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Forse la definizione corrente di “rivista predatoria”, eccessivamente specifica, cattura solo i predatori più piccoli. Se invece, più genericamente, per editori predatori si intendessero tutti quelli che antepongono l’interesse del denaro a quelli della scienza, ricadrebbero nella definizione anche predatori più grandi e pericolosi, vale a dire gli oligopolisti dell’editoria scientifica […]

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Allora lo fate questo golpe?


Il golpe Borghese (operazione Tora-Tora)
Il tentativo di golpe, conosciuto successivamente come golpe Borghese, dal nome del principe Junio Valerio Borghese <54, è l’esempio forse più lampante di quella collusione tra poteri istituzionali, para-istituzionali ed illegali che formavano il doppio Stato. Nella notte tra il 7 e l’8 dicembre 1970, notte dell’Immacolata, avvenne il più volte rimandato <55 tentativo di colpo di stato. Durante la notte ci furono movimenti sospetti di reparti militari attorno alla capitale e alcuni neofascisti, guidati dal leader di AN Stefano Delle Chiaie, entrarono al ministero degli Interni per prelevare più di duecento mitragliette mentre uomini di Cosa Nostra e della ‘Ndrangheta attendevano un ordine per intervenire nelle rispettive regioni. Vennero inoltre interrotte le comunicazioni in alcuni centralini di diversi ministeri. In questo quadro Licio Gelli, Gran Maestro della Loggia massonica P2, era incaricato di arrestare il Presidente della Repubblica Saragat ma al golpe venne dato l’alt all’ultimo momento dal generale Borghese per ignote ragioni mai chiarite.
Anche in questo caso la lunga ombra atlantica della P2 ci mette lo zampino con Licio Gelli che riuscì ancora una volta a intrecciare e a far convergere gli interessi di più “istituzioni” (mafiosa/’ndranghetista – politica – militare) nel “gioco grande”, come usava chiamare la collusione tra gruppi criminali e istituzioni il giudice Giovanni Falcone.
Gli attori in campo:
Il fronte nazionale.
Il Fronte nazionale si costituì ufficialmente il 13 settembre del 1968, come organizzazione extra-parlamentare di destra ma non “neofascista” per consentire a tutti coloro che volessero combattere contro il comunismo di confluirvi sotto la guida prestigiosa di una medaglia d’oro al V.M. come Junio Valerio Borghese. I rappresentanti ufficiali delle organizzazioni di destra, MSI ed Ordine nuovo, ebbero inoltre il vantaggio di inserirvi i propri elementi senza compromettersi, in forma occulta e tacita <56.
Nessuna contrapposizione, quindi, fra Avanguardia nazionale ed Ordine nuovo, ma la confluenza politica ed operativa nel “Fronte nazionale” diretto da un iscritto al Movimento sociale italiano della statura di Junio Valerio Borghese. Il coordinamento fra gruppi ufficialmente distinti e collocati su posizioni distanti fra esse, come Ordine nuovo e Movimento sociale italiano (Avanguardia nazionale è disciolta ufficialmente nel 1965) fu così garantito da Junio Valerio Borghese, la sola figura di spicco sul piano nazionale ed internazionale negli ambienti militari.
La divisione Affari riservati del ministero degli Interni, in una nota informativa del 23 febbraio 1971 riferita al Fronte Nazionale di Junio Valerio Borghese scrive: “Fn è inserito in un gioco di industriali, Cia, Psu, militari, al fine di favorire non tanto un colpo di Stato, ma un colpo d’ordine”.
Quello che si prefigurava il principe nero rappresentava quindi gli interessi e le aspirazioni dei “poteri forti”, primo fra tutti quello militare. Borghese aveva probabilmente in mente di fare un governo “bianco” riconosciuto da Israele, Stati uniti, Germania federale ecc. sostenuto dalle baionette delle Forze armate, per fare piazza pulita dei comunisti (PCI e sinistra extraparlamentare) usando le leggi ordinarie.
Avanguardia Nazionale e i rapporti con i servizi segreti
“Ankara, Atene, ora Roma viene!”
Slogan formazione neofasciste degli anni 60/70
L’estrema destra Avanguardia Nazionale fu fondata il 25 aprile del 1960 da Stefano Delle Chiaie, dopo l’uscita dal MSI e dal Centro Studi Ordine Nuovo. Nell’estate del 1964 Delle Chiaie fu contattato da presunti emissari del generale Giovanni De Lorenzo, allora Comandante dell’Arma dei Carabinieri intenzionato ad avviare, come già scritto in precedenza, il golpe noto come Piano Solo ma Avanguardia Nazionale, non fidandosi, negò la propria partecipazione.
I rapporti di Avanguardia Nazionale con i servizi di informazione, prima con l’Ufficio affari riservati, poi con il SID, hanno origini risalenti ai primi anni 60, quando l’area di AN, tramite il giornalista Mario Tedeschi, fu coinvolta dall’Ufficio affari riservati del Ministero dell’interno nell’attività di affissione dei “manifesti cinesi”, una campagna di attacco al partito comunista apparentemente proveniente dalla sua sinistra. Tale attività fu ammessa dallo stesso Delle Chiaie che la ricondusse ad una iniziativa dell’Ufficio affari riservati, condivisa tatticamente da AN come valida manifestazione di “guerra psicologica” nei confronti del partito comunista. A prova della “copertura” fornita all’operazione da parte delle forze dell’ordine, secondo quanto riferisce Vincenzo Vinciguerra, Delle Chiaie avrebbe appreso da un funzionario della Questura che la immediata liberazione di alcuni avanguardisti fermati durante l’affissione dei manifesti era stata frutto di un preciso intervento in tal senso <57. Nell’operazione fu coinvolta AN a livello nazionale e non soltanto a Roma. La collaborazione tra AN e l’Ufficio affari riservati fu riferita poi dal capitano Labruna, che diceva di averla appresa da Giannettini e da Guido Paglia. Tale circostanza trovava conferma nelle dichiarazioni di Giannettini e nella nota relazione su “attività di Avanguardia nazionale e gruppi collegati” consegnata da Guido Paglia (noto giornalista dalle simpatie neofasciste) al Sid e non trasmessa all’autorità Tra i sodali del Fn di Borghese troviamo, prima nei moti di Reggio del ’70 poi nell’operazione Tora-Tora, Avanguardia Nazionale (AN). Organizzazione politica di giudiziaria. La relazione fu invece utilizzata, secondo Vinciguerra (149), proprio come prova di affidabilità del servizio nei confronti di Delle Chiaie, con il quale Labruna si incontrò in Spagna poco dopo la ricezione della nota. Labruna faceva così sapere a Delle Chiaie che il Sid sapeva che il coinvolgimento di A.N. nel golpe Borghese era passato proprio attraverso la struttura di intelligence del Ministero dell’interno, ma teneva la cosa segreta. I contatti istituzionali di Delle Chiaie all’estero non furono peraltro occasionali, come dimostrano altresì gli incontri di questo con Labruna e con lo stesso Federico Umberto D’Amato. <58
Cosa Nostra e ‘ndrangheta
“Banditi, Polizia e mafia sono un corpo solo come il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo”
Gaspare Pisciotta, bandito e compagno di Salvatore Giuliano
Se al nord erano già pronti gruppi misti di civili e militari sullo stile dei nuclei Gladio, al sud per negoziare l’appoggio delle truppe mafiose al putsch, giunsero i Sicilia, dall’altra parte del mondo, alcuni tra i maggiori ricercati che difficilmente si sarebbero avventurati in un viaggio del genere per inseguire miraggi senza fondamento alcuno. Durante la riunione a casa del boss Calderone, capo della famiglia catanese, venne comunicato che in Italia si stava preparando un colpo di Stato di marca fascista con a capo il principe Borghese, che godeva dell’appoggio di settori politici e di altre istituzioni. Per un effettivo controllo del sud vuole la partecipazione della mafia con mille o duemila uomini. In cambio i golpisti promettevano ai siciliani una revisione dei processi e delle condanne, anche quelle già passate in giudicato, con occhio benevolo.
I mafiosi erano dubbiosi nello stringere alleanze coi fascisti a causa dello storico precedente del prefetto Mori e della lotta che quest’ultimo fece alla mafia, prima di essere deposto da Mussolini. Però sapevano che era importantissimo far uscire di prigione alcuni importanti boss per rafforzare l’organizzazione. Decisero così di avere un incontro a Roma con Borghese, il quale spiegherà nel dettaglio il piano “Tora-Tora” (dal nome in codice dell’attacco a Pearl Harbour). Golpisti e Cosa Nostra raggiungono un’intesa su tutto, compresi i dettagli operativi.
Dalla parte opposta dello stretto erano invece pronti gli ‘ndranghetisti delle cosche Nirta (sull’Aspromonte) e De Stefano (a Reggio Calabria). Il 26 ottobre 1969 avvenne una prima riunione a Montalto tra i vertici della ‘ndrangheta e uomini dei servizi segreti per decidere se e come partecipare al futuro golpe. Dal 1993 in poi la collaborazione di numerosi pentiti consentì di ricostruire i contatti intercorsi nel 1970 ad Archi tra i potentissimi De Stefano e il principe Borghese. ‘Ndrangheta, Avanguardia nazionale e Ordine nuovo, in particolare, rappresentavano in quel periodo i soggetti di un patto che però vide protagoniste anche altre forze occulte della società italiana, la massoneria e i servizi deviati. Ci sarebbe stata un’occasione, riferita dal noto pentito Giuseppe Albanese, in cui tutti i poteri occulti si sarebbero incontrati, attraverso i loro rappresentanti, in una tenuta di proprietà di Borghese lungo la Costa degli dei, laddove peraltro, durante la seconda metà degli anni ’70, si riscontrò la presenza di alcuni campi paramilitari per l’addestramento alla guerriglia.
I collaboratori indicarono villa “La Spagnola”, ma questa non rientrò mai nei patrimoni di Borghese.
Limitrofa a questa struttura era però situata la villa di Bruno Tassan Din, braccio destro di Angelo Rizzoli, editore del Corriere della Sera, iscritto negli elenchi della P2 e implicato in alcune delle vicende più misteriose della storia italiana. Alla riunione, che si sarebbe tenuta alla Spagnola, secondo le segnalazioni dei collaboratori di giustizia, avrebbero preso parte il gran maestro del Grande Oriente d’Italia dal 1970 e 1979 e uomo di fiducia di Licio Gelli, Lino Salvini; il marchese Felice Genovese Zerbi assieme al fratello Carmelo iscritto alla P2; i generali con tessera P2 Gianadelio Maletti e Vito Miceli; l’ammiraglio Gino Birindelli; Edgardo Sogno. Al summit sarebbe stato presente anche il fondatore di Avanguardia nazionale Stefano Delle Chiaie, il cui nome collegava l’eversione nera alla massoneria e alla ‘ndrangheta, e importanti figure del panorama politico calabrese e italiano.59
Anche in questa occasione si evidenzia come certi eventi tragici del nostro Paese siano nati da convergenze di interessi tra gruppi criminali e parti deviate dello Stato.
L’interesse statunitense
Per capire come anche gli americani sapessero tutto da tempo e probabilmente seguivano con attenzione lo svilupparsi della vicenda per poi confermare un possibile appoggio al golpe, è importante ricordare le parole di Tommaso Buscetta di fronte ai giudici Falcone e Borsellino. Il pentito dichiarerà infatti che una volta tornato negli States dopo il meeting in Sicilia viene arrestato dall’FBI, e a sorpresa la prima domanda che gli viene posta è: “Allora lo fate questo golpe?” e alla sua prudente risposta, “Quale golpe?”, specificano “Quello con Borghese!”. <60
Il fallimento del golpe venne così spiegato sempre da Buscetta, il quale aggiunge che “In quei giorni c’era la flotta russa nel Mediterraneo, e agli americani non piaceva questa coincidenza…”.

[NOTE]54 Junio Valerio Borghese, ex-comandante della X Flottiglia MAS e sottocapo di stato Maggiore della Marina Nazionale Repubblicana della RSI. Fonda nel 1968, un anno prima di uscire dal MSI, il Fronte Popolare; movimento politico di estrema destra che avrà contatti strettissimi con Avanguardia Nazionale e un ruolo di primo piano nei fatti di Reggio Calabria del ’70.
55 Camillo Arcuri,2004, Colpo di Stato, Milano: BUR FuturoPassato
56 Una nota della divisione Affari riservati del 25 novembre 1968 conferma il quadro, segnalando che il “Fronte nazionale” è stato in realtà costituito nella primavera del 1968, e che fra i suoi dirigenti ci sono gli ordinovisti Giulio Maceratini e Rutilio Sermonti.
57 Camillo Arcuri, ibid.
58 Giovanni Pellegrino, “Il terrorismo, le stragi ed il contesto storico-politico”. relazione dell’onorevole Pelligrino alla commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi.
59 Giovani comunisti di Bovalino Marina (RC), Legami tra estrema destra reggina, ‘ndrangheta e massoneria, 13 Luglio 2013, digilander.libero.it/fmiccoli1…
60 Interrogatorio di Tommaso Buscetta nell’agosto del 1984 ai magistrati di Palermo
Giulia Fiordelli, Dalla Konterguerilla ad Ergenekon. Evoluzioni del Derin Devlet, tra mito e realtà nella Turchia contemporanea: analogia con la stay-behind italiana, Tesi di laurea, Università Ca’ Foscari – Venezia, Anno Accademico 2012-2013

#Ndrangheta #1970 #8 #CosaNostra #GiuliaFiordelli #GolpeBorghese #neofascisti #ON #P2 #segreti #servizi #StatiUniti #ToraTora


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Invitiamo a sostenere e ad aderire all’iniziativa collettiva a sostegno della libera condivisione e diffusione della conoscenza, elaborata nel febbraio 2024 e promossa da: Creative Commons Capitolo italiano; Istituto di Informatica Giuridica e Sistemi Giudiziari, Consiglio Nazionale delle Ricerche – IGSG-CNR (Membro istituzionale di Creative Commons Capitolo italiano); Wikimedia Italia; […]

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Catania, docenti universitari per Gaza


Continua a Catania la mobilitazione contro il genocidio del popolo palestinese. Dopo i grandi cortei degli ultimi giorni, in attesa della partenza dalla Sicilia Orientale della Global Sumud Flotilla, molte/i docenti dell’Università prendono posizione e si rivolgono al Rettore e agli organismi accademici con questa lettera aperta

All’attenzione del Magnifico Rettore Eletto, professore Enrico […]

Leggi il resto: argocatania.it/2025/09/09/cata…

#AteneoDiCatania #Gaza #Palestina

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Real American Freestyle: la scommessa sulla lotta


Non capita spesso di vedere un nuovo progetto sportivo che prende un’arte di nicchia e prova a trasformarla in show business. È quello che sta facendo Real American Freestyle (RAF), la lega professionistica di freestyle wrestling fondata nel 2025 da Chad

Non capita spesso di vedere un nuovo progetto sportivo che prende un’arte di nicchia e prova a trasformarla in show business. È quello che sta facendo Real American Freestyle (RAF), la lega professionistica di freestyle wrestling fondata nel 2025 da Chad Bronstein, Terri Francis e Hulk Hogan, con il sostegno di Left Lane Capital.

Dentro ci trovi NCAA attivi, ex olimpici e nomi storici della lotta collegiale americana. L’idea è semplice ma potente: offrire ai lottatori la possibilità di monetizzare la propria arte. Storicamente, il wrestling olimpico e collegiale è rimasto fuori dal giro dei compensi – tanto sudore, zero guadagni. Con RAF e la partnership con USA Wrestling, anche gli atleti NCAA possono competere per premi in denaro senza bruciarsi l’eleggibilità.


Una nicchia che diventa prodotto


Diciamolo: la lotta non diventerà mai uno sport di massa. Non ha il sex appeal di MMA o boxe, non regala knock-out fulminei né trash talking virale. Ma non la vedrei male, fra qualche anno, sotto il cappello di colossi come WME / Zuffa. Anzi. In un ecosistema che vive di contenuti sportivi live, un prodotto come RAF può trovare una sua finestra.

E soprattutto: dare lavoro ai lottatori è encomiabile. Troppo spesso gli atleti che non entrano in UFC o in circuiti di MMA professionistica si trovano a mollare tutto, a insegnare nei college o aprire palestre locali. Qui invece c’è uno sbocco. Bene così.


La genesi: Hogan, Bischoff e il modello entertainment


Il progetto nasce da un incrocio curioso: nel 2024 Bronstein, Francis e Hogan avevano già lanciato la Real American Beer, omaggio alla celebre theme song di Hogan. Da lì a immaginare una lega di lotta “vera” ma narrata con linguaggi pro-wrestling il passo è stato breve.

Ad aprile 2025 Hogan ed Eric Bischoff annunciano ufficialmente la creazione di RAF. Struttura manageriale: Bronstein CEO, Bischoff Chief Media Officer, e come COO l’ex coach UFC Israel “Izzy” Martinez. In regia mediatica c’è David Sahadi, già autore di produzioni storiche nel mondo del wrestling.

Il modello è chiaro: elevare i lottatori a star non solo con le vittorie, ma raccontandone i retroscena, le storie personali, le lotte quotidiane – stile The Voice, ma in singlet e scarpe da mat.


RAF 01: debutto con tributo


Il debutto è stato il 30 agosto 2025, RAF 01, al Wolstein Center di Cleveland. Evento trasmesso in esclusiva su Fox Nation, con commento di Kurt Angle, Bubba Jenkins e Chael Sonnen.

Sul ring (o meglio, sul tappeto) match di alto livello: Wyatt Hendrickson che domina Mostafa Elders, Bo Nickal vittorioso di misura, Sarah Hildebrandt che chiude in un lampo. Sorpresa della serata: Holly Holm che prende il posto di Kennedy Blades, fermata dall’NCAA.

Non solo sport: l’evento è stato anche un omaggio a Hulk Hogan, morto poche settimane prima. Video tributo firmato WWE, presenza di Nick Hogan come commissario ad interim. Un tocco di dramma e legacy che ha dato al debutto un peso narrativo.


L’orizzonte


La lega ha già annunciato una serie TV settimanale da due ore a partire dal 2026. In programma anche rematch “da copertina”, come Hendrickson vs Gable Steveson, che potrebbe alzare parecchio l’asticella.

È un esperimento. Forse resterà una nicchia, forse sarà un contenuto “da palinsesto” utile per piattaforme affamate di sport dal vivo. Ma intanto apre un varco: permette agli atleti di non interrompere il proprio percorso dopo l’università.

E in un mercato sportivo che spesso brucia carriere in cambio di hype, un progetto che mette al centro i lottatori e dà loro stipendio e visibilità merita attenzione.


My two cents


  • Non è intrattenimento mainstream.
  • Non sarà mai UFC.
  • Ma se riesce a garantire stabilità economica ai wrestler, è già un successo.

La lotta resta uno sport di fatica e di radici, e se un brand riesce a farla respirare anche fuori dai college, tanto di guadagnato.


Holly Holm debutta nella lotta libera a 43 anni!


Holly Holm, pugile e kickboxer prima e fighter di MMA poi ha debuttato sabato scorso in un match di lotta libera al Real American Freestyle 01.

Il fatto che abbia auto solo un paio di giorni di preavviso e che abbia perso con onore contro Alejandra RIvera, che ha un discreto pedigree nella lotta, dimostra che razza di atleti ci siano in UFC.

Vi lascio a un video, tra qualche giorno un articolo sull’organizzazione: Real American Freestyle.

