“Privacy Framework: liberi tutti?”
Nella rubrica Garantismi oggi ho parlato con Matteo Flora di Privacy Framework Qui il video completo all’intervista
Pechino annuncia nuove misure per domare l’IA
Mentre molti paesi stanno studiando come regolamentare il settore, secondo gli esperti, quelle di Pechino sono le disposizioni sull’IA più complete a livello mondiale. Questo nonostante siano sparite alcune delle restrizioni previste nella prima bozza divulgata ad aprile.
L'articolo Pechino annuncia nuove misure per domare l’IA proviene da China Files.
PRIVACYDAILY
Necessario arrivare alla separazione delle carriere dei magistrati
Il costituzionalista loda l’attivismo del guardasigilli: «Dividere pm e giudici garanzia di indipendenza
E che ci sia un “abuso” dell’abuso d’ufficio lo ha detto persino la Corte costituzionale nel 2022»
Giovanni Guzzetta, ordinario di Diritto Pubblico e costituzionalista di cultura liberale, è da anni in prima fila tra coloro che chiedono la separazione delle carriere di giudici e pubblici ministeri e altre riforme della giustizia a tutela delle libertà individuali. «Bene che ci siano delle proposte da parte del guardasigilli, che ci mette la faccia, e bene che se ne discuta», dice a Libero commentando l’iniziativa di Carlo Nordio. «Il dibattito sulla giustizia si trascina da decenni senza che si riesca a fare una discussione laica, perché tutte le parti lucranoi vantaggi della contrapposizione ideologica. Ma i problemi vanno risolti pragmaticamente e con equilibrio».
Equilibrio, almeno in certe dichiarazioni, se ne vede poco. Per il presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia, la separazione delle carriere condurrebbe all’abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale, che diventerebbe discrezionale e sottoposta al controllo del potere politico. «Una cosa molto pericolosa per la democrazia», dice.
«Ho un po’ di difficoltà a comprendere il nesso tra separazione delle carriere e rischio di un’azione penale soggiogata dal controllo politico. Perché la prima questione riguarda una distinzione strutturale. La seconda una modalità di garanzia dell’indipendenza del pm. C’è un salto logico, l’azione penale può essere discrezionale o obbligatoria indipendentemente dalla circostanza che il pm faccia parte dello stesso corpo dei giudici. Mi sembra un modo di agitare fantasmi eludendo il nodo dei problemi»
Qual è questo nodo?
«Sulla separazione delle carriere mi pare difficile mettere in dubbio che l’appartenere allo stesso corpo e alla stessa carriera non possa, almeno astrattamente, indurre ad un atteggiamento di benevolenza verso il collega con cui si è condiviso magari per anni il medesimo ufficio. Né mi ha mai convinto l’affermazione che separando le carriere si priverebbe il pm della cosiddetta “cultura della giurisdizione”, a garanzia di legalità. È un argomento che prova troppo ed è anche un po’ offensivo verso i pubblici ministeri».
Perché “prova troppo”?
«Prova troppo perché, così come tenere unite le carriere può favorire la condivisione di una cultura garantista pressoi pm, può anche favorire la diffusione di una cultura inquisitrice presso i giudici. L’argomento vale in entrambe le direzioni. Poi non capisco perché un funzionario qualificato, come dovrebbe essere un pubblico ministero indipendente, debba essere sospettato per ciò stesso di trasformarsi in un Torquemada solo perché la sua carriera è distinta. Purtroppo la mentalità inquisitrice può esistere – ed esiste, come molti episodi dimostrano – anche in un sistema come l’attuale. Il rischio di abuso si cura in altri modi, innanzitutto con i controlli e con la responsabilità, spezzando la chiusura corporativa che i costituenti temevano e che l’unificazione delle carriere certamente non frena»
Resta il fatto che di abolire l’obbligatorietà dell’azione penale se ne parla da anni.
«Ma tutti sanno che il problema non è abolire l’obbligatorietà dell’azione penale sul piano giuridico, ma trovare soluzioni per la sua inattuazione in via di fatto. Nessuno oggi può dire, con onestà intellettuale, che tutti i reati vengono perseguiti. Allora la domanda è un’altra. Là dove non si riesce a perseguire tutti i reati chi decide la priorità nell’azione? I pm? I capi degli uffici? Il governo? Il parlamento? Questo è il vero quesito».
E lei come risponde?
«Piero Calamandrei pensava che a decidere dovesse essere un “procuratore generale commissario della giustizia”, nominato tra i procuratori generali dal presidente della repubblica su voto delle Camere, componente di diritto del Consiglio dei ministri e passibile di sfiducia da parte delle Camere. E Calamandrei non era cero vittima di tentazioni autoritarie».
Nordio ha presentato il suo primo disegno di legge di riforma del sistema penale. Sull’abuso d’ufficio ha scelto la strada più netta: l’abrogazione della fattispecie. È la scelta giusta?
«L’abuso d’ufficio è forse uno dei reati su cui più si è intervenuti. Perché è un reato “di chiusura” rispetto a quelli più tipici come la corruzione o la concussione. E dunque i suoi contorni finiscono per essere sfuggenti, malgrado gli sforzi per tipizzare la fattispecie. Che ci sia stato un abuso dell’abuso d’ufficio nell’interpretazione e nell’applicazione giurisdizionale lo ha detto persino la Corte costituzionale nella
sentenza 8/2022. E questo ha generato quel fenomeno di amministrazione difensiva e di “paura della firma” che ormai paralizza l’intero Paese. Tutte le riforme tese a limitarlo sono state eluse. Immagino sia per questo motivo che il ministro ha deciso perla via radicale dell’abrogazione».
L’accusa al disegno di Nordio è la solita: abolendo il reato d’abuso d’ufficio si fa un favore a corrotti e corruttori.
«I cittadini dovrebbero sapere che, al di là dell’abuso d’ufficio, il nostro ordinamento è tra quelli in cui esistono più norme repressive, penali, amministrative, disciplinari, civilistiche contro la corruzione. Il problema è che forse la corruzione non si combatte solo con la repressione, ma anche con incentivi a comportamenti virtuosi. Ancora una volta una cultura eccessivamente inquisitrice rischia di determinare effetti
inintenzionali molto dannosi. L’eccesso di legislazione repressiva rischia di condurci alle gride manzoniane o alla cultura da colonna infame».
Il ddl Nordio prevede anche che il pm non possa appellare le sentenze di proscioglimento, salvo che per i reati più gravi. Il guardasigilli usa
un argomento interessante: se l’imputato, per essere condannato, deve essere colpevole «al di là di ogni ragionevole dubbio», basta che il giudice di primo grado l’abbia assolto per creare questo dubbio. La convince?
