milano, 11 giugno: il “faldone” di vincenzo ostuni al ferrobedò
interventi critici di Tommaso Di Dio, Daniele Giglioli, Arturo Mazzarella
sarà presente l’autore
#ArturoMazzarella #DanieleGiglioli #Faldone #ilFaldone #IlSaggiatore #lettura #reading #scritturaDiRicerca #scrittureDiRicerca #TommasoDiDio #VincenzoOstuni
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i narroni
i narroni sono, in letteratura, quelli che narrano sempre, narrano a prescindere, stanno sempre a narrare. narrano precisamente, non si fanno scappare un pezzetto di narrabile. e narra oggi narra domani, si crea un impero della narrazione.
Francesco Muzzioli affronta con il consueto acume quello che secondo me è un allarme pressoché sanitario, in un post di cui qui di seguito copio l’incipit, e che suggerisco di leggere:
Ho spesso segnalato come caratteristica ideologica della nostra epoca l’esaltazione della centralità della narrazione. C’è al riguardo una bibliografica più che ampia che tocca svariati livelli e posizioni: in chiave tecnica (Brooks), femminista (Cavarero), piscologica (Gottshall), terapeutica (Cometa) e sicuramente ne sto dimenticando di importanti. Una vera valanga. Di narrazione si parla dappertutto e perfino, fatto significativo, nei talk-show della politica.
Tanto per non perdermi niente, sono andato a leggermi il libro di Byung-Chul Han, pensatore coreano operante in Germania, che ha già al suo attiva varie opere sulla filosofia sociale e sul mondo della comunicazione (l’infosfera). Il libro in questione, pubblicato da poco presso Einaudi, s’intitola La crisi della narrazione e subito questo titolo mi ha incuriosito. Come crisi? Ma se la narrazione straripa ovunque e bisognerebbe semmai contenerla! Han muove appunto da un paradosso: che quanto più se ne parla tanto meno è in buona salute… E siccome il paradosso mi è sempre parsa una buona maniera di rovesciamento dialettico, valeva la pena di andare a vedere un po’ più a fondo.
https://francescomuzzioli.com/2025/06/06/narrazione-si-narrazione-no/
nella conclusione del suo testo, Muzzioli invoca giustamente un corretto uso di Benjamin e del concetto di allegoria, di cui pare si siano volute perdere le tracce da circa una trentina d’anni, un po’ ovunque, nella narranza generale del mainstream italiano e mondiale (ma anche fuori dal mainstream).
concordo, in definitiva, con questa diagnosi. ma direi che altra ipotesi in campo – per cure & profilassi opportune – potrebbe essere quella di sospendere gli anticoagulanti che il detto stream impone ai narroni e a chiunque si metta alla tastiera per fare alcunché.
insomma, ecco: bisogna creare degli ostacoli, degli inciampi, dei tagli di pellicola, dei vuoti, delle diversioni, dei diverticoli antidigestivi, bisogna mandare di traverso non solo il boccone ma pure il processo assimilativo di questo tubo catatonico di scorrimento segnico che il lettore non “rischia di diventare” ma è già diventato.
benvenuto lo sgambetto che ci si fa (alla Bene), il glitch, l’interruzione, l’inserto deviante. mi rendo conto che è anche un po’ novecentesco, tutto ciò. ma, pure, capisco che del Novecento bisogna buttare l’acqua sporca, non il bambino. (o forse è il contrario, se il bambino è fatto di giovani holding).
#111 #aGambaTesa #allarme #allarmeSanitario #CarmeloBene #cb #controIlRacconto #controLaNarrazione #diversioni #FrancescoMuzzioli #gambaTesa #giovaneHolding #giovaniHolding #iNarroni #inciampi #narrazione #narroni #ostacoli #racconto #sgambetti #sgambetto #testiDiMgInRete #testiDiMgOnline
Narrazione sì, narrazione no
Ho spesso segnalato come caratteristica ideologica della nostra epoca l’esaltazione della centralità della narrazione. C’è al riguardo una bibliografica più che ampia che tocca svariati livelli e p…Critica integrale. Di Francesco Muzzioli
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Il sud Africa di Nelson Mandela
Dalla Prefazione di Massimo D’Alema:
«Lo straordinario racconto del riscatto del Sud Africa dall’apartheid, e dell’inizio della costruzione del “nuovo Sud Africa di Nelson Mandela”, e della lunga storia dei rapporti tra la Sinistra italiana, l’ANC e altri movimenti di liberazione che hanno segnato la storia dell’Africa australe negli ultimi trent’anni.
Dalla lettura del lavoro di Antonio Rubbi, frutto di un’analisi attenta dei movimenti di questa storia e di esperienze e contatti diretti, emerge inoltre il significato universale della vittoria di Mandela e dell’esperienza in atto in Sud Africa. La lotta contro l’apartheid ha mobilitato l’opinione pubblica di tutto
il mondo. E’ stato un movimento globale che ha coinvolto generazioni diverse, investito governi e istituzioni internazionali, unito partiti e movimenti di natura e collocazione politica diverse. Alla sua liberazione Mandela è stato capace di accogliere il valore e l’originalità di questo ampio movimento, di assumerlo nel progetto pensato per la trasformazione del suo Paese.»
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Dati ottenuti direttamente dalla stazione meteo posizionata in Osservatorio
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Come scrivere recensioni di libri che emozionano e fanno riflettere
Indice dei contenuti
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- Quando una recensione diventa un’esperienza
- Il cuore dei personaggi
- Punti chiave sull’analisi dei personaggi
- La voce dell’autore: svelare lo stile e il tono
- La struttura nascosta e come l’architettura del libro influisce sulla lettura
- L’arte di non rivelare e di scrivere senza spoiler
- Cos’è uno Spoiler?
- Dare voce alla tua opinione attraverso onestà e argomentazione
- L’eredità della tua recensione
- Come scrivere una recensione di libro efficace
Quando una recensione diventa un’esperienza
Hai mai letto una recensione di un libro che ti ha fatto venire voglia di leggerlo all’istante, nonostante non sapessi quasi nulla della trama? Quando accade, non è solo una questione di sintesi ben fatta: è la prova che scrivere recensioni di libri efficaci significa saper trasmettere emozioni, riflessioni, connessioni. Una recensione approfondita di un libro non si limita a riassumere la storia, ma accompagna il lettore in un viaggio parallelo, in cui le parole dell’autore si fondono con lo sguardo critico di chi legge.
In un’epoca in cui tutto si consuma velocemente, fermarsi a riflettere su ciò che una storia ci ha lasciato è un atto quasi rivoluzionario. Questo articolo nasce proprio per offrire strumenti concreti e ispirazione a chi desidera andare oltre la superficie, imparando a scrivere recensioni di libri che sappiano unire analisi e sensibilità, pensiero critico e partecipazione emotiva. Che tu sia un blogger, un appassionato lettore o un aspirante critico letterario, l’obiettivo è uno: trasformare ogni recensione in un’esperienza che possa toccare, incuriosire, far pensare.
Hai perfettamente ragione: è importante che le parole chiave siano integrate in modo fluido e naturale, senza forzature che compromettano la correttezza e la leggibilità del testo. Grazie per la precisazione.
Il cuore dei personaggi
I personaggi sono spesso ciò che rende una storia davvero indimenticabile. Non importa quanto sia originale la trama: senza figure credibili, complesse e vive, anche il miglior intreccio narrativo rischia di perdere forza. In una recensione di un libro approfondita, l’analisi dei personaggi è un elemento cruciale, eppure spesso trascurato.
Per rendere una recensione incisiva e coinvolgente, è utile porsi alcune domande fondamentali. Com’è lo sviluppo dei personaggi lungo l’arco narrativo? Cambiano, crescono, si trasformano? Oppure restano fermi, simbolici, quasi archetipici? Esaminare l’arco di trasformazione permette di cogliere la coerenza interna del personaggio e il significato più profondo della storia.
Anche le motivazioni e la psicologia dei protagonisti meritano attenzione: cosa li spinge ad agire? Le loro reazioni sono credibili, umane? Un buon autore costruisce personaggi mossi da desideri, paure, traumi o valori, e quando questi elementi si riflettono nei dialoghi, il realismo e la profondità si amplificano. I dialoghi autentici non solo portano avanti l’intreccio, ma rivelano emozioni, conflitti interiori e dinamiche complesse.
Non vanno dimenticate nemmeno le relazioni tra i personaggi: chi sostiene chi? Chi si oppone a chi? I legami sono intensi, realistici, ambigui? Un’analisi dei personaggi ben inserita in una recensione permette di far emergere tutte queste sfumature, magari accompagnandole con citazioni selezionate che mostrino piuttosto che raccontare.
Quando i personaggi prendono vita sulla pagina, anche la voce del recensore trova una risonanza più profonda. E offrire questo tipo di lettura significa andare oltre la superficie, trasformando una semplice opinione in una vera analisi critica del libro.
Punti chiave sull’analisi dei personaggi
– Esamina l’arco di trasformazione e la crescita dei personaggi principali.
– Approfondisci motivazioni, paure e conflitti interiori.
– Analizza i dialoghi e le relazioni per valutarne la coerenza e il realismo.
– Usa citazioni mirate per far emergere le sfumature dei personaggi.
La voce dell’autore: svelare lo stile e il tono
Ogni autore ha una voce unica, una firma stilistica che si manifesta in ogni frase, nella scelta delle parole, nel ritmo della narrazione. Riconoscere e analizzare questa voce è essenziale per scrivere recensioni di libri efficaci e ricche di significato.
Ma cosa intendiamo davvero per “stile dell’autore”? È un insieme di elementi che spaziano dal lessico alla sintassi, passando per il tono e le figure retoriche. Il linguaggio usato è semplice o ricercato? Diretto o evocativo? Alcuni autori prediligono uno stile asciutto e tagliente, altri si perdono in immagini poetiche e metafore complesse. Notare queste scelte aiuta non solo a valutare lo stile di scrittura, ma anche a comprenderne l’effetto sul lettore.
Un altro aspetto da osservare è il ritmo narrativo. Frasi brevi e incalzanti generano tensione, mentre periodi lunghi e articolati invitano alla riflessione. L’alternanza tra descrizione e azione, tra dialogo e introspezione, costruisce un tempo interno che guida l’esperienza di lettura. Descrivere questo ritmo permette di aggiungere profondità alla recensione, mostrando quanto lo stile sia parte integrante del messaggio.
Il tono narrativo, infine, è la lente emotiva attraverso cui la storia ci viene raccontata. Può essere ironico, malinconico, distaccato, empatico. In alcuni casi, il tono cambia nel corso del libro, rispecchiando la crescita del protagonista o l’evoluzione degli eventi. Analizzare il tono, e il modo in cui dialoga con i contenuti, è una chiave fondamentale per una recensione critica capace di cogliere sfumature profonde.
Integrare nella recensione osservazioni su questi aspetti – magari con un breve passaggio del testo come esempio – non solo dimostra attenzione, ma offre al lettore strumenti per entrare davvero nell’universo dell’autore. Perché una buona recensione non dice solo di cosa parla un libro, ma come lo racconta.
La struttura nascosta e come l’architettura del libro influisce sulla lettura
Spesso trascurata nelle recensioni più superficiali, la struttura narrativa è in realtà una componente fondamentale dell’esperienza di lettura. Come in un edificio, l’architettura del libro sostiene ogni elemento, dalla trama ai personaggi, dal ritmo alle emozioni. Riconoscerla e analizzarla permette di scrivere una recensione approfondita, in grado di cogliere la complessità dell’opera.
Una narrazione può essere lineare, seguendo l’ordine cronologico degli eventi, oppure non lineare, con salti temporali, flashback, flashforward o capitoli che alternano punti di vista. Questo non è un dettaglio: è una scelta che influisce direttamente sul coinvolgimento del lettore, sulla suspense, sulla comprensione dei personaggi. Una recensione che lo segnala mette in luce l’intenzione dell’autore e la sua capacità di gestire la narrazione in modo efficace.
Altro elemento chiave sono i punti di svolta e i climax: momenti decisivi che modificano la direzione della storia o l’evoluzione interiore dei protagonisti. Individuarli e valutarli – sono ben costruiti? Arrivano al momento giusto? – arricchisce il nostro sguardo critico.
Anche il finale merita attenzione: è chiuso o aperto? Soddisfacente o volutamente ambiguo? Non si tratta di rivelare cosa succede, ma di riflettere sul tipo di conclusione scelta e sull’impatto emotivo e riflessivo che lascia. In certi casi, un finale aperto può stimolare domande e interpretazioni, contribuendo a rendere la lettura memorabile.
Infine, c’è il ritmo generale del testo: l’equilibrio tra azione e pausa, tra tensione e rilascio. Un ritmo ben dosato accompagna il lettore senza affaticarlo, mentre una gestione incerta può compromettere anche una buona trama. Riconoscere questi aspetti e integrarli nella recensione mostra attenzione al “dietro le quinte” della narrazione e valorizza il lavoro dell’autore nel suo insieme.
Inserire queste riflessioni nella recensione non significa essere accademici: significa offrire al lettore una mappa più completa, per capire non solo cosa viene raccontato, ma come la struttura stessa contribuisca a generare emozione e significato.
L’arte di non rivelare e di scrivere senza spoiler
Una delle sfide più delicate per chi scrive recensioni è trovare il giusto equilibrio tra approfondimento e rispetto per l’esperienza di lettura altrui. Rivelare troppo può rovinare la scoperta, mentre dire troppo poco rischia di lasciare il lettore della recensione disorientato o poco coinvolto. Come muoversi, allora?
Il primo passo è capire cosa costituisce davvero uno spoiler. Non è solo il finale: colpi di scena, morti inaspettate, evoluzioni cruciali dei personaggi o verità nascoste svelate a metà libro sono tutti elementi che andrebbero trattati con estrema cautela. Una buona regola è chiedersi: sapere questo dettaglio prima di leggere rovinerebbe l’effetto voluto dall’autore? Se la risposta è sì, va evitato.
Una tecnica efficace è l’allusione intelligente: suggerire anziché svelare. Ad esempio, invece di scrivere “il protagonista scopre di essere stato tradito dalla sorella”, si può dire “una rivelazione familiare cambia radicalmente il suo modo di vedere il passato”. Il lettore della recensione capisce che c’è una svolta importante, ma sarà libero di viverla durante la lettura.
