Salta al contenuto principale



Domani, martedì 12 settembre alle ore 11.00, presso la sala Aldo Moro del Ministero saranno esposti i risultati del Rapporto OCSE “Education at a Glance 2023”, con l’intervento iniziale del Ministro Giuseppe Valditara.


Indignazione morale e gogna social, il caso del “killer” dell’orsa Amarena


Una società in cui l’uomo che uccide l’animale è definito “assassino” e la morte di un’orsa viene paragonata ad un femminicidio è una società che ha smarrito il senso della misura, e forse anche quello della realtà. È la logica dei social, ormai evidentem
Una società in cui l’uomo che uccide l’animale è definito “assassino” e la morte di un’orsa viene paragonata ad un femminicidio è una società che ha smarrito il senso della misura, e forse anche quello della realtà. È la logica dei social, ormai evidentemente diventata logica generale.

Come ha magistralmente documentato il reporter del New York Times Max Fisher ne “La macchina del caos”, i social si nutrono, e di conseguenza diffondono, prevalentemente sentimenti d’odio, alimentano il senso dell’indignazione morale, ripristinano e istituzionalizzano l’istituto medievale della gogna.

Sui social, e di conseguenza (cosa che la dice lunga circa i meccanismi dell’informazione contemporanea) sui media tradizionali e nel mondo politico, la vicenda dell’orsa Amarena è letteralmente esplosa non tanto sulla spinta del dolore nei confronti dell’animale ucciso, quanto sulla spinta dell’esaltazione al linciaggio dell’uomo che, si immagina per paura più che sadismo, le ha sparato un colpo di fucile. L’uomo si chiama Andrea Leonbruni. Ha 56 anni e, cosa che molti, nell’epoca in cui sempre più persone ritengono che il mangiare carne animale sia una forma di cannibalismo, hanno considerato un’aggravante, di mestiere fa il macellaio.

Sui social sono stati pubblicati il suo nome, la sua foto, l’indirizzo della sua macelleria, l’indirizzo della sua abitazione. Una massa umana prevalentemente anonima lo ha ferocemente insultato, lo ha chiamato “killer”, lo ha minacciato di morte assieme ai suoi familiari. Stesso trattamento è stato riservato all’avvocato che lo difende, Berardino Terra, del foro di Avezzano. Leonbruni vive oggi scortato dai carabinieri; il suo avvocato, pur avendo ricevuto minacce di morte sul telefono di casa, no. Non ancora.

Nel suo libro, che ricostruisce con precisione la storia delle dinamiche dei social, Max Fischer elenca una quantità di casi analoghi. Persone comuni messe alla gogna per una battuta giudicata politicamente scorretta o, come nel caso di Andrea Leonbruni, per un’azione penalmente rilevante. Persone comuni minacciate di morte da migliaia di sconosciuti, costrette a cambiare residenza, licenziate dai propri datori di lavoro terrorizzati dalle ricadute di tanta impopolarità, e in molti casi indotte al suicidio. “L’indignazione morale non è soltanto rabbia verso il trasgressore, ma il desiderio di vedere l’intera comunità scagliarsi contro di lui”, scrive Max Fisher. Un desiderio di violenza, un sentimento da frustrati. Rabbia allo stato puro.

La nostra civiltà è così regredita alla gogna medievale, all’impiccagione in stile selvaggio West. Di questo, più che della morte della povera orsa, una società vagamente sana parlerebbe da giorni. Il fatto che, salvo rarissimi casi, e il direttore Mattia Feltri è tra questi, ciò non accada dà la misura del grado di imbarbarimento e di scombussolamento etico che le società contemporanee stanno vivendo anche e soprattutto a causa dei social, dell’anarchia che ancora li caratterizza, dall’irresponsabilità che accomuna le compagnie del Web e i loro singoli utenti.


L'articolo Indignazione morale e gogna social, il caso del “killer” dell’orsa Amarena proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



LIBIA. Cedono le dighe a causa della tempesta: migliaia di morti e dispersi


L'uragano "Daniel" causa devastazione e la distruzione di interi quartieri nella zona orientale del Paese. Tantissimi i dispersi. L'articolo LIBIA. Cedono le dighe a causa della tempesta: migliaia di morti e dispersi proviene da Pagine Esteri. https://p

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

Pagine Esteri, 11 settembre 2023. Sono centinaia, secondo la Mezzaluna Rossa, le persone uccise nella città di Derna dalle conseguenze della terribile tempesta che si è abbattuta sulla zona orientale della Libia. Le inondazioni causate dalle forti piogge portate dalla bufera soprannominata “Daniel” hanno causato gravissimi danni alle città, alle infrastrutture, alle abitazioni.

9215971

I video postati sui socialnetwork mostrano persone rifugiatesi sui tetti delle case in attesa dei soccorsi. Le abitazioni sono state completamente sopraffatte dall’acqua che ha raggiunto i tre metri.

9215973

Il numero dei morti, però, potrebbe essere tragicamente più alto: Osama Hamad, il primo ministro del governo della Cirenaica, con sede a Bengasi, ha dichiarato che sono più di 2.000 i morti e che di diverse migliaia è il numero dei dispersi.

pagineesteri.it/wp-content/upl…

La città di Derna è circondata dalle montagne. Alcune delle dighe che trattengono le acque sono crollate. Milioni di metri cubi di acqua si sono riversati nella città, distruggendone interi quartieri.

La tempesta “Daniel” ha colpito domenica e lunedì le città Bengasi, Susa, Bayda, al-Marj e Derna.

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

L'articolo LIBIA. Cedono le dighe a causa della tempesta: migliaia di morti e dispersi proviene da Pagine Esteri.



La presidente dell’esecutivo europeo pronuncerà il prossimo mercoledì (13 settembre) pronuncerà l’annuale discorso sullo stato dell’Unione che caratterizzerà l’ultimo anno dell’esecutivo europeo in carica il cui mandato scadrà il 31 ottobre 2024. Nei giorni scorsi, la Commissione UE ha diramato...


Oggi nel cinquantesimo anniversario dell'assassinio è doveroso ricordare che il legittimo governo del presidente Salvador Allende fu rovesciato con un colpo di

Marino Bruschini reshared this.



  Paolo Ferrero* 50 anni fa il Cile subiva il colpo di stato delle forze armate contro Salvador Allende, presidente socialista legittimamente eletto.


Oggi nel cinquantesimo anniversario dell'assassinio è doveroso ricordare che il legittimo governo del presidente Salvador Allende fu rovesciato con un colpo di


Laura Tussi *   Brics, 'mattoni' per costruire una casa mondiale comune. All’ultimo vertice Brics che si è tenuto dal 22 al 24 agosto 2023 in S


La Vergine di Norimberga: un Falso


La Vergine di Norimberga ha suscitato le più sfrenate fantasie della cultura di massa, ancora di più della Pear of Anguish, ed è presente in qualsiasi museo della tortura in Italia e all’Estero. Spacciata come strumento medievale,Continue reading

The post La Vergine di Norimberga: un Falso appeared first on Zhistorica.



LIBANO. Salito a 8 morti bilancio scontri nel campo palestinese di Ain al Hilweh


Già il mese scorso, i combattimenti avevano causato 11 morti e decine di feriti. L'articolo LIBANO. Salito a 8 morti bilancio scontri nel campo palestinese di Ain al Hilweh proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/2023/09/11/medioriente/video-

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

AGGIORNAMENTO 11 SETTEMBRE

È salito a 8 il bilancio delle vittime negli scontri a fuoco in corso nel campo profughi palestinese di Ain al-Hilweh (Sidone) tra i combattenti del movimento Fatah – guidato dal presidente palestinese Abu Mazen – e gruppi qaedisti e jihadisti. Inoltre, cinque soldati dell’esercito libanese sono rimasti feriti dopo che due colpi di mortaio hanno colpito le loro basi adiacenti al campo. Uno è in gravi condizioni.

Gli scontri a fuoco sono in corso da giovedì e arrivano poco più di un mese dopo che combattimenti simili nel campo avevano ucciso 11 persone e costretto centinaia di civili a fuggire dalle loro case.

Tra gli otto morti c’è anche un civile raggiunto da un proiettile vagante. Gli scontri hanno causato il ferimento di oltre 100 persone. Ieri sera piccoli razzi sono caduti sui quartieri di Sidone intorno al campo, ferendo diverse persone.

I combattimenti hanno costretto a rinviare l’inizio dell’anno scolastico nel campo profughi e nella zona circostante.

———————————————————————————————————————————-

della redazione

Pagine Esteri, 8 settembre 2023 – Un cessate il fuoco è stato raggiunto oggi tra il partito Fatah e le fazioni islamiste armate nel campo profughi palestinese in Libano di Ain al Hilweh (Sidone), dopo ore di scontri che hanno fatto almeno 20 feriti, costretto a fuggire centinaia di civili e che si sono attenuati solo questa sera. La tregua è stata raggiunta dopo gli sforzi di mediazione guidati da Souhail Harb, direttore dei servizi segreti dell’esercito libanese nel sud, che ha organizzato un incontro tra Fatah e funzionari di Hamas.