«Da costituzionalista, non mi avventuro a commentare considerazioni di chi ha un’esperienza specialistica sul campo e conosce ogni sfumatura dell’ordinamento penale. Quel che posso dire è che, soprattutto se limitato ai reati minori, non vedo scandaloso che un proscioglimento sia sufficiente per destinare le risorse che i pm dedicherebbero all’appello verso il perseguimento di altri reati, magari più gravi. Il potenziale repressivo dello Stato è anch’esso una risorsa scarsa».
Dopo quanto avvenuto al sottosegretario Andrea Delmastro, il governo ha deciso di intervenire sul potere del gip di ordinare l’imputazione coatta al pm che vorrebbe archiviare la posizione dell’indagato. Al di là della tempistica, che può far storcere il naso, se il pm ha il monopolio dell’azione penale, come può il gip surrogarlo e costringerlo a fare una cosa in cui non crede?
«A mio parere non si può sostenere che la Costituzione imponga il monopolio dell’azione penale in capo al pm. E aggiungo che, se l’azione penale dev’essere obbligatoria, ci vuole qualcuno che controlli che il pm non rimanga inerte o non chiuda un occhio, magari per una qualche interesse personale. Non mi scandalizza, quindi, che ci siano controlli. Il punto è che, se abbiamo accolto la prospettiva del modello accusatorio, non può essere un giudice a sostituirsi al pm e fare il pm al suo posto. Occorre trovare altre soluzioni».
I divieti di pubblicare le intercettazioni relative alle inchieste giudiziarie sinora sono serviti a nulla. Il ddl del governo dà un giro di vite: giusto farlo o si comprime la libertà d’informazione?
«Non so se sia un giro di vite o il tentativo di arginare un fenomeno che, nelle sue manifestazioni patologiche, rappresenta una violenza alla civiltà giuridica. Soprattutto se, oltre che agli indagati, comunque presunti non
colpevoli fino a condanna definitiva, colpisce tutte le persone che, senza nemmeno entrare nelle indagini, vengono sbattute nelle intercettazioni pubblicate per soddisfare i peggiori istinti voyeuristici».
Altro ragionamento di Nordio: il concetto di concorso esterno in associazione mafiosa «è un ossimoro: o si è esterni, e allora non si è concorrenti, o si è concorrenti, e allora non si è esterni». E dunque occorre tipizzarlo con una norma ad hoc, che oggi non c’è.
«Non sono un penalista e mi muovo con rispetto di fronte a un dibattito che ha una lunga storia e un alto tasso di tecnicità. Non vi sono dubbi sul fatto che il reato di concorso esterno rappresenta una creazione della giurisprudenza, sul quale il legislatore non è mai intervenuto. Fa un po’ riflettere l’idea di concorrere in un reato che consiste nell’associarsi, senza però… associarsi ed essere associati».
L'articolo Necessario arrivare alla separazione delle carriere dei magistrati proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
La coppia Ariete-Leopard funziona. Il gen. Farina spiega perché
Il tema della componente carri per il nostro Esercito è giunto a una svolta decisiva. Il sottosegretario alla Difesa Isabella Rauti, rispondendo ad un’interrogazione parlamentare sull’argomento, ha annunciato la decisione del ministro Guido Crosetto di inserire nel Documento di programmazione pluriennale, Dpp 2023-25, il programma di acquisizione di nuovi carri Leopard di ultima generazione con risorse allocate di quattro miliardi di euro su un’esigenza complessiva di circa otto miliardi. Nella stessa sede la senatrice Rauti ha confermato l’iter di ammodernamento di 125 carri italiani Ariete. In totale l’Esercito potrà disporre di 256 sistemi Main battle tank (Mbt) idonei a equipaggiare quattro reggimenti carri più i centri addestramento, cui si aggiungono altri 140 carri Leopard pioniere e gettaponte necessari al supporto della manovra. Questa linea d’azione è per molteplici aspetti la scelta più giusta e ben armonizzata che produrrà vantaggi operativi e ricadute positive per l’industria nazionale e per il complesso di cooperazioni in campo europeo. Vediamo perché.
Innanzitutto l’esigenza operativa: i carri armati e le unità corazzate/meccanizzate sono una componente fondamentale di ogni strumento militare. A fronte di un progressivo deterioramento del quadro di sicurezza nel continente europeo nell’ultimo decennio, l’Esercito italiano ha urgenza di colmare un gap crescente nella sua componente pesante costituita da una brigata corazzata (con due reggimenti carri) e due brigate meccanizzate (con un reggimento carri ciascuna). Il carro Ariete C1, interamente realizzato in Italia e introdotto a fine anni Novanta (di penultima generazione), presenta carenze nella propulsione, protezione e sensoristica. Inoltre, i livelli di efficienza si vanno via via riducendo e consentono di disporre solo di poche decine di carri armati pronti all’impiego, in progressiva diminuzione, su un totale di duecento inizialmente in dotazione. Ecco perché già nel 2018 lo Stato maggiore dell’Esercito, in mancanza di nuovi carri in produzione da parte di Paesi alleati (Usa, Germania, Francia, Uk), si orientò all’ammodernamento dell’Ariete in funzione di gap filler. Scelta ritenuta obbligata, in attesa della realizzazione del nuovo Main battle tank europeo previsto allora agli inizi degli anni Trenta. L’ottima rispondenza dei tre prototipi operativi realizzati dal 2019 al 2022 dal Cio (consorzio Iveco-Oto Melara), ha confermato la fattibilità dell’ammodernamento dell’Ariete, nella versione C2, deciso poi a fine novembre 2022 per 125 esemplari, per un costo totale di circa un miliardo di euro. L’invasione russa in Ucraina ha acuito questa esigenza e reso più urgente per il nostro Paese dotarsi di una componente carri quantitativamente più consistente e basata su standard tecnologici di altissimo livello al pari dei principali Paesi alleati. Al tempo stesso il ritorno della guerra sul nostro continente ha generato la riapertura delle linee di produzione dei carri Leopard da parte tedesca. Una importante opportunità da cogliere per acquisire il Leopard ultima versione (2/A8). Il progetto del nuovo carro europeo cosiddetto Main ground combat system franco-tedesco (per il quale l’Italia ha sino a oggi solo un ruolo di osservatore) continua invece a subire ritardi, e potrebbe entrare in servizio non prima del 2040 anche per far tesoro dei molti ammaestramenti derivanti dalla guerra in Ucraina.
