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VIDEO. Raid israeliano a Jenin, uccisi 5 palestinesi


Tra i 45 feriti c'è una ragazza di 15 anni colpita da un proiettile entrato nella sua abitazione. Israele torna ad impiegare in Cisgiordania, dopo quasi 20 anni, gli elicotteri da combattimento. L'articolo VIDEO. Raid israeliano a Jenin, uccisi 5 palesti

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della redazione

Pagine Esteri, 19 giugno 2023 – Reparti militari israeliani hanno effettuato oggi un ampio raid nella città di Jenin per arrestare due palestinesi innescando un duro scontro a fuoco con combattenti palestinesi e arrivando ad impiegare anche un elicottero Apache.

È la prima volta che Israele impiega elicotteri da combattimento contro centri abitati palestinesi dalla fine della seconda Intifada (2000-2005).

Il ministero della sanità dell’Anp riferisce che almeno 5 palestinesi sono stati uccisi: Khaled Asasa, 21 anni, Qassam Abu Sariya, 29, Ahmed Saqr, 15, e Kayis Jabarin, 21. Del quinto non è noto il nome.

Altri 45 palestinesi sono stati feriti dal fuoco israeliano, di cui due in modo grave. Uno dei feriti gravi è una ragazza di 15 anni che è stata colpita da un proiettile nella sua abitazione.

youtube.com/embed/bNPe0G1nJLk

Le autorità israeliane riferiscono di 8 soldati feriti.

La tensione è molto alta in tutta la zona e si segnalano scontri anche in altre località nel nord della Cisgiordania. Israele effettua frequenti raid a Jenin e nel suo campo profughi, sostenendo di dover combattere la militanza armata palestinese. In uno di questi, all’inizio dell’anno, morirono 10 palestinesi.

Bezalel Smotrich, ministro delle finanze israeliano di estrema destra, ha twittato che “è giunto il momento di sostituire l’ ‘attività delle pinzette’ con un’ampia operazione militare per sradicare i nidi di terroristi nella Samaria settentrionale, e ripristinare la deterrenza e la sicurezza nella regione”. Ha aggiunto che “è giunto anche il momento di utilizzare le forze aeree e le forze corazzate”.

L’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Volker Turk si è detto “estremamente preoccupato per la situazione” a Jenin, “comprese le apparenti esecuzioni da parte delle forze israeliane”.

Il ministero degli Esteri egiziano ha condannato quella che ha definito la “continua escalation (israeliana) contro i palestinesi”.

La scorsa settimana, un palestinese di 19 anni è stato ucciso da spari di soldati israeliani durante una irruzione nel campo profughi di Balata (Nablus) per effettuare. Un colono israeliano di 30 anni e quattro militari sono stati feriti durante una sparatoria nei pressi dell’insediamento oloniale di Mevo Dotan, nel nord della Cisgiordania. Pagine Esteri

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VIDEO. Raid israeliano a Jenin, uccisi 4 palestinesi


Uno di loro è Khaled Assasa, 20 anni. Tra i 22 feriti c'è una ragazza di 15 anni colpita da un proiettile entrato nella sua abitazione. L'articolo VIDEO. Raid israeliano a Jenin, uccisi 4 palestinesi proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/20

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della redazione

Pagine Esteri, 19 giugno 2023 – Reparti militari israeliani hanno effettuato oggi un ampio raid nella città di Jenin per arrestare due palestinesi innescando un duro scontro a fuoco con combattenti palestinesi e arrivando ad impiegare anche un elicottero Apache.

È la prima volta che Israele impiega elicotteri da combattimento contro centri abitati palestinesi dalla fine della seconda Intifada (2000-2005).

Il ministero della sanità dell’Anp riferisce che almeno quattro palestinesi sono stati uccisi: Khaled Asasa, 21 anni, Qassam Abu Sariya, 29, Ahmed Saqr, 15, e Kayis Jabarin, 21.

Altri 33 palestinesi sono stati feriti dal fuoco israeliano, di cui due in modo grave. Uno dei feriti gravi è una ragazza di 15 anni che è stata colpita da un proiettile nella sua abitazione.

youtube.com/embed/bNPe0G1nJLk

Le autorità israeliane riferiscono di 8 soldati feriti.

La tensione è molto alta in tutta la zona e si segnalano scontri anche in altre località nel nord della Cisgiordania. Israele effettua frequenti raid a Jenin e nel suo campo profughi, sostenendo di dover combattere la militanza armata palestinese. In uno di questi, all’inizio dell’anno, morirono 10 palestinesi. Pagine Esteri

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Care e cari, la Campagna Riprendiamoci il Comune ha bisogno di uno sprint per la raccolta delle firme. Si può anche firmare on line fino al 15 luglio! Tu


Elettronica cambia volto. Enzo Benigni racconta la nascita di ELT Group


Elettronica diventa ELT Group, con un nuovo segno grafico rappresentato da una sfera dalla quale si propagano delle onde elettromagnetiche. L’azienda ha presentato il suo nuovo volto in occasione del Salone internazionale dell’aeronautica e dello spazio d

Elettronica diventa ELT Group, con un nuovo segno grafico rappresentato da una sfera dalla quale si propagano delle onde elettromagnetiche. L’azienda ha presentato il suo nuovo volto in occasione del Salone internazionale dell’aeronautica e dello spazio di Le Bourget, a Parigi. Il nuovo logo dell’azienda diventa una sfera dalla quale si propagano delle onde elettromagnetiche, un modo per veicolare le tre priorità di indirizzo di questa nuova evoluzione: la dominance dello spettro elettromagnetico in ogni dominio, la proiezione globale dell’azienda e l’accresciuta capacità di protezione di asset, persone e dati. Anche il claim scelto per accompagnare questo cambio di identità visiva segue i tratti di questa evoluzione: “Shaping technology, Global protection”.

Il piano di ELT Group

L’evoluzione segue la visione strategica dell’azienda guidata dal piano industriale Tenet 2030, i cui primi risultati sono stati presentati sempre a Le Bourget. Obiettivi del gruppo sono una dimensione sempre più globale e multidominio, capace di seguire i nuovi trend relativi alle piattaforme all’avanguardia, a partire dal caccia di sesta generazione Global combat air program (Gcap), a cui l’azienda partecipa. Priorità centrali saranno anche l’accesso allo spazio e l’accrescimento delle competenze cyber. Per quanto riguarda la sicurezza dello spettro elettromagnetico nello spazio, ELT Group ha realizzato il suo prima payload per attività di Signal Intelligence, Scorpio, messo in orbita bassa con un Falcon 9 di Space X ad aprile. In ambito cyber, invece, ELT Group fa affidamento sulla propria partecipata Cy4Gate con diverse tecnologie, dalle soluzioni anti-drone Adrian a quelle più specifiche per le reti IT/OT come l’Hybrid cyber digital twin, una piattaforma realizzata per facilitare l’identificazione di vulnerabilità e relative contromisure.

ELT Group. Una nuova visione strategica e una nuova identità

A presentare la nuova identità dell’azienda ci pensa il suo presidente e amministratore delegato, Enzo Benigni, di cui riproponiamo l’editoriale.

“Due anni fa la nostra azienda ha ragionato su una nuova visione strategica, sintetizzata nel piano industriale Tenet 2030, per cogliere al meglio le possibilità offerte da una competenza core nel governo dello spettro elettromagnetico, rispetto al nostro ambito di riferimento, e per farne un abilitante per un approccio multidominio.

In uno scenario rappresentato dalla profonda digitalizzazione e dalla necessità di soluzioni complesse, la gestione dell’Emso (Electromagnetic spectrum operations) sta conferendo una superiorità informativa e di reazione che la nostra azienda ha oggi tradotto in una visione strategica aziendale più ampia e più efficace: rafforzamento della competenza core nel mercato primario della Difesa, ma anche ingresso in nuovi mercati e in nuove geografie.

I trend più recenti hanno mostrato come la competenza di nicchia della nostra azienda potesse essere messa a servizio di nuovi domini, come lo Spazio e la Biodifesa, ed abilitare anche un approccio multidominio nel primario mercato di riferimento. Il progetto avionico di sesta generazione Gcap (Global combat air program) è solo il primo di una serie destinata a rivoluzionare il modo in cui il mondo della Difesa affronterà le minacce emergenti.

A distanza di soli due anni, questa strategia ha iniziato già a tradursi in risultati.

Innanzitutto nella forza di una presenza sempre più globale: l’azienda ha oggi undici sedi commerciali in evoluzione in tre continenti e, oltre alla Germania, ha costituito un’altra azienda di diritto locale nel Golfo, avendo una crescente presenza nel portafoglio ordini del mercato extra Eu.
L’azienda si è mossa in nuovi mercati come quello innovativo della Biodifesa: il successo della tecnologia di contrasto ai virus respiratori E4Shield ha incoraggiato a costituire una newco E4Life, presentata poche settimane fa e che ha l’ambizione di far evolvere ulteriormente la tecnologia – che oggi non inattiva solo il covid, ma anche i virus influenzali e nel futuro speriamo anche i batteri – e di portarla con efficacia sul mercato.

