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The Passenger, per esploratori dell’universo

edu.inaf.it/rubriche/libri/the…

Riflessioni sull’esplorazione della spazio, tra passato e futuro, in un volume particolare all’interno della serie The Passenger di Iperborea.

#esplorazioneDelloSpazio #Iperborea #Marte #saggiEtAl

Questa voce è stata modificata (4 settimane fa)

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“no other land”: proiezione a piazza vittorio, roma, 4 settembre

NO OTHER LAND


Giovedì 4 settembre proiezione speciale all’Arena

Notti di Cinema a Piazza Vittorio
in memoria di Awdah Hathaleen

No Other Land

youtube.com/embed/XUsgLip_eoY?…

Giovedì 4 settembre alle ore 20:30, Notti di Cinema a Piazza Vittorio ospiterà la proiezione di No Other Land, vincitore dell’Oscar 2025 come Miglior Documentario. Ad introdurre la proiezione saranno: Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, l’organizzazione per i diritti umani che ha dato il patrocinio al documentario, e Massimo Righetti, in rappresentanza di ANEC AGIS Lazio.

L’evento vuole ricordare il coraggio e il sacrificio di Awdah Hathaleen, co-autore e protagonista del film, brutalmente ucciso il 28 luglio scorso da un colono israeliano, colpevole solo di difendere pacificamente la propria terra.

La sua uccisione è parte di uno sterminio senza fine, che viola sistematicamente ogni diritto umano previsto anche dal codice Internazionale.

No Other Land è oggi più che mai un’opera necessaria per contrastare lo sterminio del popolo Palestinese e lo fa attraverso lo sguardo diretto di chi, come Hathaleen, non ha mai smesso di credere nel potere del dialogo e del confronto pacifico.

Padre di tre figli, insegnante, giornalista ex attivista politico, Hathaleen era un punto di riferimento per tutta la sua comunità. La sua vita – e la sua tragica morte – incarnano le tematiche centrali del documentario: la resistenza, il conflitto multigenerazionale, l’ingiustizia sistemica e il potere della testimonianza.

L’obiettivo della serata è offrire uno spazio pubblico di memoria, denuncia e consapevolezza, per restituire dignità alla figura di Awdah Hathaleen e non permettere che la sua voce sia messa a tacere. Un’occasione anche per riflettere, insieme, sul significato profondo di No Other Land e sull’urgenza di trasformare lo sdegno in responsabilità.

Un grido di dolore per dire BASTA FERMATEVI!!!!

Maggiori informazioni su: www.cinevillageroma.it

NOTTI DI CINEMA A PIAZZA VITTORIO, è un progetto realizzato da ANEC Lazio con il contributo di Regione Lazio, Arsial e Camera di Commercio di Roma, con il sostegno di: Roma Capitale – Assessorato alla Cultura ed ACEA; In collaborazione con Agis Lazio Srl e CNB Comunicazione; con il patrocinio di ENPAM; con il supporto di: Associazione Piazza Vittorio APS; Mobility partner ATAC; Media partner: Radio Core de Roma, Radio Centro Suono, Antenna 1, Mymovies.it, Radio Roma (Radio Roma News e Radio Roma TV).

#AmnestyInternational #AmnestyInternationalItalia #apartheid #AwdahHathaleen #BaselAdra #cinema #Cisgiordania #film #genocidio #HamdanBallal #MassimoRighetti #NoOtherLand #occupazione #Palestina #proiezione #puliziaEtnica #RachelSzor #RiccardoNoury #YuvalAbraham

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Dibattito del 15.8.2025 alla Festa Rossa parte 2: Conflitti, sanzioni e riarmo


Gli eventi di fine febbraio-inizio marzo del 2022 costituiscono uno spartiacque storico che ha determinato una profonda frattura geopolitica e geoeconomica nell’Europa Orientale e l’apertura di una nuova fase caratterizzata da crescenti tensioni internazi

Seconda tranche degli atti del dibattito del 15 agosto alla Festa Rossa 2025:

Conflitti, sanzioni e riarmo


Tra rallentamento economico, crisi industriale e perdita di potere d’acquisto dei salari dove, ci stanno portando l’Ue e la Nato?

________________

Lo scacchiere europeo epicentro delle tensioni globali: il ruolo della Nato


Nel contesto del quadro delineato nella prima parte della presente relazione, l’escalation delle tensioni fra le principali potenze trova origine in seno allo scacchiere europeo, sostanzialmente a seguito della trasformazione della Nato, da organizzazione politico-militare difensiva in strumento di ampliamento della sfera d’influenza statunitense, avvenuta dopo la fine della Guerra Fredda (1989). Tale passaggio è stato sancito, secondo il generale Mario Arpino ex Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate italiane, dalla “Dichiarazione di Londra” sulla trasformazione dell’Organizzazione, la quale sottolineava l’esigenza di cooperazione politica, economica e militare con i paesi dell’Europa centro-orientale.(1)

Tuttavia, gli atti formali più significativi che stabilirono le linee di sviluppo del nuovo corso della Nato presero corpo con l’approvazione della “Dichiarazione di Roma” e del “Nuovo Concetto Strategico” durante il summit di Roma del novembre 1991, a pochi mesi dallo scioglimento del Patto di Varsavia (1° luglio 1991) e uno prima di quello dell’Unione Sovietica (25 dicembre 1991).

A questi iniziali, fondamentali eventi, che segnarono il passaggio dall’ordine internazionale strutturato su base bipolare a quello unilaterale a egemonia Usa/Nato, ne seguirono, in ambito Nato, altri negli anni successivi che sfociarono nel primo ampliamento ad est nel 1999 con l’ingresso di Polonia, Repubblica ed Ungheria (carta 1).

Fino a quel momento, anche alla luce del ridimensionamento economico e geopolitico della Federazione russa durante la presidenza Eltsin, si era venuto a creare, peraltro su base asimmetrica, un certo clima di collaborazione fra le parti che portò all’istituzione del Consiglio permanente Nato-Russia a Parigi nel 1997. Processo successivamente consolidato a Pratica di Mare nell’estate 2002 con la firma, da parte di George W. Bush e Vladimir Putin, del documento “Nato-Russia Relations: A New Quality” che sancì la normalizzazione “formale” delle relazioni bilaterali, anche dal punto di vista strategico-militare, al termine di un decennale percorso di avvicinamento. Tuttavia, di lì a poco gli sviluppi successivi, lasceranno intendere che probabilmente si era stati al cospetto di una effimera stagione.

Infatti, alla fine dello stesso anno, il 2002, al Vertice Nato di Praga venne data nuova enfasi alla politica delle “Porte Aperte”, già contemplata nell’art 10 dello Statuto della Nato, con l’invito a divenire paese membro offerto a Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia e Slovenia. I 4 paesi ex Patto di Varsavia ed i 3 ex Urss, entrarono ufficialmente nell’Alleanza Atlantica nel 2004, portando a 10 gli stati dell’ex blocco Orientale in seno alla Nato. Ciò al netto della Germania Est che vi fu inglobata a seguito della cosiddetta Riunificazione tedesca del 1990, in realtà un’annessione della DDR da parte della Repubblica Federale (2) (carta 1).
Carta 1: le tappe dell’ampliamento della Nato
Questo secondo, imponente ampliamento iniziò a destare serie preoccupazioni a Mosca ove, già dal 2000, Vladimir Putin era asceso alla presidenza con un progetto politico teso a ristabilire adeguato ruolo internazionale alla Federazione Russa, dopo circa un decennio di profonda crisi(3).

Le preoccupazione russe vennero ufficialmente esternate nel 2007 alla 43esima Conferenza sulla Sicurezza di Monaco di Baviera dal presidente Putin, quando denunciò l’egemonia monopolistica degli Stati Uniti nelle contesto globale e il suo “uso eccessivo e quasi incontrollato della forza nelle relazioni internazionali”. Evidenziando come a seguito di tale dominio “nessuno si sente sicuro! Perché nessuno può sentire che il diritto internazionale è come un muro di pietra che lo proteggerà. Naturalmente una tale politica stimola una corsa agli armamenti”. Inoltre, il presidente della Federazione Russa citò, a sostegno, il discorso del 1990 di Manfred Womer, Segretario Generale della Nato dell’epoca, nel quale promise che la Nato non si sarebbe espansa verso est: “il fatto che siamo pronti a non posizionare un esercito della Nato al di fuori del territorio tedesco (unificato. ndr) dà all’Unione Sovietica una solida garanzia di sicurezza”. Per poi chiedere retoricamente ai leaders occidentali: “dove sono ora queste garanzie?”(4).

Nonostante le apprensioni e gli avvertimenti del Cremlino, al Vertice Nato del 2008 a Bucarest, il disaccordo fra i leaders europei e il presidente statunitense George Bush Jr, portò al compromesso della promessa di quest’ultimo ad un impegno dell’Organizzazione per una futura adesione di Ucraina e Georgia (5). Una dichiarazione che assunse un’influenza significativa nel determinare la presa di coscienza del Cremlino che la Nato stava implementando una politica ostile per la sicurezza strategica della Federazione, vista la posizione geografica a ridosso della stessa, e che occorreva preparare le adeguate contromisure.

La delicata vicenda, ormai significativo passaggio storico nell’escalation della crisi Ucraina, è stata così descritta dall’allora cancelliera tedesca Angela Merkel nel suo recente libro autobiografico in relazione soprattutto alla percezione russa: “il fatto che Georgia e Ucraina non abbiano ricevuto lo status di candidati per l’ingresso nella Nato fu un no alle loro speranze. Il fatto che la Nato abbia offerto loro la prospettiva di un impegno generale per l’adesione è stato, per Putin, un sì all’adesione alla Nato per entrambi i Paesi, una dichiarazione di guerra”(6). In sostanza il clima di distensione e di collaborazione di Pratica di Mare era stato archiviato e si stava aprendo una nuova fase.