Se proprio si desidera entrare nel merito di eventi rivelatori, è buona pratica avvisare chiaramente all’inizio della sezione o della recensione stessa. Un semplice “Attenzione: da qui in poi sono presenti spoiler” consente a chi legge di scegliere se proseguire.
Un’altra strategia è spostare l’attenzione sulle emozioni: descrivere ciò che si prova senza raccontare cosa succede. Dire, ad esempio, “il senso di smarrimento che avvolge il lettore nella parte finale” è più efficace (e rispettoso) che riportare un evento chiave.
Imparare a scrivere recensioni senza spoiler non è solo una questione di cortesia: è un’abilità che affina la nostra capacità di analisi e ci obbliga a riflettere sul significato profondo del testo, anziché appoggiarci ai colpi di scena. Il risultato? Recensioni più intense, più ricche e più professionali.
Cos’è uno Spoiler?
Uno spoiler è una rivelazione di elementi fondamentali della trama, come colpi di scena, finali o svolte narrative inaspettate.
Svelarli senza preavviso può compromettere l’esperienza di lettura.
Usa formule accorte come “accenniamo a” oppure avvisi preventivi, se proprio devi includerli.
Dare voce alla tua opinione attraverso onestà e argomentazione
Una recensione davvero incisiva non è solo un’analisi tecnica o una sintesi ben fatta: è anche un atto personale. Dare spazio alla tua opinione, espressa con sincerità e argomentata con intelligenza, è ciò che rende il testo unico e autentico.
L’onestà è fondamentale: non ha senso mascherare un entusiasmo tiepido o, al contrario, esagerare una delusione. Tuttavia, la franchezza deve sempre poggiarsi su elementi concreti. Se un libro non ti è piaciuto, evita giudizi generici come “è noioso” o “non succede nulla”. Piuttosto, chiediti: cosa ha reso la lettura poco coinvolgente? È stato lo stile, troppo freddo o ridondante? La trama, poco coerente? I personaggi, privi di evoluzione?
Al contrario, se un libro ti ha colpito profondamente, analizza perché. Forse ti sei riconosciuto in un personaggio, oppure l’autore ha saputo evocare emozioni forti con pochi dettagli. Raccontare queste impressioni non solo aiuta chi legge a capire meglio il testo, ma umanizza la recensione, rendendola più calda e credibile.
Un ottimo modo per coinvolgere i lettori è porre domande: Ti sei mai trovato in una situazione simile a quella vissuta dal protagonista? Cosa avresti fatto al suo posto? Domande aperte come queste stimolano riflessione e confronto, trasformando la recensione in uno spazio di dialogo.
Infine, prova a collegare il libro a temi più ampi o ad altre opere. Se una narrazione ti ha fatto pensare a un evento storico, a un film o a un altro romanzo, fallo emergere. Questo tipo di parallelismo arricchisce la lettura e aiuta a inserire l’opera in un contesto più ampio, letterario e culturale.
In sintesi: sii sincero, ma anche preciso; personale, ma mai superficiale. È proprio nella combinazione tra sentimento e riflessione che si costruisce una recensione efficace e ben articolata, capace di lasciare il segno.
L’eredità della tua recensione
Scrivere una recensione che vada oltre la trama significa prendersi il tempo per riflettere, osservare, sentire e poi restituire tutto questo in modo chiaro, sincero e strutturato. È facile cadere nella tentazione di riassumere un libro in poche righe o limitarsi a dire “mi è piaciuto” oppure no. Ma una recensione libro approfondita ha un’altra ambizione: vuole essere un ponte tra il testo e altri lettori, un invito a vedere, sentire, interrogarsi.
Quando ti prendi la libertà e la responsabilità di scrivere recensioni libri efficaci, stai anche contribuendo a una critica letteraria più viva e accessibile. Non servono paroloni o atteggiamenti accademici: basta uno sguardo autentico, una penna onesta e la volontà di raccontare l’esperienza della lettura come qualcosa che ci riguarda.
Una recensione ben scritta può ispirare, incuriosire, perfino cambiare il modo in cui qualcuno si approccia ai libri. E questo è un potere tutt’altro che secondario.
Che tu sia un blogger, uno studente, un appassionato o un autore in cerca di confronto, usa queste tecniche per far risuonare la tua voce. Perché ogni lettore attento può diventare anche un ottimo recensore, e ogni recensione ben scritta può restare impressa nella mente del lettore.
Come scrivere una recensione di libro efficace
Inquadra il libro: titolo, autore, genere, contesto.
Sii chiaro e onesto: esprimi la tua opinione con argomenti.
Analizza i personaggi: sviluppo, motivazioni, realismo.
Valuta lo stile: voce dell’autore, tono, ritmo.
Gestisci gli spoiler: evita o segnala le rivelazioni.
Dai profondità: osservazioni personali, connessioni tematiche.
Rendi coinvolgente il testo: cura lo stile, aggiungi passione.
Concludi con forza: lascia un’impressione duratura al lettore.
#cultura #Recensioni #recensire #recensire1000
Come scrivere recensioni di libri che emozionano e fanno riflettere
Vuoi scrivere recensioni di libri efficaci? Scopri come analizzare personaggi, stile e struttura per un'opinione che conta, evitando spoiler.Francesco Scatigno (Magozine.it)
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ancora su “genocidio”, termine decisamente esatto
Cari amici filoqui e filolà, ma se il genocida vi dice “sono un genocida, sto commettendo genocidio, lo pianifico e lo attuo”, firma le bombe, progetta di sganciarle e le sgancia, e in effetti fa un genocidio, poi voi che fate? Vi interrogate severamente e imparzialmente sulla correttezza effettiva della parola “genocidio”?
Date un’occhiata a questo link per favore? Grazie.
Date un’occhiata magari anche alle risultanze giuridiche (non “opinionistiche”) di Amnesty (qui e qui), ONG, medici, testimoni, Onu, giuristi e studiosi di genocidio (i maggiori, ebrei, docenti a Gerusalemme)? Anche solo in sintesi.
Grazie.
mastodon.uno/@differx/11463533…
slowforward.net/2025/06/01/per…
video.wordpress.com/embed/buUZ…
un genocida inneggia al genocidio. mumble mumble, sarà “genocidio” la parola da usare?
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elad barashi, dal canale 14 della tv israeliana, inneggia all’olocausto per Gaza (suggerisco di leggere attentamente tutti gli articoli ai seguenti link):
facebook.com/share/16dzWvBhep/
newarab.com/news/israel-tv-pro…
controinformazione.info/lodio-…
infopal.it/incitamento-al-geno…
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Gabor Maté, sopravvissuto ai campi, parla di genocidio perpetrato da israele, del riconoscimento della pertinenza della classificazione come “genocidio” fa parte di “independent scholars”, e di ignobile sfruttamento della memoria della Shoah ebraica da parte di israele:
instagram.com/reel/DJsoqCVpXDW…
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Dr Mark Perlmutter:
(1) tgcom24.mediaset.it/mondo/gaza…
(2) instagram.com/wearthepeace/ree…
Il Dr. #Perlmutter, medico di origini ebraiche, americano, membro di #PAMA , Palestinian-American Medical Association (youtu.be/qB-wOSP72TE), intervistato da #cartabianca, spiega molto chiaramente (a) la situazione sanitaria a #Gaza , (b) l’intenzionalità della distruzione del #PopoloPalestinese , (c) la piena pertinenza della parola genocidio, e (d) quello che chiunque in Palestina vede del comportamento di #israele. E tutto questo su un tg mediaset, non propriamente un canale filopalestinese: tgcom24.mediaset.it/mondo/gaza…
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Ancora su “genocidio” e sull’importanza di riconoscerlo in atto (Micaela Frulli, giurista): ilfattoquotidiano.it/2025/05/3…
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Da Israel is annihilating Palestinian children. Amer Rabea was one of them, di Ahmad Ibsais, theguardian.com/commentisfree/… (articolo sul “Guardian”, 14 mag. 2025, da leggere interamente):
Estratto in inglese:
article by Ahmad Ibsais, 14 May, 2025
Traduzione italiana:
Da ottobre 2023, almeno 17.000 bambini palestinesi sono stati uccisi a Gaza. Le Nazioni Unite confermano ora che almeno 100 bambini vengono uccisi o feriti ogni giorno da quando Israele ha ripreso l’offensiva nel marzo 2025. In 36 attacchi aerei verificati, solo donne e bambini sono stati trovati sotto le macerie. Non combattenti. Non obiettivi militari. Solo famiglie.
Ma questa guerra non riguarda solo la morte. Riguarda la cancellazione sistematica della vita palestinese: i suoi ritmi, le sue generazioni, il suo futuro. Come ha avvertito un funzionario delle Nazioni Unite, si tratta della creazione di condizioni di vita incompatibili con la continua esistenza dei palestinesi come gruppo.
Secondo l’Unicef, otto neonati sono morti di ipotermia a gennaio. Il personale medico segnala un picco di aborti spontanei. I bambini nascono prematuri, malnutriti e muoiono nelle prime settimane di vita. Le Nazioni Unite avvertono che i bambini di Gaza sono sottoposti a condizioni “incompatibili con la loro continua esistenza”. Secondo Medici Senza Frontiere, i bambini arrivano in ospedale con ferite in putrefazione, disidratati e scheletrici. Gli aiuti sono stati bloccati. Le cisterne d’acqua sono state bombardate. La nascita, a Gaza, è una minaccia a cui Israele risponde con attacchi aerei.
Israele ha trasformato due terzi di Gaza in una zona vietata, rubando di fatto terra palestinese. Non c’è elettricità. Non ci sono medicine. Non c’è acqua pulita. L’assedio non uccide solo. Impedisce alla vita di iniziare. Eppure coloro che sopravvivono alle bombe vengono braccati con altri mezzi.
Ma la violenza di Israele contro i bambini non è una novità. In Cisgiordania, la violenza è personale, intima. I bambini vengono giustiziati ai posti di blocco. I soldati fanno irruzione nelle case di notte. Human Rights Watch ha documentato in un rapporto del 2023 numerose uccisioni di bambini palestinesi che non rappresentavano alcuna minaccia, colpiti alla schiena, al petto, mentre correvano, mentre andavano a scuola.
Il diciassettenne Mahmoud al-Sadi è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco mentre si recava a scuola a Jenin. Era disarmato. Un veicolo militare a 100 metri di distanza ha sparato un solo colpo. Non c’erano scontri nelle vicinanze. Nessuna giustificazione.
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Dalla Radiotelevisione svizzera di lingua italiana (13 mar. 2025): https://www.rsi.ch/info/mondo/Nei-Territori-palestinesi-%E2%80%9Catti-di-genocidio%E2%80%9D–2668751.html
‘atti di genocidio’_ Radiotelevisione svizzera di lingua italiana, 13 mar 2025: https://www.rsi.ch/info/mondo/Nei-Territori-palestinesi-%E2%80%9Catti-di-genocidio%E2%80%9D–2668751.html
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MEE – Middle East Eye:
(1) middleeasteye.net/news/top-gen…
Top genocide scholars unanimous that Israel is committing genocide in Gaza: Dutch investigation:
(2) middleeasteye.net/news/israel-…
Israel committing genocide in Gaza, says top legal scholar Melanie O’Brien. President of the International Association of Genocide Scholars outlines why Israel has no defence against the charge of genocide in Gaza
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Wikipedia non è sempre una fonte attendibile/stabile. Quindi di questa pagina si offre solo un pdf che comunque può essere consultato qui: slowforward.wordpress.com/wp-c…
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#Gaza #genocide #genocidio #Palestine #Palestina #warcrimes #sionismo #zionism #starvingpeople #starvingcivilians #iof #idf #colonialism #sionisti #izrahell #israelterroriststate #invasion #israelcriminalstate #israelestatocriminale #children #bambini #massacri #deportazione #concentramento
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bonus track:
#AhmadIbsais #AmerRabea #bambini #cartabianca #children #Cisgiordania #colonialism #eladBarashi #GaborMaté #Gaza #genocide #genocideScholars #genocidio #Guardian #HumanRightsWatch #IDF #InternationalLawProfessorWilliamSchabas #invasion #IOF #israelcriminalstate #Israele #israelestatocriminale #israelterroriststate #izrahell #Jenin #MahmoudAlSadi #MarkPerlmutter #massacri #MEE #MelanieOBrien #MicaelaFrulli #MiddleEastEye #omicidiImpuniti #Palestina #Palestine #PalestinianAmericanMedicalAssociation #PAMA #Perlmutter #PopoloPalestinese #sionismo #sionisti #situazioneSanitaria #starvingcivilians #starvingpeople #TheGuardian #Unicef #warcrimes #WestBank #wikipedia #WilliamSchabas #zionism
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Falcetto di Venere in pieno giorno
edu.inaf.it/astrofoto/falcetto…
Dalla Sardegna, uno scatto che immortala una piccolissima falce di Venere visibile alle 13:22
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sì ai 5 referendum di giugno, in particolare a quello per la cittadinanza
Grazie a questo referendum verranno ridotti da 10 a 5 gli anni di residenza legale in Italia richiesti per poter avanzare la domanda di cittadinanza italiana che, una volta ottenuta, sarebbe automaticamente trasmessa ai propri figli e alle proprie figlie minorenni.
Questa semplice modifica rappresenterebbe una conquista decisiva per la vita di molti cittadini di origine straniera (secondo le stime si tratterebbe di circa 2.500.000 persone) che, in questo Paese, non solo nascono e crescono, ma da anni vi abitano, lavorano e contribuiscono alla sua crescita.
Partecipare agevolmente a percorsi di studio all’estero, rappresentare l’Italia nelle competizioni sportive senza restrizioni, poter votare, poter partecipare a concorsi pubblici come tutti gli altri cittadini italiani. Diritti oggi negati.
Il Referendum vuole allineare l’Italia ai maggiori paesi europei che hanno già compreso come promuovere diritti, tutele e opportunità garantisca ricchezza e crescita per l’intero Paese.
#89Giugno #dirittoDiCittadinanza #referendum #referendum89Giugno #referendumCittadinanza #votare
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Catania, perchè gli amministratori che affossano la città non perdono il consenso?