Il 15 aprile in nostro payload “Scorpio” è stato portato in orbita Leo dal Falcon 9 di Space X e sta conducendo la sua missione di raccolta di dati marittimi non classificati per intercettare possibili attività illecite. Abbiamo così dimostrato che le nostre tecnologie possono essere usate anche nel dominio Spazio, dove abbiamo già pensato ad una roadmap più articolata per attività di intelligence e protezione che presenteremo a breve.

Per affrontare al meglio nel mercato questa nuova visione strategica abbiamo pensato di rappresentare questa dinamicità anche nelle scelte di comunicazione, attraverso un nuovo brand che, senza disperdere la radice del nome tradizionale ELT, potesse riallineare l’immagine al noto piano strategico per presentarsi sul mercato con un brand unico.

ELT Group sarà l’identità unica con cui appariremo in tutti i mercati, dalla Germania agli Uae e ovunque è presente nel mondo e in tutti i domini, da quello della Difesa a quello della Biodifesa, e nelle geografie e nei mercati che verranno in futuro.

ELT Group avrà la forza di un one brand in tutti i mercati e di un’offerta commerciale unica, ma molto più ampia costruita grazie alle realtà facenti parte del Gruppo.

Nella rinnovata strategia aziendale le partnership avranno un ruolo fondamentale, sono state quelle che finora hanno permesso nel tempo di generare newco di valore quali Cy4Gate e E4Life, che nella nuova visione strategica conserveranno il loro brand ma rendendo evidente la loro appartenenza ad ELT Group.

Infine in questa nuova architettura aziendale avrà un ruolo fondamentale il New Tech Lab, che sarà il luogo della ricerca di ulteriori soluzioni non convenzionali nell’uso dello spettro elettromagnetico, ma anche un punto di contatto con enti di ricerca ed università, e di collaborazione con nuovi partner per fare in modo che l’intelligenza ingegneristica di ELT Group possa continuare a generare soluzioni sempre più innovative e sostenibili per la difesa di persone, asset e dati nel mondo della Difesa, ma non solo.

“Shaping Tecnologies, Global protection” è il claim che sintetizza questa ambizione”.


formiche.net/2023/06/elettroni…



“EuroDig2023 – AI and trust”


Domani 20 giugno dalle ore 14.00 parteciperò al workshop “AI and Trust” nella sessione “AI: large language models for children and education” nell’ambito dell’agenda EuroDIG 2023 Per maggiori info qui Consolidated programme 2023 – EuroDIG Wiki


guidoscorza.it/eurodig2023-ai-…



#NotiziePerLaScuola

È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.



Presentazione del libro “Non diamoci del Tu – La separazione delle carriere” – 24 giugno 2023, Capo d’Orlando


Saluti istituzionali Franco Ingrillì Sindaco Capo D’Orlando Domenico Magistro Presidente Camera Penale di Patti Lara Trifilò Presidente Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Patti Antonella Marchese Responsabile della Scuola Territoriale della Camera Pe

Saluti istituzionali

Franco Ingrillì Sindaco Capo D’Orlando

Domenico Magistro Presidente Camera Penale di Patti

Lara Trifilò Presidente Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Patti

Antonella Marchese Responsabile della Scuola Territoriale della Camera Penale di Patti

Con la partecipazione del Viceministro Francesco Paolo Sisto intervengono:

Carmelo Occhiuto Consigliere della Giunta UCPI

Andrea Pruiti Ciarello Presidente Fondazione Famiglia Piccolo di Calanovella

Modera Franco Perdichizzi Giornalista de “La Gazzetta del Sud”

Evento accreditato presso il COA di Patti (2 CF)

L'articolo Presentazione del libro “Non diamoci del Tu – La separazione delle carriere” – 24 giugno 2023, Capo d’Orlando proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Presentazione del libro “Non diamoci del Tu – La separazione delle carriere” – 23 giugno 2023, Messina


Saluti istituzionali Franco Ingrillì Sindaco Capo D’Orlando Domenico Magistro Presidente Camera Penale di Patti Lara Trifilò Presidente Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Patti Antonella Marchese Responsabile della Scuola Territoriale della Camera Pe

Saluti istituzionali

Franco Ingrillì Sindaco Capo D’Orlando

Domenico Magistro Presidente Camera Penale di Patti

Lara Trifilò Presidente Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Patti

Antonella Marchese Responsabile della Scuola Territoriale della Camera Penale di Patti

Con la partecipazione del Viceministro Francesco Paolo Sisto intervengono:

Carmelo Occhiuto Consigliere della Giunta UCPI

Andrea Pruiti Ciarello Presidente Fondazione Famiglia Piccolo di Calanovella

Modera Franco Perdichizzi Giornalista de “La Gazzetta del Sud”

Evento accreditato presso il COA di Patti (2 CF)

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In Cina e Asia – Blinken incontra Wang Yi


In Cina e Asia – Blinken incontra Wang Yi blinken
I titoli di oggi:

Blinken incontra Wang Yi
Cina: nuove misure di stimolo all'economia
La New Development Bank dei BRICS è una banca zombie?
Cina: milioni di robot per assistere gli anziani
Topo nel riso: la provincia cinese del Jiangxi lancia una campagna per la sicurezza alimentare
Corea del Nord: riunione plenaria per rivedere le politiche economiche, diplomatiche e di sicurezza
Giappone: nuove leggi contro i crimini sessuali e le discriminazioni alla comunità LGBT+

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L’ALTRA ASIA – GLI E-BOOK DI CHINA FILES N°20


L’ALTRA ASIA – GLI E-BOOK DI CHINA FILES N°20 7794964
Da domenica 18 giugno è disponibile il nuovo dossier di approfondimento dedicato ai leader dell'Asia oltre Cina, India e Coree. Una panoramica sul continente che sta determinando il nostro futuro attraverso le storie e le vite di chi oggi è in cima alla piramide del potere

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Raid israeliano a Jenin, uccisi tre palestinesi


Uno di loro è Khaled Assasa, 20 anni. Tra i 22 feriti c'è una ragazza di 15 anni colpita da un proiettile entrato nella sua abitazione. L'articolo Raid israeliano a Jenin, uccisi tre palestinesi proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/2023/06

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della redazione

Pagine Esteri, 19 giugno 2023 – Reparti militari israeliani hanno effettuato oggi un ampio raid nella città di Jenin per arrestare due palestinesi innescando un duro scontro a fuoco con combattenti palestinesi e arrivando ad impiegare anche un elicottero Apache.

Il ministero della sanità dell’Anp riferisce che almeno tre palestinesi sono stati uccisi, uno di loro è Khaled Assasa, 20 anni. 22 sono stati feriti dal fuoco dell’IDF, di cui due in modo grave. Uno dei feriti gravi è una ragazza di 15 anni che è stata colpita da un proiettile entrato nella sua abitazione.

La tensione è molto alta in tutta la zona e si segnalano scontri anche in altre località nel nord della Cisgiordania. Israele effettua frequenti raid a Jenin e nel suo campo profughi, sostenendo di dover combattere la militanza armata palestinese. In uno di questi, all’inizio dell’anno, morirono 10 palestinesi. Pagine Esteri

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PRIVACYDAILY


N. 143/2023 LE TRE NEWS DI OGGI: La legge sulla privacy del Montana aveva tutte le carte in regola per essere un’altra punto di una serie di vittorie dell’industria tecnologica negli Stati “rossi” contro le regole severe sul modo in cui i dati personali degli americani vengono “estratti “e condivisi. Tuttavia, il mese scorso il... Continue reading →


Trasformare gli oggetti connessi in spie: l’eccesso di sicurezza del governo francese | Marx21

"Il Senato francese ha approvato in prima lettura (ma con procedura accelerata) una legge in cui, oltre a limitare (in stile berlusconiano) il diritto di espressione dei magistrati sindacalizzati (in un paese in cui c’è un forte sindacato di sinistra della magistratura, molto attivo nella difesa delle libertà pubbliche e di una visione egalitaria della società), si vuole dare la possibilità alla polizia di attivare i dispositivi teconologici di cui disponiamo per svolgere indagini. La differenza tra ciò che può fare un hacker (meglio, un craker) e quello che può fare la polizia si fa sempre più sottile. D’altra parte diventa palese e chiaro quello che tecnicamente già oggi può essere fatto per la sorveglianza preventiva dei movimenti (tra cui quello sindacale) di protesta e di organizzazione dei lavoratori."

marx21.it/internazionale/trasf…



I numeri (e gli obiettivi) del nuovo complesso militare-industriale europeo


L’autonomia strategica europea rimane ancora sulla carta, perlomeno per quello che riguarda la dimensione degli armamenti. L’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio del 2022 sembrava essere stata una doccia fredda per molti leader nazionali ed europei,

L’autonomia strategica europea rimane ancora sulla carta, perlomeno per quello che riguarda la dimensione degli armamenti. L’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio del 2022 sembrava essere stata una doccia fredda per molti leader nazionali ed europei, che li ha convinti che ‘la Storia non fosse finita’ e che la potenza militare avrebbe giocato un ruolo di primo piano nelle dinamiche geopolitiche del XXI secolo.