La Nato, incurante delle preoccupazioni di Mosca, ha continuato ad implementare la sua politica espansiva tant’è che l’anno successivo, il 2009, fecero il loro ingresso nell’Alleanza Croazia e Albania, e successivamente nel 2017 il Montenegro e nel 2020 la Macedonia del Nord, portando i membri effettivi a 30, dai 16 del 1990 (carta 1). Ulteriore ampliamento che rafforzò i timori di Mosca rispetto ai rischi per la propria sicurezza strategica.

Ciò anche a seguito degli sviluppi delle vicende ucraine, con la destituzione nel febbraio 2014 del legittimo presidente, il “neutralista“ Victor Janukovich, con il pucth filooccidentale di piazza Maidan, l’avvicinamento di Kiev alla Nato dei successori Oleksander Turcynov e Petro Poroshenko con ingresso di istruttori militari e armamenti nel paese dal 2014 (7), la revoca dell’autonomia linguistica nel Donbass, l’annessione russa della Crimea confermata da un referendum, la dichiarazione di indipendenza delle Repubbliche Popolari di Donetsk e di Lugansk e l’attacco delle Forze armate ucraine contro queste ultime. Guerra che negli 8 anni successivi provocherà 13.000 morti, in prevalenza civili del Donbass.

L’escalation della crisi ucraina


La decisione, presa al Vertice Nato di Bruxelles del giugno 2021, di rendere operativa la promessa fatta a Bucarest nel 2008 di effettivo ingresso di Kiev nell’Alleanza, tramite l’attivazione del Piano d’azione per l’adesione (Map) (8), spinse la Russia a chiedere un vertice internazionale per la definizione degli assetti geopolitici nell’Europa orientale che tenesse di conto delle esigenze di sicurezza di tutti gli attori regionali. Il rifiuto statunitense e Nato del dicembre 2021, anche di sottoscrizione di Accordo di pace Usa-Russia in 9 punti (9), portò il Cremlino alla convinzione che l’ingresso dell’Ucraina nella Nato, col suo corollario di basi militari con strutture missilistiche, andasse scongiurato per salvaguardare la sovranità e la sicurezza della Federazione.

La Russia schierò quindi una parte delle sue Forze Armate ai confini dell’Ucraina per esercitare pressioni per l’apertura in extremis di una trattativa, fino a che il 23 febbraio i paesi occidentali comminarono la prima tranche di sanzioni economiche contro Mosca.

Il giorno successivo, il 24, il Cremlino dette avvio all’Operazione Militare Speciale in Ucraina con lo scopo di ottenere la neutralità militare di Kiev, vale a dire il non ingresso nella Nato, lasciando tuttavia facoltà di adesione all’Ue. Nei giorni e nei mesi seguenti gli stati occidentali hanno comminato nuovi pacchetti sanzionatori contro Mosca, arrivando quelli europei addirittura al 18° a luglio 2025, nel tentativo di strangolarne l’economia e indurla al ritiro dall’Ucraina. Ma anche in questo caso, come vedremo, gli sviluppi riserveranno risvolti inattesi per i leaders occidentali (10).

In definitiva, gli eventi di fine febbraio-inizio marzo del 2022 costituiscono uno spartiacque storico che ha determinato una profonda frattura geopolitica e geoeconomica nell’Europa Orientale e l’apertura di una nuova fase caratterizzata da crescenti tensioni internazionali, conflitti di varia natura, e, all’interno dell’Ue, significative ripercussioni economiche con crisi industriali, ripresa dell’inflazione, rialzo dei tassi di interesse, perdita di potere d’acquisto dei salari, crisi sociale ed ulteriore, significativa spinta alle politiche di riarmo e alle spese militari.

Un disastro indubbiamente evitabile, in presenza di una classe politica nazionale e comunitaria all’altezza del proprio ruolo e meno asservita agli interessi di Washington.

Andrea Vento

13 agosto 2025

Gruppo Insegnanti di Geografia Autorganizzati

NOTE:

1 limesonline.com/limesplus/nato…

2 “L’Anschluss. L’annessione. L’unificazione della Germania e il futuro dell’Europa” di Vladimiro Giacchè. Imprimatur.

3 “Russia: alla ricerca della potenza perduta, Dall’avvento di Putin alle prospettive future di un paese orfano dell’Urss” di Alessandro Fanetti. Eiffel editore 2021.

4 https://www.fivedabliu.it/wp-content/uploads/2022/04/Discorso-di-Putin-alla-Conferenza-di-Monaco-di-Baviera-sulla-Politica-di-Sicurezza.pdf

5 ilfattoquotidiano.it/2024/11/2…

6 “Libertà” di Angela Merkel. Rizzoli novembre 2024

7 Come dichiarato dallo stesso Segretario Generale della Nato Stoltemberg

tg24.sky.it/mondo/2022/11/29/g…

kulturjam.it/news/stoltenberg-…

8 https://it.wikipedia.org/wiki/Relazioni_Ucraina-NATO

9 ansa.it/sito/notizie/topnews/2…

10 codice-rosso.net/crisi-ucraina…

codice-rosso.net/crisi-ucraina…

marx21.it/internazionale/lecon…


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Le sciare di Catania, perchè dobbiamo proteggerle


La proposta, avanzata dalla Soprintendenza. di porre il livello di tutela 3 (il più alto) sulle lave affioranti in città, potrebbe rappresentare un segnale positivo di attenzione a quegli elementi del nostro territorio che dovrebbero essere protetti e valorizzati. Tra questi, appunto, le lave, che svolgono – tra l’altro – un ruolo di raccolta delle acque piovane e di depurazione, che è […]

Leggi il resto: argocatania.it/2025/08/29/le-s…

#CentroDirezionaleCibali #ComuneDiCatania #depurazioneDelleAcque #lava #SoprintendenzaCatania #verdePubblico #verdeUrbano

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quasi un “vecchio posseduto sclera” momento in questa sera altrimenti silente


Stavo quasi in procinto, forse, di andare a dormire… quando a un certo punto, stando in bagno, da giù per strada sento scatenarsi la più assoluta pazzia; e stavolta non in senso figurato. Infatti, dal nulla si è iniziato a sentire questo tizio — che credo sia uno dei pazzi della città, per l’appunto, anche se non lo riconosco di faccia e non so come si chiami (ho sentito un “Carmine”, magari era lui? non che cambi molto) — che ha iniziato a tirare bestemmie e porconi, non è ben chiaro perché. 😶

Anche se non ho idea di cosa ci sia dietro, la situazione è certamente molto divertente, anche perché non è la prima volta che sento questo preciso tizio. Giuro di averlo sentito almeno un’altra volta in passato, tanti mesi fa, se non addirittura più di un anno fa, e questo suo tono è inimitabile… Tira i jastemoni, e lo fa con questa enfasi assurda, che addirittura gli richiede diversi secondi di cooldown. Però non gli basta una sola volta, e quindi ripete la stessa identica frase almeno altre 3 o 4 volte, per poi fermarsi… ma solo prima di passare poi ad una diversa espressione a dir poco colorita. 😻

Per fortuna, anche se ho perso forse i primi 20 secondi di “mannaggia a Dio veramente” a causa del lag dello Xiaomi di merda, lo #sclero è durato abbastanza da permettermi di registrarlo al volo… e, adesso che è arrivata una volante della Polizia (chiamata da qualcuno) e lui ci stava parlando, e si è apparentemente calmato del tutto, riascoltare l’audio fa specialmente pisciare dal ridere. Mannaggia a questo, #mannaggia quello… mannaggia alla quiete pubblica violata all’una di notte, direi io! Prima di questo lieto fine, per un paio di minuti c’è stata pure una signora che gli ha urlato contro ma, ripeto, non ho capito la lore. 😏

Ma allora, ecco che concedo a tutti di vivere questo misticismo, allegando qui la registrazione audio del casino; dopo aver opportunamente cancellato le parti di solo rumore, cosa che lo ha fatto pure scendere da 3 minuti e 46 ad appena 1 minuto e 37 (per quanto ho limitato il taglio dei momenti morti silenziosi, che sono fondamentali all’atmosfera), ed aver amplificato un bel po’ tutto (perché, per quanto il microfono del telefono sia capace di catturare suoni lontani, lui stesso non ci crede abbastanza). 💣

Comunque sia, wow. Il tutto è molto magico, e mi sono sentita un po’ Zeb89 che registra gli atti di “vecchia posseduta sclera” in tale momento, perché è così assurdo… anche se, in questo caso, gli scleri finalmente da me archiviati sono solo audio; sia perché voglio evitare di doxxarmi ora che sono sul balcone, e sia perché prima dal bagno non si vedeva niente comunque. Ah, a proposito… questo è in assoluto il primo file audio che carico in un post, da quando ho il sito del fritto misto di octospacc! Insomma, poteva essere qualunque audio, e invece abbiamo avuto, in ordine, insulti a Dio, a “tutti i santi”, alla Maronn’ e Pumpej, e degli “oh” che sembrano rigurgiti. Quindi, buonanotte così!!! 🥰

#città #Mannaggia #pazzi #pazzo #rumore #scleri #sclero

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@lasiepedimore solo per salutarti. Stiamo facendo un po’ di prove coi client per mastodon e il nostro account proprietario

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Riapertura del Centro Visite di Rushan: esplorare la natura di Kinmen.