Tra i commentatori della serata anche Chael Sonnen che poi è dovuto volare a Las Vegas a rimanere imbattuto contro Craig Jones al CJI 2

youtube.com/watch?v=la5c_Wjeij…

Risultati RAF 01


Data: 30 agosto 2025
Luogo: Wolstein Center, Cleveland (USA)
Pubblico: 4.500 spettatori
Broadcast: Fox Nation

Main Card


  • Heavyweight
    Wyatt Hendrickson (USA) def. Mostafa Elders (EGY)
    Technical fall (14–1), Round 2, 1:08
  • Light Heavyweight
    Bo Nickal (USA) def. Jacob Cardenas (CUB)
    Decision (6–4), Round 3, 2:00
  • Women’s Middleweight
    Alejandra Rivera (MEX) def. Holly Holm (USA)
    Decision (9–7), Round 3, 2:00
  • Cruiserweight
    Kyle Dake (USA) def. Dean Hamiti (USA)
    Technical fall (11–0), Round 2, 1:57
  • Featherweight
    Real Woods (USA) def. Darrion Caldwell (USA)
    Pinfall, Round 2, 1:29
  • Women’s Strawweight
    Sarah Hildebrandt (USA) def. Zeltzin Hernandez (MEX)
    Technical fall (11–0), Round 3, 0:36
  • Middleweight
    Evan Wick (USA) def. Jason Nolf (USA)
    Decision (10–8), Round 3, 2:00
  • Lightweight
    Austin Gomez (MEX) def. Lance Palmer (USA)
    Technical fall (11–0), Round 1, 1:02
  • Lightweight
    Yianni Diakomihalis (USA) def. Bajrang Punia (IND)
    Decision (5–1), Round 3, 2:00
  • Bantamweight
    Nathan Tomasello (USA) def. Matt Ramos (USA)
    Decision (4–3), Round 3, 2:00



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bloggistiche immagini rubacchiate alla gran G (immagini stock di Blogger salvate in Pignio)


Stamattina stavo (ri)guardando le immagini stock di Blogger, che vengono proposte da usare come sfondi decorativi sui siti dal pannello admin, e… mi è venuto in mente che dovevo pigniarli (e ci mancherebbe altro, ormai). In realtà, io pensavo fossero sfondi esclusivi di Google, anche se sotto sotto sospettavo di no… e infatti sono immagini stock premium normalissime, provenienti dai vari siti soliti… ma questo non vuol dire che non siano da salvare nella mia pineta multimediale, visto come possono sempre tornare utili nei momenti più casuali. 🙂
Schermata pagina di Pignio linkata, con il menu a tendina delle sottocartelle; A fianco, schermata "Seleziona immagine di sfondo" di Blogger; Ancora a fianco, la cartella finale filtrata, quasi 100 MB.
Sono ben 372 immagini uniche, molte JPEG e qualcuna PNG, quasi tutte in alta risoluzione, ma ovviamente tutte senza watermark, per cui evidentemente sono tutte state comprate da Google per permettere agli utenti di usarle gratis complementando i vari temi offerti (ma da almeno un decennio eh, non è roba recente, e lo si vede da come Blogger ancora usa il benedettissimo Material v1)… E certamente non sono state pagate da Google perché io potessi scaricarmele tutte e archiviarmele nella mia libreria dell’accumulo ordinato, quindi è servita indubbiamente un pochino di magia per compiere il misfatto, ma in pochi minuti ci ho messo comunque le mani sopra, su tutte (perché alcune mi piacciono tanto). 🪆

Sono servite due fasi per compiere l’opera. Fase 1: usare la console JavaScript del browser per copiare i metadati di tutte le immagini dalla pagina attiva ad un oggetto JSON, cliccando una sezione alla volta ed eseguendo per ciascuna il mio codicino che prende le immagini dal DOM… e poi fase 2: chiedere a Copilot di scrivere uno scriptino per scaricare tutte le immagini dal JSON su disco e creare i file INI corrispondenti per Pignio. (E, fase 3, suppongo: eseguire lo script e godere.) E poi in realtà ho dovuto spendere fin troppi minuti per filtrare a mano (con solo l’aiuto di Czkawka) le immagini duplicate che sono uscite fuori, perché svariate erano ripetute in più categorie, ma era comunque meno problematico fare così che sbattermi per avere uno script che tenesse conto già di questo schifo, vabbé. ✋

Adesso che ho anche aggiornato Pignio per mostrare le liste delle sottocartelle, collezioni di questo tipo lì sopra sono anche più epiche di prima, quindi ecco tutte queste belle (o quantomeno decenti) immagini stock con licenza non specificata (insomma, riutilizzabili solo a proprio rischio e pericolo, come piace a me): https://pignio.octt.eu.org/item/Blogger-backgrounds… e, qui ci sono gli appunti delle varie fasi, comprensivi di sloppa IA per gran divertimento: memos.octt.eu.org/m/nZo3BpL67C…. E ora, ancora, appena ho voglia, mi prenderò pure le immagini di Google Sites, che sono diverse (ma sono di meno, forse una cinquantina, quindi si fa subito anche solo a mano). 🎭

#Blogger #images #immagini #sfondi #stock

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poche righe su esiste


Esiste (la ricerca) - foto di Francesca Perinelli, sett. 2025
foto di Francesca Perinelli

diciamo che per la quinta volta (e con non pochi titoli e riviste in più rispetto alle volte precedenti) pare si sia dimostrato che esiste, anche se – volendo – può non esser nominata.

le comunità – diverse – si sono fatte vedere allo Studio Campo Boario e hanno chiacchierato, scambiato link, battibeccato, barattato aggeggi visivi, verbovisivi, solo verbali. si è letto qualcosa da autori anche assai assai diversi tra loro. (in questo senso, in tratti di tempo vari, hanno avuto spazi anche parole & discorsi che con lo sperimentar non avevano magari nemmeno un buon rapporto, o alcuno).

fotografia di Aberto D'Amico
foto di Aberto D’Amico

la timidezza ha interrotto l’elettricità del dialogo, ogni tanto, nell’ensemble (folto) che si riuniva. ma il motore ha funzionato fino in fondo, direi. il tema era quello delle comunità (tendenzialmente letterarie-artistiche).

ah, dimenticavo: tutte le copie de “La scuola delle cose” presenti sono state prese. c’è stato parecchio interesse per questo fascicolo. (a proposito: a Roma, dovrebbe averne di nuovo copie Tic – a piazza San Cosimato 39).

non siate timidi: seguite quello che in effetti sembra proprio esistere.

#111 #comunità #ELR #ELREsisteLaRicerca #esiste #EsisteLaRicerca #esistenza #esistere #FondazioneMudima #LaScuolaDelleCose #Lyceum #LyceumMudima #StudioCampoBoario #Tic


un inquadramento della scrittura di ricerca: nel n. 19 della ‘scuola delle cose’ (lyceum/mudima)


post in continuo aggiornamento

La scuola delle cose, n. 19, aprile 2025, SCRITTURA DI RICERCA (pubbl. Mudima / Lyceum)
cliccare per ingrandire

forse per la prima volta dopo oltre 20 anni di non disonorevole attività, un certo modo di fare sperimentazione letteraria ottiene un inquadramento teorico-critico complessivo, pur sintetico.

esce cioè il n. 19 del periodico ‘La scuola delle cose’, dell’associazione Lyceum (grazie alla Fondazione Mudima), interamente dedicato alla SCRITTURA DI RICERCA.

lo si sa e lo si è ripetuto assai: la (formula) “scrittura di ricerca” ha una storia di lunga durata, attraversando un po’ tutto il Novecento, almeno dagli anni Quaranta-Cinquanta, e in maniera nemmeno poi troppo carsica. d’accordo. tuttavia questo numero della “Scuola delle cose” non è una disamina storica integrale, semmai un lavoro sugli ultimi venti-venticinque anni di ricerca letteraria, o scrittura complessa. con (ovviamente, immancabilmente) puntuali affondi nel passato e nella produzione di certi autori a dir poco fondativi, soprattutto Corrado Costa e Jean-Marie Gleize.

prima occasione di presentazione: 19 giugno, Milano, Fondazione Mudima:
slowforward.wordpress.com/wp-c…

audio della presentazione a Milano (19 giu. 2025):
slowforward.net/2025/07/01/pod…

audio di una successiva presentazione, a Roma (5 lug. 2025):
slowforward.net/2025/07/24/pap…

RadioTre Suite: presentazione di Prima dell’oggetto, di MG, e – in conclusione – “La scuola delle cose” (24 ago. 2025):
slowforward.net/2025/08/25/rad…

podcast della presentazione ospitata da La Finestra di Antonio Syxty (25 ago. 2025):

*

e, rapidamente descrivendo:

dettaglio de La scuola delle cose n 19_ 2025__ foto di Antonella Anedda
dettaglio da una foto di Antonella Anedda. cliccare per ingrandire

L’espressione “scrittura di ricerca” è in azione da diversi decenni, e di certo si perde già nelle “profondità” del Novecento. Tuttavia, dagli anni 2003-2009 (ovvero fra l’esplosione dei blog letterari e l’uscita del libro collettivo Prosa in prosa – edito da Le Lettere; ora da Tic edizioni) e fino a oggi, il numero di materiali sperimentali e saggi sugli stessi è decisamente cresciuto. Ha dunque senso ed è forse addirittura indispensabile iniziare a fare il punto della situazione. Un primo e senz’altro assai sintetico tentativo è rappresentato da questo numero de «La scuola delle cose», che raccoglie otto interventi di altrettanti studiosi e studiose, intorno alla ricerca letteraria e alle scritture complesse.

*

queste le autrici e gli autori dei saggi nel tabloid, e i titoli degli interventi:

Gian Luca Picconi,
Scrittura di ricerca, prosa in prosa, letteralità

Massimiliano Manganelli,
Appunti sulle scritture procedurali

Luigi Magno,
Cinque nomi (più uno) e dieci titoli. La poesia di ricerca francese (oggi) in Italia

Chiara Portesine,
Il compromesso fonico: l’eredità di Corrado Costa

Renata Morresi,
Il movimento chiamato Language Poetry in Italia oggi

Chiara Serani,
Scritture non convenzionali e intermedialità (2000-2025)

Luigi Ballerini,
Intervento sulla poesia che si potrebbe fare

Daniele Poletti,
Scritture complesse. Il superamento dell’appartenenza

*

il tabloid gratuito è disponibile a Milano in Fondazione (via Tadino 26); a Roma presso la Libreria Tic (piazza San Cosimato 39); a Perugia nella libreria Mannaggia (via Cartolari 8); a Bologna da Modo Infoshop (via Mascarella 24/b); a Napoli alla libreria Luce (piazzetta Durante 1).

*

incontri, presentazioni e altre occasioni legate alla rivista:

22 maggio 2025: intervista a Rai RadioTre Fahrenheit

25 maggio: presenza del tabloid alla Serata del Premio Pagliarani al Palazzo delle Esposizioni (Roma)

31 maggio: presenza al reading collettivo “Roma chiama poesia”, Teatro Basilica (Roma)

3 giugno: presenza allo Studio Campo Boario (Roma), in occasione della presentazione di NZ, di A. Syxty

8 giugno: presenza nella libreria Tic di piazza San Cosimato (Roma)

17 giugno: presenza al reading di Giovenale e Perinelli allo Studio Campo Boario

26 giugno: ex Discoteca di Stato in via Caetani (Roma), dialogo sulla memoria delle avanguardie

Da luglio 2025: presenza alla Libreria Luce, Napoli

5 luglio: presentazione della rivista in occasione del festival Inverso, a Roma

24 agosto: a RadioTre Suite, presentazione di Prima dell’oggetto, di MG, e – in conclusione – del tabloid

25 agosto: va in onda il podcast della presentazione ospitata da ‘La Finestra di Antonio Syxty’

5-6-7 settembre: presenza di molte copie del tabloid ai tre giorni dell’incontro ‘Esiste la ricerca’, presso lo Studio Campo Boario


Lyceum _ Scuola delle Cose _ dati editoriali e redazionali
cliccare per ingrandire

Fondazione Mudima
FONDAZIONE MUDIMA

Via Tadino 26, Milano
info@mudima.net
mudima.net

*

in collaborazione con
l’associazione dipoesia
logo dell'"associazione dipoesia"

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Sui dizionari dell’uso e sugli anglomani che si appellano all’uso solo quando fa loro comodo


di Antonio Zoppetti

Gli strumenti principali per normare una lingua sono le grammatiche e i dizionari.
Nel Cinquecento Pietro Bembo si è imposto con la prima grammatica di successo della nostra lingua che elevava lo scrivere di Petrarca e Boccaccio al modello da seguire anche dello scrivere cinquecentesco. Seguendo analoghi principi, nel 1612 vide la luce il Vocabolario della Crusca, che si basava su circa 25.000 parole utilizzate soprattutto dalle tre corone fiorentine, che raccoglieva con lo scopo di legittimarle e farle divenire il canone dell’italiano. L’anno prima, in Inghilterra era uscita la seconda edizione ampliata di un vocabolario italiano-inglese di Giovanni Florio (A Worlde of Wordes, “un mondo di parole”) che invece includeva più di 70.000 voci, tratte da circa 250 opere italiane non necessariamente letterarie.
Il lavoro della Crusca era decisamente meno ricco proprio perché selettivo e normativo: invece di registrare tutte le voci in uso tra gli scrittori, mirava proprio a raccogliere il “fior di farina” per escludere le maleparole che non venivano affatto considerate “italiane”.
Il canone di Bembo e della Crusca – pur tra le polemiche di chi lo avversava – si impose come il modello vincente, sbaragliò ogni altra opera concorrente basata su altri criteri e fu ripreso da innumerevoli dizionari e grammatiche minori che ne riproponevano lo schema. Nel Settecento, Alberti di Villanova si staccò da quell’impianto attraverso un dizionario che inseriva le voci scientifiche, respinte dai cruscanti come nomenclatura, dunque si basava sull’uso non solo letterario moderno invece che antico, ma anche scientifico e illuminista. Nell’Ottocento, tra le tante opere lessicografiche in circolazione, vide la luce il dizionario di Tommaseo che, con molta fortuna, apriva all’uso non solo della tradizione toscana, ma sempre più degli scrittori moderni, mentre all’unità d’Italia nacque il (fallimentare) Novo vocabolario di Stato voluto da Broglio, che seguiva la linea e la poetica di Manzoni nel basarsi sull’uso della lingua colta di Firenze, considerata il canone del nuovo italiano (detto alla fiorentina: “novo”).

Tutti i dizionari si basano dunque sull’uso, ma la questione seria è: l’uso di chi?
L’uso a cui si appellavano di volta in volta Florio, la Crusca, Villanova, Tommaseo o Manzoni non era certo il medesimo.

Oggi i dizionari basati sull’uso letterario storico, per esempio il monumentale Battaglia, sono chiamati dizionari storici, mentre i vocabolari moderni (Zingarelli, Devoto Oli, Gabrielli, Treccani, Nuovo De Mauro, Sabatini-Coletti…) sono definiti “dell’uso”, con molta retorica e in modo non sempre veritiero, perché come quelli del passato legittimano un uso dell’italiano soprattutto scritto che non corrisponde affatto a quello delle masse.

Circolano idee un po’ confuse e superficiali su fatto che le nuove opere lessicografiche avrebbero il compito di descrivere il lessico contemporaneo senza approvare, ufficializzare o certificare le parole, ma seguendo un taglio “descrittivo” che ha abbandonato ogni principio di regolamentare la lingua per limitarsi appunto a descriverla. Si tratta di una dichiarazione di intenti vaga e poco aderente alla realtà che suggerisce l’idea di una lingua democratica che arriva dal basso. La realtà è ben altra: ogni grammatica e dizionario – come aveva ben spiegato Gramsci – è sempre un atto di politica linguistica, e dietro ogni scelta lessicale non c’è solo l’uso (esaltato senza specificare l’uso di chi), ma una visione dell’italiano che si vuole affermare, da cui non si esce, come è facile intuire e documentare.

I cosiddetti nuovi dizionari dell’uso di chi?

Oltre all’inclusione delle parole storiche, finita l’epoca degli scrittori che facevano la lingua, la scelta delle nuove voci da inserire in un dizionario moderno si basa soprattutto sull’uso scritto dei giornali. E nonostante qualche apertura al linguaggio colloquiale, ci sono tantissimi vocaboli in uso su tutto il territorio nazionale – e comprensibili ai più – che non sono registrati, basta pensare al geniale quanto disgustoso tarzanello, oppure a una parola gergale come sbattone (sui dizionari c’è il più ortodosso sbattimento), per non parlare delle bestemmie che non trovano spazio nei vocabolari benché si sentano quotidianamente.

La lingua che arriva dal basso – che certi linguisti etichettano e stigmatizzano come substandard – è spesso sanzionata dai dizionari cosiddetti “dell’uso”, che mantengono il loro impianto normativo. Il verbo “redarre” (“forma errata per redigere”, recita il Devoto Oli), per esempio, è ricavato arbitrariamente dalla forma “redatto” che è però il participio di redigere. Lo stesso vale per il verbo “stortare” (assente nel Devoto Oli), diffuso soprattutto al nord (ma non solo) anch’esso nato dall’immaginare un verbo regolare ricavato dalla forma storto che viene invece da storcere. Nonostante questi “pseudoverbi” siano in uso, e “stortare” si trovi persino in autori come Vittorini o Benni e sia stato usato persino da Manzoni, questo uso è sanzionato dai lessicografi moderni che – al di là delle dichiarazioni d’intenti – nei dizionari usano criteri ibridi che conciliano l’uso popolare con l’italiano cosiddetto standard, cioè quello della norma considerata corretta.

Questa norma è alla base delle pronunce indicate, per esempio la dizione alla toscana di bène e stélla e non certo béne e stèlla come si dice al nord. In questo caso l’uso regionale non toscano è ignorato e ininfluente persino quando è maggioritario, tanto che Ennio Flaiano con pungente ironia aveva notato che “l’italiano è una lingua parlata dai doppiatori”. Ma a volte la norma dell’italiano standard di vecchia impostazione viene privilegiata persino quando non è più seguita nemmeno dai doppiatori, e nel caso del verbo valutare si trova come pronuncia corretta io valùto , seppur affiancata da “vàluto”. Eppure nessuno dice valùto (come saluto e aiuto), nemmeno al cinema o in tv, dunque non si capisce a quale “uso” si faccia ormai riferimento, a parte quello storico e della norma.

A partire dal 2017 i vocabolari hanno incluso la voce lombarda “schiscetta” che si è ormai estesa su tutto il territorio nazionale nel suo significato di portavivande. In milanese si pronuncia con la “e” aperta come nel proverbiale michètta (a Roma è rosetta), eppure queste voci nel confluire nell’italiano sono registrate con la dizione toscana (michétta e schiscétta) in modo poco ossequioso rispetto all’uso da cui provengono. Perché?

Perché il “tribunale” dei grammatici e dei lessicografi media le voci in uso con le regole dell’italiano standard che prevalgono, in casi del genere. Altre volte, invece, fanno tutto il contrario, soprattutto quando hanno a che fare con l’inglese.
Per esempio, la pronuncia della parola “report” (introdotta nei dizionari del Duemila accanto ai preesistenti report e reportage) è indicata sul Devoto Oli con l’accento all’inglese (repòrt invece dell’inglese ripòrt), anche se la maggioranza degli italiani dice “réport” (come riportato invece sul Gabrielli che ha un’impostazione più attenta all’uso popolare). L’uso indicato di repòrt non è perciò quello delle masse, forse è quello della Gabanelli e del suo sostituto Ranucci, due noti anglomani che si distinguono dalla massa proprio nel chiamare la loro trasmissione con l’accento all’inglese.

Se dalle pronunce passiamo ai ritocchini ortografici, la schizofrenia che spinge a usare due pesi e due misure è altrettanto evidente.

Colpisce che sul Devoto Oli le voci cibersesso o ciberspazio rimandino a quelle anglicizzate di cybersesso e cyberspazio, e che nel caso di cybercrimine o cyberbullismo siano registrate solo le forme all’inglese invece che all’italiana. Si potrebbe concludere che queste scelte (per chiamare le cose con il loro nome) dipendano dall’uso e dalla maggiore frequenza di queste forme, ma allora come mai la voce sgombro (nel senso del pesce) è invece indicata come una variante popolare di scombro a cui si rimanda, anche se in pochi la usano e al supermercato c’è solo lo sgombro, al punto che scriverla con la “c” sembrerebbe un refuso?

Sembra insomma che la sacralità dell’uso venga invocata dal tribunale dei grammatici per legittimare l’inglese e si nascosta sotto al tappeto quando si vuole invece far prevalere la norma, e così se si afferma governance invece di governanza non resta che prenderne atto, mica come nel caso di sgombro/scombro in cui si fa tutto il contrario.

Davanti all’inglese (la lingua superiore che si vuole legittimare) ci si appella all’alibi dell’uso, ma nel caso delle voci popolari e regionali (le lingue inferiori che da sempre sono state emendate), le cose cambiano. E così nell’attuale dizionariesca gara a registrare ogni sorta di anglicismo dei giornali le forme grafiche in inglese non sono sanzionate – e dunque sono legittimate nel loro uso prevalente – mentre altre in uso tra gli italiani sono stigmatizzate in nome della forma “corretta” ma non in uso.

Nel caso di “piuttosto che”, per esempio, i dizionari (come le grammatiche) precisano che non indica un’opzione (indifferentemente A o B nel senso di oppure), ma significa anziché (dunque A invece di B). Questo giudizio si basa sull’italiano storico e standard, perché da qualche decennio l’uso “errato” è diventato inarginabile non solo nel parlato popolare, ma persino nell’uso televisivo e giornalistico, ed è forse persino più frequente della forma riportata come corretta.

Quanto al fatto che l’inserimento di una nuova voce nel dizionario non significhi “legittimarla” ma solo registrarne la presenza in modo descrittivo è un’altra dichiarazione difficile da difendere e che va perlomeno approfondita. Per prima cosa questo giudizio si dovrebbe confrontare con il fatto che chi consulta un vocabolario (oltre che per scoprire le definizioni) spesso lo fa proprio per sapere quali siano le forme corrette, dunque lo usa come bussola lessicale per non commettere errori. I lessicografi sanno benissimo che le loro opere legittimano l’italiano di fatto, se non negli intenti, e infatti spesso cercano di introdurre degli elementi che invece di nascere dall’uso lo vogliono cambiare e indirizzare in modo nuovo.