Sorge spontanea a questo punto la domanda: perché non ci si è orientati ad acquisire un’unica linea di nuovi Leopard, ottimizzando la logistica, l’addestramento e il complessivo livello tecnologico? Risposta: soprattutto per questioni di tempi, ma anche di ricadute tecnologiche per l’industria nazionale. Infatti, per il nostro Ariete ammodernato è possibile avere già dalla fine del 2024 un numero di circa 25 esemplari/anno e quindi disporre entro fine 2028 di due reggimenti che garantiscono una brigata corazzata con importanti capacità già dal 2026. Per contro, per i nuovi Leopard, tenendo conto dell’iter parlamentare, degli adempimenti amministrativi e dei tempi per inizio produzione (stimati in 36 mesi dalla firma del contratto) si prevede l’introduzione dei primi esemplari solo a partire dal 2028. In sintesi l’Italia non può permettersi di restare per diversi anni senza una linea carri in un periodo segnato da crescenti minacce e tensioni. Se è vero che l’Ariete ammodernato (C2) non potrà essere all’altezza del Leopard 2/A-8, è altrettanto vero che i miglioramenti alla protezione passiva, al sistema di propulsione e soprattutto all’optronica, navigazione e comando e controllo lo rendono idoneo a fronteggiare situazioni operative complesse. Il nuovo carro tedesco costituisce senza dubbio un notevole salto di qualità soprattutto per il sistema di protezione attiva del tipo Eurotrophy e per le migliori performance relative alla potenza di fuoco e alla mobilità e sarà destinato ad equipaggiare i reggimenti della brigata Ariete, unità di punta corazzata del nostro Esercito.
Questa linea d’azione proposta dal capo di Stato maggiore dell’Esercito, approvata dal capo di Stato maggiore della Difesa e decisa, come detto, dal ministro Crosetto, apre la strada per future positive ricadute in termini tecnologici per la nostra industria terrestre e di collaborazioni in campo europeo che vanno assolutamente ricercate. Si tratta ora di valorizzare nel tempo questa scelta.
È assodato infatti che l’ammodernamento dell’Ariete consentirà al comparto industriale nazionale di adeguarsi agli standard tecnologici nel campo del sistema di propulsione, e soprattutto dei sensori, dell’optronica, del comando e controllo, della navigazione e dell’integrazione nei contesti interforze e multidominio. Si tratta ora di corredare l’acquisizione della nuova linea Leopard con parametri di cooperazione che prevedano preferibilmente anche la produzione e la grande manutenzione in Italia. Il tutto supportato da accordi anche in prospettiva che potranno includere joint ventures per il futuro meccanizzato per la fanteria (Aics- Armoured infantry combat system) che sostituirà il Dardo, altra stringente esigenza per il nostro esercito, per il quale sono già previsti nel Dpp circa ottocento milioni di euro per i prossimi sei anni al fine di sviluppare una famiglia di cingolati concepiti col criterio system of systems. Come risultato aggiuntivo una tale visione produrrebbe ulteriori ampie collaborazioni in campo europeo dove l’Italia otterrebbe una posizione di guida comune, senza andare a traino delle altrui scelte. Ciò anche con respiro di lungo termine con il futuro Mgcs europeo.
In definitiva, il salto quantitativo e tecnologico generato dall’accoppiata Ariete C2 più Leopard 2/A8 e derivati costituisce una risposta rapida e lungimirante per la nostra difesa nel settore dei corazzati. A ciò dovrà far seguito una celere decisione per in nuovo meccanizzato (AICS) e anch’esso dovrà essere frutto di collaborazioni internazionali, anche a vantaggio del pilastro europeo della difesa.
La coppia Ariete-Leopard funziona. Il gen. Farina spiega perché
Il tema della componente carri per il nostro Esercito è giunto a una svolta decisiva. Il sottosegretario alla Difesa Isabella Rauti, rispondendo ad un’interrogazione parlamentare sull’argomento, ha annunciato la decisione del ministro Guido Crosetto di inserire nel Documento di programmazione pluriennale, Dpp 2023-25, il programma di acquisizione di nuovi carri Leopard di ultima generazione con risorse allocate di quattro miliardi di euro su un’esigenza complessiva di circa otto miliardi. Nella stessa sede la senatrice Rauti ha confermato l’iter di ammodernamento di 125 carri italiani Ariete. In totale l’Esercito potrà disporre di 256 sistemi Main battle tank (Mbt) idonei a equipaggiare quattro reggimenti carri più i centri addestramento, cui si aggiungono altri 140 carri Leopard pioniere e gettaponte necessari al supporto della manovra. Questa linea d’azione è per molteplici aspetti la scelta più giusta e ben armonizzata che produrrà vantaggi operativi e ricadute positive per l’industria nazionale e per il complesso di cooperazioni in campo europeo. Vediamo perché.
Innanzitutto l’esigenza operativa: i carri armati e le unità corazzate/meccanizzate sono una componente fondamentale di ogni strumento militare. A fronte di un progressivo deterioramento del quadro di sicurezza nel continente europeo nell’ultimo decennio, l’Esercito italiano ha urgenza di colmare un gap crescente nella sua componente pesante costituita da una brigata corazzata (con due reggimenti carri) e due brigate meccanizzate (con un reggimento carri ciascuna). Il carro Ariete C1, interamente realizzato in Italia e introdotto a fine anni Novanta (di penultima generazione), presenta carenze nella propulsione, protezione e sensoristica. Inoltre, i livelli di efficienza si vanno via via riducendo e consentono di disporre solo di poche decine di carri armati pronti all’impiego, in progressiva diminuzione, su un totale di duecento inizialmente in dotazione. Ecco perché già nel 2018 lo Stato maggiore dell’Esercito, in mancanza di nuovi carri in produzione da parte di Paesi alleati (Usa, Germania, Francia, Uk), si orientò all’ammodernamento dell’Ariete in funzione di gap filler. Scelta ritenuta obbligata, in attesa della realizzazione del nuovo Main battle tank europeo previsto allora agli inizi degli anni Trenta. L’ottima rispondenza dei tre prototipi operativi realizzati dal 2019 al 2022 dal Cio (consorzio Iveco-Oto Melara), ha confermato la fattibilità dell’ammodernamento dell’Ariete, nella versione C2, deciso poi a fine novembre 2022 per 125 esemplari, per un costo totale di circa un miliardo di euro. L’invasione russa in Ucraina ha acuito questa esigenza e reso più urgente per il nostro Paese dotarsi di una componente carri quantitativamente più consistente e basata su standard tecnologici di altissimo livello al pari dei principali Paesi alleati. Al tempo stesso il ritorno della guerra sul nostro continente ha generato la riapertura delle linee di produzione dei carri Leopard da parte tedesca. Una importante opportunità da cogliere per acquisire il Leopard ultima versione (2/A8). Il progetto del nuovo carro europeo cosiddetto Main ground combat system franco-tedesco (per il quale l’Italia ha sino a oggi solo un ruolo di osservatore) continua invece a subire ritardi, e potrebbe entrare in servizio non prima del 2040 anche per far tesoro dei molti ammaestramenti derivanti dalla guerra in Ucraina.
