In Ucraina è l’ora delle brutte notizie
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di Marco Santopadre*
Pagine Esteri, 7 dicembre 2023 – «Dobbiamo essere preparati anche alle cattive notizie». L’avviso è arrivato nei giorni scorsi dal segretario generale della Nato nel corso di un’intervista alla tv tedesca ARD. Jens Stoltenberg ha ribadito che «dobbiamo stare al fianco dell’Ucraina sia nei momenti buoni sia in quelli cattivi» spiegando che «più sosteniamo l’Ucraina, più velocemente questa guerra finirà», ma le quotazioni di Kiev nel conflitto in corso contro la Russia stanno rapidamente crollando.
“Putin può vincere”
Solo due giorni prima, il settimanale “The Economist” scriveva che «per la prima volta da quando Vladimir Putin ha invaso l’Ucraina sembra che abbia la possibilità di vincere. Il presidente russo ha preparato il suo Paese alla guerra e rafforzato il suo potere. Si è procurato forniture militari all’estero e sta aizzando il sud del mondo contro gli Stati Uniti. Fondamentalmente, sta minando la convinzione in Occidente che l’Ucraina possa emergere dalla guerra come una fiorente democrazia europea».
Lo stesso Volodymyr Zelensky, che pure insiste sul fatto che il conflitto potrà terminare solo con la riconquista ucraina di tutti i territori sottratti dai russi, ha dovuto ammettere che la controffensiva estiva «non è riuscita a produrre i risultati desiderati a causa della persistente carenza di armi e forze di terra». Una dichiarazione che ha fatto arrabbiare il sindaco di Kiev, Vitali Klitschko. In un’intervista l’ex pugile ha accusato il presidente di dare un’immagine euforica della guerra, e ha sottolineato: «La gente si chiede perché non fossimo meglio preparati per questa guerra. Perché Zelensky ha negato fino alla fine che si sarebbe arrivati ad un conflitto (…) Troppe informazioni non corrispondevano alla realtà».
Tutti contro Zelensky
Più la situazione dal punto di vista militare si fa difficile, più a Kiev aumentano le tensioni e le divisioni all’interno dell’establishment, anche in vista di elezioni presidenziali che prima o poi Zelensky, dopo averle sospese, dovrà indire. Il moltiplicarsi delle critiche e degli attacchi espliciti nei confronti del presidente è evidente.
Le polemiche sono esplose quando l’SBU, i servizi di sicurezza di Kiev, hanno impedito al leader del partito “Solidarietà Europea” Petro Poroshenko di lasciare l’Ucraina, nonostante l’esponente politico di opposizione avesse già ottenuto tutte le autorizzazioni. Il motivo è che intendeva incontrare il premier ungherese Viktor Orban, colpevole di aver posto il veto all’ingresso dell’Ucraina nell’Ue e di essere troppo vicino a Mosca. L’ex presidente ucraino avrebbe dovuto partecipare anche al vertice dell’IDU – l’organizzazione che riunisce i partiti di centrodestra occidentali – ed incontrare a Washington i dirigenti repubblicani e democratici; probabilmente Zelensky ha temuto che il miliardario gli rubasse la scena ed ha deciso di bloccarlo, dando però un segnale di debolezza.
Ivanna Klympush-Tsintsadze, che è stata la vice di Petro Poroshenko, ha denunciato la «involuzione autoritaria» in atto nel paese. Klitschko afferma che «Zelensky sta pagando gli errori che ha commesso» e di temere che «ad un certo punto non saremo più diversi dalla Russia, dove tutto dipende dal capriccio di un uomo». Al notiziario svizzero “20 minuten” il sindaco della capitale ha spiegato di sostenere il capo di stato maggiore Valery Zaluzhny, da tempo in contrasto con le alte sfere del governo, perché non avrebbe paura di dire le cose come stanno rispetto all’andamento della guerra. Secondo “Ukrayinska Pravda”, l’ex attore starebbe intanto comunicando con i comandanti militari fedeli tagliando fuori Zaluzhny, nel tentativo di isolarlo.
Vitali Klitschko e Petro Poroshenko
L’Ucraina ora gioca in difesa
Dal fronte continuano ad arrivare brutte notizie per Zelensky. Le forze russe starebbero continuando ad avanzare, seppur molto lentamente, in alcuni punti del Donbass, con l’obiettivo di conquistare Avdiivka e spingersi fino a Lyman e Kupyansk, per poi occupare Sloviansk e Kramatorsk.
Mosca sta già intensificando gli attacchi contro le infrastrutture energetiche ucraine; la possibilità che milioni di persone passino un nuovo inverno al buio e al freddo, e che calino quindi ulteriormente il morale e la fiducia degli ucraini, è molto concreta e preoccupa non poco Kiev.
Intanto Putin ha ricominciato ad ammassare uomini e mezzi nelle regioni di confine ed ha firmato venerdì scorso un decreto che punta ad aumentare gli effettivi del proprio esercito, tramite arruolamenti più o meno volontari, di 170 mila unità, in maniera da avere più forze a disposizione in vista dello “scongelamento” dei combattimenti in primavera. Probabilmente Mosca non ha fatto ricorso ad un’ulteriore mobilitazione dei riservisti per non aumentare lo scontento nella società russa, dove le opinioni critiche nei confronti dell’avventura militare di Putin in Ucraina sembrano aumentare, almeno stando ad alcuni sondaggi.
Per ora la strategia di Mosca sembra essere quella di reggere un minuto più di Kiev e di non forzare quindi troppo la mano dal punto di vista militare, continuando nel frattempo a premere sull’Ucraina nell’attesa che le difficoltà crescenti spingano Zelensky – o chi lo sostituirà – a negoziare un cessate il fuoco che congelerebbe una situazione favorevole alla Federazione Russa.
Le lamentele e le proteste dei militari ucraini si fanno sempre più forti, e ora le famiglie di molti coscritti bloccati al fronte anche da 650 giorni chiedono una più ampia turnazione tra gli uomini e le donne mobilitate, l’abolizione del servizio militare a tempo indeterminato e l’abbassamento dell’età per essere richiamati.
Per evitare che le forze russe, dopo il disgelo, sfondino le linee di un esercito ucraino sempre più debilitato, Zelensky avrebbe scelto di dare la priorità al rafforzamento e alla fortificazione delle proprie posizioni, copiando di fatto la strategia utilizzata da Mosca per bloccare la controffensiva estiva di Kiev. In attesa delle decisioni dei politici dei due opposti schieramenti, quella in corso potrebbe diventare una logorante guerra di trincea.
Soldato ucraino ferito
Il sostegno USA vacilla
Altre brutte notizie stanno arrivando a Kiev dai paesi che finora l’hanno sostenuta (se non aizzata) finanziariamente e militarmente contro la Russia e che ora sembrano tirare i remi in barca, alle prese con reali problemi di budget o interessati a congelare lo scontro con Mosca.
La responsabile del bilancio della Casa Bianca, Shalanda Young, ha suonato l’allarme: i fondi stanziati dagli Stati Uniti a sostegno dell’Ucraina potrebbero esaurirsi nel giro di poche settimane a causa della mancata approvazione di nuovi stanziamenti da parte del Congresso americano, bloccato dai Repubblicani di Trump. Young ha rivolto un accorato appello ai congressisti affinché approvino presto un nuovo pacchetto di aiuti finanziari a Kiev, perché altrimenti «l’interruzione del flusso di armi ed equipaggiamenti statunitensi metterà in ginocchio l’Ucraina sul campo di battaglia, mettendo a rischio i successi ottenuti e aumentando la probabilità di vittorie militari russe».
L’esponente dell’amministrazione Biden ha chiarito che gli ultimi stanziamenti «in materia di sicurezza sono già diventati più ridotti e le consegne di aiuti sono diventate più limitate». In cambio dello sblocco dei 106 miliardi di dollari chiesti da Biden per Ucraina e Israele, alcuni senatori repubblicani pretendono l’approvazione di nuove restrizioni all’immigrazione e al diritto di asilo.
La situazione è così incerta che nei giorni scorsi Zelensky ha inviato a Washington il capo del suo staff, Andriy Yermak, il ministro della Difesa e il presidente del parlamento per incontrare personalmente deputati e senatori recalcitranti. L’esito negativo dei colloqui avrebbe però convinto il presidente a rinunciare al previsto video-appello ai legislatori statunitensi. La notte scorsa al Senato i repubblicani (e il democratico di sinistra Bernie Sanders) hanno bloccato l’approvazione di una legge straordinaria che avrebbe stanziato circa 111 milioni di dollari di aiuti all’Ucraina.
L’UE è divisa
Il problema è che ora anche i rubinetti europei potrebbero chiudersi o comunque farsi più avari. I forti disaccordi tra i paesi dell’Unione Europea potrebbero ritardare o bloccare del tutto il pacchetto di assistenza finanziaria da 50 miliardi promesso da Bruxelles. Nonostante l’impegno dei dirigenti comunitari, poi, la recente decisione della Corte Costituzionale tedesca di limitare l’indebitamento pubblico del paese starebbero complicando il raggiungimento di un accordo con i partner. A bloccare esplicitamente gli aiuti a Kiev c’è il premier ungherese Viktor Orbán, seguito dal nuovo primo ministro slovacco Robert Fico che ha anche sospeso le spedizioni di armi all’Ucraina. Nel frattempo il presidente della Bulgaria, Rumen Radev, ha posto il veto alla fornitura di veicoli blindati all’Ucraina, chiedendo al parlamento di rivedere la legge di ratifica dell’accordo raggiunto con Kiev.
Questo mentre la rivista statunitense “Forbes” ammette che i carri armati “M-1 Abrams” forniti all’Ucraina da Washington non sono adeguati a operare nei terreni fangosi, che rappresentano la normalità sul fronte orientale ucraino durante i mesi invernali e primaverili, a causa dei delicati filtri che impediscono alla turbina del motore di intasarsi. Se non vengono puliti almeno ogni 12 ore, i filtri degli Abrams sono soggetti a gravi danni che possono essere riparati solo in strutture specializzate situate in Polonia. Pagine Esteri
* Marco Santopadre, giornalista e saggista, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna, America Latina e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria.
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Monete da due euro false pagate ... in bitcoin.
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E' intervenuta a supporto anche Europol nella attività svolta dai Carabinieri, che ha consentito di smantellare un gruppo criminale italiano coinvolto nella produzione e distribuzione di monete in euro contraffatte. L'indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Taranto, ha coinvolto anche il Centro tecnico e scientifico europeo della Commissione europea.
L'indagine è stata avviata sin dall'aprile 2021, quando i Carabinieri hanno sequestrato 668 monete da due euro false e arrestato due persone per detenzione di valuta falsa. Le analisi tecniche delle monete sequestrate, effettuate dal Centro Nazionale di Analisi delle Monete Italiane (CNAC) e dal Centro Tecnico Scientifico Europeo (ETSC) della Commissione Europea, hanno collegato le monete sequestrate ad una nuova e insidiosa classe di monete da due euro contraffatte.
I falsari avevano distribuito le monete false in diversi paesi dell'UE, principalmente Francia, Germania, Lituania, Portogallo e Spagna, nonché in Svizzera. La qualità delle monete contraffatte era buona e aveva caratteristiche molto simili a quelle autentiche.
L'indagine ha rivelato che un fornitore che gestiva un canale su un'applicazione di messaggistica aveva impostato la catena di produzione. Sul suo canale, il venditore ha venduto queste valute contraffatte per il 50% del loro valore, ricevendo i pagamenti in criptovaluta. I membri della rete criminale hanno spedito i pacchi contenenti le monete false ai clienti tramite servizi postali internazionali privati.
Gli inquirenti sono riusciti a identificare i sospetti attraverso la crittoanalisi delle transazioni blockchain. Durante le indagini, i carabinieri hanno rintracciato 60 spedizioni di pacchi contenenti monete contraffatte. Questi pacchi erano destinati, tra l'altro, all'Italia, alla Francia e alla Svizzera. Pesavano quasi 100 000 kg e avevano un valore totale di circa 102 000 euro in monete da due euro contraffatte.
Europol ha agevolato lo scambio di informazioni e ha finanziato e coordinato diverse attività operative. Europol ha inoltre fornito un supporto analitico per individuare il paese in cui sono state distribuite le monete. Durante la giornata di azione, Europol ha inviato un esperto in Italia per fornire supporto tecnico e confrontare le informazioni operative con le banche dati di Europol e i sistemi della Banca centrale europea.
L'attività è consistita in sintesi di:
- 12 perquisizioni in Italia (Taranto, Roma, Matera e Perugia)
- 4 persone arrestate
- Il sequesto di: 107.000 Euro in bitcoin, monete contraffatte e parte della pressa per monete utilizzata per la produzione.
#Armadeicarabinieri #Europol #blockchain #bitcoin #CNAC #ETSC
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GERMANIA. Scioperi della fame in sostegno agli oppositori politici turchi arrestati
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di Eliana Riva –
Pagine Esteri, 6 dicembre 2023. Il 16 maggio 2022 la giornalista turca Özgül Emre è stata arrestata in Germania, dove da anni risiedeva. Nei due giorni seguenti le forze armate tedesche hanno fermato e portato in prigione altri due cittadini di origine turca, İhsan Cibelik, uno dei fondatori della band musicale Grup Yorum e Serkan Küpeli, studente. Tutti e tre sono attivisti politici impegnati in attività associative, musicali, culturali o di sensibilizzazione in opposizione alle misure ritenute repressive e antidemocratiche dei governi turchi. Sono stati arrestati con l’applicazione di una legge che consente, in Germania, di fermare persone sospettate di appartenere ad associazioni terroristiche. Anche di altri Stati. E anche senza l’accusa di aver compiuto azioni criminali. Emre, Cibelik e Küpeli sono accusati di appartenere al Fronte Rivoluzionario di Liberazione del Popolo, DHKP-C, un partito marxista-leninista rivoluzionario considerato terrorista in Turchia, Stati Uniti e Unione Europea.