Il mese scorso violente sparatorie nel campo profughi, dopo l’omicidio di Abu Ashraf al-Armoushi, il capo locale della sicurezza di Fatah, avevano provocato 13 morti, in gran parte combattenti armati. Un comandante militare di Fatah, Sobhi Abu Arab, ha chiesto oggi la consegna degli assassini di Al-Armoushi e delle sue quattro guardie del corpo uccisi in un’apparente serie di omicidi mirati attribuiti al miliziano jihadista Bilal Badr, dell’Isis.

La situazione si è fatta ulteriormente critica per i civili palestinesi poiché i gruppi armati islamisti, Fatah al Islam e Jund al Sham, hanno occupato diverse scuole. Il Coordinatore Umanitario delle Nazioni Unite per il Libano, Imran Riza, ha chiesto la fine dei combattimenti e l’espulsione delle fazioni armate dalle scuole. “L’occupazione di otto scuole dell’Unrwa (Onu) sta impedendo l’accesso a quasi 6.000 bambini pronti a iniziare l’anno scolastico”, ha aggiunto Riza.

I nuovi scontri erano iniziati nella notte di giovedì, con spari di armi automatiche che hanno raggiunto anche i quartieri vicini al campo profughi. Fatah in quelle ore ha detto al giornale L’Orient Today che i suoi combattenti stavano “difendendo” la loro posizione essendo stati “presi di mira da colpi di arma da fuoco e razzi degli estremisti islamici” all’ingresso nord del campo. Un proiettile vagante ha ferito un uomo che si trovava fuori dalla zona di combattimento, nel rione di Taamir. Circa 700 persone hanno cercato rifugio nella moschea al-Mousalli.

Ain al-Hilweh, il più grande campo profughi palestinese del Libano, ospita più di 54.000 rifugiati. A loro si sono aggiunti negli ultimi anni migliaia di altri profughi palestinesi in fuga dalla guerra in Siria. Il campo, densamente popolato, è da anni teatro di sparatorie dovute a tensioni tra le varie fazioni armate palestinesi. Pagine Esteri

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

L'articolo LIBANO. Salito a 8 morti bilancio scontri nel campo palestinese di Ain al Hilweh proviene da Pagine Esteri.



Podcast Punk !


The Saint and allkillersnofillers present: The Adventure with the Saint episodi n°44 Judith Il miglior podcast rocknroll del globo terracqueo !!!! @Musica Agorà

iyezine.com/the-saint-and-allk…

Musica Agorà reshared this.



50 anni fa il golpe di Pinochet, quando la ferocia si abbatté sul Cile e sul mondo


Nel 1973 il colpo di Stato che rovesciò il governo del presidente socialista Salvador Allende. Oggi l'eredità della dittatura è ancora ben presente, così come i tentativi esteri di controllo sulle economie recalcitranti dell’America latina L'articolo 50

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

di Geraldina Colotti* –

Pagine Esteri, 11 settembre 2023. Il 4 settembre del 1970, in piena “guerra fredda”, si tengono le elezioni presidenziali in Cile. Nessun candidato ottiene la maggioranza assoluta e perciò, in base alla Costituzione del 1925, il Congresso sceglie fra i due più votati. Un accordo fra i cristiano-democratici del presidente uscente, Eduardo Frei e le sinistre – che, dal 1969, hanno dato origine alla coalizione di Unità popolare (Up), per impulso del Partito socialista e del Partito comunista – porta alla vittoria Salvador Allende, chirurgo e uomo politico socialista: con una maggioranza relativa di solo il 36,6% dei voti sui candidati di destra e democristiani.

Allende non è uno sconosciuto, ha già corso per la presidenza in altre tre occasioni. Nella temperie del secolo scorso – il secolo delle rivoluzioni -, il suo programma non contempla una rivoluzione sul modello cubano, ma una transizione verso il socialismo per la via istituzionale: con il coinvolgimento attivo delle classi popolari e del movimento operaio attorno a un piano di riforme strutturali.

Il suo pacchetto di quaranta misure, approvate subito dopo il 3 novembre, quando si insedia il nuovo governo, prevede la riforma agraria, le nazionalizzazioni di aziende, miniere (soprattutto quelle del rame, di cui il Cile possiede le prime riserve al mondo) e di banche; la ridistribuzione del reddito e la partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’economia.

Tre giorni dopo l’assunzione d’incarico di Allende, il suo omologo statunitense, Richard Nixon, dichiara che il Cile è la sua principale preoccupazione, giacché gli Usa non possono permettere che l’esempio si diffonda nel loro “cortile di casa” senza conseguenze. Henry Kissinger, Consigliere per la sicurezza nazionale Usa, ha già reso esplicito l’orientamento del governo e della Cia, qualche mese prima dell’elezione di Allende: “Non vedo perché dobbiamo aspettare e permettere che un paese diventi comunista solo per l’irresponsabilità del suo popolo”, ha dichiarato.

Comincia, allora, con più forza, il processo di disarticolazione istituzionale del Cile, organizzato dalla Casa bianca. Attraverso giganteschi finanziamenti, Washington si serve della borghesia e dei latifondisti, di alcune grandi multinazionali, e delle Forze armate, addestrate nelle scuole di tortura nordamericane. A differenza di quanto sostengono la sinistra extraparlamentare e specialmente il Movimento della sinistra rivoluzionaria (Mir), diretto allora da Miguel Enríquez, Up pensa che i militari rispetteranno la volontà popolare. Si sbaglia.

Contro il “pericolo rosso” e un presidente che ha preso spazio sulla scena internazionale con un preciso ruolo anticolonialista, la guerra sporca darà i suoi frutti a colpi di sabotaggi, inflazione indotta e propaganda mediatica diretta ai ceti medi e al cattolicesimo nazional-conservatore. E di attentati, compiuti da Patria e Libertà. Nel ’72, gli aiuti militari rimangono l’unica forma di assistenza fornita da Washington, che si oppone anche alla possibilità che il Cile rinegozi il debito estero. Gli Usa hanno deciso di “far urlare l’economia cilena”.

Il 29 giugno del 1973, i militari fedeli al governo socialista sventano un tentativo di golpe a Santiago (“el Tanquetazo”). L’11 settembre 1973, il governo Usa, sostenuto anche dalla dittatura militare brasiliana, raggiunge però l’obiettivo: diversi settori delle forze armate effettuano un colpo di stato. Allende, con un gruppo di compagni, si rifugia nel palazzo della Moneda e combatte fino all’ultimo. La fine, è nota, almeno per la verità di Stato: il presidente socialista si sarebbe sparato prima di essere catturato. Secondo varie inchieste, invece, sarebbe stato ucciso durante i combattimenti, lasciando nei suoi ultimi discorsi pubblici, un messaggio di resistenza.

La fine è nota, almeno per la scia di sangue che la dittatura militare guidata da Pinochet ha lasciato nei 16 anni in cui ha imperversato, sostanziata a livello economico dalle politiche dei “Chicago Boys”: l’assassinio di almeno 3200 persone, fra cui oltre un migliaio di desaparecidos, e altre migliaia di esuli.

La “primavera allendista” è durata solo tre anni, ma è rimasta uno spartiacque e anche un monito per quanti, nel continente, hanno provato a ricostruire un blocco sociale alternativo al neoliberismo dilagato dopo la caduta dell’Unione sovietica. La destra latinoamericana non ha mai dismesso la vocazione golpista, poi evoluta nelle forme del “golpe istituzionale” e nell’uso della magistratura a fini politici (il lawfare). E i governi che hanno inaugurato il “ciclo progressista” dopo la vittoria di Hugo Chávez in Venezuela (nel 1998), hanno dovuto prendere sul serio la “lezione” di Allende.

In forme più spinte o modulate, hanno messo in primo piano la necessità di democratizzare le forze armate, istituendo, a livello regionale, scuole di formazioni militari, alternative a quella nordamericana che ha addestrato i dittatori del Cono Sur. L’esempio più avanzato è il Venezuela, dove “l’unione civico-militare” ha trasformato i militari in un “esercito di tutto il popolo” al servizio della “pace con giustizia sociale”; ma il risultato più importante è quello del Brasile, dove si è cercato di invertire di segno alla dottrina militare di matrice Usa, imponendone un’altra a livello regionale. Infatti, nonostante le pressioni di Trump, e malgrado la persistente eredità della dittatura, le forze armate brasiliane non hanno accettato di invadere il Venezuela nel 2009, né hanno effettuato un altro golpe in Brasile agli ordini di Bolsonaro.