Con il passare dei mesi, lo sforzo coordinato dei paesi membri ha permesso all’Unione di sostenere la resistenza di Kyiv all’invasione russa con armi, munizioni ed altri equipaggiamenti non letali. Mentre questi pacchetti di aiuti venivano confezionati, a Bruxelles così come nelle capitali europee diventava sempre più chiaro il fatto che l’arsenale militare europeo fosse ridotto agli sgoccioli.
Il progressivo svuotamento degli arsenali non suggeriva solamente l’impossibilità dell’Unione a continuare a inviare rifornimenti all’Ucraina; esso implicava che, in caso di escalation, l’Europa non avrebbe avuto gli armamenti sufficienti a difendere sé stessa.

Di fronte al manifestarsi di un tale scenario, la reazione Europea è stata netta: investire nella difesa. Non solo produrre di più, ma anche incrementare le capacità produttive, moltiplicando gli impianti e lavorando per ridurre le dipendenze da paesi non alleati all’interno delle varie supply chains, fino a farle scomparire definitivamente.

Tuttavia, nonostante i grandi proclami, sul piano pratico ci sono stati scarsi sforzi in questa direzione. A cavallo tra maggio e giugno, il Parlamento europeo ha espresso parere favorevole sulla proposta della Commissione (denominata Act in Support of Ammunition Production, o Asap) di destinare 500 milioni di euro all’incremento della capacità produttiva europea di munizioni e missili. Un evento importante, ma ancora non sufficiente.

Sul lato dell’offerta c’è stato qualche movimento, in risposta alla richiesta urgente di prodotti da parte dei governi di tutta Europa. Saab, Mbda, Thales, Nexter e Rheinmetall hanno incrementato i loro output su base mensile e/o annuale, per venire incontro all’elevata domanda di questi mesi. Ma sono solo risultati temporanei validi nel breve periodo, raggiunti istituendo turni supplementari, acquistando nuovi macchinari, dando priorità agli armamenti che scarseggiano maggiormente, coordinandosi con i fornitori e assumendo più lavoratori. Per portare la produzione ad un nuovo livello, servono investimenti e contratti a lungo termine.

Contratti che fino ad ora non sono stati firmati dalle autorità politiche. C’è qualche rara eccezione: Krauss-Maffei Wegmann ha ricevuto una commessa da parte del governo tedesco per la costruzione di 18 nuovi Leopard 2 (volti a rimpiazzare quelli mandati in Ucraina; Rheinmetall ha stipulato accordi sulla produzione di munizioni per un valore totale di più di 500 milioni di euro (la stessa cifra dell’Asap) con vari paesi europei; Nexter sta producendo munizioni da 155 mm acquistate di Helsinki. Ma allo stesso tempo, si continua a guardare all’estero. La Polonia (notoriamente più atlantista che europeista) ha stipulato contratti da più di 10 miliardi di dollari con aziende statunitensi per l’acquisto dei Main Battle Tanks Abrams e dei caccia multiruolo (F-35), a cui sembra essere interessata anche la Romania. Mentre Danimarca e Olanda hanno acquistato da Israele importanti porzioni di materiale militare.

“È un mercato molto specifico. Non c’è domanda privata, e le aziende dipendono molto dai rapporti con i governi” commenta la direttrice del programma military expenditure and arms production dello Stockholm International Peace Research Institute (Sipri), Lucie Béraud-Sudreau. Finchè i governi non firmano accordi ufficiali, stanziando risorse economiche, i risultati saranno obbligatoriamente limitati. Lo rende esplicito il Ceo di Nexter, Nicolas Chamussy, rivolgendosi ai parlamentari francesi:”Ad oggi, lo sforzo di mobilitazione rimane in gran parte autofinanziato, stiamo raggiungendo il limite massimo. Questo autofinanziamento si ferma dove inizia l’imperativo di una buona gestione per le aziende private come noi.”

L’aumento delle spese militari è una delle grandi questioni (ri)emerse dallo scoppio del conflitto in Ucraina. Molti paesi membri della Nato stanno incrementando il budget dedicato, ma sono ancora lontani dal destinare il 2% del proprio Pil alle spese per la difesa, secondo quanto richiesto dalle regole dell’Alleanza. Mentre qualcuno già mira ad alzare la soglia al 3%. Le azioni dei prossimi mesi, così come quelle dei prossimi anni, saranno fondamentali per capire se e quanto l’Europa voglia veramente dotarsi di un Autonomia Strategica sul piano della produzione militare.


formiche.net/2023/06/difesa-eu…



“Law and ethics of post pandemic health data sharing – Fondation Brocher”


Domani sarò a Ginevra nella sede della Fondazione Brocher per confrontarmi con colleghi e ricercatori provenienti da tutto il mondo su privacy e ricerca medica. Grazie per l’ invito. Tomorrow I will be in Geneva at the Fondation Brocher headquarters to discuss with colleagues and researchers from around the world on privacy and medical research.... Continue reading →


Dettagli incredibili di Marte, guarda il bellissimo video in 8k | Passione Astronomia

"Il rover Curiosity ci sta mostrando Marte come non lo avevamo mai visto con una risoluzione pazzesca! Ecco il filmato tutto da godere."

passioneastronomia.it/dettagli…



#laFLEalMassimo – Episodio 97 – Imprese Strategiche e Interesse Nazionale


Questa rubrica continua a ribadire il proprio sostegno al popolo Ucraino e la rilevanza non solo umanitaria della vicenda è confermata dai recenti riferimenti da parte del governatore della banca d’Italia e dell’ex presidente della BCE che hanno sottoline

Questa rubrica continua a ribadire il proprio sostegno al popolo Ucraino e la rilevanza non solo umanitaria della vicenda è confermata dai recenti riferimenti da parte del governatore della banca d’Italia e dell’ex presidente della BCE che hanno sottolineato come il sostegno alla nazione invasa dalla Russia costituisca una priorità non solo dal punto di vista umanitario e civile, ma anche un presupposto fondamentale per il ripristino di un sistema di relazioni internazionali che sia fondato sul rispetto della sovranità di ciascun popolo e sul contrasto deciso di qualunque forma di espansionismo militare.

Molta dell’attenzione mediatica di questi giorni è stata catturata dalla dipartita di Silvio Berlusconi e in questa sede eviterò qualsiasi forma di giudizio politico, storico e sociale che risulterebbe ridondante rispetto a quanto già espresso in passato.

Vorrei invece prendere spunto dai rumors su una possibile vendita della società Media For Europe e sui discorsi che già si sprecano in merito agli interessi nazionali e alle cordate di salvatori nazionalisti che tanti danni hanno arrecato al nostro paese.

In un’epoca in cui le guerre si possono combattere anche e soprattutto per mezzo di tecnologie e rapporti commerciali, sarebbe ingenuo negare che esistano dei legittimi interessi nazionali da tutelare. Tuttavia, occorre resistere in modo deciso alle derive protezioniste e alla invadenza del potere politico sul tessuto imprenditoriale.

Con le dovute cautele rispetto ai regimi che in tutto o in parte non possono definirsi compiutamente democratici è bene pensare ancora che la somma dei paesi che hanno adottato un modello di società aperta possano essere considerati un unico mercato globale, nel quale non è rilevante a fini politici la nazionalità delle imprese e anzi nel quale è positivo che possa esservi una salutare concorrenza tra i paesi per offrire un ambiente favorevole ai lavoratori e alle imprese.

youtu.be/Ns5eKSgUHN0

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✍️ Come vi state preparando alla #Maturità2023? Per essere pronti ad affrontare gli #EsamiDiStato2023, sul nostro sito trovate le tracce degli anni passati!

Qui la sezione ▶️ istruzione.it/esami-di-stato/t…



Berlusconi e la sinistra liberale. | Marx21

"Dobbiamo guardare in faccia la realtà, la ‘rivoluzione liberale’ in Italia non l’ha fatta Berlusconi l’ha fatta la sinistra, l’abolizione dell’articolo 18, la precarizzazione del mondo del lavoro, le privatizzazioni, le liberalizzazioni sono stati i punti qualificanti del centro-sinistra italiano. [...] Non solo, ripensando alla criminale guerra che Berlusconi fece in Libia occorre ricordare la riluttanza del governo italiano ad entrare in guerra, che per questo veniva attaccato dall’opposizione del Pd e dall’allora Presidente Napolitano."

marx21.it/editoriali/berluscon…




Laura Tussi* I partecipanti al vertice per la pace di Vienna che si è svolto il 10 e 11 giugno 2023 vengono da diverse parti del mondo e hanno esperienze, a


Wikeys, un gioco didattico per scoprire Wikipedia


Ho trovato da poco Wikeys, un gioco da tavolo per scoprire i principi fondamentali di Wikipedia e per imparare a scrivere correttamente un articolo.
Wikeys Il gioco che ti fornisce le chiavi per comprendere Wikipedia

È stato realizzato da Wikimedia France e finanziato dal Ministero della Cultura francese, è pensato per un uso didattico a scuola per studenti a partire dai 12 anni.