Un centro educativo e ricreativo dove scoprire l'ecologia dell'arcipelago.

L’ufficio di gestione del Parco Nazionale di Kinmen ha riaperto il Centro Visite di Rushan con un volto completamente rinnovato. Questa inaugurazione segna un’importante evoluzione nell’approccio educativo e interattivo alla scoperta della biodiversità unica dell’isola. Il centro non solo ha ottimizzato i contenuti espositivi, ma ha anche incorporato la filosofia della “lettura condivisa tra genitori e figli”, creando spazi dedicati alla lettura e presentando filmati tematici sulla biologia delle zone intertidali, insieme a nuove esposizioni di campioni di uccelli. Questi elementi multiformi mirano a guidare i visitatori nel cuore dell’ecologia di Kinmen, permettendo loro di vivere appieno le meraviglie della natura.

Dal suo avvio nel 2003, il Centro di Rushan ha assunto un ruolo fondamentale nella promozione dell’ecosistema naturale di Kinmen. Inizialmente, le esposizioni si concentravano sull’interazione tra flora e fauna e l’ambiente, utilizzando metodi vivaci e coinvolgenti per educare adulti e bambini sulla diversità ecologica dell’isola. Nel 2017 si era già registrato un grande aggiornamento, focalizzato sulle peculiarità botaniche di Kinmen. Oggi, il centro ha nuovamente orientato le sue esposizioni, ponendo l’accento su un equilibrio tra educazione e svago, specialmente per quanto riguarda la creazione di un’atmosfera per l’apprendimento condiviso tra genitori e figli.

Uno degli aspetti più innovativi è lo spazio dedicato alla lettura condivisa, che raccoglie albi illustrati e libri specialistici pubblicati da vari parchi nazionali taiwanesi. Attraverso immagini raffinate e testi chiari e coinvolgenti, i visitatori possono immergersi nelle storie di montagna e mare. I bambini hanno l’opportunità di scoprire le abitudini e gli habitat delle diverse specie animali e vegetali, mentre gli adulti possono ampliare la loro visione ecologica attraverso la lettura. La lettura diventa così un’attività interattiva, trasformando l’esperienza in un momento di condivisione familiare.

Oltre allo spazio di lettura, un altro punto saliente dell’aggiornamento è la nuova area dedicata agli organismi delle zone intertidali. La posizione geografica singolare di Kinmen ha dato vita a un ecosistema costiero ricco, popolato da creature come il pesce saltafango, il granchio fantasma, il granchio violinista e il limulo. I visitatori possono apprendere attraverso video e spiegazioni accessibili, scoprendo forme, comportamenti e habitat di questi affascinanti esseri. Le immagini vivide e le descrizioni chiare offrono un’esperienza immersiva, permettendo di comprendere l’adattamento e la resilienza di queste specie alle maree.

Il secondo piano, dedicato all’esposizione dei campioni di uccelli, ha subito anch’esso una ristrutturazione significativa. Molti di questi campioni provengono da individui sfortunati salvati, ma che non sono riusciti a sopravvivere. La loro esposizione serve a perpetuare il significato delle loro vite e a sensibilizzare il pubblico sulla conservazione ecologica. Tra gli oggetti più notevoli c’è il campione di piumaggio del martin pescatore, un uccello che possiede addirittura 2.451 piume. Ogni piuma è stata classificata e ordinata in base alla funzione: volo, impermeabilità, isolamento termico e mimetizzazione. Non si tratta solo di una gioia per gli occhi, ma anche di un riflesso della saggezza evolutiva delle specie, suscitando ammirazione per la complessità del design naturale.

Come sottolineato dall’ufficio di gestione, il rinnovamento del Centro Visite di Rushan si basa sui principi di “calore, comfort e apprendimento divertente”. Grazie a letture, audiovisivi e campioni, il centro offre un’ottima opportunità per l’apprendimento condiviso tra famiglie e per esplorare la natura. Specialmente durante questa stagione calda, il centro rappresenta un rifugio fresco dove si può apprendere in un’atmosfera rilassata, aumentando la comprensione dell’ambiente e della biodiversità di Kinmen.

Il rinnovamento del Centro Visite di Rushan non è solo un aggiornamento delle strutture espositive, ma rappresenta anche un approfondimento del valore educativo. Questo luogo ci ricorda che l’ecologia non è solo oggetto di studio per esperti, ma è parte integrante della nostra vita quotidiana. Inoltre, la lettura condivisa in famiglia trascende l’essere un semplice momento ricreativo, diventando una finestra per conoscere i parchi nazionali e connettersi con la terra e la natura. L’ufficio di gestione invita calorosamente famiglie e visitatori a entrare nel Centro Visite di Rushan, esplorare i segreti delle zone intertidali, ammirare la meraviglia delle piume e vivere la straordinaria potenza della natura.


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Non so se questa modifica diventerà permanente ma, ogni tanto, fa bene pasticciare.

Cliccando su “Liaison” (sul menu in alto) dovrebbe comparire una pagina che contiene, in modo non bellissimo, tutte le stupidaggini che pubblico su mastodon, perché – ogni tanto – qualcosa di interessante la scrivo.

pepsy.noblogs.org/2025/08/28/p…


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chiavina terminifera che non fa più uai fai (Netvip chiavetta WiFi morta a caso)


Poco fa era appena tarda mattina e, come si suol dire, se non bestemmio guarda… la giornata non comincia in maniera ufficiale. A quanto pare, la chiavettina WiFi che in questi ultimi giorni stavo usando temporaneamente sul PC fisso ha deciso di morire per sempre stamattina, o qualcosa del genere, semplicemente dal nulla (e quando mai le mie cose si rompono con cognizione di causa…), quindi eccomi a lamentarmene inutilmente. 😾
Chiavetta smontata in 3 pezzi: la scheda e la plastica
È una chiavetta merdosissima che comprai quando assemblai il PC fisso (nell’era del gran Covid!!!), perché mettere una scheda WiFi interna avrebbe significato avere una ricezione terribile (oltre al fatto che, se ricordo bene, avrei dovuto spendere di più; lasciamo stare il fatto che, col senno di poi, a furia della tirchiaggine sono finita per spendere ancora di più per vari prodotti schifosi), mentre la chiavetta potevo portarla in un punto buono usando una prolunga… Fatto sta che è sempre stata merda fumante, relativamente instabile su Windows e completamente instabile su Linux, e quindi alla fine dovetti comprare il bridge Ethernet TP-Link che ancora adesso uso, anche se pure quello a modo suo è terrificante. 😩

Beh, in questi giorni stavamo facendo lavori in casa, quindi per un paio di giorni mi sono dovuta spostare col PC fisso in un’altra stanza e, per comodità, ho riesumato quella chiavetta… Che, in realtà, su Windows e a distanza più ravvicinata col router, funzionava pure quasi bene, superando addirittura i 200 mbps in upload e download (che è ben più di quanto il TP-Link sciordiaco fa in camera mia)… pur se ho dovuto sclerarci un quarto d’ora buono, perché (col driver automatico di Windows) per qualche motivo non riusciva a mantenere la connessione con il router configurando la rete normalmente… ma appena ho usato un IP statico al posto del DHCP ha deciso di collaborare… 🥱

Ribadisco che è talmente sgocciolante questo affare che, collegato direttamente alle porte posteriori del PC, dato quanto è minuscolo, prende così tanta interferenza (probabilmente dagli altri dispositivi USB collegati, maremma maiala!) che in tale modo nella stessa stanza farebbe non più di qualche megabit al secondo, e facendo cadere una quantità imbarazzante di pacchetti… Ma comunque, una volta ritrasferitami nella mia stanza l’altro ieri, sul momento non sapevo se poi dovessi spostarmi di nuovo, quindi non ho voluto ricollegarmi subito al TP-Link, mentre ieri mi è passato di mente (nonostante nella mia stanza senza prolunga la chiavetta faccia non più di 20 mbps, maremma cara, ma non dovevo scaricare niente ieri)… e quindi, così si arriva ad oggi. 🙄

Ho acceso il PC prima, e, dopo aver notato di non avere Internet, ho notato che la chiavetta non stava lampeggiando. Non voglio prolungare la miseria più del dovuto a questo punto, quindi, detto in breve: la scollego e ricollego svariate volte, provando tutte le porte libere, inserendola più piano o più veloce, con diversi angoli (visto che si ruppe il pezzo di metallo di sopra dell’USB, quindi ci può pure stare che non faccia subito contatto bene, visto che balla un po’), ma non succede assolutamente niente! Ogni tanto (nemmeno sempre…) esce un messaggio di “dispositivo USB non riconosciuto” di Windows, e basta… e nel frattempo noto che, al tatto, la chiavina diventa sempre caldissima a stare collegata così, nonostante appunto non stia lavorando. 😭

Provo pure qualche altra volta, con in mezzo anche una procorta (una prolunga corta; si, la possiedo, anche se non è USB 3.0), smuovo un po’ la schedina unica minuscola che compone effettivamente l’aggeggio, e niente… se non che ora ogni tanto esce pure un altro messaggio su Windows, “power surge on the USB port“, che semplicemente significa “c’è un cortocircuito”!!! Quindi, ormai, mi sa proprio che è morta oltre ogni ragionevole dubbio… e oh, menomale che lo ha fatto stamattina e non prima. Però certo che ci vuole un coraggio per mettere sul mercato un accessorio così fottutamente fumante (non letteralmente, per fortuna, ci mancava solo che prendesse fuoco…) e chiamarlo “Netvip“… se questo coso è da VIP, allora io sono la dittatrice dell’universo… 🌋

