organizzazione terroristica”. Il poema di Çayan è stato considerato propaganda per il Partito popolare di Liberazione-Fronte della Turchia, l’organizzazione che lo stesso Çayan fondò insieme ad altre persone nel 1970. L’organizzazione è stata messa al bando. Come prova a sostegno dell’accusa è stata usata la fotografia a cui prima accennavamo: Ayten è nella sua casa e sul muro alle sue spalle pendono delle immagini. Tra le altre ci sono le foto di Helin Bölek e Ibrahim Gökçek. Erano due musicisti, membri della band Grup Yorum, il famoso gruppo folk fu accusato di sostenere il terrorismo. Una delle loro canzoni parla di Çayan. Pochi giorni prima di morire Gökçek scriveva:
“Sono sempre stato un musicista, e ora mi ritrovo a essere un terrorista. Mi hanno preso che ero un chitarrista, e hanno usato le mie dichiarazioni facendo di me uno strumento. Eravamo un gruppo che si esibiva davanti a un milione di persone, siamo diventati dei terroristi ricercati”.
Helin Bölek e İbrahim Gökçek sono entrambi morti di sciopero della fame dopo essere stati arrestati, sempre con l’accusa di sostenere il terrorismo.
In 4 anni, dal 2016 al 2020 1,6 milioni di persone sono state accusate di terrorismo in Turchia[1].
Secondo la polizia turca, però, non solo Ayten sosterrebbe il Partito popolare di Liberazione ma lo finanzierebbe pure, attraverso i proventi della vendita del volume.
Un’altra accusa formulata a partire dal suo libro è quella di “insincerità”. O meglio, è accusata di aver incolpato il suo Paese (il suo governo, in realtà) di non essere stato sincero.
Nella sua deposizione nell’ambito dell’indagine condotta dall’Ufficio investigativo sul terrorismo e sulla criminalità organizzata dell’ufficio del procuratore generale di Istanbul, Öztürk è stata interrogata anche in merito alle valutazioni fatte sulla Palestina.
Il rapporto stilato dalla polizia fa riferimento a uno specifico passaggio all’interno del libro, nel quale Ayten esprime un proprio giudizio sui rapporti intercorsi tra la Turchia e il popolo palestinese. Il rapporto dice “[nel libro viene riportato] che il nostro Paese non era sincero quando affermava di difendere il popolo palestinese e che ciò che è avvenuto a Davos è stato un inganno”.
Nella città svizzera di Davos si è tenuto, nel 2009, il World Economic Forum. Erdoğan era presente e il 29 gennaiopartecipò a un confronto con l’allora presidente israeliano Shimon Peres. Fu molto contrariato dalla gestione dell’evento da parte del moderatore che concesse a Peres di parlare per 25 minuti. 12 furono riservati ad Erdoğan. Quando l’incontro doveva essere già terminato, il presidente turco continuò a chiedere al moderatore di dargli “un minuto” (per questo l’evento è ricordato anche come “un minuto”), prese la parola e accusò senza mezzi termini il presidente israeliano di essere un assassino:
“…lei presidente Peres, ha un tono di voce molto forte e io credo sia perché si sente colpevole. Tu uccidi persone, ricordo i bambini che hai ucciso sulla spiaggia, ricordo due ex premier del tuo paese che dissero che si sentivano molto felici quando entravano in Palestina sui carrarmati […]. Lo trovo molto triste perché ci sono molte persone lì che vengono uccise”.
Terminata la dichiarazione andò via, dicendo che non sarebbe più tornato a Davos. Nel suo Paese fu accolto come un eroe, con bandiere turche e palestinesi che sventolavano insieme. Come si può immaginare, anche nei Territori Palestinesi Occupati lo scontro retorico tra i due ebbe una grande eco. Nei palestinesi sparsi per il Medio Oriente albeggiò la speranza che potesse essere, Erdoğan, la figura forte che li avrebbe difesi da Israele e dall’occidente. Anche nei campi profughi, dove a centinaia di migliaia vivono i palestinesi dalla Nakba, dal 1948, germogliò timida questa fiducia. Ayten era in Siria quando avvenne il confronto di Davos e viveva la vita del campo profughi di Yarmouk, uno dei campi più grandi e popolosi del Medio Oriente, che avrebbe avuto un triste destino, occupato dall’ISIS negli anni della guerra siriana. Nel suo libro ricorda così il campo:
“Questo quartiere, abitato da giovani che se ne stanno senza far niente negli internet café e agli angoli delle strade, da uomini adulti disoccupati seduti davanti ai portoni a fumare e bere tè e caffè tutto il giorno e da donne con il velo che passano con le borse della spesa in mano, puzza di povertà dall’inizio alla fine. Tanto che lo paragonavo ai quartieri poveri di Istanbul. Purtroppo, quando questa povera gente dal cuore grande ci ha accolto, era inebriata dagli inganni turchi di «one minute» e «Davos». Pochi sapevano che quelle cose avevano lo scopo di ottenere un effetto positivo sui popoli del Medio Oriente per poter realizzare lì i propri progetti. Essere dalla parte del popolo palestinese significa essere contro Israele sionista e l’arcinemica America. Ma i legami militari, politici e commerciali che la Turchia ha sia con Israele che con gli Stati Uniti sono bastati a svelare questo inganno”.