Siamo abituati a vedere Catania e la Sicilia agli ultimi posti delle graduatorie nazionali relative alla vivibilità, al verde, alla mobiltà. Non ci ha stupito vedere confermata questa collocazione nella dettagliata relazione svolta da Rita Palidda, già docente di Sociologia economica nell’Università di Catania, al convegno su “Potere, società e consenso nella realtà catanese”, […]
Leggi il resto: argocatania.it/2025/06/06/cata…
#ComuneDiCatania #elezioniAmministrative #elezioniPolitiche #RegioneSiciliana #UniversitàDiCatania #Volerelaluna
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trumpio contro muskio, e chi vince ha già perso!!!
Per qualche motivo, succede svariate volte che io finisca per rimanere fin troppo a lungo (un’ora) senza toccare un qualche sistema di comunicazione telematica (quando mi faccio la doccia), e al mio ritorno sul piano di esistenza digitale trovi scenari completamente assurdi… ma con oggi, per la prima volta, ci godo pesantemente. Con Musk e Trump che ci ricordano che l’amore non è bello se non è litigarello — ma anche che bisogna fare molta attenzione se si vuole evitare di far cadere il governo — per me da stasera iniziano le risate grasse, quelle potenti e scostumate. 🥰
Ne è evidentemente valsa la pena di stringere i denti e resistere al nuovo mondo parzialmente formatosi dopo l’elezione del Donaldo, questo gennaio… è servito evitare di toglierci la vita, confidando nel fatto che — per quanto le tragedie che ci colpiscono non miglioreranno mai, e anzi possono ancora peggiorare pesantemente, perché al peggio non c’è mai fine — almeno ci sarebbe stato tanto da ridere, ad un certo punto. Questo punto è dunque arrivato in maniera più o meno prorompente negli ultimi giorni, in cui Trump e Musk sono passati dall’avere dei dissapori riguardo la Big Beautiful Bill al praticamente scannarsi, a colpi di post fatti alle spalle dell’altro! 🥵
Ormai sto quasi (quasi!) per cambiare idea sul tipo di tempolinea in cui viviamo oggi. Se non fosse che sulla faccia della Terra c’è davvero troppa gente che soffre per i motivi più disparati per quelli che sarebbero gli standard del fottuto “anno del Signore 2025”, credo che sarei ad un passo dal pensare che viviamo davvero nel migliore dei mondi possibili, perché assistere a tutto questo non è una scemenza. Trumpo si è ormai decisamente seccato di assecondare le pretese di Muschio, e Muskio proprio non capisce che non è lui che comanda, nonostante sia il tizio più ricco del mondo (sigh)… 👐
Insomma, i nodi di decisioni politiche di cortissimo raggio stanno venendo tutti lentamente al pettine… e a breve seguiranno quelli del nostro governo, in termini di relazioni con gli Stati Uniti, ma questa è un’altra questione. In questo senso, non riesco nemmeno a decidere se dei due è stato più stupido Musk, che praticamente solo per ideologia personale ha deciso di allearsi con l’ala politica alla fine dei conti più sconveniente per il suo business, o Donald, che per riuscire a raccattare voti e tentare di placare qualche divisione interna ha accettato di prendersi dentro questo qui. E ora l’uno si trova ad accusare l’altro di pazzia, e l’altro ha attivato la macchina del fango a base di… segreti di pulcinella. Uno spettacolo mediocre, in effetti. 🤷♀️
Un dettaglio da considerare, che non so se sia buono o cattivo, ma certamente è uno spunto di riflessione, è che questo distacco tra i due ricconi dei miei stivali non è ovviamente partito dal niente… infatti, pare sia addirittura da mesi (da quando si parla di ‘sto disegno di legge, in effetti) che l’entusiasmo tra i due ha iniziato a scemare. Ho visto un grafico (…che purtroppo ho perso, quindi mi spiace ma dovrete fidarmi di me come professionista dell’informazione stavolta) che mostra come a inizio mandato Trump menzionasse varie volte al giorno (!) Musk sul suo social, mentre negli ultimi mesi se ne fosse praticamente dimenticato… Eeeh, sono sempre le migliori amicizie che crollano! 🤣
#BigBeautifulBill #donaldtrump #ElonMusk #Musk #Trump #USPOL
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nuovo testo nella rubrica “post-poetica” di ‘ahida’: una pagina di alessandra greco
ahidaonline.com/post/post-poet…
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#ahida #ahidaOnLine #ahidaonline #AlessandraGreco #postPoetica #postpoetica #scritturaDiRicerca #scrittureDiRicerca
post-poetica
flooded area. Sostituendo le cose con le loro descrizioniAlessandra Greco (Ahida.online)
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12 giugno, roma: “donne che raccontano storie”, antologia di racconti a cura di daniela rossi e francesca avanzini
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Guardare il cielo con nuovi occhi: i raggi gamma e i telescopi Cherenkov
edu.inaf.it/news/premi-e-conco…
INAF e INFN lanciano un nuovo concorso per le scuole per il prossimo anno scolastico: un viaggio tra telescopi e astrofisica, per raccontare le sfide dell’Universo.
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/>return this then (function)<>(return) promise resolve / miron tee. 2025
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copertanza invernale nel periodo estivo, finisce in miseria con sudore e nonsonno
Non ci sono molte parole a me disponibili per esprimere questa realtà, ma oggi è stata davvero una notte difficile… e quindi mi sa che, pure per me, è ufficialmente arrivata l’estate. Lasciando stare il fatto che ho dormito un numero di ore che, se troncato ad un intero, sarebbe pari a 3 — e quindi questo post potrebbe benissimo avere piccoli svarioni magici, perché finora il caffè non sembra aver sortito gli effetti sperati, attenzione — ho avuto caldino, quindi almeno una mezz’oretta l’ho passata a girarmi o fare mosse simili… 🤒
Insomma, ogni tanto persino nel mio letto assolutamente non si gode… ma stanotte in modo particolare, visto che avevo ancora il piumone invernale! Ridicolo a dir poco, ma purtroppo vero: a giugno io ancora stavo col piumone quello artico pesante, ma non per qualcosa… semplicemente perché fino alla sera prima stavo bene, e non avevo caldo o che. Tant’è che, in queste settimane mia madre mi ha chiesto più di qualche volta se stessi ancora bene sotto quella stufa, e la risposta sincera è sempre stata sì. Stamattina mi sono resa conto di essere lievemente liquida (realmente, tutta umidina di sudore, mbleh), e ho dunque ammesso che ormai l’habitat è diventato troppo pesante, e quindi abbiamo marcato la fine dell’inverno. 🤥
In caso ne servissero altre — come se non bastasse che il mio braccio in questi 3-4 giorni non si è ancora completamente de-bruciato, tempo insolitamente lungo per me — questa è un’ennesima buona motivazione per cui l’estate mi fa imbestialire. Ci sta ben poco da fare, ma a me piace stare bellina lì, sotterrata, sotto le coperte, intrecciata coi cuscini e tenuta fermamente al sicuro dai pericoli vari della notte (ad esempio, il doversi alzare quando suona la sveglia)… e per quanto ora l’assetto letto sia semplicemente stato alleggerito, e non ancora ridotto ad un singolo evanescente velo, con il proseguire delle settimane bisognerà arrivare puntualmente anche a quello, pena sciogliermi e non prendere sonno. Sigh… mi godrò il rotting incopertato finché posso, suppongo… 🥵
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oggi, 5 giugno, a roma, sic 12: christine jean, “costellazioni infinite”
SIC 12 artstudio
via Francesco Negri, 65 Roma
è lieta di segnalare l’inaugurazione della mostra
Christine Jean
COSTELLAZIONI INFINITE
OGGI, giovedì 5 giugno ore 17:30
Questo progetto di ampio respiro è nato in collaborazione con l’Institut Français Centre Saint Louis e la Libreria Stendhal di Roma.
“Costellazioni infinite” propone un dialogo tra materia, tempo e memoria, attraverso una pratica artistica che fonde pittura, disegno, installazione e processi naturali. Articolato in tre sedi espositive, rappresenta un’occasione unica per avvicinarsi all’universo di Christine Jean, seguendo la stratificazione e la trasformazione della materia e del pensiero creativo.
Il progetto inizia con una serie di residenze che l’artista ha tenuto a Roma e Parigi tra il 2024 e il 2025. Durante questo periodo di ricerca, intitolato “Pietre, muri, tessiture del tempo”, Christine Jean ha esplorato le alterazioni del tempo e le trasformazioni delle superfici murarie. Attenta agli indizi di vita, ma anche di erosione e di abbandono, l’artista fotografa o prende le impronte di diversi frammenti di muri. Per lei, lo spirito delle pietre, che emana dal lungo tempo necessario alla loro formazione, risuona con i processi messi in atto nel suo lavoro.
Come scrive Maria Giovanna Gilotta, “Sintesi di una carriera segnata dall’erranza creativa e dalla trasformazione, il progetto attuale di Christine Jean costituisce un’esplorazione sia delle forze della natura che dello spirito umano, ma anche di come l’arte cattura e trascende le loro energie. A monte della sua indagine, Christine Jean richiama l’idea di costellazione, cara a Novalis. Come afferma il poeta nella sua ‘Bozza generale’, ogni frammento, ogni opera e ogni gesto partecipano a un tutto infinito e aperto, dove l’incompiuto rivela una ricerca più vasta e lascia intravedere una gamma infinita di possibilità.”
Dal 29 maggio al 28 giugno presso l’Istituto francese Centre Saint Louis, Largo Giuseppe Toniolo 20/22: presentazione di “Vie anonime”, una serie di disegni a carboncino su carta in cui l’artista interpreta liberamente i muri parzialmente coperti di edera in un villaggio della regione francese Charentes.
Giovedì 5 giugno dalle ore 17:30: vernissage della mostra “Costellazioni infinite” presso SIC12 Artstudio. Il percorso espositivo presenterà una selezione di disegni e pitture recenti di Christine Jean in dialogo con opere della collezione di art brut e contemporanea di Gustavo Giacosa e Fausto Ferraiuolo.
Sabato 7 giugno dalle ore 10 alle 12: visita guidata alla mostra e laboratorio di disegno collettivo sull’idea della costellazione presso SIC12 Artstudio. Posti limitati prenotazione indispensabile.
#art #arte #ChristineJean #FaustoFerraiuolo #GustavoGiacosa #lInstitutFrançaisCentreSaintLouis #LibreriaStendhal #MariaGiovannaGilotta #Sic12 #Sic12
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Crisi semiconduttori e Europa nel conflitto Cina Taiwan
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- Verso una nuova crisi europea?
- Dall’Ucraina a Taiwan: i precedenti per l’Europa
- Cos’è la “crisi europea di Taiwan”?
- Il fattore Cina: la dipendenza economica europea
- Taiwan e la crisi dei semiconduttori
- Lo scenario del boicottaggio. Quanto costerebbe “fare a meno” della Cina?
- Quali settori europei sarebbero più colpiti da un boicottaggio della Cina?
- La reazione europea: tra autonomia strategica e dilemmi geopolitici
- Come può l’Europa affrontare il rischio di una crisi a Taiwan?
- Il futuro dell’Europa di fronte a una scelta
Verso una nuova crisi europea?
La guerra a Taiwan può avere conseguenze per l’Europa?
Una domanda che sembra irrilevante, ma che potrebbe rivelarsi centrale nei prossimi anni. Dopo la crisi del gas russo e l’invasione dell’Ucraina, l’Europa si è riscoperta fragile, impreparata a scenari geopolitici globali che mettono in crisi le sue filiere produttive e la sua sicurezza strategica. Ora, un nuovo fronte si profila all’orizzonte: il conflitto tra Cina e Taiwan. Un eventuale attacco militare cinese all’isola – o anche solo un’escalation diplomatica o commerciale – avrebbe effetti devastanti sull’economia europea, ben più ampi di quanto si possa immaginare.
Taiwan non è solo una questione asiatica. È un nodo vitale nella crisi dei semiconduttori, è un punto critico nelle catene di approvvigionamento globali, è un possibile detonatore di scontri tra potenze nucleari. E soprattutto, è l’ennesima dimostrazione di quanto l’Europa sia dipendente economicamente dalla Cina, in settori chiave come elettronica, materie prime, beni industriali. Mentre gli effetti del conflitto Cina-Taiwan restano per ora confinati a scenari ipotetici, il tempo per prepararsi stringe. E l’Europa – ancora priva di una reale autonomia strategica – rischia di pagare, ancora una volta, il prezzo più alto.
Dall’Ucraina a Taiwan: i precedenti per l’Europa
L’Europa ha già sperimentato il costo di una dipendenza strategica da potenze autoritarie. La guerra in Ucraina ha mostrato con brutalità le conseguenze dell’eccessiva fiducia nel mercato globale: la dipendenza energetica dal gas russo ha messo in ginocchio interi settori economici, acceso l’inflazione e generato una crisi sociale profonda. Le lezioni dalla guerra in Ucraina sono ancora fresche, eppure rischiano di non essere state comprese fino in fondo.
Oggi, mentre il rischio di conflitto Cina-Taiwan diventa sempre più concreto, l’Europa sembra ripetere gli stessi errori. Solo che stavolta, le conseguenze del conflitto Cina-Taiwan sull’Europa potrebbero essere ancora più gravi: perché le dipendenze da Pechino non riguardano solo l’energia, ma si estendono alla manifattura, all’elettronica, all’agricoltura, alla farmaceutica. Uno shock improvviso nei rapporti con la Cina – come quello che potrebbe scatenarsi in seguito a un’invasione di Taiwan – rischia di innescare una crisi sistemica più estesa di quella ucraina.
E mentre l’Europa si affanna a diversificare le fonti energetiche, appare del tutto impreparata ad affrontare la complessità della sua interdipendenza economica con la Cina, e le conseguenze strategiche di una guerra a Taiwan. Il momento di agire non sarà dopo lo scoppio della crisi: è adesso, prima che le dipendenze attuali si trasformino in una vulnerabilità insostenibile.
Cos’è la “crisi europea di Taiwan”?