È distribuito con licenza Creative Commons BY-SA e si puo scaricare in francese da qui: commons.wikimedia.org/wiki/Fil…

Al link qui sotto si può trovare una presentazione in inglese di Wikeys scritta da Mathilde Louis di Wikimedia France: diff.wikimedia.org/2023/03/22/…
E qui invece la traduzione italiana dell'articolo:
dgxy.link/7UrvP

Per chi volesse approfondire, sempre in francese, la pagina di Wikipedia:
fr.wikipedia.org/wiki/Wikip%C3…

e un breve videotutorial con le istruzioni per l'uso:
yewtu.be/watch?v=4RJEUnCchhE


Il gioco è davvero interessante, se qualcuno è interessato si può proporre a @Wikimedia Italia una traduzione collaborativa.

tek reshared this.



  di Maurizio Acerbo*, Stefano Galieni**   E ora anche la Grecia ha la sua strage epocale – il numero dei morti resterà non accertabil



Ma la giustizia


https://youtu.be/34hrIjyHEdQ L'articolo Ma la giustizia proviene da Fondazione Luigi Einaudi. https://www.fondazioneluigieinaudi.it/ma-la-giustizia/ https://www.fondazioneluigieinaudi.it/feed


Enzo #Tortora 18 maggio 1988 – 17 giugno 2023


L'articolo Enzo #Tortora 18 maggio 1988 – 17 giugno 2023 proviene da Fondazione Luigi Einaudi. https://www.fondazioneluigieinaudi.it/enzo-tortora-18-maggio-1988-17-giugno-2023/ https://www.fondazioneluigieinaudi.it/feed

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Tra gli alleati dei maturandi per il ripasso in vista della #Maturità2023 c’è “Maturadio” 🎧 il podcast didattico con 250 lezioni divise per discipline, creato in collaborazione con Treccani e Rai Radio3.

Lo trovate qui ▶️ open.spotify.



Sostegno a Kiev e revisione dei piani regionali. La Nato ha gli occhi puntati su Vilnius


Maggior impegno per gli investimenti in Difesa e la preparazione del prossimo vertice di Vilnius in programma a luglio. Così si è conclusa la seconda giornata del Consiglio del nord atlantico, a livello di ministri della Difesa, che si tiene questi giorni

Maggior impegno per gli investimenti in Difesa e la preparazione del prossimo vertice di Vilnius in programma a luglio. Così si è conclusa la seconda giornata del Consiglio del nord atlantico, a livello di ministri della Difesa, che si tiene questi giorni al quartier generale della Nato a Bruxelles, presieduta dal segretario generale uscente, Jens Stoltenberg. Uno dei punti fondamentali ruota intorno all’appello del numero uno dell’Alleanza atlantica sul fatto che gli alleati dovrebbero prendere impegni più ambizioni per le spese in Difesa: “Il 2% del Pil deve essere una base di partenza, non il tetto degli investimenti”. Tra i ministri della Difesa presenti, vi era anche l’italiano Guido Crosetto, che a margine della riunione ha incontrato l’omologo britannico Ben Wallace, l’omologa canadese Anita Anand, e i ministri Martin Sklenar e Todor Tagarev rispettivamente in rappresentanza di Slovacchia e Bulgaria.

I bilaterali di Crosetto al Summit

Nel corso del lungo incontro con il ministro inglese, al centro vi era la volontà di rafforzare la cooperazione industriale bilaterale nell’ambito della Difesa. Come scritto su Twitter da Crosetto tale intesa “è destinata a rafforzarsi ulteriormente sulla scorta del partenariato strategico che lega i nostri Paesi in particolare col progetto Global combat air programme (Gcap)”. Anche durante il meeting con la ministra Anand si è posta l’attenzione sulla “comune volontà di instaurare una più stretta collaborazione nel settore della Difesa”, oltre a esprimere reciproco apprezzamento per l’impegno profuso in impegni multinazionali. Mentre, dopo aver ribadito ancora la volontà di cementare l’intesa a tema difesa, da Sklenar è “giunto apprezzamento per il sistema di difesa aerea italiano Samp-T rischierato in Slovacchia”, ha raccontato ancora il ministro Crosetto. Infine, con Tagarev si è affrontato il tema della “cooperazione tra le nostre Forze armate, in particolare nel Multinational battlegroup Bulgaria a guida italiana per la sicurezza del fianco Est dell’Alleanza”, ha concluso Crosetto.

Misure per l’Ucraina

La situazione sul campo in Ucraina continua a vedere scontri giornalieri tra Mosca e Kiev. Come ha raccontato Stoltenberg “le forze ucraine hanno intensificato le operazioni lungo la linea del fronte e stanno facendo progressi”, ma in ogni caso “devono affrontare un terreno difficile, con truppe russe trincerate e combattimenti feroci”. Ed è evidente come in un tale contesto di tensioni, un maggiore sostegno all’Ucraina si dimostra ancora una priorità per gli alleati. Ed è in questo quadro che si inseriscono le iniziative di Olanda e Danimarca di addestrare a partire da questa estate i piloti ucraini all’uso dei velivoli F-16; così come l’iniziatva inglese, che mira invece a fornire missili di difesa aerea a corto e medio raggio alle forze ucraine. Inoltre, la Nato è al lavoro anche per l’istituzione di un nuovo consiglio Nato-Ucraina. Tuttavia, al summit in Lituania “non si parlerà di un invito all’Ucraina di adesione alla Nato”, ha anticipato Stoltenberg, ma si cercheranno piuttosto “soluzioni per portare più vicino l’Ucraina alla Nato”.

La questione svedese

Mentre l’entrata della Finlandia nella Nato è ormai realtà, lo stesso non si può dire per la Svezia. Proprio pochi giorni fa ad Ankara vi è stato, come ha spiegato Stoltenberg, un incontro nella cornice del “meccanismo creato lo scorso anno che riunisce Svezia, Finlandia, Turchia e Nato” che “non ha naturalmente risolto tutte le principali questioni, ma si è tenuto in un atmosfera costruttiva e abbiamo visto alcuni progressi” sul processo di adesione della Svezia all’Alleanza. Tale meccanismo è avvenuto a un paio di settimane dall’incontro fra il segretario generale della Nato e il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, in cui i due avevano “concordato di convocare il meccanismo per verificare i progressi del percorso di adesione della Svezia”. “La Svezia è pronta” a entrare nell’Alleanza, ha ribadito Stoltenberg, rimarcando che la Nato continuerà ad adoperarsi affinché ciò avvenga “il prima possibile”.

Revisione dei piani regionali

Secondo quanto anticipato a Bruxelles, a Vilnius verranno presi anche provvedimenti per rafforzare la deterrenza e la Difesa dell’Alleanza, grazie a nuovi piani regionali. “Per la prima volta dai tempi della Guerra fredda, stiamo collegando completamente la pianificazione della nostra Difesa collettiva con la pianificazione delle nostre forze, capacità, comando e controllo”, ha infatti anticipato Stoltenberg, aggiungendo anche che vi sarà anche un programma di esercitazioni potenziato per le truppe alleate. Così la Nato si appresta ad avere “più di 300mila soldati in alta prontezza, con il supporto di notevoli capacità aeree e marittime, per difendere ogni centimetro del territorio alleato da qualsiasi minaccia”, ha concluso il numero uno della Nato.

Un punto sul nucleare

La recente dichiarazione di Mosca in merito all’intenzione di voler schierare armi nucleari in Bielorussia è stata presa molto sul serio dagli alleati ed è stata argomento di discussione nel corso della riunione del Nuclear planning group della Nato. “Abbiamo visto alcuni preparativi in corso, seguiremo da vicino ciò che stanno facendo e resteremo vigili”, ha dichiarato infatti Stoltenberg, sottolineando però che “a ora non c’è stato alcun cambiamento nella postura nucleare russa che richieda un cambiamento nella nostra postura, ma valuteremo costantemente cosa fare”. Mantenendosi nel frattempo preparati a rispondere a ogni potenziale minaccia.


formiche.net/2023/06/vertice-m…



Creare una cornice per consentire una regolamentazione dei sistemi di intelligenza artificiale, cercando allo stesso tempo di sviluppare il settore in Europa per ridurre la dipendenza da Stati Uniti e Cina su un tema con forti implicazioni su democrazia e...