A cinquant’anni dall’uccisione di Allende, e dopo il dilagare dello slogan thatcheriano “there is no alternative”, la sinistra latinoamericana ha verificato che le alternative al neoliberismo esistono, ma si devono difendere con le unghie e con i denti. E che, soprattutto, il modello imposto da Washington, a 200 anni dalla Dottrina Monroe, serve solo al beneficio di pochi. Certo, nell’interludio tra la notte e l’alba, avvertiva Gramsci, sorgono mostri. L’eredità delle dittature è ancora ben presente, e la difesa del presidente cileno Gabriel Boric poggia su basi ben più friabili di quella di Up.

E lo scoglio insormontabile per qualsivoglia vero cambio di indirizzo, in Cile, resta sempre la costituzione imposta da Pinochet. Nel 2020, il 78% degli elettori aveva chiesto con un referendum che venisse cambiata. A settembre del 2022, però, il testo proposto da Boric, frutto di avanzate proposte della base, relative alla parità di genere, alla difesa dell’ambiente e al riconoscimento dell’identità dei popoli originari, è stato bocciato dalle urne con il 62% dei voti, dopo una feroce campagna mediatica.

E una preponderanza schiacciante della destra e dell’estrema destra pinochettista ha visto anche l’elezione dei 50 membri del Consiglio costituzionale, che porteranno un testo a misura di sistema al referendum del 17 dicembre, inizialmente previsto per novembre. Privo di maggioranza parlamentare, il governo Boric, sotto ricatto dei sempiterni poteri forti che comprimono il Cile, cerca di rosicchiare a colpi di compromessi qualche brandello di riforma. Non è, però, riuscito a incarnare le speranze suscitate dalla sua elezione, a dicembre del 2021, quando fu il presidente più votato nella storia del paese.

Durante una cerimonia in vista del cinquantennale del golpe, alcuni degli invitati internazionali hanno paragonato il governo Allende con quello di Boric. Un accostamento inopinato, non solo per la provenienza del giovane presidente dalle componenti più moderate della lotta degli studenti, nel 2011, ma soprattutto per le sue posizioni in politica estera, più attente a cercare intese con l’occidente e l’Europa che con la parte più avanzata del continente latinoamericano.

La scrittrice nicaraguense Gioconda Belli, ex guerrigliera che preferisce vivere negli Stati uniti da oppositrice del governo sandinista, ha lodato Boric: “un gran democratico e un gran socialista” – ha detto – per aver dichiarato che “il regime di Daniel Ortega viola i diritti umani e non è democratico”. Un giudizio che il presidente cileno ha riservato anche ad altri governi lontani dagli Usa, come Cuba e Venezuela, soprassedendo sulle denunce inascoltate alla violenza dei carabineros. Difficile che Allende, socialista e antimperialista, apprezzerebbe.

Intanto, in Cile come in altre parti dell’America latina, il fascismo non ha complessi di colpa. Pinochet morì nel suo letto nel 2006, ma a rimpiangerlo e ad ammirare la dittatura è il capofila dell’estrema destra cilena, José Antonio Kast. Come lui la pensa, secondo una recente inchiesta, il 36% della popolazione, convinta che il golpe contro Allende fosse motivato, a fronte del 16% per cento che lo pensava nel 2013. E alle ultime primarie in Argentina ha stravinto un ultra-trumpista che rivendica senza vergogna la dittatura militare, Javier Milei.

Mediante l’imposizione di misure coercitive unilaterali illegali, gli Stati uniti e i loro alleati continuano a “far urlare” le economie recalcitranti dell’America latina, pensando, in fondo come Kissinger allora: occorre evitare che l’esempio si estenda. Nei momenti più duri dell’assedio nordamericano, il Venezuela di oggi assomigliava in modo impressionante al Cile dell’Unidad Popular, così descritto da Isabel Allende nel romanzo La casa degli Spiriti:

“L’organizzazione era una necessità, perché la strada verso il Socialismo molto presto si trasformò in un campo di battaglia (…) la destra metteva in campo una serie di azioni strategiche volte a fare a pezzi l’economia e seminare il discredito contro il Governo.

La destra aveva nelle sue mani i mezzi di diffusione più potenti, contava con risorse economiche quasi illimitate e con l’aiuto dei ‘gringos’, che mettevano a disposizione fondi segreti per il piano di sabotaggio. A distanza di pochi mesi sarebbe stato possibile osservarne i risultati.

Il popolo si trovò per la prima volta con sufficiente denaro per soddisfare le proprie fondamentali necessità e per comprare alcune cose che sempre aveva desiderato, ma non poteva farlo, perché gli scaffali erano quasi vuoti.

La distribuzione dei prodotti cominciò a venire meno, fino a quando non divenne un incubo collettivo…”.

I meccanismi della guerra economico-finanziaria, oggi egemoni rispetto alle aggressioni militari della “guerra fredda”, sono però già parte integrante delle analisi e delle strategie politiche delle nuove esperienze latinoamericane: che, nelle loro parti più avanzate, mirano a costruire una nuova articolazione di lotta, “dal basso e dall’alto”, ispirandosi al Lenin di Due tattiche della socialdemocrazia nella rivoluzione democratica.

A differenza di quanto avviene da noi, dove non siamo riusciti a vincere né con le armi, né con le urne, e dove la lezione di Allende si è ridotta a difesa acritica di alleanze e compatibilità nella democrazia borghese, la guerra per la memoria è ancora un terreno di lotta politica per nuove prospettive. Pagine Esteri


9203994

* Giornalista e scrittrice, Geraldina Colotti è nata a Ventimiglia. Ha vissuto a lungo a Parigi, oggi vive e lavora a Roma. Dopo aver scontato una condanna a 27 anni di carcere per la sua militanza nelle Brigate Rosse, cura la versione italiana del mensile di politica internazionale Le Monde diplomatique. Esperta di America Latina, scrive per diversi quotidiani e riviste internazionali (Al Mayadeen, Venezuela news). È corrispondente per l’Europa di Resumen Latinoamericano e del Cuatro F, la rivista del Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV). Fa parte della segreteria internazionale del Consejo Nacional y Internacional de la comunicación Popular (CONAICOP), delle Brigate Internazionali della Comunicazione Solidale (BRICS-PSUV), della Rete Europea di Solidarietà con la Rivoluzione Bolivariana e della Rete degli Intellettuali in difesa dell’Umanità.

Di formazione filosofica, ha pubblicato libri per ragazzi (tra questi Il segreto, edito da Mondadori), raccolte di racconti e di poesie, romanzi e saggi, tradotti in diverse lingue, fra cui Per caso ho ucciso la noia (Voland), e Certificato di esistenza in vita (Bompiani). Insieme a Marie-José Hoyet ha tradotto dal francese due libri di Édouard Glissant, Tutto-mondo (Edizioni lavoro), e La Lézarde (Jaca Book). Tra i suoi saggi, pubblicati anche in Venezuela, Oscar Arnulfo Romero, beato fra i poveri (Clichy); Dopo Chávez. Come nascono le bandiere (Jaca Book); Hugo Chávez, così è cominciata (PGreco). Con Veronica Diaz e Gustavo Villapol, Assedio al Venezuela (Mimesis). Per le edizioni Multimage ha curato il volume Alex Saab, lettere di un sequestrato. Con Vittoria Rubini ha tradotto e curato il volume Guerriglia semiotica, di Fernando Buen Abad, edito da Argo libri.

La sua ultima raccolta di poesie s’intitola Quel sole e quel cielo, edita da La Città del sole. Insieme a Gabriele Frasca e a Lucidi ha curato l’antologia Poesía contra el bloqueo, pubblicata come e-book in Italia (Argo libri), a Cuba (Coleccion Sur dell’Uneac, con il supporto della Rete degli Intellettuali in Difesa dell’Umanità, capitolo cubano, e il patrocinio del Festival Internazionale di Poesia dell’Avana), e in Venezuela da Vadell hermanos.

Ha curato l’edizione italiana di Il credo, di Aquiles Nazoa (PGreco)

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

L'articolo 50 anni fa il golpe di Pinochet, quando la ferocia si abbatté sul Cile e sul mondo proviene da Pagine Esteri.



#NotiziePerLaScuola

È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.



In Cina e Asia – Biden incontra Li Qiang: "Non voglio contenere la Cina”


In Cina e Asia – Biden incontra Li Qiang: biden
I titoli di oggi:
G20, il premier inglese incontra la controparte cinese
L'India studia le possibili risposte a un'eventuale invasione cinese di Taiwan
Corea del Nord, Kim festeggia l'anniversario della fondazione
Il Vietnam cerca le armi russe, ma eleva le relazioni con gli Usa
Il Canada manda la marina nello Stretto di Taiwan e avvia un'indagine sulle "interferenze straniere"
Filippine e Australia firmano un partenariato strategico
Maldive, nessun vincitore alle elezioni presidenziali: si va al ballottaggio
Alibaba, si dimette il Ceo Daniel Zhang

L'articolo In Cina e Asia – Biden incontra Li Qiang: “Non voglio contenere la Cina” proviene da China Files.



