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Un anno fa l’omicidio di Mahsa Amini, ma nessuno si occupa più della rivolta delle donne in Iran


A ormai quasi un anno dalla morte a Teheran di Mahsa Amini, e dopo quasi un anno di cronache sul movimento di protesta che quel decesso in stato di custodia da parte della polizia morale ha generato, viene da chiedersi quanto l’opinione pubblica italiana

A ormai quasi un anno dalla morte a Teheran di Mahsa Amini, e dopo quasi un anno di cronache sul movimento di protesta che quel decesso in stato di custodia da parte della polizia morale ha generato, viene da chiedersi quanto l’opinione pubblica italiana abbia potuto realmente approfondire la propria conoscenza del presente dell’Iran, come anche della frastagliata natura dell’opposizione iraniana all’estero. Quante opportunità abbia cioè avuto tramite i resoconti dei media – resoconti in realtà intermittenti negli ultimi mesi, rispetto al periodo tra settembre e febbraio – di andare oltre il sistema binario della narrativa militante (il “regime” che reprime e la “rivoluzione” del movimento Donna Vita Libertà), per comprendere il sistema politico e sociale iraniano nelle sue tante stratificazioni e dinamiche interne. Termini con i quali qui si intendono i diversi gradi di opposizione e di consenso dentro al Paese verso l’ordinamento della Repubblica Islamica e dei gruppi oligarchici – religiosi, politici, economici e militari – che la governano.

Perché, più che dai desideri rivoluzionari della diaspora, proprio da questi diversi gradi di opposizione e di consenso, e dai loro slittamenti presenti e futuri, dipendono in ultima analisi gli esiti delle potenti istanze di cambiamento che il movimento delle donne e dei giovani – espressione a loro volta di più ampi gruppi sociali, più o meno attivi sulla scena pubblica – ha espresso e alimentato in questi mesi.

Chi scrive pensa che questo anno quasi compiuto di eventi e cronache iraniani sia anche stata un’occasione persa per conoscere più in profondità il Paese. Complici i meccanismi con cui l’informazione su questi eventi giungeva fino a noi, il semi-monopolio della gestione delle fonti da parte di alcuni media e gruppi più organizzati dell’opposizione all’estero (prevalentemente in lingua inglese e basati tra Usa e Gran Bretagna) e infine di una certa, colpevole superficialità di certo giornalismo italiano. Che spesso aderiva acriticamente a quelle stesse visioni militanti – la negazione stessa di un’informazione indipendente, cui non si chiede di schierarsi ma di dare una rappresentazione il più “terza” possibile delle forze in campo -, rinunciando a ulteriori approfondimenti. E rinunciando perfino a indagare la reale appartenenza dei proprio interlocutori, visto che l’opposizione all’estero è divisa tra diverse anime e gruppi, talvolta in acerrima contrapposizione fra loro.

Le diverse voci della diaspora, e il nodo della loro rappresentatività

Questi ultimi mesi, per esempio, hanno registrato la mancata creazione di un’ampia piattaforma politica unitaria da parte della Alleanza per la Democrazia e la libertà in Iran, cui partecipavano figure riconosciute e influenti come la giornalista Masih Alinejad, lo scrittore irano-canadese Hamed Esmaeilion (rappresentante dei familiari delle vittime dell’aereo civile abbattuto per colpevole errore dalla contraerea dei Pasdaran nel gennaio 2020), la premio Nobel Shirin Ebadi e il figlio dell’ultimo scià, Reza Pahlavi, dal 1979 residente negli Usa. Il venir meno di questo tentativo, nonostante il varo della cosiddetta “Carta di Mahsa” alla Georgetown University il 9 marzo scorso, è coinciso da una parte con un autonomo affermarsi del movimento monarchico guidato da Reza Pahlavi (che sulla rete conta quasi mezzo milione di adesioni a una petizione in suo sostegno), dall’altra con un ulteriore intensificarsi dell’azione politica del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana: organizzazione che si autodefinisce come una coalizione di forze democratiche fondate a Teheran nel 1981 e la cui presidente Maryam Rajavi è la leader dei Mojahedin del Popolo, riconosciuti anche nelle sigle Mek, Pmoi e Mko.

Chi scrive non è in grado di quantificare il radicamento effettivo di quest’ultima organizzazione in Iran e nella diaspora, e c’è da chiedersi chi davvero lo sia, vista in particolare la clandestinità con cui opera in Iran. Ma è certo dovere di chiunque ne parli ricordare che, oltre a essere l’organizzazione più strutturata dell’opposizione, si tratta di una realtà molto controversa tra gli iraniani: e questo in particolare per il fatto di avere combattuto a fianco di Saddam Hussein nel lungo conflitto tra Iran e Iraq degli anni Ottanta. Fra i tanti altri fatti che definiscono il Mek vi è quello che migliaia di suoi militanti furono vittima delle esecuzioni arbitrarie e di massa di prigionieri politici disposte dai cosiddetti “comitati della morte” nel 1988, per ordine dell’Ayatollah Khomeini – e alla quale partecipò anche l’attuale presidente Ibrahim Raisi, allora giovane magistrato. Che la Repubblica Islamica considera il gruppo un’organizzazione terroristica, responsabile di numerosi attentati negli anni post-rivoluzione e accusata da Teheran di aver ucciso a sua volta migliaia di iraniani. Che anche la Ue e gli Usa li avevano inseriti nelle proprie liste delle organizzazioni terroristiche rispettivamente fino a 2009 e al 2012; che ad oggi il Consiglio nazionale della resistenza iraniana ha il supporto di esponenti conservatori Usa come Mike Pence e John Bolton, e una grande capacità di influenza nei parlamenti europei, Italia compresa.

La visita di Maryam Rajavi nel luglio scorso a Roma – su iniziativa del presidente della Commissione per le politica dell’Unione Europea del Senato Giulio Terzi di Sant’Agata (FdI) e del segretario generale della Fondazione Einaudi, Andrea Cangini – è stata infatti accompagnata dall’adesione di 307 parlamentari italiani, anche dell’opposizione, al suo programma per un nuovo Iran post-Repubblica Islamica. Per quella visita, lo ricordiamo, il governo iraniano ha convocato il nostro ambasciatore a Teheran, Giuseppe Perrone. Ma che il Mek sia anche un elemento divisivo tra le forze dell’opposizione iraniana è riconosciuto dallo stesso Cangini, per il quale, come scriveva il 14 luglio, il conflitto interno alle opposizioni “in effetti, c’è. Ed è un conflitto violento. In molti non credono alla conversione democratica dei mujahidin della signora Rajavi, in molti ne ricordano il fanatismo e le violenze ai tempi di Khomeini e dopo. Ogni dubbio è legittimo”.

Ecco, dubitare è legittimo e dubitare si dovrebbe sempre. Soprattutto se si cerca un’informazione a tutto campo, che guardi alla complessità e non alle semplificazioni, che abbia fonti sempre verificate e dichiarate, a meno che non siano giustificatamente riservate. Sono i requisiti base di un buon giornalismo, che non sempre si riesce a realizzare ma verso il quale si dovrebbe sempre tendere. Ma che talvolta è mancato in quest’ultimo anno di cronache iraniane, accompagnate spesso da un clima pesante e conflittuale anche ai danni di alcuni esponenti dei media, accusati da certi simpatizzanti dell’opposizione (in particolare proprio del Mek, ma non solo) di non essere abbastanza “partigiani” come loro.

Fra meno di un mese sarà il primo anniversario della morte di Mahsa Amini. Le donne, i giovani, gli attivisti e i giornalisti iraniani continuano in varie forme la loro lotta per la libertà e i diritti di tutti. Speriamo che anche le nostre cronache, e gli atteggiamenti della diaspora in Italia, siano sempre all’altezza di questi stessi valori.