Quando l’uso fa comodo e quando lo si vuole invece cambiare

Tra gli anni Ottanta e Novanta i dizionari hanno cominciato a registrare i femminili delle cariche (sindaca, ministra…) con un’operazione che ha preceduto il loro reale esplodere sui mezzi di informazione (avvenuto solo negli anni Duemila). E la dicitura per cui il femminile di avvocato sarebbe avvocata (avvocatessa è bollato come popolare) non riguarda solo i dizionari, ma anche le grammatiche che prescrivono una forma “politicamente corretta” che non è basata né sull’uso popolare, né sull’uso delle donne avvocato che preferiscono definirsi con il maschile generico nelle loro targhette apposte alle porte degli studi e nei biglietti da visita. Questo uso a cui si fa riferimento – anche se non ce lo raccontano – è invece quello delle linee guida che sono state concepite dall’alto e poi diramate nelle amministrazioni o nelle università per introdurre certe prescrizioni in nome di presupposti extragrammaticali, in una campagna di promozione al nuovo lessico che si vuole affermare per motivi di volta in volta politici, etici, inclusivi…

Questo intento normativo non è poi molto diverso da quello del dizionario della Crusca o del Novo vocabolario di Broglio che volevano legittimare l’italiano delle tre corone fiorentine o quello della parlata colta di Firenze. Manzoni, nel perorare la causa di un dizionario ufficiale di Stato (già proposto prima di lui da Cesarotti), anticipava le critiche che gli sarebbero state rivolte con queste parole:

“Imporre una legge? come se un vocabolario avesse a essere una specie di codice penale con prescrizioni, divieti e sanzioni. Si tratta di somministrare un mezzo, e non d’imporre una legge.”

Eppure l’idea di realizzare un dizionario ufficiale della lingua italiana è tutt’ora un tabù, in Italia. Così come quella di formare un Consiglio superiore della lingua italiana (CSLI) come è stato proposto in qualche disegno di legge, o di creare – come in Francia e Spagna – delle banche dati terminologiche con le alternative italiane agli anglicismi che implicano anche commissioni per l’arricchimento della lingua. Nel nostro Paese tutto ciò è presentato come un assurdo logico e come qualcosa di anacronistico, benché all’estero non lo sia affatto e in Islanda, per fare un altro esempio, ci sono linguisti che di professione fanno i neologisti e creano ufficialmente nuove parole basate sulle proprie risorse, invece che prese dall’inglese.

La posizione del linguista medio italiano è invece: chi o quale ente dovrebbe decidere e imporre simili scelte? Con quale autorità?

La risposta è piuttosto semplice: basta fare come negli altri casi che – a meno che non si tratti dell’inglese – regolamentano la lingua senza porsi l’analogo problema. E in questo modo si può sviscerare anche l’annosa questione di chi decide che cosa è italiano e che cosa non lo è.

La strana idea di regolamentare la norma ma non il lessico

Prendiamo come esempio la regola per cui le parole che finiscono in -cia e -gia al plurale diventano -ce e -ge se precedute da consonante (provinciaprovince) mentre mantengono la “i” se sono precedute da vocale (ciliegia-ciliegie).
Nell’Ottocento la norma si basava sull’etimo latino delle parole. E così nella grammatica del Fornaciari (1882) si prescriveva pronuncie che seguiva lo stesso schema di pronunzie (derivato dal lat. pronuntia). A cambiare questo andamento, nel 1949, fu il linguista Migliorini che in modo pratico e convincente propose la regola attuale, che fu accolta dalle grammatiche e divenne operativa. E una volta affermata, questa regola è servita da guida anche per tutte le nuove parole, che si sono regolate sullo stesso schema, con il risultato che oggi la regola non ha eccezioni.

Se la comunità dei linguisti che scrivono grammatiche e dizionari si accordasse per esempio anche per scrivere ciber invece di cyber, queste scelte potrebbero avere un impatto altrettanto regolamentatore; ma i lessicografi non lo fanno, perché su certi aspetti vogliono intervenire e cambiare l’uso, su altri no. E così i linguisti moderni negli ultimi anni hanno inventato a tavolino la parola “anglismo”, accanto ad “anglicismo” in uso e attestato sin dal Settecento. E la usano (quasi solo loro) per distinguersi dalle masse sostenendo in qualche caso che sia strutturalmente più corretta e infischiandone beatamente degli usi storici. Oltretutto qual è il bisogno di creare questa forma che si aggiunge a “inglesismo” e che si discosta non solo dall’uso storico, ma anche dalle forme delle nostre lingue sorelle: anglicisme e anglicismo del francese e dello spagnolo?

Ho già raccontato – per fare un altro esempio – l’attuale revisionismo con cui la comunità dei linguisti ha deciso di intervenire per cambiare l’uso storico della forma “se stesso” con quella accentata (“sé stesso”). Nell’Ottocento la questione non si poneva, e negli scritti di Leopardi e Manzoni le due forme si alternano un po’ a caso, e per di più anche l’attuale regola per cui utilizziamo l’accento acuto ( e non ) non si era ancora affermata, per cui spesso si trovava l’accento grave indicato anche nei dizionari. Successivamente le norme editoriali hanno operato le attuali scelte codificate nei dizionari moderni, e nel Novecento si è affermata una regola – a dire il vero un po’ bislacca – per cui anche se il pronome si scrive con l’accento acuto, per distinguerlo da “se” congiunzione”, davanti a “stesso” e “medesimo” l’accento si sarebbe dovuto omettere, in quanto inutile per rimarcare le differenze grammaticali. Questa regola non solo veniva insegnata a scuola – e non rispettarla costava talvolta un errore blu (almeno ai miei tempi) – ma soprattutto era diventata operativa in tutte le norme editoriali delle case editrici, a partire dalla più importante e prestigiosa Einaudi, e da tutti gli autori più importanti, come Calvino, che scrivevano sistematicamente “se stesso”. Che piaccia o meno, questa era la norma che si era affermata nell’uso. E sino al 1995, quando Oli era ancora vivo, nel suo vocabolario si prescriveva “se stesso”.
Un altro linguista di grande statura, però, Luca Serianni, contestava la sensatezza della regola, non trovava logico (giustamente) cambiare l’ortografia a seconda del contesto, e metteva in risalto che al femminile plurale (“se stesse”) la regola creava ambiguità per esempio con l’espressione “se (egli) stesse”. Ora, con tutto il rispetto per questo grandissimo linguista e grammatico, bisogna rilevare che la sua ossessione verso una questione che in fondo è di poco conto – visto che i problemi dell’italiano sarebbero ben altri – se ne infischiava dell’uso in voga e lo voleva cambiare in nome di una norma razionalizzatrice. Nella sua ultima lezione universitaria, prima di andare in pensione, le sue ultime parole agli studenti furono: “E scrivete sé stesso con l’accento”. Intanto, dopo la morte di Oli, nel prendere in mano il nuovo Devoto Oli insieme a Trifone, non solo la regola è stata cambiata ammettendo la forma accentata, ma “sé stesso” è stato introdotto in modo sistematico anche nelle definizioni, che sono state tutte riscritte con questo principio e “de-olizzate”. E oggi questa nuova regola sta guadagnando terreno sulla forma un tempo considerata l’unica lecita.

Naturalmente non tutte le riforme ortografiche hanno successo, tutto dipende dall’accettazione non da parte delle masse – come crede qualcuno – ma da quella delle élite e delle piccole cerchie degli addetti ai lavori: i giornali e soprattutto i nuovi manuali e i nuovi dizionari che si affermano sul mercato e nella scuola. Dunque il tribunale dei grammatici ha un certo peso nel decretare le sorti dell’italiano e nel decidere cosa inserire e cosa lasciar fuori dal paniere dell’”uso”.

E allora, la domanda “quale ente dovrebbe decretare i possibili sostitutivi delle parole inglesi?” è una falsa questione. La risposta è: lo stesso “ente inesistente” che interviene per trascrivere schiscetta alla toscana, per cambiare le regole dei plurali e degli accenti, per consigliare parole come avvocata, per sanzionare l’uso “incorretto” di “piuttosto che” o di “stortare”, per inventarsi a tavolino la parola anglismo e via dicendo.

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Odessa è nata in quel di Strasburgo nel 1944


I nazisti erano consapevoli che i beni della Germania sarebbero, presto, caduti nelle mani del nemico che si stava avvicinando rapidamente, se non fossero stati trasferiti e nascosti. Le ricchezze della Nazione, in gran parte acquisite attraverso il saccheggio dei Paesi invasi e della loro popolazione, dovevano essere trasferite in modo da essere fuori dalla portata giudiziaria internazionale, ma accessibili per finanziare un movimento futuro allo scopo di far risorgere il Partito e costruire un nuovo Reich.
I principali funzionari nazisti temevano anche la vendetta degli Alleati e, piuttosto che affrontare una sicura punizione per i loro crimini di guerra, decisero di cercare rifugi sicuri al di fuori della Germania, e al di là della portata della giustizia.
Nella riunione, in merito a ciò, furono quindi presi provvedimenti per camuffare tali leader come esperti tecnici delle varie filiali delle imprese tedesche che sarebbero sorte successivamente alla guerra.
Il Partito era disposto a prestare ingenti somme di denaro agli industriali per consentire ad ognuno di loro di creare un’azienda segreta postbellica all’estero e come garanzia richiedeva che i principali magnati mettessero a disposizione le risorse acquisite all’estero, in modo da ricreare un Reich dopo la fine della Guerra. In breve tempo, Odessa costruì una rete ampia ed affidabile con lo scopo di raggiungere i suoi scopi e strategie di espansione.
Le rotte (denominate in codice sia da chi le adoperava sia da chi cercava di sgominarle, Ratline) furono mappate ed i contatti stabiliti.
I nazisti più influenti scomparvero quando furono fatti sapientemente scappare dalla Germania e furono aiutati a crearsi nuove vite con nomi falsi in Paesi stranieri come l’Argentina, il Paraguay ed il Brasile.
Alla fine della guerra, solo alcuni funzionari nazisti di alto rango furono processati. Molti di coloro che si resero colpevoli di crimini di guerra riuscirono a fuggire con l’aiuto di Odessa (che come vedremo nei dettagli, riuscirà ad espandersi e si costituirà in sub organizzazioni dallo stesso impianto come quella che verrà diretta dal Presidente argentino, Juan Domingo Perón e da alcuni Paesi Alleati). Alcuni criminali di guerra rimasero in Germania e assunsero nuove identità, riuscendo a fuggire di nascosto solo dopo il caos prodotto alla fine delle ostilità. Una rete sotterranea chiamata Die Spinne (Il Ragno) forniva documenti falsi e passaporti, case sicure e contatti che permettevano ai criminali di guerra di attraversare i confini svizzeri non controllati: questa Rete era una ramificazione importante di Odessa che nel corso del tempo si è andata adattandosi alle circostanze. Una volta in Svizzera, i fuggiaschi si trasferivano rapidamente in Italia, utilizzando alcune delle principali Ratline.
Alcuni preti cattolici romani, specialmente i francescani, aiutarono Odessa a spostare i fuggiaschi da un monastero all’altro fino a quando raggiungevano Roma. Wiesenthal, molteplici storici accreditati e le fonti emerse in riferimento ad alcune personalità appartenenti alla Chiesa, mostrano come molti monasteri funzionassero da stazioni di transito per i nazisti. Questa connivenza della Chiesa è tuttora molto discussa in quanto la posizione ufficiale rimane quella di attribuire certe azioni a singoli e non allo Stato del Vaticano come tale <9.
Nonostante le posizioni contraddittorie, certi fatti sono stati provati dagli stessi protagonisti come il vescovo di Graz Alois Hudal, il segretario della confraternita di San Girolamo dei Croati Krunoslav Draganović ed il cardinale di Genova Giuseppe Siri. Con l’aiuto di pochi esponenti della Chiesa, i fuggiaschi riuscivano ad ottenere un rifugio sicuro fino a quando, attraverso il Porto di Genova e con la collaborazione di alcuni membri del Comitato della Croce Rossa Internazionale (che garantiva nuovi e falsi titoli di viaggio), potevano lasciare l’Europa e fuggire in altri Paesi, dove già erano stati presi dei contatti sicuri con lo scopo di dare nuove vite ai criminali di guerra. Oltre ai personaggi più conosciuti (che vedremo in seguito) ci sono anche altri nazisti di minore importanza che, attraverso i permessi di viaggio concessi dalla Comitato della Croce Rossa Internazionale, riuscirono a sfuggire alla giustizia internazionale. Fra di essi vorrei ricordare l’aiutante del numero due del Reich Paul Joseph Goebbels, Erich Friedrich Otto Karl Müller che ottenne un documento con il nome di Francesco Noelke. <10
Alcuni Paesi sicuramente non conoscevano il passato dei loro nuovi immigrati in quanto alle loro frontiere ricevevano masse di rifugiati dall’Europa dilaniata e non potevano distinguere tra i reali richiedenti rifugio ed i criminali fuggiaschi. Altri, compresi i Governi degli Stati Uniti e dell’Argentina, hanno cercato di sfruttare la conoscenza e la capacità tecnico-scientifica dei nazisti che sarebbero risultate utili per i propri scopi (gli USA, per esempio, videro fondamentale la conoscenza degli scienziati nazisti alla luce dello scontro con l’URSS di cui si ebbero i primi segnali fin subito dopo la fine della seconda guerra mondiale).
I governi filofascisti, come la Spagna sotto Franco, così come quelli in Sud America, diventarono dei paradisi sicuri per i molteplici ricercati internazionali. L’istituzione dello Stato di Israele dopo la seconda guerra mondiale portò alcune Nazioni arabe ad accogliere i nazisti che condividevano l’avversità per gli ebrei (anche se in modi diversi) nella speranza che avrebbero usato le loro esperienze in settori come la missilistica, la tecnologia e la chimica per bilanciare l’equilibrio nel conflitto arabo-israeliano <11.
La realtà dei fatti è che non ci si può limitare a pensare ad Odessa come ad un’unica organizzazione ma bensì va vista come un insieme di reti che si sono strutturate ed evolute sulla base di quanto stabilito a Strasburgo. Infatti le Ratline (quelle vie che facevano parte del piano iniziale dei nazisti da percorrere per raggiungere porti sicuri) sono cambiate, aumentate ed abolite a seconda delle necessità e degli ostacoli incontrati. A questo proposito, molti membri dell’originale Odessa (quella fondata presso l’hotel francese) hanno intrapreso delle strade diverse a seconda, a volte, dei propri interessi personali andando a strutturare nuovi organizzazioni e compagini ricordando quanto stabilito dai “padri fondatori della fuga” dall’Europa. Seppure le realtà ed i contesti in cui tali organizzazioni sono sorte e sviluppate, risulta interessante vedere come esse abbiano condiviso molte delle metodologie, percorsi e contatti stabiliti con la prima Odessa. Chiamarle tutte Odessa potrebbe forse risultare erroneo, però da quanto si evince dal loro sviluppo si può notare come la prima Odessa abbia implementato e stabilito un “Modello Odessa” con cui esse si sono andate identificandosi.
Quindi, si può sintetizzare dicendo che Odessa è nata in quel di Strasburgo nel 1944 ed è stata funzionale per la creazione di sub-organizzazioni che hanno sfruttato le strutture, i fondi, le personalità, i contatti e le idee dell’Odessa originale. Quest’ultima, infatti, è nata per poi fondersi ed evolversi in molteplici altre organizzazioni.
L’erede più importante e diretta è stata quella del Vaticano <12, anche se quella che faceva capo all’ex Presidente dell’Argentina, Juan Domingo Perón, è riuscita, a mio avviso, a portare a termine la sua missione ed aver accolto non solo nazisti, ma anche fascisti, ustascia, rexisti, militanti di Paesi fascisti e di estrema destra come quelli del Governo di Vichy e dell’Ucraina nazionalista. Nel mio lavoro ho approfondito, principalmente, questa Odessa perché reputo, dalle fonti a mia disposizione, sia stata la più incisiva e la più interessante sotto un profilo storiografico.
Come ho già detto, il quadro è ulteriormente complicato da quelle Ratline che sono state supportate e create da tutti quei Paesi che, almeno di facciata, erano avversi ad Hitler, Mussolini e Governi a loro alleati. Infatti, con la mia ricerca ho ricavato fonti fondamentali per sostenere che Stati Uniti e Gran Bretagna abbiano giocato un ruolo di primo piano per la fuga dei principali criminali di guerra, migliaia di militari dei Governi nazionalisti ed autori di atrocità.
Nei capitoli successivi approfondirò il ruolo avuto da ogni Paese per la riuscita della fuga. È importante ricordare che i nazisti, gli ustascia ed altri cittadini dei Paesi satellite nazi-fascisti erano considerati un fattore determinante per fronteggiare il crescente strapotere comunista che era concepito (soprattutto da alcune frange della Chiesa) come un fantasma terribile che metteva in pericolo la sopravvivenza dell’Europa cristiana. In merito a ciò basti pensare alla teoria secondo cui alcuni esponenti del Vaticano abbiano giocato un ruolo importante per l’attentato ad Hitler: ciò fu progettato non per uccidere un terribile assassino, ma perché ormai dichiarato troppo debole per fronteggiare la Russia comunista e l’ideologia stessa all’interno dell’Europa <13.
Per condurre la mia tesi, oltre ad aver reperito importantissimi documenti presso gli archivi online ed attraverso la richiesta di digitalizzazione di quelli che non erano presenti in rete, mi sono recato, inizialmente, presso l’Archivio Federale di Berna e l’Archivio del Comitato della Croce Rossa Internazionale (ICRC) a Ginevra.
In queste sedi ho trovato documenti che mettono in luce il processo e le modalità di fuga dei criminali di guerra attraverso i Titoli di Viaggio provvisti dall’ICRC (sottolineando, ovviamente, che l’ICRC era insieme all’IRO, l’unico ed il solo organismo legittimo a concedere titoli di viaggio ai rifugiati dopo la Seconda Guerra Mondiale). Presso l’Archivio Federale di Berna ho potuto reperire i rapporti e le statistiche, redatti dal Capo della Polizia svizzera Heinrich Rothmund in collaborazione con il Ministro di Giustizia e Polizia Eduard von Steiger, che evidenziano una loro complicità con le autorità naziste in merito al diniego dell’ingresso alla popolazione di religione ebraica in Svizzera ed alla sua conseguente deportazione verso i campi di concentramento. I due funzionari svizzeri, inoltre, erano dei tasselli fondamentali per il processo di facilitazione della fuga dei criminali di guerra verso l’Argentina.

[NOTE]9 Wiesenthal, S., Justice Not Vengeance, Groove, New York, 1990; Levy A., Nazi Hunter: The Wiesenthal File. How Simon Wiesenthal hunted down the Nazi war criminals, Robinson Publishing, Londra, 2002; Aarons M. M., Loftus J., Ratline, Newton & Compton, Roma, 1993
10 Applicazione per la Croce Rossa per il titolo di viaggio di Francesco Noelke, Italian Croce Rossa a Genova, 09 settembre 1950, ICRC, Ginevra, Archivio, ‘Titres de Voyage CICR 1945–1993’, applicazione 100, 958
11 Wiesenthal, S., Justice Not Vengeance, Groove, New York, 1990, pp. 18-47
12 Per sintesi ho utilizzato il termine Vaticano in quanto gli esponenti principali di essa erano prelati, preti e cardinali. Ciò non significa che il Vaticano come tale appoggiasse le fughe dei criminali di guerra: erano solo alcuni membri della Chiesa Cattolica, seppure eminenti in alcuni casi, che avevano intrapreso certe azioni.
13 Aarons M. M., Loftus J., Ratlines, Newton & Compton, Roma, 1993
Sarah Anna-Maria Lias Ceide, ODEUM Roma. L’Organisation Gehlen in Italia agli inizi della guerra fredda (1946-1956), Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Napoli “Federico II”, 2022

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Burkina Faso, rilasciato cittadino italiano fermato a Ouagadougou.


[:it]Non chiare le contestazioni che portarono al suo fermo.[:]

Un giovane italiano, Luca Scarpato, di 23 anni e originario di Milano, è stato recentemente rilasciato dalle autorità burkinabè dopo essere stato fermato lo scorso 11 giugno con l’accusa di sospetta appartenenza a un gruppo paramilitare. La notizia del suo rilascio il 4 settembre 2025, è stata confermata dall’agenzia di stampa ANSA, la quale ha riportato che il giovane è stato successivamente consegnato a un team dell’Aise (Agenzia italiana per la sicurezza esterna), che lo ha riportato in Italia su un volo atterrato a Ciampino.

