un labirinto/spirale di fabio lapiana
(tecnica mista su biglietto da visita)
collezione MG, Roma
#art #arte #collezioneMarcoGiovenale #collezioneMG #FabioLapiana #labirinto #labirintoSuBigliettoDaVisita
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[r] _ messaggi ai poeti / utili sussidi / vediamo se riesco a spiegarmi (con un cb ennesimo eccetera)
ma poi l’avete capita questa differenza tra talento e genio, questa faccenda dei SIGNIFICANTI, o CB deve resuscitare e farvi un disegno?
youtube.com/embed/MZuw3_DW0TU?…
“messaggi ai poeti”, “utili sussidi” e “vediamo se riesco a spiegarmi” erano e sono tre tag sotto cui ho cercato anzi cercai (a vuoto) di versare la cognizione della centralità di talune quistioni di base nella meninge dell’italo medioscrivente.
ah, e poi ancora:
copernico vs. tolomeo / carmelo bene
slowforward.net/2020/07/30/cop…
carmelo bene: frammento audio su io e soggetto (dell’inconscio) nel libro “‘l mal de’ fiori”
slowforward.net/2024/01/21/car…
il tealtro. carmelo bene (1968) e la critica dalle 22 alle 24. (a mio avviso non parla solo del teatro)
slowforward.net/2020/09/18/il-…
#LMalDeFiori #111 #écriture #cambioDiParadigma #CarmeloBene #cb #Copernico #CopernicoVsTolomeo #critica #difFerenza #différance #differanza #Difference #differx #genio #ilTealtro #IoESoggetto #messaggiAiPoeti #paradigmShift #scrittura #scrittureDiRicerca #scrittureSperimentali #significanti #soggetto #soggettoDellInconscio #talento #tealtro #teatro #Tolomeo #utiliSussidi #vediamoSeRiescoASpiegarmi
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wiiu merdifera e il suo cavo spaccacaroso
Non ne avevo minimamente voglia, ma stamattina ho dovuto necessariamente attivare la versione meno ortodossa dei miei poteri di ragno e creare una fottutissima crisalide… sopra all’alimentatore del WiiU, che si rifiutava di funzionare. Infatti — e non ne ho mai parlato direttamente, ma menzionai la cosa un annetto fa di corsa parlando di altro — da un po’ di tempo il cavo è rotto nel punto dell’uscita del trasformatore, con la copertura di gomma del cavo che si è abbastanza staccata da quel solito bitorzolo che servirebbe proprio a evitare rotture di questo tipo, che in questo caso però l’ha favorita, ironicamente. 😓
Io in realtà pensavo di avere da un annetto o due questo problema… e invece, cercando al volo tra gli archivi dello spacc, mi sono accorta che già nel 2021 avevo notato questo fatto di merda… t.me/SpaccInc/305… quindi, probabilmente, sarà da almeno 5 anni che il cavo è rotto così. Non me ne sono mai preoccupata, perché quel rame che si intravede è girato tutto attorno al centro, quindi sarà solo la massa, mentre il positivo sarà ancora isolato bene dentro (che modo di merda di strutturare un cavo, però), e comunque lì ci passa solo corrente continua a 75 V, dunque non si muore… peccato che stamattina però la console non si accendesse proprio, dopo che settimane fa ho spostato l’alimentatore. 🙊
Girando un pochino ‘sto blocco di merda, alla fine ha funzionato, però a questo punto è chiaro che in questo stato le cose non potessero che peggiorare. Quindi, considerato che sono tirchia, che comunque questo alimentatore ufficiale Nintendo non si vende (almeno, non più), che eviterei a prescindere alimentatori cinesi, e che non so saldare (non che in questo caso si possa fare, si è rotto a merda e il cavo in sé è comunque strambo)… Per questa riparazione hardware ho preso, da brava sviluppatrice software, la colla a caldo e, a costo della suddetta crisalide ed una decina di minuti spesi per costruirla bene, ora l’alimentatore sembra fungere alla più completa perfezione, senza smettere di erogare energia al minimo giramento come prima. 😳🎊
Situazione estremamente scomoda per fare tutto ciò, comunque, perché per testare temporaneamente una cosa sulla console (dovevo vedere altro, non mi aspettavo mica non si accendesse per il filo rotto…) mi sono trovata ad appoggiare lo scatolotto sotto la scrivania, e poi quando ho trovato la posizione di funzionamento giustamente non ho potuto più muoverlo, finché non l’avessi incollato… Quindi, con lo scotch l’ho tenuto fermo sul case del PC (lì si trovava in quel momento, ops), l’ho staccato un attimo dalla ciabatta, ho fatto la prima passata di colla, l’ho riattaccato e verificato che funzionasse, e poi ho sparato il resto della colla con la console accesa per assicurarmi fosse tutto a posto. E si, ora lato alimentazione la console è a posto, ma… il suo schifo lo fa comunque, perché mi legge la mio microSD solo quando vuole lei; ma questo è uno spacc per un’altra volta. Tanto, comunque, tempo per il gaming non ci sta, pazienza. 👻
#alimentatore #console #hardware #Nintendo #PSU #repair #riparazione #spacc #WiiU
Spacc Inc. (Full Channel)
Since we're in the theme of Nintendo fucking sucks and uses shit cable for their PSUs: I have the same issueTelegram
Il blogverso italiano di Wordpress reshared this.
‘multiperso’ riprende le pubblicazioni
i primi tre post sono di Carlo Sperduti, Marco Giovenale, Simone Beghi
https://multiperso.wordpress.commultiperso.wordpress.com
#CarloSperduti #MarcoGiovenale #multiperso #prosa #prosaBreve #SimoneBeghi
Giovanni Bertagna - Blog personale di Fotografia likes this.
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the things izrahell is capable of
a plastic surgeon speaks of the situation she saw in Gaza
https://www.instagram.com/reel/DMyF_foIYyw/
(e.g.: “an israeli quadcopter followed a nurse on his way home, without shooting: it waited until he was in his tent with his three kids, then it started shooting, killing all of them”)
#Gaza #genocide #genocidio #Palestine #Palestina #warcrimes #sionismo #zionism #starvingpeople #starvingcivilians #iof #idf #colonialism #sionisti #izrahell #israelterroriststate #invasion #israelcriminalstate #israelestatocriminale #children #bambini #massacri #deportazione #concentramento
instagram.com/reel/DMyF_foIYyw…
#bambini #children #colonialism #concentramento #deportazione #Gaza #genocide #genocidio #IDF #invasion #IOF #israelcriminalstate #israelestatocriminale #israelterroriststate #izrahell #massacri #MEE #MiddleEastEye #Palestina #Palestine #sionismo #sionisti #starvingcivilians #starvingpeople #warcrimes #zionism
Middle East Eye on Instagram: "Speaking to Channel 4 News, a British consultant plastic surgeon recounted what she saw while serving in Gaza's Nasser Hospital. Dr al-Hadithy noted patients shot at US- and Israeli-backed aid sites would have wounds in the
24K likes, 607 comments - middleeasteye on July 31, 2025: "Speaking to Channel 4 News, a British consultant plastic surgeon recounted what she saw while serving in Gaza's Nasser Hospital.Instagram
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Era la prima volta che a Napoli si levava sulle onde della radio una voce libera
La BBC, con Radio Londra fu un’importante voce fuori dal coro nel panorama italiano a causa della privazione della libertà di espressione; è innegabile che essa divenne un sostegno per il morale degli italiani.
Tuttavia, la grande differenza rispetto ai primi anni di guerra è che non fu più l’unica fonte alternativa di informazioni per i civili italiani, considerato che esistevano altre radio antifasciste clandestine.
Fra i primi effetti concreti dello sbarco degli alleati in Sicilia si ebbe, infatti, l’apparizione della prima voce dell’Italia liberata: Radio Palermo, che trasmise prevalentemente comunicati dei comandi alleati. Dopo di essa ebbe subito successo Radio Bari, una vera e propria fonte di controinformazione, in concorrenza con Radio Londra.
«L’Italia combatte! Questa trasmissione è dedicata ai patrioti italiani che lottano contro i tedeschi».
Un altro esempio fu quello di Radio Libertà, un canale radio italiano (Biella) gestito dai partigiani a partire dal 1944, solamente rivolto al pubblico, quindi con una funzione non direttamente militare. L’inizio delle trasmissioni era scandito dalle prime dieci note del canto popolare Fischia il vento, eseguite alla chitarra, seguito dalla voce del annunciatore:
«Radio libertà, libera voce dei volontari della libertà».
Le trasmissioni comprendevano una gamma abbastanza differenziata di testi: editoriali su argomenti vari, bollettini di guerra partigiani, lettere di familiari o partigiani, brani musicali.
Particolare fu, infine, il caso di Radio Sardegna, un’altra delle prime stazioni liberate e in assoluto la prima ad aver annunciato la fine della guerra: il 7 maggio 1945. Alle 14/14.15, uno dei marconisti della radio, Quintino Ralli, intercettò la trasmissione di una radio militare di Algeri nella quale si parlava della resa dei tedeschi.
Chiamò il direttore Amerigo Gomez, il quale, sentito anche lui l’annuncio, corse nella cabina di trasmissione assieme all’annunciatore Antonello Muroni e annunciò:
«La guerra è finita… la guerra è finita! A voi che ascoltate, la guerra è finita!».
Quell’annuncio non era stato ancora diramato da nessun’altra radio; Radio Londra ne darà testimonianza solo venti minuti più tardi.
Amanda Antonini, Il potere della comunicazione tra regime e resistenza, Tesi di laurea, Università degli Studi di Pisa, 2018
Alla prima esperienza di Radio Palermo, con un palinsesto tripartito fra americani, inglesi e italiani, in grado di coprire nove ore e mezza di trasmissioni libere – benché sottoposte al controllo alleato – era infatti seguita l’esperienza di Radio Bari, ancor più autonoma della stazione precedente. Le trasmissioni baresi erano in parte debitrici dell’innovativo apporto di Radio Palermo e del suo direttore Mikhail Kamenetzky, un ebreo russo già noto come Ugo Stille, fuggito negli Stati Uniti e rientrato in Italia come sergente del PWB, dopo aver maturato esperienze giornalistiche al di là dell’Atlantico: <15 “Alla radio – avrebbe detto il direttore – usate sempre frasi semplici e chiare. Ripetete il soggetto. Le ripetizioni sono noiose sulla carta stampata, ma agli ascoltatori radiofonici non importa che tu ti ripeta, e le ripetizioni gli impediscono di perdere il filo”. <16
Ancor più indicativo del suo metodo di lavoro è però un altro singolare episodio, riportato dal figlio Alexander Stille. Informato direttamente da Salvatore Riotta, uno degli ex redattori di Radio Palermo personalmente assunti dal padre, Alexander scrive che in una fase del conflitto in cui per gli alleati ogni cosa stava andando a gonfie vele, Kamenetzky avrebbe ordinato a Riotta di trovargli qualche brutta notizia. Alle perplessità del giovane sottoposto, che disse timidamente di essere certo che stesse andando tutto bene, pare che il direttore avesse risposto così: “Per vent’anni gli italiani sono stati immersi fino al collo nella propaganda, sentendosi dire ogni giorno che tutto andava a meraviglia. Se adesso gli diciamo che stiamo vincendo su tutti i fronti, non ci crederanno. Se invece cominciamo con qualche brutta notizia, forse riusciranno a credere a qualcosa di ciò che viene dopo”.
Resosi conto della profonda sensibilità giornalistica del suo superiore, a Riotta non restò che scovare un «dispaccio d’agenzia» che parlasse di un sottomarino americano affondato, chissà come, in qualche angolo remoto del Pacifico. <17
IV. IL RADIODRAMMA
Se la direzione palermitana di Kamenetzky si era dimostrata piuttosto attenta alle esigenze e alla psicologia dei radioascoltatori, facendo scuola per chi, come La Capria, avrebbe tratto ispirazione dal suo intuito giornalistico, la direzione barese del già citato Greenlees si sarebbe spinta ben oltre questo segno, dando finalmente voce al popolo italiano e valorizzandone il contributo alla lotta di liberazione nazionale, come si evince anche da alcune dichiarazioni dello stesso Greenlees: “Come direttore della radio io credetti fosse mio dovere di insistere che i programmi fossero obbiettivi ed accurati, e che i commenti politici potessero essere l’espressione libera di uomini politici antifascisti. La guerra che stavano combattendo era una guerra contro il fascismo e quindi, dopo un ventennio di censura politica spietata, era importante creare, nei limiti del possibile, una piattaforma libera alla radio […]. Avevamo incoraggiato, per esempio, la trasmissione del programma «L’Italia combatte», che fu originariamente una mia idea, e che fu preparato per la maggior parte dall’ufficio stampa e diretto da Alba De Cespedes; fu un programma eccellente al fine di incoraggiare i partigiani a combattere contro gli occupanti tedeschi”. <18
Accanto al notiziario di guerra che spalleggiava la Resistenza, va citato un altro programma utile alla lotta partigiana dall’inequivocabile titolo di “Spie al muro”, nel quale si smascheravano pubblicamente gli agenti assoldati dall’Organizzazione per la Vigilanza e la Repressione dell’Antifascismo. <19
Oltre a Piccone Stella e alla De Cespedes (nota agli ascoltatori come “Clorinda”), fra gli assistenti di Greenlees, duramente apostrofati dai colleghi dell’EIAR come i «venduti» di Radio Vergogna, spicca la figura del regista Anton Giulio Majano (nome di battaglia “Zollo”), per cui La Capria avrebbe scritto, in seguito, diversi radiodrammi e che già allora incominciava a sperimentare l’innovativa arte del fonomontaggio, destinata a ricevere, anni dopo, le attenzioni della rivista «Filodrammatica»: “Molti radioamatori scrivevano chiedendo stupiti come fosse stata possibile la realizzazione di simili trasmissioni in cui si moltiplicavano dozzine di voci, risonanze ambientali differenti, in cui prendevano parte vari complessi orchestrali, cori cantati, ritmati o parlati, in cui si destavano rumori ed effetti acustici mai uditi precedentemente. Il fatto è più semplice di quanto sembri: la sera di gala, in cui venivano effettuate queste trasmissioni, si montava il film radiofonico in cabina di regia; numerosissime incisioni originali si alternavano con precisione cronometrica e col ritmo voluto alle voci dirette degli attori presenti in auditorio”. <20
Un lavoro del genere, la cui riuscita dipendeva dalla perfetta combinazione fra registrazioni e recitazione dal vivo, necessitava evidentemente di un accurato lavoro di sceneggiatura e richiedeva altresì una certa padronanza del mezzo:
“Il testo veniva innanzitutto ridotto per la radio (se non era già di per se stesso un lavoro scritto in funzione del mezzo radiofonico) e poi suddiviso in tante “inquadrature”, “scene”, “sottofondi”; ogni battuta, poi, a sua volta, veniva postillata con segni che ne specificavano il valore spaziale ed espressivo (risonanza, echi, piano fonico, ecc.)”. <21
Solo le scene che presentavano maggiori difficoltà di esecuzione venivano registrate anzitempo, così che, al momento del missaggio, il regista potesse scegliere quali mandare in onda, non senza il puntiglio di catalogare i dischi di vetro a 33 giri su cui tali scene erano state riversate. Tanto dispendio di energie poteva essere sostenuto con una frequenza che oscillava dalle tre alle sei volte al mese, in occasione di appositi eventi radiofonici noti con il prestigioso nome di «serate di gala», antesignane di una formula vincente che non mancherà di essere trasmessa ai successori di Radio Bari e, in seguito, anche in Rai, dove un ascoltatore attento di nome La Capria avrebbe riproposto quelle serate speciali in chiave letteraria.
V. RADIO NAPOLI
Quando, nel febbraio del ’44, l’avanzata delle truppe angloamericane renderà necessario l’abbandono del capoluogo pugliese, il «centro di gravità» della propaganda antifascista avanzerà insieme a quei soldati, spingendo molti dei collaboratori di Radio Bari a seguirli nel loro trasferimento a Napoli. <22
In anticipo sul loro arrivo in città, dopo una breve fuga a Tramonti, sulla costiera amalfitana, per entrare tra le fila degli alleati, Ghirelli – che da questi era stato respinto – torna in città per accudire la madre, sola ed affamata, consapevole di essere diventato «amaramente estraneo all’epopea» della Storia. <23 Dopo aver lavorato come manovale al porto della Submarine Base inglese, un incontro fortuito con un ingegnere conosciuto ai tempi dell’Umberto I gli procura un posto alla Royal Navy Barracks, la caserma della Marina dove egli imparerà a fare i conti con il sistema inglese, destreggiandosi fra once, pence, libbre, galloni e pollici.