Luciana Borsatti su Il Foglio

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BRICS, il vertice più atteso al via in Sudafrica: obiettivo cambiare gli equilibri globali | L'Indipendente

«Prenderà il via domani a Johannesburg, in Sudafrica, fino al 24 agosto il quindicesimo vertice dei BRICS, attesissimo in quanto considerato uno dei più importanti dalla fondazione del gruppo che si è dato come obiettivo principale quello di porre la basi per instaurare un nuovo ordine internazionale multipolare più equo di quello “unipolare” attuale, in grado di contrastare e sfidare l’egemonia occidentale.»

lindipendente.online/2023/08/2…



#NotiziePerLaScuola

È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.

🔸 Educazione motoria, bandito il concorso per l’assunzione di 1.



Il Massacro di Nanchino: Un Capitolo Oscuro della Storia


Introduzione La Cina e il Giappone, due nazioni dell’Estremo Oriente, sono state plasmate nel corso dei secoli da influenze culturali, dinamiche sociali e avvenimenti politici molto diversi. Tuttavia, nel corso della storia, il destino diContinue reading

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Lavoro, casa, auto: per i giovani il sogno cinese è un miraggio


Lavoro, casa, auto: per i giovani il sogno cinese è un miraggio 8864363
Sui social montano le critiche al Partito comunista: tra gli under 24 la disoccupazione sarebbe al 46,5%. E allora il governo smette di comunicare i dati. Da «sdraiati» a «figli a tempo pieno»: le nuove generazioni reagiscono così alla disillusione No data. No problem. La Cina ha deciso di sospendere la pubblicazione dei dati sulla disoccupazione giovanile nel Paese dopo ...

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Cina, il pericolo è un popolo disilluso


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Aumentano le spese sanitarie, quelle per l'educazione, ma diminuisce la sensazione di poter programmare il proprio futuro. Ed è questo che può mettere in difficoltà sia l'economia cinese, sia la sua guida politica

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Biden "arruola” l’Asia? E Xi va in Sudafrica puntando al sud globale


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La Cina risponde al summit di Camp David tra Usa, Giappone e Corea del sud. Lunedì Xi Jinping in Africa per il summit dei Brics. E intanto lancia nuove esercitazioni militari sullo Stretto di Taiwan, in risposta al transito americano del vicepresidente Lai

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L'impressionante espansione della mafia in Veneto svelata dalle carte dei giudici | L'Indipendente

«Indicibili intrecci tra imprenditoria e criminalità organizzata, crescita esponenziale dell’economia sommersa, ma anche intimidazioni mafiose ai danni di giornalisti e sindacalisti a colpi di arma da fuoco, in cui ad agire da burattinai sono uomini d’affari in giacca e cravatta: c’è tutto questo nella nuova maxi-inchiesta contro la ‘ndrangheta della Direzione distrettuale antimafia di Venezia, che ha puntato la sua lente di ingrandimento sul pericoloso binomio tra mafia e colletti bianchi in un’area dello stivale che, almeno a detta delle autorità, negli ultimi decenni sembrava essersi difesa piuttosto bene dall’opera di “colonizzazione” messa a punto dal crimine organizzato nel Nord Italia.»

lindipendente.online/2023/08/1…




Evergrande, Country Garden, Zhongrong: i nomi della crisi immobiliare cinese


Evergrande, Country Garden, Zhongrong: i nomi della crisi immobiliare cinese evergrande
La richiesta di bancarotta protetta da parte di Evergrande arriva dopo due anni di difficoltà, ma a preoccupare Pechino potrebbe essere più Country Garden e il riflesso sul sistema bancario ombra e dei fondi fiduciari

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PODCAST SUDAN. Onu: «La situazione sta andando fuori controllo»


Le Nazioni unite lanciano l'allarme quattro mesi dopo l'inizio nel paese africano del conflitto tra il capo dell'Esercito Abdel Fattah Al Burhan e il leader miliziano Hamdan Dagalo. La Cnn rivela massacro di centinaia di civili avvenuto ad Al Geneina L'a

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Pagine Esteri, 18 agosto 2023. Più di 1 milione di persone sono fuggite dal Sudan e chi è rimasto nel paese non ha più cibo a sufficienza. 1.017.449 persone hanno raggiunto i paesi vicini già alle prese con l’impatto di conflitti precedenti.

Della guerra tra l’Esercito e le milizie delle Rsf, entrata nel suo quinto mese, e della situazione per i civili sudanesi abbiamo parlato con Stefano Rebora, direttore dell’associazione “Music for Peace” in partenza per il Sudan con aiuti umanitari e materiali per gli ospedali.
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Veloce, stealth e green. Ecco il nuovo aereo da trasporto per l’Usaf


Un nuovo aereo da trasporto per la Forza aerea statunitense più veloce e, soprattutto, più green. È questo il cuore del progetto che la US Air force ha affidato a JetZero, una start up innovativa specializzata in aerei più efficienti in termini di carbura

Un nuovo aereo da trasporto per la Forza aerea statunitense più veloce e, soprattutto, più green. È questo il cuore del progetto che la US Air force ha affidato a JetZero, una start up innovativa specializzata in aerei più efficienti in termini di carburante, in partnership con Northrop Grumman, per la realizzazione di un prototipo di velivolo per la flotta da trasporto strategico della forza armata a stelle e strisce. È previsto che il primo prototipo prenderà il volo nel 2027, e se i test avranno esito positivo, il nuovo aereo potrebbe rimpiazzare gli attuali C-5 e C-17 da trasporto e l’aerocisterna KC-46.

Il Z-5, questo il nome dato al nuovo aereo, vedrà lo sviluppo di un nuovo tipo di fusoliera, più sottile, che integrerà tra loro il corpo del velivolo con le ali, un design che ricorda maggiormente il bombardiere stealth B-2 Spirit rispetto ai più classici aerei da trasporto come i Boeing 747. Il nuovo design, in pratica, appiattisce la fusoliera facendo assomigliare l’aereo a un grosso triangolo, una forma più aerodinamica che permetterà al velivolo di essere più efficiente nel proprio consumo di carburante e meno visibile ai radar. La struttura più leggera, inoltre, sarà il 50% più efficiente rispetto ai modelli tradizionali, permettendo al Z-5 di volare al doppio del raggio degli attuali sistemi in servizio. Un obiettivo che, se raggiunto, permetterebbe all’Aeronautica statunitense di ridurre sostanzialmente una delle sue maggiori voci di spesa: quella per il carburante. L’Usaf, infatti, consuma ogni anno miliardi di galloni di carburante. Inoltre, il nuovo modello permetterebbe anche di ridurre l’impronta ambientale della forza armata.

Il progetto fa parte di una iniziativa guidata dall’Unità per l’innovazione della Difesa del Pentagono, e riceverà un finanziamento di quaranta milioni di dollari da parte del governo nell’anno fiscale 2023, mentre le Forze armate metteranno sul progetto ulteriori 235 milioni fino al 2026, oltre alla possibilità di aprire anche a investitori privati. Se il prototipo dovesse diventare un programma dell’Usaf a tutti gli effetti, la Forza armata sarebbe pronta a costruire simultaneamente alla produzione dei velivoli la supply chain e le altre necessità logistiche che permettano una transizione il più rapida possibile del nuovo velivolo nella linea operativa. Naturalmente, per l’Usaf il programma non sarà l’unica soluzione per la prossima generazione di programmi per il trasporto strategico e il rifornimento in volo, ma il progetto è strutturato per aprire nuove prospettive sull’efficienza energetica dei velivoli che gli aerei Usa del prossimo futuro dovranno necessariamente possedere.

Lo studio di questo nuovo sistema risponde inoltre alla necessità della Difesa statunitense di mantenersi sempre in vantaggio rispetto alla corsa tecnologica cinese, mettendosi nelle condizioni di essere in grado di manovrare in vantaggio rispetto alle forze di Pechino in caso di conflitto. Il focus del Pentagono nella regione dell’Indo-Pacifico, infatti, richiede il possesso di sistemi in grado di viaggiare più a lungo, più lontano e più veloce, mantenendo al contempo i consumi i più contenuti possibile. I cargo e i tanker dovranno volare sempre più spesso e in cieli sempre più contesi, ed è per questo che la Difesa e l’industria sono chiamate a reimmaginare i velivoli strategici. L’efficienza dei consumi permette di effettuare più voli, la maggiore velocità di raggiungere prima le proprie destinazioni, e la maggiore flessibilità risultante potrà darà un vantaggio significativo alle forze combattenti nei campi di battaglia del futuro.