PRIVACYDAILY


N. 143/2023 LE TRE NEWS DI OGGI: L’app di incontri LGBTQ+ Grindr ha ripetutamente violato le leggi statali e globali sulla privacy raccogliendo e conservando dati altamente sensibili, tra cui foto di nudo, senza un chiaro consenso, secondo quanto affermato dall’ex responsabile della privacy dell’azienda in una causa per licenziamento illegittimo. Ron De Jesus sostiene... Continue reading →


In Iran nel mese di maggio sono stati condannati a morte 146 detenuti


Il mese di maggio ha visto le esecuzioni per impiccagione di almeno 146 detenuti in Iran, quasi tutti prigionieri politici, tra cui tre donne. Una delle tre donne giustiziate era Madineh Sabzevan di 39 anni, mamma di cinque figli. È stata impiccata perché

Il mese di maggio ha visto le esecuzioni per impiccagione di almeno 146 detenuti in Iran, quasi tutti prigionieri politici, tra cui tre donne.
Una delle tre donne giustiziate era Madineh Sabzevan di 39 anni, mamma di cinque figli. È stata impiccata perché accusata di essere implicata in un traffico di droga nonostante che il 13 agosto 2017 il parlamento dei mullah, l’Assemblea consultiva islamica (Majles), avesse approvato un disegno di legge per limitare la pena di morte ai signori della droga e alle loro organizzazioni criminali e punire solo con il carcere i piccoli spacciatori.
Ma questa legge è tuttora applicata in maniera molto estensiva ed è spesso utilizzata per condannare a morte gli oppositori politici che vengono accusati di “muovere guerra contro Dio (moharebeh)”, di “terrorismo” e di “spaccio di stupefacenti” che implica la colpa di “diffondere la corruzione sulla terra (Mofsed-e-filarz)” e di essere “trasgressori dell’ordine morale”.
Dunque, anche se la maggior parte degli spacciatori di droga non sono veri contrabbandieri o capibanda, ma sono consumatori costretti al crimini per la loro dipendenza o a causa della povertà, della disoccupazione e della disperazione, spesso vengono condannati comunque a morte perché la loro vera colpa è di aver espresso pubblicamente contrarietà e opposizione al regime in loro discorsi o nei loro scritti o per aver partecipato a manifestazioni di protesta.
Tutti i giorni si assiste a sit-in di madri con i loro bambini anche molto piccoli davanti ai palazzi dei tribunali rivoluzionari degli ayatollah o davanti alle prigioni di varie città del paese.
A Tehran, come a Isfahan, a Karaj, a Sanadaj, nel Kurdistan iraniano, a Bandar Abbas e fino a Zahedan, nella regione del Belucistan, le mamme manifestano davanti ai palazzi di giustizia e alle carceri esortando le autorità a non giustiziare i loro cari.
Protestano con veemenza per il crescente numero di esecuzioni e hanno chiesto l’immediata sospensione degli ingiusti ordini di impiccagione decisi per i loro congiunti. Sfidano i colpi dei fucili dei paramilitari delle forze volontarie basij dei pasdaran; sfidano i proiettili a pallini dei fucili da caccia; sfidano i gas lacrimogeni di nuova generazione, altamente irritanti.
Il 19 maggio, a Isfahan, durante le proteste notturne contro l’esecuzione di tre prigionieri politici, circa 100 persone, tra cui 40 mamme, sono state arrestate a Tehran e trasferite nelle carceri di Evin, di Qarchak e Greater solo per aver chiesto clemenza per i loro figli.
L’esecuzione di così tante persone in un solo mese ha portato tremende sofferenze alle loro madri, alle mogli e in particolare alle famiglie dei manifestanti arrestati durante le rivolte per Mahsa Amini del 2022-2023.
Le famiglie dei manifestanti giustiziati,come quelle di Saleh Mir-Hashemi, di Majid Kazemi e di Saeed Yaghoubi, hanno sofferto molto perché i i pasdaran non hanno permesso di seppellire i loro figli. Le forze di sicurezza hanno seppellito i tre manifestanti in tre luoghi distanti e non hanno permesso alle loro famiglie di tenere alcuna cerimonia funebre.
Le autorità dell’intelligence iraniana hanno chiamato il fratello di Majid Kazemi e gli hanno detto di unirsi a loro senza dirlo a nessuno. Poi hanno portato il corpo di Majid in un luogo remoto e lo hanno seppellito in un fosso molto piccolo per lui. Hanno detto al fratello del defunto di chiamare a casa e di far sapere ai genitori dove era stato seppellito il loro figlio.
Nonostante ciò, le autorità hanno arrestato e detenuto arbitrariamente la sorella e due fratelli del manifestante giustiziato, come avvertimento mafioso mirante a costringere la famiglia al silenzio.
Per quanto riguarda il giovane campione di karate, Saleh Mir-Hashemi, le autorità carcerarie avevano assicurato a sua madre che non lo avrebbero giustiziato, ma invece lo hanno fatto. La povera mamma di Saleh ha denunciato il fatto che avevano ammanettato suo marito per impedirgli di andare al funerale e che li avevano di fatto tenuti sotto sequestrato per alcuni giorni impedendo loro di tenere la cerimonia funebre. “Hanno ammanettato suo padre, ci hanno impedito di uscire di casa, hanno portato il corpo di Saleh in un villaggio remoto e l’hanno seppellito lì. Non ci hanno permesso di tenere alcuna cerimonia”, ha denunciato la mamma di Saleh.
Sono queste tattiche di un regime mafioso per incutere terrore e impedire che la morte brutale dei manifestanti possa alimentare nuove rivolte e che le cerimonie funebri possano trasformarsi in moti rivoluzionari.
Mamme di curdi e di beluci uccisi dalle forze di sicurezza, sono loro, le donne che stanno pagando il prezzo più elevato.
All’allarmante aumento delle esecuzioni seguono tattiche del regime per prevenire lo scoppio di altre rivolte da parte di una popolazione, in particolare giovanile, insofferente, molto arrabbiata, che non ha nulla da perdere e che quindi desidera il rovesciamento del regime.
Le autorità iraniane usano anche tattiche ingannevoli per placare le rivolte come quella della finta amnistia proclamata nel gennaio 2023, quando avevano annunciato la scarcerazione a 82 mila prigionieri, 22 mila dei quali erano manifestanti. Poco dopo, però, la Magistratura ha cominciato a convocare i manifestanti che aveva precedentemente scarcerato e a rimetterli in carcere con altre accuse.
Un’altra tattica utilizzata è stata quella degli attacchi chimici alle studentesse, che sono continuati per sei mesi, per mettere a tacere le coraggiose donne che mostravano, fiere, le loro ciocche al vento.
La magistratura del regime sta ora convocando anche i giornalisti precedentemente rilasciati a febbraio, affermando falsamente di aver concesso loro l’amnistia. Tuttavia, la giornalista Maryam Vahidian è stata condannata a quattro anni di carcere.
Marzieh Mahmoudi, giornalista e direttrice di Tejaratnews, è stata condannata dal tribunale a pagare una sanzione pecuniaria di 24 milioni di toman per aver pubblicato un singolo tweet, contestando il linguaggio altamente volgare usato dal mullah Hamid Rasaii, un ex deputato, contro la libertà.
Il 20 maggio, Nasim Sultan Beigi, una giornalista ed ex attivista studentesca, è comparsa davanti al quarto ramo dell’ufficio del procuratore di Evin per difendersi dalle accuse di “propaganda contro lo stato”. La signora Sultan Beigi era stata arrestata in un aeroporto l’11 gennaio 2023 e rilasciata su cauzione il 6 febbraio scorso.
Nel frattempo, il 21 maggio, Vida Rabbani, un’altra giornalista, è stata trasferita dalla prigione di Evin all’ospedale Taleghani di Tehran per la somministrazione di cure mediche urgenti. Negli ultimi due mesi era stata alle prese con forti mal di testa, ma le autorità competenti si erano fermamente opposte al trasferimento in una struttura medica esterna.
I processi a porte chiuse a due note giornaliste, recluse dal settembre 2022 nel carcere di Evin per aver riferito della morte e della cerimonia di sepoltura di Mahsa Amini, si sono svolti presso il tribunale rivoluzionario di Tehran il 29 e 30 maggio scorso. Alle due giornaliste, Niloufar Hamedi e a Elaheh Mohammadi, non è stato permesso di incontrare i loro avvocati.
Il processo alla signora Hamedi è durato solo due ore e ai suoi avvocati difensori non è stato concesso il tempo di presentare alcuna difesa. La signora Hamedi ha respinto le accuse contro di lei, tra cui quella di spionaggio per presunta “collaborazione con il governo nemico (USA)” e di “propaganda contro lo stato”.
I manifestanti prigionieri in Iran vengono sistematicamente torturati e tenuti in celle di isolamento al buio, senza cibo e acqua; spesso sia le donne che gli uomini vengono stuprati; non hanno diritto ad un avvocato difensore né a contattare o a ricevere visite di legali o di attivisti per i diritti umani.
Si stima che dall’inizio della rivolta giovanile, dal 16 settembre 2022, dopo l’uccisione di Mahsa Amini, almeno 130 avvocati di tutte le province del Paese, tra cui dozzine di donne, siano stati convocati o arrestati dalla magistratura. Le accuse vanno dall’abuso dell’esercizio della loro professione alle opinioni espresse sui social media, considerate espressioni di “inimicizia e odio contro Dio”.
Il trend è in aumento. Nel solo maggio 2023 sono stati settanta gli avvocati convocati e arrestati. I procedimenti sono per lo più condotti dal tribunale di sicurezza che ha sede nella famigerata prigione di Evin a Tehran. Contro di essi non sono state formulate pubblicamente accuse specifiche.
Gli avvocati vengono costretti durante le udienze a firmare una “lettera di impegno” in cui si obbligano a rispettare le disposizioni della magistratura come condizione per il loro rilascio su cauzione. Nella lettera viene espresso “rammarico” per le proteste insorte a livello nazionale e l’impegno a non contattare “reti di legali o organizzazioni per i diritti umani fuori dal paese, perché considerati elementi controrivoluzionari”. Una tale pratica è considerata una minaccia alla sicurezza del paese e può essere perseguita anche con l’ergastolo o con la condanna a morte.
È questa una tattica che mira a incutere timore e ad esercitare pressione sugli avvocati, affinché non sostengano le proteste e i manifestanti.
Il regime iraniano cerca così di mettere a tacere le voci dissenzienti e di sopprimere le aspirazioni del loro popolo. Tuttavia, larghi strati della popolazione, in particolare le donne, rimangono resilienti e determinate a continuare la coraggiosa e pacifica lotta intrapresa per un futuro migliore di libertà e di democrazia.