La ‘crisi europea di Taiwan’ si riferisce all’insieme di conseguenze economiche e strategiche che una potenziale escalation o guerra a Taiwan avrebbe per l’Europa. Non riguarda solo l’approvvigionamento di semiconduttori, ma un profondo shock alle catene di approvvigionamento globali, un potenziale boicottaggio economico della Cina e la messa a nudo della profonda dipendenza economica Europa Cina, con impatti su tutti i settori, dall’industria all’agricoltura.
Il fattore Cina: la dipendenza economica europea
Se la guerra in Ucraina ha rivelato la vulnerabilità energetica dell’Europa, un conflitto nello Stretto di Taiwan metterebbe a nudo una fragilità ben più vasta e profonda: quella della sua dipendenza economica dalla Cina. Non si tratta solo di gadget elettronici o abbigliamento a basso costo. L’intera economia europea è interconnessa con il sistema produttivo cinese: dai componenti industriali alle materie prime strategiche, dai farmaci ai fertilizzanti agricoli, fino alle tecnologie verdi, come i pannelli solari o le batterie per veicoli elettrici.
Le relazioni commerciali tra Europa e Cina sono oggi tra le più fitte al mondo. L’Unione Europea importa dalla Cina beni per centinaia di miliardi di euro l’anno, con un saldo commerciale pesantemente negativo. In questo scenario, un boicottaggio economico della Cina, o anche solo l’imposizione di dazi e restrizioni in caso di guerra a Taiwan, scatenerebbe un effetto domino su industrie, occupazione, e perfino sul costo della vita in Europa.
Il concetto stesso di autonomia strategica europea si scontra con questa realtà: “Made in China” non è solo una scritta sulle etichette, è una condizione strutturale della produzione e del consumo occidentali. L’Europa si trova intrappolata in una relazione asimmetrica con Pechino, in cui l’uscita – se mai possibile – avrebbe costi altissimi. È il cuore del problema: possiamo davvero parlare di sovranità economica, se ogni nostro settore strategico dipende da un paese che potrebbe, da un momento all’altro, diventare ostile?
Taiwan e la crisi dei semiconduttori
Nel cuore della tecnologia globale pulsa un’isola: Taiwan. Questa nazione, formalmente non riconosciuta da gran parte della comunità internazionale ma essenziale per il funzionamento del mondo moderno, produce oltre il 60% dei semiconduttori globali e più del 90% dei chip più avanzati. L’interruzione della produzione o dell’export da Taiwan a causa di un conflitto militare costituirebbe un cataclisma industriale senza precedenti per l’Europa.
La crisi dei semiconduttori che ha colpito il continente tra il 2020 e il 2022 – pur innescata da una semplice rottura delle catene logistiche – ha già dimostrato quanto fragili siano i nostri sistemi industriali. Un blocco totale della produzione taiwanese, causato da una guerra o da un embargo cinese, paralizzerebbe settori chiave come automotive, elettronica, difesa, telecomunicazioni. Non si tratta solo di smartphone e computer: anche la logistica, la sanità, i sistemi di pagamento digitali e perfino le infrastrutture energetiche dipendono dai chip prodotti a Taiwan.
In assenza di una strategia per la sicurezza degli approvvigionamenti in Europa, l’UE rischia di subire un impatto simile – o peggiore – a quello provocato dal taglio del gas russo. Le catene di approvvigionamento globali sono ancora troppo opache, troppo centralizzate, e troppo vulnerabili. E se non viene affrontata con serietà la dipendenza dai semiconduttori taiwanesi, il continente rischia di trovarsi ancora una volta impreparato.
Lo scenario del boicottaggio. Quanto costerebbe “fare a meno” della Cina?
Se un’eventuale guerra tra Cina e Taiwan dovesse spingere l’Europa a intraprendere un boicottaggio economico contro la Cina, come già accaduto con la Russia, l’impatto sarebbe di gran lunga più devastante. L’interrogativo cruciale diventa: quanto può permettersi l’Europa di “fare a meno” della Cina?
A differenza della Russia, la dipendenza economica europea dalla Cina è profonda e articolata. Non si tratta solo di elettronica o beni di consumo. I legami comprendono componenti industriali strategici, materie prime per le tecnologie verdi, farmaci, batterie, pannelli solari e una vasta gamma di materiali indispensabili. Qualunque interruzione di queste catene porterebbe a un rallentamento della manifattura europea, a carenze nei mercati e a un’impennata dei prezzi al consumo.
Un boicottaggio della Cina o l’imposizione di sanzioni UE contro Pechino potrebbe causare una recessione nell’Eurozona, soprattutto per le economie più industrializzate come la Germania e l’Italia. Alcune stime parlano di una perdita tra il 2% e il 4% del PIL europeo in caso di decoupling forzato. I settori tech, automotive e farmaceutico sarebbero i primi a soffrire. Ma ne risentirebbero anche l’agricoltura (per l’importazione di fertilizzanti), l’energia rinnovabile e l’industria chimica.
A tutto questo si aggiunge il problema del debito pubblico europeo, già aumentato con la crisi energetica post-Ucraina. Una nuova crisi asiatica e il conseguente scontro economico tra Occidente e Cina aggraverebbero le vulnerabilità delle finanze pubbliche, soprattutto nei Paesi mediterranei.
In sintesi, la prospettiva di uno scontro globale Cina-Occidente rappresenta un peso molto più gravoso per l’Europa rispetto a quello con Mosca, rendendo urgente una visione strategica autonoma prima che la prossima crisi la travolga.
Quali settori europei sarebbero più colpiti da un boicottaggio della Cina?
In caso di boicottaggio Cina conseguenze UE o interruzione delle forniture, i settori europei più vulnerabili includono:
– Tecnologia e elettronica con la dipendenza da componenti e prodotti finiti.
– Automotive con la carenza di semiconduttori e componenti cruciali.
– Farmaceutica con l’importazione di principi attivi e farmaci generici.
– Energie Rinnovabili con la dipendenza da pannelli solari, turbine e batterie cinesi.
– Materie prime e minerali critici che sono essenziali per molteplici industrie.
– Beni di Consumo con un’ampia gamma di prodotti di uso quotidiano.
La reazione europea: tra autonomia strategica e dilemmi geopolitici
Nel caso di un’escalation nel conflitto Cina-Taiwan, la reazione dell’Europa sarebbe inevitabilmente condizionata da dilemmi geopolitici e interessi economici profondi. Da un lato, Bruxelles e le principali capitali europee dovrebbero scegliere se allinearsi agli Stati Uniti, come già accaduto con l’Ucraina; dall’altro, si troverebbero a fare i conti con la propria autonomia strategica UE, concetto sempre evocato ma raramente realizzato nei momenti critici.
Ma c’è un’ulteriore, inquietante dimensione: la Cina potrebbe considerare l’attuale scenario politico occidentale come un incentivo ad agire su Taiwan. La prospettiva di un potenziale ritorno di un’amministrazione Trump, che minaccia dazi all’Europa e adotta un approccio meno “alleato”, potrebbe spingere Pechino a vedere una finestra di opportunità. Con un’Europa potenzialmente in disaccordo con Washington, e meno propensa a un’azione congiunta, la Cina potrebbe puntare a ottenere la neutralità dell’Europa o addirittura la sua divisione dal blocco statunitense.
Una strategia cinese mirata potrebbe essere quella di isolare gli Stati Uniti, puntando sulla reticenza europea a subire un boicottaggio della Cina con conseguenze devastanti sulla propria economia. In uno scenario in cui l’Europa dovesse schierarsi con Taiwan e gli USA, accettando le sanzioni e il costo recessione Europa Taiwan, Pechino otterrebbe comunque un indebolimento economico dell’Europa, un risultato non del tutto sfavorevole per i suoi obiettivi di lungo termine nell’equilibrio di potere globale. Questo scenario rende ancora più complessa la decisione di Bruxelles: non solo scegliere da che parte stare, ma capire come ogni mossa possa essere interpretata e sfruttata da Pechino per i propri scopi strategici.
Sostenere Taiwan significherebbe inevitabilmente incrinare i rapporti con Pechino, con tutte le conseguenze sul piano commerciale e industriale già delineate. Imporre sanzioni UE contro la Cina, come fatto con la Russia, equivarrebbe a una scommessa ad altissimo rischio. La dipendenza europea dalla Cina è tale da rendere un confronto economico su larga scala un boomerang per le stesse economie europee, in particolare per Paesi come la Germania, la cui industria esportatrice si regge anche su rapporti consolidati con il colosso asiatico.
Nel mezzo, l’Europa dovrebbe affrontare le tensioni USA-Cina su Taiwan, che rischiano di polarizzare ancora di più lo scenario globale, riportando il mondo a una logica di blocchi contrapposti. La domanda che incombe è: l’Europa può davvero permettersi di essere trascinata in una nuova guerra fredda, soprattutto dopo aver già subito i contraccolpi del conflitto in Ucraina?
A oggi, l’unico possibile scudo contro il caos globale sarebbe proprio quella autonomia strategica europea tanto sbandierata, ma ancora troppo fragile. Un’Europa capace di mediare tra le potenze, di mantenere aperti i canali diplomatici e di evitare conflitti frontali. Ma senza un reale coordinamento politico tra gli Stati membri, e senza una visione condivisa, questa autonomia rischia di restare un’utopia.
In questo scenario, la guerra a Taiwan rappresenterebbe un banco di prova definitivo per il progetto europeo. Saprà Bruxelles definire una strategia che non sia né di sottomissione né di rottura? O finirà per muoversi ancora una volta in ritardo, travolta dagli eventi?
Come può l’Europa affrontare il rischio di una crisi a Taiwan?
Per mitigare le conseguenze di una guerra a Taiwan sull’Europa, l’UE deve:
– Rafforzare l’autonomia strategica UE.
– Diversificare le catene di approvvigionamento globali fuori dalla Cina.
– Investire nella produzione interna di semiconduttori.
– Definire una strategia diplomatica europea più coesa e proattiva.
– Rafforzare la resilienza economica europea generale.
Il futuro dell’Europa di fronte a una scelta
L’eventualità di una guerra tra Cina e Taiwan non è più una lontana ipotesi, ma un rischio reale che potrebbe innescare conseguenze devastanti su scala globale. Per l’Europa, le conseguenze della guerra a Taiwan andrebbero ben oltre la solidarietà diplomatica: si tratterebbe di affrontare un conflitto economico e strategico senza precedenti, più profondo e sistemico di quello innescato dalla guerra in Ucraina.
La dipendenza economica dell’Europa dalla Cina, la crisi dei semiconduttori legata a Taiwan, il possibile boicottaggio della Cina con le relative conseguenze per l’UE: tutti questi elementi delineano uno scenario in cui l’Europa è chiamata a fare una scelta che non potrà più essere elusa. Mantenere lo status quo o costruire una vera autonomia strategica, capace di proteggere le proprie economie senza rinunciare ai valori democratici e al diritto internazionale.
La provocazione iniziale – “Taiwan: la prossima crisi europea?” – trova nella realtà geopolitica una risposta inquietante. Siamo già entrati in una nuova era di fragilità interdipendente, e la sfida per l’Europa è quella di non essere semplicemente spettatrice di un confronto tra potenze globali, ma di diventare soggetto attivo, consapevole e preparato.
La resilienza economica europea, la costruzione di catene di approvvigionamento alternative, la definizione di una strategia diplomatica autonoma e credibile: questi sono i tasselli su cui si giocherà la possibilità, per l’Unione Europea, di affrontare le conseguenze del conflitto Cina-Taiwan senza esserne travolta.
Il bivio è chiaro: prepararsi ora oppure subire domani.
Crisi semiconduttori e Europa nel conflitto Cina Taiwan
Crisi semiconduttori e Europa nel conflitto Cina Taiwan - Il Mago di OzFrancesco Scatigno (Magozine.it)
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Informazioni di servizio sui referendum
Non pensavo che dopo 17 anni si dovesse ritornare sul tema.
Per chi vuole la versione estesa di quello che successe allora: 1, 2 e 3
Un riassunto per chi ha fretta. Nel 2008 circolò la bufala che le schede bianche e nulle andassero ad aumentare il premio di maggioranza. Per ovviare alla cosa i promotori di questa bufala dicevano di andare al seggio e dichiarare che non si voleva votare. Ovviamente che i voti nulli e bianchi andassero al premio di maggioranza era falso. Per trattare questi casi di votanti non votanti all’epoca si dovette interpretare le regole esistenti, che il caso non era previsto dal manuale del seggio.
Nel frattempo al Ministero dell’Interno si sono posti il problema, perché gli elettori che credono alle notizie false devono essere diventate un numero significativo. Quindi ora le regole ci sono al capitolo 17.7 del manuale in mano ai presidenti di seggio (grassetti miei):
In caso di svolgimento contemporaneo di più referendum […] l’elettore può astenersi dalla partecipazione al voto per uno o più di essi e quindi può legittimamente ritirare la scheda per alcuni referendum e rifiutarla per altri.A parte questo caso, nel corso delle operazioni di voto, in un momento anteriore o successivo alle operazioni di identificazione e registrazione dell’elettore […] possono verificarsi altri due distinti casi:
1) l’elettore rifiuta di ritirare tutte le schede. In tal caso, l’elettore non può essere considerato come votante e non deve quindi essere conteggiato tra i votanti della sezione all’atto delle operazioni del successivo paragrafo 22.2. […]
2) l’elettore, dopo avere ritirato le schede, senza neppure entrare in cabina, le restituisce al presidente senza alcuna espressione di voto. In tal caso, si configura una ipotesi di annullamento della scheda, di cui al precedente paragrafo 17.4: l’elettore è conteggiato come votante, ma la scheda è annullata
A cosa serve quindi lanciare il messaggio di andare al seggio e rifiutare tutte le schede?
I miei 2 lettori sono persone intelligenti e avranno certamente una risposta. Nessuna delle quali sarà rassicurante, lo so già.
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Picnic scientifico a Varsavia con l’INAF
edu.inaf.it/news/eventi/report…
Visitiamo il “Picnic Scientifico”, l’evento di divulgazione scientifica all’aperto che si è svolto a Varsavia il 10 maggio 2025, con la partecipazione dell’INAF.