Foto: Usaf


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Le nozze strategiche tra Seul e Tokyo le celebra Biden


Le nozze strategiche tra Seul e Tokyo le celebra Biden 8818671
A Camp David vertice tra Stati uniti, Corea del Sud e Giappone. Sullo sfondo il timore del crescente allineamento tra Cina e Russia. I tre leader annunceranno esercitazioni militari, linea telefonica diretta e cooperazione su lotta alla coercizione economica e cybersicurezza

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23 anni di trasferimenti illegali di dati a causa di DPA inattive e nuovi accordi UE-USA Una nuova analisi del Noyb mostra come la combinazione di DPA inattive e di un nuovo accordo della Commissione europea abbia portato a 23 anni di violazioni della privacy 3 years of 101 complaints


noyb.eu/it/23-years-illegal-da…



Israele-Arabia saudita. Normalizzazione dei rapporti resta lontana


Riyadh vuole passi israeliani verso la fine dell'occupazione militare dei Territori palestinesi. Sul tavolo anche la cooperazione con gli Stati uniti sul nucleare civile. Tel Aviv contraria L'articolo Israele-Arabia saudita. Normalizzazione dei rapporti

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di Michele Giorgio

(questo articolo è stato pubblicato in origine dal quotidiano Il Manifesto)

Pagine Esteri, 18 agosto 2023 – Israele sapeva che l’Arabia saudita intendeva nominare un ambasciatore presso i palestinesi. «Lo sapevamo ma i sauditi non si sono coordinati con noi e non erano tenuti a farlo» ha precisato il ministro degli esteri Eli Cohen cercando di sminuire la portata della decisione presa dalla monarchia Saud di nominare l’ambasciatore ad Amman, Nayef bin Bandar Al Sudairi, anche ambasciatore non residente e console generale a Gerusalemme Est. La nomina, ha aggiunto Cohen in una intervista radiofonica, è avvenuta «sullo sfondo dell’avanzamento dei colloqui tra Usa e Arabia saudita riguardo la normalizzazione dei rapporti con Israele». I sauditi – ha sostenuto il ministro israeliano – «volevano mandare un messaggio ai palestinesi per far capire che non li abbandoneranno». In parte è come spiega Cohen. Però la mossa saudita è ben più complessa, proprio perché si inserisce nella lunga trattativa avviata dalla Amministrazione Biden desiderosa di pareggiare, con la normalizzazione tra monarchia Saud e Stato ebraico, il risultato conseguito da Donald Trump che tre anni fa di fatto impose a quattro paesi arabi – Emirati, Bahrain, Marocco e Sudan – di avviare rapporti ufficiali con Israele nel quadro degli Accordi di Abramo.

Il fatto che Riyadh abbia nominato Al Sudairi a Gerusalemme non significa che ci sarà un consolato saudita nella zona araba della città (occupata da Israele nel 1967). «Non permetteremo l’apertura di alcuna rappresentanza diplomatica (rivolta ai palestinesi) a Gerusalemme», ha detto perentorio Cohen che si è poi affannato a smentire che «la questione palestinese sia centrale nei colloqui tra Usa e Arabia saudita». Invece è importante, anche se non quanto i rapporti militari e la cooperazione nel nucleare civile che Riyadh intende raggiungere con Washington in cambio della normalizzazione con Israele. I Saud, che si proclamano i guardiani della Mecca e di Medina, non intendono passare alla storia per aver lasciato a Israele il controllo di tutta Gerusalemme, con la Moschea di Al Aqsa (terzo luogo santo dell’Islam), e dimenticato i diritti dei palestinesi sulla zona araba (Est) della città santa.

Forse la nomina dell’ambasciatore era stata decisa nei mesi scorsi. Non è però passato inosservato che sia stata comunicata pochi giorni dopo le preoccupazioni espresse dal ministro degli esteri palestinese Riyad al Maliki a proposito della normalizzazione con Israele. I palestinesi temono che rapporti ufficiali tra sauditi e israeliani indeboliscano ulteriormente il già debole sostegno arabo alla loro causa e minare le speranze di uno Stato indipendente. Come stiano andando le cose al tavolo dei negoziati non è chiaro. Le notizie fatte filtrare dalle due parti attraverso fonti anonime ai media, dal New York Times al Wall Street Journal (Wsj), dicono che i sauditi si attendono passi concreti di Israele per favorire la piena autodeterminazione di milioni di palestinesi sotto occupazione militare.

È difficile immaginare che il governo di estrema destra in carica in Israele possa compiere quei passi che neppure il laburista Yitzhak Rabin accettò di muovere trent’anni fa firmando gli Accordi di Oslo con Yasser Arafat. Quando giorni fa la Nbs gli ha chiesto delle concessioni ai palestinesi come parte di un accordo con i sauditi, il premier Netanyahu ha risposto che «I palestinesi dovrebbero avere il potere di governarsi e nessuno dei poteri per minacciarci». Nel linguaggio della destra israeliana queste parole escludono la sovranità palestinese perché uno Stato indipendente per Netanyahu e i suoi alleati minaccerebbe la sicurezza di Israele.

Tutto lascia pensare che la normalizzazione tra Arabia saudita e Israele sia ancora lontana anche se il Wsj la prevedeva giorni fa entro un anno. Riyadh vuole l’aiuto di Washington per sviluppare un programma civile di arricchimento dell’uranio e sistemi di difesa missilistica Thaad. Lo ha ripetuto il 27 luglio al Consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan che ha incontrato il principe ereditario Mohammed bin Salman (MbS). Un programma nucleare civile che Netanyahu e i suoi ministri e anche il capo dell’opposizione Yair Lapid respingono. Israele vuole che l’Amministrazione Biden offra ai sauditi una protezione militare rafforzata. Da parte sua MbS conferma che Israele è un «alleato potenziale» ma ribadisce che per Riyadh l’iniziativa araba del 2002 – pace in cambio del ritiro israeliano dai Territori palestinesi occupati – resta la chiave per la piena normalizzazione israelo-saudita. Con un governo israeliano ultranazionalista che non ha annesso a Israele la Cisgiordania solo per l’opposizione degli Usa, anche una breve moratoria sulla costruzione di insediamenti coloniali sul territorio palestinese manderebbe in frantumi la maggioranza. E Netanyahu sotto processo non può permetterselo. Pagine Esteri

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Cultura e impegno sociale chiudono l’estate della Pigna. Torna Scambi Festival: laboratori e spettacoli dal 24 al 27 agosto nel centro storico

@Etica Digitale (Feddit)

Tra gli eventi di #ScambiFestival segnaliamo il laboratorio “Direzione FediVerso!” in collaborazione con il collettivo @Etica Digitale e #Slimp (Software Libero #Imperia): saranno lanciate spedizioni di mappatura del quartiere su #OpenStreetMap e alla scoperta del #Fediverso, l’universo dei social network alternativi.

cc @Tommi @Scambi Festival

Qui l'articolo completo

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Dai detriti ai satelliti spia. Così si monitorano le minacce in orbita


Fin dai primi istanti dell’invasione russa dell’Ucraina, le immagini satellitari fornite dalle compagnie private si sono rivelate un asset strategico fondamentale, capaci di seguire i movimenti delle unità militari sulla superficie, dalle colonne corazzat

Fin dai primi istanti dell’invasione russa dell’Ucraina, le immagini satellitari fornite dalle compagnie private si sono rivelate un asset strategico fondamentale, capaci di seguire i movimenti delle unità militari sulla superficie, dalle colonne corazzate agli incrociatori in mare. L’utilizzo dei satelliti nel comparto militare non è nuovo, e anzi lo sviluppo stesso degli oggetti artificiali in orbita ha seguito la necessità strategica di poter osservare in qualunque momento le mosse dell’avversario.