L'articolo In Iran nel mese di maggio sono stati condannati a morte 146 detenuti proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



In Iran nel mese di maggio sono state condannati a morte 146 detenuti


Il mese di maggio ha visto le esecuzioni per impiccagione di almeno 146 detenuti in Iran, quasi tutti prigionieri politici, tra cui tre donne. Una delle tre donne giustiziate era Madineh Sabzevan di 39 anni, mamma di cinque figli. È stata impiccata perché

Il mese di maggio ha visto le esecuzioni per impiccagione di almeno 146 detenuti in Iran, quasi tutti prigionieri politici, tra cui tre donne.
Una delle tre donne giustiziate era Madineh Sabzevan di 39 anni, mamma di cinque figli. È stata impiccata perché accusata di essere implicata in un traffico di droga nonostante che il 13 agosto 2017 il parlamento dei mullah, l’Assemblea consultiva islamica (Majles), avesse approvato un disegno di legge per limitare la pena di morte ai signori della droga e alle loro organizzazioni criminali e punire solo con il carcere i piccoli spacciatori.
Ma questa legge è tuttora applicata in maniera molto estensiva ed è spesso utilizzata per condannare a morte gli oppositori politici che vengono accusati di “muovere guerra contro Dio (moharebeh)”, di “terrorismo” e di “spaccio di stupefacenti” che implica la colpa di “diffondere la corruzione sulla terra (Mofsed-e-filarz)” e di essere “trasgressori dell’ordine morale”.
Dunque, anche se la maggior parte degli spacciatori di droga non sono veri contrabbandieri o capibanda, ma sono consumatori costretti al crimini per la loro dipendenza o a causa della povertà, della disoccupazione e della disperazione, spesso vengono condannati comunque a morte perché la loro vera colpa è di aver espresso pubblicamente contrarietà e opposizione al regime in loro discorsi o nei loro scritti o per aver partecipato a manifestazioni di protesta.
Tutti i giorni si assiste a sit-in di madri con i loro bambini anche molto piccoli davanti ai palazzi dei tribunali rivoluzionari degli ayatollah o davanti alle prigioni di varie città del paese.
A Tehran, come a Isfahan, a Karaj, a Sanadaj, nel Kurdistan iraniano, a Bandar Abbas e fino a Zahedan, nella regione del Belucistan, le mamme manifestano davanti ai palazzi di giustizia e alle carceri esortando le autorità a non giustiziare i loro cari.
Protestano con veemenza per il crescente numero di esecuzioni e hanno chiesto l’immediata sospensione degli ingiusti ordini di impiccagione decisi per i loro congiunti. Sfidano i colpi dei fucili dei paramilitari delle forze volontarie basij dei pasdaran; sfidano i proiettili a pallini dei fucili da caccia; sfidano i gas lacrimogeni di nuova generazione, altamente irritanti.
Il 19 maggio, a Isfahan, durante le proteste notturne contro l’esecuzione di tre prigionieri politici, circa 100 persone, tra cui 40 mamme, sono state arrestate a Tehran e trasferite nelle carceri di Evin, di Qarchak e Greater solo per aver chiesto clemenza per i loro figli.
L’esecuzione di così tante persone in un solo mese ha portato tremende sofferenze alle loro madri, alle mogli e in particolare alle famiglie dei manifestanti arrestati durante le rivolte per Mahsa Amini del 2022-2023.
Le famiglie dei manifestanti giustiziati,come quelle di Saleh Mir-Hashemi, di Majid Kazemi e di Saeed Yaghoubi, hanno sofferto molto perché i i pasdaran non hanno permesso di seppellire i loro figli. Le forze di sicurezza hanno seppellito i tre manifestanti in tre luoghi distanti e non hanno permesso alle loro famiglie di tenere alcuna cerimonia funebre.
Le autorità dell’intelligence iraniana hanno chiamato il fratello di Majid Kazemi e gli hanno detto di unirsi a loro senza dirlo a nessuno. Poi hanno portato il corpo di Majid in un luogo remoto e lo hanno seppellito in un fosso molto piccolo per lui. Hanno detto al fratello del defunto di chiamare a casa e di far sapere ai genitori dove era stato seppellito il loro figlio.
Nonostante ciò, le autorità hanno arrestato e detenuto arbitrariamente la sorella e due fratelli del manifestante giustiziato, come avvertimento mafioso mirante a costringere la famiglia al silenzio.
Per quanto riguarda il giovane campione di karate, Saleh Mir-Hashemi, le autorità carcerarie avevano assicurato a sua madre che non lo avrebbero giustiziato, ma invece lo hanno fatto. La povera mamma di Saleh ha denunciato il fatto che avevano ammanettato suo marito per impedirgli di andare al funerale e che li avevano di fatto tenuti sotto sequestrato per alcuni giorni impedendo loro di tenere la cerimonia funebre. “Hanno ammanettato suo padre, ci hanno impedito di uscire di casa, hanno portato il corpo di Saleh in un villaggio remoto e l’hanno seppellito lì. Non ci hanno permesso di tenere alcuna cerimonia”, ha denunciato la mamma di Saleh.
Sono queste tattiche di un regime mafioso per incutere terrore e impedire che la morte brutale dei manifestanti possa alimentare nuove rivolte e che le cerimonie funebri possano trasformarsi in moti rivoluzionari.
Mamme di curdi e di beluci uccisi dalle forze di sicurezza, sono loro, le donne che stanno pagando il prezzo più elevato.
All’allarmante aumento delle esecuzioni seguono tattiche del regime per prevenire lo scoppio di altre rivolte da parte di una popolazione, in particolare giovanile, insofferente, molto arrabbiata, che non ha nulla da perdere e che quindi desidera il rovesciamento del regime.
Le autorità iraniane usano anche tattiche ingannevoli per placare le rivolte come quella della finta amnistia proclamata nel gennaio 2023, quando avevano annunciato la scarcerazione a 82 mila prigionieri, 22 mila dei quali erano manifestanti. Poco dopo, però, la Magistratura ha cominciato a convocare i manifestanti che aveva precedentemente scarcerato e a rimetterli in carcere con altre accuse.
Un’altra tattica utilizzata è stata quella degli attacchi chimici alle studentesse, che sono continuati per sei mesi, per mettere a tacere le coraggiose donne che mostravano, fiere, le loro ciocche al vento.
La magistratura del regime sta ora convocando anche i giornalisti precedentemente rilasciati a febbraio, affermando falsamente di aver concesso loro l’amnistia. Tuttavia, la giornalista Maryam Vahidian è stata condannata a quattro anni di carcere.
Marzieh Mahmoudi, giornalista e direttrice di Tejaratnews, è stata condannata dal tribunale a pagare una sanzione pecuniaria di 24 milioni di toman per aver pubblicato un singolo tweet, contestando il linguaggio altamente volgare usato dal mullah Hamid Rasaii, un ex deputato, contro la libertà.
Il 20 maggio, Nasim Sultan Beigi, una giornalista ed ex attivista studentesca, è comparsa davanti al quarto ramo dell’ufficio del procuratore di Evin per difendersi dalle accuse di “propaganda contro lo stato”. La signora Sultan Beigi era stata arrestata in un aeroporto l’11 gennaio 2023 e rilasciata su cauzione il 6 febbraio scorso.
Nel frattempo, il 21 maggio, Vida Rabbani, un’altra giornalista, è stata trasferita dalla prigione di Evin all’ospedale Taleghani di Tehran per la somministrazione di cure mediche urgenti. Negli ultimi due mesi era stata alle prese con forti mal di testa, ma le autorità competenti si erano fermamente opposte al trasferimento in una struttura medica esterna.
I processi a porte chiuse a due note giornaliste, recluse dal settembre 2022 nel carcere di Evin per aver riferito della morte e della cerimonia di sepoltura di Mahsa Amini, si sono svolti presso il tribunale rivoluzionario di Tehran il 29 e 30 maggio scorso. Alle due giornaliste, Niloufar Hamedi e a Elaheh Mohammadi, non è stato permesso di incontrare i loro avvocati.
Il processo alla signora Hamedi è durato solo due ore e ai suoi avvocati difensori non è stato concesso il tempo di presentare alcuna difesa. La signora Hamedi ha respinto le accuse contro di lei, tra cui quella di spionaggio per presunta “collaborazione con il governo nemico (USA)” e di “propaganda contro lo stato”.
I manifestanti prigionieri in Iran vengono sistematicamente torturati e tenuti in celle di isolamento al buio, senza cibo e acqua; spesso sia le donne che gli uomini vengono stuprati; non hanno diritto ad un avvocato difensore né a contattare o a ricevere visite di legali o di attivisti per i diritti umani.
Si stima che dall’inizio della rivolta giovanile, dal 16 settembre 2022, dopo l’uccisione di Mahsa Amini, almeno 130 avvocati di tutte le province del Paese, tra cui dozzine di donne, siano stati convocati o arrestati dalla magistratura. Le accuse vanno dall’abuso dell’esercizio della loro professione alle opinioni espresse sui social media, considerate espressioni di “inimicizia e odio contro Dio”.
Il trend è in aumento. Nel solo maggio 2023 sono stati settanta gli avvocati convocati e arrestati. I procedimenti sono per lo più condotti dal tribunale di sicurezza che ha sede nella famigerata prigione di Evin a Tehran. Contro di essi non sono state formulate pubblicamente accuse specifiche.
Gli avvocati vengono costretti durante le udienze a firmare una “lettera di impegno” in cui si obbligano a rispettare le disposizioni della magistratura come condizione per il loro rilascio su cauzione. Nella lettera viene espresso “rammarico” per le proteste insorte a livello nazionale e l’impegno a non contattare “reti di legali o organizzazioni per i diritti umani fuori dal paese, perché considerati elementi controrivoluzionari”. Una tale pratica è considerata una minaccia alla sicurezza del paese e può essere perseguita anche con l’ergastolo o con la condanna a morte.
È questa una tattica che mira a incutere timore e ad esercitare pressione sugli avvocati, affinché non sostengano le proteste e i manifestanti.
Il regime iraniano cerca così di mettere a tacere le voci dissenzienti e di sopprimere le aspirazioni del loro popolo. Tuttavia, larghi strati della popolazione, in particolare le donne, rimangono resilienti e determinate a continuare la coraggiosa e pacifica lotta intrapresa per un futuro migliore di libertà e di democrazia.