Sorge spontanea a questo punto la domanda: perché non ci si è orientati ad acquisire un’unica linea di nuovi Leopard, ottimizzando la logistica, l’addestramento e il complessivo livello tecnologico? Risposta: soprattutto per questioni di tempi, ma anche di ricadute tecnologiche per l’industria nazionale. Infatti, per il nostro Ariete ammodernato è possibile avere già dalla fine del 2024 un numero di circa 25 esemplari/anno e quindi disporre entro fine 2028 di due reggimenti che garantiscono una brigata corazzata con importanti capacità già dal 2026. Per contro, per i nuovi Leopard, tenendo conto dell’iter parlamentare, degli adempimenti amministrativi e dei tempi per inizio produzione (stimati in 36 mesi dalla firma del contratto) si prevede l’introduzione dei primi esemplari solo a partire dal 2028. In sintesi l’Italia non può permettersi di restare per diversi anni senza una linea carri in un periodo segnato da crescenti minacce e tensioni. Se è vero che l’Ariete ammodernato (C2) non potrà essere all’altezza del Leopard 2/A-8, è altrettanto vero che i miglioramenti alla protezione passiva, al sistema di propulsione e soprattutto all’optronica, navigazione e comando e controllo lo rendono idoneo a fronteggiare situazioni operative complesse. Il nuovo carro tedesco costituisce senza dubbio un notevole salto di qualità soprattutto per il sistema di protezione attiva del tipo Eurotrophy e per le migliori performance relative alla potenza di fuoco e alla mobilità e sarà destinato ad equipaggiare i reggimenti della brigata Ariete, unità di punta corazzata del nostro Esercito.
Questa linea d’azione proposta dal capo di Stato maggiore dell’Esercito, approvata dal capo di Stato maggiore della Difesa e decisa, come detto, dal ministro Crosetto, apre la strada per future positive ricadute in termini tecnologici per la nostra industria terrestre e di collaborazioni in campo europeo che vanno assolutamente ricercate. Si tratta ora di valorizzare nel tempo questa scelta.
È assodato infatti che l’ammodernamento dell’Ariete consentirà al comparto industriale nazionale di adeguarsi agli standard tecnologici nel campo del sistema di propulsione, e soprattutto dei sensori, dell’optronica, del comando e controllo, della navigazione e dell’integrazione nei contesti interforze e multidominio. Si tratta ora di corredare l’acquisizione della nuova linea Leopard con parametri di cooperazione che prevedano preferibilmente anche la produzione e la grande manutenzione in Italia. Il tutto supportato da accordi anche in prospettiva che potranno includere joint ventures per il futuro meccanizzato per la fanteria (Aics- Armoured infantry combat system) che sostituirà il Dardo, altra stringente esigenza per il nostro esercito, per il quale sono già previsti nel Dpp circa ottocento milioni di euro per i prossimi sei anni al fine di sviluppare una famiglia di cingolati concepiti col criterio system of systems. Come risultato aggiuntivo una tale visione produrrebbe ulteriori ampie collaborazioni in campo europeo dove l’Italia otterrebbe una posizione di guida comune, senza andare a traino delle altrui scelte. Ciò anche con respiro di lungo termine con il futuro Mgcs europeo.
In definitiva, il salto quantitativo e tecnologico generato dall’accoppiata Ariete C2 più Leopard 2/A8 e derivati costituisce una risposta rapida e lungimirante per la nostra difesa nel settore dei corazzati. A ciò dovrà far seguito una celere decisione per in nuovo meccanizzato (AICS) e anch’esso dovrà essere frutto di collaborazioni internazionali, anche a vantaggio del pilastro europeo della difesa.
La DPA norvegese vieta temporaneamente la pubblicità comportamentale su Facebook e Instagram La DPA norvegese è la prima autorità nazionale per la protezione dei dati che dichiara illegale la pubblicità comportamentale sulle piattaforme Meta. noyb accoglie con favore questa decisione
“Se posti le foto di tuo figlio fai un grosso guaio. Te lo spiega Ella”
Ne scrivo oggi su HuffingtonPost Italia nella rubrica Governare il Futuro Qui il testo completo huffingtonpost.it/rubriche/gov…
La DPA norvegese vieta temporaneamente la pubblicità comportamentale su Facebook e Instagram La DPA norvegese è la prima autorità nazionale per la protezione dei dati che dichiara illegale la pubblicità comportamentale sulle piattaforme Meta. noyb accoglie con favore questa decisione
È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.
Ministero dell'Istruzione
#NotiziePerLaScuola È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.Telegram
"Pay or Okay" sul sito di notizie tecnologiche heise.de è illegale, decide la DPA tedesca L'Autorità per la protezione dei dati personali della Bassa Sassonia (LfD) ha deciso che la soluzione "Pay or Okay" utilizzata da heise.de è illegale
Lettera aperta: Il Commissario Reynders chiede di correggere le accuse inaccettabili contro le ONG Il commissario europeo Reynders ha ripetutamente attaccato le "organizzazioni non profit" come la noyb, sostenendo che esse portano i casi davanti alla CGUE come "modello di business".
La Commissione europea concede il terzo round ai trasferimenti di dati tra UE e USA presso la CGUE La Commissione europea annuncia il terzo "Safe Harbor", senza modifiche sostanziali. noyb riporterà la terza decisione di adeguatezza alla CGUE.
La CGUE dichiara ampiamente illegale l'approccio di Meta/Facebook al GDPR Nella decisione odierna, la CGUE ha dichiarato ampiamente illegale l'approccio di Meta/Facebook al GDPR, analogamente al precedente contenzioso di noyb davanti all'EDPB che ha portato a una multa di 390 milioni di euro.
Regolamento GDPR sulle procedure: "Spogliare i cittadini dei diritti procedurali" Oggi la Commissione europea ha presentato una proposta per risolvere la (mancanza di) cooperazione tra alcune autorità di protezione dei dati (DPA). Si tratta di un passo indietro, non di un passo avanti.
vittoria di noyb: Prima multa importante (1 milione di euro) per l'utilizzo di Google Analytics L'autorità svedese per la protezione dei dati (IMY) ha emesso decisioni contro quattro società e ha imposto una multa di 12 milioni di corone svedesi (1 milione di euro) a Tele2 e di 300.000 corone svedesi a CDON
StatusSquatter 🍫 reshared this.