Oggi, gli occhi di satelliti potrebbero non essere più rivolti solo alla superficie terrestre, ma guardare anche a quanto accade oltre l’atmosfera, nelle orbite intorno a loro. E visto che i satelliti che scattano foto di oggetti nello spazio sono gli stessi a cui oggi ci affidiamo per riprendere le immagini della Terra, è previsto nel breve periodo un aumento consistente dei lanci di questo tipo di piattaforme, in modo da coprire e monitorare sia il suolo che le orbite. Una necessità, visto il numero sempre più elevato di oggetti nello spazio, dai detriti spaziali ai satelliti capaci di interferire con le piattaforme in orbita.

Il Pentagono ha da tempo hanno lanciato l’allarme riguardo a satelliti dal comportamento anomalo, a partire dal satellite russo denominato “Luch” che nel 2014 aveva avvicinato e stazionato per molte settimane vicino al satellite Usa Intelsat 901. Mosca ha poi lanciato nel corso degli anni altri sistemi ritenuti in grado di agganciare in maniera ostile le piattaforme extra-atmosferiche. Essere in grado di osservare in tempo quasi-reale le orbite, dunque, significa anche essere in grado di prevenire questo tipo di minacce.

A guidare questo cambio di paradigma c’è la compagnia aerospaziale americana Maxar Technologies, tra le protagoniste della sorveglianza spaziale delle prime fasi dell’invasione russa. La società, con sede in Colorado, si occupa di comunicazioni satellitari, e ha dato grande visibilità al proprio monitoraggio dei movimenti russi. Adesso, la società, oltre a fornire immagini delle orbite all’amministrazione statunitense, si sta proponendo di diffondere questa capacità anche al settore privato. Le nuove compagnie della Space economy, infatti, potrebbero beneficiare di questo tipo di informazione sia per monitorare i propri asset già in orbita, sia nelle delicate fasi di lancio di vettori, evitando potenziali collisioni con detriti oltre l’atmosfera.

Attualmente, l’industria dell’analisi delle immagini geospaziali vale circa nove miliardi di dollari, e secondo le stime è destinata a crescere fino a 37 miliardi di dollari nei prossimi quattro anni. Secondo la Us Space force, il mercato della Space situational awareness, la capacità, cioè, di tenere sotto controllo i movimenti di oggetti nello spazio, varrà da solo quasi due miliardi di dollari entro il 2028.

Non è un caso se la stessa Space force ha di recente affidato a Northrop Grumman un contratto per la realizzazione di due siti radar per l’osservazione dello spazio profondo (Deep space advanced radar capability – Darc), parte dello sforzo per potenziare “le capacità di awareness nel dominio spaziale in grado di prevenire le aggressioni”, come spiegato dal Comando sistemi spaziali della Ussf. Lo scopo dei siti Darc, infatti, è proprio quello di tracciare i satelliti attivi e i detriti fino all’orbita geosincrona. Un primo sito è già in fase di sviluppo, con un costo di 341 milioni di dollari, nella regione dell’Indo-Pacifico. I nuovi due Darc dovrebbero essere realizzati in Europa e negli Stati Uniti continentali.


formiche.net/2023/08/dai-detri…



Francesco Cossiga e la sua attenzione alla Sicurezza. Scrive il gen. Tricarico


Sintetizzare in uno scritto – per di più con il capestro delle dimensioni mediatiche – la figura e la personalità di Francesco Cossiga è semplicemente impossibile. Ho però la fortuna di aver vissuto in presa diretta una delle sue “creature”, uno degli int

Sintetizzare in uno scritto – per di più con il capestro delle dimensioni mediatiche – la figura e la personalità di Francesco Cossiga è semplicemente impossibile.

Ho però la fortuna di aver vissuto in presa diretta una delle sue “creature”, uno degli interessi ricorrenti nel suo lungo radicamento nella politica e nelle istituzioni: quello della Sicurezza, quello di un suo specifico cruccio che lo portava ad approfondire, al di là delle sue precipue attribuzioni, ogni tema legato alla sicurezza collettiva, anche nelle più ampie dimensioni istituzionali.

Ero ancora in servizio attivo quando il presidente Cossiga mi rese partecipe delle sue preoccupazioni sulla procedura, da poco resa operativa anche in Italia, mediante la quale il governo – Cossiga era convinto che un generale dell’Aeronautica sarebbe rimasto con il cerino in mano – era autorizzato a dare l’ordine di fuoco su un velivolo civile con terrorista a bordo. Su questa fattispecie di evenienza egli era convinto che alla prima occasione si sarebbe aperto uno scenario di impedimenti giuridici insuperabili che – secondo lui – postulavano una riflessione più profonda e una attenta revisione della norma appena varata.

Qualche anno più tardi il suo “pallino” per la sicurezza avrebbe fatto un altro centro con la nascita di Icsa, la Fondazione da lui voluta, concepita, avviata e indirizzata in maniera concreta, operativa e attuale, semmai qualcuno avesse nutrito dubbi sulla possibile nascita di uno dei tanti organismi di facciata di cui è ricco il panorama italiano.

Ricordo con nettezza quel pomeriggio di novembre 2009 all’hotel Cicerone in Prati quando, all’atto dell’insediamento, gli organi della Fondazione, freschi di ratifica notarile, furono chiamati da Cossiga – presidente onorario – a esprimersi, uno ad uno in un giro di tavolo, sulla bozza della legge di riforma dei servizi di Informazione. Dal presidente Marco Minniti a tutti noi – ed eravamo tanti e piuttosto familiari con la materia – fummo puntualmente ingaggiati in una discussione di merito nella quale, come al solito, ne sapeva più di tutti.

Rimase con noi come presidente onorario per poco più di un anno. Poi si lasciò andare, non lottò più, lasciandoci un’eredità che tuttora facciamo di tutto per onorare con il nostro impegno quotidiano e nel suo ricordo riconoscente e devoto.


formiche.net/2023/08/francesco…



Se paghi salti la fila al pronto soccorso: la sanità neoliberista arriva a Bergamo | L'Indipendente

"Quello dei pronto soccorsi a pagamento rappresenta uno dei risultati più evidenti del processo di smantellamento del Sistema sanitario nazionale e si può considerare l’anticipazione della sanità del futuro nel suo complesso se non ci sarà un’inversione di tendenza in quest’ambito. Si tratta della vittoria del neoliberismo e del business sullo stato sociale e sulla cura e i servizi ai cittadini."

lindipendente.online/2023/08/1…



Al campionario di fesserie ripetute dalla destra per giustificare la contrarietà all'introduzione di una salario minimo per legge si aggiungono oggi le esterna


Come si hackera un satellite? Il team italiano vince la sfida della Space force


L’Italia è stata protagonista del concorso Hack-A-Sat, l’evento annuale promosso dal laboratorio di ricerca della US Space Force e della US Air Force per contribuire a migliorare la cyber-sicurezza dei satelliti impiegati dal Dipartimento della Difesa. Un

L’Italia è stata protagonista del concorso Hack-A-Sat, l’evento annuale promosso dal laboratorio di ricerca della US Space Force e della US Air Force per contribuire a migliorare la cyber-sicurezza dei satelliti impiegati dal Dipartimento della Difesa. Una squadra del nostro Paese, il team “mHACKeroni”, ha infatti battuto cinque gruppi di ricercatori informatici internazionali in una sfida per prendere il controllo di un vero satellite in orbita. Le cinque squadre si sono cimentate in nove diverse sfide, sette delle quali prevedevano l’hacking del Moonlighter CubeSat quale banco di prova per la cyber-security in orbita, il primo e unico sandbox di hacking nello spazio. I mHACKeroni, un conglomerato di cinque gruppi di ricerca informatica italiani, si sono aggiudicati 50mila dollari per il primo posto.