PRIVACYDAILY


N. 157/2023 LE TRE NEWS DI OGGI: La Corte Costituzionale ha sostenuto il diritto al rispetto della vita privata e della libertà di comunicazione, stabilendo che la violazione dei diritti fondamentali di un detenuto nella piattaforma giudiziaria digitale UYAP è stata la trascrizione delle sue lettere.La decisione è stata presa dopo che Muammer Kukul, un... Continue reading →


La privacy non è solo gestione dei dati personali, ma è alla base del principio di autodeterminazione, il quale a sua volta impatta su molti di quei diritti umani che oggi sembrano essere sotto attacco.

@Privacy Pride

Prossimamente vedremo perché la recente revoca della sentenza emessa nel 1973 dalla Corte Suprema degli USA sul caso Roe vs. Wade, ha avuto ripercussioni drammatiche sul diritto all'aborto delle donne.

Ma oggi ci deliziamo con questa scena originale del film "Il Rapporto Pelikan" (non mi sembra che sia presente nel romanzo di John Grisham) che illustra bene l'impatto che il diritto alla privacy ha sulle nostre vite.

Prof - Ogni volta che sostituiamo la minaccia alla discussione, la violenza al principio, permettiamo alle nostre passioni di sopraffare la nostra capacità di giudizio.
Passioni e interesse personale costituiscono una minaccia alla libertà, il ché ci porta a... Bowers contro Hardwick.
Un poliziotto è entrato nell'appartamento di Hardwick, a quanto pare per consegnargli una multa non pagata per avere bevuto in pubblico.
Era stato preso con una birra aperta e, quando è entrato nella camera da letto di Hardwick, casualmente l'ha trovato a letto con un altro uomo.
L'agente ha arrestato Hardwick per violazione dello Statuto della Georgia che vieta la sodomia.
Anche se la Georgia ha ritirato l'accusa, Hardwick ha fatto causa dichiarando anticostituzionale lo statuto e che cosa sosteneva?


Stud. 1 - "Che viola il suo diritto alla #privacy!"

Prof - Perché?

Stud. 2 - "Perché era in casa sua, dove ha il diritto di fare quello che vuole!"

Prof - Ma... e se decidesse di vendere droga a casa sua o anche di maltrattare un minore?

Stud. 3 - "Quelle azioni non rientrano nel diritto alla privacy: la Corte a cominciare da Griswold (il riferimento è alla Sentenza Griswold v. Connecticut, ndr)ha limitato il diritto alla privacy ad azioni di natura intima, profondamente personali; azioni che ci consentono di controllare la nostra vita: di definire chi siamo."

Prof - Sì, ma nella Costituzione non c'è alcun diritto alla definizione di sé stessi, né un diritto alla privacy nella dichiarazione dei diritti.

Stud. 4 - "Se la Georgia può regolamentare la sessualità di Hardwick, agìta in privato e con adulti consenzienti, Hardwick non è libero! La costituzione è stata redatta per limitare il governo: senza un diritto alla privacy, se la Georgia imponesse il suo statuto, verrebbe sacrificata la libertà che la Costituzione ci garantisce"

Prof - Beh... la Corte Suprema le ha dato torto, signorina. Ha ritenuto che lo Statuto non violasse il diritto alla privacy. Sa dire perché?

Stud. 4 - "Perché ha sbagliato!"

Qui lo stralcio integrale della scena, con Julia Roberts nella parte di Darby Shaw (stud. 4) e Sam Shepard nel ruolo di Thomas Callahan (il prof.)

invidious.fdn.fr/watch?v=Cs_Gy…

(questo il link su youtube)

Questa voce è stata modificata (2 anni fa)
in reply to banana_meccanica

@banana_meccanica

> La società è altamente fottuta nei riguardi della privacy

La società non sarà fottuta se i suoi individui sapranno lottare (e lottare non è una metafora) per salvaguardarla, riparando o almeno contenendo i danni che si sono fatti nel frattempo.

in reply to Informa Pirata

Il danno è destinato a crescere per forza di cose. Lo si capisce leggendo il giornale che detta l'andamento della realtà per il cittadino distratto che non si pone il problema della privacy ma della sua incolumità fisica e di quelle quattro banane che ha da parte. Sul giornale della mia regione, che pende nettamente a destra, tre notizie su quattro riportano 'il nordafricano" che fa questo e quel crimine. Come reagiscono i lettori? Agiscono ben lieti dei scanner di impronte, facciali, e qualsiasi voglia immatricolazione umana. La lotta si scontra allora su tutti i fronti, come la marea contro la scogliera. Tutto arriverà molto presto, per tutti ci sarà un cartellino, chi fuggirà sarà prima un mendicante e poi un delinquente.
Questa voce è stata modificata (2 anni fa)


Privacy e riconoscimento facciale; con iBorderCTRL si comincia ovviamente dai migranti e non finirà bene: «La macchina della verità alle frontiere dell'Europa è stata un assegno in bianco»

@Privacy Pride

I documenti su #iBorderCTRL dimostrano la Commissione europea era a conoscenza dei rischi di sperimentare un algoritmo per identificare le bugie analizzando i volti. Ma ha finanziato lo stesso il progetto


«Mentre assegnano 4,5 milioni di euro del programma di ricerca Horizon 2020 a iBorderCTRL, una sorta di macchina della verità da usare alle frontiere, gli esperti della Commissione europea sanno già che questa tecnologia di analisi dei micro-movimenti del volto e di identificazione delle bugie, una sorta di Lie to me, la serie tv con Tim Roth, in versione algoritmo, potrà porre dei grossi problemi. Tanto che nello stesso documento con cui finanziano il progetto, datato 18 gennaio 2016, scrivono che “la proposta si affida pesantemente a un sistema automatico di rilevazione delle bugie, che pone una serie di rischi che non sono adeguatamente affrontati”.»


L'articolo di Luca #Zorloni prosegue qui su Wired Italia




Domenico De Masi era un uomo della sinistra autentica, quella che pensa e cerca di fare cose di sinistra. Ci mancherà la sua voce autorevole e simpatica che r

Marino Bruschini reshared this.



Il deputato francese Philippe Latombe ha annunciato giovedì scorso di voler impugnare davanti al Tribunale della UE il #DataPrivacyFramework

@Privacy Pride

”Il testo risultante da questi negoziati viola la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, a causa delle insufficienti garanzie di rispetto della vita privata e familiare in relazione alla raccolta massiva di dati personali, e il Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR)”, ha scritto Latombe, membro del partito alleato del Presidente Emmanuel Macron, , nella sua dichiarazione.Latombe ha presentato due ricorsi, ha dichiarato a POLITICO: uno per sospendere immediatamente l’accordo e un altro sul contenuto del testo.Oltre alle preoccupazioni per la sorveglianza di massa degli Stati Uniti, il Data Privacy Framework è stato notificato ai Paesi dell’UE solo in inglese e non è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, il che potrebbe non rispettare le regole procedurali, ha sostenuto Latombe. Latombe ha informato il governo francese e l’autorità per la protezione dei dati CNIL della sua contestazione.

The Privacy Post reshared this.



Oggi sabato 9 settembre alle ore 17,30 è convocata una conferenza stampa in occasione del presidio di Rifondazione Comunista, con la presenza del Segretario na


L’avvocato della famiglia di Khaled El Qaisi: “In Israele totale spregio dei diritti di civiltà giuridica”


Il legale parla della situazione detentiva del ricercatore italo-palestinese come di una "violazione dei diritti umani" e chiede di fare tutto il possibile per ottenere l'immediata liberazione. L'articolo L’avvocato della famiglia di Khaled El Qaisi: “In

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

Pagine Esteri, 9 settembre 2023. In un comunicato rilasciato oggi, l’avvocato Flavio Albertini Rossi, legale della famiglia di Khaled El Qaisi, esprime preoccupazione per le sorti del ricercatore italo-palestinese arrestato dalla polizia di frontiera israeliana il 31 agosto.

Trattenuto in custodia cautelare, Khaled El Qaisi non ha potuto fino ad oggi incontrare il suo avvocato, non conosce gli atti su cui si basa il fermo e viene sottoposto a continui interrogatori senza la presenza di un legale. Nell’udienza del 7 settembre i giudici hanno prolungato la custodia cautelare fino al 14 di questo mese.

Ciò che preoccupa maggiormente la famiglia del ricercatore, traduttore e studente di Lingue e Civiltà Orientali all’Università La Sapienza di Roma, è il “totale spregio dei diritti di civiltà giuridica operati dalla legislazione israeliana“. La violazione, cioè, delle tutele riconosciute in Italia, in Europa e nelle istituzioni delle Nazioni Unite, “la cui osservanza consente di definire un processo equo e un arresto non arbitrario“.