#broken #issues #NETVIP #WiFi

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è possibile spiegare la scrittura di ricerca a una lepre morta?

no


#breve #lepreMorta #no_

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L’egemonia cattolica nel Veneto determina rapporti di forza peculiari tra la DC e il PCI


Il Veneto è una regione popolata da piccole città, piccole imprese, agricoltura contadina ed è permeata dalla devozione al cattolicesimo. <35 La chiave di successo della sua economia, che decollò negli anni ’50 per poi svilupparsi negli anni ’60 e raggiungere l’apice negli anni ’70, fu il basso costo del lavoro derivante dall’impegno part time nell’industria e dal lavoro domestico, ossia la cosiddetta “economia sommersa”.
Alla base della politica del dopoguerra che predominò in Veneto, vi fu il controllo della riproduzione della forza lavoro, dal punto di vista materiale e ideologico, e soprattutto, quello delle condizioni di vita al di fuori della fabbrica. Questo fu possibile dalla frammentazione e dalla dispersione e, conseguentemente, dalla debolezza organizzativa della classe operaia; in secondo luogo, dalla presenza delle istituzioni sociali della Chiesa, una serie di organizzazioni collaterali come le cooperative, le casse di mutuo soccorso, l’Azione Cattolica, tutte facenti capo alla parrocchia, il cuore della vita religiosa.
Nel 1945 il governo italiano scelse un tipo di sviluppo guidato dalle forze del mercato, specialmente da quello internazionale, garantendo così l’incremento dei consumi interni moderni e la compressione dei salari. Questa modello portò un ritardo allo sviluppo della classe operaia nell’industria, lo spostamento di massa dalla campagna alla città e quindi un rapido sviluppo del terziario e dell’ingrossamento delle fila dei ceti medi, sia in ambito produttivo che in quello distributivo. Il cardine di questo percorso era la mobilità individuale e, quindi, lo sfruttamento proprio delle disuguaglianze nel sistema al fine di incentivare la partecipazione ai profitti che il sistema poteva elargire.
Considerando che l’Italia faceva parte del blocco occidentale e si trovava sotto la tutela statunitense che impose, nel 1947, l’esclusione dal governo del PCI (il partito che rappresentava la classe operaia), e dall’altro lato, l’apparato produttivo del paese era quello di un paese in via di sviluppo e si basava sull’eccesso di manodopera a basso costo, si capisce perché il governo del tempo abbia optato per questo tipo di modello di sviluppo.
La svolta che portò alla concretizzazione del miracolo economico del 1958-1962 fu l’attuazione di una politica basata su grandi profitti derivanti dai bassi salari che stimolavano gli investimenti necessari ad assicurare un buon livello di produttività, il quale a sua volta garantiva la crescita, la competitività dell’economia italiana a livello internazionale. Due elementi fondamentali di tale processo furono la produzione industriale di beni di largo consumo a bassa tecnologia e i salari bassi (conseguenza dell’elevato tasso di disoccupazione e della debolezza dei movimenti operai organizzati nel periodo della Guerra Fredda).
Questo scenario spiega, in un certo modo, il successo del settore della piccola impresa nel Veneto, la quale ha contribuito a mantenere costante il benessere della regione e della piccola industria, dove il lavoro a tempo parziale e il lavoro domestico avevano mantenuto relativamente basso costo della manodopera. Ricordiamo che, oltre al conflitto scatenato dagli uomini se ne aggiunse in quegli anni uno provocato dalla natura <36: nel 1951, una devastante alluvione sconvolse il Polesine, allagando oltre la metà della provincia, causando più di 100 vittime e 180mila sfollati (80 mila persone lascerà la regione per sempre). Mentre nel 1963, una frana dal monte Toc, ai confini tra le province di Pordenone e Belluno, piomba nel lago artificiale creato dalla diga del Vajont; provocando la morte di 1917 persone e distruggendo gli abitati del fondovalle. <37
Nonostante le guerre e disastri naturali, la capacità e la voglia di ripresa riescono farsi largo. L’avvio vero come detto è degli anni Sessanta, quando il reddito nazionale netto aumenta del 54 per cento, e il risparmio del 170. Nel 1961, le aziende con meno di 100 addetti assorbono il 72 per cento dell’occupazione. È un salto di qualità progressivo anche se rapido: l’operaio che lavorava giorno e notte in fabbrica, un po’ alla volta si mette in proprio diventando imprenditore di successo, scrivendo storie di tante crescite tipicamente venete. A renderlo evidente è il tasso di natalità delle imprese dell’epoca, di gran lunga superiore a quello della crescita occupazionale: segno evidente che molti ex dipendenti hanno deciso di fare il salto di qualità, avviando un’attività autonoma.
Negli anni Settanta, avviene uno storico sorpasso, gli addetti all’industria hanno superato il fatidico 50 per cento. Se negli anni Sessanta il reddito pro capite del Veneto è stato nettamente inferiore a quello della media nazionale, nel 1970 si verifica l’aggancio, merito di un’industrializzazione che marcia di pari passo con il potere d’acquisto. Inizia, come già annunciato, a decollare anche il settore terziario: una persona su tre, nella popolazione attiva, opera in questo settore. Per il resto dell’economia di questa regione, la seconda parte degli anni Settanta, è quella del grande balzo, con un trend che si dimostrerà costante fino ai primi anni Ottanta.
Pur la Chiesa subendo negli anni ’70, pressioni di una crescente e generale secolarizzazione, l’amministrazione locale con i suoi provvedimenti, in particolar modo nei settori dell’edilizia e della previdenza sociale, divenne un elemento fondamentale per il conseguimento e il mantenimento dell’egemonia di quel partito che per quasi l’intero dopoguerra governò questa regione, la DC.
Durante la dittatura, con la soppressione dei partiti e dei principali corpi intermedi, i poteri locali attuano ovunque in Italia forme di “resistenza” e di salvaguardia della propria collocazione nella struttura sociale. <38 Nel Veneto rurale operano in tale direzione fattori specifici, legati al ruolo della Chiesa che sembrano mitigare l’impatto del fascismo sulla società locale. Non si può non notare che, anche in Veneto l’effetto delle politiche di fascistizzazione della società e di formazione delle nuove generazioni concepite da Mussolini per l’intera nazione (con l’aiuto della stampa, radio, scuola e corpi intermedi creati ad hoc), hanno avuto un forte impatto. Infatti, sarebbe errato attribuire al Veneto del primo dopoguerra una cromatura “bianca”, talmente spessa da riemergere, intatta, dopo la caduta del fascismo. <39 Dalla fine dell’Ottocento, oltre all’associazionismo cattolico, compare e si diffonde anche quello di aspirazione socialista: nei primi anni del Novecento in molti centri urbani del Veneto si formano alleanze comprendenti socialisti, radicali e repubblicani che, dando vita alla stagione delle cosiddette giunte bloccarde, spezzano l’egemonia moderata in ambito amministrativo. <40 Una parte dell’associazionismo mutualistico Veneto urbano favorisce il radicamento del Partito socialista nel territorio, secondo un progetto basato sulle trasformazioni di capitale sociale sedimentato nelle associazioni mutualistiche in risorsa politica, mediante la presenza del partito e il controllo del municipio. Il Partito socialista in Veneto si rivela incapace di saldare le proprie lotte nelle campagne, a differenza delle realtà urbane. In Veneto, nel biennio 1919-20 la mobilitazione delle classi subalterne raggiunge livelli ineguagliati. <41 La contrapposizione fra organizzazioni “bianche” e “rosse” pregiudica la possibilità di successo dei contadini, ma rivela l’eterogeneità degli orientamenti politici nel Veneto d’inizio secolo. In Veneto, la devozione dei contadini ha reso possibile l’incapsulamento nella filigrana “bianca” delle plebi rurali mobilitate a seguito della crisi agraria di fine Ottocento. La storia elettorale del Veneto vede emergere il cromatismo “bianco” già agli inizi del Novecento. Ma l’incidenza della frattura città-campagna discrimina l’insediamento elettorale dei cattolici (rurale) da quello dei socialisti (urbano): il bianco, quindi, è dominante solo in campagna. Lungi dal costituire soltanto “una parentesi”, il fascismo modificherà in profondo il profilo politico lasciando sopravvivere, alla sua caduta, solo le realtà organizzative più forti, ossia solo il capitale sociale “bianco”. Per capire le caratteristiche di fondo della subcultura “bianca”, e al contempo, i motivi per i quali essa ha potuto attraversare il fascismo senza esserne sradicata: dobbiamo immaginare una sorta di sfera immutabile, dove vigevano “leggi” stabilite probabilmente attorno al Settecento, custodite dagli uomini di Chiesa che, creavano una specifica cultura paesana, dove contadini e artigiani erano gli attori principali.
L’apparente immutabilità che sembra caratterizzare il Veneto “bianco” nel passaggio dal fascismo alla democrazia è data dalla centralità della Chiesa nella cultura politica locale e dalla sua capacità di riproporsi quale schermo protettivo nei confronti di qualunque intervento esterno ritenuto pericoloso dalla società locale. Senza più il fascismo e con uno Stato molto diverso da quello scaturito dal Risorgimento nulla più osta alla trasformazione del suo capitale sociale anche in una risorsa politica. È prevalsa l’interpretazione secondo cui in Veneto l’egemonia politica cattolica fosse acquisita fin dal primo dopoguerra. Possiamo sostenere invece che tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento la Chiesa abbia consolidato l’egemonia <42 nei contesti rurali, mentre è solo durante il ventennio fascista, in virtù della libertà di iniziativa ottenuta mediante il compromesso che il regime, che essa riesce a divenire fulcro anche dell’ambiente urbano. Il passaggio attraverso il fascismo può essere identificato come una fase di mutamento del capitale sociale “bianco” sia per effetto dell’annichilimento delle forme organizzative altre e minori ad opera della dittatura, sia in seguito al riposizionamento operato dalla Chiesa nella struttura delle linee di frattura. Con la nascita della DC e la sua posizione dominante nel corso della seconda metà del Novecento la frattura Stato-Chiesa può essere gestita da posizioni molto favorevoli per il Vaticano, che può concentrare la propria forza politica nel proporsi come ancora di salvezza contro il comunismo. Lo spostamento nella struttura delle linee di frattura comporta un cambiamento nelle modalità di azione per la Chiesa: dall’intervento sociale, contro lo Stato liberale e in concorrenza con il movimento socialista fino all’avvento del regime, al controllo del perimetro ideologico in funzione anticomunista nel secondo dopoguerra.
L’egemonia cattolica nel Veneto determina rapporti di forza peculiari tra la DC e il PCI segnati dal preponderante dominio elettorale della prima sulla seconda, e accompagna la trasformazione di un’area preminentemente rurale in zona ad alta densità di sviluppo industriale di piccola impresa. In Veneto, le fratture connesse alla formazione dello Stato nazionale (centro periferia e Stato-Chiesa), unitamente al cleavage città-campagna, hanno preceduto e contenuto la frattura capitale-lavoro, mentre il conflitto di classe si è manifestato in presenza di forme di controllo sociale capaci di impedirne una riproduzione in termini partitici significativi. <43 Questo incapsulamento della struttura di cleavages prevalenti funziona anche nel dopoguerra, quando la frattura principale diventa quella che contrappone il mondo “bianco” al comunismo, il quale condivide con i “nemici” storici, il “centro” del sistema politico, lo Stato, ma anche “il centro urbano”, l’essere percepito quale minaccia esterna in grado di depauperare la filigrana della società locale. Per almeno i primi decenni del secondo dopoguerra, in Veneto, il criterio decisivo di alleanza sarà il legame tra localismo e la sua cultura prevalente, si vota allo stesso modo della comunità a cui si fa parte e dei suoi leader, senza tener conto della propria posizione economica.44 Il localismo non si traduce in posizioni eversive e pericolose, in quanto la dimensione simbolica e organizzativa della Chiesa danno linfa ad un capitale sociale che garantisce la coesione, l’articolazione, l’aggregazione e la soddisfazione delle domande individuali e collettive (responsiveness) e la presenza della DC assicura l’accesso al sistema politico e il rispetto delle sue regole. <45 Il fattore religioso incide sul piano morale e, su quello dell’integrazione, dell’identità sociale e su quello materiale dell’organizzazione, della rappresentanza e della mediazione con le istituzioni. <46 Negli anni Cinquanta su iniziativa delle ACLI venne svolta un’indagine presso i giovani della provincia di Vicenza, dove emerse la rilevanza di tali elementi, quale la premessa e fondamento degli orientamenti politici nella subcultura “bianca”. <47 Dalla ricerca risulta che nella società veneta di quel periodo, il rapporto con la politica era complesso, come i rapporti di forza elettorali. I partiti considerati come attori non troppo amati né apprezzati, cui vengono attribuiti ruoli ben precisi: la DC appare attenta alla tutela della Chiesa e della libertà, ma indifferente ai problemi di chi lavora; mentre il PCI e PSI figurano come nemici della religione, ma sostenitori dei lavoratori. La religione costituisce la filigrana “bianca” che collega gli orientamenti di fondo, è nel nome della religione che la DC viene legittimata come protagonista delle scelte. L’appartenenza alla Chiesa viene ritenuta una premessa sufficiente per attribuire il consenso ad un partito che pure non gode di molta fiducia. La Chiesa rafforza questo aspetto, grazie alla capacità di gestire e riprodurre un sistema di valori e significati incardinato alla vita quotidiana, all’interno della quale è la stessa istituzione ecclesiastica a fornire alla società una peculiare concezione del mondo. Inoltre, la Chiesa produce anche risorse organizzative e beni materiali (assistenza sociale, sostegno economico e organizzazione territoriale), garantendo così, forme di accountability sociale nei confronti dei governanti, attraverso la pressione svolta dal mondo cattolico locale sui parlamentari veneti e l’opera di mediazione svolta dalle parrocchie, compensa il deficit di responsiveness della DC. <48 Adesione o rifiuto della dimensione religiosa comporta anche appartenenza o antagonismo rispetto ai valori e alle logiche dello sviluppo locale. L’alternativa fra DC e PCI non sembra, per i veneti degli anni Cinquanta, porsi come alternativa fra Chiesa e lavoro, ma fra due modelli di sviluppo differenti.
Dimensione religiosa e sviluppo territoriale costituiscono aspetti complementari, dai quali la DC attinge risorse di consenso. L’identificazione con la DC si fonda sull’appartenenza alla comunità cattolica, che si riproduce attraverso il contesto locale e familiare egemonizzato dalla Chiesa. <49 Falliscono infatti, vari tentativi di far nascere un partito cattolico fortemente strutturato; la DC è un classico esempio di partito a “istituzionalizzazione debole” <50, nato per legittimazione esterna, che ebbe come sponsor la Chiesa, e sviluppatosi per diffusione territoriale. L’autentica “istituzione forte” quindi, è la Chiesa, con la propria rete associativa, che organizza la società locale e l’attività delle istituzioni amministrative. Si rafforza così, l’idea fortemente radicata nella cultura politica veneta sin dall’Ottocento, secondo cui chi opera a livello del governo locale non svolge un’attività locale, ma amministrativa, entro un contesto nel quale l’attività dell’ente locale si orienta in larga parte al contenimento di interventi e spese e all’appoggio esterno alla rete organizzativa cattolica, soprattutto alle sue strutture creditizie e assistenziali. <51