Nei precedenti eventi Hack-A-Sat, i concorrenti hanno utilizzato delle simulazioni di satelliti a terra (chiamati FlatSats) o un gemello digitale del satellite Moonlighter. Quest’anno, invece, oltre alle sfide a terra, ben sette sono state effettuate con il satellite effettivamente in orbita, mettendo alla prova le proprie competenze in campo spaziale, tra cui le operazioni sui veicoli orbitanti, le comunicazioni in radiofrequenza e il reverse engineering. L’obiettivo della competizione è svolgere una missione definita di “ruba bandiera”: le squadre di hacker devono trovare stringhe di testo (chiamate appunto “bandiere”) nascoste in programmi progettati per essere vulnerabili (cioè, senza dover mettere davvero a repentaglio la macchina, permettendo al contempo di testarne i limiti nei propri sistemi di sicurezza). La sfida principale prevedeva l’hacking di Moonlighter per costringerlo a scattare una foto di un obiettivo terrestre a scelta della squadra, scaricando poi l’immagine presa su una stazione di terra, aggirando i blocchi di sicurezza del satellite che gli impedivano di fotografare determinate aree.

Moonlighter è un CubeSat 3U (composto da tre cubi da dieci centimetri per dimensione) costruito da The Aerospace Corporation in collaborazione con il Comando sistemi spaziali della Us Space force. Il satellite è stato lanciato su un Falcon 9 di SpaceX verso la Stazione spaziale internazionale il 5 giugno e da lì è stato dispiegato nell’orbita terrestre bassa il 6 luglio per essere utilizzato non solo nel concorso Hack-A-Sat, ma anche come futuro banco di prova per i prossimi test di cyber-security del Pentagono.


formiche.net/2023/08/hacker-sa…



Weekly Chronacles #41


Eyeballs, travel IDs and humanoid robots

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A me gli occhi


Worldcoin, il progetto lanciato da Sam Atman (quello di ChatGPT) a fine luglio, condividerà la sua tecnologia anche alle aziende.

La palla iper-tecnologica1 per scansionare l’iride delle persone e creare un’identità univoca potrà quindi essere usata in futuro dalle aziende (e anche agenzie governative, immagino) per verificare l’identità delle persone, indossolubilmente legata alla scansione biometrica dei loro occhi.

Dall’inizio dei test più di 2 milioni di persone si sono iscritte volontariamente al programma. Lo stesso Sam Atman su X postava una media di circa 1 persona ogni 8 secondi, con file estenuanti anche ben fuori dai locali.

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Ebbene sì, viviamo in un mondo in cui le persone fanno la fila per farsi schedare da una palla robotica e ricevere in cambio un token. Nel frattempo, il governo del Kenya ha deciso di vietare Worldcoin all’interno del paese, e alcune autorità europee hanno iniziato delle indagini in merito alla protezione dei dati delle persone.

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Documenti, per favore


Un documento interno del governo canadese2 mostra alcuni dettagli su un progetto chiamato Known Traveller Digital Identity (KTDI) iniziato come test pilota nel 2018 insieme al World Economic Forum, oltre al governo olandese e la Royal Dutch Airlines. Pare che nel 2021 siano stati stanziati più di 100 milioni per realizzare questo schema d’identità digitale che dovrebbe sostituire la fase di controllo dei documenti cartacei negli aereoporti.

Non c’è dubbio che progetti di questo tipo saranno sempre più frequenti. Già in Italia abbiamo aereoporti che volontariamente hanno integrato sistemi di fast-track attraverso la scansione biometrica del viso delle persone. Eppure non c’è molto da festeggiare per questo rinnovato comfort: l’esperienza del green pass insegna che uno strumento del genere può facilmente trasformarsi in un mezzo per autorizzare o negare gli spostamenti di alcune persone (hai pagato tutte le tasse prima di uscire dal paese?).

Un robot per evitare il Boomercausto®


Una start-up cinese, Fourier Intelligence, ha iniziato a fare quello che tutti ci aspettavamo: costruire robot umanoidi con un “cervello” simile a chatGPT. Si chiama GR-1 e sarà il primo robot umanoide costruito su scala industriale, dicono.

La missione di questo robot umanoide sarà, a quanto pare, evitare il Boomercausto®3. Si stima infatti che in Cina entro il 2035 gli over 60 passeranno da 280 milioni a più di 400. Sarà molto difficile sopperire alla domanda di cure mediche e assistenza, data la contemporanea diminuzione di giovani in età lavorativa, e così dovremo rivolgerci ai robot.

Considerando che ChatGPT supera facilmente i test di medicina e che ci sono già casi in cui le sue diagnosi sono migliori e più accurate di medici umani, potrebbe effettivamente essere una misura interessante avere un robot-maggiordomo che si prenda cura del nonno. Ma chi potrà permetterselo e quali saranno le ripercussioni psicologiche di delegare la cura e l’assistenza degli umani a una scatoletta di alluminio? Il rischio è che i nuclei familiari, già annientati da quasi un secolo di neo-marxismo, ne risentano ancora di più.

Weekly memes


Weekly quote

“All human beings have three lives: public, private, and secret.”
Gabriel García Márquez

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Your eyes, please


Worldcoin, the project launched by Sam Altman (the creator of ChatGPT), at the end of July, will provide access to its technology for businesses as well.

The hyper-technological ball for scanning people's irises and creating a unique identity could, therefore, be used in the future by companies (and likely government agencies as well) to verify people's identities, inextricably linked to the biometric scanning of their eyes.

Since the beginning of the tests, more than 2 million people have voluntarily enrolled in the program. Sam Altman himself on X was reportedly adding an average of about 1 person every 8 seconds, with lines forming even well outside the premises.

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Indeed, we live in a world where people stand in line to be registered by a robotic ball and receive a token in return. Meanwhile, the government of Kenya has decided to ban Worldcoin within the country, and some European authorities have initiated investigations regarding the protection of people's data.

Papers, please


An internal document of the Canadian government reveals some details about a project called Known Traveller Digital Identity (KTDI), which began as a pilot test in 2018 in collaboration with the World Economic Forum and theDutch government and the Royal Dutch Airlines. It appears that over 100 million dollars were allocated in 2021 to realize this digital identity scheme, intended to replace the paper document verification process at airports.

There is no doubt that projects of this nature will become increasingly common. In Italy, for instance, there are airports that have voluntarily integrated fast-track systems through biometric facial scanning of individuals.

However, there isn't much to celebrate for such a comfort: the experience of the green pass teaches us that a digital ID can quickly turn into a tool for approving or denying transportation access to certain people (have you paid all your taxes before leaving the country?).

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A robot to save Boomers


A Chinese startup, Fourier Intelligence, has begun doing what many expected: building humanoid robots with a "brain" similar to chatGPT. It's called GR-1, and they claim it will be the first humanoid robot built on an industrial scale.

The mission of this humanoid robot, apparently, is to address the "Boomercaust." It's estimated that in China by 2035, the population of individuals over 60 years old will increase from 280 million to over 400 million. Meeting the demand for medical care and assistance will be challenging due to the concurrent decrease in the young working-age population, hence the need to turn to robots.

Considering that ChatGPT easily passes medical tests and there are already cases where its diagnoses are better and more accurate than those of human doctors, having a robot butler that takes care of the elderly could indeed be an interesting measure. But who will be able to afford it, and what will be the psychological repercussions of delegating human companionship to an aluminum box? The risk is that families, already affected by nearly a century of neo-Marxism, might suffer even more.

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The GR-1 presentation video


privacychronicles.it/p/weekly-…



Pubblichiamo la traduzione di una lettera aperta inviata alle organizzazioni della comunità ebraica statunitense sottoscritta finora da più di 1.700 accademic


Etiopia, le conseguenze della guerra rischiano di smembrare il popolo del Tigray


Le conseguenze della guerra di 2 anni iniziata in Tigray, stato regionale settentrionale dell’ Etiopia, ha prodotto degli strascichi e delle conseguenze atroci e disumane. La società è arretrata di decenni e rischia di smebrarsi. Alcune delle statistiche

Le conseguenze della guerra di 2 anni iniziata in Tigray, stato regionale settentrionale dell’ Etiopia, ha prodotto degli strascichi e delle conseguenze atroci e disumane. La società è arretrata di decenni e rischia di smebrarsi.

Alcune delle statistiche menzionate in questo sondaggio del confronto pubblico condiviso per mezzo video da TPM – Tigray Public Media.