Tra le prove a sostegno dell’arresto di Özgül Emre, ad esempio, l’organizzazione di un concerto, realizzato rispettando tutte le normative vigenti, al quale parteciparono più di 10.000 persone. O anche la presenza della stessa giornalista al funerale, nel 2022 a Stoccarda, di una oppositrice politica turca: Birsen Kars è morta lo scorso anno in seguito alle ustioni riportate nel 2000, durante l’assalto operato delle forze armate turche alle carceri con lo scopo di interrompere lo sciopero della fame a cui aderivano centinaia di detenuti politici. Un’altra prova a carico di Emre è rappresentata dalla sua partecipazione al matrimonio di due membri della storica band Grup Yorum. Si tratta di un gruppo musicale estremamente noto in Turchia e nel mondo per il suo impegno politico. Non è considerato fuorilegge in Germania né in Turchia dove però i musicisti vengono da anni arrestati e trattenuti in prigione: nel 2020 Helin Bölek e Ibrahim Gökçek, due membri del gruppo, morirono in Turchia di sciopero della fame.
L’accusa di appartenenza al DHKP-C è stata sufficiente a criminalizzare le attività legali che gli oppositori politici turchi hanno svolto in Germania: concerti, campi estivi, seminari, partecipazione a manifestazioni che coinvolgevano centinaia di persone e a cerimonie private come matrimoni e funerali.
L’Associazione tedesca degli Avvocati Democratici, VDJ, sta seguendo il loro processo, cominciato il 14 giugno 2023 presso il Tribunale regionale superiore di Düsseldorf. Il copresidente dell’associazione, l’avvocato Joachim Kerth-Zelter ha dichiarato che il procedimento soffre del fatto che i termini di “organizzazione terroristica” o “movimenti di liberazione” non siano definiti dalla legge ma determinati politicamente. In Germania, l’inclusione del DHKP-C tra le organizzazioni terroristiche – dichiara Kerth-Zelter – è operata in base alle valutazioni delle autorità turche, e alla classificazione dell’Unione Europea, che si basa su quelle stesse valutazioni. L’avvocato specifica che “gli imputati non sono accusati di atti di terrorismo o di reati penali propri. Essi vengono invece ritenuti responsabili di attività come l’organizzazione di eventi musicali e conferenze informative, poiché queste costituiscono sostegno al DHKP-C, classificato come organizzazione terroristica. Tutti gli imputati sono in custodia da quasi 18 mesi. L’imputato Küpeli fu imprigionato poco dopo la nascita di sua figlia. L’imputato Cibelik soffre di cancro alla prostata, come è stato scoperto da un medico con un ritardo di 16 mesi, motivo per cui la sua detenzione ha un peso particolare”.
La legge che consente la responsabilità penale per atti di sostegno a organizzazioni terroristiche straniere (anche non europee) è stata introdotta pochi mesi dopo l’attacco terroristico dell’11 settembre 2011 alle Torri Gemelle di New York, con l’approvazione dell’articolo 129b del Codice penale tedesco. “Come in molti altri procedimenti ai sensi dell’articolo 129b StGB, – spiega la VDJ – l’accusa si basa, tra l’altro, su accertamenti di autorità straniere, in questo caso la Turchia, il che è particolarmente problematico quando i Paesi stessi non sono governati dallo Stato di diritto”. Soprattutto se “si considera il vasto smantellamento dello Stato di diritto in Turchia: in particolare dopo la repressione del tentativo di colpo di stato nel luglio 2016, le autorità di contrasto e i tribunali tedeschi devono chiedersi se la Turchia possa essere un oggetto adeguato di protezione ai sensi della Sezione 129b StGB”. Molte delle accuse nei confronti degli imputati sono state mosse sulla base di indicazioni portate dalle autorità turche e dalla testimonianza di un informatore su cui già gravava l’accusa di falsificazione di documenti. Gli avvocati fanno, infine, notare che secondo l’articolo 129b è il Ministero della Giustizia ad autorizzare le indagini e l’arresto delle persone accusate di far parte di un’organizzazione terroristica, cosa che rappresenta un’eccezione alla separazione dei poteri, garantita dalla Legge Fondamentale della Repubblica Federale di Germania.
Eda Deniz Haydaroğlu, in sciopero della fame da 264 giorni
Una giovane donna tedesca di 23 anni, Eda Deniz Haydaroğlu, figlia di genitori turchi, ha cominciato 264 giorni fa uno sciopero della fame (con l’assunzione acqua, zucchero, sale e vitamina B) per richiedere la liberazione degli oppositori politici e l’abrogazione dell’articolo di legge 129 e dei paragrafi 129a e 129b. Insieme a lei, altri tre giovani, due ragazze e un ragazzo, hanno iniziato a scioperare, dando vita così una campagna di sostegno internazionale. Si tratta di Ilgin Güler, in sciopero della fame da 212 giorni, Sevil carino Guler, da 207 giorni e Lena Açıkgöz, da 147 giorni. Le condizioni fisiche di Eda Deniz Haydaroğlu, come quelle degli altri 3 giovani si fanno giorno dopo giorno più serie e gli appelli al Ministero della Giustizia tedesco si moltiplicano. Lo scorso 3 dicembre si è tenuta a Berlino una manifestazione in loro sostegno.
La seduta del processo ai tre oppositori politici turchi arrestati, che doveva tenersi oggi, è stata rimandata alla prossima settimana. Pagine Esteri
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L’Italia è uscita dalla Via della Seta
Il governo Meloni ha comunicato l'addio alla Belt and Road Initiative. La scelta era nota già da mesi, ma Roma e Pechino hanno trattato sulle modalità, molto lontane dalla grande esposizione dell'accordo del 2019. Le tempistiche non sono casuali, vista la concomitanza col summit Cina-Ue che può "assorbire" il dossier italiano
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Sostenere Letta
Gianni Letta ha la fama d’essere morbido e avvolgente, una specie di Coccolino della politica. Ma conosce i tessuti ruvidi che l’esercizio del potere può costringere a indossare, come conosce il gelo cui può lasciare l’esserne spogliati. L’educazione e la ragionevolezza lo inducono a non fare mai degli scontri una questione personale, incarnando la gravitas – oramai sconosciuta – di istituzioni che sopravvivono ai loro abitanti. Quel che ha detto, a proposito della riforma costituzionale, è chiaro: ammesso si faccia, il testo deve ancora essere scritto.
I poteri del Presidente della Repubblica non sono il punto decisivo, ma quello indicativo. Al Quirinale abitò il pontefice quando era anche re. In quelle stanze passeggiò il re che non era papa. Quando vi fecero ingresso i presidenti era chiaro che non sarebbero stati né come l’uno né come l’altro, benché non fosse chiaro cosa sarebbero stati e, del resto, ciascuno ha interpretato a suo modo la funzione e gestito diversamente i poteri. Basterà un solo esempio, quello della presidenza del Consiglio superiore della magistratura: chi non voleva mancare e chi non voleva andare. La Costituzione era sempre la stessa. Il punto non sono i poteri, ma l’idea che si ha degli squilibri politici. Noi appassionati possiamo scucuzzarci all’infinito, ma non è in accademia che la questione va affrontata.
I sistemi istituzionali non sono belli o brutti in sé, così come le leggi elettorali. Funzionano se sono fra loro coerenti e adatti al Paese in cui vengono usati. Se voto all’americana non divento americano, ma distorco quel sistema con il peso della mia storia (prego osservare la fine fatta dal processo accusatorio, all’americana). Il tema dominante della storia italiana non è rendere stabile il potere, ma evitare che le crisi destabilizzino il Paese. Se non è a tutti chiaro è perché c’imbrogliamo per i fatti nostri: chiamiamo “era berlusconiana” una stagione in cui l’eroe eponimo non vinse mai due elezioni di seguito, mentre intitoliamo alle crisi continue l’“era democristiana”, con la Dc che dal 1948 al 1994 non perse mai le elezioni mentre le maggioranze di governo raccoglievano sempre la maggioranza assoluta dei voti degli italiani, cosa mai più avvenuta dal 1994. Dicono: ma i governi cadevano sempre. Vero, ma si rifacevano simili e con le stesse persone. In fondo ne abbiamo avuti quattro: centrismo, centrosinistra, solidarietà nazionale e pentapartito. La nostra stabilità nazionale poggiava sull’instabilità politica. Il che porta al Quirinale.
Puoi eleggere direttamente il capo del governo, puoi contare i voti con un sistema che consegni ai vincitori la maggioranza assoluta degli eletti, ma ci farai la birra quando, la mattina dopo, si divideranno: il capo eletto non avrà più la maggioranza e se non c’è un punto di caduta istituzionale si passa a quello elettorale. E farlo troppo spesso porta male.
Come osserva Armaroli, la maggioranza di Meloni è ampia e senza alternative, quindi è forte e stabile, lasciando poco margine al Colle. Vero. Ma non so se avete avuto cuore di seguire quel che sta facendo Salvini che, se non riuscirà a far saltare i nervi a Meloni, comunque costringerà Tajani a far osservare che anche lui è ancora fra i viventi. È dal 1994 che le elezioni vengono vinte da false coalizioni, come falsa è quella oggi all’opposizione. Non c’è riforma costituzionale che possa cancellare questa evidenza. Interrare la nostra storia e questa evidenza sotto il cemento della riforma costituzionale serve soltanto a farne il Seveso della politica: quattro gocce di pioggia e salta tutto. Non si rimedia mai a una liquidità politica con una cementificazione costituzionale.
Einaudi non era Gronchi e, per nostra fortuna, Mattarella non è Scalfaro, ma è utile un luogo dove il pallone venga preso in mano prima che chi è in difficoltà lo squarci. Tutto qui, facile e inaggirabile. Poi, oh, possiamo pure continuare nella fiera dell’analfabetismo e chiamare “premier” il presidente del Consiglio. La cosa mi sollazza, perché dove il premier c’è veramente sono già al terzo, senza elezioni.
La Ragione
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L’oligarchia che manca all’Italia
Nella recente televisiva autocritica di Beppe Grillo c’è un aspetto che non va lasciato cadere, perché non riguarda l’ambigua psicologia del personaggio, ma riguarda la battaglia più dura che Grillo ha condotto, e con successo: la battaglia contro la concentrazione dei poteri, l’oligarchia, la «casta», per usare un termine non suo. Egli ha nel tempo coltivato un diffuso disprezzo verso quei pochi ambienti e quei pochi personaggi che conoscono la complessità del potere e sono attrezzati per gestirla (si tratti di banchieri internazionali o di opinionisti domestici). Un disprezzo che continua a circolare anche dopo il definitivo declino del grillismo di lotta e di governo.
Certo, non va più di moda la violenza del «vaffa» urlato in piazza contro i grandi potenti, ma la polemica antioligarchica è costante e cattiva. La si ritrova nella contestazione degli «esperti» di ogni tipo; nella diffusa polemica verso i «tecnici» e i «governi tecnici», oscuri promotori di ribaltoni trasformisti; nelle perfide ironie sui «migliori» (da Monti a Draghi); nella ferocia contro il «nonnetto amante di incarichi» Giuliano Amato (il più bravo premier degli ultimi cinquant’anni); nella propensione a negare ad alcuni parlamentari l’uso della propria conclamata professionalità (specie se di avvocato); nella stessa estemporanea propensione a eliminare la figura dei senatori a vita, finora unico spazio di inclusione istituzionale di competenze non politiche.
Tempi cupi per i bravi, verrebbe da dire, riandando con la memoria all’episodio dell’antica Atene, quando Aristide domandò ad un cittadino perché stesse votando per il suo ostracismo, e quello rispose «Questo Aristide non lo conosco neppure, ma sono stufo di sentir dire che è il più bravo di tutti».
Ma non è il caso di adagiarsi in citazioni dotte, visto che i «vaffa» della piazza di Grillo hanno prodotto ripulse antioligarchiche e un progressivo disfacimento dei processi decisionali, specie di quelli dello Stato. In altre parole, c’è una crisi della cultura di governo che è una silenziosa conseguenza della crisi degli apparati decisionali, laddove si intrecciano la dimensione politica, quella tecnica e quella di alta amministrazione. Non si può negare l’attuale crollo di tali apparati. Di fatto, abbiamo governi senza più «segreterie tecniche» nei ministeri (è lontano il tempo in cui nella segreteria tecnica di Andreatta e poi di Goria al Tesoro lavoravano insieme Cipolletta, Draghi, Cappugi, un relazionale capo di gabinetto e un silenzioso Ragioniere generale). Al tempo stesso, i dirigenti generali, dopo la sciagurata introduzione dello spoil system non sono più l’asse portante delle decisioni amministrative e non hanno interesse ad avere traguardi alti e di medio periodo. La lunga propensione alle carriere interne non c’è più, visto che nelle stanze ministeriali lavorano masse di persone in affitto, pagate dalle società di consulenza; e queste ultime in più hanno con il tempo dimenticato la propria base culturale, cioè la consulenza strategica. Certo, in alcune carriere pubbliche (quella prefettizia come quella militare) resta un orgoglio di classe dirigente, ma si tratta di una minoranza: il resto è testimonianza della profezia antioligarchica di Grillo e seguaci (basti rileggersi il recente volume di Mariana Mazzucato, titolato «Il grande imbroglio»).
Ma in una società sempre più complessa, ogni struttura socioeconomica (dalle imprese individuali alle aziende di logistica, a quelle di servizio collettivo, alle centrali sindacali) ha un bisogno irrinunciabile di una cultura capace di interpretare e governare la complessità circostante. E non bastano i «cerchi magici» intorno al leader, come non bastano piccole oligarchie familiari. Verrebbe quindi da implorare «aridateci una oligarchia», ma sarebbe un puro annuncio volontaristico; sarebbe meglio dire «ricostruiamo una oligarchia», sapendo che essa non nasce per editto del principe o per trasversale manovra di confraternite, ma matura lentamente e con pazienza e serietà intrecciando tante vecchie e nuove relazioni interpersonali. Ma proprio su quelle relazioni ha inciso la colonna portante dell’ideologia del «vaffa» come negazione della normale relazionalità fra le persone, come radice della rottura di ogni rapporto. Ma questo è un altro discorso, più delicato e difficile.