L’avvocato Flavio Albertini Rossi, a nome della famiglia di Khaled, giudica la situazione detentiva di El Qaisi una violazione dei diritti umani. La maggiore preoccupazione, spiega, è la possibilità che, in mancanza di prove, la detenzione penale venga sostituita con la detenzione amministrativa, dilatando i tempi dell’arresto in maniera imprevedibile. “Condizione giuridica nella quale si trovanospiega l’avvocatoaltri 1200 palestinesi ristretti in carcere senza un’accusa formale, senza alcuna prova e senza poter conoscere le ragioni del loro trattenimento”.

Khaled El Qaisi era di ritorno dalle vacanze, insieme alla moglie e al figlio di 4 anni, quando è stato fermato e ammanettato, senza accuse formali né spiegazioni, al valico di Allenby, tra la Giordania e la Cisgiordania occupata.

Di seguito il comunicato integrale:

Aggiornamento sulla detenzione di Khaled El Qaisi, italo-palestinese, trattenuto dalle autorità israeliane al valico di frontiera di “Allenby” e tuttora detenuto.

Il 7 settembre, come previsto, si è tenuta a Rishon Lezion a sud di Tel Aviv, l’udienza relativa alla proroga del suo trattenimento in carcere conclusasi con una proroga della detenzione per altri 7 giorni, quando dovrà comparire nuovamente davanti al giudice.

In questa udienza il detenuto e il suo difensore non hanno potuto comparire congiuntamente, finora impossibilitati per legge a vedersi e comunicare. In questa occasione si è appreso del suo trasferimento presso il carcere di Ashkelon.

La nostra viva preoccupazione è rivolta al totale spregio dei diritti di civiltà giuridica operati dalla legislazione israeliana ovvero alla violazione di quelle tutele, comunemente riconosciute in Italia (art. 13-24-111 della Cost.) e in Europa (art 6 CEDU) e in seno all’ONU (artt. 9-14 Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici), la cui osservanza consente di definire un processo “equo” e un arresto “non arbitrario”.

Dopo 9 giorni di detenzione a Khaled è stato impedito di interloquire con il proprio difensore di fiducia e non potrà certamente incontrarlo quantomeno fino al 12 settembre. È quotidianamente sottoposto a interrogatorio senza la presenza del suo difensore ed è quindi solo mentre affronta domande pressanti poste dai poliziotti nella saletta di un carcere.

Non gli è consentito conoscere gli atti che hanno determinato la sua custodia e la sua possibile durata; non sa chi lo accusa, per quale ragione lo faccia, cosa affermi in proposito.

Anche i motivi del suo arresto appaiono assolutamente generici e privi di specificità, fondati esclusivamente su meri sospetti e non su indizi gravi di colpevolezza.

Tuttavia, ciò che rappresenta maggior ragione di inquietudine e preoccupazione è la facoltà concessa all’autorità israeliana di poter sostituire, in difetto di prove, la detenzione penale con quella amministrativa. Condizione giuridica nella quale si trovano altri 1200 palestinesi ristretti in carcere senza un’accusa formale, senza alcuna prova e senza poter conoscere le ragioni del loro trattenimento.

In considerazione dell’allarmante situazione detentiva di Khaled e del mancato rispetto dei suoi diritti umani si chiede che si faccia tutto il possibile per ottenerne l’immediata liberazione e il suo ritorno in Italia.

Flavio Albertini Rossi

Legale della famigliai di Khaled in Italia

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

L'articolo L’avvocato della famiglia di Khaled El Qaisi: “In Israele totale spregio dei diritti di civiltà giuridica” proviene da Pagine Esteri.



Minorenni e infantili senili


L'articolo Minorenni e infantili senili proviene da Fondazione Luigi Einaudi. https://www.fondazioneluigieinaudi.it/minorenni-e-infantili-senili/ https://www.fondazioneluigieinaudi.it/feed


Terremoto in Marocco, centinaia i morti


Notte di tragedia nel Paese, colpito da un sisma di magnitudo 6.8 con epicentro a 72 km da Marrakesh. Il bilancio delle vittime continua a salire, ridotto in macerie il centro storico della città patrimonio Unesco. GUARDA IL VIDEO L'articolo Terremoto in

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

di Valeria Cagnazzo

Pagine Esteri, 9 settembre 2023 – E’ di almeno 632 morti e 329 feriti il bilancio provvisorio delle vittime del terremoto di magnitudo 6.8 che ha scosso il Marocco la notte scorsa, alle ore 22.00 locali. I numeri, però, sono destinati ad aumentare, mentre si continua a scavare anche a mani nude per cercare i dispersi sotto alle macerie.

9176202

L’epicentro è stato registrato a una profondità di 18.5 km a 72 km a sud-ovest di Marrakesh, secondo l’Istituto americano di Geological Survey (USGS).

At 11 pm local time in western Morocco, a shallow M6.8 earthquake shook the Atlas mountains. Many residences in the region are vulnerable to shaking. Our hearts go out to those affected. Latest info here: t.co/nsiHqqNXrS

— USGS Earthquakes (@USGS_Quakes) September 8, 2023


Un terremoto “improvviso e catastrofico” lo hanno descritto i residenti della città. Il numero più alto di morti è stato registrato nella regione di al-Haouz, ma il sisma ha interessato almeno sei province del Paese sulla catena dei monti Atlas. Nell’area colpita dal terremoto vivrebbero tra le 8 e le 10 milioni di persone, molte di queste in aree rurali. Il terremoto ha provocato ingenti distruzioni anche nel cuore della città vecchia di Marrakesh, patrimonio Unesco, dove gli edifici storici si sono sbriciolati sulle strade.

Secondo l’Istituto Nazionale di Geofisica in Marocco si tratterebbe del più forte terremoto negli ultimi cento anni del Paese.

WATCH: 6.8-magnitude earthquake hits Morocco, killing more than 300 people pic.twitter.com/sOHj2HRSMs

— BNO News (@BNONews) September 9, 2023

#Earthquake 76 km SW of #Marrakech (#Morocco) 29 min ago (local time 23:11:00). Updated map – Colored dots represent local shaking & damage level reported by eyewitnesses. Share your experience:
📱t.co/bKBgMenA4F
🌐t.co/lZLiJgtzeF pic.twitter.com/GYCSBv0zT6

— EMSC (@LastQuake) September 8, 2023


Il Centro Trasfusionale Regionale di Marrakesh, intanto, sta chiedendo in queste ore ai residenti della città di recarsi nella sede dell’istituto per donare sangue per i feriti che continuano a registrarsi a centinaia, man mano che proseguono le operazioni di soccorso.

Solidarietà al Paese e al Primo Ministro Aziz Akhannouch è stata espressa dai leader riuniti a New Delhi per il G20. Narendra Modi, nei panni in queste ore di padrone di casa del Summit, che ha promesso “ogni possibile aiuto per il Marocco in queste ore difficili”.

Extremely pained by the loss of lives due to an earthquake in Morocco. In this tragic hour, my thoughts are with the people of Morocco. Condolences to those who have lost their loved ones. May the injured recover at the earliest. India is ready to offer all possible assistance to…

— Narendra Modi (@narendramodi) September 9, 2023

GUARDA IL VIDEO

pagineesteri.it/wp-content/upl…

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

L'articolo Terremoto in Marocco, centinaia i morti proviene da Pagine Esteri.



PRIVACYDAILY


N. 156/2023 LE TRE NEWS DI OGGI: Il deputato francese Philippe Latombe ha annunciato giovedì scorso di voler impugnare davanti al Tribunale dell’Unione Europea un nuovo accordo transatlantico che consente alle aziende di trasferire liberamente i dati tra l’UE e gli Stati Uniti, aprendo potenzialmente la porta ad anni di controversie legali.La mossa arriva meno... Continue reading →


Xi salta il G20: sullo sfondo le tensioni con l’India. E Biden va in Vietnam


Xi salta il G20: sullo sfondo le tensioni con l’India. E Biden va in Vietnam 9173875
L'assenza del presidente cinese evidenzia le tensioni con il vicino indiano. La partnership con il Vietnam contesa fra Usa e Pechino. Domani Biden a Hanoi

L'articolo Xi salta il G20: sullo sfondo le tensioni con l’India. E Biden va in Vietnam proviene da China Files.



VIDEO. 20 feriti e 700 sfollati per i nuovi scontri nel campo palestinese di Ain al Hilweh


Centinaia di profughi si sono rifugiati all'interno di una moschea mentre Fatah e i combattenti islamici si scambiavano colpi di arma da fuoco. L'articolo VIDEO. 20 feriti e 700 sfollati per i nuovi scontri nel campo palestinese di Ain al Hilweh proviene

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

della redazione

Pagine Esteri, 8 settembre 2023 – Un cessate il fuoco è stato raggiunto oggi tra il partito Fatah e le fazioni islamiste armate nel campo profughi palestinese in Libano di Ain al Hilweh (Sidone), dopo ore di scontri che hanno fatto almeno 20 feriti, costretto a fuggire centinaia di civili e che si sono attenuati solo questa sera. La tregua è stata raggiunta dopo gli sforzi di mediazione guidati da Souhail Harb, direttore dei servizi segreti dell’esercito libanese nel sud, che ha organizzato un incontro tra Fatah e funzionari di Hamas.