L'articolo In Iran nel mese di maggio sono state condannati a morte 146 detenuti proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



“WE MAKE FUTURE -Neuroverso”


Domani dalle ore 15.20 alle 15.40 nello Stage Book presentation presenterò il mio libro “Neuroverso” (Mondadori editore) con Angela Deganis e Americo Bazzoffia Qui il link al programma wemakefuture.it/offerte/?gclid…


guidoscorza.it/we-make-future-…






Etiopia, il comitato del Tigray condivide il report preliminare sulla deviazione del cibo umanitario


Il comitato istituito dall’amministrazione regionale ad interim del Tigray – IRA – per indagare sulla deviazione di cibo umanitario nella regione settentrionale dell’ Etiopia ha rilasciato le sue analisi. Il comitato investigativo ha rivelato che le entit

Il comitato istituito dall’amministrazione regionale ad interim del Tigray – IRA – per indagare sulla deviazione di cibo umanitario nella regione settentrionale dell’ Etiopia ha rilasciato le sue analisi.

Il comitato investigativo ha rivelato che le entità del governo federale etiope e le forze eritree avevano ruoli più importanti nella deviazione degli aiuti alimentari su larga scala.

Secondo il generale Fiseha Kidane, coordinatore del comitato investigativo che è anche capo ad interim dell’ufficio regionale per la pace e la sicurezza, funzionari del governo federale etiope hanno dirottato:

  • oltre 4300 tonnellate di grano,
  • quasi 130.000 litri di olio da cucina
  • 4.187 quintali di piselli

le forze eritree hanno dirottato:

  • circa 2900 tonnellate di grano
  • oltre 43mila litri di olio
  • 1.440 quintali di piselli destinati ai bisognosi

le autorità regionali del Tigray hanno dirottato

  • quasi 1500 tonnellate di grano
  • 42.759 litri di olio
  • 1.424 quintali di piselli

Il capo del comitato ha dichiarato che sono stati identificati 186 sospettati di avere ruoli nella deviazione degli aiuti alimentari, di cui 7 sono già stati arrestati.

Il funzionario non ha specificato quando è avvenuta la deviazione degli aiuti, né ha specificato gli enti governativi federali e regionali coinvolti.

Sia il governo federale etiopico che l’Eritrea non hanno reagito immediatamente alle accuse, come riporta Addis Standard.

Una fonte informata sui fatti, ma che manterrò anonima per mantenere la sua sicurezza, ha rilasciato una dichiarazione personale, ma che è degna di nota perché mette in luce dettagli del contesto in cui vivono oggi milioni di persone bisognose di supporto alimentare e sanitario in Tigray.

“E vergogno sapere che vi erano dei tigrini coinvolti nel sottrarre aiuti destinati alle madri e figli di uomini e donne che hanno dato la propria vita combattendo contro gli invasori [forze eritree, amhara e milizie fano] protagonisti del genocidio in Tigray. Questi saccheggiatori di aiuti umanitari non sono altro che parte della scacchiera della macchina genocida che ha colpito i civili in Tigray. Le vite delle 270 persone morte dopo il blocco degli aiuti umanitari devono pesare sulle loro coscienze e ricevere punizioni esemplari perché sia di monito agli altri così che in futuro non si ripetano simili atti criminali.”


Lo scandalo del blocco del supporto alimentare deciso per scelta politicizzata da WFP – World Food Programme e USAID è avvenuto dopo la scoperta che parte di quel materiale veniva deviato: le due agenzie umanitarie hanno avviato indagini per garantire alla giustizia i responsabili criminali, ma nel contempo lasciando a morire di stenti milioni di persone in Tigray che si trovano da diversi mesi senza la sicurezza alimentare per la loro sopravvivenza.

Il governo etiope rigetta le accuse


Il governo etiope ha smentito e rimandato al mittente, presa di posizione comune a tutte le denunce in cui si vede coinvolto dall’inizio della guerra genocida iniziata in Tigray il 3 novembre 2020.

Sabato 10 giugno 2023 infatti sono arrivate le dichiarazioni di Legesse Tulu (PhD), ministro del servizio di comunicazione del governo che ha affermato che l’USAID ha compiuto continui sforzi per diffamare il governo etiope, la sua forza di difesa nazionale e i governi regionali nelle sue frequenti dichiarazioni e rapporti.

L’accordo di cessazione ostilità firmato a Pretoria il novembre 2022 implica che si sia dovuto instaurare un sistema di giustizia di transizione, ma per molti osservatori c’è un cortocircuito visto che cellule delle parti firmatarie, governo federale e TPLF – Tigray People’s Liberation Front, denunciate per dirottamento degli aiuti alimentari fanno parte degli attori che si dicono promotori ed creatori delle task forces investigative.

Il media governativo Ethiopian Press Agency scrive:

“Notare che portare i trasgressori della legge alla giustizia giudiziaria è uno dei pilastri della riforma in corso; Largesse ha indicato che il governo ha assegnato una squadra investigativa che sta valutando l’accusa di deviazione degli aiuti alimentari. Le due agenzie [riferendosi a WFP e USAID] hanno condotto le indagini senza il coinvolgimento di funzionari governativi a nessun livello.”


Aggiungendo le dichiarazioni del ministro Legesse Tulu:

“Le aree in cui si dice che siano condotte le indagini sono sotto la piena supervisione delle organizzazioni di beneficenza. Anche se ci fossero autori, ritenerli insieme responsabili è la cosa giusta da fare”.


L’esercito etiope rigetta le accuse


Come segnalato nel precedente aggiornamento, il Ministro della difesa ha smentito con veemenza le accuse per cui le forze di difesa etiopi si vedrebbero coinvolte nel adeviazione di parte del supporto alimentare.

Le forze eritree? Non pervenute!