Queste parole, pensieri e testimonianze, scritte in un libro autoprodotto e stampato nell’agosto del 2022, potrebbero rappresentare l’ultimo tassello di un quadro di sopraffazione e violenza che toglie la voce alla vittima e magnifica il carnefice, ragno dalle mille zampe che si trascina con comodità sulle mura vischiose e flaccide di una giustizia che in Turchia semplicemente non esiste.
“Il vero crimine non è raccontare ma torturare” ci ha detto Ayten. “Non c’è nulla nel libro che possa essere considerato un reato. Ma aspetto ancora che si apra un’indagine sui torturatori”.
[1] swp-berlin.org/en/publication/…
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#31 / L'UE insegna al mondo come si fa
L’Unione Europea insegna al mondo come si fa
Con due comunicati ieri il Consiglio dell’Unione Europea ha dichiarato di aver definito la sua posizione in merito a due pacchetti normativi già in discussione da tempo in materia di antiriciclaggio e condivisione di informazioni ai fini tributari tra paesi membri.
Il primo è il pacchetto AML/CFT, cioè antiriciclaggio e contro il finanziamento al terrorismo, di cui avevo scritto anche lo scorso anno.
Chi non si iscrive è uno spione
L'aggiornamento normativo, tra le altre cose, estenderà la "Travel Rule" al mondo crypto e obbligherà gli exchange a identificare ogni utente e tracciare ogni transazione, anche di pochi centesimi.
Lo scopo è ovviamente avere dati a disposizione per analizzare le transazioni ed eventualmente bloccarle. Migliaia di algoritmi e qualche burocrate saranno incaricati di decidere se quella transazione di 2 dogecoin sia sospetta o meno.
Il problema come al solito non risiede nel mero abuso della privacy, ma nel potenziale abuso di potere e quasi certo elevato tasso di errore di questi sistemi di monitoraggio. Già nel sistema bancario tradizionale fanno acqua da tutte le parti e spesso finiscono per mettere nei guai gente perbene, figuriamoci in un settore estremamente complesso e tecnologico come quello delle crypto. I falsi positivi saranno all’ordine del giorno.
Il secondo punto riguarda invece la Direttiva "DAC", che è una roba di cui sicuramente non avrete mai sentito parlare ma che dal 2011 prevede la comunicazione e condivisione dei nostri dati tra tutti gli stati membri: conti correnti, rapporti commerciali, depositi, e tanto altro. A breve comprenderà anche tutto ciò che riguarda l’uso di cryptovalute.
Lo scopo in questo caso è fare comunella per rubare il più possibile. Finora gli stati membri hanno avuto qualche difficoltà a mettere le mani sul cripto-gruzzoletto degli europei. Nel frattempo, il processo di criminalizzazione di chi vorrebbe solo essere lasciato in pace è quasi completo.
La Ministra delle finanze svedese, Elisabeth Svantesson, commenta così la buona novella: “The agreement is yet another example of the EU as a leader in the implementation of global standards”.
Grazie Elisabetta, siamo tutti molto felici di essere all’avanguardia della sorveglianza di massa.
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Dopo Venezia, a Firenze una “Smart City Control Room”
Mega-schermi, comode poltrone, qualche dipendente pubblico annoiato con gli occhi rossi. Anche a Firenze arriverà a novembre una stanza dei bottoni da cui poter controllare in tempo reale tutta la città, grazie alle più di 1.600 telecamere diffuse sul territorio.
A questo si aggiungono le 81 nuove telecamere che saranno posizionate in più di 55 varchi che costituiranno lo “scudo verde” (cioè una ZTL) per monitorare gli ingressi e le uscite dalla città. Il progetto ricorda molto quello dell’Area B di Milano: sorveglianza di massa dei cittadini e di tutti coloro che per qualche motivo saranno costretti a varcare la soglia di Firenze.
Il Sindaco dice che la Control Room “migliorerà anche la gestione di eventi legati al maltempo o alle manifestazioni". Chi l’avrebbe mai detto che per mitigare gli effetti del maltempo sarebbero bastati qualche migliaio di telecamere e una decina di pannelli LCD. Forse in Emilia Romagna dovrebbero installare più telecamere.
Quando leggo queste cose mi chiedo sempre cosa ne pensa chi vive in queste città.
Se fossimo in condizioni di democrazia diretta, come si faceva una volta nelle antiche città greche, siamo sicuri che la maggioranza avrebbe votato per auto-sorvegliarsi in questo modo e per assegnare a qualche burocrate il potere assoluto di decidere chi può circolare e chi invece no?
La Skynet cinese vuole anche neonati e bambini
Il governo cinese ha iniziato a schedare anche neonati e bambini attraverso identificazione biometrica e genetica: impronte digitali, retina, voce e perfino DNA con prelievi del sangue.
Finora gli stati-nazione si erano degnati di risparmiare neonati e bambini dal processo di schedatura legato alla produzione di documenti d’identità, ma è evidente che adesso non basta più. Tutti devono essere nel sistema, il prima possibile.
Avrà a che fare con l’inizio della fase pilota dello yuan digitale? È possibile, considerando che questa nuova forma di moneta potrà essere usata solo coloro che possiedono un’identità di stato. I bambini iniziano presto a usare i soldi, ancor prima di ricevere il primo documento d’identità. È quindi naturale che debbano essere schedati fin da piccoli.
Meme del giorno
Citazione del giorno
“Someone must have slandered Josef K., for one morning, without having done anything truly wrong, he was arrested.”
Kafka, Der Process
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Fabio Tavano
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