Il mese scorso violente sparatorie nel campo profughi, dopo l’omicidio di Abu Ashraf al-Armoushi, il capo locale della sicurezza di Fatah, avevano provocato 13 morti, in gran parte combattenti armati. Un comandante militare di Fatah, Sobhi Abu Arab, ha chiesto oggi la consegna degli assassini di Al-Armoushi e delle sue quattro guardie del corpo uccisi in un’apparente serie di omicidi mirati attribuiti al miliziano jihadista Bilal Badr, dell’Isis.

La situazione si è fatta ulteriormente critica per i civili palestinesi poiché i gruppi armati islamisti, Fatah al Islam e Jund al Sham, hanno occupato diverse scuole. Il Coordinatore Umanitario delle Nazioni Unite per il Libano, Imran Riza, ha chiesto la fine dei combattimenti e l’espulsione delle fazioni armate dalle scuole. “L’occupazione di otto scuole dell’Unrwa (Onu) sta impedendo l’accesso a quasi 6.000 bambini pronti a iniziare l’anno scolastico”, ha aggiunto Riza.

I nuovi scontri erano iniziati nella notte di giovedì, con spari di armi automatiche che hanno raggiunto anche i quartieri vicini al campo profughi. Fatah in quelle ore ha detto al giornale L’Orient Today che i suoi combattenti stavano “difendendo” la loro posizione essendo stati “presi di mira da colpi di arma da fuoco e razzi degli estremisti islamici” all’ingresso nord del campo. Un proiettile vagante ha ferito un uomo che si trovava fuori dalla zona di combattimento, nel rione di Taamir. Circa 700 persone hanno cercato rifugio nella moschea al-Mousalli.

Ain al-Hilweh, il più grande campo profughi palestinese del Libano, ospita più di 54.000 rifugiati. A loro si sono aggiunti negli ultimi anni migliaia di altri profughi palestinesi in fuga dalla guerra in Siria. Il campo, densamente popolato, è da anni teatro di sparatorie dovute a tensioni tra le varie fazioni armate palestinesi. Pagine Esteri

GUARDA IL VIDEO

pagineesteri.it/wp-content/upl…
Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

L'articolo VIDEO. 20 feriti e 700 sfollati per i nuovi scontri nel campo palestinese di Ain al Hilweh proviene da Pagine Esteri.



“Intelligenza artificiale per principianti – IL TEMPO DELLE DONNE”


La ‘semplicità’ con la quale i servizi di AI ci si presentano è un’arma a doppio taglio. Ci facilita la vita ma rischia di farci porre meno domande di quelle che dovremmo su come funzionano e quali nostri dati trattano. Dobbiamo resistere alla tentazione di non farci domande


guidoscorza.it/intelligenza-ar…



Duplice anomalia: il governo legifera attraverso decreti urgenti che il parlamento poi emenda


Anch’io sono rimasto a dir poco sorpreso dal tono e dal contenuto delle dichiarazioni di domenica del ministro Giorgetti a proposito della cosiddetta tassa sugli extraprofitti delle banche su cui giustamente si sofferma l’editoriale di mercoledì scorso de

Anch’io sono rimasto a dir poco sorpreso dal tono e dal contenuto delle dichiarazioni di domenica del ministro Giorgetti a proposito della cosiddetta tassa sugli extraprofitti delle banche su cui giustamente si sofferma l’editoriale di mercoledì scorso del Foglio. E’ evidente che il ministro ha subìto una decisione tutta politica della Presidenza del Consiglio e parlando di una “versione definitiva” (!) fa capire che spera che il Parlamento procederà a emendare il testo. Tutto questo è segno di una grande confusione, ma apre anche un altro problema non secondario. Una delle cause principali del disordine delle leggi italiane è l’emendabilità dei decreti legge. Infatti le norme dei decreti legge entrano in vigore subito, ma quando sono emendate cessano di essere vigenti ma continuano a esistere nel periodo intermedio e provocano o possono provocare effetti che vanno appositamente regolati. Da qui il caos che è particolarmente grave per le norme fiscali che dovrebbero essere certe. Personalmente penso che un giorno la Corte costituzionale, che già fu costretta a intervenire per bloccare la reiterazione dei decreti legge non convertiti in legge, dovrà porsi il problema della emendabilità dei decreti legge: se il potere esecutivo sottrae al legislativo il potere di fare le leggi, dovrebbe trattarsi non solo di materie che richiedono un intervento “necessario e urgente”, ma anche di formulazioni che impegnano politicamente il governo. Gli emendamenti del Parlamento ai decreti legge sono da un punto di vista politico-costituzionale delle dichiarazioni di sfiducia contro l’esecutivo, perché indicano che il Parlamento disapprova l’uso che un governo ha fatto del potere straordinario di legiferare. Ho sempre pensato che i presidenti delle Camere dovrebbero intervenire su questa materia difendendo le prerogative degli organi deputati alla legislazione che sono le Camere. Più che di nuove norme costituzionali avremmo bisogno di rispettare e di far rispettare quelle che ci sono.

Il Foglio

L'articolo Duplice anomalia: il governo legifera attraverso decreti urgenti che il parlamento poi emenda proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Sovranamente


Ad aprire quella che dovrebbe essere una seria campagna elettorale europea – il che vale per tutti i Paesi dell’Unione – è stato uno mai candidato e che mai lo sarà: Mario Draghi. Il tema è quello di avere gli strumenti per far valere la sovranità europea

Ad aprire quella che dovrebbe essere una seria campagna elettorale europea – il che vale per tutti i Paesi dell’Unione – è stato uno mai candidato e che mai lo sarà: Mario Draghi. Il tema è quello di avere gli strumenti per far valere la sovranità europea, che è l’opposto del sovranismo. Circa i bilanci statali lo scopo è quello di far valere il rigore, senza rigorismi formali che poi divengono lassismi sostanziali, perché non applicabili. La ricaduta italiana di un simile schema conduce a conclusioni ben diverse da quelle che qualcuno, fantasiosamente, ha voluto trarne: a noi converrebbe che i trasferimenti di sovranità siano più numerosi e veloci, così come ci converrebbe far scendere il debito pubblico maggiormente e più velocemente di quanto ci chiede la Commissione Ue. Entrambe le cose a salvaguardia della sovranità.

Si può dissentire ma, se si ragiona seriamente, occorre farlo contrastandone la sostanza, non sparacchiando castronerie dilapidatrici. Perché il presupposto è: nessuno dei Paesi dell’Unione ha, da solo, la forza di affrontare i problemi posti al di fuori dei propri confini, il che comporta l’impoverimento e l’insicurezza all’interno di quei confini. Nessuno dei nostri Paesi, da solo, è in grado di giocare un ruolo nella vicenda ucraina, per non parlare dell’impossibilità di difendere veramente i propri confini in caso di aggressione. Il nostro scudo difensivo è la Nato ma, in un quadro modificatosi dopo la fine della Guerra fredda e aggravatosi dopo l’invasione russa dell’Ucraina, la Nato stessa non può più essere a conduzione e responsabilità statunitense. Quindi serve una forza armata Ue, il che comporta integrazione dei sistemi produttivi europei nel campo della difesa. Ciascuna moneta nazionale sarebbe un turacciolo nell’Oceano, in balia di forze preponderanti, mentre l’euro è un’imbarcazione imperfetta, ma di stazza assai superiore. Lo spazio nel commercio globale lo trovano le aziende che sanno competere, ma il quadro di protezione e facilitazione è dato dai rapporti politici internazionali, in cui il peso specifico di uno Stato nazionale è largamente inferiore a quello dell’Ue. Ci sono, del resto, le esperienze positive: dalla gestione dei vaccini al debito comune per Ngeu (di cui l’Italia è il principale beneficiario).

Si può ben avversare tutto ciò, ma si deve anche essere capaci di spiegare come oggi il nazionalismo vestito da sovranismo non sarebbe il travestimento di un rattrappimento incapace di difendere i confini anche soltanto dall’ingresso di immigrati, posto che se ne ha continuo e crescente bisogno. Mentre il sovranismo che ha attuale corso in Ue (di estrema destra, ma anche di estrema sinistra) usa un trucco: considera incancellabile la condizione presente, nella quale chiede che ci sia più Nazione nelle scelte. Ma soltanto i fessi possono credere che le protezioni Ue siano incancellabili. Prego chiedere agli inglesi.