Il fermo di Scarpato non era stato reso pubblico in accordo con la famiglia, al fine di favorire una risoluzione cauta del caso. La vicenda ha preso avvio la mattina dell’11 giugno, quando Luca, insieme a un altro cittadino europeo, è stato prelevato dalle forze di sicurezza locali nella capitale Ouagadougou. I due erano arrivati in città provenienti da Freetown, in Sierra Leone, e i loro comportamenti avevano attirato l’attenzione del personale dell’hotel in cui alloggiavano. In particolare, i giovani non avevano fornito giustificazioni chiare riguardo al motivo della loro visita ed erano in possesso di zaini di tipo militare, circostanza che aveva indotto il personale a segnalare la situazione alle autorità competenti.

In seguito, le autorità burkinabè hanno comunicato che il fermo di Scarpato faceva parte di un’operazione più ampia, coordinata con i Servizi di sicurezza di Mali e Niger, volto a identificare cittadini stranieri intenti a supportare attività terroristiche o paramilitari nelle rispettive nazioni. Tuttavia, secondo quanto appreso dall’ANSA, il giovane milanese si era recato in Burkina Faso con un visto di ingresso per lavorare in servizi di sicurezza mineraria. Nonostante ciò, le autorità locali hanno indicato che Scarpato sarebbe stato trovato in possesso di equipaggiamenti militari non specificati, sebbene non risultassero essere armi.

Elementi emersi dai dispositivi telefonici sequestrati durante la detenzione avrebbero suggerito un possibile legame del giovane con gruppi paramilitari, alimentando ulteriormente le preoccupazioni delle autorità. Da quel momento, si è attivata una complessa mediazione a livello di intelligence, che ha coinvolto anche la collaborazione della famiglia, il tutto mantenuto lontano dai riflettori mediatici.

Oggi, grazie a questi sforzi diplomatici e alla cooperazione tra le agenzie di intelligence italiane e burkinabè, Luca Scarpato è stato liberato come “gesto di buona volontà” nei confronti dell’Italia. Questa situazione complessa solleva interrogativi sulla sicurezza internazionale e la delicata gestione delle operazioni di intelligence in contesti di rischio.

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attività della biblioteca elio pagliarani: settembre-dicembre 2025


programma biblioteca pagliarani sett-ott 2025
cliccare per ingrandire

pdf del programma:
slowforward.wordpress.com/wp-c…

#BibliotecaElioPagliarani #lettura #letture #ParolaPlurale #poesia #poesie_ #presentazione #presentazioni #prosa

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Orti di Cibali, il gran rifiuto della Regione


Nell’ottobre del 2019, a parziale pagamento delle somme dovute, La Sicilcassa ha proposto alla Regione Siciliana la cessione dell’area di Cibali destinata a Centro Direzionale.

Il termine tecnico è datio in solutum, la sostanza è che la Regione avrebbe visto saldato, in parte, il proprio credito, e che la Sicilcassa si sarebbe liberata del debito e anche dei terreni che sono tuttora al […]

Leggi il resto: argocatania.it/2025/09/08/orti…

#CentroDirezionaleCibali #ComuneDiCatania #OrtiDellaSusanna #RegioneSiciliana

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“Finding London’s Secret Games Consoles” — “Alla Ricerca delle Console da Gioco Segrete di Londra”


youtube.com/watch?v=G_NeAJZyrj…

Ieri dicevo “le sale giochi“, e oggi… ecco, ancora una volta basta solo che guardo una cosa e subito l’algoritmo si accende. O forse no, perché il video di stasera è appena uscito ed è di un canale che seguo, quindi mi sarebbe arrivato comunque, ma… a Londra (città altrimenti decadente, per cui è parecchio bizzarro) hanno aperto la sala giochi gigante del secolo; e non solo. 🔥

In effetti il video mostra 2 cose diverse, che tecnicamente non ci azzeccano niente, ma a quanto pare questa è una serie dove il tizio cerca momenti gaming nel Regno Unito, e andando a Londra in una botta non avrebbe fatto 2 video, quindi ecco: da una parte un’esibizione artistica di retrogame parecchio originale — e infatti, l’ha fatta un canadese, non un british, ops — e però poi… un museo riconvertito, appunto (e non riesco a crederci neanche io dicendo questa frase), in una sala giochi che, per giunta, non è affatto una merdata, bensì un’offerta convenientissima… 18 sterline e hai un abbonamento per l’intera sala, (a quanto pare) senza limiti, per un fottuto anno! E infatti, data una simile proposta, il posto è abbastanza pieno di giocatori… (immagino la puzza.) 😤

Si chiama PWRUP, che nome originale. Ho dovuto riascoltare, comunque, perché mi sembrava di aver capito troppo bello per aver capito giusto… ma no, è proprio così: soli 18 euro, e ci sono sia un’infinità di retroconsole che le postazioni per giocare ad Halo in LAN in 16 (a caso, boh). L’unica palla è che l’iniziativa è comunque un esperimento, quindi chissà quanto durerà (anche perché non penso abbiano intenzione di riciclare per sempre un’intera parte dello Science Museum in una sala giochi, nonostante sarebbe ideale), ma… per il momento, il gaming è realissimo. Peccato solo che questa roba si trovi sull’isola del fallimento e della tortura, e non sulla penisola-del-fallimento-però-almeno-ci-sono-cosine-belle dove invece vivo io… niente gaming da queste parti, via, se va bene ora si dorme e se va male manco quello. (Ah, e speriamo che i bimbi lì non spacchino la roba, comunque.) 👌

#gaming #London #Londra #PWRUP #RetroDodo #retrogames #retrogaming #SaleGiochi #ScienceMuseum


tavolino incraterato dopo la perdita di sonno e pazienza (tavolino IKEA preso a pugni)


La nuovissima scoperta-che-sarebbe-stato-meglio-non-fare di oggi è, imprevedibilmente… meglio non dare da 5 a 7 botte con un pugno parecchio deciso ai tavolini quadrati dell’IKEA, perché, per quanto l’apparenza e il rumore ingannino, si spaccano malamente e quindi insomma, poi rimangono con una specie di cratere che non è proprio bello da vedere. E ora, come al solito in questa mia vita, sono cazzi. 💔
Scatto del cratere visto in parte dal lato del tavolino, con anche una scheggia rialzataScatto più da vicino del cratere, si vede meglio la scheggia rialzata
Chiamatelo magari problema di capacità (mentali), ma il fatto è che non immaginavo si rovinasse in questo modo, perché ignoravo (poi me lo ha spiegato mio padre) che la parte più interna in realtà non è fatta di trucioli schifosi compressati a puntino, bensì di lastre di cartone (praticamente lo stesso dei pacchi, pensate voi che merda) a nido d’ape… o, in altre parole, buona parte dell’interno è aria, non materiale solido, quindi con abbastanza forza (ma neanche chissà quanta, a dire il vero) semplicemente si sfonda; ma, almeno questo va a suo favore, non si spezza, semplicemente va a formarsi un cratere. 😶

Ora forse capisco come si è sentito mio cugino quando, anni e anni fa, dalla rabbia giocando alla PlayStation 4 sbatté il controller a mo’ di martello (tenendolo da un corno e picchiando con quello opposto, insomma) proprio sullo stesso tipo di tavolino, lasciandoci per l’appunto un bel cratere che ricordo con curiosità (mentre il controller non si danneggiò significativamente, lol). Però, se a lui forse si poteva dare la colpa di aver scelto personalmente di impegnarsi in attività videoludiche dannose per lo spirito, quindi arrabbiandosi per via di qualcosa di completamente evitabile… a me in realtà non si è potuto dire chissà cosa, visto che l’incazzamento mi è salito dopo che ho passato quasi un’ora e mezza non riuscendomi ad addormentare, perché si sentivano rumori — che già si sentono di solito, ma stanotte ancora più alti, al punto che il mio solito metodo di stare con la testa tra 2 cuscini non ha funzionato — facendomi per almeno 2 o 3 volte fallire di prendere sonno per pochissimo, alché poi anche col silenzio non sono riuscita a prendere sonno, perché ho accumulato un’incazzatura stratosferica, e, dopo mezz’ora almeno che ho provato a calmarmi aspettando, non ci sono riuscita… e quindi ho preso a pugni il comodino, con l’idea di fare rumore io a mia volta e sfogarmi. 👹

Vabbé, ops, nuovo spacc, ahahah, che ridere… anche se mi secca un po’… Se non altro, sono almeno riuscita a coprire la distruzione, e ristabilire una superficie (quasi) perfettamente piana per i soprammobili, con un foglio plastificato decorativo, però di comprarne un tavolo nuovo non mi va, anche se costa solo 9€ (e, a quanto pare, non lo faranno i miei genitori, perché sul sito di IKEA hanno detto di non aver trovato quello dello stesso colore… evviva?). E comunque… cavolo se è incredibile che io non farei un verso per una vittoria reale persa, ma toglietemi il sonno anche per sbaglio e io immediatamente mi preparo a lanciare le bombe nucleari su tutti i pianeti della nostra galassia… fate molta attenzione. 🕷️

#botte #distruzione #IKEA #notte #rabbia #rotto #spacc #tavolino #tavolo


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tavolino incraterato dopo la perdita di sonno e pazienza (tavolino IKEA preso a pugni)


La nuovissima scoperta-che-sarebbe-stato-meglio-non-fare di oggi è, imprevedibilmente… meglio non dare da 5 a 7 botte con un pugno parecchio deciso ai tavolini quadrati dell’IKEA, perché, per quanto l’apparenza e il rumore ingannino, si spaccano malamente e quindi insomma, poi rimangono con una specie di cratere che non è proprio bello da vedere. E ora, come al solito in questa mia vita, sono cazzi. 💔
Scatto del cratere visto in parte dal lato del tavolino, con anche una scheggia rialzataScatto più da vicino del cratere, si vede meglio la scheggia rialzata
Chiamatelo magari problema di capacità (mentali), ma il fatto è che non immaginavo si rovinasse in questo modo, perché ignoravo (poi me lo ha spiegato mio padre) che la parte più interna in realtà non è fatta di trucioli schifosi compressati a puntino, bensì di lastre di cartone (praticamente lo stesso dei pacchi, pensate voi che merda) a nido d’ape… o, in altre parole, buona parte dell’interno è aria, non materiale solido, quindi con abbastanza forza (ma neanche chissà quanta, a dire il vero) semplicemente si sfonda; ma, almeno questo va a suo favore, non si spezza, semplicemente va a formarsi un cratere. 😶

Ora forse capisco come si è sentito mio cugino quando, anni e anni fa, dalla rabbia giocando alla PlayStation 4 sbatté il controller a mo’ di martello (tenendolo da un corno e picchiando con quello opposto, insomma) proprio sullo stesso tipo di tavolino, lasciandoci per l’appunto un bel cratere che ricordo con curiosità (mentre il controller non si danneggiò significativamente, lol). Però, se a lui forse si poteva dare la colpa di aver scelto personalmente di impegnarsi in attività videoludiche dannose per lo spirito, quindi arrabbiandosi per via di qualcosa di completamente evitabile… a me in realtà non si è potuto dire chissà cosa, visto che l’incazzamento mi è salito dopo che ho passato quasi un’ora e mezza non riuscendomi ad addormentare, perché si sentivano rumori — che già si sentono di solito, ma stanotte ancora più alti, al punto che il mio solito metodo di stare con la testa tra 2 cuscini non ha funzionato — facendomi per almeno 2 o 3 volte fallire di prendere sonno per pochissimo, alché poi anche col silenzio non sono riuscita a prendere sonno, perché ho accumulato un’incazzatura stratosferica, e, dopo mezz’ora almeno che ho provato a calmarmi aspettando, non ci sono riuscita… e quindi ho preso a pugni il comodino, con l’idea di fare rumore io a mia volta e sfogarmi. 👹

Vabbé, ops, nuovo spacc, ahahah, che ridere… anche se mi secca un po’… Se non altro, sono almeno riuscita a coprire la distruzione, e ristabilire una superficie (quasi) perfettamente piana per i soprammobili, con un foglio plastificato decorativo, però di comprarne un tavolo nuovo non mi va, anche se costa solo 9€ (e, a quanto pare, non lo faranno i miei genitori, perché sul sito di IKEA hanno detto di non aver trovato quello dello stesso colore… evviva?). E comunque… cavolo se è incredibile che io non farei un verso per una vittoria reale persa, ma toglietemi il sonno anche per sbaglio e io immediatamente mi preparo a lanciare le bombe nucleari su tutti i pianeti della nostra galassia… fate molta attenzione. 🕷️

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in reply to minioctt

forse, non vorrei suggerire una cosa sbagliata, ma con lo spray ad espansione potresti ripararlo
in reply to Ingordi Channel

@Ingordi_Channel @Ingordi_Channel mmm, l’idea di per sé sembra furba, chissà se effettivamente… però non solo dovrei procurarmi la schiuma, ma a questo punto anche della vernice verde (del giusto verde) 😅🤣

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Da parte femminista ci fu una reinterpretazione delle tematiche poste dal Sessantotto


Le prime, ancora acerbe, rivendicazioni di un concreto e autonomo protagonismo femminile si rintracciano nelle università, dove la mobilitazione studentesca del Sessantotto contro l’autorità nella scuola, nella famiglia e poi nella fabbrica aveva favorito una forte e repentina politicizzazione femminile. Accanto al senso di libertà e di fermento provato nella sperimentazione di una nuova idea di cittadinanza politica, si era registrato anche l’emergere, tra le studentesse, di un senso di inquietudine e frustrazione dovuto al permanere di gerarchie tra i sessi ancora forti, sia in ambito specificamente politico che nel privato. Il «senso di comunità calda, di antidoto alla solitudine nella società di massa» si rivelò, come ha scritto Anna Bravo, «un dono effimero», «una scheggia di tempo nel tempo del ’68»: un dono parziale perché fondato su un falso universalismo studentesco <12. Per svelare questa parzialità, nel dopo Sessantotto si è sentita la necessità di mettere in scena una fuoriuscita, con una cesura e un atto di separazione netto, in bilico tra provocazione e bisogno esistenziale.
Il nuovo femminismo si è originato in gran parte grazie a una generazione di giovani donne politicizzate, cresciute in una sinistra che era nuova eppure ancora a dominanza maschile, che hanno espresso il desiderio di diffrangere un percorso unitario, rimodulando le discontinuità segnate dal ciclo di proteste della fine degli anni Sessanta <13.
“Alle radici della nostra memoria, – ha scritto Luisa Passerini, riflettendo sulle origini del Sessantotto – in decine di storie di vita, trovo una frattura. La nostra identità si costruisce a partire dalle contraddizioni. Anche i racconti che sottolineano la continuità della propria vita estraggono dalla materia autobiografica i temi ricorrenti della scissione, della differenza, del contrasto” <14.
Nonostante l’innegabile valore di emancipazione insito nel prendere parte al movimento degli studenti, la condivisione dell’impegno politico fu attraversata, per le donne, da ambivalenze, contraddizioni e disagi tali che quella che era stata una storia comune ben presto si scisse in due diverse. Da una rottura se ne generò un’altra, come se in quell’esodo generazionale e politico che fu il Sessantotto, in quella “autoesclusione” generazionale, ci fosse la premessa per l’affermazione del separatismo femminista quale pratica strategica, quasi mai indolore, fondata sul riconoscimento di sé come soggetto oppresso <15. Alimentate dalla traduzione di testi stranieri e dalla circolazione dei primi documenti femministi italiani, le contraddizioni si ramificarono e disseminarono, arrivando a toccare orizzonti che si erano ritenuti infrangibili.
Introducendo una raccolta di saggi e documenti femministi internazionali, Lidia Menapace nel 1972 spiegò così quanto stava accadendo nella “seconda metà del cielo”: “Non bastano le tradizionali lotte per la parità, per il divorzio, per l’aborto, per la libertà sessuale: viene posto direttamente in contestazione tutto il sistema di potere “maschile”, tutta la società “virilsitica” e si comincia ad individuare nell’uomo e nel suo predominio l’ostacolo principale a qualsiasi sviluppo futuro” <16.
Alcuni gruppi autonomi femminili scaturirono proprio dal contrasto con il movimento del Sessantotto, come avvenne a Trento per il Cerchio spezzato, gruppo separatista nato con l’affermazione dell’impossibilità di auspicare e ottenere l’uguaglianza con gli uomini: “Noi siamo un gruppo di compagne che più o meno hanno vissuto tutte in prima persona l’esperienza politica del movimento studentesco e dei successivi gruppi politici che rappresentano un superamento del movimento stesso. Come per un gran numero di studenti in generale, è stata questa l’esperienza che ci ha posto difronte la prospettiva concreta e la possibilità di rovesciare un sistema sociale fondato sull’oppressione e sullo sfruttamento. Ma noi, non solo come studentesse, ma in quanto donne, avevamo affidato molto di più a questa prospettiva di liberazione […]. Ci siamo illuse che automaticamente la presa di coscienza generale dell’oppressione di classe ci ponesse di fronte ai problemi allo stesso modo dei compagni. Questa illusione è stata smentita dalla pratica politica e dall’esperienza. Non c’è uguaglianza tra diseguali”.
Le fondatrici del Cerchio spezzato proseguirono spiegando le difficoltà e le remore che avevano segnato la scelta separatista: “Ma non è stato un processo facile, perché la lunga abitudine a identificarsi con l’uomo, il nostro oppressore, agiva da potente freno […]. Molte compagne hanno avuto «paura» di venire a fare riunioni soltanto fra donne, sottintendendo un grande disprezzamento di sé. E la decisione di escludere in una prima fase i maschi è stata una precisa presa di posizione politica. Ogni oppresso deve prima affermarsi nella libertà della sua ribellione e accettare da questa posizione di forza il confronto. Includere i maschi ci costringeva a misurarci di nuovo sul terreno e coi metodi del nostro oppressore” <17.
L’accusa rivolta al movimento studentesco di essere stato più «un’ultima “illusione” emancipatoria che “l’inizio di tutto”» – per riprendere la riflessione di Anna Maria Crispino sul legame tra la politica del femminismo e quella del Sessantotto <18 – proseguì nel documento attraverso un’analisi del linguaggio e delle dinamiche di potere tipicamente maschili. “In un ambiente come il nostro, in particolare, la parola – maggior strumento di affermazione – è diventata lo strumento della nostra esclusione. Come i proletari, noi non sappiamo parlare, soprattutto quando dobbiamo misurarci sul linguaggio sempre maschile, sempre elaborato da altri”.
In questo senso, il separatismo costituì una grande novità poiché con esso le donne si sottrassero e si autoesclusero dalla sfera pubblica ma, paradossalmente, così facendo si appropriarono di essa, riplasmandola a partire dai propri corpi e dai propri pensieri. “Separandosi – scrisse Lea Melandri a vent’anni dalla prima pubblicazione di “L’infamia originaria” -, e chiedendo cambiamenti sostanziali nelle istituzioni e nell’idea stessa della politica, i gruppi femministi intendevano costringere la storia a riconoscere al proprio interno, nelle spinte profonde che l’attraversavano, gli esiti ancora in parte inconsapevoli dell’«infamia» che, fin dall’origine, ha negato alla donna esistenza propria e alienato nell’uomo la condizione naturale del vivere”. <19
La nuova sinistra – come ha scritto Yasmin Ergas – ha assolto un ruolo importante nel cammino attraverso il quale questo movimento si è costituito come soggetto politico: “Prima stimolando il coinvolgimento di ampie fasce femminili, rendendo loro accessibili risorse politiche e fungendo da organizzazione intermedie; poi perpetuando ed accentuando quelle condizioni di frustrazione che […] producono uno spostamento del baricentro dell’attivismo femminile dagli obiettivi indicati dalle organizzazioni della nuova sinistra alle tematiche specificatamente associate alla condizione delle donne” <20.
La diffusione capillare sul territorio nazionale di “piccoli gruppi”, collettivi, associazioni culturali, librerie delle donne, centri per la salute femminile e consultori autogestiti non solo favorì un inedito protagonismo femminile e, alla metà del decennio, incitò la “presa di coscienza” di migliaia di donne, ma pose le basi per un ripensamento e un rinnovamento dell’idea di pubblico, partendo dalla decostruzione della politica tradizionale. “Rendendosi invisibili ai maschi, le donne creavano una nuova visibilità, questa volta costruita secondo le proprie regole. È il separatismo che ha reso possibile la rottura del velo, del “burka” politico che aveva tenuto avvinte, in una sorta di abbraccio strettissimo, le figlie/sorelle ai padri/fratelli” <21.
Al di là delle analogie e delle differenze, infatti, da parte femminista ci fu una reinterpretazione delle tematiche poste dal Sessantotto: la critica all’autoritarismo divenne critica al patriarcato e alla gerarchizzazione dei sessi; la valorizzazione della sfera personale, dei desideri e dei bisogni individuali si radicalizzò fino all’abbattimento delle barriere che dividono la sfera personale da quella politica; la scoperta della soggettività divenne la base per nuove modalità di azione politica, tra le quali spiccarono i “piccoli gruppi” di autocoscienza.