Irlanda: Procedure discutibili del GDPR ora "confidenziali" Ieri il DPC irlandese ha ottenuto una vittoria risicata in Parlamento e ha fatto approvare una nuova legge che renderà impossibile criticare le procedure del DPC.
Il governo irlandese considera reato criticare le Big Tech e il DPC irlandese! Il governo irlandese tenta di introdurre di nascosto una disposizione nella legge irlandese sulla protezione dei dati che consente di dichiarare "riservata" qualsiasi parte della procedura. Le critiche legittime diventerebbero un reato.
TeleSign profila segretamente metà degli utenti di telefonia mobile del mondo TeleSign genera un "punteggio di reputazione" e lo vende a vari clienti. TeleSign ha ricevuto segretamente i dati dei telefoni cellulari da BICS, una società belga che fornisce servizi di interconnessione.
La società di pubblicità CRITEO multata per 40 milioni di euro La CNIL ha inflitto un'ammenda di 40 milioni di euro a CRITEO, la più grande società di pubblicità e tracciamento online in Europa, sulla base delle denunce presentate da noyb e Privacy International.
Nato globale. La sfida dell’alleanza post-Vilnius secondo Jean
L’annuale Summit Nato di Vilnius si è concluso quasi come da copione, cioè senza particolari decisioni o, se si vuole, con un successo simile al precedente vertice di Madrid del 2022. Le decisioni erano state prese in anticipo. Sicuramente anche con la “svolta” di Erdogan sull’entrata della Svezia nell’Alleanza. Il “furbo” venditore di tappeti l’aveva anticipata, consegnando a Zelensky cinque dei capi militari ucraini della Azov. Aveva promesso a Putin di trattenerli in Turchia, ma ha dimostrato di essere consapevole dell’indebolimento del padrone o ex-padrone del Cremlino e dell’esigenza di andare d’accordo con l’Occidente, date le disperate condizioni dell’economia turca.
Tutti si sono allineati con entusiasmo, più o meno sincero, agli orientamenti espressi dagli Usa prima della riunione. In particolare, l’Alleanza Transatlantica ha confermato il mutamento dalla formula “Russia out; America in; Germany down” a quella “Russia out; China away; Nato together”, nuova formulazione dell’”America in” data la necessità, almeno secondo Biden, di “blindare i legami transatlantici dalle possibili “stranezze” isolazioniste di una presidenza Trump. L’allargamento dell’Alleanza all’Indo-Pacifico – in pratica la trasformazione dell’Alleanza da regionale in globale – rappresenta una vittoria di Baker, contrario all’inizio degli anni ’90 al mantenimento della Nato perché troppo costoso rispetto ai vantaggi che ne traevano gli Usa (anche una di Cheney che proponeva di mantenerla solo se diveniva globale). Tale trasformazione, decisa a Madrid, a Vilnius è rimasta nel vago, non tanto per le perplessità della Francia, che ne teme un’ulteriore marginalizzazione, quanto perché riguarda aspetti come trasferimento di tecnologie critiche, commercio e investimenti che riguardano non la Nato, ma l’Ue e gli Usa.
Parimenti nel vago sono rimasti l’aumento dell’interesse dell’alleanza all’Artico e al Fianco Sud. Per entrambi nonostante i ponderosi studi del Saceur – gen. Chris Cavoli – non vi è convergenza di interessi, quindi di obiettivi e di strategie, fra i membri dell’Alleanza. Si rimane, quindi, nel generico delle dichiarazioni di principio, rivolte non tanto all’Alleanza, quanto alla propria opinione pubblica. Anche le ripetute insistenze italiane per il Fianco Sud – Mediterraneo allargato – Africa Subsahariana sono state tali, come le promesse di elevare i bilanci militari europei al 2% del Pil.
Il Summit è stato animato – almeno per i media – dalle proteste di Zelensky per la mancata approvazione di un preciso programma d’accesso del suo paese nelle Nato. Nessuno ci ha fatto particolarmente caso, anche perché l’interessato lo sapeva benissimo. I toni usati erano chiaramente rivolti all’opinione pubblica ucraina. Tali sono stati anche i “richiami all’ordine” della delegazione Usa. Hanno avuto un effetto immediato. Zelensky ha subito cambiato di tono. Alle proteste sono subentrati i ringraziamenti per il sostegno ottenuto e per quello promesso, in pratica un “contentino” per non farlo tornare a casa con le mani vuote. Era in posizione di debolezza, dato che la controffensiva non sta procedendo con il ritmo sperato, creando difficoltà a vari governi che sostengono Kiev rispetto alle loro opinioni pubbliche.
Da segnalare è il fatto che al vertice aleggiava nell’aria la conclusione a cui era giunto a Kiev il Capo della Cia, che cioè un negoziato con la Russia si dovrebbe iniziare anche senza il preventivo ritiro di Mosca dalla Crimea, argomento finora tabù per Zelensky. Egli ha sinora subordinato l’inizio di un negoziato di pace al completo ritiro russo da tutti i territori che erano ucraini all’atto dell’indipendenza nel 1991.
La modifica principale in corso nell’Alleanza rimane comunque la sua trasformazione strisciante da regionale a globale. Le opinioni pubbliche europee non ne sono consapevoli. L’interesse dell’Europa per l’Indo-Pacifico si traduce per esse in qualche più o meno folcloristica crociera nell’Oriente misterioso. Taluni vi si oppongono in nome di un alquanto misteriosa autonomia strategica dell’Europa, che non riesce a elaborare una politica e una strategia comune neppure per l’Africa. A nessuno viene in mente che l’Ue potrebbe provvedere alla propria sicurezza – senza l’apporto determinante degli Usa – solo dotandosi di un arsenale nucleare proprio e della capacità politica di deciderne l’utilizzo per la dissuasione e se necessario per l’impiego. Fino a quando tali premesse non verranno realizzate non vi è alternativa alla Nato e, data l’interdipendenza esistente al mondo, a una Nato globale e non solo regionale e a un sostegno agli Usa nel loro confronto con la Cina.
Occorrerebbe un dibattito approfondito come quello svoltosi negli Usa dopo la “caduta del muro”. Allora si scontrarono le due tendenze contrapposte dell’allargamento a Est dell’Alleanza e del progetto d’integrazione di Mosca in Europa (generosamente finanziata dalla Germania e dagli Usa e anche dall’Italia), sostenuta da studiosi – a parer mio alquanto idealisti se non fuori dalla realtà – come Kennan (che peraltro era stato contrario al containment militare – e non solo economico e culturale – dell’Occidente all’Urss. È una contrapposizione tuttora viva anche nelle discussioni sulle cause del ritorno della Mosca di Putin alle fantasie imperialiste che hanno giustificato l’aggressione di Putin all’Ucraina. L’argomento tornerà centrale qualora, con la vittoria di Trump alle presidenziali del prossimo anno, dovessero prevalere negli Usa le tentazioni isolazioniste.