Con l’arrivo della primavera, tra il mese di febbraio e il mese di marzo, il suo nome viene segnalato ad Edoardo Antòn, uno scrittore romano di teatro che, sorpreso dall’armistizio sull’Isola di Capri, si era messo a dirigere le trasmissioni culturali di Radio Napoli insieme ad Ettore Giannini, un giovane regista affermatosi grazie a uno «scoop radiofonico» paragonabile a quello famoso di Welles «sullo sbarco dei marziani»: <24 “Parecchi di noi furono reclutati individualmente ma, lavorando gomito a gomito, finimmo per creare un ufficio di trasmissioni propagandistiche e artistiche […]”. <25
Inizialmente assunto come interprete, Ghirelli sarà uno dei primi candidati ad aver risposto al persuasivo richiamo della radio, un polo culturale insolito e in cerca di voci fresche e brillanti per le sue trasmissioni, non solo fra i napoletani ma pure fra gli esuli ebrei e i confinati politici: “Antòn mi imbarcò – scriverà Ghirelli – l’8 maggio del 1944 a Radio Napoli insieme con quattro miei carissimi amici di cui in seguito si è sentito parecchio parlare: Giuseppe Patroni Griffi, Francesco Rosi, Maurizio Barendson e Achille Millo, ai quali poco dopo se ne unì qualcun altro come Raffaele La Capria, Luigi Compagnone ed Enrico Cernia”. <26
Quel gruppo, con «molte lacune e molte integrazioni», avrebbe lavorato alla radio per un periodo di appena «diciotto mesi», anche se alcuni di loro – fra cui Giglio e lo stesso Ghirelli – si sarebbero allontanati già in inverno. <27
Non sarà sfuggita l’eccezionalità del «compromesso» al quale giunse il mezzo radiofonico (non solo a Napoli), che chiamava a raccolta davanti ai suoi microfoni «comunisti ed ex ragazzi del Guf», alcuni dei quali, alla caduta del Duce, si erano ritrovati a combattere insieme dallo stesso lato della barricata. <28
Quella mancanza di uniformità non riguardò, tuttavia, soltanto il lignaggio politico. Secondo la divertita ricostruzione di Arnoldo Foà, l’attore a cui venne affidata l’edizione napoletana de “L’Italia combatte”, che tenne a battesimo – peraltro – anche Moravia e la Morante, le prime voci della radio furono scrupolosamente selezionate con il «metodo più empirico» che si potesse immaginare, giungendo ad esiti alquanto curiosi: “Mister Rehm, un giornalista americano, preposto alla direzione della radio sorgente, si mise a contatto con i giornalisti dei già defunti ed immobilizzati organi della stampa locale; li convocò un pomeriggio a Egiziaca a Pizzofalcone assieme ad altri elementi profughi, studenti o altro, e fece leggere un pezzo di giornale a ciascuno di loro. Non capiva quasi una parola di italiano, ma si sentì in grado di giudicare le migliori pronunce. Fu così che aleggiò sul golfo per diverso tempo la più bella raccolta di dialetti che mai antenna avesse trasmesso”. <29
La varietà di accenti non fu l’unica nota fuori posto a dare un respiro amatoriale a quelle prime trasmissioni, perché accanto alla “esse” sibilante dell’ultimo venuto e all’improvvisa raucedine del consumato veterano, non poteva mancare il tragicomico inciampo linguistico che non avrebbe risparmiato – assicura Foà, nemmeno in seguito, al tempo della Rai – alcun tipo di annunciatore: “Qualche volta le papere chiamano le papere. È capitato a me, sempre a Napoli, dire: «Non fiù pù», invece di «non fu più». Correggendomi scandii: «Non fu pù». Credo che la più bella sia quella che Corrado Mantoni (da tutti conosciuto solo come Corrado) disse alla presentazione di un concerto alla Rai: «Ascolterete ora la valcacata delle Walkirie» – si corresse immediatamente con: «Pardon, la cavalcacata delle Walkirie!». <30
VI. SEZIONE PROSA
Quelle voci imperfette ma piene di entusiasmo, fra cui quella ancora silenziosa di La Capria, si troveranno quotidianamente in un caotico appartamento di corso Umberto I, all’angolo con piazza Borsa, al terzo piano del palazzo della Singer. Per quanto neppure la luce di mezzogiorno riuscisse a riabilitare «la limitatezza e la povertà degli arredi», sempre invasi da un armamentario di «telescriventi, ciclostili, registratori e dictaphones», sarà sufficiente il cestello delle notizie, in «sali-scendi» dal Centro informazioni del PWB al piano di sotto, a dare vita ai nuovi uffici di Radio Napoli, dove albergava – avrebbe scritto Longanesi nel suo diario – anche «molta agitazione e indolenza, molto apparente tecnicismo americano e arruffio napoletano». <31 Accanto alla stanzetta in cui sostavano indistintamente annunciatori, dattilografe, collaboratori e passanti incuriositi dalla luce rossa della messa in onda, si apriva un monolocale con un tavolo, due sedie e perfino un «tavolino da manicure», che chissà come era capitato da quelle parti. Sull’unica porta che dava accesso a quel luogo era affisso un «cartone bianco», della misura di una «scatola da scarpe», che diceva semplicemente “Sezione Prosa”. <32
Riguardo al nome che i curatori delle trasmissioni culturali si erano dati per distinguersi dai colleghi del Giornale radio, ormai raggiunti anche da Piccone Stella, ci resta una vecchia dichiarazione che Ghirelli consegnò alle pagine di «Qui Radio Napoli», un numero unico scritto con un linguaggio tanto «sulfureo» quanto significativo: “Sezione Prosa, veramente è un nome recente. È il nome che si è deciso di dare ai programmi artistici o come diavolo si possono chiamare i programmi in cui ci sono parole – non però di notiziario o di commento – parole in una certa armonia, cioè appunto prosa. Il lavoro, qui, si è organizzato solo col tempo. Il primo vero titolare dei programmi artistici è stato lo spirito democratico, la fiducia avventurosa e cosciente di pochi intellettuali italiani e di alcuni soldati americani e inglesi”. ❤❤
Lo stile acerbo e sfrontato di Ghirelli non nasconde la soddisfazione di essere riuscito a dare una svolta decisiva alla propria carriera, saltando dal grigiore opaco del registro contabile alle tinte cromate dell’apparecchio radiofonico, con la stupefatta rapidità che di norma accompagna solo una favolosa storia di riscatto: “Io sbucai dall’oscura tetraggine della caserma al Mandracchio, entro le stanze illuminate del palazzo Singer, al Rettifilo, dove la Radio alleata era in gran parte trasferita dal primo studio di Pizzofalcone. Ci arrivai sporco e stordito come un topo ma, dopo poche settimane, avevo riacquistato già quasi per intero la spavalda sicurezza dei miei vent’anni, la duttilità del mio ceto sociale, la fredda determinazione di un successo che mi era dovuto per tutti gli anni di pena durati prima”. <34
Anche se quello a Radio Napoli fu per La Capria un periodo di mezzo, durante il quale imparare quanto più possibile dagli amici maggiormente coinvolti, per Ghirelli si trattò di una vera e propria rinascita, con la quale incominceranno – nella memoria del giornalista – «i mesi più belli» della sua vita, animati dalle «illusioni più impetuose» e soprattutto dalla «sbalorditiva coincidenza» tra sogni e realtà: “Fu un delirio, impastato di ideali soldi sesso intelligenza libertà potere, come se di colpo – al posto della vecchia macchina dello Stato, sgangherata e corrotta – ci fosse un congegno nuovo, lucente, lubrificato sul quale, finalmente, noi giovani potessimo mettere le mani, non per abusarne o per accumulare ricchezza, ma per diffondere intorno a noi – nella città, nelle strade, nel Sud, tra i poveri e i dannati – una speranza luminosa come l’aurora boreale”. <35
VII. PROVE TECNICHE DI TRASMISSIONE
A irradiare speranza fra i vicoli di Napoli era stata la prima rudimentale trasmittente di Monte di Dio, una radio da campo messa a punto dal direttore George Rehm per sopperire alla perdita della stazione di Villanova, sulla collina di Posillipo, completamente distrutta dal sabotaggio dei tedeschi: “L’uccellino della radio tornò così a cinguettare il 15 ottobre del ’43 e fu quello davvero un gran giorno per i napoletani che appresero le più recenti notizie finalmente da accenti di casa propria, quasi si trattasse di amici andati a bussare alla porta della loro dimora per una familiare chiacchierata”. <36
Per essere precisi, l’intervento di Rehm dovrà attendere qualche giorno prima di consentire un’adeguata ricezione delle onde di via Egiziaca, perché nonostante gli impianti fossero stati ripristinati da quel sergente venuto dal Connecticut, la nuova emittente «non fu subito captabile nella città, ancora priva di energia elettrica»: “Sapevo – scriverà una redattrice – che la relativa potenza della emittente napoletana e soprattutto l’ostacolo delle montagne non avrebbero consentito alle trasmissioni di toccare la mia città; nondimeno, […] credevo davvero nel potere della voce, nella forza delle parole. Ora me le figuravo come fili sottili capaci di raggiungere e di mitigare solitudini e sofferenze; me le auguravo così forti da infondere fiducia e coraggio ai lontani, da trasmettere loro il senso di solidarietà che poteva venire da una città ferita dalle più dure violenze della guerra”. <37
L’inaugurazione delle trasmissioni di Radio Napoli, introdotte dalle prime note dell’Inno di Mameli (non ancora eletto inno nazionale), verrà così ricordata da Grazia Rattazzi Gambelli, una delle poche voci femminili all’interno di una redazione stupita che una madre di famiglia preferisse affannarsi dietro un mestiere “da uomo”, invece di abbracciare docilmente un «più normale destino di donna»: “A volte, in anticipo sull’ora della trasmissione, mi fermavo volentieri sulla soglia della Sezione Prosa, dove era possibile gratificarsi delle conversazioni puntuali e delle divagazioni eclettiche di Compagnone, Ghirelli, e compagni in quel loro tono, caustico e fervido insieme, che rigenerava i dati dell’esperienza e della cultura in fulminante antiretorica e in ipotesi costruttive per il vacuum economico che ci fronteggiava «fuori». Mi piaceva ascoltarli, ammiravo la loro preparazione, mi stupiva la loro sicurezza; e un poco li invidiavo […]. Avevo altri problemi pressanti oltre quelli della collettività! modesti, certo, ma non per questo meno urgenti e vitali”. <38
Al di là dell’iniziale penuria di elettricità menzionata dalla Gambelli, anche altrove permarranno alcuni limiti di ordine tecnico. Per dimostrare che la radio non era più il mezzo di comunicazione di massa sdoganato dal fascismo, basterà fornire qualche dato: nel ’42, l’Italia disponeva di 34 trasmettitori a onda media e di 11 trasmettitori a onda corta, mentre all’atto della liberazione soltanto 13 di questi risultavano effettivamente funzionanti, con una dislocazione tale da impedire una copertura adeguata alle esigenze del Paese. <39 Simili restrizioni non riusciranno però a spegnere la «vitalità animalesca» di un apparecchio sul quale si erano riversati i desideri e le aspettative di ascoltatori sempre più partecipi e incuriositi. <40
Inoltre, la ricezione di Radio Napoli migliorerà sensibilmente non appena le sue emissioni si appoggeranno agli «impianti mastodontici» di Radio Bari, concepiti da Mussolini per diffondere la propaganda «anti-inglese» nei paesi arabi, ma impiegati dalle autorità del PWB e dai democratici italiani per portare la «voce della libertà» fino alle Alpi: <41 “Era la prima volta che – scriverà Ghirelli – a Napoli si levava sulle onde della radio una voce libera che chiamava a raccolta i giovani, i lavoratori, le donne, i sindacalisti per mobilitarli contro il nazifascismo, come dicevamo allora un po’ enfaticamente, ma soprattutto per indurli a partecipare alla vita pubblica, sociale, culturale, alla ricostruzione della città dilaniata dalla guerra, al recupero delle sue straordinarie tradizioni”. <42
VIII. PALINSESTO
Al culmine della sua attività, non solo Radio Napoli informava gli italiani continuando ad offrire trasmissioni già collaudate dall’emittente barese, come il Giornale radio, “L’Italia combatte” o “Spie al muro”, ma inaugurava rubriche inedite, appositamente studiate dalla nuova redazione, alle quali lavorarono anche La Capria, Ghirelli e molti dei vecchi amici del periodo pre-bellico: “Preparavamo trasmissioni che, adesso, forse ci farebbero sorridere ma che allora ci parevano, forse erano, belle come un discorso di Lincoln o una poesia di Majakowski. Alla sera aiutavamo Arnoldo Foà a leggere il giornale radio e «Italia combatte» […]; ma di giorno inventavamo cento rubriche divertenti, stimolanti, provocatorie, chiamando a raccolta tutta la gente onesta di Napoli e del Sud per proporre una revisione integrale di tutto il nostro modo di vita: matrimonio, famiglia, scuola, esercito, proprietà, codice”. <43
Fra queste, restano nella memoria: il “Programma per la donna italiana”, a cura della Gambelli, che sollecitava la partecipazione delle ascoltatrici per corrispondenza; “Colpevoli”, in cui si processavano virtualmente tutti i profittatori dell’umanità, inclusi i responsabili della guerra fascista; “Pionieri”, una specie di excursus da Socrate a De Gaulle, dedicato – stando al ricordo di Compagnone – ai grandi interpreti della libertà e della democrazia; “Stella bianca”, una rivista satirica firmata da Longanesi e diretta da Soldati, che affidava all’eclettico Steno il compito di scimmiottare la voce militaresca del Duce con il tono scanzonato dell’improvvisazione; la rubrica “Frasi di scrittori”, alla quale era riservato uno spazio il venerdì; gli appuntamenti con il «radio-teatro», assegnati puntualmente alla domenica sera; e infine gli speciali di “Conosciamo le Nazioni Unite”, trasmissioni deputate a favorire l’avvicinamento fra italiani e alleati, a cui deve aver contribuito anche La Capria, dando «un respiro più drammatico» alle sue puntate. <44 Si noti che con l’espressione “Nazioni Unite” non si intendeva quella che poi sarebbe stata l’ONU, ma l’alleanza angloamericana. Compito della rubrica era infatti quello di far conoscere il mondo anglo-americano agli italiani, al di là delle barriere linguistiche e dell’influenza della propaganda anti-britannica e anti-americana a lungo condotta dal fascismo. Un mondo che La Capria aveva imparato a conoscere in guerra, leggendo e traducendo testi dall’inglese, e che ora offriva con entusiasmo agli altri domandando, come già fece Vittorini: «Che ve ne sembra?». <45
Di fatto, la ricchezza delle nuove rubriche è il risultato della proficua riorganizzazione editoriale conosciuta da Radio Napoli sotto la direzione di Elvio Sadun, un biologo ebreo livornese fuggito dall’Italia nel ’38 per salvarsi dalla «minaccia delle leggi razziali», combattendo accanto agli americani fino a riscoprirsi, infine, quale energico successore alla poltrona di Rehm: <46 “È giunto dall’Algeria il nuovo direttore, un italiano, ora cittadino e soldato americano. Occhi patetici, naso aquilino, capelli ricciuti e unti. Stringe la mano con due dita, finge di aver molto da fare e parla dei problemi della radio come di questioni teologiche”. <47
Sulle tavole della legge del nuovo direttore – che Longanesi si diletterà a prendere di mira nel suo diario – figurava l’impiego di un linguaggio asciutto e immediato, in grado di essere compreso, senza fraintendimenti, da qualunque ascoltatore. Una lezione che gli era stata impartita dagli anchormen del giornalismo statunitense, e alla quale i suoi redattori più zelanti proveranno ad attingere in seconda battuta: “C’era ovviamente molta retorica, molta ingenuità (ancora e sempre) in quell’atteggiamento, ma la passione civile era autentica e insieme all’impegno politico si accendeva in noi l’entusiasmo per un lavoro che non era rassegnato o burocratico, coinvolgendoci giorno per giorno e mettendo alla prova il nostro talento. La sorte ci stava offrendo la preziosa occasione di imparare il mestiere dagli americani, maestri dell’arte di comunicare notizie, idee, fantasie con la più essenziale chiarezza”. <48
La redazione di Radio Napoli rappresentò quindi un eccezionale «laboratorio» dove a ciascun autore è stata offerta la possibilità di coltivare per sé un peculiare talento, che avrebbe fornito a tutti – a detta di Ghirelli – la spinta necessaria per emergere professionalmente dagli abissi dell’anonimato: <49 “I miei articoli di giornale, i romanzi di La Capria, i film di Rosi, le commedie di Patroni Griffi nacquero allora, in quegli uffici, in quelle discussioni, in quei programmi. Ci sprofondavamo dentro come l’equipaggio di un sommergibile, in un’atmosfera surriscaldata, artificiale, pazzesca, in una tensione che ci faceva perdere il sonno e ci esaltava, isolandoci anche dalla pena atroce della città”. <50
La direzione di Sadun contribuì indubbiamente ad apportare «una visione ottimistica dell’America» senza i trucchi della propaganda, ma scegliendo casomai di applicare i «metodi del positive Thinking» al mezzo radiofonico, allo stesso modo con cui si percorreva, ogni giorno, la strada dissestata che portava agli uffici della Sezione Prosa: <51 “Camminavo molto in quel periodo ma ciò, se inaspriva l’appetito, mi facilitava la concentrazione […]. Era comunque una lunga strada, anche per le frequenti deviazioni dovute ai cumuli di macerie, alle demolizioni e alle minacce di crolli”.
È chiaro che la Gambelli guardasse a quel percorso accidentato come all’unica via per raggiungere la felicità, a dispetto del rumore della «sfabbricatura» sotto i piedi che, al contrario, avrebbe scoraggiato anche il sognatore più ottimista, costringendolo ad allontanare dalla mente un pensiero tanto «enfatico» e propositivo. <52
IX. PARTENZA
Presto, i redattori di Radio Napoli avrebbero imboccato una deviazione che li avrebbe condotti al di là del territorio campano, perché il fronte di guerra si sarebbe spostato più a nord, dopo la liberazione della capitale da parte alleata: “Tutti gli intellettuali scappati al Sud tornavano a Roma, lasciando noi ragazzi soli con i burocrati della vecchia EIAR e con i prefetti di Bonomi. Fui assalito dal terrore di ripiombare nella Napoli perbene di prima della guerra, in piena restaurazione, con tutti i dottori, gli ingegneri, gli avvocati tornati al loro posto, i salotti di via dei Mille riaperti, le sale da concerto gremite di sordi, le pasticcerie affollate alla domenica, i generali del Re a palazzo Salerno, i principi e i baroni al Casino dell’Unione, i figli di papà al Circolo del Tennis”. <53
Nella «melanconica prospettiva» di assistere al ritorno della vecchia guardia dell’EIAR, decisa a riappropriarsi dei posti occupati fino all’epurazione antifascista, Giglio e Ghirelli decidono di evadere dalla città per «respirare un po’ di aria pulita». <54
Dopo aver chiesto agli americani di essere trasferiti ad Altopascio, una zona di operazioni in Toscana, i due si uniscono all’Unità Mobile Radiofonica 15: “Mentre io e Tommaso seguivamo la Quinta Armata del generale Clark, alcuni amici come La Capria e Patroni Griffi si trasferivano a Roma liberata e altri, come Rosi e Compagna, tornavano a Napoli dalle regioni dove erano stati sorpresi dall’armistizio. I ragazzi di via Chiaia erano cresciuti e seguivano ciascuno il proprio destino, sempre accomunati tuttavia da una illimitata fiducia nella vita, un solare ottimismo che si è tradotto in una notevole capacità creativa, più forte naturalmente in alcuni di noi […]”. <55
La parentesi campestre di Giglio e Ghirelli si concluderà nel mese di aprile, con lo sfondamento della linea Gotica che avrebbe permesso loro di insediarsi al Nord, come giornalisti della redazione milanese de «l’Unità». <56
Prima di raggiungere il capoluogo lombardo, in occasione di una breve permanenza a Bologna, Ghirelli avrebbe ancora documentato ai microfoni di piazza San Martino la «drammatica fucilazione» di Mussolini e la fine della seconda guerra mondiale, affiancato da un giovane e sconosciuto Enzo Biagi. <57
Due notizie di indiscutibile rilevanza storica che dovettero sembrargli relativamente importanti, se rapportate alle vicende della sua febbrile esistenza.
[NOTE]15 Si veda ROSI, Io lo chiamo cinematografo, cit., pp. 34-35, dove il regista sostiene che, dopo la parentesi di Radio Palermo, Kamenetzky si sarebbe trasferito a Napoli diventando subito «amico di tutti» e, in seguito, anche di sua moglie Giancarla Mandelli, al punto che «quando era a Roma, ormai direttore del “Corriere della Sera”», egli avrebbe dormito da loro «invece che andare in albergo».
16 ALEXANDER STILLE, The Force of Things. A Marriage in War and Peace (2013); trad. di Stefania Cherchi: La forza delle cose. Un matrimonio di guerra e pace tra Europa e America, Garzanti, Milano 2013, pp. 199-200. Si veda GIANNI RIOTTA, Le cose che ho imparato. Storie, incontri ed esperienze che mi hanno insegnato a vivere, Mondadori, Milano 2011, p. 129.
17 STILLE, La forza delle cose, cit., p. 200.
18 IAN GREENLEES, Radio Bari 1943-1944, in Inghilterra e Italia nel ’900. Atti del Convegno di Bagni di Lucca. Ottobre 1972, La Nuova Italia, Firenze 1973, pp. 229-50: 242-43 e 244.
19 Per la trascrizione di alcune trasmissioni de L’Italia combatte e di Spie al muro, si veda MONTELEONE, La radio italiana nel periodo fascista, cit., pp. 382-87.