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Un oggetto Herbig-Haro in dettaglio | Cosmo
"Gli oggetti di Herbig-Haro si formano quando il gas caldo che viene espulso da una stella appena nata impatta con il gas e la polvere che la circondano, cozzando a velocità fino a 250mila km/h e creando onde d’urto luminose.
Questi oggetti si trovano in una vasta gamma di forme, ma la configurazione di base è solitamente la stessa: getti simmetrici di gas riscaldato, espulsi in direzioni opposte da una stella in formazione, che fluiscono attraverso lo spazio interstellare.
Gli oggetti di Herbig-Haro non sono oggetti stabili ma sono fenomeni transitori che scompaiono nel nulla nel giro di poche decine di migliaia di anni."
A Blueprint for the Future: White House and States Issue Guidelines on AI and Generative AI
Since July 2023, eight U.S. states (California, Kansas, New Jersey, Oklahoma, Oregon, Pennsylvania, Virginia, and Wisconsin) and the White House have published executive orders (EO) to support the responsible and ethical use of artificial intelligence (AI) systems, including generative AI. In response to the evolving AI landscape, these directives signal a growing recognition of the rapid pace of AI development and the need to manage potential risk to individuals’ data and mitigating algorithmic discrimination against marginalized communities.
FPF has released a new comparison chart that summarizes and compares U.S. state and federal EOs and discusses how they fit into the broader context of AI and privacy.
In addition to the state governments, several cities (e.g., Boston, San Jose, and Seattle) have also issued guidelines on generative AI use that seek to recognize the opportunities of AI while mitigating bias, privacy, and cybersecurity risks. In contrast, other jurisdictions, such as Maine, have issued a moratorium on state generative AI use while they perform a holistic risk assessment.
Although each of the state and federal EO’s on AI and generative AI has a different scope. Most, at minimum, charge agencies with the creation of a task force to study AI and offer recommendations.
Here are some overarching takeaways from our analysis of all of the EOs:
1. The White House and California Issued the Most Prescriptive EOs
Of the U.S. state and federal EOs analyzed, the White House requires the heaviest lift. The White House EO mandates dozens of reports and next steps for federal agencies, including the creation of guidance and standards for AI auditing, generative AI authentication, and privacy-enhancing technologies (PETs).
Similarly, of the state EOs, California is the most prescriptive and includes a number of specific mandates and reports tailored to different agencies, such as the creation of procurement guidelines, assessments on the effect of generative AI on infrastructure, and research on the impact of generative AI on marginalized communities.
2. Most State EOs Focus on “Generative AI”
Several state governments, such as California, Kansas, New Jersey, Pennsylvania, and Wisconsin, only focus on generative AI – how the technology should be used by state agencies, the risks it carries, and how it may affect their state industries and workforce. Oklahoma, Oregon, and Virginia take a broader stance and cover generative AI as well as broader types of AI systems in their EOs. Kansas and Pennsylvania are the only two states to explicitly define generative AI.
The White House EO represents an amalgam of the state EOs, as it defines generative AI (similar to Kansas and Pennsylvania) and also broadly covers different types of AI systems (similar to Oklahoma and Virginia).
3. Varying Approaches to Agencies’ Roles
The White House EO charges certain agencies with authority to create binding guidelines and standards for government actors. In contrast, rather than creating new task forces or boards, Kansas, Oregon, and Virginia charge state agencies to study AI technology and provide general recommendations. New Jersey and Wisconsin, two states with less rigorous EOs, emphasize that their task forces serve solely advisory roles. Oklahoma and the White House are the only EOs to require each agency to appoint an individual on their team to become an AI and generative AI expert.
4. Impact to Industry
While these Executive Orders are primarily focused on government use of emerging AI systems, there are major requirements contained in many of them that may have consequential effects on industry.
- Procurement Requirements:Companies selling certain AI products and services to government entities will need to satisfy new baseline procurement standards.
- Enforcement:Agency-created standards and policies may inform government regulators’ perspectives on AI compliance with data privacy, security, civil rights, and consumer protection laws, particularly given the forthcoming standard setting activity directed by the White House Executive Order.
- Influence on Legislation:As mentioned in California’s EO and the White House EO’s accompanying fact sheet, key actors in state and federal executive agencies will work with policymakers to pursue legislative approaches to support the development of responsible AI by the private sector.
These EOs represent a watershed moment for AI system users, developers, and regulators alike. Over the next few years, increased government action in this area will lead to new requirements and opportunities that will have lasting implications for both the public and private sector.
Catture di Corsari Musulmani sulle Coste Italiane
Le incursioni corsare dal nordafrica e dalle coste dell’Impero Ottomano hanno flagellato la nostra penisola per lungo tempo. Nel corso di queste razzie o di battaglie navali, capitava che marinai e corsari (specie nordafricani) finisseroContinue reading
The post Catture di Corsari Musulmani sulle Coste Italiane appeared first on Zhistorica.
Ghedi, terra di un arsenale nucleare che si addestra a spiccare il volo
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Di Alessandra Mincone
Le base di Ghedi, a venticinque chilometri da Brescia, si estende per oltre dieci chilometri quadrati. Non è una base Nato, ma in adesione al “Nato Nuclear Sharing” è il deposito di arsenale di almeno venti bombe atomiche americane con una potenza oscillante tra i cinquanta e i cento chilotoni ciascuna, date in controllo all’esercito italiano. A Ghedi risiede il 6° Stormo, un reparto di interdizione militare che ha il compito di intercettare e distruggere i caccia bombardieri nemici in territorio nazionale. Hanno in dotazione i caccia multiruolo “Tornado” in tre varianti, sviluppati e fabbricati dalla Panavia Aircraft, multinazionale che unisce le aziende British Aereospace, MMB e Leonardo. La caratteristica che rende questi velivoli un’eccellenza tra i sistemi di aviazione bellica è la capacità di poter agganciare tutte le armi da guerra impiegabili, incluse bombe a grappolo e, ovviamente, le bombe atomiche.
In una nota stampa trasmessa sul canale ufficiale dell’Alleanza Atlantica, Jens Stoltenberg ha dichiarato che i mezzi coinvolti nell’addestramento 2023 hanno la funzione di trasporto delle testate nucleari, ma che lo scopo decennale del programma resta limitato alla formazione dei piloti per le operazioni di manovre aeree, senza quindi spingersi in veri test di volo con testate nucleari agganciate.
Poco più di un anno fa, il 6° Stormo di Ghedi aveva partecipato ad altre due attività internazionali, Iniochos 2022 e la Frisian Flag 2022, nell’ottica di rivalutare le capacità tattiche-operative dei sistemi di tecnologia in dotazione e di consolidare la reattività dei velivoli con operazioni congiunte in contesti multinazionali, attraverso la simulazione di combattimenti combinati tra varie potenze. La partecipazione attiva all’addestramento del progetto Iniochos, sviluppata oltre i confini circoscritti ad oggi dall’Alleanza Atlantica, ha visto impiegate le forze di difesa nazionale cipriote e le forze aeree francesi, israeliane e statunitensi.
Nel Giugno 2022, a Ghedi è anche iniziato il processo di sostituzione graduale dei Panavia Tornado, con l’introduzione dei nuovi modelli di velivoli multiruolo di quinta generazione quali gli F-35, progettati per svolgere in contemporanea ogni tipo di missione: dalle azioni deterrenti finalizzate alla difesa e alla conquista di una supremazia aerea, fino a quelle di identificazione dei bersagli nascosti e di attacco con bombardamenti tattici.
Ad oggi, l’aereoporto ha svolto le sue funzioni di trasporto verso i confini dell’Ucraina, interessandosi in via diretta di una parte dei pacchetti di armi garantiti dall’Italia al Governo Zelens’kyj. La rassegna stampa delle Forze italiane elenca tra le spedizioni già assicurate gli M113, veicoli cingolati per il trasporto delle truppe; i Lice Vtml, veicoli tattici multiruolo; carri armati Leopard; mitragliatrici, munizioni e kit di sopravvivenza; e i Samp T, missili terra-area per il contrasto di minacce aeree e gli Aspide, missili terra-area di vecchia generazione. Ancora, “due MLRS, il cui sistema che permette di lanciare in maniera rapida, continuata e a lunga gittata razzi di diversa tipologia, tra cui testate chimiche, biologiche e anticarro. I Pzh2000, obici con un cannone da 155 millimetri con sparo computerizzato. Sono semoventi e capaci di colpire fino a 40 chilometri di distanza. E sparano 20 proiettili in 3 minuti. Verranno inviati 6 semoventi M109L dei 68 in possesso (…) Da alcuni giorni sono spuntate foto di “movimenti” sulle autostrade del Nord Italia dove si vede che dai depositi dell’Esercito vengono prelevati anche i veicoli di trasporto truppe M113”. Insomma, un prestito di guerra ripagato ad oggi con una stima di cinquecento mila morti tra gli eserciti e in feriti dal lato russo e da quello ucraino, come riportava quest’estate il New York Times. E ancora da ripagare col sovrapprezzo, dettato dal rischio di un’escalation di guerra internazionale.
Lo scorso Ottobre si è tenuta una manifestazione di oltre cinque mila persone presso l’aereoporto miliare di Ghedi.
Alla testa del corteo, attivisti locali hanno sventolato bandiere di pace in risposta alle crescenti preoccupazioni legate all’eventualità di un’escalation militare tra le belligeranti Nato e Russia in relazione al conflitto in Ucraina. A pochi metri, hanno seguito gli iscritti di alcune sigle del sindacalismo conflittuale in Italia e i militanti dei movimenti politici della sinistra extra parlamentare. La composizione dei pullman arrivati da tutta Italia, in prevalenza di lavoratori di origine araba iscritti al SI Cobas, non ha mancato di esprimere grande solidarietà alla popolazione che resiste in Palestina, con slogan, interventi e spezzoni rivolti a denunciare l’assedio e il massacro di Israele nella Striscia di Gaza. Le realtà promotrici hanno lavorato sulla caratterizzazione anti imperialista e anti colonialista del corteo, denunciando il ruolo delle aziende italiane in materia di produzione e esportazione di armamenti in giro per il mondo e quello del Governo Meloni, che ha promesso all’incirca di raddoppiare la spesa militare giornaliera con un aumento del Pil al 2% per la difesa entro il 2024.
La scelta di costeggiare la base d’aviazione tra le più grandi d’Europa per estensione, si è incrociata con l’appuntamento annuale della Nato “Steadfast Noon”, cioè il programma di esercitazione militare che avrebbe lo spirito di rafforzare le capacità di deterrenza nucleare dei paesi uniti dal Patto Atlantico. Il 17 Ottobre, è iniziato il dispiegamento di circa sessanta velivoli da combattimento come gli aerei B-61 abilitati al trasporto di bombe atomiche, bombardieri pesanti B52 e jet di rifornimento che, dagli Stati Uniti, sorvoleranno 13 paesi membri tra cui l’Italia fino al 26 Ottobre. I corridoi di transito della penisola, includono, oltre Ghedi, anche le infrastrutture militari aeree di Aviano, Amendola, Gioia del Colle e Trapani.
Gli attivisti di Ghedi da oltre un anno denunciano lo stato di pre-allerta militare. La manifestazione dello scorso Ottobre ha tentato di sensibilizzare l’opinione pubblica sul livello di tensione bellica che investe tutta la regione lombarda e, potenzialmente, tutta l’Europa. Secondo uno studio del Ministero della Difesa del 2020, nella peggiore delle ipotesi possibili, ossia del verificarsi di un attacco bellico contro la base di aviazione militare di Ghedi e contro la base militare Nato di Aviano, un danno atomico ricadrebbe su una fascia di popolazione compresa dai due ai dieci milioni di persone a seconda dell’intensità dei venti e della capacità di intervento di evacuazione delle zone a alto rischio.
Nonostante non ci siano dei report e delle stime ufficiali sul quantitativo di arsenale nucleare dispiegato in tutta Europa dal blocco militare Nato e dagli USA, nel 2021 il gruppo di giornalisti investigativi “Bellingcat” aveva rivelato un pacchetto di informazioni, mal secretato dall’esercito statunitense e dai responsabili alla custodia delle riserve nucleari in giro per il mondo.
Applicazioni web per la rappresentazione e l’apprendimento dei dati, come Chegg, Quizlet e Cram, sono state utilizzate per mappare e definire i territori strategici del nucleare americano oltre i suoi confini: non solo Ghedi e Aviano, ma anche Kleine Brogel in Belgio, Buechel in Germania, Volkel nei Paesi Bassi, fino a Incirlik in Turchia.
Attraverso queste app di flashcard, i soldati incaricati di sorvegliare questi dispositivi, identificavano con esattezza i rifugi che conterrebbero armi nucleari, da come si può leggere nell’inchiesta. Descrivevano i protocolli di sicurezza inviolabili, come il numero e le posizioni delle videocamere; la frequenza dei pattugliamenti intorno ai caveau e l’equipaggiamento delle forze di protezione delle basi. Alcune flashcard riportavano persino le parole segrete stabilite e da utilizzare in caso di minaccia alla sicurezza delle guardie e ai tentativi di intrusione nelle aree da vigilare. In certi casi i giornalisti hanno scoperto con semplici click i dettagli per la composizione delle password e dei relativi nomi utente; in altri “set” sgominati on line, i militari avrebbero salvato finanche le versioni dei codici di rilascio mondiale per aprire tutti i caveau segreti nello stesso momento. Tra i dettagli dell’inchiesta di Bellingcat, emerge come sia stato facile addirittura trovare per alcune basi, le informazioni sugli edifici dove sono nascoste le chiavi dei rifugi aerei e le informazioni sui controlli dei siti “caldi” e
“freddi”, ossia i depositi delle bombe atomiche. Gran parte dei dati estratti dai giornalisti sono stati verificabili grazie alla rintracciabilità degli utenti, iscritti alle applicazioni con i propri dati sensibili e le foto profilo esportate da LinkedIn e Facebook. “Anche nei casi in cui non è immediatamente chiaro dove si trovi l’utente”, di legge dall’inchiesta, “si può dedurre la base militare a cui si riferiscono le loro flashcard da ciò che stanno studiando: leggi locali, nomi degli squadroni, delle zone, degli edifici”.