  1. 81% dei giovani intervistati è disoccupato/senza lavoro
    31% vuole essere imprenditore
    29% vuole essere impiegato
    40% vuole migrare
  2. il 40% che vuole migrare è composto da:
    67% maschio 33% femmine
    59% vivono in zone urbane 41% in contesto rurale
    37% appartiene alla fascia di età 15-24 ed il 63% appartiene alla fascia di età 25-54
  3. 78% dei giovani intervistati non vuole continuare gli studi (soprattutto quelli sopra 8° anno)
  4. 74% dei giovani intervistati non aspira a prendere parte agli aspetti sociali
  5. 66% dei giovani intervistati non mostra alcun interesse a migliorare la propria forma fisica e mentale
  6. 86% degli intervistati non desidera sposarsi: disperazione ed emarginazione economica

youtube.com/embed/V1OVP6UFxaQ?…


tommasin.org/blog/2023-08-16/e…



Mentre il governo italiano prosegue sulla strada dell'oscurantismo proibizionista, il governo tedesco ha approvato un disegno di legge che prevede la legalizzaz


L’ennesima morte sul lavoro, questa volta è accaduta alla Spezia. Nello specifico il lavoratore era del comparto della logistica, un settore divenuto sempre


Il regista iraniano Roustayi condannato al carcere per aver presentato il suo film a Cannes


Il regista è stato accusato di contribuire alla propaganda degli oppositori e di mettere in cattiva luce l'Iran. Per 5 anni non potrà girare film L'articolo Il regista iraniano Roustayi condannato al carcere per aver presentato il suo film a Cannes provi

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Pagine Esteri, 16 agosto 2023. Leila’s Brothers, in italiano “Leila e i suoi fratelli” ha vinto a Cannes il premio Fipresci 2022, il riconoscimento che viene assegnato durante il Festival dalla Federazione internazionale della stampa cinematografica. È un film che racconta la storia di una famiglia di Teheran alle prese con la difficile situazione economica del Paese. Una famiglia divisa i cui membri sembrano inseguire ambizioni personali e il solo riconoscimento sociale, tranne Leila, che tenta di rimettere insieme i pezzi per provare a tenere tutti al sicuro. Sullo sfondo di un Paese con gravi difficoltà economiche la storia racconta il patriarcato e la difficile situazione sociale.

È il terzo film prodotto da Saeed Roustayi, 34 anni, che nel 2021 con La Loi de Teheran, selezionato a Venezia e Grand Prix de Reims Polar, raccontava la lotta al traffico di droga in Iran. Anche il lungometraggio del 2016, Life and a Day, parlava del suo Paese, attraverso la storia della partenza di una giovane ragazza che lascia la sua famiglia.

Il regista è stato condannato a sei mesi di carcere per aver presentato il film al Festival di Cannes senza aver ricevuto il permesso del governo iraniano. Insieme al produttore Javad Noruzbegi è stato accusato di “contribuire alla propaganda degli oppositori” contro la Rivoluzione e di mettere in cattiva luce l’Iran. Alla condanna si aggiunge il divieto, per 5 anni, di effettuare riprese video. Gran parte della pena è sospesa e il regista sconterà, probabilmente, solo pochi giorni di prigione. Rimane il divieto di girare e di partecipare a competizioni o festival internazionali.

La proiezione del film era già stata vietata in Iran nel 2022, dopo la presentazione a Cannes. Secondo le autorità iraniane il divieto era dovuto al rifiuto da parte del regista di “correggere” le parti segnalate dalla commissione governativa.

L’attrice protagonista che interpreta Leila, Saeed Roustaee, era stata arrestata nel dicembre 2022 dopo aver pubblicato un video di sostegno alle proteste delle donne iraniane scoppiate dopo l’uccisione della giovane Mahsa Amini. Rilasciata a gennaio 2023, prima dell’arresto scrisse in un post su Instagram: “Rimango e non ho intenzione di andarmene come si dice in giro. Non ho passaporto né residenza in nessun altro paese se non l’Iran. Resterò, smetterò di lavorare, sarò al fianco delle famiglie dei prigionieri e delle persone uccise ed esigerò il rispetto dei loro diritti“. Pagine Esteri

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ECUADOR. Al voto tra omicidi, minacce e violenze


Autobombe, attentati con dinamite, assassinii, rapimenti e ammutinamenti nelle carceri. Il Paese è diventato il più insicuro della regione L'articolo ECUADOR. Al voto tra omicidi, minacce e violenze proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/202

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di Davide Matrone –

Pagine Esteri, 16 agosto 2023. Non si ferma la violenza in Ecuador, ormai il Paese più insicuro dell’intera regione secondo i dati dell’Istituto CID Gallup del gennaio 2023 che registra alti indici di omicidi in proporzione alla popolazione totale. Sette anni fa invece risultava essere il 2° paese più sicuro del sudamerica. Siamo a pochi giorni dalle elezioni presidenziali e in piena campagna elettorale è stato ucciso uno degli otto candidati alla presidenza della Repubblica: Fernando Villavicencio. Il candidato della destra – già parlamentare per il partito CREO del Presidente Guillermo Lasso – è stato freddato con tre colpi di pistola dopo un comizio elettorale a Quito lo scorso 9 agosto.

L’episodio drammatico è avvenuto in una delle strade centralissime della capitale del paese. Le dinamiche dell’attentato sono al vaglio degli inquirenti che devono valutare quali sono state le faglie del sistema di protezione per il lider del movimento politico “Construye”. Nel frattempo son stati fermati 6 colombiani che apparterrebbero al commando che ha ucciso il giornalista e politico ecuatoriano. Di attentati verso dirigenti politici se n’erano registrati alcuni nelle zone della costa nelle ultime settimane ma non ancora nella regione Sierra. Con questo episodio, l’allarme si attiva sempre di più anche nel cuore del centro politico e amministrativo della nazione. Fernando Villavicencio è l’ultimo di una lunga lista tra uccisi e minacciati nel campo della politica. Javier Pincay, Julio Farachio nella località di Salinas, Omar Menéndez nella zona di Puerto López e il candidato al parlamento Rider Sánchez per Esmeraldas. Poi ancora, Luis Chonillo della città di Durán e Agustín Intriago sindaco di Manta sono caduti in questo 2023 sotto la violenza della malavita del paese.

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Fernando Villavicencio, il candidato alle elezioni in Ecuador, ucciso a colpi di arma da fuoco

Inoltre, è di questi giorni la notizia del sequestro lampo alla figlia dell’ex sindaco di Quito, Yunda, ad opera di 5 uomini incappucciati, come narra lo stesso ex sindaco in un pubblico tweet. E per finire, l’uccisione di Pedro Birmeo a Esmeraldas nella giornata del 14 agosto. I sequestri, le minacce, gli omicidi sono trasversali. Qualsiasi politico, di qualsiasi coalizione o partito politico può essere oggetto di minacce e violenze. A questa situazione si aggiunge un clima di criminalità diffusa in tutto il Paese in cui ogni giorno si registrano casi di autobombe, attentati con dinamite, episodi di sicariato e ammutinamenti nelle carceri che continuano nel pieno caos. Addirittura è stato scoperto un allevamento di pesci in un padiglione della carcere di Guayaquil senza che la autorità ne sapessero nulla. Il Paese sembra in balia delle onde o meglio ancora controllato da bande criminali che hanno conquistato sempre più pezzi di territorio.

Giornalisti intimiditi lasciano il paese

Non solo politici ma anche giornalisti e ricercatori di notizie hanno dovuto lasciare il Paese in quanto minacciati. L’hanno fatto, inoltre, durante il governo democratico e difensore della libertà di espressione di Lasso e non durante il periodo del governo tirannico e antidemocratico di Rafael Correa. Stranezze della vita. Tra i casi da annoverare c’è quello della giornalista Karol Noroña del mezzo GK di Guayaquil che nel marzo del 2023 è dovuta fuggire dal paese per minacce di morte. La giornalista stava realizzando una serie di ricerche sui fatti avvenuti nelle carceri del paese. I due giornalisti Andres Boscán e Mónica Velásquez del mezzo di comunicazione La Posta lo scorso 25 luglio sono usciti dall’Ecuador per aver ricevuto minacce sulle ricerche che stavano realizzando sul caso Il Padrino, a seguito del quale si evidenziò l’esistenza di una presunta struttura criminale che opererebbe nelle imprese pubbliche. Secondo uno studio dell’agenzia Fundamedios, nei primi 7 mesi del 2023 si sono avuti 151 attacchi contro la stampa e la mancata applicazione della legge organica della comunicazione per fondi insufficienti. Si era stabilito che nel novembre del 2022 si dovesse creare un meccanismo di prevenzione e protezione per i giornalisti attraverso il Consiglio di sviluppo e di promozione dell’Informazione e della Comunicazione. Tutto ciò è ancora in alto mare.