20 ALBERTO PERRINI, Questa è la voce dell’Italia: Qui Radio-Bari!, «Filodrammatica», 2:3 (1946), pp. 4-5.
21 Ivi, p. 5.
22 ISOLA, Cari amici vicini e lontani, cit., p. 36.
23 ANTONIO GHIRELLI, Noi del ’45, «Nord e Sud», n.s., 17:121 (1970), pp. 101-12: 104.
24 GHIRELLI, Una bella storia, cit., p. 31. Ci si riferisce qui alla trasmissione The Mercury Theatre On Air e, in particolare, all’adattamento radiofonico di The War of the Worlds di H.G. Wells andato in onda il 30 ottobre 1938.
25 GHIRELLI, Un’altra Napoli, cit. pp. 138-39.
26 GHIRELLI, Una bella storia, cit., p. 32. A questi si aggiungono, fra gli altri, anche i nomi di Giglio e dei transfughi romani Leo Longanesi, Mario Soldati e Stefano Vanzina (alias Steno).
27 GHIRELLI, Un’altra Napoli, cit. pp. 138-39; GAMBELLI, Una donna a Radio Napoli, cit., p. 282.
28 ORESTE DEL BUONO, Voci dal Vesuvio, «La Stampa», 9 settembre 1993, p. 5.
29 ARNOLDO FOÀ, Una voce di uomini liberi: Radio-Napoli, «Filodrammatica», 2:7-8 (1946), p. 3. Si riproduce il testo emendato da refusi tipografici evidenti.
30 ARNOLDO FOÀ, Recitare. I miei primi sessant’anni di teatro, Gremese, Roma 1998, p. 96.
31 ISOLA, Cari amici vicini e lontani, cit., p. 38; LEO LONGANESI, [Napoli,] 20 dicembre [1943], in Parliamo dell’elefante. Frammenti di un diario (1947), introduzione di Pierluigi Battista, Longanesi, Milano 2005, p. 154.
32 GAMBELLI, Una donna a Radio Napoli, cit., p. 292; ISOLA, Cari amici vicini e lontani, cit., p. 38.
33 GHIRELLI, Noi del ’45, cit., p. 106.
34 Ivi, p. 105.
35 Ibid.
36 RENATO RIBAUD, Una fantastica avventura, Arte Tipografica, Napoli 1997, p. 53.
37 GAMBELLI, Una donna a Radio Napoli, cit., pp. 282 e 285.
38 Ivi, p. 294.
39 Si veda FREQUENZA, Il microfono per corrispondenza, «RC», 23:5 (1946), p. 2. Si veda anche FRANCO MONTELEONE, La ricostruzione della rete radiofonica, in Storia della RAI, cit., pp. 75-94.
40 GHIRELLI, Noi del ’45, cit., p. 105.
41 ANTONIO GHIRELLI, Radio Napoli, «Quaderno di COMUNICazione», 2011-2012, pp. 33-37: 35.
42 GHIRELLI, Un’altra Napoli, cit., p. 139.
43 GHIRELLI, Noi del ’45, cit., pp. 105-6.
44 Ivi, p. 106. Si vedano l’es. di palinsesto e la testimonianza di Compagnone in appendice a GAMBELLI, Una donna a Radio Napoli, cit., pp. 298-99. Si veda anche FOÀ, Radio-Napoli, cit., pp. 3-4.
45 Il riferimento è a WILLIAM SAROYAN, Che ve ne sembra dell’America?, trad. di Elio Vittorini, Mondadori, Milano 1940, antologia che ebbe molta influenza sull’A. Si veda infra p. 147.
46 GHIRELLI, Una bella storia, cit., p. 33. In LA CAPRIA, Il boogie-woogie, cit., p. 56, l’A. attribuisce la direzione dell’emittente napoletana a Kamenetzky che, in effetti, si trovava in città in quel periodo. Anche Rosi lo fa, rispondendo alle domande di ENZO SICILIANO, Ma tu che libri hai letto?, Gremese, Roma 1991, p. 68. Altri sono concordi nel ritenere che quel ruolo spettò prima a Rehm e poi a Sadun: si veda, in proposito, ISOLA, Cari amici vicini e lontani, cit., p. 37. Secondo DIEGO LIBRANDO, Il jazz a Napoli: dal dopoguerra agli anni Sessanta, Guida, Napoli 2004, p. 34, nota 32, la direzione della «sezione spettacoli del PWB» sarebbe stata invece condivisa da Kamenetzky e Sadun.
47 LONGANESI, [Napoli,] 20 dicembre [1943], cit., p. 154.
48 GHIRELLI, Un’altra Napoli, cit., p. 139.
49 GHIRELLI, Una bella storia, cit., p. 33.
50 GHIRELLI, Noi del ’45, cit., p. 107.
51 GAMBELLI, Una donna a Radio Napoli, cit., pp. 296-97.
52 Ivi, p. 291.
Luca Federico, L’apprendistato letterario di Raffaele La Capria, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Genova, 2020
Ma ormai il destino di Radio Bari era segnato: l’avanzata angloamericana rendeva necessario abbandonare il capoluogo pugliese e spostare in avanti il centro di gravità della propaganda radiofonica verso Radio Napoli. Ma mentre Radio Bari era giunta praticamente intatta in mano agli alleati, quest’ultima stazione aveva subito forti danni dai tedeschi in ritirata, che avevano fatto saltare buona parte delle apparecchiature e il traliccio metallico dell’antenna. Fortunatamente, alcuni tecnici avevano fatto in tempo a nascondere il materiale di scorta e a disinnescare il tritolo posto sotto i gruppi generatori di corrente continua. Su questa base esigua era stato possibile già il 15 ottobre 1943 riprendere le trasmissioni come Radio Napoli Nazioni Unite dalle 19 alle 22.30, grazie agli americani del maggiore George Rehm, primo direttore della sede, che misero a disposizione una radio da campo <44; le trasmissioni, introdotte dalle prime note dell’Inno di Mameli, non giunsero però nelle case napoletane, perché quella sera mancava in città proprio l’energia elettrica. Per migliorare la struttura tecnica, fu poi approntato un ripetitore di un solo kw di potenza a Monte di Dio, che ampliò il raggio d’ascolto. Piano piano l’orario di trasmissione venne anticipato alle 12 e quindi, definitivamente dalle 6 del mattino alle 24. Radio Napoli, che in un primo tempo aveva affiancato, rilanciando nell’etere i programmi di Radio Bari, era ormai pronta ad accogliere quel gruppo. L’ordine di trasferirsi nel capoluogo partenopeo giunse a Greenlees nel febbraio 1944: a Napoli, sotto il diretto controllo degli Americani della V armata agli ordini del generale Clark, già operava un gruppo nutrito di antifascisti fra cui spiccavano Rosellina Balbi, Maurizio Barendson, Carlo Criscio, Luigi Compagnone, Vincenzo Dattilo, Clara Falconi, Antonio Ghirelli, Ettore Giannini, Tommaso Giglio, Vezio Murialdi, Carlo Pennetti, Michele Prisco, Domenico Rea, Paolo Ricci, Ruggiero Romano, Francesco Rosi, Giuseppe Vorluni e Stefano Vanzina (Steno), da poco arrivato da Roma con Leo Longanesi e Mario Soldati <45. In tempi successivi a questi si aggiunsero Aldo Giuffré e Samy Fayad con funzioni di annunciatori, mentre nella sezione prosa, oltre ai già ricordati Steno e Longanesi, operavano il commediografo Edoardo Anton e Mino Maccari. A Napoli, si trovava anche Ugo Stille, proveniente da Palermo: ma il vero animatore di quella breve esperienza fu il successore di Rehm, il livornese Elvio H. Sadun, un ebreo fuggito nel 1938 negli Usa, dove aveva maturato solide esperienze di giornalismo radiofonico in una stazione newyorkese.
«È giunto dall’Algeria – avrebbe appuntato nel suo diario Longanesi – il nuovo direttore, un italiano, ora cittadino e soldato americano. Occhi patetici, naso aquilino, capelli ricciuti e unti. Stringe la mano con due dita, finge di aver molto da fare e parla dei problemi della radio come di questioni teologiche» <46.
Il salveminiano Sadun condivideva la responsabilità con l’ufficiale americano di origine siciliana Ravotto e con Harry Fornari, in un’atmosfera fortemente spoliticizzata rispetto a Radio Bari. La sede era stata spo stata da Pizzofalcone a Palazzo Singer in Corso Umberto, al cui terzo piano una diecina di apparecchi radio erano in continuo contatto con le stazioni radio più importanti: a queste prime apparecchiature si aggiunsero ben presto telescriventi, ciclostili, registratori e dictaphones in un clima molto particolare: «Negli uffici – è sempre Longanesi la fonte – molta agitazione e indolenza, molto apparente tecnicismo americano e arruffio napoletano» <41. Ciò permise di prolungare sino alla liberazione di Roma (4 giugno 1944) la vita di Italia combatte, a cui si aggiunsero altre trasmissioni come I pionieri, Stella bianca e I colpevoli. Quest’ultima ripeteva la denuncia di Spie al muro, allargata ai ritratti dei maggiori gerarchi fascisti, mentre I pionieri disegnavano il profilo biografico di personaggi della democrazia italiana prefascista. Il carattere educativo e didascalico di queste due trasmissioni segnalava il cambiamento verificatosi da Bari a Napoli e il diverso grado di autonomia goduto dalle due redazioni, nel quadro di un sempre più accentuato positive thinking imposto dagli Americani.
Stella bianca – secondo Monteleone dovuta principalmente alla penna di Longanesi e di Soldati <48 – era invece una rivista satirica, che divenne in breve assai popolare: vi recitavano, fra gli altri, Carlo Giuffré, Peppino Patroni Griffi, Achille Millo e lo stesso Rosi, tutti personaggi destinati ad un ruolo di primo piano nel mondo dello spettacolo. Fra scenette e couplets, si inneggiava all’american way of life e alla rinata democrazia: Steno imitava la voce di Mussolini. Era una risposta umoristica e anche un po’ qualunquista alle ristrettezze del momento, ma fu il veicolo di penetrazione dei nuovi concetti in strati popolari poco propensi alla seriosità dei conversatori (Alberto Moravia ebbe il suo battesimo radiofonico in quest’ambito) o di trasmissioni come Conosciamo le Nazioni Unite, esplicitamente destinate a favorire l’avvicinamento e la conoscenza fra italiani e alleati. Non mancava una trasmissione femminile, Programma per la donna italiana, condotta da Grazia Rattazzi Gambelli, dal dicembre 1943 annunciatrice della stazione di Pizzofalcone con lo pseudonimo Grazia di Torino. Nonostante le difficoltà del momento la magia del microfono permise
«subito» il saldarsi di forme immediate di collaborazione fra la giovane e inesperta conduttrice e il pubblico più vasto: «mi aiutarono le ascoltatrici con la loro partecipazione attraverso la corrispondenza, proponendomi argomenti, interessi, curiosità e problemi. Si instaurò così abbastanza rapidamente un rapporto corale a coinvolgere le ascoltatrici anche tra loro in iniziative concrete di carattere umano e sociale e culturale, e nel contempo arricchendo il nostro programma di riflessi e notizie di momenti associativi femminili, concretamente interessati alla vasta e complessa problematica napoletana». <49
In una realtà urbana dominata dal contraddittorio e «vorace riappropriarsi umano dei sapori elementari della vita», la radio non si sottrasse all’impegno di intervenire sui problemi più scottanti del vivere quotidiano: primo fra tutti quello dell’igiene pubblica. Nella Napoli «terra di conquista», offesa e degradata, di cui Malaparte ha disegnato un affresco drammatico e penetrante nella Pelle, il colonnello Charles Poletti, governatore alleato di Napoli, tenne, ad esempio, una serie di lezioni sul grave problema dell’igiene pubblica.
Le trasmissioni musicali accoppiavano le melodie napoletane delle orchestre Colonnese e Capese o dei complessi Calace, Michele Parise e Amedeo Pariante (un vero divo popolare, vincitore di un concorso nazionale Eiar nel 1941), allo swing dei complessi più in voga oltreoceano come Nelson Eddy, Larry Adler, Oscar Levante John Healy. Ribalta preferita fu il programma La Voce dei giovani, che aveva subito alcune interessanti trasformazioni nel clima di generale depoliticizzazione delle rubriche, giungendo appunto a proporre per la prima volta al pubblico italiano saggi di una produzione culturale nuova e strettamente legata alla moderna industria del divertimento e del consumo. <50
Fu anche pubblicato il foglio settimanale Qui, radio Napoli per rafforzare il rapporto quotidiano con il pubblico più vasto. Tuttavia, questa eccitante esperienza fu assai breve: per Radio Napoli e per i Napoletani fu una parentesi di poco meno di sei mesi, ma assai importante, prima di ripiombare in una posizione di seconda fila all’indomani della riattivazione di Radio Roma e della trasformazione dell’Eiar in Rai, quando gli americani avrebbero riaffidato ai vecchi tecnici fascisti la direzione delle sedi liberate. Un gruppo di questi giovani rimase a Napoli e continuò a collaborare alle produzioni locali, ma in clima di sempre più sottolineata restaurazione, che giunse a chiamare alla direzione di Radio Napoli il ben noto radiocronista fascista Franco Cremascoli. È tuttavia assai difficile stabilire una forma di gerarchia fra queste prime voci nazionali e le emittenti internazionali, che la sera facevano raccogliere attorno ai più diversi apparecchi interessati e curiosi, magari con una coperta addosso per attutire i rumori udibili dall’esterno e evitare la curiosità, quella sì pericolosa, del capocaseggiato nell’Italia ancora occupata. Com’è naturale non è possibile disporre di dati statistici riguardanti l’ascolto durante la Resistenza; anche le informazioni desumibili dalla stampa circa gli arresti per ascolto clandestino non specificano mai l’emittente incriminata. <51
[NOTE]44 Su Radio Napoli in generale le notizie sono disperse nella bibliografia generale già citata e non è sufficiente il tentativo di sintesi di Umberto Franzese, La Radio a Napoli dalle origini alle emittenti libere, Napoli, [1984], passim.
45 Utile la memoria di Grazia Rattazzi Gambelli, Una donna a Radio Napoli, in Alle radici del nostro presente. Napoli e la Campania dal fascismo alla Repubblica (1943-1946), Napoli, 1986, p. 281-300.
46 Cfr. Leo Longanesi, Parliamo dell’elefante. Frammenti di un diario, Milano, 1947, p. 218.
47 Ivi, p. 219.
48 V. Franco Monteleone, Storia della radio e della televisione…, cit., p. 180.
49 Cfr. Grazia Rattazzi Gambelli, Una donna a Radio Napoli…, cit., p. 287. Una serie di testi pronunciati da uno dei collaboratori di Radio Napoli in Carlo Criscio, Un cuore alla radio 1943-44, Napoli, 1954.
50 Per un’idea della grande articolazione dei programmi presentati basta riprodurre il palinsesto di una giornata radiofonica tipo: «Notizie : ore 7-8-10-12-13-14- 16-17-20-23.30-24 Notiziario napoletano: ore 11 Notiziario Italia liberata: ore 16 Ritrasmissioni: Radio Londra ore 8.30-9.30-20.30 Voce dell’America: ore 13.15-21.30 Commenti : ore 10.10-13.15-16.10-20.15-00.15 Programmi musicale e di varietà: Ore 7.15 Musica mattutina – 7.30 Buongiorno – 7.45 Dolci melodie – 8.15 Canzoni d’Italia – 8.45 Musica operettistica – 9.00 Orchestra Esperia – 9.45 Cantante della strada – 10.15 Musiche e canti delle Nazioni Unite – 10.30 Musica sinfonica – 11.15 Racconti e novelle celebri – 11.30 L’Ora del soldato – 12.15 Musica per tutti – 12.30 Programma della donna italiana – 12.45 Personaggi del jazz – 13.30 Serenate e valzer – 14.10 Artisti celebri – 14.25 Andiamo al concerto – 16.15 Marciando – 16.30 Concerto vocale e strumentale: Ciucci-Miranda-Adami – 17.15 Musica varia – 17.30 Programma per i piccoli – 17.45 Il libro della danza – 18.15 Programma per i prigionieri da New York – 18.30 Mandolinista Maria Calace – 18.45 Notiziario in lingua francese – 19.00 Il quarto d’ora dei lavoratori – 19.15 Lezione d’inglese – 19.30 Balliamo – 20.45 Radiofollie – 21.15 Grandi autori – 21.45 Incredibile ma vero – 22.15 Musica moderna – 22.30 L’Italia combatte – 23.00 Il compositore della settimana: Mozart – 23.35 Ora romantica – 00.30 Complessi jazz [ivi, p. 288-9].
51 A proposito di gerarchie d’ascolto, è interessante citare un documento sequestrato ad un antifascista dalla polizia, in cui non si faceva differenze, così come non la facevano gli ascoltatori: «Nell’Italia occupata dai germanici ci si lamenta spesso che le notizie sull’Italia liberata dagli angloamericani sono scarse e poco precise, perché in fondo non si può far conto che sulle trasmissioni di Radio Bari e di Radio Londra: le ultime sono troppo vaghe e portano soprattutto notizie a carattere militare, mentre le prime, che difficilmente si possono captare, sono più importanti, perché si occupano in primo luogo dei problemi italiani, ma non così numerose da accontentare tutti» [cfr. Riservato a Mussolini…, cit., p. 15].
Gianni Isola, Il microfono conteso. La guerra delle onde nella lotta di liberazione nazionale (1943-1945) in Mélanges de l’école française de Rome, Italie et Méditerranée, tome 108, n°1. 1996. pp. 83-124
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l’arbitrio è totale, soprattutto per un’entità affetta da una patologia di produzione sistematica compulsiva di menzogne.
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Stefano Benni: dietro l’umorismo, l’amore per la libertà
Il 9 settembre ci ha lasciati Stefano Benni, scrittore, regista, attore. Narratore mai prevedibile, ha esplorato generi narrativi sempre diversi senza mai rinunciare all’invenzione linguistica e all’umorismo, riservando la satira più severa al potere politico.
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Leggi il resto: argocatania.it/2025/09/11/stef…
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Noi vaghiamo nell’universo su un atomo opaco del male – Un film fatto bene di Franco Maresco
Recensione di “Un film fatto bene” di Franco Maresco
Se un fondamentale autore di cinema degli ultimi decenni come Franco Maresco dichiara a una testata specializzata (ma “popolare” come Film TV) a proposito della sua ultima opera “Un film fatto per bene”, in sala da poco e presentato a Venezia, qualcosa come ciò che segue, prima di scrivere una recensione bisogna pensarci per bene, o forse non farlo proprio:” è la cosa più vicina a quello che volevo per esprimere il mio annichilimento di fronte alla banalizzazione, all’appiattimento di qualsiasi cosa e quindi l’assoluta inutilità del continuare a fare cinema o arte in generale. Ancora 30/40 anni fa quando ho iniziato a lavorare, sembrava, sebbene non credessi che “la bellezza avrebbe salvato il mondo”, sembrava ancora che il cinema, il teatro, la letteratura potessero avere un senso o almeno ci si poteva illudere che ci fosse ancora uno spazio per l’arte. Oggi no, in poco tempo, accelerato dalla tecnologia, è tutto finito, è crollata ogni illusione in questo senso è un film durissimo senza speranza. Non si può prescindere da questa consapevolezza”.