Ultimo pezzo, di un ragionamento altamente politico: il vecchio Patto di stabilità fissava degli obiettivi, ma falliva negli strumenti per farli rispettare (e il nostro debito pubblico ne è una dimostrazione); tornare a quello non ha senso, quindi si deve avere non la “elasticità” di cui favoleggiano gli spendaroli, ma l’adattabilità di bilancio: maggiore rigore in crescita, possibile spesa in recessione. Se tale politica fosse nazionale l’Ue si divaricherebbe e noi resteremmo indietro, perché altri avrebbero maggiore capacità di spesa (avendo meno debito). Quindi deve essere una politica europea, il che comporta cessione di sovranità fiscale in cambio di reale sovranità economica. Anche qui si può essere contrari, ma comporta restare prigionieri del debito, perdere sovranità e andarla a recuperare derubando i propri cittadini con una drammatica svalutazione dei risparmi (assai ricchi).

Se le forze politiche facessero politica conserverebbero, naturalmente, la libertà di pensarla diversamente, ma perderebbero quella di parlare costantemente d’altro, divagando nel nulla.

La Ragione

L'articolo Sovranamente proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Domani, sabato 9 settembre 2023 ore 16.00 via Dante - angolo via Rovello flashmob di protesta di Rifondazione Comunista. Il Comune di Milano ritiri il patrocin


“Intelligenza artificiale per principianti – IL TEMPO DELLE DONNE”


Oggi a partire dalle 16.30 interverrò nello SPAZIO EDU con Sofia Crespo, artista, Anna Premoli, scrittrice, Marco Rossi, psichiatra, psicoterapeuta e sessuologo per parlare di intelligenza artificiale e privacy. Qui il programma completo 27esimaora.corriere.it/il-temp… Qui le informazioni in dettaglio del mio intervento 27esimaora.corriere.it/il-temp…


guidoscorza.it/intelligenza-ar…



L’ambasciatore eritreo avrebbe chiesto asilo politico in Svizzera


Secondo quanto riportato dai media, l’ambasciatore eritreo in Svizzera si è dimesso e spera di ottenere asilo in Svizzera. Le autorità locali non commentano i fatti. Dov’è Adam Osman? Si dice che l’ambasciatore eritreo a Ginevra si sia nascosto e abbia

Secondo quanto riportato dai media, l’ambasciatore eritreo in Svizzera si è dimesso e spera di ottenere asilo in Svizzera. Le autorità locali non commentano i fatti.

Dov’è Adam Osman?


Si dice che l’ambasciatore eritreo a Ginevra si sia nascosto e abbia chiesto asilo in Svizzera. Le voci che circolano da alcuni giorni sui social network sembrano essere vere, riferisce l’ “Aargauer Zeitung” . La scomparsa dell’ambasciatore non ha però nulla a che vedere con gli scontri scoppiati a Zurigo lo scorso fine settimana, scrive il giornale.

Nel fine settimana gli eritrei si sono attaccati a vicenda a Opfikon ZH. Dodici persone sono rimaste ferite nello scontro tra sostenitori del regime di Isayas Afewerki (77) e i suoi oppositori. Arrestati tre eritrei.

Piuttosto il rappresentante eritreo avrebbe scoperto sporche macchinazioni nella sua ambasciata: un insider ha riferito all'”Aargauer Zeitung” che Osman aveva scoperto che alcune persone avevano nascosto del denaro nell’ambasciata. Si trattava di soldi per i rifugiati affinché potessero richiedere l’aiuto sociale in Svizzera.

L’ambasciatore ha tradito le menti dietro questi accordi al regime in patria in Eritrea. “Molti uomini molto influenti sono stati arrestati a causa sua – ora loro e i loro sostenitori lo stanno cercando”, ha detto al giornale una fonte anonima. Per l'”Aargauer Zeitung” e gli amici del diplomatico non è disponibile da giorni.

Né la Segreteria di Stato della migrazione né il Dipartimento federale degli affari esteri commentano queste voci né vogliono confermare la ricezione della domanda d’asilo. Ciò non è possibile a causa della protezione dei dati e della privacy.


tommasin.org/blog/2023-09-08/l…



Oggi, 8 settembre, ricorre la Giornata Internazionale dell’Alfabetizzazione istituita nel 1967 dall’Unesco.


In Cina e Asia – Xi visita gli alluvionati dello Heilongjiang


In Cina e Asia – Xi visita gli alluvionati dello Heilongjiang xi
I titoli di oggi:

Xi visita i villaggi colpiti dalle alluvioni
Cina, preoccupazioni per il progetto di revisione della legge sulla sicurezza pubblica

Microsoft accusa Pechino di utilizzare l’IA per influenzare gli elettori Usa
Cina, dibattito social sul trend “donna da sposare”
Guerra dei chip: Innovazione scientifica potrebbe fornire vantaggio alla Cina
Riprende il dialogo ad alto livello tra Cina e Australia
La Cina stava per stabilire una propria base navale in Gabon?
La Corea del Nord testa sottomarino per attacchi nucleari tattici

L'articolo In Cina e Asia – Xi visita gli alluvionati dello Heilongjiang proviene da China Files.



CINA-ITALIA. L’equilibrismo di Tajani sulla via della Seta


Più visite ufficiali e rilancio del partenariato con la Cina per compensare l'uscita dal memorandum. Imprenditori preoccupati per i contraccolpi sull'export L'articolo CINA-ITALIA. L’equilibrismo di Tajani sulla via della Seta proviene da Pagine Esteri.

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

di Michelangelo Cocco*

Pagine Esteri, 8 settembre 2023 – Incontrando lunedì sera il ministro degli esteri, Antonio Tajani, il suo omologo cinese, Wang Yi, ha dichiarato che il memorandum sulla nuova via della Seta ha «dato i suoi frutti all’Italia». Wang ha risposto così a Tajani, che prima d’imbarcarsi per Pechino aveva lamentato che il documento sottoscritto nel marzo 2019 dal governo Conte I «non ha portato i risultati che ci aspettavamo». Il faccia a faccia Tajani-Wang ha avuto luogo lunedì sera a Pechino, a margine della XI sessione plenaria del comitato governativo Italia-Cina (la precedente si era svolta il 29 dicembre 2020).

Wang – che in quanto segretario della commissione affari esteri del Partito comunista cinese è il massimo responsabile, assieme a Xi Jinping, della politica estera della Cina – ha ricordato a Tajani, che è anche vice presidente del Consiglio, che «negli ultimi cinque anni, le esportazioni dell’Italia verso la Cina sono aumentate di circa il 30 per cento». «Di fronte alle sfide e alle interferenze geopolitiche, Cina e Italia dovrebbero andare d’accordo sulla base del rispetto e della fiducia reciproca», ha affermato Wang, aggiungendo che la cooperazione e gli interessi comuni tra la Cina e l’Unione Europea «superano le differenze».

La visita di Tajani (3-5 settembre) è servita a Pechino per mandare un messaggio chiaro al capo del governo, Giorgia Meloni, fugando le speculazioni degli ultimi mesi: la Cina tiene all’adesione dell’Italia (unico paese del G7 a farne parte) alla nuova via della Seta lanciata nel 2013 da Xi Jinping, anche se – ha puntualizzato il quotidiano Global Times – un’eventuale uscita dal memorandum (da notificare formalmente a Pechino entro la fine dell’anno) non costituirebbe un “ostacolo fondamentale” per le relazioni Italia-Cina.

E ciò non solo per «l’amicizia millenaria ereditata dall’antica via della seta» che, ha sostenuto Wang, «rimane sempreverde». Il fatto è che dalla ripresa, a fine 2022, delle sue attività diplomatiche in presenza, Pechino sta esercitando un pressing costante per convincere l’Unione Europea a non seguire la strada – un mix di protezionismo e contenimento tecnologico – tracciata dagli Stati Uniti per frenare l’ascesa della Cina. In tale quadro geopolitico, qualora Meloni decidesse di “superare” il memorandum, una rappresaglia contro la terza economia dell’Ue (a colpi, ad esempio, di cancellazione di ordinativi e/o boicottaggio di alcuni prodotti italiani) inquieterebbe i 27, avvicinandoli ulteriormente agli Usa.

Inoltre a Pechino sanno che se l’esecutivo Meloni cancellerà il memorandum, lo farà soprattutto perché il principale partito della maggioranza (Fratelli d’Italia) e la sua leader hanno la necessità strategica di accreditarsi presso Washington, scrollandosi di dosso quel sentore di partito post-fascista (e, in parte, anti-statunitense) retaggio del Movimento sociale italiano e facendo dimenticare al tempo stesso l’improvvisato tentativo dell’esecutivo giallo-verde – del quale il memorandum sulla via della Seta rappresenta l’emblema – di riequilibrare la politica estera italiana, rendendola un po’ meno dipendente da Washington e un po’ più attenta alla Cina e ai paesi emergenti.

Meloni fa dunque affidamento sulla necessità di Pechino di mantenere buoni rapporti con Bruxelles e prepara una “alternativa” al, ovvero una “uscita soft” dal, memorandum. «Mentre stiamo valutando la partecipazione alla via della Seta – ha dichiarato Tajani -, vogliamo potenziare l’accordo di cooperazione rafforzata, quindi continueremo a lavorare dal punto di vista economico, industriale, commerciale con la Cina». Inoltre si punta sui viaggi ufficiali: nelle prossime settimane sono attese in Cina le ministre della ricerca e università, Anna Maria Bernini, e del turismo, Daniela Santanchè. Poi sarà la volta di Meloni e, l’anno prossimo, del presidente Mattarella.