#astronomia #festival #INAF #outreach #scienza #Varsavia
Picnic scientifico a Varsavia con l'INAF
Visitiamo il "Picnic Scientifico”, l'evento di divulgazione scientifica all'aperto che si è svolto a Varsavia il 10 maggio 2025, con la partecipazione dell'INAFClaudia Mignone (EduINAF)
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oggi, 4 giugno, a roma, libreria tomo: presentazione di “anatre di ghiaccio”, di mariano baino
cliccare per ingrandire
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nuovo post sul blog ‘esiste la ricerca’: ebook “non-q. / non-p.”, di fabio poggi
mtmteatro.it/fabio-poggi-non-q…
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Testi letti in occasione dell’edizione 2025 di
RicercaBO – Laboratorio di nuove scritture (Bologna, 10-11 maggio)
#blogDi #blogDiELR #blogDiEsisteLaRicerca #ebook #ELR #ELREsisteLaRicerca #EsisteLaRicerca #FabioPoggi #ManifattureTeatraliMilanesi #MTM #MTMEsisteLaRicerca #MTMManifattuteTeatraliMilanesi #scritturaDiRicerca
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E da ultimo la festa!
Al volo, stasera festeggiamo alla sala prove di via Salisburgo, e poi ci si rilassa un poco.
Ho invitato stasera tutti coloro che hanno studiato con me quest’anno al di fuori della Scuola Civica Musicale a eseguire i loro materiali di studio (e di concerto),e ne è nato un programma composito, dal Trecento francese a Kate Bush. Benissimo: si canta e si festeggia!
Chi vuole venire è il benvenuto – basta che si porti una sedia pieghevole, la sala non è allestita per Grandi Pubblici.
In via Salisburgo 4B, corte e parcheggio privati 🙂Ecco la locandina e il programma di stasera!
Peppe Namir (ジュゼッペ ) likes this.
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oggi, 4 giugno, a roma: incontro “verso i referendum” dell’8-9 giugno
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Referendum, Sì al quarto quesito per una maggiore sicurezza sul lavoro
Sappiamo che il referendum abrogativo per cui si andrà a votare l’otto e nove giugno è composto da cinque quesiti, quattro dei quali riguardano il lavoro. Ettore Palazzolo, giurista, ci spiega oggi il senso del quarto quesito e le ricadute che una vittoria del sì potrebbe avere sulla sicurezza sul lavoro.
Arrivano fino a 500 mila, in Italia, le denunce annuali di infortunio sul lavoro. […]
Leggi il resto: argocatania.it/2025/06/04/refe…
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“la mia lore” (non riesco a scriverla)
Oggi era una giornata più tipo zzz, quindi non avevo particolarmente voglia di fare programming… crazy pazza confessione, I know right, ma che ci posso fare… Al di là della tristezza intrinseca di ciò comunque, in un certo senso va bene così, perché questo è uno di quei casi in cui mi torna in mente il semplice ma terrificante fatto che il sitoctt esiste, e sarebbe quindi il caso di, che so… aggiungere contenuti a quel sito morto e stramorto, forse? L’ultimo aggiornamento di qualsiasi cosa lì sopra risale a 4 mesi fa, e non fu manco l’aggiunta di veri contenuti, bensì giusto mirror di pagine dei miei progetti… 😿
E in effetti, a pensarci un po’ su, le idee spuntano fuori; non per forza su articoli lunghi che non troverò mai davvero il tempo di scrivere, ma quantomeno su paginette o roba mista si. E però… appena penso effettivamente di mettermi a fare qualcosa, mi passa per metà la voglia, perché da un lato mi secca sapere che scrivo cose che neanche dopo letterali anni sono indicizzate dai motori di ricerca (non esagero, e anzi, alcune pagine che prima erano indicizzate sono state rimosse col tempo sia da Google che da Bing), e dall’altro per qualche motivo è ancora così terribile e palloso fare i file Markdown (e non perché sia Markdown il problema, ma i file e l’editor… davvero questa cosa non l’ho capita, ma il mio cervello dice così). 🧶
A questo punto, potrei sfruttare a mio parziale beneficio l’idea pazza di scrivere pagine sulla BBS, per poi usare il trucchetto pazzo per farne copie automatiche sul sitoctt, che è tipo bellino per avere tutto centralizzato e ordinato… eccetto che le pagine, e quindi i file, vanno comunque create a mano su quest’ultima parte, quindi l’idea è purtroppo geniale esclusivamente in parte. Dovrò chiedere a Octt-programmatrice di inventarsi qualcosa per risolvere questo problema infrastrutturale, magari… ma i suoi poteri non sarebbero comunque sufficienti a risolvere le difficoltà sovrastrutturali. 🎃
Che devo fare, che posso fare… Mentre ormai i post che non richiedono particolari cosine li scrivo solo qui — perché è la cosa più veloce, e perché ahimè Internet in questi pochi anni è ancora più cambiato, e letteralmente nessuno più mi leggerebbe altrimenti, considerando già che chi mi legge attualmente è ben poca gente in confronto alla copertura che tecnicamente avrei — ho davvero tipo paura che la mia lore non raccontata si infittisca a tal punto da diventare come in figura sotto. E a quel punto sarà davvero troppo tardi per scrivere o spiegare, perché non ci sarà un filo conduttore logico, e il ciclo della non-fattibilità si autoalimenterà. 🕷️pinterest.com/pin/603623156347…
literally me
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audio completo della presentazione di “oca tre toc to”, di francesca perinelli (déclic, 2025)
youtube.com/embed/0A1A0e2SjFE?…
interventi di Valerio Massaroni e Valentina Murrocu
incontro e video a cura del CentroScritture
#CentroScritture #FrancescaPerinelli #ocaTreTocTo #presentazione #prosa #reading #scrittureDiRicerca #ValentinaMurrocu #ValerioMassaroni
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Onda Calabra. Mimmo Castelli in doichlanda
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- Mimmo Castelli un anno dopo
- Personaggi in evoluzione
- Il libro
- Temi paralleli
- Mele marce e riflessioni personali
- Conclusione
Onda Calabra
Vins Gallico
Romanzo giallo
Maggio 2025
Brossura
327 pagg
Calabria, metà anni Novanta. Mimmo Castelli, giovane pm non ancora trentenne, lavora al tribunale di Palmi, sommerso dagli arretrati e stressato dalla sua nuova vita di genitore. Sposato con Miriam, è diventato padre da un anno, le trasferte quotidiane da Reggio a Palmi lo affaticano come anche la vita adulta che lo allontana dagli amici di sempre.
Il suo precario equilibrio si rompe quando la moglie gli chiede di seguire un misterioso omicidio di una giovane coppia in Germania.
Dalla richiesta di Miriam di accompagnare la sua amica Patrizia per il riconoscimento di uno dei due cadaveri al completo coinvolgimento di Mimmo nel caso, il passo è assai breve.
Manca ancora qualche anno alla strage di Duisburg che rivelerà per la prima volta la presenza della ’ndrangheta e dei suoi emissari nel cuore economico dell’Europa, ma un occhio attento può già intravedere alcuni segni anticipatori. Mimmo a Gottinga si affiancherà alla polizia locale, in un inedito sodalizio calabro-tedesco che lo porterà a confrontarsi con la destra neonazista, le ipocrisie degli agenti con cui collabora e la solita vecchia ombra del delitto d’onore.
Un secondo imperdibile capitolo della saga di Mimmo Castelli, un’andata e ritorno Italia-Germania tutto da gustare. (dalla pagina della casa editrice)
Mimmo Castelli un anno dopo
È passato circa un anno nella vita e nell’attività del pm – o meglio del “Gentile Pubblico Ministero” (piccolo spoiler) – Mimmo Castelli rispetto all’enigmatica conclusione degli eventi descritti ne “Il Dio dello Stretto”. Primo episodio della saga ideata da Vins Gallico che ho avuto il piacere di recensire qui. Lo scrittore conferma le sue capacità nell’utilizzo cinematografico della fotografia attraverso la penna.
Questo permette anche ai nuovi lettori di entrare subito all’interno di una dimensione che sembra vivere oltre il libro. Una dimensione in cui la gentile padrona di casa (ovvero Reggio Calabria) invita sinceramente a prendere posto per un caffè o due chiacchiere tra vicini di ombrellone.
Per i lettori veterani invece è come atterrare all’aeroporto Tito Minniti e ritrovare quel profumo dell’aria, quel colore del cielo e quelund die sonne sceint alleine – per omaggiare il bravissimo cantastorie Peppe Voltarelli, presente in un cameo finale del libro – tanto sognato quando si è migranti lontano da casa.
Personaggi in evoluzione
La vita è un palcoscenico e noi siamo gli attori diceva Shakespeare. Ma se nella vita siamo inconsapevolmente noi a creare il nostro copione cosa succede a un demiurgo autore con i suoi personaggi? La mia percezione è che i personaggi forti vivano in mondi paralleli nella testa degli scrittori a cui, più che plasmarli, non rimane che narrarli. Non so se Gallico sia del mio stesso parere ma l’evoluzione dei personaggi chiave sembra andare in questa direzione.
Sia gli amici di Castelli, la moglie Miriam e perfino il piccolo Francesco si ritagliano spazi e tempi con maggiore personalità. Vi è la maggiore centralità di Luca, più concreta e meno spettrale. Il gradito ingresso di Micalizzi, sulle cui analogie letterarie e cinematografiche ci sarebbe da approfondire. Cresce e si rafforza Mimmo Castelli, una crescita coerente con quella di un uomo normale nella sua situazione. Un antieroe che prende forza dalle sue insicurezze, capace di abbandonare alcuni aspetti di sè per abbracciarne altri. Castelli che come un dispositivo vintage rifiuta il parossismo della performance. Forse per quello necessita occasionalmente del vecchio “spegni e riaccendi” – rappresentato dalla sua patologia – per tornare a funzionare.
Il libro
“La promessa” di Friederich Dürrenmatt, in cui un poliziotto spiega che la realtà investigativa è diversa da un romanzo poliziesco, accompagna la trama del libro. Ma “la promessa” è anche quella che Mimmo fa a Patrizia, a Miriam e soprattutto a se stesso. Castelli si reca in Germania per indagare sul duplice omicidio di Daniela e Carmelo, due emigrati meridionali nella città tedesca di Göttingen. Carmelo, originario di Reggio Calabria, era il fratello di Patrizia, amica di Miriam, che vive in comunità a causa di un difficile passato. Le indagini lo porteranno a imbattersi anche sulle tracce degli assassini dei suoceri e soprattutto a interfacciarsi con la vicecommissaria Birgit Neumann.
Quando lo Stato si prepara ad uccidere si fa chiamare patria.Friedrich Dürrenmatt
Temi paralleli
Il libro apre molte finestre degne di attenzione. Da quella filosofica e ontologica affidata a una riflessione che prende il via dalla lettura di Todo Mododi Sciascia, a quelle più attuali. Senza voler spoilerare vi invito ad analizzare il personaggio di Birgit Neumann in merito alla differenza tra la vergogna, soprattutto di una certa generazione, rispetto a sentimenti nazisti, primatisti e razzisti – raccontati dalla vicecommissaria – e l’assenza di essi nel nostro paese. Emerge la differenza nel “non aver fatto i conti con il proprio passato” e non resta che chiedersi quanto questo abbia influito e continua a influire su certe dinamiche della storia d’Italia.
Mele marce e riflessioni personali
Dal libro si può prendere spunto anche per una riflessione sulle cosiddette mele marce all’interno delle “forze dell’ordine”. È forse un altro ctonio suggerimento di analisi, fornitoci dal dio dello stretto, che questo libro sia stato pubblicato nelle stesse settimane in cui un protagonista degli abusi e delle violenze commesse dalla polizia nella scuola Diaz, durante il G8 di Genova 2001, veniva promosso a questore di Monza.
Dal mio punto di vista non esistono mele marce. Il femminicida non è un uomo malato ma un figlio sano del patriarcato. I poliziotti che abusano del potere monopolistico della violenza, per conto dello stato, non sono mele marce ma frutti sani di un albero putrescente. La promozione di Ferri è lì a testimoniarlo. Se qualcuno volesse cercare mele marce nelle forze dell’ordine dovrebbe farlo tra chi si rifiuta di usare la violenza e tra chi si vergogna della divisa macchiata dal sangue di chi esprime dissenso e subisce repressione.
Conclusione
Avrete capito che la recensione è viziata da una stima personale delle qualità letterarie dell’autore. Ebbbene si! Lo ammetto. Vins Gallico è uno dei miei scrittori contemporanei preferiti. Ha uno sguardo vero sui miei luoghi del cuore, (il romanzo si chiude nella splendida Palizzi) lontano dai filtri instagrammabili e vicino a una una percezione sincera delle smisurate arroccate bellezze e le decadenti mollezze. Aspetterò il terzo episodio con desiderio ma senza impazienza. La velocità e l’efficienza di un mondo che corre non sono d’altronde roba di Mimmo Castelli; e forse non lo saranno più neanche di Birgit Neumann. In definitiva, se volete un consiglio, vi invito ad appassionarvi a questa saga.
#Germania #Gottingen #ReggioCalabria #romanzoGiallo #VinsGallico
Todo modo - Leonardo Sciascia
Fra le querce e i castagni di un luogo imprecisato e delizioso si apre, come un’oltraggiosa ferita, uno spiazzo asfaltato chiuso da un edificio di cemento, «orridamente bucato da finestre strette e oblunghe».Adelphi Edizioni
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La posta del culo: ha stato Chat GPT!
Negli ultimi anni le persone si prendono sempre meno la responsabilità delle azioni che compiono, sia on line sia nella vita reale. E a favorire l’istinto di dare sempre la colpa agli altri, ci si mette pure Chat GPT.
Colpa di Chat GPT? I fatti
Fine maggio 2025: un uomo di 65 anni, che insegna tedesco in una scuola della provincia di Napoli, per insultare la presidente del consiglio italiana ha augurato la morte alla bambina di lei e anche alle figlie del ministro dell’interno.
L’oggetto della discussione era la posizione del governo italiano a proposito della questione Israele-Palestina su cui non entriamo in merito con questo post; ma per quanto si possa litigare in modo acceso, nessuno deve prendersi il diritto di mettere in mezzo i bambini.
Il clamore mediatico giustamente causato dalla vicenda, ha portato il docente in questione a chiedere scusa. E pare che abbia pure tentato di uccidersi; ma allora? Dopo aver minacciato di morte tre bambine cosa si aspettava, abbracci?