[NOTE]12 Anna Bravo, Un nuovo ordine del discorso, «Primapersona», 19/1998, pp. 66-68.
13 Cfr. Luisa Passerini, Corpi e corpo collettivo, in T. Bertolotti e A. Scattigno, Il femminismo, cit., pp. 181-193; Stefania Voli (a cura di), Angela Miglietti. Storia di una traduzione, «Zapruder», 13/2007, pp. 108-115.
14 Luisa Passerini, Autoritratto di gruppo, Giunti, Firenze 2008 [1988], p. 40.
15 Cfr. Peppino Ortoleva, I movimenti del ’68 in Europa e in America, Editori Riuniti, Roma 1998 [1988], pp. 231-242.
16 Lidia Menapace (a cura di), Per un movimento politico di liberazione delle donne. Saggi e documenti, Bertani, Verona 1972, p. 13.
17 Cerchio spezzato, Non c’è rivoluzione senza liberazione della donna, e Le donne e i neri. Il sesso e il colore, in Gruppo “Anabasi” (a cura di), Donne è bello, Milano 1972 [Edizione digitale: ©2015 Ebook @ Women]; e in Rosalba Spagnoletti (a cura di), I movimenti femministi in Italia, Savelli, Roma 1974, p. 158 e p. 160.
18 Anna Maria Crispino (a cura di), Esperienza storica femminile nell’età contemporanea. Parte seconda, Unione Donne Italiane – Circolo «La Goccia», Roma 1989, p. 13.
19 Lea Melandri, L’infamia originaria. Facciamola finita col cuore e la politica, Manifestolibri, Roma 1997, p. 11 [1977].
20 Yasmine Ergas, Nelle maglie della politica, FrancoAngeli, Milano 1986, p. 80.
21 Gabriella Bonacchi, Il “selvaggio” di Occidente. Corpo e femminismo, «Parolechiave», 31/2004, p. 123.
Paola Stelliferi, Una liberazione «fratricida e iconoclasta»: l’impatto dei femminismi sugli uomini della nuova sinistra nell’Italia degli anni Settanta, Tesi di dottorato, Università Ca’ Foscari – Venezia, 2016

#1968 #ambivalenze #autoritarismo #CerchioSpezzato #contraddizioni #critica #disagi #esclusione #femminile #femminismo #gerarchie #Italia #maschi #nuovo #oppressione #PaolaStelliferi #politicizzazione #protagonismo #separatismo #Sessantotto #sinistra #Trento #Università


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la spiaggia. ritratto di giordano falzoni / alberto grifi. 2004


youtu.be/H8iVuJZCiKs?si=5Rs9r9…

Giordano Falzoni (1925-1998) nasce a Zagabria, durante una tournèe dei suoi genitori, entrambi musicisti. Studia a Firenze e Parigi, dove frequenta Breton e il gruppo surrealista. Si trasferisce a Roma negli anni Cinquanta per poi unirsi al Gruppo 63. Pittore, ceramista, drammaturgo, è una delle figure più eclettiche ma al contempo meno conosciute della neoavanguardia italiana. Falzoni è anche traduttore: sua è la prima versione italiana di Nadja di Breton, pubblicata da Einaudi nel 1972.

Estratti da:
Giordano Falzoni ripreso durante il corso della sua esistenza da Alberto Grifi, Giordana Meyer, Paola Pannicelli, Karina Bouchet – 1997
No stop grammatica, Alberto Grifi – 1967
Anni ’60 Non Stop, Alberto Grifi – 1999

Il video è stato postprodotto da Alberto Grifi nel 2004 in collaborazione con Interact.

#AlbertoGrifi #film #GiordanoFalzoni #Interact #LaSpiaggia #video

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Le carte passano senza soluzione di continuità


A seguito del bombardamento [su Roma] del luglio 1943, l’unico ufficiale amministrativo in forza al Cerimoniale e propaganda fu distaccato al Servizio sinistrati creato in seno alla Ripartizione V. Il provvedimento ratificò sostanzialmente il momentaneo blocco delle attività dell’Ufficio, privato così del terzo funzionario nel grado gerarchico dopo Moneta – assente perché richiamato nell’esercito – e il suo vice Arnaldo Galeazzi.
La situazione in cui si venne a trovare l’Ufficio negli ultimi mesi del regime è fotografata da una delle tante relazioni che periodicamente erano redatte dai responsabili degli uffici per esporre lo stato dei servizi <27. Il rapporto fu stilato nelle giornate immediatamente successive all’8 settembre 1943 e consegnato a Renato Melis De Villa, rimasto a capo del Gabinetto anche con il commissario straordinario Riccardo Motta, subentrato a Borghese dopo gli eventi di fine luglio. Il documento porta la firma di Galeazzi, che aveva nel frattempo assunto la reggenza dell’Ufficio quando anche Moneta era partito per il fronte. Dal tono dignitoso emerge la volontà di far risaltare l’impegno dei funzionari nel perseguire gli obiettivi in capo all’Ufficio, pur fra inevitabili ritardi e nell’inadeguatezza di risorse disponibili. Gli effettivi erano infatti passati dai quattordici della vigilia della guerra a quattro, fra cui un’impiegata mobilitata civile a mezzo servizio: «Con l’attuale personale è possibile, data la notevole diminuzione dell’attività dell’Ufficio, mantenere efficienti, sia pure in forma ridotta, i vari servizi e svolgere regolarmente e con la necessaria sollecitudine le nuove attività affidate all’Ufficio in dipendenza delle attuali contingenze» <28.
[…] Il 21 settembre 1943, pochi giorni dopo aver ricevuto la relazione di Galeazzi, Motta sospese «provvisoriamente» le delibere che avevano costituito i servizi del cerimoniale e della propaganda in organo proprio e li riassegnò al Gabinetto, sanzionando di fatto la fine dell’esistenza autonoma dell’Ufficio del cerimoniale e dei servizi della propaganda <32. L’attività, in ogni caso, proseguì a un ritmo sempre più blando fino al 1945, cessando definitivamente poco dopo la soppressione della struttura governatoriale, di cui era stata diretta espressione e nella quale, di fatto, l’opera dell’Ufficio si risolveva per intero.
[…] L’attività dell’Ufficio cerimoniale e propaganda fu talmente ritualizzata e fissata nelle sue pratiche da superare praticamente indenne i numerosi rivolgimenti istituzionali abbattutisi in breve tempo sulla capitale: la caduta del regime, la dichiarazione della città ‘aperta’, l’occupazione tedesca e, in seguito, l’arrivo dell’esercito alleato con il conseguente disfacimento dell’amministrazione governatoriale. Il cambiamento di registro – o, piuttosto, la sua assenza – nella ridefinizione degli obiettivi fu esemplare. Negli ultimi due anni di attività, le difficoltà del doversi relazionare con referenti sempre nuovi non intaccarono le modalità di lavoro dell’Ufficio. Gli stessi funzionari che avevano accolto sulla piazza del Campidoglio l’auto del generale tedesco Rainer Stahel, responsabile della Wehrmacht a Roma, predisposero qualche tempo dopo la cerimonia per il passaggio di consegne dal comando statunitense a Doria Pamphilj <73. Allo stesso modo, le carte passano senza soluzione di continuità, senza interruzioni nella numerazione di protocollo e senza un evidente cambiamento nella forma – che non sia la sbrigativa cancellazione dei riferimenti passati dalle carte intestate – dalla colazione offerta al comando germanico in Campidoglio alla celebrazione dell’indipendenza degli Stati Uniti d’America, dalla distribuzione della Befana fascista alla commemorazione dell’eccidio delle Fosse Ardeatine <74.
[…] Dopo la destituzione di Mussolini, il 25 luglio del 1943, Riccardo Motta, ex prefetto e senatore del Regno, fu posto a capo dell’amministrazione nuovamente commissariata. Divenuto in breve inviso agli occupanti tedeschi <105, con la proclamazione della Repubblica sociale fu arrestato e sostituito da Giovanni Orgera. Uomo del regime, a lungo podestà di Napoli, Orgera fu nei primi mesi del 1944 un semplice ‘passacarte’ alla mercé del comando tedesco <106, e fuggì poi dalla capitale poco prima dell’arrivo degli Alleati nel giugno seguente <107. Nelle giornate successive, fu il generale Roberto Bencivenga, referente a Roma del ‘Regno del Sud’ quale comandante del Fronte militare clandestino <108, a reggere il Campidoglio come commissario straordinario. In seguito, il comando militare alleato, di concerto con il governo di Ivanoe Bonomi, affidò l’amministrazione a Filippo Andrea Doria Pamphilj – nuovamente un esponente della nobiltà -, che guidò una giunta nominata dai partiti del Comitato di liberazione nazionale fino all’autunno del 1946.
[…] Testa ricoprì l’incarico di segretario fino all’inizio del 1944, quando, sgradito ai nuovi vertici, le contingenze lo costrinsero a farsi da parte. Resosi irreperibile, nell’aprile successivo l’amministrazione lo collocò a riposo. Fu sostituito prima da Mario Bedoni, quadro capitolino di provata fede politica, e poi da Americo Beviglia, comandato invece dall’esterno; dopo la presa di potere da parte degli Alleati, l’incarico di segretario generale fu affidato a Gino Crispo, anch’egli un funzionario interno <168.
Testa fu in seguito definitivamente allontanato quando il ritorno al comune elettivo comportò la soppressione della carica. Proprio la posizione assunta fra i ruoli ministeriali, che la legislazione sul Governatorato gli aveva imposto, rese impossibile il rientro di Testa nella funzione comunale. Il Consiglio di Stato infatti – cui Testa ricorse – riconobbe il bisogno di tutela dell’autonomia municipale dall’ingerenza dello Stato, negandogli di riprendere servizio in Campidoglio <169. Il restaurato clima politico liberale sconsigliò quindi una pronuncia in suo favore, che avrebbe comportato di fatto l’imposizione di un funzionario statale in un’amministrazione locale <170. La sentenza anticipò un rinnovamento nel rapporto fra Stato ed enti locali, di lì a poco incorniciato normativamente dalla carta costituzionale; prefigurava altresì un cambiamento nel ruolo del segretario comunale e un suo possibile ritorno nei ranghi del comune che, invece, non si sarebbe verificato.

[NOTE]27 Le risultanze di queste relazioni venivano inoltre utilizzate per pubblicizzare l’attività svolta dal Governatorato su «Capitolium», alla cui redazione i capi ripartizione dovevano fare pervenire entro il primo di ogni mese eventuali
notizie ritenute di utile pubblicazione. Cfr. ASC, UCP, Carteggio, b. 38, f. 7, «Raccolta notizie per la rivista Capitolium», nota del capo di Gabinetto ai capi ripartizione, 14 settembre 1940.
28 ASC, UCP, Carteggio, b. 48, f. 11, «Attività attualmente svolta dall’Ufficio e curata dagli impiegati rimasti in servizio o parzialmente trasferiti in seguito alle attuali contingenze», 16 settembre 1943, p.2
32 Deliberazione del commissario straordinario n. 2800 del 21 settembre 1943.
73 ASC, UCP, Carteggio, b. 47, f. 2, «Visita del generale Stäel comandante Città aperta», appunto di Moneta. 28 ottobre 1943; ivi, b. 49, f. 1, «Cerimonia di conferimento dei poteri civili al sindaco p.pe Doria Pamphili da parte dell’autorità militare americana gener. Brig. Hume», 1944.
74 Addirittura, sono conservate in uno stesso fascicolo sia la pratica relativa alla colazione per gli occupanti tedeschi che quella sulla conferenza tenuta pochi mesi dopo dal dottor Attilio Ascarelli (capo della Commissione Cave Ardeatine da luglio a novembre 1944), al termine delle esumazioni per il riconoscimento delle vittime. Ivi, b. 49, f. 18. Per un dettagliato riepilogo del lavoro svolto dalla commissione e delle relative carte, cfr. Martino Contu – Cecilia Tasca – Mariano Cingolani, I verbali inediti di identificazione dei Martiri Ardeatini: 1944-1947, Cagliari, AM&D, 2012.
105 Secondo una nota trasmessa della Presidenza del Senato all’Alta corte di giustizia per le sanzioni contro il fascismo, Motta «fu arrestato dalle autorità nazifasciste per aver svolto opera di costante ostruzionismo e di sabotaggio», in Archivio storico del Senato della Repubblica, Fascicoli dei senatori, «Motta Riccardo», nota n. prot. 187/13 del 10 ottobre 1945.
106 È noto l’omaggio rivolto a nome della città alle vittime dell’azione di via Rasella, in ASC, GS, Carteggio, b. 2274, f. 3, telegramma inviato da Orgera al comando germanico di Roma, 24 marzo 1944.
107 Poco dopo la partenza di Orgera furono rinvenute, nei locali del Governatorato, documenti relativi a conti intestati a suo nome insieme a carte d’identità in bianco, in ASC, GS, Carteggio, b. 2222, f. 4, «Ragioneria ed economato», 1944.
108 Il Fronte militare clandestino fu un’organizzazione resistenziale che riuniva molti degli ufficiali delle forze armate italiane che avevano scelto di sottrarsi all’autorità della Repubblica sociale. Operò nel centro Italia, in particolare a Roma, dal settembre 1943 al giugno del 1944, e fu riconosciuto ufficialmente dal governo di Brindisi quale proprio rappresentante nella capitale occupata.
168 ASC, Segretariato generale, Carteggio, b. 847, titolo II, cl. 1, sottocll. 1 e 4, marzo – giugno 1944; cfr. anche «Posizione Testa», in ivi, b. 986, f. 12, 1947.
169 Si veda la copia della decisione del Consiglio di Stato, in ivi, b. 942, titolo II, cl. 12, sottocl. 20, 1946.
170 Testa proseguì in seguito la propria carriera proprio come consigliere di Stato, presso le Sezioni IV e VI. Fu infine collocato a riposo il 4 giugno 1959. Cfr. XL Annuario del Consiglio di Stato, Roma, Istituto poligrafico dello Stato, 1967, p. 105.
Paolo Saverio Pascone, L’immagine di Roma. Le carte dell’Ufficio del cerimoniale e dei servizi della propaganda e dell’Ufficio studi del Governatorato di Roma (1935-1945), Tesi di dottorato, Università degli Studi “Sapienza” – Roma, 2019

#1943 #1944 #1945 #alleati #Badoglio #comune #esercito #fascisti #Governatorato #governo #MarioBedoni #PaoloSaverioPascone #partigiani #regio #RiccardoMotta #Roma #tedeschi


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mattina di letture @ esiste la ricerca: allo studio campo boario


OGGI,domenica 7 settembre, dalle 10 alle 14, a Roma, presso lo Studio Campo Boario

Viale del Campo Boario 3
METRO B – Fermata Piramide

terzo giorno di

ESISTE LA RICERCA


Allo Studio Campo Boario, stamattina, letture dai libri presenti sui banchetti, pubblicati da editori come Tic, déclic, ikonaLíber, pièdimosca, Camera verde, Zacinto, Edizioni CentroScritture, Ifix, [dia•foria e molti altri; e relativo dialogo/commento/confronto con chi in sala ascolta.

#AlbertoDAmico #AntonioSyxty #blog #CameraVerde #comunità #confronto #correnti #déclic #diaforia #dialogo #EdizioniCentroScritture #ELR #ELREsisteLaRicerca #ELR2025 #EsisteLaRicerca #EsisteLaRicerca2025 #gruppi #IFIX #IkonaLíber #ilGiocoDelleComunità #LaScuolaDelleCose #laboratori #letture #Lyceum #LyceumMudima #MarcoGiovenale #Mudima #Pièdimosca #reading #ricercaLetteraria #riviste #scritturaComplessa #scritturaDiRicerca #scritturaSperimentale #scrittureComplesse #scrittureDiRicerca #scrittureSperimentali #siti #sperimentazioneLetteraria #StudioCampoBoario #Tic #Zacinto

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“Perché hanno chiuso le sala giochi?” (assurdo racconto analisi da boh)


youtube.com/watch?v=0TK67RtJ7R…

Che dire. Gira girando su YouTube, incappo nei vecchi che parlano delle sale giochi che ora non esistono più… e tendo a dimenticarmene, a furia di leggere Sailor Moon, dove la sala giochi ricorre, però la realtà è questa (almeno, in occidente, perché in Giappone per qualche motivo si portano ancora, assurdo). 😳

Non avevo però mai trovato una spiegazione come questa, sul perché mai le sale giochi da noi qui sono sparite… E certo, da un lato, come chiunque sospettava, è stato principalmente perché il gaming casalingo è diventato rapidamente roba pazzurda — e dunque, se hai la PS1, magari con il modchip, chi cazzo se l’incula il locale spillasoldi che puzza di fumo, e via via con le console seguenti ancora di più… ma, dall’altro, in effetti la storia è più complicata; però, spiegato molto peggio di come lo fa il video, in breve i cambi legislativi accaduti negli anni a riguardo del gioco d’azzardo hanno fatto si che posti che prima ospitavano cabinati videoludici — inclusi i bar, che all’epoca erano effettivamente dei grandi punti gaming — si siano via via riconvertiti alle slot machine e tutte quelle altre stronzate, pur di continuare a fruttare guadagni (almeno, chi non ha chiuso direttamente). Che fottuta tristezza. 🥱

In effetti, oggi, a pensarci bene, questo si vede. “Sale slot” ce ne sono a volontà girando per la città, ma “sale giochi” manco a cercarle con le banconote in mano… almeno, da me è così, mentre fortunatamente nei bar macchine slot non se ne trovano (evidentemente, i baristi da me non sono così tanto amorali come da altre parti?)… ma, i cabinati da gioco da lì invece sono spariti da prima che io nascessi. Io in realtà ho vissuto appena il periodo degli ultimi sospiri delle sale giochi… quando dai centri città già non c’erano più, e qualcuna lontana magari c’era, ma ci si andava solo in occasioni particolari. E adesso, insomma, le uniche sale giochi che ci sono non sono sale, ma giusto aree nei centri commerciali o roba così, dove… oddio, qualche videogiochino ogni tanto capita, forse, ma niente di puro arcade… e, comunque, le macchine che la fanno da padrone lì sono quelle classiche basate a ticket, che simulano vari sport o sono vagamente d’azzardo ma ai bimbi non importa; nemmeno più un flipper si trova, però, ahi ahi (detto con tono da vecchia ventunenne). 💔

#gaming #giochi #SaleGiochi

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L’OVRA reprimeva un movimento comunista sorto fra studenti universitari e medi a Perugia