PALESTINA. Mohammed Bakri: «Possibile Jenin Jenin 2»
Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint
di Michele Giorgio
(questo articolo è stato pubblicato in origine dal quotidiano Il Manifesto)
Pagine Esteri, 17 luglio 2023 – Mohammed Bakri a Jenin è tornato varie volte dopo il 2002, l’anno in cui girò il documentario «Jenin Jenin» sulla distruzione di metà del campo profughi da parte dell’esercito israeliano durante l’operazione Muraglia di Difesa. Un film che al regista e attore palestinese, con cittadinanza israeliana, è costato un lungo scontro legale con i comandi militari, con serie conseguenze per il suo lavoro. «Speravo di non tornare mai più qui a Jenin per un’altra devastazione e per altre sofferenze…non è stato così purtroppo» dice Bakri al manifesto raccontando dei giorni che ha trascorso nel campo profughi dopo l’incursione del 4 e 5 luglio dei reparti speciali israeliani: 12 palestinesi e un soldato uccisi, oltre alla distruzione di strade e infrastrutture civili che il comune di Jenin ha calcolato in oltre 15 milioni di dollari. «La storia si ripete» commenta Bakri. «Gli abitanti, i civili inermi del campo profughi – aggiunge – pagano ancora una volta il conto più alto. Ho incontrato persone che stanno rivivendo lo stesso dramma dopo 21 anni. Oggi non ci sono le distruzioni immense del 2002 solo perché (i militari israeliani, ndr) sono rimasti nel campo 48 ore e non un mese». Il regista non si sbilancia, non conferma ma neppure smentisce l’indiscrezione che lo vuole pronto a girare «Jenin, Jenin 2». Bakri, infine, spende qualche parola per il presidente dell’Anp Abu Mazen che ieri ha visitato Jenin. «Molti (palestinesi) lo attaccano – afferma – tanti altri gli rivolgono accuse gravi, ma cosa può fare Abu Mazen per fermare Israele?». Tanti palestinesi replicano che il presidente può mostrarsi più vicino alla sua gente, adottare posizioni chiare e attuare, non solo minacciare, la fine della cooperazione di sicurezza con Israele.
In questo contesto non piò passare inosservato che l’88enne presidente palestinese nei giorni scorsi sia tornato a Jenin, che dista da Ramallah poche decine di chilometri, dopo ben 18 anni. Già questo dato da solo rappresenta un indizio per comprendere perché la popolazione di questa città, roccaforte con il suo campo profughi della militanza armata palestinese, guardi all’Autorità nazionale palestinese come una entità inutile se non addirittura ostile e complice dell’occupazione militare israeliana. Il 5 luglio Mahmoud Al Aoul, il vice di Abu Mazen alla guida del partito Fatah, è stato cacciato via da Jenin dalla folla inferocita mentre da un palco esprimeva solidarietà alle vittime dell’incursione israeliana. «Il campo profughi di Jenin è un simbolo di lotta, di fermezza e di sfida nel mondo intero» ha proclamato Abu Mazen dopo il suo arrivo rivolgendosi agli abitanti della città e del campo profughi. Al suo fianco c’erano il primo ministro, Mohammed Shtayyeh, il ministro dell’Interno, Ziyad Hab al Rih, e il governatore di Jenin Akram Rajoub. «Il popolo palestinese è unito e non lascerà mai la sua terra» ha aggiunto il presidente dell’Anp, assicurando che «la ricostruzione inizierà immediatamente e sarà rapida. Jenin diventerà migliore di quanto fosse in precedenza e con l’unità nazionale e la sicurezza costruiremo la nostra patria». Infine, ha deposto una corona di fiori al nuovo cimitero dei martiri nel campo profughi e ha recitato la Fatiha del Corano in memoria delle vittime dell’operazione israeliana, ricordandone «il ruolo nel cammino di liberazione della patria».
La visita di Abu Mazen riuscirà ad invertire la tendenza che vuole l’Anp, almeno nei sondaggi, in caduta libera nel gradimento dei palestinesi? Difficile crederlo. In ogni caso il controllo dell’Anp a Jenin al momento è pura fiction. La popolazione accusa le forze di sicurezza dell’Anp di non aver protetto i palestinesi la scorsa settimana, di essere rimaste nelle loro basi durante il raid e di non aver tentato in alcun modo di fronteggiare le truppe israeliane. L’Anp ieri è stata denunciata di nuovo per la repressione dei membri dei movimenti islamici Hamas e Jihad islami in Cisgiordania. Una linea del pugno di ferro che ha rischiato di far saltare, l’incontro al Cairo dei leader di tutte le fazioni palestinesi per un ennesimo tentativo di riconciliazione nazionale. Pagine Esteri
Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint
L'articolo PALESTINA. Mohammed Bakri: «Possibile Jenin Jenin 2» proviene da Pagine Esteri.
Yoon a sorpresa in Ucraina per promettere più aiuti. La strategia di Seul
Il presidente sudcoreano, sotto pressione per inviare armi, incontra Zelensky. Cina e Russia avviano manovre navali congiunte nel mar del Giappone
L'articolo Yoon a sorpresa in Ucraina per promettere più aiuti. La strategia di Seul proviene da China Files.
In Cina e Asia – Il Pil cinese rallenta allo 0,8%
Il Pil cinese rallenta allo 0,8%
Aspettando il viaggio in Cina, Borrell incontra Wang Yi a Giacarta
CPTPP: ci vuole tempo per valutare la domanda di adesione della Cina
Il Papa approva nuovo vescovo di Shanghai
Esercitazione aeronavale sino-russa nel Mar del Giappone
Modi negli Emirati: accordo sulle transazioni nelle valute locali. E Yellen torna in India
L'articolo In Cina e Asia – Il Pil cinese rallenta allo 0,8% proviene da China Files.
PRIVACYDAILY
Ted Kaczynski, the globalist élites, and you
Theodore Kaczynski, passed away in prison on June 10, 2023, at the age of 81. Despite his violent crimes, Ted was likely one of the few who truly understood the contemporary world and had the ability to describe it clearly in his manifesto: “The Industrial Society and its future."
Ted harbored a deep resentment for the "industrial revolution and its consequences", arguing that while technological advancements have extended life expectancy, they have also "destabilized society and made our lives hollow, unsatisfying, and demeaning."
According to Ted, one of the most glaring symptoms of rampant modern discomfort is what he, as early as 1992, referred to as "leftism". By this term, he didn't mean a specific leftist political trend, but a broader and fragmented phenomenon that refers to all new collectivist, anti-individualist, and politically correct ideologies.