Incontrando il ministro del commercio; Wang Wentao, Tajani ha ribadito l’auspicio di esportare di più in Cina. L’export italiano verso la Cina è leggermente aumentato (-0,6 per cento, +22,1 per cento e +5 per cento negli anni 2020, 2021 e 2022, passando da 12,8 a 16,4 miliardi di euro). La Repubblica popolare cinese assorbe circa il 10 per cento dell’export complessivo dell’Italia. Per le aziende italiane – in maniera particolare per quelle del settore della meccanica – si tratta di un mercato importante, a maggior ragione in una fase nella quale l’Europa si starebbe avviando a entrare in una fase di recessione. A chi scrive risulta che ai timori per eventuali contraccolpi negativi su export e investimenti manifestatigli da un gruppo di imprenditori italiani incontrati domenica scorsa a cena Tajani abbia replicato: «Ma non avete capito in quale contesto geopolitico operiamo?».

Ma sostenere il “made in Italy” in Cina è molto più facile a dirsi che a farsi, per due motivi fondamentali: l’Italia non possiede ciò di cui la Cina ha più bisogno, cioè le materie prime e l’hi-tech, che a Pechino sono disposti a pagare a caro prezzo; le piccole e medie imprese italiane non riescono a soddisfare le massicce e repentine richieste del mercato cinese. Inoltre, a complicare lo scenario, la domanda dei consumatori cinesi continua a non decollare e il costante rallentamento dell’economia farà sì che nel mercato interno in molti settori il governo di Pechino sarà costretto ancora a favorire le compagnie locali rispetto a quelle straniere.

L’impegno da parte della Cina ad aumentare le importazioni dall’Italia non era stato introdotto nel memorandum siglato dall’allora ministro degli esteri, Luigi Di Maio. Su questo fronte si sarebbe potuto chiedere certamente di più, inserendo clausole ad hoc in quello che pure è un semplice memorandum, che non ha rango di trattato internazionale. E l’Italia ha fatto pochissimo anche per attivarsi sulla cooperazione infrastrutturale, che nel documento è auspicata, anche in paesi terzi. Il memorandum si è dimostrato in parte inutile, in parte è rimasto lettera morta, anche a causa delle difficoltà di comunicazione legate alla pandemia. E ora la Cina – non avendovi imbarcato altri paesi del G7 – guarda più a quelli dei Brics e della Sco che alla “vecchia” nuova via della Seta.

Quello del memorandum è un problema che Meloni si è creato da sola, dichiarando urbi et orbi in campagna elettorale che il testo firmato dall’ex capo della Farnesina, Luigi Di Maio, è stato «un grosso errore» per compiacere gli americani, salvo poi, una volta entrata a palazzo Chigi, rendersi conto dell’importanza dei rapporti Italia-Cina, e dunque della necessità di non irritare Pechino. Ed è un problema secondario, derivante dalla mancanza di una politica strutturata e coerente nei confronti del nostro primo partner commerciale in Asia.

Meloni non ha una strategia come quelle che hanno contribuito recentemente ad aumentare gli investimenti in Cina di Germania e Francia, i principali concorrenti economici dell’Italia nell’Ue. Negli ultimi mesi, l’esecutivo Scholz ha pubblicato una strategia sulla Cina e perfino siglato un memorandum, su cambiamento climatico e cooperazione ambientale. Mentre a Parigi Emmanuel Macron ha sedotto Pechino con la sua idea di “autonomia strategica” dell’Ue ed è arrivato a dichiarare che l’Unione dovrebbe tenersi alla larga da un eventuale conflitto su Taiwan. Meloni invece è rimasta impantanata nel “vecchio” memorandum giallo-verde, che Pechino aveva potuto rivendicare come un riconoscimento politico.

Tutti fattori che non potranno che raffreddare le relazioni Roma-Pechino. Pagine Esteri

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

L'articolo CINA-ITALIA. L’equilibrismo di Tajani sulla via della Seta proviene da Pagine Esteri.



Israele prolunga l’arresto di Khaled El Qaisi, ricercatore italo-palestinese


Il giovane stava attraversando il valico di Allenby con moglie e figlio dopo aver trascorso le vacanze a Betlemme. Al controllo dei bagagli e dei documenti è stato ammanettato L'articolo Israele prolunga l’arresto di Khaled El Qaisi, ricercatore italo-pa

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

PROLUNGATO AL 14 SETTEMBRE L’ARRESTO DI KHALED EL QAISI

Khaled El Qaisi sta “abbastanza bene”. Così le poche persone autorizzate ad assistere all’udienza ieri al tribunale di Rishon Lezion hanno descritto le condizioni del ricercatore italo-palestinese arrestato il 31 agosto dalla polizia di frontiera israeliana al valico di Allenby mentre era con la moglie e il figlio. I giudici hanno prolungato l’arresto di Khaled fino al 14 settembre ma i motivi del fermo restano oscuri e tenuti sotto uno stretto riserbo, come ha spiegato l’avvocato del giovane.

della redazione

Pagine Esteri, 8 settembre 2023 – Lo scorso 31 agosto il giovane ricercatore italo-palestinese Khaled El Qaisi è stato arrestato dalle autorità israeliane al valico di Allenby, tra Cisgiordania e Giordania. Ne danno notizia la moglie del ricercatore Francesca Antinucci e la madre Lucia Marchetti.

El Qaisi, di doppia nazionalità, italiana e palestinese, la scorsa settimana, diretto ad Amman, stava attraversando il valico di Allenby con moglie e figlio dopo aver trascorso le vacanze con la propria famiglia a Betlemme. Al controllo dei bagagli e dei documenti è stato ammanettato sotto lo sguardo del figlio di 4 anni, e della moglie.

Antinucci spiega che alle richieste di delucidazioni sui motivi del fermo, non è seguita risposta alcuna da parte degli agenti di frontiera israeliani. Invece le sono state sottoposte domande per poi essere allontanata col figlio verso il territorio giordano, senza telefono, senza contanti né contatti, in un paese straniero. Solo nel tardo pomeriggio la moglie e il bambino sono riusciti a raggiungere l’Ambasciata italiana ad Amman grazie all’aiuto di alcune persone.

Khaled El Qaisi, aggiungono la madre e la moglie, ancora non ha potuto incontrare il suo avvocato. Si è solo saputo che affronterà un’udienza davanti a giudici israeliani domani, 7 settembre, presso il tribunale di Rishon Lezion.

Traduttore e studente di Lingue e Civiltà Orientali all’Università La Sapienza di Roma, stimato per il suo impegno nella raccolta, divulgazione e traduzione di materiale storico, è tra i fondatori del Centro Documentazione Palestinese, associazione che mira a promuovere la cultura palestinese in Italia.

A sostegno di Khaled El Qaisi, l’intergruppo parlamentare per la Pace tra Palestina e Israele ha inviato una lettera-appello al ministro degli esteri Antonio Tajani, per sollecitare un intervento delle autorità di governo italiane su quelle israeliane.

«In quella che ancora viene spacciata come la ‘sola democrazia mediorientale’ è detenuto dal 31 agosto scorso un cittadino italo palestinese, stimato ricercatore universitario in Italia, colpevole di sostenere i diritti del suo popolo» denuncia Maurizio Acerbo, segretario nazionale di Rifondazione Comunista, coordinamento di Unione Popolare, che a nome della sua formazione politica chiede che «L’Italia ritiri l’ambasciatore se il governo israeliano non rilascerà il nostro connazionale. Così come ci siamo mobilitati – aggiunge – per la liberazione dello studente Patrick Zaki con la stessa determinazione bisogna farlo perché Khaled possa tornare presto al proprio lavoro e dai propri cari». Pagine Esteri

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

L'articolo Israele prolunga l’arresto di Khaled El Qaisi, ricercatore italo-palestinese proviene da Pagine Esteri.



PRIVACYDAILY


N. 155/2023 LE TRE NEWS DI OGGI: Agosto è tradizionalmente un mese tranquillo per gli annunci, ma quest’anno è stato costellato di notizie da parte di studi legali, aziende big-tech e fornitori di servizi su innovazioni che promettono di trasformare il lavoro legale. Tutti intendono sfruttare l’intelligenza artificiale generativa e il software di apprendimento automatico,... Continue reading →


In quella che ancora viene spacciata come la "sola democrazia mediorientale"è detenuto dal 31 agosto scorso un cittadino italo palestinese, stimato ricercatore


Abbiamo letto le indiscrezioni in merito al d.l. in corso di approvazione in Consiglio dei ministri e possiamo affermare che: il ministro prefetto, il ministro