Genova: Basilica della Santissima Annunziata del Vastato

L’11 ottobre 1942 in provincia di Genova le indagini dell’OVRA si finalizzavano nella distruzione del Comitato Centrale del movimento comunista ligure. Si procedeva al sequestro di importante materiale sovversivo ed era posto in stato di arresto l’esponente Buranello Giacomo, 22 anni, studente universitario e Sottotenente di complemento, assieme ad altri trenta aderenti. <465
In provincia di Imperia il primo dicembre 1942, la questura locale supportata dall’attività dell’OVRA di zona, identificava una cellula comunista composta da sette giovani con età tra i diciotto e i venti anni, quasi tutti iscritti alla GIL; si contestava l’aver effettuato propaganda comunista attraverso la circolazione di libelli e di manifesti. Tutti gli appartenenti alla cellula furono denunciati alla Commissione provinciale per il Confino.
Il 24 ottobre 1942 a Milano l’OVRA era impegnata in un’azione crescente di smantellamento delle molteplici cellule comuniste tra loro collegate, che agivano nelle frazioni di Affori e nella zona Sempione-Musocco. Fu arrestato il principale esponente, l’industriale Rigamonti Domenico, nonché trentadue aderenti. Ci furono arresti anche all’interno dell’apparato militare in cui il movimento si era insinuato. Inoltre, si procedeva al sequestro di novantamila lire costituenti il fondo dell’organizzazione, nonché notevoli quantità di esplosivi già confezionati in ordigni pronti per l’uso, e in aggiunta pistole, munizioni e materiale di propaganda. L’apparato di sorveglianza fascista sventava un primo attentato che era stato già predisposto dalla cellula antifascista. <466 In provincia di Fiume nell’ottobre 1942, l’apparato repressivo fascista poneva in arresto numerosi operai perché responsabili di propaganda comunista e sovversiva attraverso la diffusione di manifesti e raccolta di fondi per finanziare l’antifascismo. In provincia di Pola , il primo ottobre 1942, terminava un’operazione anticomunista che già nel precedente trimestre aveva sortito ottimi risultati. L’OVRA tratteneva l’impiegata comunale Ardossi Gloria, iscritta al PNF ed altre sei persone responsabili di attività comunista, le quali furono tutte denunciate al Tribunale Speciale. L’11 ottobre 1942 l’apparato di sorveglianza fascista bloccava l’attività di un’organizzazione sovversiva operante fra Trieste e Gorizia. Furono arrestati Cotar Albino, emissario comunista, organizzatore di bande armate assieme ad altri cinquantuno aderenti a un movimento comunista che stava per fondersi col Fronte Liberatore Sloveno. In provincia di Ferrara il 4 dicembre 1942 furono rinvenute sotto le saracinesche di numerose attività commerciali dattiloscritti sovversivi in busta chiusa dal titolo ”Agli industriali e commercianti italiani e vittime della ingordigia fascista”. Furono rilevate anche scritte murali e diffusione di manifesti che incitavano il popolo all’insurrezione e reclamavano la pace. Il 14 agosto 1942 ad Avezzano, provincia dell’Aquila, l’OVRA incarcerava l’avvocato Palladini Pietrantonio, repubblicano schedato, ed altre venticinque sovversivi fra internati, confinati ed elementi locali, per aver ascoltato radio nemiche e diffuso notizie disfattiste.
Manifestazioni sovversive dal 1° Marzo al 30 Aprile 1943
Nell’aprile 1943, a Milano, la locale sezione dell’OVRA e la questura in seguito a tentacolari indagini scoprivano un’importante organizzazione comunista, arrestando il componente di più alto grado e sessantuno aderenti. Inoltre, rinvenivano una tipografia clandestina dislocata in una casa nella periferia della città.
A Venezia, il 17 marzo 1943, Gaddi Giuseppe, impiegato, ed altri nove individui furono posti in stato di fermo per tentativo di ricostituzione di una cellula comunista. Cinque assegnati al confino e cinque ammoniti. In provincia di Fiume, avveniva l’arresto di Mladenic Francesco, ex cittadino jugoslavo, e del fratello Milenko. I due furono accusati di svolgere attività antifascista attraverso la diffusione di opuscoli sovversivi. Inoltre, erano incaricati della raccolta di indumenti e di medicinali per i partigiani. A Torino, tra il marzo e l’aprile del 1943, l’OVRA arginava l’azione di un movimento comunista e fermava trentacinque aderenti. L’azione della Divisione polizia politica portava al sequestro di copioso materiale di propaganda e permetteva di evidenziare l’efficienza raggiunta dall’organizzazione comunista nella lotta al regime fascista. <467 In provincia di Gorizia l’attività dell’apparato repressivo fascista fu estremamente intensa tra il marzo e l’aprile. Il 20 marzo, a Gorizia, si giungeva al fermo di Sinigoi Oscar e di altri trentanove individui, responsabili di propaganda sovversiva e favoreggiamento ai ribelli. A Caporetto, il mese seguente, Koren Antonio e altri diciannove individui, accusati di favoreggiamento alle bande dei ribelli furono arrestati. Il 23 aprile 1943 avveniva il fermo di Zizmond Luigi ed altri quarantasette individui, tutti responsabili di favoreggiamento delle bande armate e attività sovversiva. <468 A Trieste, il 27 aprile 1943, le autorità fasciste arrestavano cinque individui responsabili di procacciare armi e materiale ai ribelli antifascisti. A Senigallia, in provincia di Ancona, una vasta rete antifascista sorta all’interno di un liceo della città fu sgominatain seguito ad accurate indagini. Un movimento antifascista e antitedesco composto da giovanissimi, tale Ferraris Luigi Vittorio ed altri quattro coetanei, svolgeva attività di propaganda sovversiva tramite scritte eversive poste lungo le mura della città e la diffusione di manifesti sovversivi tra i giovani studenti della città. I giovanissimi sovversivi furono condannati a un mese di carcere e diffidati. <469
A Firenze, la macchina di sorveglianza fascista arrestava sedici giovani ventenni, accusati di organizzare un movimento sovversivo, denominato S.I.R.L.I. e di effettuare scritte sovversive in molteplici località del capoluogo fiorentino e della provincia. A Livorno, il 14 aprile 1943, l’OVRA procedeva al fermo di Giachini Nelusco ed ulteriori undici ragazzi per aver tentato la riorganizzazione del partito comunista e aver svolto attività sovversiva tramite diffusione di manifesti antifascisti. A Roma e in altre città della provincia, il 20 marzo, l’OVRA in seguito a un prolungato periodo di osservazione, reprimeva l’azione di un gruppo composto quasi interamente di militari, i quali avevano costituito il Partito Socialista Rivoluzionario e svolto attività di proselitismo. Gli arresti furono dieci mentre continuavano le indagini su numerosi indiziati. <470
A Napoli, il 17 marzo, Amedeo Matacena e altri quattordici studenti, furono arrestati per aver ideato la costituzione di un partito sociale-liberale al fine di provocare un movimento insurrezionale ed aver svolto attiva di propaganda mediante la diffusione di numerose copie di un libello antifascista intitolato Libertà. <471 Un’approfondita indagine all’interno del movimento universitario in provincia di Reggio Calabria, stabiliva la presenza di antifascisti costituitisi in una associazione sovversiva composta dal Dott. Rovere Rosario, iscritto al P.N.F. ed altri dieci studenti universitari. Inoltre, erano accusati di aver prodotto un libello antifascista e disfattista dal titolo Il Semaforo. <472 Tra l’aprile e il giugno 1943, l’OVRA e la Questura di Milano, in seguito ad attive indagini, rilevarono un’imponente organizzazione comunista, arrestando settantaquattro aderenti, compresi i maggiori esponenti del gruppo. Sempre a Milano, maggio-giugno 1943, agiva un importante movimento antifascista denominato Unione Nazionale gruppi d’Azione. Furono arrestati quaranta individui fra cui l’avv. Longoni Edoardo, a capo del Comitato centrale. Nella tipografia utilizzata per la stampa del periodico «La Riscossa» furono rinvenuti libelli e manifesti antifascisti. Inoltre, le autorità fasciste scovarono armi destinate alle squadre d’azione. Nel giugno, dopo attenta opera di repressione, si giungeva all’arresto dell’industriale Marano Antonio e del prof. Spallicci Aldo e di altre quattro persone per tentativo di organizzazione comunista e pubblicazione di materiale a stampa sovversivo. Nel medesimo mese, l’OVRA arrestava Varì Vincenzo e altri due pericolosi comunisti ricercati da tempo e un favoreggiatore. La sezione OVRA di Milano sequestrava armi e munizioni quali rivoltelle, un moschetto, alcune bombe a mano e libelli sovversivi. Gli individui furono denunciati al Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato. <473
Una capillare indagine che aveva coinvolto le città di Firenze, Milano, Genova, Roma e Bologna portava alla scoperta dell’organizzazione chiamata Italia Libera tra il maggio e il giugno 1943:
“In seguito all’identificazione, quali diffonditori di manifestini antifascisti, di un professore universitario e tre studenti, la Questura scopre le fila di un’organizzazione di “Italia Libera”. Le indagini si sono estese ad altre città, specialmente a Milano, dove è stata scoperta, nello studio dell’ing. Marescotti Cesare, la tipografia da cui usciva il materiale sovversivo. Arrestati finora 20 individui, taluni dei quali risultati autori di numerose diffusioni verificatesi negli ultimi tempi”. <474 Al contempo, l’OVRA reprimeva un movimento comunista sorto fra studenti universitari e medi a Perugia, capeggiato dai professori di lettere Granata Giuseppe e Prosciutti Ottavio. Tale movimento era in stretto collegamento con altri gruppi sovversivi dell’Umbria e delle Marche. L’operazione si concludeva con trentuno fermi e proseguiva per accertare la presenza di ulteriori aderenti al gruppo e l’estensione nelle regioni limitrofe.
In provincia di Roma tra il maggio e il giugno 1943 ci furono molteplici operazioni di repressione da parte dell’OVRA e delle questure per arginare l’ormai travolgente fenomeno eversivo avverso al regime fascista: ” -Maggio-Giugno 1943, Civitavecchia. Vengono arrestare, in collaborazione tra Ovra e Questura, 32 persone, tra cui alcuni noti sovversivi, per aver svolto attività disfattista ed antifascista. -Maggio-Giugno 1943, Roma. Dall’Ovra e dalla Questura vengono arrestati 57 individui, intellettuali ed operai, appartenenti al movimento comunista cristiano e attiva propaganda sovversiva, anche a mezzo stampa e diffusione manifesti. -Giugno 1943, Roma. Arresto, ad opera dell’Ovra, dello studente La Pegna Alberto e di altre 8 persone, tutte intellettuali, per appartenenza all’organizzazione “Italia Libera” e per attività e propaganda contraria al Regime e alla guerra. -6 giugno 1943, Roma. Dall’Ovra, dopo un lungo periodo di osservazione, viene stroncata una ripresa organizzativa del culto pentecostale. Identificati 63 aderenti che avevano partecipato a riti in cui venivano tenuti discorsi disfattisti, contro il Regime, il Re Imperatore e il Duce”. <475
La questura di Bari, in seguito a laboriose indagini condotte con altre questure italiane tra l’aprile e il maggio ‘43, scopriva un movimento liberalsocialista, sorto tra elementi intellettuali, ritenuto affiliato al partito d’azione Italia Libera. Posti in arresto ventisei individui a Bari, Roma e in altre città fra cui persone ben note nell’ambiente culturale, quali Laterza Giuseppe, direttore della Casa Editrice Laterza e i professori universitari De Ruggero Guido e Calogero Guido. <476

[NOTE]465 Ivi, «Provincia di Genova».
466 Ivi, «Provincia di Milano».
467 Ibidem.
468 ACS, MI, DGPS, Div. AA.GG. e RR., Statistiche movimento sovversivo 1932-1943, b. 2, «Provincia di Torino».
469 Ivi, «Provincia di Trieste».
470 ACS, MI, DGPS, Div. AA.GG. e RR., Statistiche movimento sovversivo 1932-1943, b. 2, «Provincia di Roma».
471 Ivi, «Provincia di Napoli».
472 Ivi, «Provincia di Reggio Calabria».
473 Ivi, «Provincia di Milano».
474 Ivi, «Provincia di Firenze».
475 Ivi, «Provincia di Roma».
476 Ivi, «Provincia di Bari».
Michele Del Balso, Terrorismo ed eversione nel regime fascista. Complotti, attentati e repressione (1922-1943), Tesi di dottorato, Università degli Studi del Molise, Anno Accademico 2022-2023

#1942 #1943 #antifascisti #Bologna #comunisti #fascismo #Firenze #Fiume #Genova #GuidoCalogero #Imperia #Italia #Laterza #Libera #medi #MicheleDelBalso #milano #OVRA #PdA #Pola #professori #province #ReggioCalabria #sovversivi #studenti #Torino #Trieste #universtari


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la sedia sfaldante che ti rompe la mente


Lo so che ormai, nelle mie condizioni, non dovrei più minimamente stupirmi di nessuno spacc, ma… boh, quest’ultimo qui (che in realtà si manifesta da qualche mese, ma in certi momenti di più ed in altri meno, vai a capire perché) è proprio zamni, perché sembra non aver avuto mai un inizio né tantomeno una fine… la mia sedia si sta letteralmente sbriciolando, oltre i limiti dell’umano. E pensare che ormai non faccio nemmeno più tanto gaming, su quella sedia… e ok, alla fine dei conti anche il non-gaming ammonta solo a premere la tastiera e muovere il mouse, ma mi pare strambo. 💔

Il fottuto rivestimento di finta pelle o quello che è — che a questo punto francamente potevano evitare di mettere proprio, se dopo appena 6-7 anni scarsi doveva rompersi in questo modo indegno — ha iniziato lentamente a sfaldarsi, a fare i frammentini, che spesso finiscono direttamente per terra come merdini neri a far sembrare la stanza sporca… quando non rimangono solo parzialmente staccati sulla sedia, creando una superficie lievemente irregolare che da lievemente fastidio all’anima (o beh, a volte si staccano del tutto ma non cadono subito a terra, ancora peggio); strofinando con la manina come in video poi cadono effettivamente. Come dovrei fare io a non essere costretta a cambiare questo affare prima dei prossimi 100 anni di uso, se già ora fa così??? Da non credere… 😿
Vista sul pavimento con tutti i cosi neri caduti come illustrato.
#danni #gaming #sedia #usura

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in reply to minioctt

Che disastro, ho dimenticato di allegare la foto oltre al video prima di pubblicare…

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oggi, 6 settembre, a milano: corteo per il leoncavallo


Giù le mani dalla città!
OGGI, sabato 6 settembre, CORTEO nazionale:
Contro lo sgombero del Leoncavallo, contro il fascismo di governo, la gentrificazione ed espropriazione dei patrimoni pubblici e autogestiti.
Difendiamo gli spazi sociali, la cultura libera, l’arte sovversiva e i movimenti dal basso.
Vogliamo un’altra Milano!

6 settembre corteo per il leoncavallo
cliccare per ingrandire

#AbbaVive #antagonismo #antifascismo #autogestione #controLoSgombero #controLoSgomberoDelLeoncavallo #corteo #corteoNazionale #csoa #decolonialismo #democraziaDalBasso #gentrificazione #Leoncavallo #manifestazione #manifestazioneNazionale #ParcoSempione #spaziAutogestiti #spaziSociali

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Il pane fritto di Cinzia Caminiti, un patrimonio in un piatto


I catanesi conoscono Cinzia Caminiti Nicotra principalmente come attrice e attivista. Eppure c’è, nella sua attività, tutto un filone di recupero della tradizione popolare, che si è recentemente manifestato, tra l’altro, nello spettacolo “I Miraculi dô Bamminu”, andato in scena in tempo di Natale a San Francesco di Paola, la chiesa parrocchiale della Civita.

E a questo filone […]

Leggi il resto: argocatania.it/2025/09/06/il-p…

#CinziaCaminitiNicotra

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Holly Holm debutta nella lotta libera a 43 anni!


Holly Holm, pugile e kickboxer prima e fighter di MMA poi ha debuttato sabato scorso in un match di lotta libera al Real American Freestyle 01.

Holly Holm, pugile e kickboxer prima e fighter di MMA poi ha debuttato sabato scorso in un match di lotta libera al Real American Freestyle 01.

Il fatto che abbia auto solo un paio di giorni di preavviso e che abbia perso con onore contro Alejandra RIvera, che ha un discreto pedigree nella lotta, dimostra che razza di atleti ci siano in UFC.

Vi lascio a un video, tra qualche giorno un articolo sull’organizzazione: Real American Freestyle.

Tra i commentatori della serata anche Chael Sonnen che poi è dovuto volare a Las Vegas a rimanere imbattuto contro Craig Jones al CJI 2

youtube.com/watch?v=la5c_Wjeij…

Risultati RAF 01


Data: 30 agosto 2025
Luogo: Wolstein Center, Cleveland (USA)
Pubblico: 4.500 spettatori
Broadcast: Fox Nation

Main Card


  • Heavyweight
    Wyatt Hendrickson (USA) def. Mostafa Elders (EGY)
    Technical fall (14–1), Round 2, 1:08
  • Light Heavyweight
    Bo Nickal (USA) def. Jacob Cardenas (CUB)
    Decision (6–4), Round 3, 2:00
  • Women’s Middleweight
    Alejandra Rivera (MEX) def. Holly Holm (USA)
    Decision (9–7), Round 3, 2:00
  • Cruiserweight
    Kyle Dake (USA) def. Dean Hamiti (USA)
    Technical fall (11–0), Round 2, 1:57
  • Featherweight
    Real Woods (USA) def. Darrion Caldwell (USA)
    Pinfall, Round 2, 1:29
  • Women’s Strawweight
    Sarah Hildebrandt (USA) def. Zeltzin Hernandez (MEX)
    Technical fall (11–0), Round 3, 0:36
  • Middleweight
    Evan Wick (USA) def. Jason Nolf (USA)
    Decision (10–8), Round 3, 2:00
  • Lightweight
    Austin Gomez (MEX) def. Lance Palmer (USA)
    Technical fall (11–0), Round 1, 1:02
  • Lightweight
    Yianni Diakomihalis (USA) def. Bajrang Punia (IND)
    Decision (5–1), Round 3, 2:00
  • Bantamweight
    Nathan Tomasello (USA) def. Matt Ramos (USA)
    Decision (4–3), Round 3, 2:00

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Hai soldi da spendere per comprare un anello inutile?

L’anello hi-tech in ottone cromato che mostra quanto sei intelligente. Edizione limitata in vendita a $ 6000 è una sòla

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#anello

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Treno Merci “Il Biancone” con E652.123 + G2000.001 in transito a Castagneto Carducci (30/01/2024)


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Don’t touch Flotilla


Contributo dell’avv. Giuseppe Romano, componente dell’Esecutivo Giuristi democratici

A breve la più grande e partecipata spedizione umanitaria cercherà di forzare via mare il blocco degli aiuti a Gaza. Cosa farà Israele? Dispone della più sofisticata efficacia di controllo/sorveglianza al mondo, ben testata nel suo illegittimo laboratorio palestinese da decenni. Fornisce droni a Frontex per il controllo delle rotte nel Mediterraneo e alimenta i nostri servizi segreti con illeciti meccanismi di intrusione nei telefoni cellulari degli attivisti delle Ong; ben potrà, quindi, riscontrare che tutte le imbarcazioni non trasportano armi e non sono pertanto in alcuna forma un pericolo né definibili (Ben Gvir dixit… ) con la ridicola formula di terrorismo . Peraltro, che Israele possa far riferimento a una qualche forma di tutela del diritto internazionale rappresenta un argomento paradossale atteso che —come noto— agisce al di fuori dello stesso. Se pure intendesse farlo non potrebbe giuridicamente trovare appoggi e impedire lo sbarco degli aiuti umanitari né arrestare chicchessia. L’intervento in acque internazionali è riservato a situazioni di pericolo verso lo stato destinatario: la Palestina. Israele occupa illegalmente Gaza e ne controlla impunemente i confini da ben prima del 7 ottobre 2023. Su questo non ci sono dubbi (tra le altre: sentenza del 19 luglio 2024 Corte Internazionale di Giustizia). Il fermo di attivisti li esporrebbe a un ulteriore quadro illecito, praticandosi la tortura nelle carceri. Insomma, deve consentire alla società civile mondiale di adempiere a quel dovere cui gli stati non assolvono benché imposto da innumerevoli convenzioni, non ultima quella contro il genocidio. L’appoggio (rectius difesa) deve venire anche dal nostro governo di destra memore del suo storico slogan ‘aiutiamoli a casa loro’: non va più bene???

Se Israele non consentisse lo sbarco, perché abbiamo ben chiara l’ultima spedizione —ma anche l’assassinio di nove componenti della freedom flotilla 2010— sarà compito di noi tutte e tutti levare una protesta di dimensione proporzionata alla storicità dell’evento e quindi: enorme. Come Giuristi Democratici e come nascente rete di penalisti italiani impegnati in queste lotte ci impegniamo fin d’ora a garantire la nostra presenza in tutte le piazze e luoghi di Italia ove sarà necessario. Abbiamo già inviato una diffida formale via PEC (tramite l’avv. Gianluca Vitale del foro di Torino come referente domiciliatario e sottoscritta da moltissimi professionisti) ai ministri competenti e all’ambasciata italiana affinché sia attiva nella difesa dell’incolumità degli equipaggi e non ometta alcuna azione necessaria. Siamo pronti a intraprendere ogni possibile via giudiziaria.

Adelante!

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Ci ha lasciato Aldo Zanchetta: un uomo generoso sempre dalla parte degli ultimi.


Aldo lascia un vuoto immenso nel mondo della cultura e nel cuore di chi ha avuto la fortuna di averlo come amico.

Comunicato del coordinamento del Giga sulla scomparsa dell’amico, intellettuale e cooperante Aldo Zanchetta

Il coordinamento del Gruppo Insegnanti di Geografia Autorganizzati – Giga esprime profondo cordoglio per l’improvvisa scomparsa dell’amico fraterno e collaboratore Aldo Zanchetta.
Intellettuale eterodosso, attivista e cooperante infaticabile ha fatto dell’impegno sociale e a favore dei popoli oppressi la cifra della sua esistenza.
Autore, traduttore e curatore di numerosi saggi di intellettuali latinoamericani fra cui l’uruguayano Raul Zibechi e il messicano Gustavo Esteva. Ha inoltre curato la traduzione e la pubblicazione della biografia del leader indigeno “bianco” peruviano Hugo Blanco “Noi gli indios. Le lotte per la terra in Perù” del quale continuava a sostenerne il periodico da lui stesso diretto, “Lucha indigena”.
Aldo si è distinto per la cooperazione e il sostegno attivo verso i popoli amerindi latinoamericani, soprattutto del Messico e del Perù, principalmente tramite la fondazione “Neno Zanchetta”, dedicata al figlio scomparso in gioventù e da lui stesso fondata e diretta a tal fine.
Ed è probabilmente in Chiapas, dove ha soggiornato a lungo e creato una sincera amicizia con il vescovo locale Samuel Ruiz, che ha svolto la sua principale opera di cooperazione realizzando fra le varie anche la Escuolita zapatista, una struttura dedicata alla formazione di maestri per il sistema scolastico zapatista. Modello di istruzione che valorizza i principi amerindi presente nei villaggi zapatisti e benché non finanziato dal governo federale risulta evidentemente più efficiente e attrattivo di quello statale, visto che è frequentato da bambini provenienti anche da villaggi non zapatisti.
Intellettuale eterodosso e raffinato ha rappresentato un punto di riferimento per i docenti del Giga interessati ad approfondire le tematiche legate all’America Latina e in particolare de “Los de abbajo” (quelli di sotto), come recita un suo imperdibile saggio sulla variegata realtà degli oppressi.