Il report dei giornalisti di Bellingcat nel 2021 aveva allertato tutte le massime cariche delle forze di difesa statunitensi e della Nato, dimostrando quanto i sistemi di sicurezza intorno ai depositi dell’arsenale nucleare europeo fossero fragili e violabili. Chiamato in causa in qualità di esperto del controllo degli armamenti, Jeffrey Lewis aveva dichiarato che il segreto sulle armi nucleari in Europa esiste solo per proteggere i politici dalla domanda di quanto abbiano senso, ancora, i piani di avanzamento e deterrenza nucleare.
Una risposta alla domanda della validità dei piani nucleari, pare essere arrivata il 23 Ottobre al Centro internazionale di fisica teorica di Triste dal Presidente dell’organizzazione internazionale degli scienziati di Pugwash, Karen Hallberg. Al workshop sul tema del ruolo degli scienziati nella riduzione della minaccia nucleare, che si terrà fino al 25 Ottobre, ha sostenuto: “gli accordi internazionali si stanno sgretolando e dobbiamo ripristinarli con urgenza se vogliamo evitare un’altra guerra nucleare. Dobbiamo liberarci delle armi nucleari, perché finché esistono, il rischio di un loro utilizzo rimarrà elevato”.
Fonti:
I soldati statunitensi espongono i segreti delle armi nucleari tramite app di flashcard – bellingcat
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rag. Gustavino Bevilacqua reshared this.
GAZA. Il piano Biden per la Striscia: una Autorità «riformata» e senza Abu Mazen
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di Michele Giorgio
(questo articolo è stato pubblicato in origine dal quotidiano Il Manifesto)
Pagine Esteri, 6 dicembre 2023 – Da «rivitalizzata» a «riformata» passando per l’uscita di scena, si dice in primavera, di Abu Mazen, fino ad arrivare alla nomina di un «premier» ad hoc a Gaza. Forse l’ex primo ministro Salam Fayyad, gradito ad americani ed egiziani e che potrebbe essere accettato da Israele. È questo lo scenario che, più di altri, si affaccia all’orizzonte quando si parla del futuro dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) chiamata dagli Stati uniti, e a rimorchio dall’Europa, a guidare Gaza quando «Hamas non sarà più al potere» e si dovrà avviare la ricostruzione, se Israele lo consentirà.
«Il nome di Salam Fayyad, un indipendente con rapporti pessimi con Abu Mazen, gira da un po’, da quando (l’ex premier) ha pubblicato un articolo in cui spiega la sua visione per Gaza e la necessità di una riorganizzazione dell’Anp», dice al manifesto T.A. giornalista di Ramallah ben informato sulle questioni interne palestinesi che per la delicatezza del tema ha chiesto di restare anonimo. «Fayyad piace all’Amministrazione Biden e agli egiziani» aggiunge T.A. «Ci sono però due grandi incognite: la posizione di Israele e la portata delle ‘riforme’ che l’Anp dovrebbe avviare. In questo quadro l’uscita di scena del presidente Abu Mazen è un fattore centrale. Gli americani la vogliono in tempi brevi. L’ultimo incontro tra (il segretario di stato) Blinken e Abu Mazen è stato carico di tensione».
Casa Bianca e Dipartimento di stato da quando è iniziata la catastrofica offensiva israeliana a Gaza, hanno indicato nell’Anp l’entità che dovrà subentrare ad Hamas e ribadito sostegno alla soluzione a Due Stati (Israele e Palestina). Una Anp però da «rivitalizzare», hanno ripetuto, alla luce dello scarso consenso di cui gode tra i palestinesi. Da parte loro Abu Mazen e il suo primo ministro, Mohammed Shttayeh, hanno replicato che l’Anp a Gaza non ci tornerà «sui carri armati israeliani». Lo farà soltanto nell’ambito di una ripresa dei negoziati per la creazione di uno Stato palestinese. Israele per giorni ha reagito con gelo alla proposta di Biden e Blinken. Quindi è sceso in campo Netanyahu che, con toni oltremodo decisi, ha respinto l’idea che venga coinvolta l’Anp. Ufficialmente perché «legata ai terroristi», cioè ad Hamas, affermazione sconcertante alla luce della frattura insanabile tra le due parti palestinesi e della cooperazione di sicurezza che l’Anp mantiene con Israele. In realtà Netanyahu non intende riprendere il negoziato che ha coscientemente affossato per 14 anni e ridare slancio all’idea dello Stato di Palestina «rivitalizzando» l’Anp che, con tutti i suoi gravi limiti agli occhi dei palestinesi, continua in qualche modo a rappresentare. Per Netanyahu la risposta all’attacco del 7 ottobre non deve concentrarsi solo su Hamas, deve anche affossare le aspirazioni politiche palestinesi.
Comunque sia, l’ostilità di Israele nei confronti dell’Anp ha impresso una svolta al processo di pianificazione per Gaza dell’Amministrazione Biden. A inizio settimana il coordinatore per la Sicurezza nazionale Usa, John Kirby, parlando dell’Anp ha messo da parte il verbo «rivitalizzare» per adottare «riformare» in modo da avvicinare la posizione americana a quella israeliana. Netanyahu, dicono le indiscrezioni, avrebbe chiarito agli alleati americani che Israele pretende una Anp che combatta, armi in pugno e ogni giorno, contro Hamas e altre organizzazioni armate. Altrimenti, ha ammonito, i soldati israeliani non lasceranno mai Gaza. In sostanza l’Autorità palestinese «riformata» che ha in mente Israele si avvicina molto per ruolo e funzioni a ciò che era l’Esercito del Libano del sud, la milizia mercenaria libanese che per oltre venti anni ha sorvegliato la «Fascia di sicurezza» a ridosso del confine con lo Stato ebraico. Un progetto che si sposa con la creazione, da parte di Israele, di una «zona cuscinetto» all’interno di Gaza.
«Con ogni probabilità questa è l’idea dell’Anp ‘riformata’ che ha in mente Netanyahu» ci dice l’analista politico Ghassan Khatib, docente all’università di Bir Zeit, «in parte è diversa da quella degli Stati uniti che danno più rilievo alla dimensione politica. E riformare per gli americani significa cambiare i leader politici». Venti anni fa, durante la seconda Intifada, – ricorda Khatib – gli Usa allo scopo di isolare Yasser Arafat imposero la nomina di un vice ai vertici dell’Anp. In quel caso fu scelto Abu Mazen che poi nel 2005 divenne presidente». Il problema degli Usa è che ora non ci sono palestinesi pronti a svolgere il ruolo di premier o presidente fantoccio a Gaza. Neppure il reietto di Fatah, sempre molto influente, Mohammed Dahlan, originario di Khan Yunis, è tanto ingenuo da accettare una poltrona tanto scomoda imposta ai palestinesi dagli occupanti e da Washington.
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In Cina e Asia – Scambio sul Medio Oriente tra Wang Yi e Blinken
I titoli di oggi:
Cina, l'export di automotive potrebbe subire gravi danni dalle tensioni in Medio oriente
Papua Nuova Guinea, ok all'accordo con l'Australia per la sicurezza
Moody's abbassa le previsioni sui titoli di stato cinesi
Cop28, la Cina difende il suo piano di riduzione di emissioni di metano
La Cina festeggia i 75 anni della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani
Nepal, arrestate dieci persone coinvolte nell'invio di cittadini nepalesi nell'esercito russo
L'articolo In Cina e Asia – Scambio sul Medio Oriente tra Wang Yi e Blinken proviene da China Files.
Polizia di Stato italiana e United States Marshal Service cooperano
Polizia di Stato italiana e United States Marshal Service hanno recentemente sottoscritto una dichiarazione comune sulla cooperazione.
Le due Forze di Polizia si impegnano nel preservare la giustizia e a promuovere la sicurezza dei rispettivi Paesi.
Hanno firmato il capo della Polizia Vittorio Pisani e dal direttore dello United States Marshal Service Ronald L. Davis (immagine sopra). E' condiviso l’impegno a sostenere lo stato di diritto, attraverso una maggiore cooperazione nel perseguimento della riduzione della criminalità violenta (nel rispetto per i diritti umani) e gli sforzi per affrontare la violenza nelle comunità.
Inoltre le due Forze di Polizia metteranno in comune le competenze professionali e le migliori pratiche, con programmi di formazione incrociata.
Lo United States Marshals Service occupa una posizione centrale nel sistema giudiziario federale. È il braccio esecutivo dei tribunali federali ed è coinvolto praticamente in ogni iniziativa di applicazione della legge federale.
I compiti dell'US Marshals Service (sopra a sinistra il logo) includono la protezione della magistratura federale, l'arresto di fuggitivi federali, la gestione e la vendita dei beni sequestrati acquisiti dai criminali attraverso attività illegali, l'alloggio e il trasporto di prigionieri federali e il funzionamento del Programma di sicurezza dei testimoni.
Weekly Chronicles #57
Questo è il numero #57 delle Cronache settimanali di Privacy Chronicles, la newsletter che parla di sorveglianza di massa, crypto-anarchia, privacy e sicurezza dei dati.
Nelle Cronache della settimana:
- Cypherpunk moderni: una chiacchierata con Daniela Brozzoni
- Anti-cypherpunk moderni: i droni del supermercato
Nelle Lettere Libertarie: L’illuminismo uccise prima Dio, e poi la ragione
Rubrica OpSec & OSINT: Come proteggersi dalla stilometria
Cypherpunk moderni: una chiacchierata con Daniela Brozzoni
Questa settimana condivido con voi una chiacchierata che ho fatto con Daniela Brozzoni, sviluppatrice Bitcoin, co-founder dello spazio hack.bs, e mainteiner del progetto open source BitcoinDevKit. Ha lavorato in varie aziende del settore, tra cui Blockstream, Braiins e Wizardsardine.
Con lei abbiamo parlato di privacy, ethos cypherpunk e Bitcoin.
> Sei la co-fondatrice di hack.bs.it, che si descrive come “un hackerspace cypherpunk”. Puoi dirci in cosa consiste questo spazio e qual è lo scopo?
hack.bs nasce come spazio d'incontro per sviluppatori, studenti, hacker, nerd e tecno-curiosi.Abbiamo creato un posto che permetta di ritrovarsi, scambiarsi idee, imparare l'uno dagli altri, e soprattutto lavorare assieme a vari progetti. Una grande ispirazione è stata la miniserie Netflix "The Billion Dollar Code", che racconta le vicende di un gruppo di ragazzi tedeschi, alcuni sviluppatori e alcuni artisti, che lavorano a quello che poi diventerá (ingiustamente) Google Earth - l'idea di avere un luogo simile all'ufficio dove è nato questo software ci è piaciuta molto, e allora ci siamo dati da fare.
Oggi il Manifesto Cypherpunk è piú rilevante che mai - la libertá di parola, di espressione, e di nascondere ció che non vogliamo sia pubblico sono messe in pericolo da uno stato che sempre di piú tende a zittire, a censurare, a farsi i fatti nostri. E allora, perché non divulgare l'importanza di queste libertá, partendo proprio dal Manifesto e dagli sviluppatori?
Penso ci sia bisogno di spiegare alle persone comuni come e perché difendersi, ma purtroppo io non lo so fare. Io so parlare agli sviluppatori, insegnare loro come usare GPG e github, come e perché scrivere codice libero, e perché lavorare per creare applicativi che ci permettano di proteggerci sia piú appagante di lavorare per Google.
Forse il termine "hackerspace cypherpunk" un po' spaventa - non è un posto solo per hacker, non nemmeno è un posto solo per sviluppatori, non è un posto dove si parla solo di privacy o si lavora solo su Bitcoin.
Lo chiamiamo "hackerspace" perché vogliamo ricordare che lo scopo è di *creare*, che può vuol dire scrivere software, stampare oggetti in 3D, o costruire oggetti fisici (al momento, ad esempio, stiamo costruendo un tavolino da caffè partendo da vecchio server).
Lo chiamiamo "cypherpunk" perché ci teniamo a ricordare il Manifesto, a divulgare le idee quando possibile (soprattutto attraverso talk e meetup), e a sottolineare che per noi il diritto di parola e di privacy sono inalienabili, e non permetteremo a nessuno di intaccare lo spazio con progetti che li violino in un qualche modo.
> Cypherpunks write code, così affermava Eric Hughes nel 1992. Tu sei una software developer con la passione per Bitcoin e so che contribuisci a sviluppare il BitcoinDevKit, puoi spiegarci con parole semplici quello che fai?
Sviluppare portafogli Bitcoin è un lavoro complicato - richiede una conoscenza approfondita del protocollo, e ogni minimo errore puó far perdere soldi agli utenti.BitcoinDevKit nasce per astrarre molte complessitá di Bitcoin e rendere il lavoro facile agli sviluppatori. Possiamo pensarlo come una "cassetta degli attrezzi" - contiene strumenti per creare portafogli Bitcoin, tra cui primitive per generare indirizzi, creare transazioni, aggiornare il bilancio, e tanto altro.
Quello che io e altri mainteiner del progetto facciamo è assicurarci che gli strumenti funzionino bene, siano comodi da maneggiare, e siano d'aiuto e non di intralcio agli sviluppatori.