Il dibattito presidenziale

Nella giornata del 13 agosto si è tenuto il primo e unico dibattito presidenziale con la presenza dei 7 candidati presidenziali e con un posto vuoto per l’assenza di Fernando Villavicencio. Il dibattito – che dibattito non è stato affatto – è cominciato con un minuto di silenzio e con la presentazione del regolamento e della dinamica dell’incontro televisivo. Un regolamento assurdo che non ha permesso ai candidati di analizzare i problemi enormi del paese e di dare proposte concrete. Ognuno aveva 1 minuto a disposizione e inoltre, c’erano altri pochissimi 15 secondi per controbattere agli interventi degli interlocutori. Infine, dopo ripetute interruzioni dei presentatori che hanno più distratto che animato il “dibattito”, quest’ultimo ha alimentato ancor di più i dubbi invece che dare certezze all’elettorato ecuatoriano. I candidati sembravano scolaretti impegnati nell’esposizione di fine anno alla presenza dei maestri di scuola. Al momento la candidata Luisa González avrebbe più consensi ma non il 40% per vincere al primo turno e si prevede un ballottaggio con il candidato della destra Juan Topic. La candidata del movimento Revolución Ciudadana è tra il 30-33%mentre alle spalle c’è il candidato del Partito Social Cristiano in una forbice che va dal 15 al 17%. Il ballottaggio è previsto per il prossimo mese di ottobre. Il 20 agosto avremo risposte più chiare sulle elezioni anticipate in Ecuador 2023.

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Etiopia, l’Eritrea fa muro alle richieste britanniche sul ritiro dei soldati dal Tigray


Il ministro dell’informazione dell’Eritrea ha detto venerdì che il suo governo aveva convocato un diplomatico britannico per protestare contro le osservazioni dell’ambasciatore britannico in Etiopia che esortava Asmara a ritirarsi dalla regione etiope del

Il ministro dell’informazione dell’Eritrea ha detto venerdì che il suo governo aveva convocato un diplomatico britannico per protestare contro le osservazioni dell’ambasciatore britannico in Etiopia che esortava Asmara a ritirarsi dalla regione etiope del Tigray.

Le truppe eritree hanno sostenuto le forze etiopi durante la guerra di due anni del governo federale contro il Tigray People’s Liberation Front (TPLF) e sono state accusate dagli Stati Uniti e dai gruppi per i diritti di alcune delle peggiori atrocità del conflitto.

La guerra si è conclusa con un accordo di pace (CoHA accordo di cessazione ostilità) firmato nel novembre dello scorso anno che prevedeva il ritiro delle forze straniere, ma Asmara non era parte dell’accordo e le sue truppe continuano a essere presenti nelle zone confinanti con il Tigray.

L’inviato britannico in Etiopia Darren Welch mercoledì 9 agosto, in un’intervista pubblicata online, ha detto all’emittente Tigrai TV che il governo del Regno Unito ha sostenuto “le richieste verso forze eritree di ritirarsi completamente ai propri confini”.

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L’ambasciatore del Regno Unito ha anche promesso finanziamenti per promuovere le attività di indagini sulle responsabilità per le violazioni dei diritti umani in Tigray.

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Giovedì 11 agosto 2023 il ministero degli Esteri dell’Eritrea ha convocato l’incaricato d’affari britannico ad Asmara “per trasmettere un messaggio forte a Whitehall sulle osservazioni ingiustificate dell’ambasciatore britannico in Etiopia… apparentemente a sostegno delle affermazioni irredentiste del TPLF”, ha dichiarato il ministro dell’Informazione Yemane Gebremeskel su X, precedentemente Twitter.
Eritrea, convoca diplomatico britannico dopo dichiarazioni ambasciatore UK sul ritiro delle truppe eritree ddall' Etiopia.Eritrea, convoca diplomatico britannico dopo dichiarazioni ambasciatore UK sul ritiro delle truppe eritree ddall’ Etiopia.
Da diverse fonti è giunta la notizia che i soldati eritrei hanno continuato ad accedere al Tigray via Humera in questi giorni di agosto, specialmente domenica 13 agosto che è stato giudicato come il maggior afflusso (stime 100/200 soldati).

Da Arab News si legge che:

“L’Eritrea si è staccata dall’Etiopia nel 1993 e ha combattuto una guerra di confine di due anni con il suo vicino – allora governato dal TPLF – che ha avvelenato le relazioni fino a un accordo di pace nel 2018, dopo che il primo ministro Abiy Ahmed è salito al potere ad Addis Abeba.

Soprannominata la “Corea del Nord” dell’Africa, l’Eritrea è stata sanzionata dagli Stati Uniti nel 2021 dopo aver inviato truppe nel Tigray.

Le sue forze sono state accusate di omicidio, stupro e saccheggio, secondo i residenti che affermano che i soldati eritrei sono ancora nel Tigray, più di nove mesi dopo la fine della guerra.

Durante una rara conferenza stampa in Kenya all’inizio di quest’anno, il presidente eritreo Isaias Afwerki ha respinto le accuse di violazioni dei diritti da parte delle truppe eritree nel Tigray come “fantasie”.

Human Rights Watch a febbraio ha chiesto nuove sanzioni contro l’Eritrea, accusandola di aver radunato migliaia di persone, compresi i minori, per il servizio militare obbligatorio, durante la guerra del Tigray.

Il paese si trova in fondo alla classifica mondiale per la libertà di stampa, così come per i diritti umani, le libertà civili e lo sviluppo economico.”


tommasin.org/blog/2023-08-16/e…




Luigi Caputo* Qualcuno ricorderà forse quella scena del film "C'eravamo tanto amati", capolavoro di Ettore Scola, in cui il giovane insegnante Nicola Palumbo,


  Gianluca Paciucci* Su quanto accaduto il 13 agosto al Lido Pedocin, Il Piccolo ha titolato: " 'Sommossa' islamofoba al lido per sole donne. Urlano



  Il giorno di Ferragosto segna in Italia il superamento dei 100 mila arrivi sulle coste italiane, record di sempre. Un record come purtroppo è da reco


Isaak Babel – L’armata a cavallo


L'articolo Isaak Babel – L’armata a cavallo proviene da Fondazione Luigi Einaudi. https://www.fondazioneluigieinaudi.it/isaak-babel-larmata-a-cavallo/ https://www.fondazioneluigieinaudi.it/feed


    Sono passati due anni dall'ingresso delle milizie talebane a Kabul, dopo la precipitosa fuga delle truppe occupanti occidentali. Dopo una guerra


Buon Ferragosto dal Ministero dell’Istruzione e del Merito!

📚 Anche quest’anno vogliamo farvi compagnia parlando di libri: quali state leggendo? E quali sono stati i vostri preferiti durante questo anno scolastico?

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Lo Spazio al vertice tra Usa, Corea del Sud e Giappone


La cooperazione militare, civile e commerciale nello spazio sarà uno dei principali argomenti in agenda durante il primo vertice trilaterale tra il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, il primo ministro giapponese Fumio Kishida e il presidente sudcorea

La cooperazione militare, civile e commerciale nello spazio sarà uno dei principali argomenti in agenda durante il primo vertice trilaterale tra il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, il primo ministro giapponese Fumio Kishida e il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol che si terrà venerdì prossimo a Camp David. L’obiettivo della Casa Bianca è quello di promuovere una più stretta cooperazione in orbita tra le due nazioni del Pacifico, ognuna delle quali è un alleato regionale chiave degli Stati Uniti, ma le cui inimicizie storiche, soprattutto per quanto riguarda le azioni del Giappone nella penisola coreana durante la Seconda guerra mondiale, hanno spesso rallentato gli sforzi per rendere Tokyo e Seul partner militari a tutti gli effetti.