Sempre disponibile ed entusiasta nell’incontrare i nostri studenti a scuola, anche da anziano riusciva a catturane l’attenzione in modo sorprendente e ad affascinarli con i suoi racconti dei viaggi nelle comunità amerindie. Inoltre, era solito lasciare sempre in omaggio suoi libri per le biblioteche scolastiche a beneficio di chi fosse interessato ad approfondire le conoscenze dei temi trattati.

Ingegnere chimico laureato a Pisa, di professione imprenditore nel ramo della sostenibilità ambientale e umana dei prodotti, ha lavorato a lungo in America Latina affiancando all’impegno professionale la conoscenza delle realtà sociali e indigene represse.
Uomo di grande generosità e di impegno infaticabile una volta in pensione, dopo aver donato i brevetti delle sue innovazioni personalmente a Fidel Castro, si è dedicato alla cultura con numerose pubblicazioni e attività formative, all’impegno politico rivestendo anche carica di vicesindaco nel comune di Capannori (Lu), e soprattutto alla cooperazione internazionale a favore dei popoli amerindi e in particolare degli zapatisti del Chiapas.
Il coordinamento del Giga si stringe in questo momento di grande dolore alla moglie Brunella, alle figlie e ai nipoti.
Aldo lascia un vuoto immenso nel mondo della cultura e nel cuore di chi ha avuto la fortuna di averlo come amico.
Che la terra ti sia lieve, caro Aldo.
Resterai con noi…

Il coordinamento del Giga

youtu.be/iHrVaHjqcKw?si=aoejEN…
Videoregistrazione del dibattito della festa rossa 2024 Dove sta andando il continente americano con la straordinaria partecipazione di Aldo Zanchetta


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da oggi, 5 settembre, gli incontri di “esiste la ricerca” @ studio campo boario


Esiste la ricerca: comunicato stampa per il 5-6-7 settembre 2025
cliccare per ingrandire

R.S.V.P.: slowforward.net/contact/

§

Venerdì 5 e sabato 6 settembre 2005, dalle 10 alle 18
– e domenica 7, dalle 10 alle 14

a Roma, presso lo Studio Campo Boario

Viale del Campo Boario 4/a
METRO B – Fermata Piramide

ESISTE LA RICERCA


quinto incontro (2025):
IL GIOCO DELLE COMUNITÀ: rapporti e costruzioni

logo dello Studio Campo BoarioEsiste la ricerca torna, grazie all’ospitalità di Alberto D’Amico, nel suo luogo di nascita, lo Studio Campo Boario, per una nuova – quinta – occasione di dialogo e confronto. Le modalità sono invariate: un libero estemporaneo scambio di idee e formazione di ipotesi, senza microfoni, senza registratori o videocamere, e senza gerarchie, a partire da alcune tracce fondamentali. Sarà insomma un dialogo aperto e orizzontale in cui potranno prendere la parola sia le persone invitate sia il pubblico. È importante sottolineare che tutti sono benvenuti ad ascoltare e intervenire, a prescindere dalla propria collocazione nel campo letterario.

Il tema o questione di fondo sarà stavolta IL GIOCO DELLE COMUNITÀ, su cui ci si interrogherà collettivamente nei primi due giorni, per riservare invece la mattina della domenica ad alcune letture/discussioni non programmate (che si definiranno il giorno stesso).

Le comunità, gli ensemble, i gruppi, le correnti, i laboratori, i siti, le riviste, le tante libere unioni di persone nel mondo delle lettere (delle arti, più in generale) sottolineano e marcano i propri confini o li disegnano come linee spezzate, tratteggiate, aperte? Quanto conta – e come – il contesto storico-politico in cui si trovano a nascere? Quali sono le influenze di cui risentono e le identità che esprimono? Con che quota di libertà? Cosa fanno, di cosa parlano, cosa materialmente & virtualmente fabbricano? Come si costruiscono al loro interno? Come articolano o disarticolano le categorie attraverso le quali in generale leggono sé stesse e le opere che in un dato periodo compaiono?

ELR - Esiste la ricerca || intestazione

Il 5 settembre si parlerà di RAPPORTI interni ed esterni alle comunità, mentre il 6 ci si concentrerà più sulla loro COSTRUZIONE. Ma l’ordine degli addendi può essere variato senza che il risultato cambi, oppure uno dei giorni può sconfinare nell’altro, e i percorsi delle discussioni alterare il programma, che non è rigido. Il 7 settembre, infine, alcune LETTURE – e relativo dialogo/commento/confronto con chi in sala ascolta – segneranno la conclusione dell’incontro.

Come sempre, alcuni editori e collane saranno invitati e sarà dunque possibile sfogliare e acquistare le opere di cui si parla. Non mancheranno inoltre copie del n.19 del tabloid gratuito «La scuola delle cose» (Lyceum/Mudima, aprile 2025), interamente dedicato alla scrittura di ricerca.

R.S.V.P.
slowforward.net/contact

PDF del comunicato stampa:
ESISTE LA RICERCA 2025 – il gioco delle comunità

Evento su Mobilizon:
mobilizon.it/events/cd4c6dab-6…


Evento fb:
facebook.com/events/1527943968…

#AlbertoDAmico #AntonioSyxty #blog #comunità #confronto #correnti #dialogo #ELR #ELREsisteLaRicerca #ELR2025 #EsisteLaRicerca #EsisteLaRicerca2025 #gruppi #ilGiocoDelleComunità #LaScuolaDelleCose #laboratori #letture #Lyceum #LyceumMudima #MarcoGiovenale #Mudima #reading #ricercaLetteraria #riviste #scritturaComplessa #scritturaDiRicerca #scritturaSperimentale #scrittureComplesse #scrittureDiRicerca #scrittureSperimentali #siti #sperimentazioneLetteraria #StudioCampoBoario


un inquadramento della scrittura di ricerca: nel n. 19 della ‘scuola delle cose’ (lyceum/mudima)


post in continuo aggiornamento

La scuola delle cose, n. 19, aprile 2025, SCRITTURA DI RICERCA (pubbl. Mudima / Lyceum)
cliccare per ingrandire

forse per la prima volta dopo oltre 20 anni di non disonorevole attività, un certo modo di fare sperimentazione letteraria ottiene un inquadramento teorico-critico complessivo, pur sintetico.

esce cioè il n. 19 del periodico ‘La scuola delle cose’, dell’associazione Lyceum (grazie alla Fondazione Mudima), interamente dedicato alla SCRITTURA DI RICERCA.

lo si sa e lo si è ripetuto assai: la (formula) “scrittura di ricerca” ha una storia di lunga durata, attraversando un po’ tutto il Novecento, almeno dagli anni Quaranta-Cinquanta, e in maniera nemmeno poi troppo carsica. d’accordo. tuttavia questo numero della “Scuola delle cose” non è una disamina storica integrale, semmai un lavoro sugli ultimi venti-venticinque anni di ricerca letteraria, o scrittura complessa. con (ovviamente, immancabilmente) puntuali affondi nel passato e nella produzione di certi autori a dir poco fondativi, soprattutto Corrado Costa e Jean-Marie Gleize.

prima occasione di presentazione: 19 giugno, Milano, Fondazione Mudima:
slowforward.wordpress.com/wp-c…

audio della presentazione a Milano (19 giu. 2025):
slowforward.net/2025/07/01/pod…

audio di una successiva presentazione, a Roma (5 lug. 2025):
slowforward.net/2025/07/24/pap…

RadioTre Suite: presentazione di Prima dell’oggetto, di MG, e – in conclusione – “La scuola delle cose” (24 ago. 2025):
slowforward.net/2025/08/25/rad…

podcast della presentazione ospitata da La Finestra di Antonio Syxty (25 ago. 2025):

*

e, rapidamente descrivendo:

dettaglio de La scuola delle cose n 19_ 2025__ foto di Antonella Anedda
dettaglio da una foto di Antonella Anedda. cliccare per ingrandire

L’espressione “scrittura di ricerca” è in azione da diversi decenni, e di certo si perde già nelle “profondità” del Novecento. Tuttavia, dagli anni 2003-2009 (ovvero fra l’esplosione dei blog letterari e l’uscita del libro collettivo Prosa in prosa – edito da Le Lettere; ora da Tic edizioni) e fino a oggi, il numero di materiali sperimentali e saggi sugli stessi è decisamente cresciuto. Ha dunque senso ed è forse addirittura indispensabile iniziare a fare il punto della situazione. Un primo e senz’altro assai sintetico tentativo è rappresentato da questo numero de «La scuola delle cose», che raccoglie otto interventi di altrettanti studiosi e studiose, intorno alla ricerca letteraria e alle scritture complesse.

*

queste le autrici e gli autori dei saggi nel tabloid, e i titoli degli interventi:

Gian Luca Picconi,
Scrittura di ricerca, prosa in prosa, letteralità

Massimiliano Manganelli,
Appunti sulle scritture procedurali

Luigi Magno,
Cinque nomi (più uno) e dieci titoli. La poesia di ricerca francese (oggi) in Italia

Chiara Portesine,
Il compromesso fonico: l’eredità di Corrado Costa

Renata Morresi,
Il movimento chiamato Language Poetry in Italia oggi

Chiara Serani,
Scritture non convenzionali e intermedialità (2000-2025)

Luigi Ballerini,
Intervento sulla poesia che si potrebbe fare

Daniele Poletti,
Scritture complesse. Il superamento dell’appartenenza

*

il tabloid gratuito è disponibile a Milano in Fondazione (via Tadino 26); a Roma presso la Libreria Tic (piazza San Cosimato 39); a Perugia nella libreria Mannaggia (via Cartolari 8); a Bologna da Modo Infoshop (via Mascarella 24/b); a Napoli alla libreria Luce (piazzetta Durante 1).

*

incontri, presentazioni e altre occasioni legate alla rivista:

22 maggio 2025: intervista a Rai RadioTre Fahrenheit

25 maggio: presenza del tabloid alla Serata del Premio Pagliarani al Palazzo delle Esposizioni (Roma)

31 maggio: presenza al reading collettivo “Roma chiama poesia”, Teatro Basilica (Roma)

3 giugno: presenza allo Studio Campo Boario (Roma), in occasione della presentazione di NZ, di A. Syxty

8 giugno: presenza nella libreria Tic di piazza San Cosimato (Roma)

17 giugno: presenza al reading di Giovenale e Perinelli allo Studio Campo Boario

26 giugno: ex Discoteca di Stato in via Caetani (Roma), dialogo sulla memoria delle avanguardie

Da luglio 2025: presenza alla Libreria Luce, Napoli

5 luglio: presentazione della rivista in occasione del festival Inverso, a Roma

24 agosto: a RadioTre Suite, presentazione di Prima dell’oggetto, di MG, e – in conclusione – del tabloid

25 agosto: va in onda il podcast della presentazione ospitata da ‘La Finestra di Antonio Syxty’

5-6-7 settembre: presenza di molte copie del tabloid ai tre giorni dell’incontro ‘Esiste la ricerca’, presso lo Studio Campo Boario


Lyceum _ Scuola delle Cose _ dati editoriali e redazionali
cliccare per ingrandire

Fondazione Mudima
FONDAZIONE MUDIMA

Via Tadino 26, Milano
info@mudima.net
mudima.net

*

in collaborazione con
l’associazione dipoesia
logo dell'"associazione dipoesia"

#ChiaraSerani #CorradoCosta #DanielePoletti #EsisteLaRicerca #FondazioneMudima #GianLucaPicconi #GinoDiMaggio #intermedialità #kritik #LaFinestraDiAntonioSyxty #LaScuolaDelleCose #langpo #languagePoetry #letteralità #LuigiBallerini #LuigiMagno #Lyceum #MassimilianoManganelli #MicheleZaffarano #Mudima #poesiaDiRicercaFrancese #ProsaInProsa #RadioTreSuite #RenataMorresi #ricercaLetteraria #scritturaComplessa #scritturaDiRicerca #scritturaNonAssertiva #scrittureComplesse #scrittureDiRicerca #scrittureNonAssertive #scrittureNonConvenzionali #scrittureProcedurali #ScuolaDelleCose #segnaliEAzioni #StudioCampoBoario #traduzione #traduzioni #zinesAuthorsETaggatoComeChiaraPortesine


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[r] _ tarkos – in attesa di ‘esiste la ricerca’


youtu.be/csEE1SYBlJU

in attesa di

ESISTE LA RICERCA


slowforward.net/2023/03/06/809…

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love2d stavolta che gira, nonostante la octo-oriented programming!


Sorprendentemente, appena qualche ora di sonno e qualche ora di scrittura magica un pochino avanti e indietro più tardi, e ho effettivamente trovato una soluzione al problema problemoso delle prestazioni imbarazzanti di Love2D caricato di una tale OOP che non gira affatto bene su una viemmina come quella di Lua… e, anche se come previsto il modo che ho dovuto mettere in atto è abbastanza spaventoso, non è nemmeno inadatto alla produzione, e anzi: è gnammastico. 😳

L’obiettivo in mente era una roba del tipo: avere nel possibile una programmazione orientata ad oggetti che, per ridurre l’overhead causato da troppi lookup in tabelle e troppe chiamate di funzioni in poco tempo, fosse basata principalmente sulla composizione, desiderio che è anche comune in Lua… ma, volendo evitare Lua, perché voglio invece qualcosa di fortemente tipizzato, perché altrimenti so che finisce rapidamente tutto a spacc. In questo senso, Teal è interessante, però, per motivi che ora non frecano, non mi convince più di tanto… e allora ho ragionato su cosa si potesse fare con TypeScript… 😨

Ecco: sorprendentemente, sfruttando semplicemente gli oggetti anonimi (uguali a quelli di JavaScript, che si mappano perfettamente a tabelle di Lua) in congiunzione con il sistema di tipi composti di TypeScript (che funzionano come le interfacce nella OOP, ma indicano tipi di oggetti), evitando completamente le classi del linguaggio… con la proprietà intrinseca degli oggetti in JavaScript (e in Lua, duh, in qualunque linguaggio interpretato) di essere componibili, ma combinati coi tipi lì, si riesce ad avere a livello di sviluppo tutta la sicurezza dei tipi di TypeScript, ma in output codice Lua estremamente pulito!!! (E che, per inciso, evita completamente l’uso delle metatabelle, anch’esse causa di rallentamenti.) 🤯

Benchmark stavolta niente, poiché palle, e anche perché i “fottuti rettangoli” hanno mostrato prestazioni negative inaspettate rispetto alle 2 versioni scritte a mano ieri in Lua… ma non perché il codice sputato fuori da TypeScriptToLua in questo caso sia sporco, quanto più perché ho già iniziato a reimplementare con questo nuovo paradigma il mio motorino desiderato, che ovviamente dell’overhead in più lo ha comunque, ma… Stavolta, la demo di Breakout sul 3DS è magicamente giocabile, non va più a 5 secondi al frame!!! (E sul PC mi si aggira su 1-2% di CPU, che è wow.) 🗽

Ora… boh, solo le pareti che mi tengono compagnia quando programmo sapranno dirmi come andrà avanti questo affarino. A parte il fatto che ho dovuto già ripensare abbastanza la API da come l’avrei voluta inizialmente — dovendo farla deviare già parecchio da HaxeFlixel, perché non sembra esserci modo di avere i tipi completamente sicuri dovendo allo stesso tempo minimizzare gli oggetti nidificati e le catene di funzioni — ci sono alcuni dettagli per cui questa cosa degli oggetti pseudoclassisti funzionano che mi sanno di strano, perché praticamente devo tenere le definizioni all’effettivo completamente separate dalle implementazioni (quindi, per esempio, devo usare Cacca.new() per creare una nuova cacca, ma TCacca per riferirmi al tipo…), ma sarà un TypeScript skill issue. 😶

C’è anche da dire che con questo mio accrocco non c’è incapsulazione, implementarla sarebbe un casino e costerebbe (per via di come funziona Lua, che costringe ad usare funzioni anonime per implementare questa cosa; funzioni che verrebbero interamente copiate su ogni singolo oggetto) lo spreco di un fottio di memoria (termine tecnico)… ma non lo vedo come un problema; casomai dovesse servire il distinguere campi pubblici da privati, basterà rubare la convenzione di Python per cui le variabili che iniziano con gli underscore sono ad uso interno. E, davvero, l’unico aspetto negativo di questa macchinazione credo sia il fatto di non poter ottimizzare ulteriormente senza ridurre il riuso del codice, avendo svariate chiamate a funzioni miste che per quanto piccole sarebbero meglio inlinate, cioè copincollate dal compilatore anziché lo sviluppatore, se solo Lua lo permettesse… (…E se scrivessi un postprocessore Lua per fare esattamente ciò???)

#demo #development #LOVE2D #Lua #OOP #optimization #optimizing #ottimizzazione #programmazione #typescript #TypeScriptToLua


l’amore 2d e gli oggetti orientifici, ma quello che accade non fa divertire (test e valutazioni prestazioni OOP su Love2D)


Visti gli imprevisti con HaxeFlixel che non ho ancora avuto il tempo di elaborare qui, stavo (ri)considerando il basato Love2D che, ultimamente mi sono (ri)accorta, gira su talmente tante piattaforme da rendere inutile anche fare degli esempi qui. La cosa seccante di quel coso, però, è che non è esattamente un motore di gioco, quanto più un framework multimediale… e quindi, a differenza di Flixel e altri robini, non ha tutte le varie utilità che è bene avere per poter sviluppare qualcosa senza partire dallo zero assoluto… e quindi, l’idea sarebbe di creare una specie di motorino per esso per gestire cose comuni come sprite, fisica, boh, queste cose (non) belle. 🤥

Ovviamente, il problema inevitabile è sorto immediatamente dopo una giornata di lavoro iniziale — a dire il vero, fatta per fortuna con le pinze, perché ero sotto sotto pronta a vedere cose storte accadere — e cioè che, con una dose di OOP in realtà nemmeno troppo grossa per gli standard comuni, le prestazioni sono crollate così tanto a picco che, per un semplice giochino di Breakout (la demo di HaxeFlixel, che ho adattato strada facendo per testare), da un lato su PC l’uso di CPU si aggirava attorno al 10-15% (che è tipo il quintuplo di cosa fa la stessa demo in HaxeFlixel)… mentre, su piattaforme pazzurde come il 3DS era letteralmente ingiocabile, facendo 5 secondi a frame (e pensare che io ho il new, che è più veloce). 💀

Ho fatto un po’ di ricerca e — per quanto fosse a me comunque ovvio che una programmazione ad oggetti basata principalmente sull’ereditarietà rende un programma più lento, perché i sassi elettronici sono fatti per eseguire istruzioni sequenziali e lavorare con memoria quanto più continua possibile, che è il contrario di cosa succede con tutte quelle classi che estendono classi che estendono il mercato che mio padre comprònon immaginavo che su Lua il calo prestazionale fosse tale da essere non solo evidente, ma proprio fuori scala in certi casi. E ora, dunque, i problemi sono grossissimi. 😤

Anche stavolta ho raccolto molti link a riguardo di questa ennesima causa di sofferenza per me, e in realtà ancora non ho capito bene la questione, ma un grande problema sembra essere causato dagli accessi a tabelle nidificate, e alle chiamate di funzioni fatte più del necessario anche per operazioni altrimenti veloci… e nel mio caso certamente una buona parte di overhead in questo senso sarà causata dal fatto di non scrivere Lua nativo, bensì usare Haxe (o in alternativa, TypescriptToLua) per traspilare a Lua, ma sentivo che il problema non poteva essere solo il codice bloattato generato da questi affari… 🧨