>Sono passati più di 30 anni da quando Eric Hughes scrisse il Manifesto Cypherpunk. Per te cosa significa essere cypherpunk, oggi?
Forse romanticizzo un po' il Manifesto, ma ogni volta che lo leggo sento che mi scuote dentro. Sono d'accordo con ogni parola che contiene, e mi sento parte di questo movimento di pazzi che lotta per proteggere proprietà individuali.Essere Cypherpunk, per me, vuol dire sentirsi scossi leggendo il Manifesto, e decidere di agire nella direzione Cypherpunk. "Cypherpunks write code"... sì, ma non solo. È sicuramente importante anche insegnare la cultura Cypherpunk oltre che "praticarla" nel senso più tecnico.
Se hai mai scritto una riga di codice per proteggere le libertà di qualcuno, se hai mai scritto un articolo per spiegare l'importanza della privacy, se hai mai fatto un discorso ubriaco ai tuoi amici sull'importanza della libertà di parola, secondo me, sei Cypherpunk.
> Mi sembra che molto dell'interesse su Bitcoin oggi sia relativo all’aspetto finanziario e ai mercati. Eppure nella visione originaria di Satoshi e dei Cypherpunk l'aspetto centrale era la privacy e la libertà delle persone. Secondo te l’ethos Cypherpunk è ancora vivo nella community Bitcoin, o in qualche modo è venuto meno a causa del suo successo finanziario?
La maggior parte degli utenti normali è sicuramente piú interessata al prezzo che alla privacy; c'è anche da dire che spesso si inizia a interessarsi a certi argomenti quando è troppo tardi. Quando la nostra privacy è stata violata ci rendiamo conto che ci saremmo dovuti proteggere meglio, e quando le nostre libertà ci vengono tolte ci rendiamo conto che dovevamo difenderle meglio.Forse uno degli obiettivi di oggi per noi sviluppatori non è rendere la privacy sexy, ma renderla implicita. Anziché provare a convincere chiunque che la privacy è importante, dovremmo creare strumenti semplici e privati di default, senza che l'utente si accorga di nulla.
Avremo vinto quando compare Bitcoin peer-to-peer, tenerli in portafogli non-custodian, e fare Coinjoin sarà tanto facile quanto acquistare su Coinbase. Poi certo, non tutti gli utenti decideranno di percorrere la strada privata. Tanti non capiranno perché un Bitcoin di cui hai le chiavi (cioè, che è veramente in tuo possesso) abbia molto più valore di un Bitcoin in un exchange. Ma, per chi lo capisce, usare gli uni o gli altri dev'essere semplice allo stesso modo.
> Bitcoin è un progetto opensource aperto a chiunque voglia contribuire. Che consiglio daresti a un giovane software developer che vorrebbe iniziare a interessarsi del mondo bitcoin per dare il suo contributo? Da dove si inizia?
Ogni sviluppatore in Bitcoin ha una storia un po' diversa, e sicuramente non c'è una roadmap che funzioni per tutti. L'unico consiglio che mi sento di dare è di seguire la propria curiosità e di non aver paura di sperimentare e provare cose nuove.Io ho iniziato leggendo Mastering Bitcoin e provando vari software, principalmente per computer - ricordo di aver passato un po' di tempo giocando con Bitcoin Core e le varie opzioni per creare transazioni. Conoscere persone con obiettivi simili ai miei mi ha aiutato tanto - provate a partecipare a forum online, andare a conferenze, seguire corsi. Per chi è giá un po' piú esperto, io consiglio sempre il seminario gratuito di Chaincode Labs - mi ha aiutato ad approfondire alcune sfacettature di Bitcoin, e mi ha fatto conoscere davvero tante persone interessanti.
Se siete interessati a contribuire al codice open source, iniziate dalle applicazioni che giá conoscete e usate.
Avete scovato qualche bug? Provate a indagarlo, oltre che riportarlo. Avete qualche miglioria in testa? Parlatene coi maintainer del progetto per avere feedback. Oppure, cercate direttamente tra le issues del progetto una adatta a voi. Inoltre, ogni progetto open source ha una qualche community online, che sia su Telegram, su Discord, o su IRC: provate ad entrare a farne parte e dire che vorreste dare una mano, sono sicura che troverete qualcuno disposto a guidarvi.
> Cos'è per te la privacy?
A me piace la definizione del Manifesto Cypherpunk: la privacy non è segretezza, ma è il potere di rivelarsi selettivamente al mondo.Esistono video miei, del mio viso, mentre parlo in pubblico. È perché non ho a cuore la mia privacy? No, è perché ho *deciso* di rivelare il mio viso e il mio lavoro al mondo. È il verbo *decidere* che è importante. E allora è facile vedere perché nella nostra narrativa Google, Apple, e compagnia bella sono "i cattivi": non è perché raccolgono i nostri dati, ma perché non ci permettono di decidere cosa rivelare e cosa no; perché li raccolgono tutti, di default, senza chiederci niente, senza darci la possibilità di fare opt-out; perché li usano come vogliono e li vendono come vogliono, e noi nemmeno sappiamo bene come.
La privacy è il potere di decidere chi può sapere cosa di noi, e quando.
Anti-cypherpunk moderni: i droni del supermercato
Sui social gira questo video di qualche minuto in cui una persona mostra l’ultima trovata tecnologica: supermercati senza casse, senza personale e senza pagamenti. In alcuni paesi sono già diffusi ma in Italia è un’idea abbastanza nuova.
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Formazione antisequestro: il Seminario dei Carabineros de Chile tenuto dai carabinieri italiani
In questi giorni è iniziata la formazione da parte dei carabinieri del Raggruppamento Operativo Speciale a 90 funzionari dei Carabineros de Chile. Si tratta del “Seminario di formazione sulle tecniche investigative antisequestro”, in svolgimento dal 4 al 15 dicembre, che ha come obiettivo principale quello di rafforzare le capacità delle forze di polizia cilene nella lotta contro il reato di rapimento.
L'evento è stato inaugurato alla presenza del direttore generale dei Carabineros, Ricardo Yáñez, insieme a rappresentanti del Pubblico Ministero, della Polizia Investigativa e dell'Ambasciatore italiano in Cile, Valeria Biagiotti (immagine sopra).
L’Ambasciatrice ha sottolineato l’importanza di condividere l’esperienza italiana su questa questione cruciale, sottolineando lo stretto legame tra le due istituzioni di polizia, mentre Yáñez ha sottolineato l’importanza di questi incontri per comprendere e affrontare fenomeni criminali come la criminalità organizzata e i rapimenti con l’obiettivo finale di rafforzare la sicurezza della popolazione cilena.
La collaborazione tra le due istituzioni si concentra sullo scambio strategico in materia di polizia, sfruttando l'esperienza italiana nella lotta alla criminalità organizzata.
Questo approccio mira non solo a rafforzare le capacità dei Carabineros nelle tecniche investigative, ma anche a incorporare le migliori pratiche per affrontare questo fenomeno criminale.
Secondo la definizione della Legge Costituzionale, Nº 18.961, i Carabinieri del Cile sono una forza di polizia, tecnica e di carattere militare, che integra la forza pubblica. La finalità è garantire e mantenere l'ordine e la sicurezza pubblici interni in tutto il territorio della Repubblica e compiere tutte le funzioni assegnate dalla Legge. Il Cile ha anche una forza di polizia investigativa, la Policia de Investigaciones ed una polizia penitenziaria, la Gendarmeria de Chile.
I Carabineros dipendono direttamente dal Ministero della Difesa Nazionale e, per quanto concerne i compiti di polizia, dal Ministero degli Interni; si collega amministrativamente ai ministeri tramite la Sottosegreteria ai Carabinieri.
Tutto il cielo ad Anabah – “L’Afghanistan, un’emergenza senza fine”
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di Valeria Cagnazzo
Pagine Esteri, Anabah, 6 dicembre 2023 – Quando arrivano nel pronto soccorso della Pediatria dell’ospedale di Emergency ad Anabah non c’è più niente da fare. Il corpo del bambino, due anni di età, è già rigido e grigio. Gli uomini non piangono in questo Paese, eppure il padre si getta a terra e inizia a urlare. Non esistono più codici maschili e divieti, ma solo il pavimento, il pianto e quel figlio perso per un’intossicazione da monossido di carbonio. La madre si era addormentata abbracciata al suo bambino vicino a una stufa, per tenerlo al caldo, in una stanza troppo piccola di una casa senza altre fonti di riscaldamento. Quando si è svegliata, il bambino non si muoveva già più. La stagione invernale in arrivo inizia a congelare quest’angolo di terra, soprattutto di notte. Casi simili, come ogni anno, sono destinati ad aumentare e ripetersi fino alla primavera. Il monossido di carbonio emanato dalle stufe si lega inesorabilmente all’emoglobina nel sangue, che non riesce più a trasportare l’ossigeno nel corpo. Nel sonno, si passa dalla vita alla morte. La povertà, le case minuscole e affollate dove nel gelido inverno una stufa a metano è spesso l’unica fonte di calore, e l’isolamento, la distanza dagli ospedali, scarsi e inadeguati a gestire casi simili, contribuiscono ad aumentare la mortalità da monossido.
Il 4 dicembre l’agenzia Onu per i rifugiati, l’UNHCR, ha definito l’Afghanistan una “forever emergency”, ovvero emergenza eterna, senza fine. “L’emergenza dell’agosto del 2021 (quando i Talebani hanno ripreso il potere nel Paese, ndr) non è scomparsa”, ha dichiarato a Bruxelles alla testata Eubsorver il rappresentante dell’UNHCR in Afghanistan, Leonard Zulu. Secondo la sua previsione, è impossibile aspettarsi che la catastrofe afghana, che è una tragedia economica, civile, sociale, possa arginarsi nei prossimi anni. “Sarà un’emergenza ricorrente”, ha annunciato.
In maniera ricorrente, si succederanno le morti per intossicazione da monossido di carbonio e le morti di freddo. Come un anno fa, quando sei milioni di persone, ha ricordato, “bussavano alle porte della carestia” e 29 milioni di afghani dipendevano dagli aiuti umanitari. La tragedia afghana non è scomparsa nel 2023, anche se le pagine dei giornali nel resto del mondo l’hanno dimenticata. I fondi destinati al Paese da parte dell’Unione Europea, per essere spesi da organizzazioni umanitarie internazionali, sono passati dai 174 milioni di euro del 2022 ai 156.5 milioni di quest’anno.
Insieme all’inverno e alla fame, pende sul Paese il dramma di un’intera metà della popolazione, le donne, tagliata fuori dai posti di lavoro, con tutte le conseguenze che per l’economia – oltre che per la sanità e l’istruzione, per citarne alcune – ne possono derivare. Ci si aggiunge la tragedia di 1,7 milioni di profughi afghani rigettati dal Pakistan e la necessità di riallocarli in un Paese allo stremo e fornire loro l’assistenza umanitaria essenziale. Per soccorrerli, il World Food Programme dell’Organizzazione delle Nazioni Unite ha lanciato un appello di 26,3 milioni di dollari. Sono ancora recenti e drammatici, infine, gli effetti del terremoto a Herat, che ha provocato almeno 1400 vittime tra morti e feriti e lasciato senzatetto migliaia di persone.
In ospedale, intanto, appena finito il turno, in un momento di tregua, A. srotola un metro da sarta e le altre infermiere lo avvolgono attorno alla vita, al petto, poi ai fianchi di F., la neonatologa responsabile della terapia intensiva neonatale dell’ospedale di Emergency. Tra qualche settimana sarà il suo compleanno, e stanno lavorando al suo regalo con una strategia non troppo discreta ma che le diverte molto. Nonostante la povertà, malgrado la scarsità di risorse di un Paese descritto come un’emergenza senza fine, loro si scambiano risolini, occhiate di intesa, e non si lasciano persuadere che non sia necessario farle alcun regalo. La neonatologa le implora di fermarsi, giura che non potrà accettare nessun vestito. Loro negano, qualcuna dice “Prendiamo le misure per un’amica alta quanto te”, un’altra dice che si tratta di un gioco fatto “per curiosità”. La generosità per molti è sacra qui in Afghanistan, e sembra non esserci emergenza senza fine capace di arginarla del tutto.
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Serbia: il sistema di welfare digitale finanziato dalla Banca Mondiale aumenta la povertà dei rom e delle persone con disabilità
Il registro della Social Card in Serbia ha privato i rom e altri gruppi emarginati della loro magra assistenza sociale finanziaria, costringendoli ulteriormente nella povertà. La Banca Mondiale ha finanziato il registro della Social Card con un prestito nel 2021 e il registro è stato istituito nel 2022. È stato elogiato come un database centralizzato che avrebbe reso più equo e semplice fornire assistenza finanziaria alle comunità più emarginate della Serbia e proteggerle da povertà. Ma in alcuni casi, ha effettivamente fatto l’esatto opposto, spingendo le persone emarginate ulteriormente nella povertà, poiché l’assistenza sociale era la loro unica forma di reddito. L’introduzione dell’automazione in un sistema di assistenza sociale finanziaria già imperfetto può esacerbare problemi e disuguaglianze preesistenti. È fondamentale che, quando la Banca Mondiale e i governi introducono l’automazione per migliorare la protezione sociale, conducano solide valutazioni dei rischi per i diritti umani sia durante la progettazione che l’implementazione di tali programmi e progettano il sistema per eliminare il potenziale impatto sui diritti umani sulle persone. Film di: Nemanja Vojinovic Link al rapporto completo: Intrappolati dall'automazione: povertà e discriminazione nello stato sociale della Serbia - Amnesty International
youtube.com/watch?v=y_u3FnMYgn…
Serbia: World Bank Funded Digital Welfare System Raises Poverty for Roma and Those with Disabilities
The Social Card registry in Serbia has stripped Roma people and other marginalized groups of their meagre financial social assistance, forcing them further i...YouTube
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Serve un Fondo per la Sovranità Digitale dell’Ue
L’Unione Europea è attualmente impegnata in negoziati decisivi riguardanti la legge sull’intelligenza artificiale, un processo che determinerà se questa normativa emergerà come un modello globale per un approccio progressivo e rigoroso alla regolamentazione dell’IA. Ciò include l’implementazione di norme stringenti per le applicazioni IA di alto rischio, la trasparenza obbligatoria e la protezione dei diritti fondamentali. Tuttavia, persiste il timore che questa legislazione possa subire l’influenza delle grandi corporazioni nel settore dell’intelligenza artificiale, degradandola a un semplice codice di condotta volontario. Questo scenario potrebbe aggravare le già presenti disparità di potere e gli impatti negativi dell’intelligenza artificiale sulla società. Gli eventi recenti di OpenAI, inclusi il controverso licenziamento e la successiva reintegrazione delCEO Sam Altman, e le potenziali dimissioni collettive dei dipendenti, riflettono la natura imprevedibile, volubile e ancora immatura del governo del settore.