Ci dispiace se uno tenta di ammazzarsi, perché vuol dire che è psicologicamente instabile. Ma manca l’educazione digitale di base, è inutile fare finta di niente.
La situazione grottesca è che il signore in questione abbia dato la responsabilità a Chat GPT per il messaggio di odio. Ah sì? Davvero?
La posta del culo: ha stato Chat GPT!
Noi che usiamo Internet da fine anni 90, siamo abituati nostro malgrado a scontrarci con chi ritiene la rete una specie di zona franca dove liberare i peggiori istinti; prima le liti per e-mail, poi quelle sui forum, ora i social dove un singolo messaggio viene visualizzato in pochi secondi da migliaia di persone.
Fra l’altro con l’avvento degli algoritmi, odiare diventa ancora più conveniente perché più interazioni (anche negative) si hanno con un messaggio, più il suo autore ottiene visibilità.
Le brutte figure sono quindi all’ordine del giorno, e nel tempo ci siamo abituati a vari stratagemmi per togliersi la responsabilità dalle spalle:
- pongo sui social una domanda per la quale mi sento a disagio o imbarazzo? “chiedo per un amico”;
- insulto qualcuno e la persona interessata mi umilia in pubblico? “Non sono stato io, mi hanno violato il profilo”.
Dobbiamo ammettere che le persone danno fondo alla migliore fantasia quando non vogliono rispondere delle proprie azioni sui social; chi è stato vittima di uno scherzo infelice da un amico durante una festa, chi si è addormentato e il partner o il fratello gli ha fatto uno scherzo e ha scritto al posto suo, chi era troppo ubriaco e non ricorda cos’avesse scritto giusto dieci minuti prima.
E negli ultimi tempi, ci si mette Chat GPT!
“Ho chiesto a Chat GPT di scrivermi una frase brutta su [persona da prendere di mira]. Io non l’avrei mai scritto.”
Questa è la scusa messa in piedi dal docente che ha minacciato la bambina della premier.
A sentir lui pare quasi che, Chat GPT o chi per esso, sia in grado di scrivere in automatico il post antipatico nel posto giusto e nel momento giusto.
La situazione però non sta così: è vero che Chat GPT, se istruito adeguatamente, può generare contenuti discutibili; ma anche in quel caso, l’ultima parola spetta sempre all’umano che scrive i post sui social.
La vacca mi ha mangiato i libri
Combinare guai e scappare dalle conseguenze, è un’abitudine vecchia quanto il mondo; diversi decenni fa, chi abitava nelle campagne, per giustificare di non aver studiato, diceva “la vacca mi ha mangiato i libri”. Adesso questi padroni di mucche particolarmente ghiotte di carta, sono cresciuti e dicono che Chat GPT ha scritto i commenti offensivi al posto loro!
Probabilmente, educare questi soggetti, è come voler insegnare a un virus a non infettare; ma noi non vogliamo arrenderci perché siamo quelli che hanno visto il mondo digitale nascere e crescere, perciò abbiamo le responsabilità dell’educazione in mano.
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La rete degli anglicismi nell’italiano. Quando l’inglese (non) impoverisce
Di Antonio Zoppetti
Chi denuncia con preoccupazione il moltiplicarsi degli anglicismi che nel nuovo millennio sta cambiando il volto dell’italiano viene spesso bollato come “purista”. Questa parola ha un’accezione negativa, ed evoca un atteggiamento retrogrado, passatista e conservatore. È anche una parola che va inquadrata nel suo significato storico, visto che le accesissime diatribe sulla “questione della lingua” – cioè su quale sia il modello ideale dell’italiano da impiegare nella scrittura, più che nell’oralità – si possono far risalire almeno a Dante, oggi considerato il padre dell’italiano, e si sono perpetuate per secoli. “Purista” è comparso nel Settecento, mutuato dal francese purisme con un significato spesso negativo per indicare chi teorizzava un modello linguistico basato sull’immobilismo. L’idea di fondo era la supposta esistenza di una lingua originariamente “pura” e perfetta, la lingua delle tre corone fiorentine – Dante, Petrarca e Boccaccio – che successivamente si sarebbe “contaminata” e “corrotta” per l’influsso delle lingue straniere che apportavano “barbarismi”, ma anche per il diffondersi di voci non toscane, dunque da respingere ed emendare in quanto impure. Il terzo cardine di questo immobilismo era la stigmatizzazione dei neologismi, le parole nuove nate successivamente, che venivano accolte parzialmente e con molte remore, soprattutto nel caso delle voci scientifiche e tecniche, che erano fuori dalla letteratura alta. Questa visione è stata teorizzata con successo nel Cinquecento da Pietro Bembo, ed è diventata operativa nelle prime grammatiche dell’italiano e soprattutto nel primo vocabolario della Crusca. Nell’Ottocento il purismo si è trasformato in una vera e propria corrente letteraria e linguistica che elevava la lingua del Trecento e del Cinquecento al canone da seguire nell’alta sfera delle lettere. Ma passando dalle prescrizioni e dagli anatemi contro chi non si adeguava a questi canoni alla realtà, sempre più autori denunciavano l’assurdità di questo modello di italiano libresco e artificiale che finiva per privilegiare la “lingua dei morti” invece di quella dei vivi.
Tutto ciò appartiene alla storia, anche se riemerge nelle odierne controversie linguistiche in modo spesso insensato. La situazione, rispetto all’Ottocento è profondamente cambiata. Se alla proclamazione dell’unità d’Italia le masse si esprimevano sostanzialmente nei propri dialetti e l’italiano era una lingua letteraria che richiedeva un assiduo studio per chi non era toscanofono di nascita, nel Novecento è divenuto patrimonio di tutti, sono spuntate le prime generazioni italofone anche fuori dalle aree centrali del Paese e l’italiano scritto e parlato si è finalmente unificato divenendo una lingua comune.
In questo cambio di paradigma epocale, intanto, dopo secoli e secoli in cui era soprattutto il francese la lingua dominante che ci influenzava da un punto di vista culturale, sociale e internazionale, il neoitaliano ha cominciato a confrontarsi soprattutto con l’angloamericano. E l’interferenza dell’inglese nel nuovo millennio ha cominciato a farsi sentire con un’intensità e una profondità di ordini di grandezza superiori rispetto all’epoca del francese.
Se un tempo i puristi deprecavano gli scrittori “infranciosati” e non ammettevano le voci “impure” che provenivano dal francese, benché fossero italianizzate, oggi abbiamo a che fare con migliaia e migliaia di parole inglesi “crude” che ibridano l’italiano con modalità mai viste nella storia.
Stando alle marche di un dizionario come il Gradit di Tullio De Mauro, le parole che provengono dal francese sono state adattate e italianizzate nel 70% dei casi, mentre oggi quelle che provengono dall’inglese vedono queste percentuali invertite: in oltre il 70% dei casi mantengono la loro forma grafica e la loro pronuncia in inglese (computer, privacy, news…), e solo il 30% di esse produce parole strutturalmente italiane (resilienza, femminicidio, drone).
Questo fenomeno sempre più consistente e inarginabile sta producendo conseguenze mai viste in passato, quando era il francese la lingua dominante, e prima ancora lo spagnolo. Se fino agli anni Ottanta del secolo scorso avevamo a che fare con una moltiplicazione selvaggia di anglicismi crudi, dunque l’interferenza riguardava soprattutto il vocabolario, oggi le radici inglesi si strutturano in una rete interconnessa che si allarga nel nostro lessico a scapito dell’italiano. E così dai “prestiti” – come li chiamano i linguisti – concepiti come entrate isolate stiamo passando a dei modelli formativi che si appoggiano all’inglese invece che all’italiano o alle vecchie radici derivate dal latino e dal greco. L’inglese si trasforma in un modello espressivo, in una sorta di regola inconscia e istintiva. Una parola come babysitter agevola l’entrata di pet sitter o dog sitter, mentre baby diventa un prefisso formativo che si incrocia con altre radici inglesi (baby boom) e si ibrida con quelle italiane (babycalciatore). Le ibridazioni escono dal lessico e coinvolgono la morfologia, cioè la formazione e la flessione delle parole, dunque le desinenze in -er o in -ing si moltiplicano, e parliamo di blogger e non di bloggatori o di blogging invece che di bloggare. L’interiorizzazione di questi meccanismi porta alla formazione di pseudoanglicismi che non arrivano più dall’anglosfera, ma sono delle nostre ricombinazioni maccheroniche che seguono un inglese – e un itanglese – a orecchio e producono parole come beauty case, footing o smart working che non sono in uso in inglese. E in questo processo si fa strada il cambiamento sintattico e la collocazione delle parole all’inglese (dal family day invece della giornata della famiglia al mortadella day delle sagre paesane). Sono tutti segnali di una newlingua incipiente che spezza la continuità storica dell’italiano. E tutto ciò non ha niente a che fare con il “purismo”, ma con qualcosa di nuovo che ha invece a che fare con l’ecologia linguistica.
Dal purismo all’ecologia linguistica
Se una lingua si può interpretare come un ecosistema che ha le sue caratteristiche e il suo equilibrio, nel caso dell’italiano l’interferenza dell’inglese lo sta snaturando e distruggendo, e la nuova questione della lingua riguarda questo aspetto. È un problema di numeri non di principio. L’allargarsi dell’inglese non si sta configurando come un arricchimento ma rappresenta un depauperamento e una regressione della lingua del bel paese dove il sì suonava.
Se i puristi si scagliavano contro le voci impure e infranciosate – per esempio bugia, dal falso amico francese bougie nel significato di candela invece che di menzogna – oggi l’interferenza dell’inglese cambia la nostra lingua dal punto di vista strutturale, non semantico (cioè sul piano dei significati).
Magari l’inglese si limitasse a questo tipo di interferenza! A parte l’istintivo moto di fastidio che si può provare davanti a certi falsi amici e slittamenti di significato – per esempio si sente parlare sempre più spesso di narrativa invece di narrazione – questi cambiamenti non producono una newlingua che spezza la continuità strutturale dell’italiano, ma rappresentano dei cambiamenti normali, che possono piacere o non piacere sul piano stilistico, ma dal punto di vista linguistico non costituiscono affatto un pericolo o un cambio di pelle.
Il paradosso è che eredi del purismo non sono affatto coloro che vengono tacciati di essere puristi perché lamentano l’anglicizzazione, sono al contrario quelli che considerano l’italiano solo nei suoi significati storici, e davanti alle nuove parole e accezioni non ammettono i nuovi usi e li condannano come “errore”. E così davanti a selfie, invece di considerare questa parola come equivalente di autoscatto si affannano a spiegare, arrampicandosi spesso sui vetri, che la parola inglese non è proprio come il vecchio autoscatto, ha un qualcosa in più e di diverso. E allora gli odiatori non sono proprio come gli hater, e gli influenti non sono proprio come gli influencer. Questa visione non contempla la possibilità che l’italiano si evolva e cambi insieme al mondo – tra l’altro in modo a mio avviso sano – ma lo cristallizza nei suoi significati storici. E pur di non modificarlo, i nuovi “anglopuristi” preferiscono introdurre parole direttamente in inglese. L’italiano, ingessato e privo dell’elasticità che caratterizza le lingue vive rischia perciò di diventare immobile come una lingua morta, perché ciò che è nuovo viene detto prevalentemente in inglese: il calcolatore è quello degli albori, oggi c’è solo il computer.
Curiosamente, certi personaggi linguisticamente schizofrenici si appellano all’uso e si proclamano “descrittivisrti” quando si tratta di legittimare le parole in inglese in circolazione che qualche linguista etichetta come “necessarie”; ma quando invece compaiono delle nuove alternative e traduzioni in italiano, gli stessi personaggi cessano di essere descrittivi e rivelano la loro vera natura prescrittiva che indica la retta via e lancia anatemi contro chi se ne distacca.
E così si indignano e scandalizzano se i giornali traducono incel (fusione di involuntary e celibate) con celibi involontari, perché celibe nell’italiano storico indica lo stato civile di chi non è sposato e non un maschio costretto a un’astinenza sessuale forzata in quanto non trova una compagna. Per la cronaca, un incel designa chi letteralmente è uno “sfigato”, che nell’italiano storico si può rendere con la parola “zitello” per scegliere un altro registro. Ma se tutti i giornali lo rendono con celibe involontario qual è il problema? Perché chi si proclama descrittivo non prende atto del nuovo uso invece di deprecarlo? Non è preferibile un’espressione in italiano, anche se si carica di nuove valenze semantiche, rispetto a una parola in inglese puro?
La verità è che il porsi come descrittivi viene invocato quando fa comodo, soprattutto per legittimare le parole inglesi che si preferiscono, ma quando si tratta di cambiare l’uso storico dell’italiano per educare i cittadini a parlare in modo inclusivo o politicamente corretto il descrittivismo si nasconde sotto al tappeto e per esempio si predica la femminilizzazione di “avvocata” anche se le donne avvocato preferiscono il maschile, nelle targhette dei loro studi e nei biglietti da visita. E così, guai alle donne che preferiscono definirsi ministro invece di ministra o il presidente invece che la presidente. E le pressioni sociali che criminalizzano i cittadini che osano parlare di ciechi invece di non vedenti, di handicappati o di razze… seguono lo stesso orientamento degli anatemi lanciati dai puristi del passato.
Credo che a questo punto sia più chiaro che la questione del “purismo” — invocato a sproposito, in modo tendenzioso e mistificatore per condannare chi denuncia l’anglicizzazione — sia del tutto fuori luogo. E lo steso vale per chi si proclama descrittivista solo quando fa comodo alla propria idea dell’italiano.
La questione dell’interferenza dell’inglese è un fenomeno nuovo rispetto a ciò che abbiamo visto all’epoca del francese, e utilizzare le categorie del passato per interpretare la situazione odierna significa non comprendere l’avvenuto cambio di paradigma.
Queste riflessioni nascono a margine di una lezione in video che terrò giovedì 5 giugno all’università di Treviri, che è in italiano nonostante la sede tedesca, e aperta a tutti per chi si volesse connettere.
Si intitola: La rete degli anglicismi interconnessi nell‘italiano scritto. Quando l’inglese (non) impoverisce.