Le forze eritree, nonostante l’accordo di Pretoria indichi che tutte le forze esterne in Tigray debbano ritirarsi, sono ancora presenti in diverse aree, come per esempio nel distretto di Irob (Erob woreda), estremo nord est regionale. Sono ancora oggi accusate di perpetrare abusi e violenze sui civili di origine tigrina ed occupare diversi edifici scolastici, se non occupati dalle decine di migliaia di IDP, sfollati interni.

Da considerare che nei giorni di negoziazione in Sud Africa, dove a Pretoria è stato firmato l’accordo di tregua mediato dall’ Unione Africana, non è stata coinvolta ai tavoli l’attore e principale alleato del governo etiope e del Premier Abiy Amhed Ali, ovvero l’Eritrea.

Con questa premessa si può ben capire che il dittatore eritreo Isaias Afwerki, mandante delle sue truppe ad invadere il Tigray e dei crimini di guerra perpetrati sul popolo tigrino, si senta così legittimato a farsi scorrere come acqua le accuse di dirottamento del cibo umanitario per milioni di persone.


Approfondimenti:


tommasin.org/blog/2023-06-16/e…



Naufragio Grecia: si indaga sulle responsabilità ma non sono in discussione le politiche


Il mare non consegna altri cadaveri e i morti potrebbero essere 600. Tra di essi almeno 100 bambini. La premier Meloni: "Difendiamo i confini dell'UE". L'articolo Naufragio Grecia: si indaga sulle responsabilità ma non sono in discussione le politiche pr

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Pagine Esteri, 16 giugno 2023. Non restituisce altri corpi il Mar Egeo. Il numero dei sopravvissuti e quello dei morti accertati rimane lo stesso dopo più di 2 giorni dal naufragio della barca di migranti partita dalla Libia e affondata nei pressi di Pylos, nel Peloponneso. 78 i morti accertati, 104 le persone tratte in salvo. Almeno 750 i passeggeri. Si cercano ancora 568 dispersi, di cui un numero impressionante di bambini, almeno 100 secondo i sopravvissuti, chiusi nella stiva della barca. Forse dormivano quando lo scafo si è rovesciato. Sono bastati pochissimi minuti, 10, 15 più o meno, perché il relitto scomparisse in fondo al mare.

La Guardia Costiera greca, in una delle sue prime versioni dell’accaduto, ha fatto sapere che i migranti avrebbero rifiutato il soccorso perché decisi a proseguire verso le coste italiane. Non si comprende come sia possibile che una barca in difficoltà, sovraccarica, senza cibo né acqua da 5 giorni, i cui passeggeri avevano già lanciato l’SOS, abbia potuto respingere gli aiuti pur sapendo di non essere in grado di proseguire il viaggio. Alarm Phone, d’altro canto, ha pubblicato una precisa timeline di tutti i contatti con i sopravvissuti e le autorità, dai quali si evince che la Guardia Costiera greca, quella italiana e quella maltese fossero state informate della presenza della barca in difficoltà già dalla mattina del 13 giugno. Nel primo pomeriggio dello stesso giorno i migranti a bordo hanno confessato ai volontari di Alarm Phone di temere di non superare la notte.

Alcuni dei sopravvissuti avrebbero raccontato a volontari e attivisti politici greci che l’imbarcazione si è capovolta a seguito di un tentativo di salvataggio, non è chiaro se da parte della Guardia Costiera o di pescherecci privati, attraverso l’utilizzo di corde per agganciare e trainare.

Mentre la premier italiana Giorgia Meloni, insieme al suo omonimo maltese Robert Abela parlano di necessità di difendere i confini dell’Unione Europea, la stessa EU rilascia le consuete dichiarazioni di dispiacere. Come quella di Stella Kyriakides, Commissaria europea per la salute e la sicurezza alimentare, che pur consapevole che “ognuna delle vite perdute fosse alla ricerca di una vita migliore”, non aggiunge soluzioni allo smantellamento delle reti criminali che lucrano sugli sbarchi.

Stella Kyriakides, Commissaria europea per la salute e la sicurezza alimentare.

Deeply saddened by the significant loss of life and people missing off the Greek coast.

Each one is a human story of fleeing in search of a better life.

With member states and third countries, we must do more to stop criminal networks who put lives at risk every day.

— Stella Kyriakides (@SKyriakidesEU) June 15, 2023

Questo naufragio è uno dei peggiori, se non il più grave, di quelli avvenuti nel Mediterraneo. Un cimitero di vite abbandonate divenute corpi dispersi.

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“WE MAKE FUTURE – Impatto della AI sul lavoro e sfide etiche, diritti dei lavoratori e implicazioni sul mercato del lavoro”


Domani dalle ore 14.20 alle 15.00 nella Sala Open Stage parteciperò al dibattito “ Impatto della AI sul lavoro e sfide etiche, diritti dei lavoratori e implicazioni sul mercato del lavoro” con la moderazione di Luca Barbieri Qui il link al programma wemakefuture.it/offerte/?gclid…


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Ecco perché una legge per limitare l’uso dei social ai giovanissimi non è illiberale


Premessa doverosa a scanso di equivoci: ammesso ne abbia mai realmente avuti, non ho rapporti politici con Azione dalle scorse elezioni. Non è, dunque, per fedeltà alla linea, e non può essere per piaggeria, scrivere che Carlo Calenda stavolta l’ha detta

Premessa doverosa a scanso di equivoci: ammesso ne abbia mai realmente avuti, non ho rapporti politici con Azione dalle scorse elezioni. Non è, dunque, per fedeltà alla linea, e non può essere per piaggeria, scrivere che Carlo Calenda stavolta l’ha detta giusta. Il leader di Azione ha presentato un disegno di legge per vietare i social network ai minori di 13 anni e consentirne l’uso solo col consenso dei genitori dai 13 ai 15.

L’annuncio è stato accolto da un coro di polemiche, eppure una norma simile esiste già. Un regolamento europeo fissa a 16 anni l’età minima per iscriversi a un social. In Italia, grazie anche alle pressioni grilline, il limite è stato abbassato a 13 anni. Ma poiché i gestori dei social non controllano e i genitori spesso mentono, il risultato è che l’87% dei bambini tra i 10 e i 14 anni è iscritto a un social network. Il problema, dunque, è trovare il modo per rendere effettivo il divieto.

Ma che si tratti di un principio condivisibile e nient’affatto illiberale lo dicono i dati e ancor prima dei dati lo dicono le considerazioni dei tanti, tantissimi “pentiti del Web”. Così, alla rinfusa. Tim Berners-Lee, creatore del primo sito Web al mondo: «Il Web ha rovinato l’umanità invece di servirla… è arrivato a produrre un fenomeno che in larga scala è antiumano». Tim Kendall, ex direttore della monetizzazione di Facebook: «I nostri servizi stanno uccidendo le persone e le stanno spingendo a suicidarsi». Tristan Harris, ex dirigente di Google: «Squadre di ingegneri hackerano la psicologia delle persone per tenerle connesse e fargli fare quello che vogliono. Abbiamo creato un Frankenstein digitale incontrollabile». Sean Parker, creatore di Napster e primo presidente di Facebook: «Solo Dio sa i danni che i social network hanno creato al cervello dei nostri figli».

Quando, all’inizio della scorsa legislatura, avviai in commissione Istruzione del Senato l’indagine conoscitiva sull’impatto del Web nei processi di apprendimento dei più giovani, da cui il libro “CocaWeb, una generazione da salvare”, del fenomeno si parlava ancora poco. Ormai non si parla d’altro. Il tema è stato rappresentato con chiarezza dal World Happiness Report presentato nel 2019 alle Nazioni Unite. Uno dei suoi estensori, l’economista della Columbia University di New York, Jeffrey Sachs, l’ha messa così: «Dall’introduzione del primo iPhone in poi, abbiamo avuto un deterioramento misurabile nella felicità, soprattutto tra i giovani. Crescono le manifestazioni di ansia, stress, perdita di sonno, depressione. Peggiorano le interazioni sociali…”.

Da allora è stato un crescendo. Un’inchiesta del Financial Times ha messo in relazione i suicidi e i disagi psicologici dei più giovani con la loro frequentazione dei social e più in generale del web. Negli Stati Uniti sono già state intentate 147 cause collettive contro i Giganti del Web. La massima autorità sanitaria statunitense, il “Surgeon General”, ha accusato Facebook, Tik Tok, Instagram e via elencando di “arrecare gravi danni alla salute mentale dei giovani”. Dalla Francia al Regno Unito, nei parlamenti di mezzo mondo si discutono leggi volte a temperare un fenomeno la cui gravità è ormai di dominio pubblico e che la maggior parte dei politici tende ad ignorare per paura dell’impopolarità e/o per acquiescenza nei confronti della lobby più potente della storia umana, quella dei Giganti del Web.

Il punto, dunque, non riguarda il se, ma il come. Come impedire dal punto di vista tecnologico ed amministrativo che norme volte a proteggere la salute mentale e fisica dei giovanissimi vengano sistematicamente eluse.

Huffington Post

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