E quindi, a essere rigorosi e consequenziali, potrei anche mettere un punto e la non – recensione, il testo migliore da ipotizzare, potrebbe anche finire qui, con una semplice glossa per chiudere: andatevi a vedere questo film per capire questa durissima dichiarazione di Franco Maresco, non state a farvelo spiegare da me.
Non servirebbe a nulla informarvi, come dice lui nella stessa intervista, che il film, che ha l’aspetto di un mockumentary e ricorda molto nella sua struttura Belluscone (anche qui c’è un amico che ricerca il regista scomparso che ha abbandonato un film, in quello c’era il grande Tatti Sanguinetti, qui invece c’è l’amico e sodale Umberto Cantone), sia più simile invece a un vero documentario, seppure sembri perfettamente sceneggiato e pensato: nel senso che è vera la storia che Maresco doveva girare un film su di un episodio palermitano di Carmelo Bene, che il regista ha davvero litigato con Andrea Occhipinti/Lucky Red e l’altro produttore, poi è sparito e alla fine, per salvare il salvabile, la decisione è stata di fare un film su tutta quanta questa storia, non essendoci nessuna possibilità di girare il film su Bene che lui avrebbe voluto fare, nel modo in cui lui avrebbe voluto farlo (ma l’aura del Maestro Carmelo in qualche modo aleggia per tutto il film).
Dice Maresco nella stessa intervista che nel suo cinema c’è un “peccato di presunzione”, cioè l’idea di voler fare sempre qualcosa di definitivo, un “atto di fede” che adesso è difficilissimo, chi dice il contrario lo dice per una questione di sopravvivenza, per non attaccarsi “alla canna del gas o (al)la canna di una pistola”: penso che non ci siano migliori parole per fotografare la situazione attuale, in particolare quella italiana, da tutti i punti di vista, soprattutto quello culturale, di questa atto di accusa e insieme dichiarazione di disperazione totale; per questo “Un film fatto per bene” è un’opera estremamente necessaria in questo momento, e INDISPENSABILE è andarlo a vedere. Non tanto per avere delle speranze impossibili in questo momento storico, ma per una questione di sanità mentale, secondo me: andarlo a vedere, passare questi 100 minuti circa con il meraviglioso teatrino dell’assurdo di Franco Maresco, che a un certo punto ritorna addirittura negli studi della leggendaria TVM, dove sono nati i primi vagiti di quello che sarebbe diventato Cinico TV, per rimettere in piedi la stessa modalità di crudeltà e di improvvisazione, di potenze espressiva, con questo metamovie fatto anche assemblando materiale prodotto con i mezzi più disparati (cellulare, digitale, pellicola), farà bene alla vostra sanità mentale, se siete fortunati ad averne ancora una.
È una fortuna, secondo me, anche il fatto che questo film esca prima dell’inizio della vera e propria nuova stagione, in poche sale, perché dovrete andarvelo a cercare, lo troverete se amate il cinema, potrete usarlo come un vaccino, un amuleto, un talismano, qualcosa che vi protegga dall’arrivo nefasto dei film mainstream che cominceranno a impestare le sale italiane tra circa un mesetto, che dovete vedere sineddoticamente anche prima della proiezione di questo film, in forma di trailer e già la loro forma sgraziata, banale, omogeneizzata, standardizzata non potrà non disturbarvi, quando davanti ai vostri occhi si presenterà il carosello sgangherato e geniale dell’immaginario mareschiano. Ma voi sarete in tal modo protetti, sarete puri nel vostro sguardo, quindi potrete andare avanti e magari accettare la scommessa di questo film che, cito ancora il regista, è in realtà quella che lui ha fatto con i suoi collaboratori e che vi invito a sperimentare:” io sostengo che dopo una ventina di minuti la sala si svuoterà e rimarranno solo i più masochisti e quelli che la notte prima non hanno dormito”. Io la notte prima avevo dormito benissimo, quindi non posso che concludere che sono masochista, insieme a tutti gli altri spettatori che erano in sala con me, che hanno spesso ridacchiato – un riso amarissimo ma inevitabile e spontaneo – di fronte alle immagini di “Un film fatto per bene”. Se poi volete sapere delle inquadrature, della sceneggiatura, degli attori, di Antonio Rezza che fa la Morte Depressa (moio!), di Francesco Musa e delle varie altre maschere non – attoriali estreme, della colonna sonora, del messaggio implicito ed esplicito, se tutto è a posto oppure no, vi vorrei rispondere come faceva il buon Paviglianiti in Cinico TV, ma sono troppo buono per farlo in questo momento: correte in sala subito e lo scoprirete da voi.
Falco Ranuli
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stufocto stufata stufando il sito della stuffa (lo stuff e la roba)
Poco fa stavo pensando che la stuffoctt si sta spegnendo… quindi condividete, se avete paura del freddo. Ma, a parte gli scherzi, mi secca un po’ che il sitino blogghino che creai qualche mese fa è caduto nel dimenticatoio senza nemmeno ufficializzarsi del tutto… e si, sarebbe colpa mia, perché se non io non c’è nessun’altra entità che ha il compito di scrivere cose lì sopra, ma non ho molte idee per cose piccole da poter fare più o meno al volo, anche in via parziale, così da poter fare tanto. Come direbbero i senza cuore: skill issue. 😶
Comunque, nei rari momenti in cui mi tornava in mente che questo sito esiste (anche se per i motori di ricerca esiste solo a metà… ci sarebbe da caricarci su un video dove piango e vedere se l’algoritmo di Google e Bing si smuove così, visto che per gli youtuber funziona), come appena qualche settimana o giorno fa, mi tornava in mente che sarebbe stato il caso di farci qualche ulteriore aggiustamento estetico-pratico, perché in tutto questo tempo di stasi non l’ho considerato a forma definitiva, non è mai stato completo… 📀
…E, se vorrei in realtà modificare abbastanza l’aspetto attuale in modo da renderlo parecchio più colorato, anziché ‘sto bianco da ospedale, ma non ho idea di come senza farlo sembrare il cesso di un asilo (ossia, simpatico per i bimbi ma un pugno nell’occhio per qualsiasi altra persona, me inclusa), almeno poco fa ho fatto degli aggiustamenti che lo rendono quantomeno leggibile… perché questo tema che dall’inizio ho scelto è oggettivamente ben fatto come layout, ma ha qualche problemino col testo e con la responsiveness… al punto tale che ho sempre paura, anche se nessuno me lo ha mai confessato (e io non ho traccianti che possano rilevarlo), che qualcuno possa abbandonare la lettura a metà proprio per quanto non si legga. 🐙
Premesso che cambiare tema (magari con uno di per sé più colorato, che davvero il fottuto bianco e nero su dispositivi capaci di mostrare milioni di colori non lo sopporto) non è un’opzione (e li ho riscorsi tutti oggi pomeriggio, per essere certa che fosse questo il caso come ricordavo solo vagamente), perché nessuno degli esistenti è già pronto per come mi serve, e dunque dovrei spendere fin troppi quarti d’ora a replicare le stesse modifiche che ho già fatto dentro l’attuale… poco fa ho fatto qualche piccolo aggiustamento, e penso sia andato tutto toppi, senza difficoltà. (In foto: a sinistra ora, a destra prima.) 😁
Oh, ora si gode! (Credo.) Ho tolto una regola CSS che rendeva il testo più piccolo su schermi più stretti della baseline desktop (…non capisco perché ci fosse, francamente), così come nei blocchi di codice in generale, e ho fatto sparire il padding enorme attorno al blocco principale della pagina su schermi anche medio-piccoli, perché probabilmente non dovrebbe essere lì visibile a rubare spazio prezioso sugli smartphone… ma sul mio smartphone purtroppo lo faceva, per l’appunto. E ne ho approfittato pure per aggiungere highlight.js al sito, che i blocchi di codice predefiniti, senza colori, fanno piangerissimo. 🕷️
Chissà se avere le pagine effettivamente guardabili, ora, mi farà risalire quelle ispirazioni mistiche… probabilmente no; le pareti sono ancora in ferie. Chiunque abbia idee allucinanti e incongruenti, ma che possono essere trasformate in gustosi post singoli in lingua italiana o inglese, preferibilmente in non più di 9 minuti e 59 secondi di tempo di lavorazione per ciascuno (esclusi i secondi che necessiterei per ingerire ossigeno ed espellere anidride carbonica mentre scrivo), me ne comunichi con generosità… per favore. (No, non escono mai idee interessanti chiedendo ispirazione alle intellighenzie artifiziali, ci ho già provato… mi si fornisca la dovuta freschezza dopo che io ho rinfrescato la stufa, suvvia.) 😳
#aggiornamenti #blog #design #siti #stuffoctt
Betterify (improve) theme & misc · octospacc/stuffoctt@560ebd2
A website for my stuff 📦. Contribute to octospacc/stuffoctt development by creating an account on GitHub.GitHub
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Il primo attacco contro una imbarcazione della “Global Sumud Flotilla” (GSF) poteva sicuramente considerarsi come un avvertimento in stile mafioso. Il secondo, arrivato a meno di 24 ore dal precedente, specialmente se sarà seguito da altri rappresenta invece una chiara “dichiarazione di guerra”.
Le modalità dell’attentato terroristico ci dicono anche altre cose: che l’intenzione di chi […]
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La puntata è disponibile qui: pca.st/ujo6byfv
Il fediverso e il futuro dei social
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“RUBARE allo STATO non è sempre reato” (mannaggia!)
A me capita di seguire vari avvocati su YouTube, ma certe volte mi chiedo se sarebbe meglio restare nell’ignoranza per le questioni di legge, perché altrimenti ci si fa il sangue amarissimo… non quanto il “caffè amaro come la vita”, ma molto peggio, perché almeno il caffè è gustoso, mentre la realtà del nostro mondo nemmeno per un cazzo. E stamattina, per l’appunto, chi mi ha ricordato ciò è stato l’avvochad Angelo Greco… 😭
youtube.com/watch?v=QtQ0T4fnxk…
In breve, in questo video dice una cosa che sappiamo tutti, cioè che rubare allo Stato, una condotta che a primo impatto parrebbe gravissima, a volte è legalmente permesso — e anzi, aggiungerei io che in certi casi è anche premiato, o quantomeno fare il contrario significa essere vittime di scherno e biasimo, paradossalmente… Qualcosa di già assurdo di per sé, ma mai quanto un’altra cosa che difficilmente ci viene in mente, cioè che invece i danni piccoli vengono puniti alla grande; l’esempio che lui fa, per dire, è che se qualcuno ti passa una banconota incaricandoti di andargli a comprare il gelato, e tu te ne scappi coi soldi invece di assolvere al compito informale e deciso a voce, ti becchi (fino a) 5 anni di carcere, “appropriazione indebita aggravata”… 💀
Insomma, questa è l’Italia. Ovviamente, questo fatto lo si può vedere applicato su una scala più ampia e totalizzante, dove la punizione è, con gran paradosso, sempre inversamente proporzionale alla colpa. E quindi, se rubi i soldi del gelato e la vittima ti denuncia vai in galera, se sei un borseggiatore che dalla mattina alla sera sta a rubare alle persone ti arrestano per qualche minuto ma poi torni in libertà, se sei un imprenditore che evade il fisco magari passi qualche brutta nottata ma alla fine non succede niente, e se invece sei un politico che usa i soldi pubblici per cose proprie non ti indagano nemmeno… figurati pagare multe o che… 🥱
Che schifo, davvero. Non trovo nemmeno qualcosa da dire per ribaltare tutto e ridere, a questo giro… la riflessione di oggi è davvero così tanto amara; mi dispiace se ho rovinato la giornata a qualcuno. E non so se sia più grave il fatto che, a dire il vero, le cose in questo paese sembrano andare così, all’incontrario, da quando questo esiste… o se la vera questione sia che andando avanti questi paradossi aumentano, anziché diminuire… in questa repubblica dove, nei tribunali, campeggia sempre la scritta “la legge è uguale per tutti“, nonostante il fatto che questa frase sia forse la più grande bugia di tutti i tempi, e i politici non fanno e faranno altro che prendere tutti per il culo… 🙁
#AngeloGreco #Italia #legge #riflessione #rubare
- YouTube
Profitez des vidéos et de la musique que vous aimez, mettez en ligne des contenus originaux, et partagez-les avec vos amis, vos proches et le monde entier.www.youtube.com
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from ‘my voice, my choice’: european commission finally proposes the suspension of the eu-israel trade agreement
Dear community,
We have encouraging news from the European Union. Today the president of the European Commission Ursula von der Leyen made a major announcement in her speech to the European parliament:
“We will propose sanctions on the extremist ministers and on violent settlers and we will also propose a partial suspension of the Association Agreement on trade-related matters.”
We have been calling for the suspension of the EU-Israel trade agreement for months with “Suspend the EU–Israel trade agreement. Stop the genocide.” that has already collected more than 375,000 signatures. It is unacceptable that the EU rewards Israel with preferential trade access that amounts to 28.8% of Israeli exports worth 15.9 billion euro a year, while a genocide is happening in Gaza.
Today’s announcement means the EU has taken 2 out of the 3 steps necessary to suspend the trade agreement. In July the official reviewrecognized that Israel is violating human rights, today the commission has proposed the suspension of the agreement and now it is up to the European council where the heads of all EU member countries will vote on the proposal.
The suspension will take effect only if a qualified majority of 15 member states representing at least 65% of the EU population will vote in for it. This means that we must pressure member states, especially Italy and Germany, that have been most hesitant to act, to do the right thing. The suspension of the trade agreement is crutial if we want to end the genocide in Gaza.
[share the petition]
In her speech von der Leyen pointed out that what is happening in Gaza has shaken the conscience of the world: that people are being killed while begging for food; that mothers are holding lifeless babies; that famine, created by human hands, can never be used as a weapon against civilians. She admitted that the European Union cannot afford to be paralysed when it comes to Palestine. Now it is up to the leaders of EU member states to also recognize these brutal facts.
We are watching closely, and we will keep you informed.
My Voice, My Choice team
#bambini #children #colonialism #EU #EUIsraelTradeAgreement #EuropeanCouncil #EuropeanParliament #EuropeanUnion #Gaza #genocide #genocideInGaza #genocidio #IDF #invasion #IOF #israelcriminalstate #israelestatocriminale #israelterroriststate #izrahell #massacri #MyVoiceMyChoice #myvoiceMychoiceOrg #Palestina #Palestine #sionismo #sionisti #starvingcivilians #starvingpeople #suspendTheTradeAgreement #tradeAgreement #UrsulaVonDerLeyen #warcrimes #zionism
My Voice, My Choice
Movement for safe and accessible abortion in Europe. Join us and be a part of change for Europe that is free, equal, and just for all. Together we are stronger.My Voice, My Choice
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Giunti a Bastia, Moris e “Coniglio” proseguirono in volo per Caserta
Il 17 ottobre ’43 Bourgoin [André Bourgoin della Sezione Italiana dell’OSS statunitense] fu anche visitato dal tenente generale Matteini del corpo ingegneri della marina italiana, il capitano Max Ponxo, uno dei leaders dell’Italian Naval Secret Services (SIS) della marina italiana, il sig. Maurizio Moris, un noto industriale e direttore generale delle compagnie “Bombrini Parodi Delfino” e “Innocenti”, i quali, arrivati a Napoli, fornirono alla missione dell’OSS informazioni militari d’interesse.
Maurizio Moris <57, in particolare, che parlava molto fluentemente italiano, francese, tedesco, spagnolo, portoghese e inglese, si offrì di ritornare immediatamente a Roma e di porsi a completa disposizione dei servizi segreti americani al fine di costruire una rete molto potente di agenti. La sua proposta fu accettata e la sua collaborazione fu, sin dall’inizio, orientata su speciali soggetti d’importanza militare.
[…] La missione di Maurizio Moris, per conto dell’OSS, mirava alla creazione di una rete di agenti nella Roma ancora occupata dai nazisti. Il 1° novembre 1943, insieme con due agenti e un radio operatore, che furono identificati nelle persone di Salvatore Piazza, Alfredo Rizza e del radio operatore, Giuseppe Auriemma, alias “Teresa”, essi attraversarono le linee nemiche nei pressi della regione di Alfedena. Il secondo giorno di viaggio, Moris e Piazza che si erano separati dai loro compagni Rizza e Auriemma, si imbatterono sciaguratamente in un campo minato tedesco. Moris restò gravemente ferito tanto che pensò che fosse in procinto di morire sul posto. Quindi mandò indietro Piazza affinché facesse rapporto a Bourgoin. Fu così prelevato dai tedeschi, trasportato in ospedale e grazie alla sua perfetta conoscenza del tedesco in grado di ricevere il necessario primo soccorso. Durante la notte, nonostante le ferite e il dolore, scappò dall’ospedale e facendo l’autostop raggiunse Roma a bordo di un carro armato tedesco. Una volta arrivato a Roma, fu curato da uno dei suoi amici e si nascose nell’appartamento di quest’ultimo. Finalmente fu sottoposto a un’operazione chirurgica durante la quale gli fu estratta dall’addome una scheggia di mina tedesca che lo aveva colpito e, infine, si rimise dopo ventidue giorni di ricovero. Mr. Moris si mise subito in contatto con la prima squadra di Roma agli ordini del tenente Menicanti e procurò loro un ingegnere esperto che riuscì a metterli in contatto con la base. Due volte il giorno venivano quindi inviate informazioni militari al Quartier Generale Alleato. Di fronte alla necessità di coordinare le azioni di tutti gli agenti che operavano nell’Italia occupata dai tedeschi, Moris e Menicanti chiesero di essere condotti sulla costa per poi recarsi a Caserta e discutere ivi le questioni di cui si stavano occupando a Roma.
Intanto, gli agenti Rizza e Auriemma, che avevano attraversato le linee nemiche il 1̊ novembre con Mr. Moris, arrivarono a Roma. Grazie al senatore Parodi, Auriemma fu impiegato sotto copertura nella compagnia “B.P.D”, mentre Rizza si mise in contatto con le autorità tedesche nella persona del tenente appartenente all’Abwehrlienst, Von Weich. Rizza fu, così, arruolato quale agente simulatore per ingannare i patrioti italiani combattenti nella regione di Faenza e, in seguito, accompagnato al fronte, dove gli furono fatte attraversare le linee verso gli Alleati sul fiume Garigliano, e dotato di un questionario sulle forze alleate. Rizza si presentò a Bourgoin, il quale ebbe forti dubbi sulla fedeltà dello stesso, tanto da essere indotto a contattare, il giorno seguente al suo arrivo, l’italiano CIC e la polizia, alle quali organizzazioni chiese di pedinare l’uomo durante la sua permanenza a Napoli. Due volte al giorno, la polizia compilava uno speciale rapporto sulle attività di questi e attraverso una donna appartenente alla stessa organizzazione, Bourgoin ottenne la prova che Rizza era più sotto il controllo tedesco che alleato e, dopo essersi consultato con il Commander in Chief dell’OSS presso la V Armata, colonnello Ellery Huntington Jr., decise di farlo arrestare dal CIC. Fu così che un’intera organizzazione di spie fu sgominata e arrestata nella stessa epoca nella regione di Napoli. Secondo la testimonianza di Bourgoin, Rizza fu, infine, trasportato negli Stati Uniti e collocato in un campo di concentramento <59.