[NOTE]35 MESSINA, PATRIZIA, et al. Cultura politica, istituzioni e matrici storiche. Padova University Press, 2014.
36 JORI, FRANCESCO. La storia del Veneto: dalle origini ai nostri giorni. Edizioni Biblioteca dell’Immagine, 2018
37 JORI, FRANCESCO. La storia del Veneto: dalle origini ai nostri giorni. Edizioni Biblioteca dell’Immagine, 2018
38 POMBENI P. (1995), La rappresentanza politica, in R. Romanelli (a cura di), Storia dello Stato italiano dall’Unità a oggi, Donzelli, Roma
39 ALMAGISTI, MARCO. Una democrazia possibile: politica e territorio nell’Italia contemporanea. Carocci, 2016
40 CAMURRI R. (a cura di) (2000), Il comune democratico. Riccardo Dalle Mole e l’esperienza delle giunte bloccarde nel Veneto giolittiano, Marsilio, Venezia
41 PIVA FA. (1977), Lotte contadine e origini del Fascismo. Padova-Venezia, 1919-22, Marsilio, Venezia.
42 RICCAMBONI G. (1992), L’identità esclusa. Comunisti in una subcultura bianca, Liviana, Padova.
43 DIAMANTI I., RICAMBONI G. (1992), La parabola del voto bianco. Elezioni e società in Veneto, 1946-1992, Neri Pozza, Vicenza
44 ROKKAN S. (1970), Citizens, Elections, Parties: Approaches to the Comparative Study of the Process of Development, Universitetsforlaget, Oslo (trad. it. Cittadini, elezioni e partiti, il Mulino, Bologna 1982)
45 ALMAGISTI, MARCO. Una democrazia possibile: politica e territorio nell’Italia contemporanea. Carocci, 2016
46 DIAMANTI I., PACE E. (1987), Tra religione e organizzazione. Il caso delle ACLI: mondo cattolico, società e associazionismo nel Veneto, Liviana, Padova
47 DIAMANTI I. (1986), La filigrana bianca della continuità: senso comune, consenso politico, appartenenza religiosa nel Veneto degli anni ’50, in “Venetica, Rivista di Storia contemporanea”
48 ALMAGISTI, MARCO. Una democrazia possibile: politica e territorio nell’Italia contemporanea. Carocci, 2016
49 TRIGILIA C. (1986), Grandi partiti e piccole imprese. Comunisti e democristiani nelle regioni a economia diffusa, il Mulino, Bologna
50 PANEBIANCO A. (1982), Modelli di partito: organizzazione e potere nei partiti politici, il Mulino, Bologna
51 TRIGILIA C. (1982) La trasformazione delle culture subculture politiche territoriali, in “Inchiesta”
Simone Spirch, Il Veneto lungo: dalla Serenissima ai giorni nostri, Tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, Anno Accademico 2021-2022

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Assimi Goïta, dittatore al potere in Mali, si incolla a vita alla poltrona.


Nel frattempo, alla pari dei suoi colleghi dell’AES, zittisce ed imprigiona le voci dei dissidenti.

bandiera Malibandiera Mali

La recente promulgazione della legge che consente al presidente de facto del Mali, Assimi Goïta, di rimanere al potere fino al 2030, e potenzialmente a vita, rappresenta un cambiamento allarmante ma tutt’altro che inatteso nel panorama politico del Paese. Se qualcuno ancora nutriva una speranza nel ritorno alla democrazia, tale norma la affossa definitivamente a favore dell’ormai consolidata (ma non passivamente accettata da tutti i cittadini) dittatura militare. Mentre i leader militari cercano di consolidare il loro potere, l’ondata di arresti tra i ranghi dell’esercito indica un clima di crescente tensione e dissenso.