Partecipano e moderano:
Michelle Hamböcker (Italienzentrum – Università di Treviri);
Paula Rebecca Schreiber (Università di Bergamo).
L’orario è dalle 10,30 alle 12, e per collegarsi questo è il collegamento:
uni-trier.zoom.us/j/8126376750…
Meeting-ID: 812 6376 7505
Kenncode: 80190511a
#anglicismiNellItaliano #inglese #interferenzaLinguistica #itanglese #linguaItaliana #paroleInglesiNellItaliano #rassegnaStampa
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“This Pride Month, please remember: DO NOT USE THIS FLAG” — “Questo Mese dell’Orgoglio, ricorda: NON USARE QUESTA BANDIERA” (🇮🇹)
Ieri era la Festa della Repubblica Italiana, ma spiritualmente io ero fottutamente addormentata, perché questo è semplicemente cosa comporta esistere nel mese di giugno… e vabbè, l’ho già detto, ora basta. Per fortuna, però… tecnicamente non c’è motivo di limitare gli italici festeggiamenti alla sola giornata di ieri… perché giugno in teoria è il mese dell’orgoglio, e quindi in teoria anche di quello fieramente italianissimo!!! 🇮🇹 🇮🇹 🇮🇹 E quindi, detto ciò sarebbe tutto apposto… anche se, a dirla tutta…Ahinoi, c’è ancora chi discrimina contro gli italiani. E quindi, non solo nonostante il periodo continuano certamente imperterrite le solite persecuzioni al nostro popolo, erede del perfettissimo Impero Romano, ma in più c’è chi attivamente diffonde propaganda anti-italiana, come chi ha creato questo memino assolutamente non ironico e chiaramente a dir poco malevolo, chiaramente a sua volta una persona nemica dello Stato. Mah, io non ho quasi parole… ma si può discriminare così, contro una bandiera, oppure una qualche altra, nel mese dell’orgoglio???
Io ve lo dico chiaro e semplice… I-TA-LIA-NI! Ribelliamoci contro i nostri oppressori morali e iniziamo da oggi e per sempre a sventolare il tricolore senza alcuna soluzione di continuità!!! (…E io vi dirò… a maggior ragione ad oggi, periodo in cui, a parte tutti gli scherzi, chi ci governa ha un evidente disprezzo per la natura democratica che starebbe alla base della Repubblica, motivo per cui servirebbe avere in giro tante più persone che con l’Italia non si riempiono semplicemente la bocca, ma che all’atto pratico credono in quello che la nostra costituzione sancisce.)
#giugno #Italia #italian #june #pridemonth #Repubblica
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la musica contro il silenzio
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#bambini #children #colonialism #Gaza #genocide #genocidio #IDF #invasion #IOF #israelcriminalstate #israelestatocriminale #israelterroriststate #izrahell #massacri #musicA_ #musicaControIlSilenzio #Palestina #Palestine #sionismo #sionisti #starvingcivilians #starvingpeople #warcrimes #zionism
La Musica contro il Silenzio on Instagram: "🎶 La musica contro il silenzio Una rete di musiciste e musicisti nelle piazze, da nord a sud Senza palco, senza sigle, con la sola forza della presenza 📍 Le date e le piazze sono state aggiornate: controlla la
661 likes, 8 comments - lamusicacontroilsilenzio on May 30, 2025: "🎶 La musica contro il silenzio Una rete di musiciste e musicisti nelle piazze, da nord a sud Senza palco, senza sigle, con la sola forza della presenza 📍 Le date e le piazze sono sta…Instagram
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oggi, 3 giugno, a roma, allo studio campo boario: prima presentazione di “nz”, di antonio syxty
OGGI, martedì 3 giugno, ore 17:00
Studio Campo Boario
(viale Campo Boario 4a)
presentazione del nuovo libro di Antonio Syxty
NZ
(edizioni ikonaLíber, ikona.net/antonio-syxty-nz/)
interventi dell’autore e di Marco Giovenale
*
evento facebook:
facebook.com/events/1373346107…
Ingresso libero fino a esaurimento posti*
locandina:
#AntonioSyxty #EdizioniIkonaLíber #IkonaLíber #MarcoGiovenale #NZ #scritturaDiRicerca #StudioCampoBoario #tarallucciEVino
Presentazione nuovo libro di Antonio Syxty: “NZ”
Événement à Rome, Latium par Fabrizio M. Rossi et 2 autres personnes le mardi, juin 3 2025www.facebook.com
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“Incubi e Drammi”: quando la letteratura sfida l’oscurità dell’anima
Indice dei contenuti
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Nell’attuale panorama letterario indipendente, pochi testi riescono a restituire con tale efficacia il senso di smarrimento, dolore e rinascita che “Incubi e Drammi” riesce a evocare già dalle prime pagine. Si tratta di un’opera composita, intensa e viscerale, capace di trascinare il lettore in un viaggio attraverso le fragilità dell’essere umano, toccando corde profonde con una scrittura schietta e suggestiva.
Il dolore che plasma. Il sogno che condanna. Il cuore che resiste.
Queste tre anime coesistono nei racconti che compongono il volume. L’autore, affronta senza riserve i fantasmi interiori che ci abitano: la perdita, l’abbandono. E lo fa scegliendo stili narrativi diversi, che alternano il realismo psicologico a incursioni nel fantastico e nel surreale, creando un affresco sfaccettato della sofferenza umana.
Una struttura a specchio tra sogno e incubo
L’elemento onirico è una costante. Non come fuga dalla realtà, bensì come specchio distorto dell’inconscio. Il racconto si svolge in un ritmo cadenzato da immagini forti, simbolismi densi e un finale strepitoso. Ma è proprio questo il punto di forza dell’opera: non cercare facili vie di uscita, ma scavare in profondità.
Stile e linguaggio: diretto, lirico, crudele
Il linguaggio è diretto, quasi teatrale in certi passaggi. Ma non mancano momenti di vera liricità, soprattutto quando si dà voce alla vulnerabilità. Le emozioni sono descritte con precisione chirurgica, come nel racconto della perdita di una madre, o nella scena in cui un amore malato si trasforma in prigionia. Ogni parola è scelta con cura per ferire, o guarire, a seconda della direzione in cui si muove il racconto.
Un libro necessario
Un’opera intensa, disturbante e poetica. Una lettura consigliata a chi ha il coraggio di guardare in faccia i propri mostri. E a chi crede ancora che le parole, anche le più cupe, possano far luce nell’oscurità.
Trama
Lasciare casa dei genitori e avere la propria indipendenza può costare caro, come scoprirà il ragazzo che, per necessità, dovrà accettare il lavoro di portiere di notte in un quartiere residenziale. E qualcosa di altrettanto terribile toccherà alla baby gang che, per farne il proprio passatempo, prende di mira quello che sembra un innocuo anziano. Così come alla principessa che, succube di un padre talmente avaro ed anaffettivo da tenerla rinchiusa in una torre pur di non dare un soldo di dote a chiunque chieda la sua mano, subirà la persecuzione di un inquietante visitatore notturno e al commesso viaggiatore che intraprende un viaggio a bordo di una nave mercantile che si accinge ad attraversare un banco di fitta nebbia attraverso la quale è impossibile vedere nulla, ma dove si cela qualcosa che potrebbe decidere di non fargli rimettere più piede sulla terraferma. Dopotutto l’orrore può colpire perfino gli animali della savana, e quando si vuole comprare un regalo al proprio figlio bisogna sempre accertarsi che il venditore sia una persona affidabile. E del resto, la delusione del primo amore può obnubilare la mente, portando a prendere decisioni sbagliate e a generare reazioni e pensieri distorti. Questo è ciò che scoprirete in questa raccolta di racconti che spaziano dall’horror alla fantascienza, al fantasy, al dramma umano.
“Incubi e Drammi”: quando la letteratura sfida l’oscurità dell’anima
“Incubi e Drammi”: quando la letteratura sfida l’oscurità dell’anima - Il Mago di OzGloria Donati (Magozine.it)
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x edizione del premio cesare zavattini: il bando è online
Al via la X edizione del Premio Cesare Zavattini: aperto il Bando per giovani filmmaker
Iscrizioni, Bando e Regolamento disponibili sul sito www.premiozavattini.it.
Scadenza il 20 luglio 2025.
È online il Bando della X edizione del Premio Cesare Zavattini, iniziativa che intende consolidare le competenze di giovani cineasti interessati al riuso creativo e sperimentale delle immagini d’archivio, consentendo loro di realizzare i propri progetti di cortometraggio, e nello stesso tempo promuovere la conoscenza degli archivi filmici e del cinema che li utilizza in modo originale e sperimentale. Il Bando è rivolto a filmmaker tra i 18 e i 35 anni, professionisti e non, di qualsiasi nazionalità, i quali possono candidarsi proponendo un progetto di cortometraggio della durata massima di 15 minuti, che preveda il riuso, anche parziale, di materiale filmico d’archivio.
Una Giuria composta da cinque personalità del cinema italiano selezionerà, tra i progetti pervenuti, nove finalisti e fino a tre uditori. Gli autori e le autrici delle proposte selezionate parteciperanno gratuitamente a un Workshop formativo e di sviluppo, articolato in incontri di formazione collettiva e sessioni di tutoring individuale per l’approfondimento delle idee progettuali. Al termine del percorso, i partecipanti presenteranno il proprio lavoro alla Giuria attraverso un pitch, che condurrà alla selezione dei tre progetti vincitori, con eventuale assegnazione di una Menzione speciale.
I progetti vincitori potranno utilizzare liberamente il materiale filmico dell’AAMOD e degli archivi partner e riceveranno servizi gratuiti di supporto alla produzione dei cortometraggi e un contributo economico di 2.000 euro ciascuno. Il Workshop si svolgerà tra settembre e dicembre 2025, mentre la fase di realizzazione è prevista tra febbraio e maggio 2026.
Le candidature devono essere inviate entro la mezzanotte di domenica 20 luglio 2025, compilando il form disponibile al seguente link: Modulo di iscrizione
Alla proposta progettuale (da redigere secondo il format scaricabile nella sezione “Bando” del sito www.premiozavattini.it), vanno allegati in formato PDF anche un curriculum vitae e una copia di un documento d’identità.
La presentazione ufficiale della X edizione del Premio, con la sua articolazione, le novità previste e le modalità di partecipazione, si terrà sabato 31 maggio 2025 alle ore 18.30 presso lo Spazio SCENA (Via degli Orti d’Alibert 1, Roma). Interverranno Antonio Medici, direttore del Premio, Aurora Palandrani, coordinatrice, e Matteo Angelici, project manager. L’evento rientra nella cornice di “Riuso di classe”, sezione collaterale della III edizione di UnArchive Found Footage Fest, festival internazionale dedicato al riuso creativo delle immagini d’archivio, promosso – come il Premio Zavattini – dalla Fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico (AAMOD).
A completamento della X edizione, nel mese di dicembre 2025, la sezione Zavattini Live! ospiterà una rassegna speciale con tutti i cortometraggi vincitori delle passate edizioni e una selezione di film italiani che si distinguono per l’uso originale di materiale d’archivio. La rassegna includerà anche una giornata di studio dedicata agli sguardi e alle pratiche dei giovani filmmaker che hanno partecipato al Premio nel corso degli anni, offrendo una riflessione sul presente, sulla memoria e sull’evoluzione del cortometraggio come forma espressiva contemporanea.
Il Premio Cesare Zavattini è una iniziativa promossa e organizzata dalla Fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico, sostenuta da Cinecittà S.p.A. – Archivio Storico Luce, con la partnership di Fondazione Home Movies – Archivio Nazionale del Film di Famiglia e la collaborazione di Nuovo Imaie, Cineteca Sarda, Archivio delle Memorie Migranti, Premio Bookciak Azione!, Deriva Film, OfficinaVisioni, Associazione Cinema del reale, UCCA, FICC e Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza. Media partner: Radio Radicale e Diari di Cineclub.
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Da Montemarcello a Tellaro e ritorno
Sabato mattina di metà maggio, e il tempo non promette nulla di buono.
Sotto un cielo grigio lasciamo Pietrasanta in direzione Montemarcello, in provincia di La Spezia.
Durante il trasferimento in auto, per raggiungere il punto di partenza, in lontananza sul mare scorgiamo l'arcobaleno. Proprio in direzione del nostro punto di partenza, la ci piove!
Arrivati a Montemarcello[1]è subito tempo di attrezzarsi per la pioggia, leggera ma costante. Proviamo a partire ugualmente nella speranza che le nuvole si aprano come da previsioni meteo.
Usciamo velocemente dal borgo, in direzione del mare, e ben presto, tra la folta vegetazione, si aprono scorci di panorama sul Golfo di La Spezia.
Il sentiero corre lungo la costa, a picco sul mare, tra saliscendi continui e tratti più impegnativi resi scivolosi dalla pioggia che, fortunatamente, ha smesso di cadere.
Il percorso, ben segnalato, è impegnativo più che altro per alcuni tratti sconnessi ma la vista ripaga tutte le difficoltà.
Ci troviamo nel Parco di Montemarcello Magra Vara[2], a confine tra Liguria e Toscana, in un territorio ricco di valenze naturali, storiche e culturali, che ricomprende i 16 comuni di Ameglia, Arcola, Beverino, Bolano, Borghetto Vara, Brugnato, Calice al Cornoviglio, Carro, Carrodano, Follo, Lerici, Rocchetta Vara, Santo Stefano di Magra, Sarzana, Sesta Godano e Vezzano Ligure.
Il tempo scorre via veloce, così come il sentiero, e ben presto arriviamo a Tellaro[3]che ci accoglie con i colori vivaci delle sue case, il blu del mare e i vicoli stretti che si inerpicano tra le abitazioni.
Il borgo marinaro di Tellaro, frazione del Comune di Lerici, è animato dai residenti e dai turisti che passeggiano, per gli stretti vicoli, ammirando lo spettacolo.
Facciamo un giro per il borgo, nell'occasione scatto qualche foto, e ci concediamo una sosta nella piazza del paese per rifocillarci e fare un giro tra i banchetti della Tellaria, festa di primavera, che si svolge proprio oggi.
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Ci siamo riposati ed è tempo di ripartire. Per il ritorno decidiamo di percorrere il sentiero più interno che dal borgo di Tellaro raggiunge Zanego e da li prosegue per Montemarcello.