Quando il sig. Moris fu ferito il 2 Novembre, egli ordinò a Piazza di tornare allo scopo di fare rapporto a Bourgoin ma, temendo che quest’agente potesse essere ucciso, mandò un soprintendente, tale Langella, per relazionare sulla medesima questione nonché attraversare le linee verso gli Alleati. Langella arrivò il 10 novembre e attraversò le linee nemiche a nord di Venafro con un radio operatore di nome Grandini Antonio, nome di battaglia Trieste, il 2 dicembre 1943. Nonostante le difficoltà, i due uomini arrivarono incolumi al Comando Operativo di Napoli e a Grandini fu dato un lavoro di copertura nella fattoria della “B.P.D.” quale contabile nonché un regolare passaporto tedesco per circolare in Italia.
[…] Una serie di missioni furono inviate partendo dal dicembre 1943 dalla Corsica verso l’Italia occupata dai Tedeschi. Una prima operazione via mare, denominata Richmond I, doveva essere fatta salpare da Bastia, Corsica. All’uopo, Bourgoin organizzò da Bastia un MAS italiano che doveva raggiungere la spiaggia di Fosso Tafone, tra Ansedonia e Montalto di Castro, per raccogliere i partecipanti. Salirono a bordo Maurizio Moris e Clemente Menicanti ”Coniglio”; accompagnati dall’ingegnere Prof. Calosi, esperto di bombe radiocomandate che viaggiava col fratello ufficiale di marina del Secret Intelligence Service (SIS) nonché con altri due ufficiali, sempre del SIS, capitani Cipicco e Filiani. Tutti questi uomini riuscirono a imbarcarsi incolumi, grazie all’opera del principe Boncompagni <73, noto latifondista della zona, che, essendo proprietario di un’immensa tenuta, assicurò agli agenti impegnati in questa missione un riparo, aiutandoli altresì con il suo proprio personale a organizzare la pianificata operazione speciale. Giunti a Bastia, Moris e “Coniglio” proseguirono in volo per Caserta – San Leucio, dove arrivarono lo stesso giorno, il 5 gennaio 1944. Immediatamente dopo, furono programmate e attuate altre due missioni marittime sempre da Bastia, Corsica e, attraverso le stazioni radio dell’OSS collocate a Roma, furono stabiliti segnali, tempi e comitati di accoglienza. Quale punto d’imbarco si dovette utilizzare lo stesso di cui alla precedente operazione: la lunga spiaggia alla foce del Fosso Tafone. La seconda missione, denominata Richmond II, fu affidata alla squadra composta dei seguenti agenti: Maurizio Moris; Clemente Menicanti, “Coniglio”; la signora Vera Vassallo; i signori Sergio Tavernari e Salvatore Piazza, accompagnati dal radio operatore Gorrini, alias ”Antonietta”. Nello stesso tempo, nove apparecchiature radio per tutti gli operatori radio della spedizione del menzionato sottomarino Axum nonché per Auriemma, alias “Teresa” e Grandini, alias “Trieste”, dovettero essere sbarcate sempre sulla spiaggia di Fosso Tafone. L’operazione avvenne nella notte del 17 gennaio 1944. Mr. Moris ricevette l’incarico di riportare indietro da Roma il colonnello Mario Badoglio <74, come sollecitato dal padre Pietro Badoglio all’OSS. Reutershan, che ordinò altresì che fosse accompagnato in tale missione dal sottotenente ventenne William Malcolm Callanan <76. Bourgoin tornò quindi a Caserta con Callanan il 2 gennaio 1944. Così lo stesso Bourgoin raccontava l’incontro con Badoglio: “Noi arrivammo a Brindisi il 31 dicembre e il Maresciallo [Badoglio, nda] ci chiese se fosse possibile riportargli nell’Italia liberata suo figlio il Colonnello Mario Badoglio. Rispondemmo al Maresciallo che avremmo fatto tutto il possibile per contattare suo figlio e introdurlo di nascosto da questo lato delle nostre linee. Quindi facemmo ritorno a Caserta il 2 gennaio 1944” <77. La missione Richmond II ebbe successo, ma sfortunatamente il colonnello Mario Badoglio che si nascondeva in un posto sicuro non arrivò in tempo e, quando la terza operazione, nome in codice Richmond III, iniziò, il 21 gennaio 1944, egli non era sulla spiaggia per essere imbarcato.
[NOTE]57 Maurizio Moris, nato a Moncalieri (Torino) nel 1893, era ingegnere. Iscritto al Partito Nazionale Fascista (PNF) ma descritto quale “intimamente antifascista”. Rimpatriato nel 1936, fu nominato Direttore tecnico della società Parodi – Delfino di proprietà dell’ingegner Leopoldo Parodi Delfino, nonché dell’Innocenti & Co. Anche Moris fu presentato a Bourgoin da “Pippo” Naldi e dunque faceva parte della medesima rete di agenti vicini al SIM. P. Tompkins riporta un rapporto OSS secondo il quale “sia Parodi che Innocenti elargivano fondi per i partigiani e agenti ma i soldi non sempre giungevano a destinazione”. P. Tompkins, L’altra Resistenza cit., nt. 6, p. 395.
59 La missione Teresa fu descritta senza significative divergenze da P. Tompkins, L’altra Resistenza cit., p. 55.
73 Il Principe Boncompagni Ludovisi fu arrestato a New York la mattina successiva al disastro di Pearl Harbour in quanto sospettato di collaborare con il Fascismo e quindi condotto nel centro di detenzione a Ellis Island. Earl Brennan ha raccontato che, con la garanzia di Girolamo Valenti, fu raggiunto un accordo tra i due gentiluomini, in virtù del quale il primo sarebbe stato rilasciato e in cambio avrebbe collaborato con l’OSS, accordo che nel periodo di guerra si sarebbe rivelato assai proficuo, perché “sia la sua competenza che la collaborazione nel trasmetterci informazioni utili e tempestive si rivelò progressivamente assai soddisfacente […] le vedute del Principe cambiarono ed egli divenne un collaboratore più volenteroso e utile.” E. Brennan, O.S.S. and the Italian Contribution cit., p. 266 e 267.
74 Mario Badoglio, figlio del più noto maresciallo Pietro Badoglio, Console Generale a Tangeri, dopo il 25 luglio accorse in volo a Roma in ausilio del padre, nominato Presidente del Consiglio. Si trovava con il padre al Ministero della Guerra nella notte tra l’8 e il 9 settembre. Restò a Roma, quando il Re, Badoglio e il Governo fuggirono a Pescara, fino al giorno dopo Pasqua, intorno alla fine di aprile ’44, quando fu individuato e arrestato dalla polizia tedesca a Roma, mentre aspettava di ricongiungersi col padre e, infine, tradotto in Germania. Si cfr. P. Badoglio, L’Italia nella seconda guerra mondiale cit., p. 117.
75 Tale, circostanza fu riferita direttamente a Roosevelt in una delle missive intercorse tra i due Capi di Stato e, precisamente, in una di fine aprile ’44, nella quale Badoglio così scriveva “l’ultimo dei miei ragazzi che mi aspettava a Roma è stato seguito e arrestato due giorni fa dalla polizia tedesca”. M. Corvo, La Campagna d’Italia dei Servizi Segreti Americani in Italia cit., p. 315.
76 Il sottotenente ventenne “dalla faccia pallida”, William Malcolm Callanan, fu ufficiale d’intelligence assegnato al distaccamento dell’OSS presso la V Armata compilò un rapporto in cui evidenziò il valore e il volume delle informazioni militari trasmesse da radio “Vittoria” a Roma durante l’occupazione nazista. Si cfr. P. Tompkins, L’altra Resistenza cit., nt. 8, p. 404; Id. Una spia a Roma cit., pp. 369-370.
77 «We arrived in Brindisi on the 31st of December and the Marshal asked us whether it would be possible to bring back in liberated Italy his son, Colonel Mario Badoglio. We answered the Marshal that we would do all things possible to contact his son and smuggle him on this side of our lines. We returned to Caserta on the 2nd of January, 1944». A. Bourgoin, From 20th September 1943 to 26th January 1945 cit., p. 49.
Michaela Sapio, Servizi e segreti in Italia (1943-1945). Lo spionaggio americano dalla caduta di Mussolini alla liberazione, Tesi di Dottorato, Università degli Studi del Molise, 2012
#1943 #1944 #agenti #AndréBourgoin #Caserta #Corsica #fascisti #gennaio #II #italiani #MaurizioMoris #MichaelaSapio #missione #Napoli #OSS #ottobre #Richmond #segreti #servizi #Sis #tedeschi #Teresa
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L’avvento dell’ABCA: il cinema burkinabè entra in una nuova era.
Il 4 settembre 2025, un evento significativo ha segnato un capitolo fondamentale nell’evoluzione della cosiddetta settima arte in Burkina Faso. Durante una conferenza a Ouagadougou, i professionisti dei media sono stati resi partecipi della recente creazione dell’Agenzia Burkinabè della Cinematografia e dell’Audiovisivo (ABCA). Questa innovativa istituzione è il risultato di un lungo processo di riflessione, finalizzato a ristrutturare profondamente il settore cinematografico nazionale.
Secondo quanto affermato da Alex Moussa Sawadogo, direttore generale dell’ABCA, l’agenzia nasce dalla fusione di diverse entità, tra cui l’Istituto Superiore dell’Immagine e del Suono (ISIS), la Delegazione Generale del FESPACO, il Segretariato Tecnico del Centro Nazionale della Cinematografia e dell’Audiovisivo, insieme alla Direzione della Cinematografia e dell’Audiovisivo. Questa unione rappresenta non solo una riorganizzazione, ma una vera e propria rinascita del cinema burkinabè.
L’ABCA ha chiare missioni e obiettivi ambiziosi: sviluppare l’intera catena del valore del cinema e dell’audiovisivo, garantire la regolamentazione e il controllo del settore, e formare gli attori coinvolti. “Il nostro compito è anche quello di promuovere e diffondere le opere, preservare e valorizzare il nostro patrimonio culturale, e rafforzare la cooperazione sia a livello nazionale che internazionale,” ha dichiarato Sawadogo. Con queste parole, il direttore ha sottolineato l’importanza di una struttura che si fa carico delle necessità del settore in un contesto sempre più competitivo.
Una delle ambizioni principali dell’agenzia consiste nel strutturare gli operatori del settore e istituire una biglietteria nazionale, al fine di regolare meglio l’esercizio commerciale dei film. “L’ABCA arriva in un momento cruciale per riposizionare il Burkina Faso come un vero e proprio hub della creazione cinematografica,” ha aggiunto Sawadogo. Questo progetto non solo mira a valorizzare le storie raccontate secondo il punto di vista burkinabè, ma anche a trasformare il cinema in un settore socio-economico rilevante, dando l’opportunità ai talenti locali di brillare sulla scena mondiale.
Per realizzare tali obiettivi, l’ABCA si compone di vari dipartimenti, tra cui l’ISIS Studio École (ISIS-SE) dedicato alla formazione di professionisti e il FESPACO, la biennale panafricana del cinema. Inoltre, vi è un reparto dedicato al finanziamento di progetti cinematografici e alla cinematografia africana di Ouagadougou.
In un contesto globale dove la creatività è sempre più competitiva, l’ABCA si presenta come una risposta concreta all’esigenza di accompagnare l’innovazione e dare voce al cinema burkinabè e africano. Con questa nuova struttura, il Burkina Faso potrà non solo preservare la sua eredità culturale, ma anche promuovere una narrazione autentica e coinvolgente che contribuisca al panorama cinematografico internazionale.
Fonte: burkina24.com
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La Luna e i falò: “Pavese e l’amara nostalgia di un’identità perduta”
Indice dei contenuti
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- Trama
- La vendemmia
- Significato del Falò
- Significato della Luna
- La chiesa
- Personaggi principali
- Il legame tra Anguilla e Nuto
- Le letture che Nuto consiglia al protagonista
- Significato
- Cinto
- Ruolo simbolico
- Stereotipi e rovesciamento
- Significato nel romanzo
- Santina, un personaggi dalle molte sfaccettature
- Santina e il fascismo
- Pavese mostra Santina come un personaggio ambiguo e contraddittorio
- Riflessioni personali
Title:
La luna e i falò
Author:
Cesare Pavese
Genre:
narrativa
Publisher:
Einaudi
Pages:
174
Source:
einaudi.it/catalogo-libri/narr…
Cesare Pavese (1908-1950) è stato un importante scrittore, poeta e traduttore italiano, considerato uno dei maggiori esponenti della letteratura del Novecento. Nato a Santo Stefano Belbo, in Piemonte, Pavese si laureò in lettere e iniziò la sua carriera come traduttore di opere americane.
La sua scrittura è caratterizzata da una profonda introspezione e una riflessione sulla solitudine e l’esistenza umana. Tra le sue opere più celebri ci sono “La luna e i falò”, “Il mestiere di vivere” e “Tra donne sole”. Pavese affrontò temi come l’amore, la morte e il legame con la propria terra.
Oltre alla narrativa, Pavese scrisse anche poesie e saggi. La sua opera fu influenzata dalle esperienze personali, tra cui la sua lotta contro la depressione. Morì nel 1950 a Torino, in circostanze tragiche, ma il suo lascito letterario continua a essere studiato e apprezzato.
Trama
La luna e i falò, pubblicato nel 1949 da Cesare Pavese, è un romanzo intenso che racconta il ritorno di Anguilla nel suo paese natale, dopo aver vissuto molti anni in California. Il romanzo intreccia memoria, territorio, storia e riflessioni sociali, descrivendo un Piemonte rurale nel dopoguerra e nel periodo successivo alla liberazione del 25 aprile.
La vicenda tocca la Resistenza, il periodo difficile della guerra e della ricostruzione, mostrando come i contadini abbiano vissuto la libertà conquistata con fatica e senso di responsabilità. Pavese descrive la povertà diffusa e le differenze tra contadini e signori: i primi lavorano duramente la terra, mentre i secondi godono di privilegi, controllano le proprietà e le gerarchie sociali.
La vendemmia
Un elemento centrale del romanzo è la vendemmia, raccontata come un vero rito collettivo: la raccolta dell’uva unisce i contadini in lavoro e socialità, ma è anche un momento di fatica e riflessione. La festa dopo la vendemmia celebra il raccolto, rafforzando i legami comunitari e offrendo un’occasione di gioia e condivisione. La luna illumina le notti di lavoro e le veglie dei falò, simboli della ciclicità della vita e della memoria della comunità. I falò rappresentano la comunione, la fatica collettiva e la continuità della tradizione contadina.
Significato del Falò
Ritualità e Tradizione: I falò rappresentano rituali legati alla tradizione contadina. Essi evocano una connessione con la terra e le origini, richiamando il calore e la comunità.
Illuminazione e Riflessione: Il falò simboleggia anche la luce in mezzo all’oscurità, una fonte di calore e conforto, ma al contempo può rappresentare la fragilità e l’effimero di certe esperienze di vita
Memoria e Nostalgia: Attraverso il falò, Pavese esprime nostalgia per un passato idealeizzato, un momento di riunione e di condivisione che contrasta con l’alienazione della vita moderna.
Trasformazione e Rinnovamento: Il falò può essere visto come un simbolo di trasformazione, dove il fuoco purifica e crea spazio per nuove esperienze, riflettendo il percorso di crescita personale del protagonista.
Significato della Luna
Simbolo di Nostalgia: La luna rappresenta il legame con il passato e i ricordi. Il protagonista, attraverso la sua visione della luna, riflette sulla sua infanzia e sulle esperienze vissute. La luna diventa quindi un simbolo di nostalgia e di una ricerca di un tempo perduto.
Contrasto tra Luce e Ombra: La luna illumina la notte, ma al contempo evidenzia le ombre e le parti oscure della vita. Questa dualità riflette le esperienze del protagonista, che si trova a confrontarsi con le bellezze e le difficoltà della vita.
Riflessione sull’Identità: La luna, nel suo ciclo di fasi, può simboleggiare anche i cambiamenti dell’individuo. Il protagonista cerca di comprendere la propria identità e il proprio posto nel mondo, e la luna diventa un elemento che accompagna questa ricerca interiore.
Collegamento con la Natura: La luna è anche un simbolo della connessione con la natura e il paesaggio piemontese, che fa da sfondo alla narrazione. Questa connessione rappresenta un ritorno alle origini e alle radici, temi molto cari a Pavese.
La luna non è solo un elemento descrittivo, ma un simbolo ricco di significati che accompagna il protagonista nella sua introspezione e nel suo viaggio esistenziale. La sua presenza sottolinea la bellezza e la complessità della vita, con tutte le sue luci e ombre.
La chiesa
Pavese inserisce anche aspetti legati alla Chiesa, alla politica e alla stampa, che influenzano l’opinione pubblica e i discorsi della comunità, sottolineando come i valori, le gerarchie e le credenze modellino la vita rurale nel dopoguerra. Il ritorno di Anguilla dalle terre lontane della California è uno strumento per confrontare esperienze diverse e per misurare il cambiamento nel tempo e nello spazio. La frase che riassume perfettamente uno dei temi principali del romanzo è: “L’ignorante non si conosce mica dal lavoro che fa, ma da come lo fa”, enfatizzando l’onestà e la dignità del lavoro al di là della posizione sociale.
Personaggi principali
Anguilla
Anguilla è il protagonista del romanzo, un giovane che dopo anni vissuti in California ritorna nel suo paese natale in Piemonte. Rappresenta il ritorno alle radici, la ricerca di un senso di appartenenza e l’elaborazione del passato. Attraverso i suoi occhi, Pavese mostra il contrasto tra il mondo rurale della povertà contadina e le esperienze all’estero. Anguilla incarna il viaggio interiore e fisico, la nostalgia, la riflessione sulla propria identità e la tensione tra il desiderio di progresso e la fedeltà alle tradizioni.
Nuto
Nuto è un personaggio emblematico del mondo contadino e delle gerarchie sociali locali. È il figlio di un piccolo proprietario terriero, benestante rispetto agli altri contadini. Nuto rappresenta il legame con il passato e con la comunità, ma anche le contraddizioni sociali: da una parte amico e confidente, dall’altra simbolo delle differenze di classe tra chi possiede la terra e chi la lavora.
Il legame tra Anguilla e Nuto
Il rapporto tra i due è complesso e ambivalente: Amicizia e complicità: Nuto conosce Anguilla sin dall’infanzia e rappresenta un ponte tra il passato e il presente. I loro dialoghi e momenti condivisi mostrano una profonda intesa, basata sulla conoscenza reciproca e sull’esperienza comune della vita contadina.
Contrasto sociale e morale: Nuto incarna anche il mondo dei signori e dei privilegi, pur non essendo completamente distante dalle difficoltà del lavoro contadino. Questo crea tensioni interiori in Anguilla, che riflette sulla giustizia sociale e sulle differenze tra persone.