Infatti la reclusione dell’ex primo ministro Moussa Mara, figura politica di spicco critica nei confronti della giunta, dimostra come sia ormai pratica frequente la repressione delle voci dissidenti. Ciò avviene in un contesto in cui gli attacchi da parte dei jihadisti del JNIM, legati ad al Qaeda, sono aumentati, con un particolare focus su siti economici strategici. Gli assalti hanno causato ingenti danni materiali, compromettendo gravemente l’economia del Mali e mostrando un cambiamento nella strategia operativa degli estremisti, che ora mirano a colpire infrastrutture vitali. Ad esempio recentemente sono stati colpiti degli zuccherifici: 40 camion incendiati, oltre a gru, trattori ed altri veicoli. Stessa sorte hanno subito anche uffici e attrezzature informatiche. Più di tre tonnellate di scorte di zucchero distrutte. Pare inoltre che l’ormai consolidata presenza dei mercenari di Putin non abbia sortito l’effetto sperato, anzi, sono diventati loro stessi bersaglio degli jihadisti. Lo scorso 1 agosto 2025 JNIM in Mali ha teso un’imboscata vicino alla città di Ténenkou, nella regione di Mopti ai mercenari russi di Africa Corps (ex Wagner), uccidendone molti. Sui canali WhatsApp e poi su X, sono comparsi dei video dell’attacco.

In aggiunta, la situazione si complica ulteriormente con l’emergere di un nuovo pericolo rappresentato dai miliziani jihadisti in Burkina Faso, che sono responsabili di brutali attacchi contro convogli e campi militari.

In quella parte del Sahel, proprio alla fine di luglio, un convoglio, che aveva il compito di portare viveri e combustibile a Gorom-Gorom, si è trovato sotto attacco da parte di miliziani legati a EIGS (lo Stato Islamico nel Grande Sahara). Un certo numero di soldati e di autisti sono stati brutalmente uccisi e vari veicoli dati alle fiamme. I camion viaggiavano con la protezione dell’esercito di Bamako, insieme ai VDP (Volontari per la Difesa della Patria). Nella medesima giornata, si è verificato un assalto a un accampamento militare a Dargo, nella zona centro-settentrionale del Paese. Le conseguenze sono state particolarmente gravi. Fonti locali hanno indicato che sarebbero stati uccisi una cinquantina di soldati burkinabé. Al termine di luglio, sono state prese di mira anche altre basi dell’esercito di Ouagadougou, in differenti villaggi delle regioni Boucle du Mouhoun, nel centro-est e a est del Paese. Anche in questi attacchi, tra le vittime, si sono contati ausiliari dei VDP e civili.

Questi eventi non fanno che intensificare il senso di insicurezza nella regione del Sahel, dove le giunte militari, piuttosto che affrontare la minaccia jihadista in modo efficace, sembrano concentrarsi più sulla preservazione del proprio potere.

Il Niger ha annunciato la creazione di una milizia patriottica in risposta alla crescente violenza, richiamando modelli già utilizzati in Burkina Faso. Tuttavia, è importante notare che tali formazioni paramilitari sono state accusate di violazioni dei diritti umani, complicando ulteriormente la già fragile situazione di sicurezza nella regione. Le giunte militari dell’AES (Alleanza degli Stati del Sahel) si isolano per cercare dil imitare le influenze dell’Occidente, mentre le perdite umane tra le forze armate vengono frequentemente minimizzate o nascoste.

Le preoccupazioni dei familiari dei soldati uccisi o dispersi crescono, accentuando un senso di ansia collettiva e di sfiducia verso le istituzioni governative. In questo scenario complesso, è evidente che il Mali e i suoi vicini si trovano in una fase cruciale, in cui le scelte politiche e strategiche avranno ripercussioni significative sul futuro della stabilità e della sicurezza nella regione del Sahel.

Fonte: africa-express.info


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nel podcast ndn – ‘niente di nuovo’ – a.f.perozzi e d.milleri in dialogo su “scrittura e materia sentimentale”


“Quell’«istantaneo uragano» di cui parla Antonio Porta in una poesia di Yellow è la materia sentimentale su cui discettano i nostri ospiti di oggi: per capire se le emozioni sono la carne della poesia o non piuttosto la sua scoria, il suo annullamento. Ecco, anche noi, da questa cecità vogliamo incominciare”.

Prima parte

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Seconda parte

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Terza parte

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language poetry, francia et alia (da una mail a cristina giorcelli)


Ma in gammm.org c’è più Francia o più Anglia?

Un esempio significativo:
Le modalità elencative o di “prelievi dall’ordinario”, nelle opere di Gherardo Bortolotti, devono forse più al Silliman di Sunset debris che ai francesi, ipotizzo, ma poi Perec è logicamente incancellabile: l’ordinario delle prose o stringhe brevi di Bortolotti è chiaramente anche un infra-ordinario. (E: quattro tracce: è di Bortolotti il saggio La scoperta dell’America, che trattava autori passati totalmente sotto silenzio in Italia. Sempre sua è la traduzione di un fondamentale capitolo di The New Sentence, di Ron Silliman. Senza contare che la raccolta di selected poems di Bernstein uscita per le Edizioni del verri accoglie un importante contributo di traduzione di Bortolotti, così come è co-tradotto da lui un chapbook di Lyn Hejinian. E non nomino tutti i materiali in lingua inglese che grazie a lui sono usciti in italiano su gammm: da Jeff Derksen a Rodrigo Toscano, da Jon Leon a Jules Boykoff, da Bill Allegrezza a Tao Lin e molti altri).

Per me personalmente, Christophe Tarkos tradotto da Michele Zaffarano, insieme a Derksen, Toscano e Leon, hanno avuto la stessa – non indifferente – incidenza. Non posso dire che la lingua francese abbia avuto per me un valore prevalente, all’inizio (diversamente dagli anni post-2006). Così come, sempre per me, tre autrici che ho letto, tradotto e pubblicato e continuo a leggere sono Kathleen Fraser, Kate Greenstreet e Jennifer Scappettone. (Per non parlare di Hejinian, di cui sono tuttavia solo lettore, non traduttore).

Aggiungo una riflessione – daccapo personale: mentre i langpo cronologicamente seguono i Novissimi, che noi gammmi avevamo ben presenti fin da prima di conoscerci, e che quindi ci permettevano di operare nessi credo limpidi; il filo di collegamento tra Tel Quel e autori francesi degli anni Novanta e Zero era ai nostri occhi (ma direi nella realtà) più problematico e frammentato, e quindi intrigante, per due motivi: una pronunciata alterità e distanza dei nuovi autori francesi dal piano metatestuale e da école du régard degli anni Sessanta e Settanta, da una parte, e – dall’altra – quell’idea di nudité intégrale del testo, o désaffublement, e letteralismo, che (mediata da Ponge attraverso Jean-Marie Gleize) cambiava il quadro della Francia per come era (assai mal) noto precedentemente in Italia soprattutto grazie alle meritorissime traduzioni di Giuliani di Pleynet, Roche e Faye.

In Italia in realtà una cospicua influenza francese è stata sempre avvertita e rilanciata semmai sotto forma (per noi meno interessante) di moduli vicino a una linea – diciamo così – Heidsieck-Chopin-Blaine, a cavallo – per gli italiani – tra istanze performative e complessità ‘laborintiche’ (cioè lontanissime dal désaffublement di cui sopra). Si tratta di un versante estremamente attivo nel nostro Paese, direi senza soluzione di continuità, da ormai più di mezzo secolo. (Pensiamo a tre esempi ormai ampiamente storicizzati: Arrigo Lora-Totino, Gianni Toti, Giovanni Fontana).

Diversamente, la testualità francese a cui da vent’anni o un quarto di secolo pensiamo noi di gammm è rispettosa di quel lavoro ma assai più vicina e affine al panorama di quegli autori che nei medesimi anni Duemila in cui scrivevamo noi si affermavano in USA e Canada: K. Silem Mohammad, gli stessi Toscano e Derksen, e poi Sharon Mesmer, Anne Boyer, Kenneth Goldsmith, Craig Dworkin, Gary Sullivan, Katie Degentesh, i già nominati Scappettone e Leon (entrambi pubblicati nella mia collana Felix, della Camera verde) e moltissimi altri, una intera generazione che faceva da trait d’union fra Language Poetry e noi, così come Tarkos, Nathalie Quintane, Charles Pennequin, Danielle Collobert, Éric Houser, Christophe Fiat, Jean-Michel Espitallier, Christophe Marchand-Kiss, e poi Amandine André, Khalid El Morabethi e una schiera di altri ci mettevano in grado di vedere le continuità e le discontinuità del discorso letterario francese tra gli anni Settanta e Novanta-Duemila.