Il tracciato che seguiamo per il ritorno è più agevole, sviluppandosi internamente alla costa e attraversa un paesaggio meno aspro dell'andata.
Anche se il sentiero è più lungo saliamo velocemente fino a raggiungere l'abitato di Zanego da dove continuiamo fino a riscendere a Montemarcello. Ritornando al nostro punto di partenza.
Il ritorno, anche se abbiamo attraversato un paesaggio molto meno impervio, ci ha regalato ulteriori squarci sul paesaggio che caratterizza questa terra di confine tra la terra e il mare e tra la Liguria e la Toscana.
Torniamo a casa con molte emozioni e un buon motivo per programmare altre escursioni lungo i sentieri[4] del Parco di Montemarcello Magra Vara.
Il percorso
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Note:
- Montemarcello - Frazione del Comune di Amelia
- Tellaro - Sito ufficiale
- Parco di Montemarcello Magra Vara - Frazione del Comune di Lerici
- Il Parco a piedi - Sentieri da percorrere
Tags: Trekking | Fotografia
Trekking - Giovanni Bertagna
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video in diretta: presentazione online di “retriever”, di june scialpi @ la finestra di antonio syxty – h. 21:00
youtube = youtube.com/@MTMTeatroMilano/s…
e facebook = facebook.com/lafinestradianton…
La Finestra di Antonio Syxty presenta Retriever, di June Scialpi, Tic Edizioni 2025, in conversazione con June Scialpi e Giorgia Esposito.
June Scialpi (Gallipoli, 1998) ha pubblicato il libro Il Golem. L’interruzione (Fallone Editore, 2022) con il quale ha vinto il Premio Flaiano Poesia Under 35 e le plaquette Condotta del simbionte (La Collana Isola,
2023), illustrata da Majid Bita, e in mezzo ai giorni (i) dati (Zacinto/Biblion, 2024). Alcuni suoi racconti sono apparsi su ‘Spore Rivista’ e ‘Mandos’, inserto cartaceo di ‘Palin Magazine’ e nell’antologia Stasera faremo cadere il cielo (Zona42, 2024). S’interessa di studi queer e transfemminismo. Collabora con diverse realtà online.
Ha tradotto Indumenti contro le donne, di Anne Boyer (Tic, 2025).
Retriever (Possibile inquadramento teorico di un) ci presenta l’allegoria di una testualità che cerca di chiarire cosa significhi la rappresentazione riportando al linguaggio, dove è nata, la realtà, per scoprire che non vi si riduce. La capacità delle parole di logorare le cose e la realtà stessa è la verità che questo libro, con un’ambizione filosofica non esibita ma anzi del tutto inapparente, ci consegna. Questo sottile omaggio alla scrittura di ricerca dimostra che cani, animali e libri non ci bastano mai.
#AntonioSyxty #GiorgiaEsposito #JuneScialpi #LaFinestraDiAntonioSyxty #MTM #MTMLaFinestraDiAntonioSyxty #MTMManifattureTeatraliMilanesi #presentazione #Retriever #Tic #TicEdizioni
La Finestra di Antonio Syxty presenta “Retriever” di June Scialpi, Tic Edizioni 2025
La Finestra di Antonio Syxty presenta “Retriever” di June Scialpi, Tic Edizioni 2025, in conversazione con June Scialpi e Giorgia Esposito.June Scialpi (Gall...YouTube
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Why do we fall?
3 minuti
Alfred: «Why do we fall sir?» (Perché noi cadiamo?)
Bruce: «So we can get up again» (Così possiamo rialzarci di nuovo)Il ritorno del cavaliere oscuro
Rialzarsi
In realtà non è Alfred, ma il padre di Bruce, Thomas Wayne, che per la prima volta chiede a Bruce: «Why do we fall Bruce?». E glielo chiese quando Bruce da bambino cadde in un fosso, rimanendo ferito dalla caduta e spaventato dal buio e dai pipistrelli. Nella storia raccontata da Nolan, Bruce diventa Batman perché vuole rendere la sua più grande paura il suo simbolo di giustizia.
Il pipistrello rappresenta tutto ciò che teme. E proprio con questa sua paura insuperabile Bruce decide di rialzarsi e di rinascere. Batman diventa l’alter ego tramite cui rende ordine e combatte ciò che teme. Batman è tutto ciò che Bruce, non riesce e, non può essere.
Coraggio non è non aver paura
Il coraggio non coincide con l’assenza di paura. Il coraggioso è colui che affronta ciò che lo spaventa. Senza paura non c’è nemmeno il coraggio.
Essere liberi significa essere con scontro con ciò che ci opprime. Essere coraggiosi significa affrontare ciò che ci fa paura e spaventa. Bruce diventa coraggioso, usando Batman come maschera della giustiza e “del coraggio”, affrontando e, letteralmente, indossando ciò che lo terrorizza. Non cerca né vuole eliminare le sue paure, ma vuole imparare ad usarle come spinta ad agire.
La domanda «Why do we fall?» è uno sprono alla consapevolezza della propria fallibilità. La domanda conduce ad una precisa risposta. Fondamentale è imparare ad educarsi a farsi le giuste domande. Molto prima che imparare a darsi risposte. La domanda non mette in discussione un dato, ma lo evidenzia. La domanda cerca di dare un significato educativo all’inevitabile fallimento a cui ognuno di noi andrà in contro. Più volte nella propria vita. A volte anche cadendo male, fino in fondo al baratro.
La risposta «So we can get up again», invece, è uno sprono alla reazione. Il fatto di aver fallito non dice nulla su di noi. Se abbiamo sbagliato non significa che non siamo abbastanza o che siamo inetti o sbagliati… Falliamo, accettiamo l’errore e poi ci riproviamo. O come diceva Samuel Beckett:
«Ho provato, ho fallito. Non importa, riproverò. Fallirò meglio.»
Ma senza la domanda non ci sarebbe la risposta. Senza la consapevolezza della propria fallibilità, imperfezione e limitatezza non ci sarebbe nemmeno l’accettazione del fallimento. Ogni buona risposta è sempre preceduta da una buona domanda.
Accettare il fallimento
Nessuno è perfetto. Tutti sbagliano e falliscono. La differenza sta nel saper reagire agli inevitabili fallimenti della propria vita . Non è la ricetta per il successo, ma semplicemente per una buona vita. Fatta di tentativi e non di arrese.
L’insegnamento del padre di Bruce tramandato da Alfred è un’educazione al fallimento. Al saper accettare il fallimento da cui poi ripartire. Nessuno vuole dire che non bisogna soffrire o patire il dolore, la rabbia o la sofferenza per aver fallito.
Così come per essere coraggiosi aver paura e saper accettare la stessa paura per poi affrontarla, allo stesso modo questo vale per i propri successi personali.
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‘quaderni di fisica e metafisica’, 2
fondazionecerruti.org/pubblica…
Il «Quaderno» numero 2, Morale della collezione traccia una fenomenologia del collezionista contemporaneo attraverso i contributi “metafisici” dello scrittore Michele Mari, dal titolo Homo collector e dello storico dell’arte e collezionista Giuseppe Garrera, che firma Autoritratto come collezionista borghese. La prospettiva “fisica” dell’essere collezionista è approfondita dallo scrittore Elio Grazioli a partire dal luogo che ne custodisce la raccolta, in La casa del collezionista; e in coda al fascicolo, da un testo di Marco Vallora in Testimonianze di un amico, già pubblicato in La Collezione Cerruti. Catalogo generale (2021). La pubblicazione comprende, inoltre, un intervento dell’artista Gala Porras-Kim (Bogotà, 1984) tratto da Least likely to be on view, un’indagine sul senso delle opere presenti nei depositi delle collezioni di musei e istituzioni.
#CollezioneCerruti #collezionismo #ElioGrazioli #GalaPorrasKim #GiuseppeGarrera #MarcoVallora #MicheleMari #QuaderniDiFisicaEMetafisica #Quaderno
Quaderni di Fisica e Metafisica, N° 2 Morale della collezione
I «Quaderni di Fisica e Metafisica» della Collezione Cerruti, pubblicati dalla casa editrice Allemandi di Torino, sono uno spazio di approfondimento dedicato allo studio e alla riflessione su temi legati alla raccolta dell’imprenditore e collezionist…Fondazione Cerruti
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i vincitori della terza edizione di ‘unarchive found footage fest’
Annunciati i vincitori della terza edizione di UnArchive Found Footage Fest
Tra i premiati trionfano Trains per il miglior riuso d’archivio, Soundtrack to a Coup d’État come miglior lungometraggio e Man Number 4 nei corti
Le sale di Trastevere invase da giovani, studenti, cinefili e curiosi registrano un’affluenza di oltre 6000 spettatori complessivi
Si è svolta domenica 1° giugno, presso il Cinema Intrastevere di Roma, la cerimonia di premiazione della terza edizione di UnArchive Found Footage Fest, alla presenza dei direttori artistici Marco Bertozzi e Alina Marazzi, dei membri delle giurie, degli organizzatori e di un pubblico numeroso e partecipe. L’evento ha segnato la chiusura di un’edizione particolarmente vitale e riuscita, con un’affluenza complessiva di oltre 6000 spettatori, segno tangibile di un interesse crescente verso il riuso creativo di immagini d’archivio.
In una settimana di incontri, proiezioni, installazioni e performance, il festival – prodotto dall’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico – ha riaffermato la sua vocazione come piattaforma internazionale dedicata al found footage e alle pratiche artistiche che trasformano il passato in gesto contemporaneo. Il concept di quest’anno, la rigenerazione, ha assunto una forza ancora più incisiva anche per il suo valore simbolico ed ecologico: il riutilizzo dei materiali audiovisivi si configura non solo come atto estetico e politico, ma anche come risposta sostenibile alla sovrapproduzione e all’oblio delle immagini.
La giuria internazionale, composta da Federica Foglia, Costanza Quatriglio ed Eyal Sivan, ha assegnato i premi ufficiali del concorso internazionale – composto da venti opere selezionate tra lungometraggi e cortometraggi – privilegiando lavori capaci di interrogare criticamente il materiale d’archivio e di restituirlo a nuove forme, significati e sensibilità.
Il premio per il Miglior utilizzo creativo del materiale d’archivio è andato a Trains di Macie J. Drygas, un film che si è distinto per la sua radicale semplicità e per la maestria con cui utilizza le immagini d’archivio come treno narrativo attraverso sogno e incubo, gioia e dolore. Il film incarna una profonda fiducia nel potere evocativo del cinema e nel suo potenziale di trasformazione politica dello sguardo sul passato.
Il premio per il Miglior lungometraggio è stato assegnato a Soundtrack to a Coup d’État di Johan Grimonprez, un’opera poderosa e necessaria, che affronta la responsabilità storica del proprio paese con rigore e intensità artistica. Il film interroga la relazione tra arte, potere e capitale, chiedendo agli spettatori – e agli artisti – di riflettere sul proprio ruolo e sulle seduzioni del compromesso politico. Una vera opera di resistenza.
Il premio per il Miglior cortometraggio è stato attribuito a Man Number 4 di Miranda Pennell, un’opera che mette in crisi la passività dello sguardo contemporaneo attraverso un dispositivo tanto semplice quanto destabilizzante: la ripresa di un desktop che si fa campo di battaglia tra visione e responsabilità. Il corto invita a riconsiderare la funzione stessa del “guardare” in relazione al potere.
Una Menzione speciale è stata inoltre conferita a Like a Sick Yellow, di Norika Sefa, per l’intensità del suo approccio intimo e politico. Il film costruisce un dialogo delicato ma potentissimo tra la regista e la sua memoria familiare, rivelando come lo spazio domestico possa diventare un campo di tensione esistenziale e politica, con la guerra fuori campo ma sempre visibile.
Anche la Giuria Studenti UnArchive 2025, guidata da Agostino Ferrente, ha premiato le opere più significative del concorso, offrendo uno sguardo giovane ma straordinariamente consapevole, segno del crescente coinvolgimento delle nuove generazioni nel pensiero critico e nella pratica del cinema d’archivio.
Il Premio per il Miglior riuso creativo è stato assegnato a I’m Not Everything I Want to Be di Klára Tasovská, riconosciuto per la potenza narrativa e la raffinatezza della sua costruzione visiva. Il film ricostruisce la vita di una grande artista attraverso migliaia di fotografie, dando nuova voce e corpo a un’esistenza vissuta in immagini.
La Menzione speciale per il lungometraggio è andata a My Armenian Phantoms di Tamara Stepanyan, per la capacità di intrecciare il racconto personale con quello storico del popolo armeno, offrendo una nuova luce su un cinema ancora troppo poco conosciuto e valorizzato.
Un’altra menzione speciale è stata conferita a Razeh-Del di Maryam Tafakory, un’opera che si impone come gesto di autodeterminazione artistica e politica, attraverso un riuso sovversivo e potente delle immagini. Un film che rivendica lo sguardo delle donne iraniane come atto di resistenza e speranza.
Il Premio per il Miglior cortometraggio, secondo la giuria studenti, è andato a Man Number 4, per la capacità di interrompere il flusso anonimo delle immagini e restituirgli peso, forma e valore. Il corto riesce a rieducare lo sguardo e mette lo spettatore di fronte alle proprie responsabilità.
Infine, il Premio per il Miglior lungometraggio è stato assegnato anche dalla giuria studenti a Soundtrack of a Coup d’État, confermando l’unanime riconoscimento alla potenza di quest’opera. La giuria ha sottolineato l’eccellenza del montaggio, il ritmo sostenuto e il lungo lavoro di ricerca durato sei anni da parte del regista, premiando l’atto di memoria come esercizio critico e civile sul presente.
Con questa intensa giornata di chiusura, che ha visto anche la proiezione di Subject: Filmmaking di Edgar Reitz e Jörg Adolph, UnArchive 2025 si congeda lasciando un segno indelebile: il riuso creativo dell’archivio non è solo un atto estetico, ma un gesto politico, ecologico e generativo, capace di far germogliare nuove visioni dal terreno fertile della memoria.
Il bando per partecipare alla quarta edizione del festival sarà aperto in autunno.
Tutti gli aggiornamenti saranno disponibili su www.unarchivefest.it e sui canali social ufficiali del festival.
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