Specchio dell’identità: Anguilla vede in Nuto un riflesso del paese che ha lasciato, un punto di riferimento per confrontare cambiamento e continuità. Nuto, a sua volta, rappresenta per Anguilla il legame con la comunità e la memoria delle tradizioni, senza le quali il ritorno perderebbe senso. Simbolo della nostalgia e della memoria: Entrambi, nel loro legame, incarnano la tensione tra passato e presente, tra il desiderio di progresso e la forza delle radici. Nuto permette ad Anguilla di misurare quanto il paese sia cambiato e quanto lui stesso sia cambiato durante gli anni in California.
In sintesi, Anguilla e Nuto sono specchi l’uno dell’altro: Anguilla porta lo sguardo esterno e il viaggio interiore, Nuto rappresenta continuità, appartenenza e confronto con le strutture sociali locali. La loro amicizia è fondamentale per comprendere i temi del romanzo: memoria, radici, differenze sociali, povertà e il senso di identità nel dopoguerra.
Le letture che Nuto consiglia al protagonista
Nuto invita il narratore (Anguilla) a leggere libri che non siano “favole” ingenue, ma testi capaci di farlo riflettere sulla realtà sociale, sulla storia e sulle ingiustizie.
Mentre il protagonista da bambino si nutriva di racconti semplici, intrisi di immaginazione e stereotipi (come le favole del principe che salva la principessa), Nuto lo spinge verso una lettura adulta, concreta e critica, che serve a comprendere il mondo e non a illudersi.
Significato
Nuto rappresenta la voce della coscienza, della Resistenza e dell’impegno politico e sociale.
Le letture che propone diventano un contrappeso alle illusioni infantili: servono a “smascherare” lo stereotipo delle favole e a capire che la vera vita non ha un lieto fine scontato, ma va affrontata con consapevolezza e responsabilità.
Attraverso i libri, Nuto vuole formare l’amico a un pensiero più maturo, dove la libertà e la dignità non si aspettano da un salvatore esterno (un “principe”), ma si costruiscono con la propria lotta.
In pratica, le letture consigliate da Nuto sono lo strumento con cui Pavese mostra il passaggio dal mondo ingenuo delle favole alla realtà adulta della storia e della società.
Cinto
Cinto è un ragazzino poverissimo e storpio, che vive nella cascina della Mora insieme al padrone Valino, uomo duro e violento.
Il protagonista Anguilla lo incontra al suo ritorno dall’America e lo guarda quasi come un riflesso del sé bambino: anche lui è cresciuto in miseria, in una campagna piena di fatiche e ingiustizie.
Ruolo simbolico
Specchio del protagonista: Cinto rappresenta ciò che Anguilla era da piccolo: un orfano povero, senza protezione, costretto a subire la durezza della vita.
Il futuro negato: la sua deformità fisica e la condizione di sfruttamento mostrano come nei contadini non ci sia spazio per favole di riscatto o “principi salvatori”.
L’innocenza ferita: Pavese mette in lui la speranza di un riscatto (Anguilla vorrebbe portarlo via con sé), ma il destino lo colpisce tragicamente: Valino, in un gesto di disperazione, dà fuoco alla cascina e muore con la famiglia, mentre Cinto si salva per miracolo.
Stereotipi e rovesciamento
Nei racconti fiabeschi, il bambino povero o menomato viene spesso “salvato” e trova il lieto fine.
Pavese rovescia questo schema: Cinto non è salvato da un eroe, né diventa principe. Sopravvive, ma resta solo, ferito e senza garanzie per il futuro.
Significato nel romanzo
Cinto è la prova che la vita contadina non è una favola: non offre riscatto facile, ma solo fatica e dolore. Attraverso di lui, Pavese sottolinea la continuità della miseria: ciò che Anguilla ha sofferto da bambino si ripete identico nelle nuove generazioni.
È il personaggio che più mette in luce la disillusione del protagonista e la morale del romanzo: non ci sono principi né magie, ma solo memoria, radici e la consapevolezza della durezza del vivere.
Santina, un personaggi dalle molte sfaccettature
Santina è un personaggio chiave con molte sfaccettature, che rappresenta un legame profondo con il passato e con le radici del protagonista, Anguilla. Santina è descritta come una figura simbolica e carismatica, incarnando l’ideale di una bellezza e di una vita semplice, legata alla terra e alla tradizione.
Il suo personaggio evoca sentimenti di nostalgia e un forte desiderio di connessione con le origini. La sua presenza nel romanzo riflette i temi del ritorno, della ricerca di identità e della lotta tra il mondo moderno e quello tradizionale. Santina è quindi non solo una persona, ma un simbolo delle esperienze e delle emozioni che il protagonista vive durante il suo viaggio alla ricerca di sé stesso e del significato della sua esistenza.
Pavese utilizza Santina per esplorare la complessità dei legami umani e il modo in cui il passato influisce sul presente.
Santina e il fascismo
Santina incarna in un frammento del testo, il lato oscuro della femminilità: non più musa o sogno adolescenziale, ma figura corrotta e corruttrice, che usa il suo fascino per sopravvivere e dominare.
Rappresenta anche la disillusione politica e morale: la guerra ha distrutto ogni illusione di purezza, mostrando come la realtà sia complessa, fatta di compromessi e tradimenti.
Pavese mostra Santina come un personaggio ambiguo e contraddittorio
Santina e il passaggio ai partigiani
Dopo essere stata amante dei fascisti e delle brigate nere, Santina cerca di salvarsi a guerra quasi finita, passando dalla parte dei partigiani.
Non lo fa per convinzione politica, ma per opportunismo e paura: capisce che i fascisti stanno perdendo e tenta di cambiare bandiera per sopravvivere.
I partigiani però non si fidano: la considerano una traditrice e la condannano a morte.
Viene giustiziata come collaborazionista, esempio della durezza della giustizia sommaria della Resistenza.
Significato simbolico
Santina rappresenta la corruzione morale e l’egoismo di chi, invece di scegliere con coscienza, cambia campo solo per convenienza.
In lei Pavese denuncia la guerra civile come terreno di ambiguità e brutalità, dove non c’è spazio per le favole né per i lieti fini.
Analisi psicologica dei personaggi
Dal punto di vista psicologico, il romanzo può essere interpretato attraverso diverse teorie:
-Erik Erikson – sviluppo dell’identità: Anguilla attraversa una fase di crisi d’identità, cercando di conciliare il sé lontano (California) con le radici nel paese natale. Il ritorno alle origini rappresenta una ricerca di integrazione tra passato e presente.
-John Bowlby – teoria dell’attaccamento: Il legame con la terra, le persone e la comunità rappresenta una “base sicura”, mentre la lontananza genera ansia e senso di perdita.
-Sigmund e Anna Freud – psicologia del trauma: Gli eventi della Resistenza e il dopoguerra lasciano tracce nei personaggi, con memorie traumatiche che si manifestano in riflessioni e simboli (luna, falò, terre).
-Kurt Lewin – psicologia sociale: La differenza tra contadini e signori e i riti collettivi come la vendemmia evidenziano come norme sociali e dinamiche di gruppo, influenzino comportamento e decisioni individuali.
-Abraham Maslow – piramide dei bisogni: Anguilla e gli altri personaggi cercano di soddisfare bisogni primari di sopravvivenza, appartenenza e realizzazione personale, attraverso lavoro, comunità e riflessione sulla propria identità.
In questo modo, Pavese non descrive solo paesaggi e società, ma approfondisce la psicologia dei personaggi, i loro conflitti interiori e la tensione tra radici, memoria e aspirazioni personali.
Riflessioni personali
Leggere La luna e i falò significa immergersi in una dimensione di ritorno, memoria e perdita. Il narratore, Anguilla, torna nel suo paese d’infanzia sperando di ritrovare radici e senso dopo anni di lontananza, ma scopre che nulla è più come prima: i luoghi sono cambiati, le persone sono morte o trasformate, la guerra ha lasciato ferite insanabili.
La luna e i falò, due immagini forti che danno il titolo al romanzo, rappresentano poli opposti: la luna come desiderio di permanenza, ciclicità, sogno di un ordine universale; i falò come distruzione, violenza, roghi che cancellano corpi e storie. In mezzo a questo contrasto si muove l’uomo, che cerca un senso e un’appartenenza ma deve fare i conti con l’inevitabile disgregazione del tempo e della storia.
Ciò che colpisce è la tensione tra il bisogno umano di “ritornare a casa” e l’impossibilità reale di farlo. Non esiste un ritorno puro, perché il passato non torna: resta solo la memoria, spesso ingannevole, e l’impronta di ciò che si è vissuto. In questo senso, il romanzo parla non solo della Resistenza e di un’Italia spaccata, ma di una condizione umana universale: tutti noi cerchiamo un “nido”, un’origine, e tutti ci scontriamo con la consapevolezza che quel nido non può più accoglierci. La teoria di Bowlby, in psicologia, spiega scientificamente come la presenza di una base sicura sia fondamentale per lo sviluppo di una persona, il romanzo di Pavese ne offre una dolorosa e poetica rappresentazione attraverso la figura di Anguilla. Anguilla, il “senza nome”, è la prova che senza un luogo (fisico o affettivo) a cui poter tornare, l’esplorazione del mondo si trasforma in un vagabondare senza meta, e la ricerca di sé si conclude con l’amara consapevolezza di non appartenere a nessun luogo.
Forse la verità sta nell’accettare il movimento: come la luna che ritorna e come i falò che bruciano, anche l’esistenza alterna luce e perdita. Pavese ci ricorda che il senso non è nel recuperare il passato, ma nel saperlo guardare e trasformare in coscienza.
La Luna e i falò: “Pavese e l’amara nostalgia di un’identità perduta”
La Luna e i falò: “Pavese e l’amara nostalgia di un’identità perduta” - Recensioni libri - Il Mago di OzCristina Desideri (Magozine.it)
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Daniel Love sui sogni lucidi: miti e ricerca scientifica
Ringraziamo Daniel Love, uno dei massimi esperti internazionali di onirologia e studioso del sonno, per averci concesso questa intervista. Con un approccio rigorosamente scientifico, ha aiutato centinaia di migliaia di persone a scoprire i benefici dei sogni lucidi e a sviluppare una maggiore consapevolezza. Autore di best-seller come Are You Dreaming?: Exploring Lucid Dreams, fondatore dell’International Lucid Dreaming Day e divulgatore seguitissimo sul suo canale YouTube e sul sito ufficiale, Daniel Love è un punto di riferimento mondiale per chi cerca chiarezza in un campo spesso confuso da miti e false credenze.
In questa intervista parliamo di temi centrali: dalla distinzione tra sogno lucido e viaggio astrale o esperienze fuori dal corpo, al ruolo della ricerca scientifica e delle neuroscienze, fino all’impatto della mindfulness e delle nuove tecnologie come le mascherine per i sogni lucidi. Le sue risposte offrono spunti preziosi per chi vuole imparare tecniche affidabili per sognare lucido, evitando sensazionalismi e trovando un approccio autentico a questo affascinante mondo.
Domanda. Esiste un dibattito acceso sulla distinzione tra sogni lucidi ed esperienze extracorporee, con alcuni ricercatori che sostengono che non ci sia una differenza sostanziale, ma solo terminologica (come nel caso di Raduga), mentre altri li considerano fenomeni distinti. Qual è la tua posizione su questo tema e perché la ricerca scientifica non ha ancora chiarito del tutto questa distinzione?
Risposta. La risposta breve è che sono diverse, ma solo se si tiene a essere precisi, cosa che, a mio parere, dovremmo fare. Il sogno lucido è uno stato psicologico ben documentato che si verifica nel sonno REM, in cui chi sogna si rende conto di stare sognando. La proiezione astrale, invece, è una credenza culturale e spirituale, essenzialmente una narrazione che viene applicata a certe esperienze mentali (spesso sogni lucidi mal interpretati, ipnagogia o paralisi del sonno). Il problema è che le persone spesso le confondono perché possono sembrare molto simili a livello soggettivo. Inoltre, c’è una tendenza a sperare che queste esperienze confermino le nostre convinzioni preesistenti.
Perché la scienza non ha “risolto” la questione? Principalmente perché la scienza non studia realmente la proiezione astrale: non si può facilmente misurare l’affermazione soggettiva di un’anima che vola per il cosmo. Inoltre, i pochi studi seri hanno confutato in modo definitivo le affermazioni fatte, quindi, una volta che la scienza ha avuto la sua risposta, si è dedicata a spiegazioni più ragionevoli.
Ciò che possiamo misurare è l’attività cerebrale durante i sogni, e tutte le prove affidabili indicano che il sogno lucido, o stati di sogno simili e meno consapevoli, sono la spiegazione più comune per il cosiddetto viaggio astrale. La spiegazione astrale è interessante dal punto di vista storico e culturale, ma scientificamente non è affatto supportata. Per me la distinzione è importante, altrimenti si cade in un caos di linguaggio vago in cui tutto è permesso (e diventa impossibile imparare o insegnare).
D. Ci sono stati alcuni studi che hanno suggerito la possibilità di comunicare tra sognatori lucidi in fase REM, seppur in modo rudimentale. Qual è il tuo punto di vista su queste ricerche? Hai mai avuto esperienze personali o testimonianze affidabili di comunicazione in sogno con altri sognatori lucidi?
R. Sì, nel corso degli anni sono state fatte alcune ricerche interessanti che dimostrano che chi fa sogni lucidi può rispondere a domande esterne mentre sogna, usando segnali oculari o addirittura risolvendo semplici problemi matematici. Penso che sia una cosa notevole e sono contento che la gente la stia esplorando. Ma non romanticizziamola troppo: non siamo ancora al punto in cui chi sogna può avere lunghe conversazioni nel sonno REM come se fosse al telefono. È più come ricevere qualche battito di codice Morse. È interessante, ma i media l’hanno gonfiata in modo esagerato.
Personalmente, non ho mai avuto un’esperienza che potrei definire una vera comunicazione “telepatica” a due vie con un altro sognatore (a parte i resoconti aneddotici di sogni, che sono notoriamente inaffidabili). La ricerca su una segnalazione più concreta è promettente, ma al momento siamo ancora agli inizi e, francamente, è limitata per principio e per design. Quasi sicuramente non avremo mai un “internet dei sogni”, a meno che strumenti come Neuralink non prendano piede.
D. Si parla spesso delle capacità del sogno lucido di attingere a conoscenze dell’inconscio personale, ma c’è anche chi sostiene che possa connettersi a un inconscio collettivo, come teorizzato da Jung. Ad esempio, alcuni sognatori raccontano di ricevere da un defunto informazioni che non conoscono e che si rivelano veritiere una volta svegli. Qual è il tuo punto di vista su questo fenomeno?
R. Jung aveva delle idee molto poetiche, ma le prove di un inconscio collettivo letterale sono praticamente inesistenti. Quando le persone dicono di aver sognato qualcosa che “non potevano sapere”, tendo a vederlo come una combinazione di coincidenza, stranezze della memoria e interpretazione successiva (la mente è un’esperta nel ricamare una narrazione convincente partendo da pochissimo. Lo vedevo sempre quando lavoravo come mago: le persone riferivano che avevo fatto miracoli che non erano mai avvenuti).
Detto questo, i sogni danno accesso ai processi inconsci, ma è il tuo inconscio. Intuizioni subconsce, ricordi dimenticati a metà, piccoli frammenti di informazioni che hai raccolto senza accorgertene. Questo è di per sé potente, senza dover invocare un database telepatico e mistico dell’umanità. E, francamente, l’idea è incredibilmente antropocentrica e un po’ priva di umiltà.
D. Nei tuoi video, mostri spesso una chiara distinzione tra la lucidità nel sogno e la ‘lucidità’ applicata alla vita di veglia. Come definiresti e quali sono i confini (o le intersezioni) tra la consapevolezza che si sviluppa nei sogni lucidi e la mindfulness o altre pratiche di lucidità nella vita reale? Perché è così importante, a tuo avviso, mantenere questa distinzione?
R. Questo è un punto fondamentale. Probabilmente il più grande. A mio avviso, il sogno lucido e la mindfulness vengono spesso confusi, ma non sono assolutamente la stessa cosa. Il sogno lucido è il riconoscimento di trovarsi in uno stato onirico, attraverso il pensiero critico e la conclusione logica. La mindfulness è prestare un’attenzione più vaga alla propria esperienza attuale. Si sovrappongono (la mindfulness può aiutarti a capire quando stai sognando), ma confonderle è un pensiero davvero superficiale, anche se incredibilmente comune negli angoli più new age della comunità del sogno lucido.
Se ti stai chiedendo perché la distinzione sia importante, la risposta è perché la lucidità nei sogni richiede un tipo molto specifico di metacognizione: la capacità di uscire dal proprio modello di realtà e dire “aspetta un attimo, forse questo non è come sembra”. Se lo confondi con la mindfulness generale, diluisci entrambe le pratiche. È come confondere l’astronomia con l’astrologia solo perché entrambe riguardano le stelle. Hanno temi simili, ma risultati molto diversi.
D. Quali sono, secondo te, le aree di ricerca più promettenti nel campo dei sogni lucidi nei prossimi 5-10 anni? Pensi che la neuroscienza possa un giorno sbloccare i misteri della coscienza onirica in modo definitivo, o ci sono limiti che rimarranno invalicabili?
D. Quali sono le aree più promettenti? Le neuroscienze stanno lentamente svelando come il cervello costruisce i sogni in primo luogo; i modelli di elaborazione predittiva sono particolarmente affascinanti. Sta emergendo anche la possibilità di mappare il contenuto dei sogni in tempo reale, anche se siamo ancora lontani.
La scienza risolverà ogni cosa? Probabilmente no. Ci sono dei limiti: dopotutto, l’esperienza soggettiva è privata e il linguaggio stesso è impacciato nel catturarla. Ma penso che avremo un quadro molto più chiaro dei meccanismi del sogno nel prossimo decennio.
R. Con l’emergere di nuove tecnologie come le mascherine per i sogni lucidi e dispositivi per il monitoraggio del sonno, si pone sempre più l’interrogativo su quale sia il ruolo degli strumenti esterni rispetto alle tecniche puramente mentali o psicologiche. Come valuti l’impatto di queste innovazioni sul futuro della pratica del sogno lucido, e qual è il tuo consiglio per chi cerca un approccio equilibrato?
D. La nuova ondata di maschere e gadget è più o meno una riproposizione dei principi che Hearne e LaBerge hanno sperimentato negli anni ’90. Stanno certamente migliorando rispetto alla tecnologia più vecchia (che era per lo più poco più che luci lampeggianti legate al viso). Ma il problema è questo: i gadget saranno sempre limitati dalla psicologia di chi sogna. Se non hai la mentalità e le competenze giuste, una maschera non ti renderà magicamente lucido, e chiunque le commercializzi in questo modo sta semplicemente ingannando i clienti.
Il mio consiglio è di trovare un equilibrio: sperimenta pure gli strumenti se ti va, ma non trascurare l’allenamento mentale. E di certo non spendere centinaia di euro per un dispositivo che fa promesse impossibili. Altrimenti ti ritroverai con un oggetto molto costoso che prende polvere e una lezione di vita sul discernimento.
R. Nei tuoi video, ti impegni spesso a sfatare miti e malintesi comuni sui sogni lucidi. Qual è, a tuo parere, la ‘falsa credenza’ più pericolosa o dannosa che hai incontrato nella comunità dei sognatori lucidi, e come cerchi di correggerla?