[…]
continua (forse)


#AlfredoGiuliani #AmandineAndré #AnneBoyer #ArrigoLoraTotino #ÉricHouser #BillAllegrezza #CharlesBernstein #CharlesPennequin #ChristopheFiat #ChristopheMarchandKiss #ChristopheTarkos #CraigDworkin #CristinaGiorcelli #DanielleCollobert #Faye #gammm #GarySullivan #GherardoBortolotti #GianniToti #GiovanniFontana #JeanMichelEspitallier #JeffDerksen #JenniferScappettone #JonLeon #JulesBoykoff #KSilemMohammad #KateGreenstreet #KathleenFraser #KatieDegentesh #KennethGoldsmith #KhalidElMorabethi #langpo #languagePoetry #letteraturaAngloamericana #letteraturaFrancese #LynHejinian #MicheleZaffarano #NathalieQuintane #Pleynet #Roche #RonSilliman #scritturaDiRicerca #scrittureDiRicerca #SharonMesmer #TaoLin #theNewSentence

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1000004559, 1000004329 / serse luigetti. 2025


serse luigetti, 2025
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serse luigetti, 2025
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2095 / the flo factory. 2025


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Sullo sgombero del Leoncavallo – Intervista all’Avv. Mazzali e il 6 settembre 2025 Manifestazione a Milano


Una decisione del governo centrale che stravolge ogni iter procedurale

Il 21 agosto 2025, in piena estate, su ordine del Ministero dell’Interno guidato da Piantedosi , viene effettuato lo sgombero del Centro Sociale Leoncavallo a Milano.

E’ una decisione fortemente voluta dal governo centrale, visto che nel lungo iter dello sfratto dello storico spazio milanese dalla sede di Via Watteau il prossimo appuntamento con l’Ufficiale Giudiziario avrebbe dovuto essere ai primi di settembre. Una scelta fatta dal governo Meloni, motivata anche dalla ricerca di consensi, usando lo sgombero del centro sociale più noto d’Italia in chiave di mantenimento delle promesse elettorali di sicurezza, che va analizzata dentro un quadro più generale, quello dell’autoritarismo sotteso al Decreto Sicurezza.

C’era una trattativa in corso con l’amministrazione del capoluogo lombardo e questa è stata bypassata come nulla fosse dalla decisione centrale del governo. Un po’ come Trump con il dispiegamento della Guardia Nazionale a Washington in nome dell’ordine pubblico. Il segnale è chiaro: se i livelli istituzionali locali non sono in linea si esautorano e si procede direttamente dal centro. Anche forzando o ignorando le regole

C’è un aspetto inquietante sullo sgombero che ci pare importante sottolineare.

Era in corso un iter giudiziario, con le dinamiche consuetudinarie affidate agli Ufficiali giudiziari coadiuvati dalle forze dell’ordine. L’iter giudiziario formale è diventato carta straccia, come se non esistessero delle regole da rispettare, un iter da svolgere, delle procedure da seguire. Alla fine, il senso profondo del Decreto Sicurezza è proprio questo: scardinare di fatto funzioni, procedure, norme, che sono peraltro frutto di una lunga storia di avanzamento della difesa dei diritti anche in ambito giuridico. Le regole formali del gioco sono un orpello, possono saltare se e quando serve. Punto e basta.

Per questo e per mille altri motivi è importante essere a Milano alla manifestazione del 6 settembre e noi come Giuristi Democratici ci saremo.

Per capire meglio quello che sta dietro lo sgombero del Leonvacallo abbiamo sentito l’Avvocato Mirko Mazzali, che da sempre segue le vicende giudiziarie legate ai movimenti sociali a Milano.

INTERVISTA ALL’ AVVOCATO MIRKO MAZZALI

  • Vorremmo un tuo commento su un aspetto che riguarda la vicenda dello sgombero del Leoncavallo e cioè il modo con cui si è proceduto. C’era un iter giudiziario che durava da tempo, un ufficiale giudiziario che si sarebbe dovuto presentare i primi di settembre per continuare la procedura di sfratto. Tutto questo sparisce e di colpo in bianco con una decisione centrale del Ministero degli Interni si procede con lo sgombero. Cosa c’è dietro questo che sembra un aspetto solamente formale ma che è invece molto inquietante?

E’ chiaro che è avvenuta quantomeno una anomalia. L’intervento delle forze dell’ordine era stato richiesto, come di solito, per lo sfratto che avrebbe dovuto esserci il 9 settembre prossimo. Va sottolineato che questo era uno sfratto a seguito di una azione civile. Un iter che non c’entra niente con il penale perchè non c’è una denuncia.

A un certo punto viene fatta un’ordinanza del Questore di ispirazione ministeriale, come è stato detto ripetutamente, visto che è da Roma che parte la decisione e viene anticipato lo sgombero. Una cosa mai sentita, molto anomala. Sono un penalista, non mi cimento più di tanto in una cosa che non è la mia materia, ma sicuramente c’è qualcosa che non è avvenuto. L’ordinanza del Questore, che al momento non abbiamo ancora vista, ha autorizzato l’invio delle forze dell’ordine con 200 carabinieri per 0 occupanti. Una cosa come ha detto mi sembra l’attore Claudio Bisio che fa piangere ma fa anche ridere.

Tutto questo per il solito sgombero di ferragosto che sembrava dimenticato a Milano, ma i meno giovani come me si ricordano che 35 anni fa se non erro proprio a metà agosto, il 16, era stato fatto lo sgombero della sede storica del Leoncavallo. Si vede che è una tradizione, come ho scritto, hanno voluto ritornare giovani, hanno voluto ripetere lo sgombero ferragostiano che peraltro è stato compreso da pochi anche dalla parte meno di sinistra della società.

  • Per cui una decisione che ha il valore di forzatura anche giuridica. Al di là del piano tra civile e penale, c’era uno sfratto e questo significa una precisa procedura, frutto peraltro delle lotte che ci sono state per difendere i diritti degli inquilini e di tutte le parti in causa.

È evidente che è stata una dimostrazione di forza muscolare che però dimostra anche debolezza. Non c’era assolutamente nessun bisogno di farlo anticipatamente, ormai la situazione dal punto di vista giudiziario era stabilizzata, tutti sapevano che il 9 settembre 2025 sarebbe dovuto avvenire lo sfratto. Hanno voluto, per cosi dire, mettere una bandierina.

Mi ero preoccupato una ventina di giorni prima quando un gruppo di parlamentari di Fratelli d’Italia era andato da Piantedosi a chiedere lo sgombero del Leoncavallo, evidentemente per cercare di intestarselo e poi dopo è avvenuta questa anomalia, chiamiamola così, per cui nonostante le forze dell’ordine avrebbero dovuto intervenire il 9 settembre sono state fatte intervenire in forza in pieno agosto.

  • Una scelta che ha un valore anche simbolico. Il Leoncavallo è conosciuto in tutta Italia è ovviamente colpire lì serve per rinsaldare il proprio consenso anche elettorale: il nome è conosciuto e può far effetto sull’opinione pubblica.

Devo dire che però inopinatamente per loro la cosa si è rivelata sotto certi aspetti un boomerang, perché ha ricompattato non solo la maggior parte delle aree del movimento ma anche la cosiddetta società civile. Nel senso che il rispetto dei patti, delle regole in tutta Italia ma a Milano particolarmente viene molto tenuto in considerazione. Il fatto di avere violato un patto, di avere violato in qualche misura delle regole è stata una cosa che ha fatto “arrabbiare”, per cosi dire, anche intellettuali, società civile, contesti che si può dire guardassero con simpatia il Leoncavallo ma che se lo sgombero fosse stato fatto regolarmente, per così dire in punta di diritto, in qualche misura si sarebbero “arrabbiati” di meno e questo paradossalmente è stato un errore. Poi è chiaro che a loro non interessava tanto la generica questione dell’opinione pubblica ma mettere, come si diceva prima, una loro precisa bandierina sulla vicenda. Il Leoncavallo è un centro sociale iconico, famoso in tutta in tutta Italia, volevano mettere la bandierina dello sgombero e sono riusciti a sgomberarlo dopo 31 anni. Tutto questo se mi posso permettere anche dal punto di vista giuridico si ricollega alla famosa questione dei tre milioni e mezzo di euro richiesti dallo Stato alle Mamme del Leoncavallo.

  • Ci puoi spiegare un po’ meglio questa vicenda?

Si tratta di un altro aspetto giuridico abbastanza interessante. A un certo punto i Cabassi, proprietari dello stabile di Via Wattheau individuano la strada giusta e fanno causa al Ministero degli Interni dicendo “non avete sgomberato in 31 anni e ci avete causato dei danni.” Fanno una causa civile contro il Ministero degli Interni richiedendo i danni causati perchè non si è fatto lo sgombero per 31 anni. Il giudice di primo grado civile rigetta l’istanza, mentre la Corte d’Appello dice “avete ragione” e condanna il Ministero degli Interni a rivalere 3 milioni e mezzo di euro ai Cabassi. In tutto questo succede che a un certo punto del tutto inopinatamente il Ministero scrive una lettera alla Associazione Mamme del Leoncavallo, all’unica mamma rimasta perchè purtroppo le mamme del Leoncavallo in questi quarant’anni di occupazione sono decedute. Il Ministero le manda una lettera di diffida dove imputano a loro, le mamme, la restituzione di questi 3 milioni e mezzo che loro avrebbero pagato ai Cabassi sostenendo che lo sgombero in questi 31 anni non era stato fatto per colpa delle mamme del Leoncavallo. Onestamente questa cosa è al limite dell’irreale. E’ anche difficilmente dimostrabile. E’ chiaro che non hanno il titolo al momento nei confronti delle mamme del Leoncavallo. Dovrebbero fare un’azione civile per poter dimostrare che in 31 anni lo Stato non è riuscito a sgomberare lo spazio per colpa delle mamme del Leoncavallo. Se non fosse per la preoccupazione che la diffida ha suscitato in chi la ha ricevuta, ci sarebbe da piangere. Questa è un’ulteriore chicca di una situazione che oggettivamente è surreale.