Privacy Chronicles is a reader-supported publication. To receive new posts and support my work, consider becoming a free or paid subscriber.
Indeed, where once Marxism and the left were synonymous with revolution against bourgeois institutions, today's "left" comprises various ideologies proliferating through woke, LGBTQI+, environmental activism, and so forth — funded by the same elite they once sought to battle.
We could say, using Ayn Rand's words, that the "leftists" carry a "tribal thinking" typically collectivist, which leads them to act and think in unison, even without any central planning.
Notice this ever-growing phenomenon: as soon as a catalyst event occurs, masses of people automatically conform to this or that mainstream thought. For instance, how many people do you know who suddenly decided to specify their pronouns on social media — as if they were searching for a lost identity?
The Lost Identity
I believe that the theme of identity is central in the collectivist phenomenon described by Ted and which surround us. To better understand, one might find insights in two vastly different works that share the theme of identity: J.D. Salinger's novel "Catcher in the Rye" and the Japanese anime "Ghost in the Shell: Stand Alone Complex".
Neurotechnologies, transhumanism and mental privacy
Elon Musk is yet again talking about Neuralink, a research company engaged in the development of engineering solutions capable of interfacing with our brains and helping disabled people to regain motor and audio-visual functions. He says human trials will finally begin soon.
The technology developed by Neuralink (Link) is called brain-computer interface, and literally promises miracles, as can be read from the website:
We are designing the Link to connect to thousands of neurons in the brain, so that it may one day be able to record the activity of these neurons, process these signals in real time, and translate intended movements directly into the control of an external device. […] As users think about moving their arms or hands, we would decode those intentions, which would be sent over Bluetooth to the user’s computer.
For now, we’re flying low, so to speak. The Neuralink chip could in fact allow quadriplegic people to use a computer and related devices with their thoughts, without the need for external equipment. I admit that if I could write with my mind, it would help me too, a lot.
Privacy Chronicles is a reader-supported publication. To receive new posts and support my work, consider becoming a free or paid subscriber.
However, Elon Musk is not the only one engaged in research in the field of neurotechnology. Start-ups are springing up all over the world with the aim of developing and marketing consumer products (therefore not medical devices) ready to interface with the human brain.
A fistful of dollars
Today we'll talk about a topic that might seem detached from what I usually talk about, but which is actually closely linked to the concept of privacy and freedom: money.
We all use it from an early age, so much and often that we forget its meaning. Yet money is the technology that shapes our society more than any other.
Unfortunately today it has been corrupted and increasingly exploited to monitor us and censor our thinking.
It is increasingly risky not to know the basics of this technology and how its characteristics shape human society. We are on the verge of a huge global upheaval at the basis of which lies precisely the concept of money and it is better to be prepared.
Want to understand what's wrong with the world and regain control of your life? Join the Privacy Chronicles newsletter and community and support our work!
From sea shells to paper
The earliest examples of shells and objects used as money date back more than 75,000 years in South Africa.
Source: nakamotoinstitute.org/shelling-out/
From what we know, practically all human cultures, since prehistoric times, had the habit and interest of collecting artistic objects composed of sea shells, teeth and bones of various types, which were then used as jewels, necklaces or heirlooms to pass on to future generations.
But why did primitive men, perpetually in conditions of life danger and extreme scarcity of food, spend time collecting these things?
There are various psychological and evolutionary theories about it, but what interests us is that these objects very often also had a utilitarian function: the shells and bones of which they were made were used as a means of exchange within the tribes and between different tribes, as well as a method for maintaining the historical memory of "favors" and exchanges, in a time when man had not yet learned to write.
The shells were removed from the necklaces, to then be stitched back; each shell that was added to the chain of previous shells represented a successful transaction.
The system was efficient, because these objects could be worn to be sure not to lose them and could also be transported easily, thus facilitating transactions between different tribes.
But what gave them value? We could say that these objects derived their value from their relative scarcity: it took work and time to look for the sea shells, refine them and produce the necklaces, in a time when every hour spent not hunting increased the risk of not eating.
More than anything, however, these shells had value as a technology and were useful for decreasing the transaction costs that afflicted a system based on barter and lack of trust, in an age of extreme scarcity of resources, in which every tribe was a potential enemy. These heirlooms were also often used as payment to the strongest tribes, to avoid violent oppression. Basically, an ancestor of taxes.
Shells were gradually replaced by coins made from precious metals, such as gold and silver. Subsequently, it was the turn of paper bonds representative of precious metals, especially gold; this concept later came to be known as the “Gold Standard”.
Source: 21lessons.com
The US dollar was born as a representative title of gold and silver, depending on the denomination. Until the end of the 1920s, dollars still bore the wording "silver/gold certificate". Unfortunately, the more the statism and centralization of the US government increased, the more this wording began to become smaller and smaller, until it disappeared completely - together with the wording "payable to the bearer on demand".
Over the years, the United States realized that they had printed and exported too many dollars: the Treasury's gold reserves were not sufficient to cover all the demand. Thus in 1971 Nixon unilaterally decided to put an end to the convertibility of dollars.1
Today we are experiencing an experiment never seen before in human history: we use a currency detached from any type of material resource, work and time, whose value is simply artificially imposed by law.
The morality of money
Many today look at money as a necessary evil - the result of profit and capitalism, an economic system despised by many people as the apical expression of human selfishness, cruelty and exploitation of others2. But is it?
First of all: money is a technology made possible by peaceful and productive men who preferred free cooperation to violence. Money certainly don’t derive its value from the violent parasites who appropriate the work of others. The coins represent the intellectual strength of productive and peaceful people,and certainly not the brute force that characterizes the oppression of the strongest over the weakest.
Money has therefore an ethical value: it’s what allows the value of ideas and work to be exchanged between people. Basically, money has value because it allows the exchange of intellectual effort. Money - any money - has value only when it can be exchanged for the result of the work of others.
In the words of Ayn Rand:
Not an ocean of tears not all the guns in the world can transform those pieces of paper in your wallet into the bread you will need to survive tomorrow. Those pieces of paper, which should have been gold, are a token of honor - your claim upon the energy of the men who produce3.
The axiom is that every man possesses himself and the fruit of his own intellect and work.
Since the human intellect is the first and most important means of production, we could say that the first capitalist4 in human history was precisely the Homo Sapiens Sapiens, who thanks to his intellect invented money to exchange the resources he produced and increase the chances of peaceful survival in a hostile world. Monetary technology is the daughter and product of free market.
It is an indispensable tool for human survival. Human civilization is shaped by the characteristics of the currency we choose (or are forced) to use.