E infatti, scrivendo in Lua puro un piccolo benchmark (battezzato al volo solo per dare un titolo al memo: Love2D fucking rectangles, genera innumerevoli rettangoli e li fa muovere calcolando le collisioni), prima in modo classico e poi con un minimo di OOP, ed eseguendolo oltre i limiti del ragionevole, ho visto le cose brutte: la versione OOP è in effetti più lenta. Non tanto più lenta, e comunque dipende dalle opzioni con cui la si fa girare, ma solo perché è comunque molto semplice… a differenza del motorino che tanto vorrei creare per replicare la API di HaxeFlixel in Love2D per quanto possibile (evidentemente, non molto possibile). 😭
Modalità 1 sul PC come descrittaModalità 2 sul PC come descritta, a 4 minutiModalità 2 sul PC come descritta, a 18 minuti circaModalità 2 sul 3DS come descritta, a 1 e 4 minuti circa
Dopo ben 4 (quattro) immagini non so se ho voglia di elaborare oltre… Ma, in sostanza: in una modalità, il programma genera solo X (200mila) rettangoli all’avvio, mentre nell’altra ne genera X (200) a frame, andando all’infinito, calcolando sempre le collisioni… e quindi con la prima si esclude una lentezza dovuta alla continua istanziazione di oggetti, mentre la seconda da modo di vedere come un programma rallenta nel tempo rispetto all’altro (generando meno oggetti a parità di tempo). 💥

Nella prima modalità, il carico è basato principalmente sull’accesso alla chiamata draw, quindi non potevo limitare il numero di quadrati effettivamente visibili, e quindi ho potuto eseguirla solo su PC, dove si nota in media un rallentamento di circa il doppio per la versione OOP, che accede a svariate proprietà nidificate per fare il disegno… Mentre, nella seconda la prova il carico era più il resto, quindi ho deciso di limitare il numero di rettangoli visibili a schermo ad ogni frame agli ultimi X (500), e questo mi ha permesso di eseguire il programma pure sul 3DS senza che crashasse (credo ci siano limiti di VRAM lì), ma sia su PC che su 3DS si vede che la versione non-OOP riesce a generare in media 1,2 sprite in più per delta di tempo, differenza che nel corso di minuti diventa di migliaia di sprite. 😵

Incredibile, spassoso, magicante, ma… e adesso??? Boh! Dovrò ingegnarmi pesantemente per creare un motorino sufficientemente generalizzato da poter essere usato come comoda libreria per molti giochi Love2D, ma che allo stesso tempo sia efficiente… ma qui casca l’asino, perché per implementare concetti come uno sprite, che oltre ai classici dati come posizione X e Y ha un oggetto “disegnabile”, che può essere un’immagine o una forma geometrica, che quindi richiede chiamate della API Love2D completamente diverse dietro le quinte, non vedo alternativa non incasinata se non l’OOP; ma non basterà usare più la composizione che l’ereditarietà, bensì per sconfiggere l’overhead serviranno mosse di design interne talmente scomode che ho davvero tanta paura anche solo a pensare di scriverle… 😱

#benchmark #development #LOVE2D #Lua #test #testing


Questa voce è stata modificata (3 settimane fa)
in reply to minioctt

comunque, pensavo che probabilmente una versione di Love2D basata su una VM WebAssembly anziché Lua permetterebbe di spremere ancora più prestazioni (pur senza JIT, a quanto so WASM è più efficiente di Lua)


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variazioni, luminescenze, onde / antonio devicienti. 2025


antonio devicienti_ variazioni asemiche del grigio_ pontebianco 2025
variazioni asemiche

antonio devicienti_ luminescenze_ pontebianco 2025
luminescenze

antonio devicienti_ onde del tempo_ pontebianco 2025
onde del tempo

#antonioDevicienti #post2025

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Angleton si fece consegnare dai partigiani che l’avevano catturato il comandante della X MAS Junio Valerio Borghese


Mi sono soffermato molto sull’aspetto internazionale e sul legame con gli ambienti della NATO che ha avuto la strategia della tensione; adesso voglio invece approfondire il fronte interno, parlando delle responsabilità degli attori dello stato e ripercorrendo brevemente la storia post-bellica dei servizi segreti, per analizzare il ruolo che hanno avuto nella strategia della tensione. Nel primo capitolo ci sono molti riferimenti a ciò che è stato il depistaggio praticato dai servizi segreti italiani, benché spesso manipolati da quelli anglo-americani. L’azione di depistaggio ha avuto la finalità di distogliere l’attenzione dalle forze eversive di destra (quelle effettivamente colpevoli degli attentati), cercando di far ricadere la colpa delle stragi sui gruppi extraparlamentari di sinistra. L’atto di nascondere le trame eversive rappresenta di per sé un reato e una colpa molto gravi, ancor più grave è coadiuvare la strategia e operare per il proseguo di essa. Ciò nonostante essa, non ha preso forma in seno a gruppi eversivi nascosti e segreti, ma questi sono stati un mezzo con il quale attori di tutt’altro contesto hanno ricercato un fine. Un fine che riguardava la stabilità di una forma di governo, la quale garantisse ai partiti di centro (la Dc su tutti) la continuità sulla determinazione dell’indirizzo politico dell’Italia.
L’implicazione delle istituzioni dello Stato rimanda a un argomento molto importante e delicato che ho già accennato nel primo capitolo: la continuità tra Stato fascista e Repubblica democratica. D’altronde, ciò ha significato l’assegnazione di esecutori materiali del regime a posizioni di vertice nel nuovo Stato. Pochissimi vennero condannati a morte; le detenzioni, anche di chi si era macchiato di crimini contro il popolo italiano stesso, furono molto brevi. Cito nuovamente il libro dello storico Davide Conti, Gli uomini di Mussolini (2017), che fa una panoramica precisa della situazione: «”Se c’era un’istituzione che l’8 settembre si era dissolta in modo sfacciato e insieme tragico di fronte agli occhi di tutti gli italiani, questa era l’esercito”. La rotta del regio esercito e lo sbando totale delle truppe in Africa, nei Balcani, in Russia fino all’abbandono simbolico della capitale, lasciata in balia dei tedeschi dopo la fuga del re e dei massimi vertici militari, avrebbero dovuto costituire la premessa storica, politica e istituzionale per una cesura irriducibile tra l’eredità dello Stato sabaudo e la nascita della Repubblica democratica. Al contrario, proprio in questa leva nevralgica della ricostruzione istituzionale si verificò un visibile fenomeno di convergenza: degli apparati del regno del Sud a conduzione monarchica; delle gerarchie militari che avevano guidato tutte le guerre fasciste del Ventennio; di elementi dell’esercito della Repubblica sociale. La composizione, dapprima relativa e poi progressivamente sempre più organica, di questo blocco continuista determinò un assetto interno alle istituzioni in grado di indirizzare scelte, linee politiche, procedure legislative e amministrative ostili all’avvio di un processo di sostanziale rinnovamento dello Stato» <101. Effettivamente un auspicabile rinnovamento non c’è stato. Nonostante il notevole ampliamento della libertà, come sottolinea l’articolo 13 della Costituzione italiana, e altri vari elementi di discontinuità, il fatto di essere governato da una classe dirigente organica rispetto al Ventennio ha in parte reciso questa libertà del popolo italiano. Come la libertà di quelle persone di andare in una banca, prendere un treno, o trovarsi in piazza per una manifestazione senza rischiare la propria vita.
Manlio Milani, sopravvissuto alla strage di piazza della Loggia, nella quale perse la moglie, scrive nella sua testimonianza che la condanna all’ergastolo di Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte, gli ordinovisti veneti autori della strage, ha in qualche modo riconciliato i familiari delle vittime con le regole democratiche. La volontà e l’obiettivo di chi studia e chi scrive a riguardo del periodo stragista è una riconciliazione dell’intero paese. «Ma è doveroso domandarsi: a quali condizioni e con quali modalità l’attuale frattura tra verità giudiziaria, verità storica e coscienza collettiva può essere ricomposta? Non di certo attraverso le annuali “commemorazioni” di rito delle tragedie del terrorismo. In realtà una “memoria” degna di questo nome, fondativa di un’autentica operazione di giustizia verso le vittime, i loro familiari e il Paese intero, non può andare disgiunta dal sommo valore della verità, o almeno, più umilmente, da quei frammenti di verità che la ricostruzione storica elaborata dai saggi ospitati in questo volume ci pare sia in grado di offrire oggi alla consapevolezza e alla sensibilità degli studiosi, dei rappresentanti delle istituzioni e della collettività. La ricordata sentenza di condanna di Maggi e Tramonte è per molti versi un documento di eccezionale valore, su cui è necessario meditare perché stabilisce con esemplare chiarezza che “lo studio dello sterminato numero di atti che compongono il fascicolo dibattimentale porta ad affermare che anche questo processo, come altri in materia di stragi, è emblematico dell’opera sotterranea portata avanti con pervicacia da quel coacervo di forze […] individuabili ormai con certezza in una parte non irrilevante degli apparati di sicurezza dello Stato, nelle centrali occulte di potere, che hanno, prima, incoraggiato e supportato lo sviluppo di progetti eversivi della destra estrema, ed hanno sviato, poi, l’intervento della magistratura, di fatto rendendo impossibile la ricostruzione dell’intera rete di responsabilità. Il risultato è stato devastante per la dignità stessa dello Stato e della sua irrinunciabile funzione di tutela delle istituzioni democratiche» <102.
Del ruolo dei servizi segreti italiani ho parlato spesso, l’implicazione è evidente; si può dire che non depone a loro vantaggio il fatto che gli archivi dei centri territoriali del SID, in particolare di quello di Padova, una città chiave per le ragioni che conosciamo, siano stati distrutti a metà degli anni Ottanta. Stando a quanto ha dichiarato il maggiore Giuseppe Bottallo, ciò è dipeso da un ordine dell’ammiraglio Fulvio Martini, direttore del SISMI (ex SID) <103. Questo tipo di decisione alimenta la tesi del totale coinvolgimento nelle trame dei decenni precedenti, inoltre lascia spazio a supposizioni di vario genere. Per esempio, che cosa si sarebbe ulteriormente scoperto se gli archivi del SID fossero rimasti intatti? E ancora, c’è chi a livello politico ha fatto pressioni affinché gli archivi venissero distrutti? Sicuramente le informazioni contenute negli archivi avrebbero danneggiato ulteriormente l’immagine di determinati personaggi; forse sarebbero uscite nuove verità. Quello che sappiamo però è già parecchio e ci permette di tracciare un breve quadro storico dei Servizi segreti, ma occorre procedere passo per passo.
Per ripercorrere le tappe del Servizio segreto italiano, occorre tornare ai primi anni successivi alla caduta del fascismo. Ho parlato in precedenza di James Angleton, membro della CIA, il quale trascorse molti anni a Roma. Un’operazione effettuata da James Angleton fu, come vedremo, il recupero del poderoso archivio della polizia segreta fascista grazie all’aiuto del commissario di polizia Federico Umberto D’Amato. Ma tra le prime vi fu, molto importante da sottolineare, l’operazione effettuata il 30 aprile 1945 a Milano, dove Angleton si fece consegnare dai partigiani che l’avevano catturato il comandante della X MAS Junio Valerio Borghese. Poi lo accompagnò a Roma sotto la sua personale protezione, assicurandogli un destino sicuramente più benevolo di quello che gli sarebbe stato riservato a Milano dal Comitato di Liberazione Nazionale e anche un futuro di avventure reazionarie. A fargli da assistente fu proprio D’Amato, il quale venne da subito ben visto da Angleton che lo giudicava un volenteroso apprendista. L’agente CIA chiarì, in parole semplici, che dopo la sconfitta del fascismo il nuovo nemico era il comunismo. Per combatterlo è sicuramente utile allearsi con i fascisti, il nemico di prima, che non chiede altro <104. Angleton e i suoi agenti, fecero un colpo sensazionale visti gli effetti che esso provocò nei decenni successivi nel nostro paese: «tra la fine del 1944 e l’inizio del 1946, riciclarono nei propri apparati la rete dell’OVRA fascista <105, impossessandosi del poderoso archivio allestito durante il Ventennio». Questo avrebbe portato a un lungo gioco di ricatti e intossicazione della vita pubblica, rivelandosi decisivo per le vicende interne del nostro paese. «Insieme a spezzoni del vecchio Battaglione 808 dei carabinieri, infatti, quel colpo avrebbe anche partorito una sorta di cabina di regìa della strategia della tensione, tra la fine degli anni Sessanta e buona parte dei Settanta del Novecento; il famigerato Ufficio affari riservati del ministero degli Interni, diretto per lungo tempo da Federico Umberto D’Amato. E fu proprio lui, D’Amato, all’epoca già alle dirette dipendenze di James Jesus, a condurre in porto quella che passò agli annali come l’”Operazione Leto”, Guido Leto, il potentissimo capo dell’OVRA» <106. D’Amato ebbe il compito, affidatogli da Angleton, di prendere contatti con alcuni elementi della polizia politica della Repubblica sociale italiana. Tra questi c’era Guido Leto, che dopo gli incontri segreti con D’Amato, si consegnò al CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia). Leto entrò successivamente in contatto con alcuni rappresentanti del Governo Militare Alleato (GMA) al Nord, ovvero due militari dei servizi britannici, il maggiore Harris e il capitano Baker, indicando loro l’ubicazione degli archivi dell’OVRA. «Mentre tutti credevano che i capi della polizia fascista fossero agli arresti e in attesa di un processo, a sorpresa i due ufficiali inglesi decisero di collocare Leto in “libertà condizionata”, affidandogli “per conto del GMA” addirittura la “custodia degli archivi integrali”, con tutti i documenti raccolti durante il Ventennio e nel breve periodo della Rsi» <107. Quando da Roma ci si accorse che qualcosa non andava, venne emesso un mandato di cattura nei confronti di Leto da parte di Pietro Nenni, vicepresidente del Consiglio e nuovo alto commissario per le sanzioni contro il fascismo. Questa decisione provocò forti malumori nell’intelligence americana, la consegna del capo dell’OVRA alle autorità italiane portò a reazioni molto dure da parte della sede romana dell’OSS. «E non è azzardato ipotizzare che dietro ci fosse proprio lo zampino di Angleton. Il Servizio segreto Usa temeva un eventuale processo ai vertici della polizia fascista. […] l’OSS temeva che da un eventuale processo pubblico emergessero i legami che americani e inglesi avevano coltivato durante il Ventennio con gerarchi fascisti e l’alta burocrazia dello Stato; e che fossero scoperte le reti spionistiche angloamericane all’interno del regime» <108. Questo passaggio riassume bene due aspetti fondamentali legati alla strategia della tensione: l’ingerenza dei Servizi segreti americani e britannici, già ben nota e approfondita; e la responsabilità dello Stato italiano in quanto non riuscì a prendere una netta distanza dal periodo fascista, anzi ne incarnò vari aspetti.

[NOTE]101 D. Conti, Gli uomini di Mussolini, op cit., p. 189.
102 C. Fumian, A. Ventrone (a cura di), Il terrorismo di destra e di sinistra in Italia e in Europa, op cit., p. 9.
103 A. Ventrone, La strategia della paura, op cit., p. 253.
104 Gianni Flamini, Il libro che i servizi segreti italiani non ti farebbero mai leggere, Roma, Newton Compton editori s.r.l., 2012
105 Polizia segreta dell’Italia fascista. Compito dell’OVRA era la vigilanza e la repressione di organizzazioni sovversive, che tramassero contro lo Stato.
106 M. J. Cereghino, G. Fasanella, Le menti del doppio stato, op cit., pp. 57-58.
107 Ivi, p. 59
108 Ivi, p. 59-60.
Pietro Menichetti, L’Italia del terrore: stragi, colpi di Stato ed eversione di destra, Tesi di laurea, Università degli Studi di Firenze, Anno Accademico 2019-2020

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Burkina Faso, fino a 5 anni di carcere per gli omosessuali.


[:it]Continua la deriva dei diritti umani in Burkina Faso.[:]

Negli ultimi anni, il Burkina Faso ha visto un significativo cambiamento nel panorama legale e sociale, in particolare riguardo ai diritti delle persone LGBTQ+. L’adozione di una nuova legge da parte della giunta militare al potere segna una svolta preoccupante per i diritti umani nel Paese. Con questa legge, che prevede pene detentive da due a cinque anni per chiunque venga trovato colpevole di pratiche omosessuali, il Burkina Faso diventa uno dei pochi Paesi africani a introdurre una legislazione così specifica contro le persone omosessuali. Come annunciato in una dichiarazione della presidenza. Il Ministro della Giustizia, Edasso Rodrigue Bayala, ha sottolineato: “D’ora in poi, l’omosessualità e le pratiche ad essa correlate sono proibite e punibili per legge.”
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Fino ad oggi, il Paese non aveva mai adottato leggi che prendessero di mira direttamente la comunità LGBTQ+. La decisione dell’Assemblea legislativa di transizione (ALT), composta da 71 membri non eletti, di approvare all’unanimità questo disegno di legge, evidenzia un clima di crescente repressione nei confronti delle minoranze sessuali. Secondo quanto dichiarato dal ministro della Giustizia Edasso Rodrigue Bayala, le multe e l’espulsione per i cittadini stranieri accusati di omosessualità rappresentano ulteriori misure punitive che amplificano il clima di paura e discriminazione.

Questa legislazione si inserisce in un contesto più ampio, in cui l’omosessualità è già criminalizzata in circa un terzo delle nazioni del mondo, con pene che variano dalla detenzione fino alla pena di morte. In Africa, numerosi Paesi, come Ghana e Uganda, hanno recentemente inasprito le proprie leggi contro l’omosessualità, contribuendo a una spirale di violenza e discriminazione. La nuova legge del Burkina Faso non solo riflette queste tendenze, ma potrebbe anche incoraggiare altri Stati a seguire un percorso simile, sottolineando la necessità di una risposta internazionale sui diritti umani per proteggere coloro che sono vulnerabili a tali discriminazioni.

L’approvazione di questa legge non deve essere vista solo come una questione giuridica, ma come un attacco diretto ai diritti fondamentali delle persone e alla loro dignità. È fondamentale che la comunità internazionale reagisca a queste violazioni, sostenendo le organizzazioni che si battono per la difesa dei diritti umani e mobilitando pressioni affinché le leggi discriminatorie vengano abrogate in nome della giustizia e dell’uguaglianza.

Fonti: RaiNews, africanews.com

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VISITA MUSICALE: La chiesa del Paradiso


Un concerto e una visita nei luoghi del libro in cui Giovanni Gherardi da Prato descrive eventi della vita quotidiana nella Villa il Paradiso della nobile famiglia Alberti. a cura di Luciano Artusi Ensemble La Reverdie Claudia Caffagni, voce, liuto Livia

Un concerto e una visita nei luoghi del libro in cui Giovanni Gherardi da Prato descrive eventi della vita quotidiana nella Villa il Paradiso della nobile famiglia Alberti.

a cura di Luciano Artusi

Ensemble La Reverdie
Claudia Caffagni, voce, liuto
Livia Caffagni, voce, viella, flauti
Elisabetta de Mircovich, voce, viella, ribeca
Teodora Tommasi, voce, arpa, flauti
Matteo Zenatti, voce, arpa, tamburello

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re: Un concerto e una visita nei luoghi del libro in cui Giovanni Gherardi da Prato descrive eventi della vita quotidiana nella Villa il Paradiso della nobile famiglia Alberti. a cura di Luciano Artusi Ensemble La Reverdie Claudia Caffagni, voce, liuto Li
domenica 7 tarda mattinata a Firenze, alle 12!

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Il paradiso di Francesco


In un ideale nobile giardino della Firenze del tardo Trecento, si udiranno le dolci e amorose “voci cortesi” di Francesco Landini (1335-1397), il principale polifonista dell'ars nova italiana, con ballate, cacce e madrigali. LA REVERDIE Claudia Caffagni,

In un ideale nobile giardino della Firenze del tardo Trecento, si udiranno le dolci e amorose “voci cortesi” di Francesco Landini (1335-1397), il principale polifonista dell’ars nova italiana, con ballate, cacce e madrigali.

LA REVERDIE
Claudia Caffagni, voce, liuto
Livia Caffagni, voce, viella, flauti
Elisabetta de Mircovich, voce, viella, ribeca
Teodora Tommasi, voce, arpa, flauti
Matteo Zenatti, voce, arpa


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[r] _ elementi base di “esiste la ricerca”


l’idea di ELR = esiste la ricerca è quella di costruire un incontro completamente in presenza, senza registrazioni, senza dirette, senza “atti”.

ovviamente chi partecipa è liberissimo di pubblicare propri appunti e annotazioni successivamente. o foto. ma si chiede di escludere video e audio.

in sintesi, integrando quanto è leggibile qui, diciamo che Esiste la ricerca è un modus di incontro:

in presenza (senza dirette né registrazioni)
orizzontale (si parla per alzata di mano e non c’è palco)
aperto (gli invitati parlano, dopodiché chiunque altro ha diritto di intervenire)
improvvisato (non si leggono interventi scritti, il discorso si sviluppa in itinere, nel dialogo con i presenti)
non accademico (ma aperto ovviamente ai docenti universitari, che parlano anche loro per alzata di mano)
non preordinato (non ci sono scalette definite)
non canonizzante né escludente (chi c’è non vince niente, chi non c’è non patisce alcuna damnatio memoriae)
ripetibile in altri luoghi e tempi
_

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