D. Che il sogno lucido sia facile, istantaneo o che si possa imparare in una notte. Questo vende libri e video su YouTube, ma lascia i principianti disillusi quando falliscono dopo pochi tentativi. Peggio ancora, mina la vera scienza dipingendo il sogno lucido come una sorta di trucco da salotto.
Allo stesso modo, c’è un termine assurdo in circolazione, “onnilucidità”, che è essenzialmente il concetto assolutamente ridicolo (e del tutto antiscientifico) che si possa essere lucidi in ogni sogno. È una parola inventata da persone che inventano cose. Se la senti, sai che sei finito nel lato oscuro e disinformativo del sogno lucido e dovresti prendere tutto non con un pizzico, ma con un pianeta intero di sale.
Cerco di correggere questi concetti essendo brutalmente onesto: il sogno lucido richiede pazienza, costanza e una mentalità critica. Non trasformerà ogni sogno, non ti renderà un maestro illuminato, né è la soluzione a tutti i tuoi problemi. Ma ne vale la pena, perché è un’affascinante incursione nel confine selvaggio della mente umana. E svilupperai abilità utili proprio perché non è istantaneo.
D. Come vedi l’evoluzione della comunità online dei sognatori lucidi nei prossimi anni? Quali sfide e quali opportunità si presenteranno per chi, come te, utilizza piattaforme come YouTube per educare e ispirare, e quali consigli daresti ai neofiti che si avvicinano a questo mondo attraverso i canali digitali?
R. Onestamente, al momento è un po’ un caos. Ci sono una manciata di persone valide, ma non saranno quelle di cui hai sentito parlare, perché vengono sopraffatte da sensazionalismo, iperboli e affermazioni allettanti. Purtroppo, c’è un’inondazione di disinformazione, inclusi (più di recente) sciocchezze generate dall’IA, e persone che si arricchiscono senza capire nulla dell’argomento.
Per gli educatori, la sfida è distinguersi senza banalizzare (e senza essere sopraffatti dalla frangia tossica). Per i nuovi arrivati, il mio consiglio è: scegliete con cura i vostri insegnanti. Se qualcuno promette risultati istantanei o mescola i sogni con un misticismo da quattro soldi, consideralo una bandiera rossa.
Per quanto riguarda il futuro, sospetto che vedremo una spaccatura ancora più grande tra gli educatori seri e coloro che cercano solo di fare clic. Dopotutto, questo è il mondo di internet.
D. Hai un pubblico che ti segue anche dall’Italia? E speri, in futuro, di tradurre i tuoi libri o i tuoi contenuti in lingua italiana per raggiungere una comunità più ampia?
R. Sì, ho alcuni spettatori italiani e mi piacerebbe raggiungerne di più. Tradurre i miei libri in italiano è sicuramente qualcosa che vorrei che accadesse (editori, se state leggendo questo, contattatemi). È una questione di tempo e risorse, ma sono fiducioso.
Sogni lucidi: la prima comunicazione in una ricerca di Remspace
La scoperta di REMspace rivoluziona l'interazione onirica con la prima comunicazione nei sogni lucidi tra persone monitorate.Francesco Scatigno (Magozine.it)
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call: ancora 20 giorni per partecipare a “fare sud” – chiamata a raccolta, dal sito ‘la scatola di latta’
https://www.scatoladilatta.it/fare-sud/
scadenza 30 settembre
#arte #artigianato #Sud_ #collettivi #cultura #fareSud #gruppi #letteratura #operatoriCulturali
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Livorno-Guidonia: ahi ahi ahi
di Nello Gradirà
Sì, lo so, avevo detto che in casa non ci andavo più, invece ci sono andato. E così, come tutti gli altri presenti allo stadio, ho subito una punizione biblica.
Aggravante: il Guidonia visto ieri aveva fatto un punto in due partite, finora non aveva mai segnato e nella sua storia non aveva mai vinto una partita di calcio professionistico. E in effetti è parso davvero poca cosa, una squadra che lotterà per salvarsi e chissà se ci riuscirà.
Peccato: con una vittoria sarebbe stato addirittura secondo posto in classifica, a dimostrazione di quanto questo campionato sarebbe abbordabile.
Ma come si suol dire i nodi vengono al pettine. E puntualmente sono venuti fuori tutti insieme, cancellando il cauto ottimismo prodotto dalla vittoria sulla Ternana.
La Ternana però aveva giocato a ritmi molto compassati ed era rimasto il dubbio di cosa potesse succedere contro una squadra più rapida.
E infatti già contro la Juve U23 c’era stata qualche difficoltà in più, ma la partita si poteva tranquillamente portare a casa se non fosse stato per due errori individuali, quindi prestazione non del tutto da buttare e ottimismo confermato.
Il Livorno però è una squadra costruita male dove abbondano i mediani e i fantasisti ma non c’è un regista a pagarlo oro. Se si guarda l’altezza dei centrocampisti il Livorno sembra la nazionale dei puffi, inoltre in difesa, se qualcuno dei tre titolari non gioca, c’è da mettersi le mani nei capelli perché chi entra in campo è roba da film dell’orrore: domenica scorsa Nwachukwu (2 gol regalati alla Juve), ieri Baldi (ai dribbling dell’attaccante avversario in occasione del gol non avrebbe abboccato nemmeno mio nonno in carrozzella).
Ma ieri il vero protagonista in negativo è stato l’allenatore Formisano. La formazione iniziale è stata completamente sbagliata, frutto di presunzione e superficialità. Primo errore, mettere insieme in campo dal primo minuto due punte sulla quarantina che si sa che non reggono più di un’ora. E oltretutto con altri due giocatori offensivi (Cioffi e Biondi), per cui praticamente hai giocato con un 3-3-4. Probabilmente Formisano ha pensato: facciamo un gol, poi pensiamo a difenderlo. Il gol però non è arrivato, il Guidonia si è difeso ordinatamente e poi dall’inizio della ripresa ha accelerato i ritmi. Qui è apparso chiaro che stavano per arrivare momenti duri e che si rischiava il peggio. Circa venti minuti raccapriccianti in cui il gol era nell’aria senza che Formisano facesse una mossa, poi preso puntualmente il gol arriva una raffica di sostituzioni a casaccio (5) tra cui Dionisi e Di Carmine naturalmente spompati.
Ovviamente peggio che andar di notte, e occasioni a raffica in contropiede per il Guidonia che non ha raddoppiato un po’ per imprecisione e un po’ per merito di Ciobanu, unica consolazione della partita.
Ciobanu ha confermato le belle impressioni che aveva destato l’anno scorso e fa pensare di avere grandi prospettive. Ma anche qui altro errore: invece di prendere in prestito un portiere giovane, che oltretutto non ci sarà per chissà quanto, c’era da prendere un portiere esperto che potesse garantire tranquillità e contribuire a far crescere Ciobanu.
È vero che Formisano ha avuto a disposizione molti attuali titolari da poco tempo, ma da qui a mettere in campo gente a casaccio ce ne corre.
Formisano purtroppo sta dimostrando che una cosa sono le chiacchiere in conferenza stampa e un’altra il campo: e parlando di chiacchiere, neanche queste ci sono piaciute perché accusare i giocatori di scarsa mentalità per la sconfitta senza assumersi responsabilità per i propri errori non è un bel sistema per gestire lo spogliatoio.
Si diceva titolari a disposizione da pochi giorni: con un campionato di serie D vinto a febbraio, c’era tutto il tempo di programmare, di scegliere un allenatore esperto della categoria, di costruire una rosa all’altezza e invece ci si riduce a fare un ritiro con quattro sciagurati, a prendere un allenatore-scommessa, a raccattare giocatori a casaccio tra prestiti e svincolati per cui ci sono ruoli affollatissimi e altri scoperti…
Ora, a mercato chiuso, grandi capovolgimenti non ce ne possiamo attendere. Il Livorno è poca cosa e bisogna dare atto alla società che quando parlava di obiettivo decimo posto è stata piuttosto realistica. Dopo la prestazione di ieri molti di noi ci farebbero la firma. Ma la firma più grossa la metterebbero se l’attuale presidente vendesse e se ne andasse. Poi però non ci si lamenti del numero degli abbonamenti.
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link aggiornati(ssimi), 9 sett. 2025
grande aggiornamento di link a siti & spazi di ricerca letteraria, ieri. anche in virtù dei dialoghi in Esiste la ricerca 5, ripensati, ruminati.
e varie pagine web di Roberto Cavallera sono state inserite.
ora trovate la barra laterale di slowforward e di differx.noblogs.org (la bottom line, nel caso siate al cellulare) ricca di ulteriori – non pochi – rinvii.
stessa cosa per la raggiera di link ora updated: slowforward.net/2025/09/03/una…
e il network delle sperimentazioni: slowforward.net/2012/09/24/net…
e, neanche a dirlo, il bulimicissimo signor ELIRIO: slowforward.net/2023/08/14/alc…
enjoy
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Boschetto della Plaja, c’era una volta un polmone verde
Pubblichiamo un contributo di Cinzia Colajanni, già dipendente del Comune, da sempre interessata alle questioni socio-ambientali della città
In questi giorni sono circolate immagini di grande degrado del Boschetto della Plaja. Aree picnic infestate da sterpaglie, cestini invisibili, piste ciclabili invase da erbacce, il laghetto diventato una pozza stagnante con alghe e rifiuti a […]
Leggi il resto: argocatania.it/2025/09/10/bosc…
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da oggi,10 settembre, fino al 14, a roma: falastin festival, alla città dell’altra economia (testaccio)
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#Cisgiordania #controIlGenocidio #FabioSebastiani #FalastinFestival #festa #festival #Gaza #GerusalemmeEst #IlariaGiovinazzo #Palestina
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aggiornamenti sui crimini sionisti di genocidio, 9 set. 2025
da AssopacePalestina
facebook.com/share/1ACjNmGJSi/
Aggiornamenti
Maria Di Pietro – Assopacepalestina
09/09/2025
C’è un clima di ansia e caos, poiché i palestinesi non capiscono cosa sia successo o cosa stia succedendo al team negoziale a Doha.
In tutto questo, Israele continua a colpire edifici ogni ora – almeno sette oggi – mentre la popolazione è in movimento a seguito dei nuovi ordini di evacuazione nella città di Gaza.
I palestinesi speravano che i negoziati avessero successo e che ci fosse una luce alla fine del tunnel. (Hind Khoudary reporter da Deir el-Balah)
Un’ONG medica che opera a Gaza dichiara di essere molto preoccupata per la capacità del settore umanitario di rispondere all’ondata di sfollati causata dall’offensiva israeliana sulla città di Gaza.
Da Deir el-Balah, Mai el-Awawda, responsabile della comunicazione di Medical Aid for Palestinians, ha affermato che il sostegno per soddisfare i bisogni dei palestinesi era già insufficiente.
Ma con l’ultimo flusso di persone provenienti dalla città di Gaza, “ci stiamo dirigendo verso l’ignoto”, ha detto.
Al-Mawasi era già sovraffollata “con centinaia di migliaia di persone prive dei beni di prima necessità, senza acqua né cibo a sufficienza”, ha affermato.
“Non esiste un piano di emergenza in grado di soddisfare i bisogni che dovremo affrontare nei prossimi giorni”.
La forza di soccorso della Protezione Civile di Gaza riferisce che i suoi primi soccorritori stanno lavorando a mani nude per salvare le persone intrappolate sotto le macerie delle case in diversi quartieri della città di Gaza bombardati da Israele.
Fino a 25 persone sono disperse, alcune ancora “vive sotto le macerie e altre disperse” nella zona di Shati, nella parte occidentale della città di Gaza, ha detto l’organizzazione, definendo “un crimine” il bombardamento indiscriminato di edifici residenziali.
Israele sta intensificando i suoi attacchi terrestri e i bombardamenti aerei mortali a Gaza.
Gli ultimi ordini di evacuazione forzata riguardano tre grattacieli residenziali a Sheikh Radwan. Ai residenti è stato concesso pochissimo tempo per fuggire prima che gli edifici vengano rasi al suolo.
Queste case erano piene di famiglie che ora si trovano per strada, alla ricerca di un rifugio.
Verso mezzanotte, le forze israeliane hanno colpito un edificio residenziale densamente popolato nel campo profughi di Shati. La campagna israeliana per cacciare i palestinesi è in corso. Questa mattina, l’esercito israeliano ha lanciato volantini sulla città di Gaza per dire alla gente di andarsene.
Centinaia di migliaia di persone vivono ancora nella parte occidentale della città, che è la principale area urbana. Ma centinaia di famiglie stanno attualmente fuggendo dalla città, trasferendosi ad al-Mawasi, dove l’esercito israeliano ha dichiarato una “zona umanitaria sicura”.
C’è ancora un palpabile senso di sfida e determinazione a Gaza City, con molte famiglie che hanno organizzato una protesta questa mattina per rifiutare gli ordini di evacuazione forzata. (Tareq Abu Azzoum reporter da Deir el-Balah)
I palestinesi sostengono che l’obiettivo di Israele nella guerra contro Gaza sia lo “sfollamento”, dopo le ulteriori minacce di evacuazione forzata nella città di Gaza.
“L’obiettivo principale dell’occupazione è lo sfollamento ma non c’è più posto, né a sud, né a nord, niente”, ha detto Bajees al-Khalidi, un palestinese sfollato.
“Siamo completamente intrappolati. Vogliono cacciarci dalla Striscia di Gaza o trasferirci in un altro posto, ma non c’è più nessun posto dove andare”.
Un’altra palestinese sfollata e malata di cancro, Umm Ghassan, ha chiesto aiuto alla comunità internazionale.
“Abbiamo ricevuto un messaggio che ci intimava di evacuare la Israa Tower. Si trova vicino a una struttura per la cura del cancro. In quel momento, la paura tra le donne e i bambini era immensa”, ha detto. “Chiediamo alla comunità internazionale: basta. Non è rimasto nulla. Le nostre case sono state distrutte”.
Il Ministero della Salute di Gaza riferisce che nelle ultime 24 ore altri sei palestinesi sono morti di fame a causa delle azioni israeliane.
Questo porta il numero totale dei morti per fame a 399 persone, tra cui 140 bambini.
Da quando la Classificazione integrata della sicurezza alimentare (IPC) sostenuta dall’ONU ha dichiarato ufficialmente la carestia in gran parte di Gaza alla fine di agosto, sono stati registrati almeno 121 decessi, tra cui quelli di 25 bambini.
Il capo dell’UNRWA afferma che la Striscia di Gaza si sta svuotando della sua popolazione, costretta alla fame e a trasferirsi nella cosiddetta zona “umanitaria” di al-Mawasi.
“Non esiste un luogo sicuro a Gaza, tanto meno una zona umanitaria. Si tratta di un campo profughi sempre più grande che concentra palestinesi affamati e disperati”, ha dichiarato Philippe Lazzarini in un comunicato.
“Gli avvertimenti sulla carestia sono caduti nel vuoto”, ha aggiunto, chiedendosi se lo stesso destino attenda la catastrofe sempre più grave che sta colpendo la città di Gaza.
“Ponete fine all’impunità prima che le atrocità diventino la nuova normalità”.
L’Ufficio stampa del governo di Gaza afferma che più di 1,3 milioni di persone rimangono nella città di Gaza e nelle zone a nord della città più popolosa dell’enclave, mentre l’esercito israeliano “tenta di compiere il crimine dello sfollamento forzato in violazione di tutte le leggi internazionali”.
In una dichiarazione ha affermato che alcune persone che hanno lasciato la città di Gaza per al-Mawasi, nel sud, sono state costrette a tornare a causa del peggioramento delle condizioni di vita nel sud.
Secondo l’ufficio, circa 800.000 persone vivono nelle zone di al-Mawasi delle province di Khan Younis e Rafah. Israele l’ha designata come “zona sicura”, ma, secondo l’Ufficio stampa del governo, l’ha attaccata almeno 109 volte, uccidendo più di 2.000 persone.
Il Ministero della Salute di Gaza riferisce che nelle ultime 24 ore sono stati trasportati negli ospedali di Gaza 83 cadaveri e 223 feriti palestinesi.
Questo porta il bilancio totale delle vittime dall’inizio della guerra a 64.605 morti e 163.319 feriti.
La radio dell’esercito israeliano riferisce che un soldato di riserva è stato trovato morto nella sua casa a Rehovot, affermando che si è trattato di suicidio.
Secondo i dati ufficiali pubblicati dall’esercito israeliano, nel 2024 sono morti suicidi 21 soldati israeliani, rispetto ai 17 dell’anno precedente.
Israele ha bombardato il Qatar per assassinare i principali negoziatori del cessate il fuoco di Hamas.
Mustafa Barghouti, segretario generale dell’Iniziativa Nazionale Palestinese, afferma che l’attacco israeliano a Doha rappresenta una “svolta che avrà conseguenze pericolose” per la regione. “Questa operazione è contro il Qatar, che sta guidando gli sforzi di mediazione, e contro la leadership di Hamas che sta discutendo la proposta americana”, ha detto Barghouti. “C’è qualcosa di più spudorato?” Ha aggiunto che gli attacchi dimostrano che Israele non è interessato a un accordo di cessate il fuoco ed è determinato a portare avanti i suoi piani di genocidio e pulizia etnica a Gaza.
Il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha reagito prontamente alla situazione a Doha, in Qatar, condannando l’attacco come una flagrante violazione della sovranità e dell’integrità territoriale del Qatar, che, ha sottolineato, ha svolto un ruolo fondamentale nei negoziati di pace tra Hamas e Israele. Questa osservazione è stata fatta nel momento in cui stava per iniziare l’80ª sessione dell’Assemblea Generale, in un momento in cui il ruolo delle Nazioni Unite negli affari internazionali e la sua capacità di difendere gli standard internazionali sono messi in discussione. Il segretario generale aveva in programma di rilasciare oggi alcune dichiarazioni sulla spesa militare e ha effettivamente colto l’occasione per passare a un rapporto che sta pubblicando, in cui chiede una riduzione della spesa militare per i conflitti in tutto il mondo e un aumento dei fondi destinati alle strutture sociali e alla pace. Ciò avviene anche in un momento in cui i finanziamenti delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace sono a rischio. Si tratta di una distrazione dal ruolo delle Nazioni Unite come mediatore internazionale, poiché conflitti come questo, come egli ha osservato, costituiscono una chiara violazione del diritto internazionale e continuano a persistere.
Gli attacchi militari israeliani contro Doha sottolineano la campagna militare in continua espansione di Israele nella regione. Nelle ultime settimane, Israele ha bombardato quotidianamente Gaza in Palestina, effettuando regolarmente anche attacchi in Libano, Siria e Yemen. Ieri, un presunto drone israeliano ha anche preso di mira una flottiglia umanitaria diretta a Gaza e attraccata in Tunisia.
Einav Zangauker, madre di Matan Zangauker, attualmente prigioniero a Gaza, afferma di essere “tremante di paura” dopo l’attacco israeliano alla delegazione negoziale di Hamas a Doha. “Perché Netanyahu insiste nel sabotare ogni opportunità di raggiungere un accordo? La vita di mio figlio è in pericolo reale da 22 mesi. Il primo ministro sta ostacolando nuovamente l’accordo e non c’è alcun accordo sul tavolo”, ha detto in un videomessaggio pubblicato sui social media. “Sono stufa. Il popolo di Israele è stufo di questa guerra”.