Aggiungendo a ciò, le questioni legali di OpenAI legate all’uso non autorizzato di contenuti protetti da diritto d’autore nella formazione dei suoi modelli di intelligenza artificiale, insieme a una supervisione normativa e misure di sicurezza inadeguate, enfatizzano la necessità impellente di una legislazione chiara e globale sull’IA. Queste dinamiche critiche non dovrebbero essere lasciate alla sola autoregolamentazione delle entità commerciali operanti in ambito privato. Oltre all’AI Act, l’Ue ha introdotto regolamenti come il Digital Market Act e il Digital Services Act per limitare il predominio dei colossi tecnologici, promuovendo una concorrenza equa e la tutela dei consumatori. Nonostante ciò, la semplice regolamentazione del potere delle Big Tech non basta. La crescente dipendenza dell’Europa dall’importazione di tecnologie solleva preoccupazioni significative per la sua autonomia digitale e la competitività economica e industriale. Di fronte a questa sfida, l’Europa deve concentrarsi sull’investimento nel proprio settore tecnologico e sostenere soluzioni aperte, sovrane e indipendenti che riflettano i valori e le esigenze europee. È
fondamentale che l’UE intensifichi gli investimenti nella ricerca, nell’innovazione e nelle infrastrutture pubbliche digitali. Promuovendo standard etici, indirizzando strategicamente sussidi e appalti pubblici, l’Europa può affermarsi come un leader tecnologico, dove l’innovazione serve il bene comune e enfatizza la necessità di un nuovo patto sociale nel tecno-capitalismo che affronti non solo le sfide immediate ma anche le implicazioni a lungo termine per l’occupazione,
i diritti dei lavoratori, la creatività, l’istruzione e le norme sociali.
Immaginiamo un futuro dove gli agenti di intelligenza artificiale diventano mediatori essenziali in tutte le nostre interazioni digitali, custodi della conoscenza umana. In questa nuova era di Internet, è cruciale che tali piattaforme rimangano aperte e universalmente accessibili, e non cadano sotto il controllo dei giganti tecnologici della Silicon Valley. Il controllo centralizzato di queste piattaforme potrebbe manipolare l’opinione pubblica, influenzare la cultura e amplificare pregiudizi legati a razza, genere, salute e classe sociale. Pertanto, è vitale che questi sistemi di intelligenza artificiale siano gestiti come beni comuni digitali, con un impegno costante verso la trasparenza, la responsabilità democratica e la supervisione pubblica. L’acquisizione di Twitter da parte di Elon Musk ha scatenato un acceso dibattito in Europa sull’urgenza di sviluppare piattaforme sociali native, regolate secondo principi democratici. Il modello di business attuale delle piattaforme
sociali e l’ingombrante influenza dei tycoon tecnologici nell’ambito pubblico intensificano le preoccupazioni relative alla diffusione di fake news, discorsi d’odio e ideologie estremiste. È imprescindibile che queste nuove piattaforme sociali europee siano costruite basandosi su principi come l’open source, l’interoperabilità e la privacy. Questo impegno mira a creare uno spazio pubblico digitale europeo che promuova valori di pluralismo, privacy e libertà di espressione, resistente alle manipolazioni dei movimenti populisti e agli interessi particolari.
In vista delle prossime elezioni europee, è fondamentale definire una strategia complessiva e destinare investimenti significativi. Un Fondo per la Sovranità Digitale dell’UE da dieci miliardi di euro potrebbe essere il trampolino di lancio per armonizzare e potenziare le iniziative nazionali ed europee ancora frammentate. Questo fondo sosterrebbe lo sviluppo di modelli e applicazioni di intelligenza artificiale aperti e sovrani, infrastrutture di dati, piattaforme europee per la diffusione di conoscenza e contenuti digitali, identità digitali che tutelano la privacy e sistemi di pagamento digitale. Tali strumenti sono cruciali per forgiare un’alternativa pubblica ai servizi e alle applicazioni digitali paneuropee, stimolando mercati open source e interoperabili in settori chiave come la mobilità intelligente, lo sviluppo urbano, l’assistenza sanitaria, la partecipazione civica, l’istruzione e la cultura, integrando le normative europee su fisco, diritti del lavoro e licenze.
Il progresso nelle infrastrutture digitali pubbliche nelle città europee sta raggiungendo traguardi significativi. Focalizzandosi su concetti come la cittadinanza digitale, la sovranità dei dati, le tecnologie che tutelano la privacy e l’autodeterminazione algoritmica di lavoratori e cittadini, l’Europa può emergere come un leader nella società digitale, ponendo le persone e l’interesse pubblico al centro delle sue politiche. L’Europa deve prendere l’iniziativa, tracciando un proprio percorso nell’era digitale e offrendo un’alternativa convincente al predominio tecnologico degli Stati Uniti e della Cina.
Questo modello, allineato agli obiettivi delle Nazioni Unite di promuovere e governare efficacemente i beni pubblici digitali, enfatizza il ruolo della tecnologia in armonia con i valori democratici, inserendosi in un contesto sociale più ampio che mira a promuovere la giustizia sociale e ambientale e a ridurre le disuguaglianze.
Il Sole 24 Ore
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Primo Levi – Se questo è un uomo
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La forza della legalità e del senso del dovere
La Camera Civile di Firenze ha organizzato, in condivisione con la Fondazione per la Formazione Forense, il Comune di Firenze, l’Ordine degli Avvocati di Firenze, Fondazione Spadolini, Fondazione Luigi Einaudi, e con il patrocinio della Federazione delle Camere Civili, UNCC e Università degli Studi di Firenze, un interessante convegno dal titolo “La forza della legalità e del senso del dovere”, coordinato dal Prof. Pier Francesco Lotito e con illustri partecipanti, tra cui la Presidente della Corte di Cassazione Dott.ssa Margherita Cassano, l’Avv. Umberto Ambrosoli e il nostro Direttore degli affari europei Avv. Prof. Marco Mariani
Programma
Dario Nardella – Sindaco di Firenze
Avv. Sergio Paparo – Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Firenze
Avv. Francesca Cappellini – Presidente Camera Civile di Firenze e Federazione delle Camere Civili della Toscana
Prof.ssa Irene Stolzi – Direttore Dipartimento Scienze Giuridiche Università di Firenze
Avv. Prof. Marco Mariani – Direttore degli affari europei della Fondazione Luigi Einaudi
Prof. Cosimo Ceccuti – Presidente della Fondazione Spadolini Nuova Antologia
Introduce e coordina
Prof. Pier Francesco Lotito Università degli Studi di Firenze
Relatori
Dott.ssa Margherita Cassano – Presidente della Suprema Corte di Cassazione
Dott. Ettore Squillace Greco – Procuratore Generale della Corte di Appello di Firenze
Avv. Umberto Ambrosoli – Foro di Milano
Avv. Gaetano Viciconte – Vice Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Firenze
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Guerra. Voci da Gaza (parte terza)
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(Traduzione a cura di Federica Riccardi)
insaniyyat.org/voices-from-gaz…
Insaniyyat, Society of Palestinian Anthropologists
Pagine Esteri, 5 dicembre 2023. Dall’inizio della guerra israeliana contro la popolazione di Gaza, familiari e amici, compresi i membri della nostra comunità Insaniyyat, hanno cercato con ansia di avere notizie dei propri cari in tutta Gaza. Di seguito sono riportate le trascrizioni di messaggi di testo personali, note vocali e post sui social media che gli amici e i cari di Gaza sono riusciti a inviare in risposta; messaggi intermittenti composti nel bel mezzo dei bombardamenti e della distruzione, mentre erano sopraffatti dalle notizie di continue morti, anche di amici e parenti, senza elettricità, cibo, acqua, rifugio sicuro e speranza.
Andaleeb Adwan, femminista, scrittrice ed educatrice.
Andaleeb Adwan è un’attivista di lunga data per i diritti delle donne e la democrazia a Gaza. È fondatrice e direttrice del Community Development and Media Center di Gaza City, che lavora con giovani e donne per promuovere lo spazio democratico e l’espressione di sé attraverso i media cittadini socialmente consapevoli. Si veda il suo post dalla guerra israeliana del 2021 su Gaza qui e un’intervista del 2012 qui.
I seguenti sono i messaggi Whatsapp che Andaleeb ha potuto inviare tra l’8 e il 17 ottobre 2023.
Mercoledì 1 novembre
Buongiorno
La rete è stata interrotta ieri sera fino a un’ora fa
Hanno distrutto il campo di Jabaliya ieri e oggi
Non so più come preoccuparmi o rassicurarmi.
Questo torpore non è normale
Niente mi interessa davvero
Martedì 7 novembre
Buongiorno
Dall’inizio della guerra, esattamente trenta giorni fa, ho evitato di scrivere degli orrori che stiamo subendo all’istante e ininterrottamente a Gaza. Ho persino evitato di parlare con i giornalisti stranieri e locali che mi hanno contattata, alcuni dei quali sono vecchi amici o amici di amici. Mi sono sottratta usando vari pretesti e giustificazioni, tra cui il frastuono dei tanti bambini che mi circondano e il mio stare in agguato delle loro piccole guerre, cercando di prevenirle prima che scoppino o di spegnerle appena iniziano. E io sono la nonna che cerca di essere ferma ed equa tra i suoi nipoti e i tanti altri bambini che si trovano qui, dove abbiamo trovato rifugio da Gaza City, da cui siamo fuggiti due volte con la famiglia e i parenti di mia nuora; prima fuggendo in due diversi alberghi, poi di nuovo fuggendo dai miei parenti qui nel campo di Rafah, nel sud della Striscia di Gaza.
I miei tentativi spesso sono falliti, perché i bambini sono andati totalmente e incredibilmente fuori controllo e si sono riempiti di violenza e ferocia usando le mani, i piedi e i denti per attaccarsi l’un l’altro. Alcuni di loro non piangono o urlano più durante i litigi, né mentre colpiscono né mentre vengono colpiti. A volte ci accorgiamoche sta scoppiando una rissa dal rumore degli schiaffi o da qualcosa che cade accanto a loro. Salma, [mia nipote] che ha esattamente due anni e mezzo, cammina e prende a pugni gli altri, grandi e piccoli, a destra e a manca, senza preavviso. Sono svuotata da queste battaglie, dal tentativo di prevenirle o di porvi fine o di calmare i miei pensieri quando finiscono. E mi sono convinta di essere impegnata in questa grande missione che mi ha distratta da interviste alla stampa che non mi avrebbero nutrito né placato la mia fame. Poiché ciò che è proibito e ciò che è lecito sono ovvi, e chi non riesce a vedere attraverso il proprio filtro [morale] che i palestinesi hanno una giusta causa è cieco, e non vedrà e non capirà mai nulla, né dalle interviste alla stampa né da altro… Inoltre, le stazioni televisive trasmettono in diretta il bombardamento dei quartieri e delle case affollate e degli edifici che cadono sulle teste dei loro residenti; il bombardamento degli ospedali con i loro feriti, e delle scuole e delle chiese con le loro migliaia di sfollati. Quindi, cosa possono aggiungere le mie parole a questo mondo sordo e cieco? Niente…
Oltre al compito di prevenire le guerre tra bambini, ho un altro compito, non meno importante, che è quello di gestire le scorte alimentari. Si tratta di cucinare e poi distribuire le razioni tra uomini, donne e bambini, di ricevere il pane e conservarlo attraverso l’essiccazione, nascondendolo al vecchio gatto bianco che ogni notte entra dalla finestra in cerca di cibo. A questi compiti segue la supervisione dello smaltimento della spazzatura che si accumula ogni giorno, in modo che il gatto non la trovi e la sparpagli per tutta la casa mentre noi dormiamo… Ti prego, non sottovalutare questi miei compiti, perché sono molto più importanti delle chiacchiere con la stampa, molto più facili dell’uso di Internet, che è intermittente e instabile, e più comodi per me che parlare in inglese, di cui non mi è rimasto nulla in testa… E per essere ancora più onesta, non sono nemmeno in grado di parlare in arabo con scioltezza, anzi mi ci vuole tempo per ricordare un sacco di significati, parole, nomi ed espressioni… Questo stato mi fa sentire come se mi fossi appena svegliata dal sonno o da un coma…
Concordiamo quindi sul fatto che svolgo preziose missioni sul campo nei luoghi di sfollamento in cui ci siamo rifugiati. Infatti, mio nipote di 44 anni mi ha conferito il titolo di Ministro della Nutrizione e dell’Approvvigionamento, di cui sono molto felice. La mia soddisfazione è solo guastata dai rumori dei bombardamenti vicini e lontani, e dal rumore dei generatori a gas, cherosene e benzina usati per portare l’acqua sui tetti, pesanti di cisterne, legna da ardere, scarpe vecchie, tappeti logori, bottiglie di plastica vuote e rottami vari; oltre al filo per lavare i panni lavati a mano e ancora intrisi d’acqua perché le mani stanche delle donne non sono riuscite a strizzarli a sufficienza. Soprattutto perché la maggior parte di loro sono donne molto giovani che non hanno mai dovuto lavare i panni a mano nel breve arco della loro vita, tra una guerra e l’altra, negli ultimi 15 anni… Sì, in questi anni abbiamo sofferto di regolari interruzioni di corrente, ma la maggior parte delle donne è stata in grado di continuare a lavare il bucato in lavatrice programmandole in funzione di quando l’elettricità era disponibile, nelle guerre precedenti l’elettricità non è mai stata tagliata in maniera così totale, continua e completa come in questa guerra…
Ma torniamo alle mie preoccupazioni quotidiane che mi hanno distratta dal parlare e scrivere di questa guerra. Come accertarmi quotidianamente di come stanno i miei colleghi e colleghe di lavoro e rispondere alle amiche che ci contattano costantemente per sapere come stiamo. Questo è uno dei compiti che svolgo, sia che siapossibile chiamare con il cellulare o scrivere un messaggio di gruppo su WhatsApp, a seconda di ciò che èreso disponibile dalla rete [di comunicazione].