A livello bilaterali, infatti, l’amministrazione Bidena ha già lavorato con ciascuno dei due Paesi per potenziare e approfondire i livelli di cooperazione extra-atmosferica sia con il Giappone, sia con la Corea. Washington e Seoul, per esempio, hanno firmato ad aprile una dichiarazione congiunta per la cooperazione nell’esplorazione spaziale, nel corso di una visita di Yoon negli Stati Uniti, durante la quale ha visitato la Nasa insieme alla vice presidente, Kamala Harris. Biden e Yoon si sono anche “impegnati a rafforzare ulteriormente l’alleanza tra Stati Uniti e Corea” nello spazio. Gli Stati Uniti, inoltre, hanno “accolto con favore l’impegno della Repubblica di Corea a non condurre test distruttivi di missili antisatellite a gittata diretta”, un’iniziativa di cui Washington, e in particolare Harris, si sono fatti promotori a livello globale.

Allo stesso modo, la cooperazione spaziale è stata uno dei temi centrali dell’incontro di gennaio Usa-Giappone in formato 2+2 Esteri-Difesa tra i segretari di Stato, Antony Blinken, e della Difesa, Lloyd J. Austin, e i ministri degli Esteri, Yoshimasa Hayashi, e della Difesa, Yasukazu Hamada. Nella dichiarazione congiunta le due parti hanno affermato che “gli attacchi verso, da o nello spazio potrebbero portare all’invocazione dell’articolo V del Trattato di sicurezza tra Giappone e Stati Uniti”. Washington e Tokyo hanno anche firmato l’Accordo quadro bilaterale per la cooperazione nell’esplorazione e nell’uso dello spazio extra-atmosferico, compresa la Luna e altri corpi celesti, per scopi pacifici. Inoltre, Tokyo ha recentemente adottato la sua prima Iniziativa per la sicurezza spaziale, che si impegna a rafforzare le capacità spaziali di sicurezza nazionale del Giappone e ad ampliare le competenze della Forza di autodifesa giapponese per attaccare le comunicazioni o colpire i sistemi terrestri dei satelliti avversari in un eventuale scenario di conflitto.

A spingere gli Stati Uniti, e in particolare il Pentagono, a cercare un rafforzamento dei legami spaziali militari con i propri alleati dell’Indo-Pacifico c’è sicuramente la consapevolezza della rapida crescita delle capacità spaziali della Cina, il cui sviluppo di tecnologie avanzate potrebbero mettere a rischio le risorse spaziali Usa e alleate in caso di conflitto. In cima alla lista delle priorità per il dipartimento della Difesa Usa c’è il potenziamento delle capacità di Situational space awarness e i sistemi di allarme e difesa antimissile. In queste aree, inoltre, sembra essere più convinta la volontà di Giappone e Corea di collaborare. Per esempio, durante lo Shangri-La Dialogue di Singapore a giugno, i tre Paesi hanno collegato i rispettivi radar di allarme missilistico balistico presenti nella regione per evitare potenziali provocazioni da parte, soprattutto, della Corea del Nord.

Di recente, inoltre, anche gli ufficiali della Space force statunitense si sono incontrati con i colleghi giapponesi e sudcoreani per discutere di come integrare meglio le rispettive capacità. Il Giappone ha già un robusto programma spaziale che comprende la cooperazione militare con gli Stati Uniti. La Corea del Sud, dal canto suo, sta cercando di potenziare il proprio status spaziale, e a marzo l’Assemblea nazionale di Seul ha approvato un aumento di quasi il 20% della spesa spaziale annuale, con una particolare attenzione ai sistemi di osservazione terrestri impiegati per sorvegliare le attività militari regionali.


formiche.net/2023/08/spazio-us…



Così l’Ucraina attacca la logistica russa. Ma servono i missili tedeschi


Il tallone d’Achille dell’invasione russa potrebbe essere la sua linea logistica, e per colpirla l’Ucraina ha bisogno di missili a lungo raggio. È questa la linea di fondo che sembra trasparire dalle ultime iniziative da parte di Kiev, compreso l’appello

Il tallone d’Achille dell’invasione russa potrebbe essere la sua linea logistica, e per colpirla l’Ucraina ha bisogno di missili a lungo raggio. È questa la linea di fondo che sembra trasparire dalle ultime iniziative da parte di Kiev, compreso l’appello del consigliere presidenziale, Mikhaylo Podolyak, riferendosi ai missili Taurus promessi dalla Germania e gli Atacms statunitensi. “I missili a lungo raggio per l’Ucraina ora significherebbero una forte riduzione delle capacità di combattimento della Russia”, ha detto l’alto funzionario ucraino, attraverso la “distruzione delle riserve e delle risorse della Russia” anche dietro le prime linee di combattimento, permettendo così di “minimizzare le perdite umane e ridurre l’escalation” ha detto ancora Podolyak.

Quella del consigliere presidenziale ucraino potrebbe anche essere una risposta ai dubbi e alle polemiche scaturiti proprio in Germania dopo le indiscrezioni circa la volontà di Berlino di fornire i missili a lungo raggio Taurus a Kiev. Le preoccupazioni, riportate anche da Der Spiegel, sarebbero relative alla capacità di questo tipo di munizioni di colpire anche il territorio russo, un’eventualità che potrebbe portare a pericolose escalation da parte di Mosca. Timori che sembrerebbero condivisi dallo stesso cancelliere Olaf Scholz, portandolo a chiedere una modifica ai sistemi dell’ordigno che gli impedisca di raggiungere lo spazio aereo di Mosca. In queste ore, scrive ancora il settimanale tedesco, il governo starebbe trattando la natura delle modifiche con le industrie responsabili della produzione del Taurus.

Si tratterebbe di una limitazione nella programmazione relativa all’agganciamento del bersaglio da integrare nei sistemi prodotti dalla Taurus Systems, società tedesco-svedese nata grazie alla collaborazione tra Mbda Deutschland e Saab Bofors Dynamics. Ufficialmente Taurus Kepd 350, sono dei missili aria terra, questi sistemi sono entrati in produzione a partire dal 2005 e sono attualmente in dotazione alle Forze armate di Germania, Spagna e Corea del Sud. Lungo poco più di cinque metri con un peso di circa 1.400 chili (di cui cinquecento sono il peso della testata stessa), il Taurus ha un raggio di cinquecento chilometri, ed è stato sviluppato per essere utilizzato principalmente per distruggere obiettivi di superficie e punti nodali nell’infrastruttura di un potenziale nemico. Con una ridotta rilevabilità da parte dei radar, il missile possiede una testata in tandem, con ordigni primario e secondario uno davanti all’altro in modo da aumentare notevolmente le capacità di penetrazione di superfici rinforzate, come pareti o soffitti in cemento armato.

Sistemi, dunque, molto adatti a colpire quei “magazzini, trasporti, carburante” citati da Podolyak, cioè le vitali linee di rifornimento che permettono alle Forze armate russe di resistere di fronte alla controffensiva ucraina. Lo sforzo ucraino di colpire la catena logistica russa nei territori invasi, compresa la Crimea, fa parte di quello che il think tank statunitense Institute for the Study of War ha definito una “campagna di interdizione con l’obiettivo di strutturare le condizioni favorevoli a più grandi operazioni controffensive”. Il punto è rendere sempre più complesso per Mosca trasportare e muovere le risorse necessarie a sostenere il proprio sforzo bellico. Persino i ripetuti attacchi al ponte di Kerch che collega la Crimea occupata alla Russia (l’ultimo dei quali secondo il ministero della Difesa russo è stato condotto nel fine settimana con due droni), farebbe parte di questa strategia, puntando a distruggere quella che di fatto e un collegamento vitale per il rifornimento delle truppe russe in Ucraina.


formiche.net/2023/08/ucraina-t…