Il portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt ha affermato che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump considera l’attacco come un’“opportunità per la pace”, nonostante le condanne diffuse e le speculazioni secondo cui l’attacco potrebbe infliggere un duro colpo a qualsiasi tentativo di negoziazione a Gaza. La Casa Bianca ha dichiarato che i due leader hanno parlato dopo l’attacco. “Il primo ministro ha detto al presidente Trump che vuole fare pace, e in fretta”, ha detto Leavitt. “Il presidente Trump ritiene che questo sfortunato incidente possa rappresentare un’opportunità per la pace”. Alla domanda, Leavitt non ha voluto approfondire se ci saranno conseguenze per Israele o per il suo primo ministro, né se Trump sia arrabbiato con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.
*
Fonti: UN, OCHA, MSF, Al Jazeera, Mondoweiss, Haaretz, UNICEF, Amnesty Int., Reuters, Human Rights Watch, Palestinian Red Crescent Society, Croce Rossa Int., Euro-med Human Rights, Save the children, Unrwa, Defence for children
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Raffaella Battaglini
Ecco. Avanti così. Se non li fermano, i palestinesi moriranno tutti. Questi elenchi di atrocità sono sufficienti per sette Norimbergawww.facebook.com
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Mi è arrivato il codice d’invito per accedere all’app Irys!!! 😊
E l’ho subito installata, ora non mi rimane che testarla!
Cerca e segui il mio profilo <giovannibertagna> su Irys.
Qui l’articolo che ho scritto per la nuova app Irys in attesa di ricevere l’invito
bertagna.it/blog/irys-una-nuov…
Giovanni Bertagna - Blog personale di Fotografia likes this.
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Doraemon avvistato casualmente in fabbrica (in un servizio del TG2)
Non avrei mai minimamente immaginato di dover pormi, e porre, questo quesito, né stasera né mai, ma ecco qui l’universo… Perché mai, in questa fabbrica che è stata mostrata in un servizio del TG2 di stasera (come immagini di repertorio, non specifiche), davanti ad un banco da lavoro o quel che è, c’è appeso un foglio di carta con sopra un’illustrazione del fottutissimo Doraemon??? 🤯🤯🤯
Ho intravisto questa cosa mentre ero a tavola a cenare, e può essere che poco ci mancava che sputassi, perché fa così tanto ridere per qualche motivo che non capisco… forse perché è apparentemente fuori contesto, o forse perché mai mi immaginerei di trovare degli operai a lavorare attorno ad un quadretto di #Doraemon; comunque sia, è sicuramente poetico. E oh, onestamente bravo/a a chi ha fatto il servizio, perché si vede prima da vicino, e poi una seconda volta più da lontano… è inquadrato complessivamente, proprio assurdo. 🙏
Ma ora, a parte chiedermi chi più in tutto il paese stasera avrà notato questo dettaglio certamente da pochi (probabilmente dentro lo stessa redazione del telegiornale nessuno si sarà fatto domande; probabilmente nessuno avrà neanche riconosciuto la figura), mi chiedo, per l’appunto, come mai… Sarà un’ispirazione per l’azienda o per i suoi lavoratori? Magari la roba che producono è assimilabile a dei ciusky? E chi lo sa. Forse sarebbe utile riuscire a risalire alla specifica azienda, magari sfruttando le altre immagini del servizio, sperando non siano tutte totalmente scollegate… ma io in questo non sono capace, e quindi, per una buona volta, mi limito solo a segnalare questo incredibile bellissimo. 👌
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Stefano Benni l’ho incontrato, grazie alle magiche leggi della Serendipità, nel 2014 in un contesto non ufficiale.
Indossava una bellissima maglietta nera sulla quale campeggiava una scritta in napoletano: “faciteme sta’ quiet'” con sotto, tra parentesi, la traduzione in inglese per i più ignoranti.
Siamo stati seduti a chiacchierare per non più di una decina di minuti e ricordo solo pochi […]
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nuovo post sul blog ‘esiste la ricerca’: due inediti di francesca perinelli
mtmteatro.it/francesca-perinel…
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#blogDiELR #dueInediti #ELR #ELREsisteLaRicerca #EsisteLaRicerca #FrancescaPerinelli #inediti #ManifattureTeatraliMilanesi #MTM #MTMManifattuteTeatraliMilanesi #prosa #prosaBreve #ProsaInProsa #proseInedite #scritturaDiRicerca #scrittureDiRicerca
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“cosa sta succedendo a gaza in queste ore?” (medici senza frontiere)
da MSF, Medici Senza Frontiere, 8 set. 2025: facebook.com/share/p/1CJTbyxH9…
MSF: Bombardamenti di giorno e di notte, la popolazione è terrorizzata, non sa dove andare né cosa fare.
Negli ultimi giorni, le forze israeliane hanno accelerato la loro campagna genocida e di pulizia etnica espandendo le attività militari a Gaza City.
Pochissime persone sono riuscite a spostarsi verso sud. In molti non possono permetterselo a causa dei costi di trasporto troppo elevati. Inoltre, al sud non ci sarebbe sufficiente spazio per accogliere quasi un milione di persone, oltre ad essere un’area esposta anch’essa agli attacchi.
Gli ospedali stanno già operando oltre ogni capacità. L’eventuale evacuazione di tutti i pazienti, compresi i neonati e i malati gravi, sarebbe estremamente difficile. Continuiamo a fornire assistenza alle persone ferite dai bombardamenti israeliani e a coloro che soffrono di malnutrizione nelle unità di terapia intensiva materna e neonatale di MSF.
L’offensiva israeliana su Gaza City deve essere fermata immediatamente.
#MSF #GAZACITY #STOPGENOCIDE #Gaza #genocide #genocidio #Palestine #Palestina #warcrimes #sionismo #zionism #starvingpeople #starvingcivilians #iof #idf #colonialism #sionisti #izrahell #israelterroriststate #invasion #israelcriminalstate #israelestatocriminale #children #bambini #massacri #deportazione #concentramento #famearmadiguerra
BEWARE: GRAPHIC IMAGES BELOW
tre vittime del genocidio sionista a Gaza, l’8 sett. 2025:
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Queste tre immagini che chiudono il post non sono di MSF ma ho scelto io di caricarle sul sito. Le fonti sono i due canali ig indicati in sovrimpressione.
#bambini #children #colonialism #concentramento #deportazione #famearmadiguerra #Gaza #gazacity #genocide #genocidio #IDF #invasion #IOF #israelcriminalstate #israelestatocriminale #israelterroriststate #izrahell #massacri #MediciSenzaFrontiere #MSF #Palestina #Palestine #sionismo #sionisti #starvingcivilians #starvingpeople #STOPGENOCIDE #warcrimes #zionism
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newsletter slowforward 10 agosto – 9 settembre 2025 + sostieni l’ultraventennale intrapresa del sito
stamattina verso le nove ho spedito per mail – alle persone registrate – la newsletter (a)periodica di slowforward, con link a post pubblicati dal 10 agosto a oggi, 9 settembre. la newsletter non ha (ancora) un nome, e viene manualmente compilata da me. chi volesse riceverla, per leggere o rileggere informazioni e articoli che giocoforza sono recuperabili ma visivamente scomparsi oltre l’orizzonte degli eventi, può farmene richiesta scrivendo a slowforward.net/contact/
chi volesse sostenere il lavoro di slowforward & mg / differx (che dal 2003 operosamente battaglia & intende continuare a farlo finché morte non lo separi dalla rete) può farlo via ko-fi oppure paypal
mettiamola (daccapo e daccapo) così: sono fermo a uno dei semafori della rete, e vi faccio cenno indicando il parabrezza… bon: se voi apprezzate e vi fa piacere che io da 22 anni quotidianamente vi aiuti a renderlo ben trasparente e sensibile a informazioni & notizie su #scritturadiricerca #scritturasperimentale #palestina #asemicwriting #scritturaasemica #antifascismo #prosa #prosabreve #prosainprosa #artecontemporanea #materialiverbovisivi #audio #podcast #video #presentazioni #criticaletteraria #teorialetteraria #letturepubbliche #progettiletterari, #archivi #anni70 … non avete da fare altro che offrirmi un caffè oppure, se preferite, un pranzo.
*
e… dal 9 al 30 settembre, chi intende sostenere tramite paypal o ko-fi il lavoro di mg / differx / slowforward con cifre generosamente uguali o superiori a 20 euro,
(1) riceve – con posta tracciata – una copia del mio recente Prima dell’oggetto;
(2) la riceve autografata, se lo desidera;
(3) viene iscritto alla newsletter, nel caso non lo fosse già;
(4) entra a pieno titolo nel regesto dei benefattori magari non dell’umanità ma di slowforward sicuramente.
(n.b.: dopo il 30 settembre sarà sempre possibile – e da me auspicatissimo – sostenere mg, ovviamente, ma senza ricevere il libro).
#2003 #Anni70 #anniSettanta #anni70 #annisettanta #antifascismo #archivi #archivio #arteContemporanea #artecontemporanea #asemic #asemicWriting #asemicwriting #audio #caffè #CarmeloBene #contact #controinformazione #CorradoCosta #criticaLetteraria #CriticaLetteraria #differx #diffusioneDiTesti #EmilioGarroni #EmilioVilla #flarf #glitch #googlism #informazione #informazioni #koFi #kofi #lavoro #letturePubbliche #letturepubbliche #link #MagdaloMussio #mail #materialiVerbovisivi #materialiverbovisivi #MG #NanniBalestrini #newsletter #newsletterPeriodica #notizie #orizzonteDegliEventi #Palestina #parabrezza #paypal #podAlPopolo #podalpopolo #podcast #post #presentazioni #PrimaDellOggetto #progettiLetterari #progettiletterari #prosa #prosaBreve #ProsaInProsa #prosabreve #prosainprosa #raccoltaDiMateriali #reading #scritturaAsemica #scritturaComplessa #scritturaDiRicerca #scritturaSperimentale #scritturaasemica #scritturadiricerca #scritturasperimentale #scrittureComplesse #scrittureDiRicerca #scrittureSperimentali #slowforward #slowforwardDal2003 #sostieniSlowforward #teoriaLetteraria #teorialetteraria #unCaffèASlowforward #video #videopresentazioni
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galleria miuistica fa lo schifo e ruba spazio porta così ai peli del dentro telefono
Mi sembra strano di non aver mai raccontato questa cosa prima, ma in effetti non l’ho mai fatto… il cosa sono costretta a patire per colpa della MIUI. Non in generale, perché quello lo avrò già raccontato, ma con la app Galleria, che ha un comportamento a dir poco insensato per cui finisce a rubare spazio di archiviazione silenziosamente… (e, ci mancherebbe altro, il pulitore integrato nella MIUI non se ne accorge nemmeno di ciò, maremma sputtanata.) 😾
Praticamente, con il semplice uso, si può notare che il peso dei dati della app aumenta relativamente a dismisura: a me era più di 1 GB ieri sera, quando mi sono ricordata di questa schifezza e sono andata a fare la pulizia a mano… cosa per niente immediata, visto che per qualche motivo questa app non ha nemmeno il tasto “cancella dati” nella schermata impostazioni; solo il “cancella cache”, che però in questo caso è inutile, #Xiaomi di merda. Per fortuna, questo ammasso di dati spazzatura da più di 1 miliardo di byte si trova in /sdcard/Android/data/com.miui.gallery/
, non in /data/data/com.miui.gallery/
, quindi chi non ha il root non è fottuto. 💩
Non capisco bene cosa sia questa cartella “gallery_disk_cache
“ in sé, e perché venga popolata di migliaia di piccoli file fino ad arrivare a sprecare una buonissima parte dell’archiviazione interna del telefono (e poi magicamente io sto sempre senza spazio…); ma, i file, basta ignorare il fatto che siano senza estensione ed aprirli con un visualizzatore di immagini qualsiasi, sono proprio immagini, quindi io suppongo siano delle specie di miniature che la galleria genera per velocizzarsi… che schifo. E ce ne sono due set a quanto pare: uno di immagini a risoluzioni più basse, e l’altro a risoluzioni intermedie, più basse delle originali ma comunque relativamente alte. 🥱
Non riesco a non ripetermi: al di là di tutto, davvero, che schifo. Che schifo che ‘sto rottame di software sia programmato così male da non curarsi di come vada a peggiorare i problemi di questo rottame di hardware, e che schifo che lo faccia così silenziosamente… a me il pulitore di #MIUI spamma sempre pop-up quando ho l’archiviazione pienissima, ma non sia mai che si accorga che la galleria ha 1 GB di file inutili; va solo a guardare le cache di altre applicazioni, che ho già cancellato qualche ora prima, e non si libera quindi mai niente. (E ok, in generale non può cancellare i file che le app classificano erroneamente come dati persistenti anziché come cache, ma mi aspetterei che una app di sistema interagisca al meglio con altre app di sistema…) 💔
Ma la cosa più grave della storia forse è che, a quanto temevo, e facendo un test al volo per confermare… questa #cache di merda conserva anche immagini che vengono altrimenti prima cestinate e poi cancellate da dentro la galleria, quindi è pure un gran rischio di privacy se non si è al corrente e pronti a rimediare a mano! Sarebbe bastato aggiungere al codice un controllo per cui, nel momento in cui un’immagine viene cancellata definitivamente dal cestino, se la relativa miniatura è presente in questa stramba cache allora viene cancellata a sua volta… ma figurarsi se quei cretini che hanno sviluppato questa merda erano in grado di arrivarci. (Ovviamente, non cacha mai immagini che la galleria stessa non vede, quindi per esempio quelle dall’archiviazione privata di altre app… però che schifo comunque.) 🙏
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si MIUI è una ciofeca e volendo si potrebbe anche rimuive da adb l'app della galleria, non so se fa danni.
Però devo spezzare una lancia a favore di quello schifo di sistema. Praticamente quasi tutti i software cachano creando delle mini anteprine drlle immagini che mostrano. Ad esempio la fa pure la galleria di nextcloud. Caricare un'immagine 256x256, o 1024x1024 è molto più immediato di un jpeg di 5 MB 6000x4000 pixel.
Senza ci metteresti minuti a scorrere nella galleria.
@betelgeuse93 @betelgeuse93 Il problema è che la uso consapevolmente, mi sta bene come app galleria e non avrei voglia di cercarne un’altra, soprattutto perché uso le funzioni di editing fotografico base integrate in essa…
Ma ovviamente il problema non è che generi una cache di miniature, lo so che lo fanno virtualmente tutte le app di galleria e per motivi buoni, il problema è che lo faccia così di nascosto e
1. Serve smanettare per ripulire la cache e liberare spazio, non è prevista in modo user-friendly la pulizia con le funzioni normalmente integrate nel sistema
2. Ha questa svista di programmazione potenzialmente lesiva della privacy per cui le miniature non sono automaticamente cancellate nemmeno quando non servono più
Campo educativo per giovani patrioti di Kadiogo.
Dal 7 al 15 settembre 2025, a Pabré avrà luogo un campo educativo per adolescenti e giovani della regione del Kadiogo, in Burkina Faso. Nel corso di due settimane i partecipanti saranno istruiti su valori fondamentali per la nazione, nonché sulle nozioni di civismo e patriottismo. L’obiettivo del campo è quello di trasformare questi giovani in cittadini migliori (NdA: migliori per chi?), contribuendo così allo sviluppo della regione e del paese. L’iniziativa si svolge sotto l’egida del ministro per la gioventù, Roland Somda.
La Rivoluzione progressista popolare, proclamata dal capitano Ibrahim Traoré, richiede un impegno da parte della popolazione, in particolare dei giovani, considerati come il motore del paese. In questo contesto, la Direzione regionale della gioventù e dell’occupazione si propone di formare 50 giovani provenienti da Komsilga, Tanghin-Dassouri, Koubri, Ouagadougou e Pabré, per conformarsi a questa nuova dinamica.
Durante la cerimonia di lancio, tenutasi lunedì 8 settembre 2025, il direttore regionale della gioventù e dell’occupazione del Kadiogo, Arnaud Loufé, ha dettagliato le attività previste: “I nostri partecipanti riceveranno formazione su temi quali il civismo, la cittadinanza, il patriottismo e gli ideali della Rivoluzione, per prepararli mentalmente ad affrontare le nuove sfide.”
Loufé ha inoltre sottolineato che i giovani sono stati scelti senza alcun criterio politico e beneficeranno anche di corsi in arte culinaria, disegno e decorazione. Dai giovani è emersa una chiara consapevolezza del significato dell’iniziativa, rappresentata da Aïcha Sourwema: “Siamo particolarmente felici che questo campo ponga l’accento su temi come l’educazione civica, la cultura della pace, la protezione dell’ambiente e l’impegno comunitario.”; ma quelle non sono proprio le stesse parole utilizzate da Loufé, che ci sia stato un malinteso?
Dal canto suo Aïssata Traoré, segretaria generale del governatore Abdoulaye Bassinga e presidente della cerimonia di apertura, ha invece dichiarato: “La gioventù rappresenta il futuro e solo attraverso di essa possiamo sperare in giorni migliori.” La cerimonia, pur essendo sobria, è stata l’occasione ideale per richiamare i partecipanti alla responsabilità, seguendo le parole di Frantz Fanon.
“Che questo spazio possa diventare per tutti un’istituzione di vita, dove si forgiano valori di cittadinanza, responsabilità, amore per la patria”, ha affermato Traoré. L’invito è chiaro: “Ogni generazione deve scoprire la sua missione e compierla o tradirla. Voi rappresentate il futuro della nostra regione e del nostro paese, quindi approfittate appieno delle lezioni, affinché possiate portare il Burkina Faso alla ribalta mondiale.”
Tuttavia, dietro a queste nobili aspirazioni si nasconde una certa apprensione. La retorica, pur apparendo edificante e ispiratrice, lascia spazio a interrogativi sulla reale attuazione di tali programmi. Sono veramente queste le basi per un cambiamento significativo? Oppure è solo un’illusione per placare le aspettative di una gioventù affamata di opportunità? Sarà interessante osservare come evolverà questa iniziativa, mentre i giovani di Kadiogo affrontano le sfide di un mondo in rapida evoluzione. Ai fan più esperti di Star Trek saranno fischiate le orecchie…“Diventerete uno con i Borg. Sarete tutti assimilati. La resistenza è inutile.”
“La forza è irrilevante. La libertà è irrilevante. L’autodeterminazione è irrilevante. Dovete conformarvi.”
Fonte: lefaso.net
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Forse la definizione corrente di “rivista predatoria”, eccessivamente specifica, cattura solo i predatori più piccoli. Se invece, più genericamente, per editori predatori si intendessero tutti quelli che antepongono l’interesse del denaro a quelli della scienza, ricadrebbero nella definizione anche predatori più grandi e pericolosi, vale a dire gli oligopolisti dell’editoria scientifica […]
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Games That I Missed
in reply to minioctt • • •Any fix that works is a good fix.
(Apologies for replying in English.)
minioctt
in reply to Games That I Missed • • •When it works, yes, indeed!