Seguo anche le notizie delle lotte quotidiane tra gli sfollati sovraffollati, decine di loro che vivono l’uno sull’altro in piccole case stipate l’una accanto all’altra lungo gli stretti vicoli del campo, anche questa è una delle mie preoccupazioni… Oh Dio, quanta gente è stressata, spaventata e nervosa… Saranno necessari anni di cure per liberarci della situazione in cui ci troviamo, se non saremo già stati liberati dalla vita prima di allora… Saranno necessari anni di ricostruzione per compensare ciò che è stato distrutto, e saranno necessari altri anni per documentare e registrare gli orrori che stiamo vivendo, orrori che non sappiamo quando finiranno. E non sappiamo se saremo qui ad assistere alla loro fine o se assisteremo alla nostra di fine?
Questo accade notte dopo notte a Rafah. Sto scrivendo e sono piena di una grande paura. Che Dio ci protegga.
È stata la nostra notte più dura a Rafah.
Mercoledì 8 novembre
Ieri ho saputo che la nostra casa [a Gaza City] è stata distrutta, così come l’intero quartiere.
Sono molto preoccupata per le nostre cose personali
Ci sono ladri a Gaza
Rubano negli edifici distrutti
Non sono preoccupata per le cose che possono essere sostituite
Sono preoccupata per i nostri album fotografici
I ricordi
Comunque, sono fortunata ad essere viva
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LIBRI. Amin Maalouf: da Tsushima a Gaza, il crepuscolo dell’Illuminismo?
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Di Antoine Courban – lorientlejour.com
(traduzione a cura della redazione)
La guerra di Gaza che si svolge davanti ai nostri occhi sembra essere il naturale epilogo del saggio di Amin Maalouf, “Il labirinto dei perduti. L’Occidente e i suoi avversari”. L’opera si apre con la sconfitta militare russa nel 1905 contro il Giappone, di fronte all’isola di Tsushima. Si conclude con angoscianti interrogativi sulla guerra ucraina, sul futuro dell’Occidente e del mondo, che ricordano i lamenti di Teodoro Metochita (1270-1332). Un secolo prima della caduta di Costantinopoli, quest’ultimo scriveva nel suo Threnes sul declino dell’Impero Romano: “Un’immensa tristezza mi attanaglia quando penso alle prove passate (…) Ma è soprattutto del futuro che mi aspetta Mi è doloroso parlare: come potranno questi innumerevoli sconvolgimenti e il destino inesorabile portare alle prove future e al naufragio finale? “. Per Maalouf, la confusione inizia quando “un leader si chiede se ha ragione a considerarsi offeso e a voler punire i suoi avversari” (p. 434) invece di affermare militarmente il proprio interesse.
La guerra di Gaza rivela il fallimento morale dei principi apparentemente universali che l’Occidente ha condiviso con tutti i membri dell’unica famiglia umana. Chiudendo il libro ci troviamo a chiederci: “Gaza sarà la tomba dell’Aufklärung e della supremazia occidentale? » L’Illuminismo tramonta oggi nel crepuscolo di una modernità performante, inebriato dall’odio identitario, avendo esaurito le risorse spirituali che avrebbero potuto servire da filo di Arianna per coloro che si sono persi nel labirinto della storia.
Nelle 437 pagine del suo saggio, Amin Maalouf mostra un affresco monumentale della civiltà più brillante, efficiente ed eccezionale della storia umana. Puoi amare o odiare l’Occidente. Tuttavia, la sua civiltà e cultura sono servite da ideale e modello da seguire per cinque secoli. Lodiamo i suoi progressi senza precedenti nella scienza. Lo ammiriamo per i suoi successi che hanno migliorato le nostre condizioni di vita. È temuto per il suo potere. Amin Maalouf ci fornisce delle tappe precise che ci permettono di confrontare l’impresa luminosa, intellettuale e tecnica dell’Occidente con il suo lato oscuro, quello che lo precipita nella peggiore trappola della natura umana: l'”eccesso”, questa formidabile arroganza, faustiana e prometeica. tentazione allo stesso tempo. È tradizionalmente espresso dall’ottimismo storico e personificato dal concetto di progresso che ha entusiasmato i popoli del mondo con la sua utopia di poter raggiungere il paradiso in terra, attraverso la sola volontà dell’uomo. Ottimismo storico significa che abbiamo tutta la verità e che “non contiamo su niente e nessuno se non su noi stessi e sulla lotta” (E. Roudinesco). Ahimè, nessuno aveva pensato che l’eccesso avrebbe influito sul progresso stesso. Il 21° secolo ne è un sanguinoso esempio.
Amin Maalouf ripercorre cinque secoli di ascesa verso le vette dell’arroganza. Mostra come l’ottimismo storico occidentale sia diventato, attraverso la mimica, universale. Tre esempi storici illustrano questa evoluzione: il Giappone, la Russia, la Cina, prima di avvicinarsi agli Stati Uniti d’America, punto finale e fortezza dell’Occidente.
Tutti i paesi volevano imitare il modello per aumentare il proprio benessere ma soprattutto la propria politica di potere. Purtroppo, l’assolutismo morale occidentale non ha mancato di umiliare i suoi imitatori che, a loro volta, hanno fatto lo stesso. Il Giappone Meiji si occidentalizzò ma presto cominciò a umiliare la sua vecchia nutrice, la Cina. Quando lo squadrone russo fu distrutto nel 1905 dalla flotta giapponese, il mondo intero si rallegrò. Il nemico del Giappone, il cinese Sun Yat Sen, ha dichiarato: “Abbiamo visto la sconfitta della Russia da parte del Giappone come la sconfitta dell’Occidente da parte dell’Oriente. » Stessa storia con l’indiano Jawaharlal Nehru.
Il saggio di Maalouf apre la strada a una serie di interrogativi sul dispiegamento di questa hybris, chiaramente percepita fin dagli albori del pensiero greco, divenuta oggi paradigma globalizzato. Eschilo la chiama figlia dell’Empietà. Per Ovidio è figlia della Notte. Esopo la vede come un’inseparabile compagna di guerra. È arroganza scandalosa, fiducia sproporzionata in se stessi e nelle proprie capacità, presunzione volontaristica, convinzione di superiorità di valore, fede aggressiva in una sorta di messianismo secolarizzato. Oscura la coscienza morale, acceca ogni visione a lungo termine, in breve acceca la sua vittima e la fa perdere nel labirinto. L’uomo di questo modello è coraggioso, inventivo, audace fino all’incoscienza, persino sfacciato. Pensa di dominare la Natura anziché Dio, grazie alla sua tecnoscienza. Resta segnato dal pregiudizio inestirpabile dell’assolutismo morale. È convinto della sua invincibilità, che lo autorizza a umiliare gli altri.
Tutti questi tratti potrebbero essere riassunti in quella che Evagrio Pontico (345-399 d.C.) chiama Philautia, la prima, più grave e formidabile malattia della mente. Philautia è un’autoindulgenza viziosa e smodata. Va ben oltre il volgare narcisismo psicopatologico o l’egoismo ombelicale, perché è soprattutto consapevole e razionale. Sfrutta le facoltà più nobili della mente: intelligenza e volontà. Il male non può nulla senza il libero arbitrio dell’uomo. L’antropologia culturale riconosce nella versione occidentale della Philautia una cieca adesione alla cosiddetta Ragione universale ma che è, in ultima analisi, “giudice e parte, sentenza senza appello e memoria vincolante, carica di implicite minacce” (L. Poliakov). L’Hubris rimane inseparabile dal suo alter ego, Nemesis o vendetta che si scatena contro chiunque superi i limiti di ciò che è umanamente possibile. La cacofonia bellicosa e immorale del mondo lo dimostra.
Per raccontare l’aspetto politico e conquistatore di questo eccesso prometeico, Amin Maalouf comincia con la visita del commodoro Matthew Perry (1794-1858) in Giappone, a capo di un grande squadrone, allo scopo di forzare la mano alle autorità per concludere un trattato commerciale. Calpestando le usanze del protocollo giapponese, si presentò a Edo (Tokyo), sede dello Shogun e non a Nagasaki, unico porto dove potevano attraccare gli stranieri. Perry aveva valutato attentamente la sua sfrontatezza. “Doveva dare l’impressione di totale fiducia in se stesso, come se non temesse nulla. » (pag. 30). I giapponesi non punivano gli insolenti ma temporeggiavano. Iniziò così l’era Meiji, durante la quale il Giappone si modernizzò fino a distruggere la flotta russa nel 1905.
Ma come è emersa l’arroganza della modernità? Un’antologia di storia delle idee potrebbe spiegarlo. C’è sicuramente il Rinascimento, la Riforma protestante, la nascita della scienza moderna ma soprattutto la secolarizzazione del cristianesimo. L’idea prometeica del progresso sarebbe “come un’altra formula del peccato originale perché, gustare il frutto dell’albero della conoscenza, è sapere tutto di tutto, in altre parole, ancora una volta, eguagliare Dio” (Michel Onfray) . Questa inversione dell’idea cristiana della caduta implica una salvezza senza salvatore, opera dell’uomo; presuppone un’escatologia realizzata quaggiù. La modernità ha rivelato un confronto bellicoso tra un “Io umano” e un “Sé divino”, una sorta di guerra metafisica che non cessa di produrre i suoi effetti devastanti su ciascuno di noi. Ha generato ideologie che hanno divinizzato la società. Le ideologie oggi sono morte; permangono conflitti di identità. “Ogni crisi d’identità è una crisi messianica e la storia delle utopie ci mostra che nelle fasi di disgregazione sociale c’è sempre stato messianismo». (F. Thual) Questo tratto è iscritto nel Cristianesimo fin dalla Tarda Antichità. L’Occidente cristiano è segnato da due dottrine eterodosse: il pelagianesimo prometeico che proclama la salvezza attraverso le opere dell’uomo; e lo gnosticismo faustiano che insegna la salvezza attraverso la conoscenza. Il movimento gnostico occidentale più influente è il Gioachimismo, studiato magistralmente da Henri de Lubac (La posterità spirituale di Joachim de Flore). Pelagianesimo e gnosticismo gioachimita sono proprio i due pericoli della modernità contro cui l’attuale papa Francesco conduce la lotta in nome di una riconciliazione dell’uomo con la natura e con se stesso. La lettera Placuit Deo (2018) e l’esortazione Gaudete et Exultate (2018) spiegano i rischi dell’arroganza. Philautia richiede intelletto e volontà per produrre i suoi effetti distruttivi.
Dopo cinque secoli di supremazia occidentale, ora che le ideologie sono morte, il mondo si ritrova travolto dalle turbolenze di un presunto conflitto di valori. Da un lato, l’Occidente ebbro delle proprie utopie e dell’ondata di wokismo che è il culmine della smaterializzazione gnostica della realtà. Di fronte, il campo dell’ordine e del potere coercitivo, in nome dei valori tradizionali, soprattutto religiosi. In mezzo a questo caos, migliaia di persone innocenti muoiono in Ucraina e nella terra dove è nato Cristo.
Quale rimedio contro Philautia? Senza dubbio la Dichiarazione di Abu-Dhabi sulla Fraternità Umana (2019). Ma questa è solo una dichiarazione di intenzioni. Come possiamo tradurre politicamente questo documento in relazione a Gaza? Ora che abbiamo spente le lampade dell’illuminazione, la fraternità potrebbe convincerci, come Paolo di Tarso, che «anche se parlo tutte le lingue degli uomini e degli angeli, se non ho carità, mi manca l’amore, sono solo un ottone risonante, un cembalo tintinnante”. (1 Corinzi 13:1).
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In Cina e Asia – Hong Kong: la polizia condanna la fuga in Canada dell’attivista Agnes Chow
I titoli di oggi: Hong Kong: la polizia condanna la fuga in Canada dell’attivista Agnes Chow Missili Usa di media gittata nell’Indo-Pacifico: è la prima volta dai tempi della Guerra Fredda Corea del Sud, rimpasto di governo in vista delle elezioni del 2024 Cina e Bielorussia rafforzano la cooperazione Il sito archeologico di Liangzhu e i 5 mila anni di ...
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L'arresto di un latitante italiano trafficante di cocaina in Colombia, grazie alla collaborazione con INTERPOL (Progetto I-CAN)
Avrebbe organizzato spedizioni di cocaina verso diversi porti europei con cartelli della droga in Colombia per conto dell'organizzazione mafiosa 'Ndrangheta. Massimo Gigliotti, 55 anni, è stato arrestato in Colombia dopo essere sfuggito alla cattura in diversi paesi dell'America Latina.