The end of the Gold Standard
Money is not just a technology for free and ethical exchange between people. It is also the barometer of society. By looking at the its state and characteristics, we can evaluate the virtuosity and health of the society in which we live.
Again, in the words of Ayn Rand5:
"Whenever destroyers appear among men, they start by destroying money, for money is men's protection and the base of a moral existence. Destroyers seize gold and leave to its owners a counterfeit pile of paper. This kills all objective standards and delivers men into the arbitrary power of an arbitrary setter of values. Gold was an objective value, an equivalent of wealth produced.
Paper is a mortgage on wealth that does not exist, backed by a gun aimed at those who are expected to produce it. Paper is a check drawn by legal looters upon an account which is not theirs: upon the virtue of the victims. Watch for the day when it bounces, marked, 'Account overdrawn.'“
The destroyers arrived in 1971 with the exit from the Gold Standard, turning the currency into future debt, with no connection with the objective reality that surrounds us and with the natural laws of our world, such as the time and resources used to mine and forge gold.
The exit from the Gold Standard has disrupted the roots of the entire human civilization (WTF Happened in 1971), starting with time preferences. A real coin has a particular characteristic: it maintains its value over time. This allows people to accumulate wealth across generations, thus increasing well-being and the chances of survival.
As Federico Riviwrites in his “Bitcoin Train Summer Stop #4”, quoting Saifedean Ammous: “the lowering of time preference is what starts the process of human civilization and allows human beings to cooperate, prosper and live in peace”.
Conversely, a higher time preference (i.e. short-term) leads people to prefer immediate results, even to the detriment of their own future. The concept is not as trivial as it seems: time preferences shape our way of thinking.
The more the currency is devalued, increasing the quantity in circulation, the more people's time horizon is compressed.
A shorter time horizon generates instability, fear for the future, and in general a lack of freedom resulting from lower purchasing power. In the last 20 years the euro has lost more than 50% of its value; the dollar more than 68%. We could say, in this sense, that today we are 50% less free than 20 years ago, and that in 2022 we are, for now, 10% less free than in 2021.
Giving more importance to the immediate benefit means giving in to instincts, giving up reason, planning, cooperation in favor of violence. It means, in short, getting close to animals.
What matters, however, beyond the economic effect of the end of the Gold Standard, is the effect on the very nature of the currency, which since 1971 has been devoid of any anchorage to the physical and real world.
Money should objectively represent the value, morality and virtue of human society. A currency at the mercy of politics, without any anchorage to the real world, cannot represent any virtue or morality. Thus society is doomed to double standards, contradictions, relativism, and violence.
Money as a weapon
Money has long ceased to be an instrument through which men exchange value and virtue to become a weapon of which goverments and central banks hold an absolute monopoly.
The Cantillon effect and inflation are economic tools through which the elites who control the currency and are closest to the source expropriate wealth and time from the rest of the world and diminish our freedom6.
The next evolution of money, the Central Bank Digital Currencies, will be even worse. These native digital currencies will allow States to completely dominate the freedom of thought and the ability to act freely of every person on the face of the earth.
Central Bank Digital Currencies transform monetary technology into mass surveillance and control technology.
Since the currency is an indispensable tool for human survival, and since the characteristics of the currency determine human behavior and the characteristics of the society in which we live, it is possible to say that whoever controls this technology has the power to control the world.
For the first time in the world, social changes will not be an indirect consequence of the characteristics of the currency, but predictable and programmable within the currency itself. For example, Central Banks and governments could encourage or discourage certain human behaviors thanks to this new currency-software. We are already observing small incentives of this type, for example with regard to the monitoring of the "CO2 quotas of each electronic transaction".
Giving in to the CBDC future means submitting one's thoughts, privacy and freedom to the thought and violence of a few subjects who will have an almost divine power over our lives.
Back to sea shells?
The history of money is one of progressive centralization, violent monopolies and increasingly evident estrangement between the creators of money and the users.
During prehistoric times each tribe had the power to produce its own currency (shell necklaces). This made each tribe autonomous and not subject to the power of others. Between 1200 and 1500, a glorious period in Italian history, each city-state produced its own currency: Amalfi, Venice, Genoa, Florence. The direct control of the currency was probably one of the causes of their prosperity.
Today, our currencies are even more distant from us. In Europe, the Euro is managed by a Central Bank that responds solely to its own rules, with obscure monetary policies often subject to political interference that radically impact the entire continent.
Fortunately, for the first time in human history, we have the opportunity to separate ourselves from the violent monopoly of the state and central banks, which impose the use of a currency that is debt, to free us from the chains that today are called inflation and financial surveillance.
There is an alternative to the yoke of debt and future totalitarian surveillance of Central Bank Digital Currencies and it is called Bitcoin. A free, decentralized currency, not controllable by anyone but verifiable by anyone.
A currency linked to objective reality through computational work and the laws of physics (thermodynamics). A currency that cannot be artificially devalued by introducing additional units into the system. A currency that ontologically separates the individual from the State, through a peer-to-peer monetary system that does not require any intermediary, either for production or for its use.
But above all, a currency that eliminates the transaction costs deriving from surveillance and state violence, which are increasingly evident and increasingly unsustainable. I am referring in particular to the numerous episodes of blocking of people's current accounts (and therefore their ability to survive) due to the nature of their transactions, their nationality or due to false positives by the automated surveillance and evaluation algorithms of banks.
Money is not evil and it is not the source of all evil. However, it could become so in the near future. It's up to us to choose which side we're on.
"Until and unless you discover that money is the root of all good, you ask for your own
destruction. When money ceases to be the tool by which men deal with one another, then men become the tools of men. Blood, whips and guns--or dollars Bitcoin. Take your choice--there is no other--and your time is running out."
Ayn Rand
Thanks for reading!
Want to support Privacy Chronicles? Either subscribe or donate a few sats with your favourite LN wallet. Just scan the QR Code!
Non Invalsi più
youtube.com/embed/fmvjy4xbEKs?…
L'articolo Non Invalsi più proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
chiamare il verde pedonale a #Roma, e ricevere in cambio inutili cinguettii elettronici
Mi piacerebbe che la funzione del pulsante fosse specificata: con il miraggio di attraversare prima inneschiamo solo indesiderato inquinamento acustico.
la bocca piccola dei secchioni della spazzatura di #Roma
Non mi sorprende che la gente lasci tutto in terra invece di dover lottare spingendo faticosamente, e vedo vecchietti che si fanno venire un infarto sotto al sole nel civico tentativo di riuscire a fare la differenziata.
Chi vuole sbarazzarsi abusivamente dei calcinacci tranquillamente alza il coperchio.