Uno sforzo congiunto da parte della Polizia Nazionale Colombiana (#PolicíaNacionaldeColombia) e dei Carabinieri italiani di Bologna, con il sostegno di #Europol e del Progetto di Cooperazione #INTERPOL contro la #'ndrangheta (#I-CAN), ha portato alla cattura del latitante. Dallo scorso settembre INTERPOL/I-CAN aveva segnalato le ricerche di Gigliotti alle autorità di Brasile, Colombia, Repubblica Dominicana, Panama e Venezuela.
L'arrestato ha legami con molti esponenti di alto rango della criminalità organizzata italiana e dei cartelli della droga latinoamericani, ed aveva trascorso diversi mesi in laboratori clandestini di droga. Gli investigatori sono stati in grado di stabilire come la 'ndrangheta avesse inviato l'individuo sino alle montagne della Colombia per lavorare direttamente con i produttori di droga nei loro impianti di produzione, con l'obiettivo di portare queste nuove competenze in Europa.
Infine pochi giorni fa, il latitante è stato fermato nei pressi della sua residenza temporanea, nonostante abbia cercato di identificarsi con un documento d'identità colombiano falso.
L'Europol aveva sviluppato informazioni affidabili sulle attività internazionali di traffico di droga di questo individuo - per il quale l'INTERPOL aveva emesso un red notice (avviso rosso) - ed ha quindi riunito tutti gli investigatori coinvolti per concordare una strategia comune per arrestare il sospetto. A tal fine, Europol ha anche istituito un posto di comando virtuale per coordinare le attività sul terreno. L'operazione è stata sostenuta dall' #EMPACT e dalla #reteON, finanziata dall'UE (Progetto Fondi Sicurezza Interna 'ISF4@ON') e guidata dalla Direzione Investigativa Antimafia italiana.
Il Direttore del supporto operativo e dell'analisi dell'INTERPOL, Cyril Gout, ha dichiarato: “Attraverso questo arresto, I-CAN continua a dimostrare la sua efficacia nel combattere una delle organizzazioni criminali più estese e potenti del mondo. Il modello I-CAN si basa sulla fornitura ai paesi di un modello di cooperazione che apporta valore aggiunto operativo, in particolare in un momento in cui è necessaria un’azione globale urgente e coordinata per contrastare la criminalità organizzata transnazionale”. Voluto dal Dipartimento italiano di Pubblica Sicurezza, I-CAN aumenta la consapevolezza e la comprensione globale sulla 'Ndrangheta e sul loro modus operandi, condividendo informazioni di polizia per smantellare le loro reti e operazioni e arrestare sospetti ricercati. Dal suo lancio nel 2020, I-CAN ha facilitato l’arresto di 93 fuggitivi in tutto il mondo.
Per saperne di più sul Progetto I-CAN 👉 interpol.int/en/Crimes/Organiz…
Qui un video che illustra il Progetto I-CAN 👉 inv.citw.lgbt/watch?v=6UR7lTQz…
INTERPOL Cooperation Against ‘Ndrangheta (I-CAN)
Disrupting ‘Ndrangheta global networkswww.interpol.int
Scansione Virus su Android
Come fare una scansione virus su Android? L'opzione integrata che non conoscete
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L’impatto delle forzature di bilancio tedesche sulle nuove regole Ue
Il governo tedesco sembrava aver assecondato il noto motto di Henry Kissinger: “Le cose illegali le facciamo subito, per quelle incostituzionali ci mettiamo un po’ di più”. Tuttavia, dopo che proprio la Corte di Karisruhe ha smontato l’utilizzo abusivo dei “fondi speciali” extra bilancio, Berlino deve cercare di quadrare i bilanci 2023 e 2024 entro poche settimane, con soluzioni che inevitabilmente avranno conseguenze anche sul contemporaneo negoziato sulle nuove regole fiscali europee.
La sentenza della Corte ha reso inutilizzabili 60 miliardi di fondi per spese già programmate, un ammontare che pone Berlino di fronte a un problema politico più che finanziario. Nel 2023, infatti, le spese verranno coperte in gran parte con l’aumento del fabbisogno federale. In tal modo però il disavanzo 2023 supererà i limiti del “freno al debito”, la norma costituzionale del 2009 con cui la Germania si è autoimposta un tetto dell’indebitamento federale pari allo 0,35% del Pil (più un fattore ciclico). Per poterlo fare, il cancelliere Scholz ha deciso di invocare “la clausola di emergenza” che sospenderebbe il “freno” anche quest’anno.
La Cdu, il maggior partito di opposizione, ha assicurato che non contesterà la legittimità di questa iniziativa. Diverso il caso in cui Scholz evocasse la clausola di emergenza per il 2024, una tentazione cullata alla cancelleria a fronte di un buco ancora più ampio, legato a un altro “fondo speciale”, e che è quasi impossibile calcolare. Il governo stima un buco di 17 miliardi ma c’è chi calcola sia almeno doppio. La Cdu però si opporrebbe di fronte alla Corte perché ritiene possibile tagliare spese federali per 125 miliardi senza conseguenze recessive se “solo” si riducesse la burocrazia che frena la spesa per investimenti già a bilancio. Una tentazione del governo è allora di ricorrere ai prestiti del programma Next Gen Eu che Berlino non ha richiesto finora, limitandosi ai trasferimenti “gratuiti”. Si tratterebbe di una mossa di rilevante significato per l’Europa, perché accentuerebbe l’importanza di fondi finanziati da debito comune anche per un Paese che può finanziarsi sul mercato a tassi inferiori a quelli dell’Ue.
Più complessa è la questione se la Germania riconoscerà l’evidenza dei problemi causati da una regola rigida, economicamente e giuridicamente, quale il “freno al debito”. Il governo ritiene che una revisione della norma sia augurabile, ma per attuarla è necessario il voto favorevole di due terzi del Parlamento e deve quindi ottenere il consenso dell’opposizione. L’opzione del governo è di escludere dal calcolo del disavanzo le spese per investimenti in settori come la transizione ambientale e quella digitale. Oppure di classificare tali settori come rilevanti ai fini costituzionali, consentendo la creazione di “fondi speciali” extra bilancio (come è già successo per la Difesa). Anche questa opzione avrebbe conseguenze nel confronto europeo perché legittimerebbe deroghe simili in altri Paesi, o addirittura potrebbe essere trasposta in fondi speciali comuni a carico del bilancio comunitario con vaste implicazioni politiche perché la responsabilità delle scelte farebbe poi capo alla Commissione Ue. Decisiva è la posizione della Cdu che si oppone ala revisione del “freno” a livello federale, sostenendo che esso sia già flessibile grazie al fattore ciclico che quest’anno, per esempio, autorizzerebbe un disavanzo ulteriore di circa 20 miliardi.
La Cdu è invece possibilista nel caso di una riforma del “freno”, ancora più rigido, applicato ai Länder, ai quali è richiesto un pareggio di bilancio senza attenuazioni cicliche. Fonti della Cdu si dicono infine contrarie a eccezioni per le spese per clima ed energia. Un compromesso nel corso del 2024, tuttavia, non è da escludere. La Cdu, infatti, riconosce ora il problema dei Länder perché è al governo in alcuni di essi. Potrebbe avvertire il problema anche a livello federale qualora, come previsione generale, vincesse le elezioni del 2025. In quel caso, inoltre, dovrebbe formare una coalizione di governo con un altro partito dell’attuale coalizione e negoziare un accordo offrirebbe il pretesto per “concedere” la riforma del “freno”.
L’opposizione è invece contraria alla creazione di nuovi “fondi speciali” a livello europeo. La questione si porrà a breve con il finanziamento dei fondi per l’Ucraina, di cui anche la Cdu riconosce l’irrinunciabilità. Secondo la Cdu, istituire un veicolo ad hoc (appunto un fondo speciale europeo) incorrerebbe in problemi di compatibilità giuridica di fronte alla
Corte tedesca. I fondi, quindi, dovrebbero provenire dal bilancio degli Stati, ma qui sorge un altro problema: informalmente Berlino sta trattando non solo per evitare un aumento, ma addirittura per ottenere la riduzione di un terzo del contributo tedesco alle casse comunitarie. Intanto il negoziato sulle regole europee si sta avvicinando a una conclusione. Tutti i governi sono convinti che il Consiglio Ue debba trovare l’accordo entro fine anno. Proprio la ristrettezza dei tempi renderà ancora più confuso un negoziato in cui si combinano interessi molto diversi: a fronte della richiesta tedesca di inserire nella proposta di riforma della Commissione due clausole di salvaguardia (la riduzione del rapporto debito-Pil di un punto percentuale ogni anno e un calo del disavanzo strutturale di mezzo punto, valide per tutti), si negozierà un approccio più flessibile nella valutazione delle condizioni eccezionali che giustifichino le deroghe, nonché una maggiore flessibilità nell’utilizzo dei fondi di Next Generation-Eu o di altre risorse.
La Repubblica
L'articolo L’impatto delle forzature di bilancio tedesche sulle nuove regole Ue proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
La crescita dei budget premia l’Europa. Ecco i dati Sipri sulle spese militari
Nonostante l’aumento della richiesta dovuto alle rinnovate esigenze di difesa e deterrenza (e, anzi, in parte proprio a causa delle difficoltà nell’incontrare la crescita di domanda) il fatturato delle prime cento aziende della difesa su scala globale è diminuito. Sono i dati riportati dall’autorevole Stockholm international peace research institute (Sipri), che prende in considerazione le vendite nel settore difesa dei primi cento produttori al mondo. Secondo i dati dell’istituto svedese, rispetto all’anno scorso il fatturato è sceso del 3,5 punti percentuali su base annua, raggiungendo i 597 miliardi di dollari. Le vendite militari globali nel 2021, per fare un paragone, avevano registrato una crescita dell’1,9% rispetto al 2020, raggiungendo quota 592 miliardi di dollari. La novità è l’inversione di tendenza rispetto alla crescita degli anni precedenti. Il 2021, per esempio, è stato il settimo anno consecutivo a registrare un aumento.
Frenano gli Usa
L’interruzione di questo trend colpisce in particolare se lo si mette a paragone con il clima di crescente necessità globale di dotarsi di sistemi di difesa e deterrenza. Il cambio di paradigma globale iniziato il 24 febbraio 2022 con l’invasione russa dell’Ucraina, infatti, ha aumentato in tutto il mondo la richiesta di strumenti militari, con un parallelo aumento dei budget allocati per la Difesa. A contrarre in particolare i numeri è stato – sorprendentemente – il dato degli Stati Uniti, dove si registra un calo del 7,9%. Negli States si concentrano 42 delle prime cento aziende della difesa prese in considerazione da Sipri, e gli Usa coprono comunque il 51% dell’intera quota di ricavi ottenuti dal settore.
Il peso della domanda globale
A causare la flessione nei ricavi statunitensi, dice l’istituto di Stoccolma, è stata una combinazione di carenza di manodopera e incremento dei costi di fronte alla necessità di soddisfare immediatamente la crescente domanda internazionale. Gli Usa, del resto, sono il principale fornitore di sistemi d’arma per la difesa ucraina, per fare solo un esempio, e si sono dovuti immediatamente addossare la responsabilità maggiore nel rifornire il Paese invaso degli strumenti indispensabili per la propria difesa. A questa crescita di richiesta da Kiev (concentrata in particolare nel settore delle munizioni d’artiglieria e dei sistemi di difesa aerea) non ha fatto però da contrappeso una diminuzione di richieste da altre regioni, anzi. Numerosi Paesi europei si sono dovuti rivolgere all’alleato Usa per potenziare le proprie difese nel breve termine (per citarne solo due, la Germania con gli F-35 e la Polonia con i carri Abrams).
Cresce l’Europa
L’aumento dei budget allocati dagli Stati e la possibilità di concentrarsi maggiormente sulle necessità domestiche sembrano invece aver favorito le realtà europee (26 delle Top100). Nel Vecchio continente è confluito il 20% circa degli investimenti globali, con un aumento delle vendite che ha premiato in particolare i consorzi transeuropei, quelle realtà, definite da Sipri, le cui strutture proprietarie e di controllo sono situate in più di un Paese europeo. Per loro la crescita è stata di quasi dieci punti percentuale (per fare un esempio, Airbus ha aumentato dell’17%). A beneficiare delle crescite sono state soprattutto le realtà di quei Paesi che hanno visto l’aumento più consistente dei propri budget per la Difesa, in particolare Germania e Polonia.
Il resto del mondo
Il principio generale di aumento dei ricavi dovuto a un aumento della richiesta di fronte al facilitarsi dello scenario di sicurezza si ripete anche in altre regioni del globo. I dati del rapporto Sipri, riferendosi all’anno passato, non hanno preso in considerazione l’acuirsi del conflitto tra Israele e Hamas, tuttavia le tensioni registrate nella regione anche prima del 7 ottobre, hanno portato a una crescita dei ricavi per le realtà mediorientali, che hanno visto l’aumento maggiore su scala globale, in particolare in Turchia (+22%) e Israele (+6,5%). Anche nell’Indo-Pacifico la situazione è simile, con tutti i principali attori della regione, Cina, India, Giappone e Taiwan, le cui aziende hanno beneficiato degli aumenti dei budget per la Difesa.
La situazione in Italia
Nonostante l’ottimo posizionamento delle realtà italiane, con Leonardo al 13esimo posto a livello globale (confermandosi la prima realtà dell’Unione europea e la seconda in Europa dopo BAE Systems) e di Fincantieri (salita di due posizioni al 46esimo posto), il fatturato complessivo delle realtà italiane è diminuito del 5,6%. Con un fatturato di 12 miliardi di dollari e mezzo, un calo del 7%, la società di Piazza Monte Grappa è stata penalizzata, secondo il Sipri, in particolare dall’inflazione. Infatti i ricavi complessivi delle vendite di sistemi militari sono cresciuti in termini nominale. Gli effetti dell’inflazione e della riduzione dei ricavi dovuta alla diminuzione delle consegne di Eurofighter al Kuwait, secondo l’istituto di Stoccolma, non sono stati compensati abbastanza dai buoni risultati in altri settori.