  • Un’ ulteriore questione che è stata strombazzata sui giornali per dire “vedete non solo sgomberiamo ma ci facciamo pure dare i soldi ..”. Sabato prossimo, 6 settembre 2025, ci sarà la manifestazione a Milano, prima di passare a questo c’è un altro aspetto di questa vicenda su cui vorremmo un tuo commento. Tutti sapevamo che c’era in piedi una trattativa a livello locale per lo spostamento in altra sede del Leoncavallo, eppure è come se di fronte ad una decisione assunta dal governo centrale i poteri locali di ogni tipo amministrativi, giuridici etc … non contassero niente. E’ un’altra forzatura?

Sicuramente si tratta di un’altra forzatura. Il sindaco non era stato avvisato di questa operazione tanto che si è molto infuriato anche perché il giorno prima c’era stato il Comitato per l’ordine pubblico e il terrorismo e si sono ben visti dal dire che il giorno dopo ci sarebbe stato lo sgombero. Questo è ancora più grave perché in tutti questi mesi, da quando è arrivata la sentenza, c’era un tavolo aperto fra Comune, Prefettura e Questura dove il Comune si era fatto carico di cercare di trovare una soluzione. Giovedì 28 agosto 2025, da quello che ho letto sui giornali, ci dovrebbe essere la delibera che mette a bando il posto dove dovrebbe andare il Leoncavallo. Dunque sono intervenuti a gamba tesa in un percorso amministrativo che era in corso ormai da tanto.

  • Per tutti gli aspetti di cui abbiamo parlato si può dire che la vicenda dello sgombero del Leoncavallo si inserisca nel clima autoritario del Decreto Sicurezza, volto a scardinare tutte le procedure esistenti in nome del diritto del più forte, del potere centrale che decide cosa fare senza regole?

Il Decreto Sicurezza da un punto di vista ideologico e materiale è l’arma che viene usata per punire delle condotte che non sono assolutamente reati basta pensare alla resistenza passiva, ma tutto questo immagino lo sapete perché stiamo parlando con dei giuristi ma soprattutto è il clima che evidentemente è cambiato. Quando tu fai un decreto sicurezza dove uno degli obiettivi principali è per esempio lo sgombero delle case occupate, dove sembra che prima gli sgomberi non venissero fatti, vuol dire che il clima è fondamentalmente cambiato. L’idea è reprimere tutto ciò che non è conforme, mi verrebbe da dire che in questo senso il Leoncavallo, nonostante non sia più quello di 40 anni fa, non è conforme al modo di pensare e di governare. Questo ha determinato quello che è successo.

La manifestazione di sabato 6 settembre speriamo sia molto partecipata e possa essere una risposta al fatto che tutto questo non è tollerabile. Penso sia importante esserci in piazza il 6 settembre a Milano perché è giusto rivendicare che spazi di cultura non solo non devono essere chiusi ma debbano moltiplicarsi nelle città. La cultura è importante perchè fa vivere bene le persone, combatte la dittatura, la repressione, fa capire alla gente che ci può essere un mondo diverso di quello che stiamo vivendo.

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Io, Eloisa


Spettacolo teatrale con Ancilla Oggioni attrice Elisabetta de Mircovich voce, viella Matteo Zenatti voce, arpa Testi e musiche raccontano l’amore fra Abelardo, illustre maestro e intellettuale, ed Eloisa, sua allieva e nipote di un canonico di Notre-D

Spettacolo teatrale con

Ancilla Oggioni attrice

Elisabetta de Mircovich voce, viella

Matteo Zenatti voce, arpa

Testi e musiche raccontano l’amore fra Abelardo, illustre maestro e intellettuale, ed Eloisa, sua allieva e nipote di un canonico di Notre-Dame: una storia che è entrata in modo indelebile nell’immaginario collettivo. Gli eventi della loro vita sono stati trasmessi ai posteri attraverso l’autobiografia di Abelardo, le lettere dei due amanti e le testimonianze dei contemporanei. Questi testi consentono di leggere la vicenda dal punto di vista di Eloisa, un punto di vista non convenzionale, nel quale l’orgogliosa rivendicazione di scelte e pensieri si rivela in una dimensione più umana e personale rispetto all’intellettualismo di Abelardo. Musiche vocali e strumentali coeve, fra cui alcuni canti composti dallo stesso Abelardo, scandiscono la storia intima di questa grande figura dell’Europa medievale.


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renoize, festival antifascista: a roma, parco schuster, dal 4 al 6 settembre


renoize2025 a parco schuster
𝐃𝐚𝐥 𝟒 𝐚𝐥 𝟔 𝐬𝐞𝐭𝐭𝐞𝐦𝐛𝐫𝐞 𝐑𝐄𝐍𝐎𝐈𝐙𝐄 𝐅𝐞𝐬𝐭𝐢𝐯𝐚𝐥 𝐀𝐧𝐭𝐢𝐟𝐚𝐬𝐜𝐢𝐬𝐭𝐚
Dal 2008, RENOIZE a Parco Schuster è ricordare Renato, realizzando i suoi sogni.
RENOIZE è politica, musica, teatro, laboratori, sport popolare, socialità.
RENOIZE è l’ appuntamento da cui ripartire insieme ogni maledetto settembre, da quella maledetta sera di fine agosto del 2006.
RENOIZE, a ottant’anni dalla Liberazione dell’Italia dal nazifascismo, è spazio di resistenza e costruzione collettiva di un mondo dove semplicemente il fascismo non sia previsto.
RENOIZE è un festival antifascista, gratuito e autogestito, costruito collettivamente grazie all’ impegno, alla generosità e alla passione di chi, anno dopo anno, continua a crederci.
RENOIZE è tutto questo e molto di più!
RENOIZE “Sta nell’immaginazione, nella musica sull’erba, sta nella provocazione, nel lavoro della talpa, nella storia del futuro, nel presente senza storia, nei momenti di ubriachezza, negli istanti di memoria…sta nei sogni dei teppisti e nei giochi dei bambini”

++🔥 𝐈𝐍𝐅𝐎 𝐞 𝐏𝐑𝐎𝐆𝐑𝐀𝐌𝐌𝐀 🔥++

📅 𝐆𝐈𝐎𝐕𝐄𝐃𝐈̀ 𝟒 𝐒𝐄𝐓𝐓𝐄𝐌𝐁𝐑𝐄

🔥 VILLAGGIO DELLE RESISTENZE | 17:00 – 18:30
• Workshop : Cura e autocura collettiva
• Letture per bambinɜ 0–6 anni (a cura di SCOSSE APS)
• Laboratorio La scuola dei sogni (a cura dei doposcuola popolari Mammut e Quarticciolo)

💡 GAZEBO CHE GUEVARA
Ore 17:00 → Laboratorio di sartoria e pittura per grandi e piccolɜ
Ore 18:00 → Presentazione: “Sotto le mura di Gerusalemme” di e con Tano D’Amico

🗣️ AREA DIBATTITI | 18:00
“Dentro e fuori la scuola”
Pratiche di rottura e autonomia nel mondo dell’educazione.

🎭 AREA SPETTACOLI | 19:00 – Il Circo Palacinca
Capitan Palacinca e Il furbo Jok, girando il mondo hanno raccolto straordinarie attrazioni ed appreso incedibili abilità magiche e circensi con le quali propongono un variegato varietà totalmente imprevedibile…

🎵 AREA CONCERTI | dalle 20:30
• Daniele Fabbri
• Lino Musella
• Ascanio Celestini in dialogo con Moni Ovadia
• Acme
• Dimensione Brama
________________________________________

📅 𝐕𝐄𝐍𝐄𝐑𝐃𝐈̀ 𝟓 𝐒𝐄𝐓𝐓𝐄𝐌𝐁𝐑𝐄

🔥 VILLAGGIO DELLE RESISTENZE | 17:00 – 18:30
• Presentazione libro: “Ritorno a Gaza. Scritti di donne italopalestinesi sul genocidio ” (a cura di Mjriam Abu Samra – Ed. Q)
• Laboratorio di cianotipia

💡 GAZEBO CHE GUEVARA
ore 17:00 → Laboratorio di sartoria e pittura per grandi e piccolɜ
ore 18:00 → Laboratorio di iperstizione e scrittura

🗣️ AREA DIBATTITI | 18:00
“Quando il fascismo si fa istituzione: costruiamo reti di resistenza globali”
Una tavola rotonda necessaria e urgente, per orientarsi tra le retoriche di cui fa uso il sistema per mantenere il consenso e su quali linee di sfruttamento e marginalizzazione vengono utilizzate per dividere, frammentare, isolare e impaurire. Costruendo insieme una mappa delle resistenze.

🎭 AREA SPETTACOLI | 19:00 – Circofficina Cabaret
Una kermesse di numeri con artistɜ di ogni sorta e da ogni dove.
Giocolierɜ, Acrobatɜ, Clown, Teatranti, Maghɜ, Musicistɜ, Artistɜ di Strada, collaboreranno per la riuscita di questo Spettacolo.
La Circofficina è uno spazio libero di allenamento, creazione, condivisione d’arte, dal circo alla musica, al teatro, alla danza.

🎵 AREA CONCERTI | dalle 20:30
• Little Big Band “Tra le righe”
• Alessandro Liberini
• Napodano
• Naked Zippo
• Meganoidi
• DJ Set Mr3p
________________________________________

📅 𝐒𝐀𝐁𝐀𝐓𝐎 𝟔 𝐒𝐄𝐓𝐓𝐄𝐌𝐁𝐑𝐄

🔥 VILLAGGIO DELLE RESISTENZE | 17:00 – 18:30
Presentazione libro: “Ho ancora le mani per scrivere. Testimonianze dal genocidio a Gaza” (a cura di Aldo Nicosia – Ed. Q)

💡 GAZEBO CHE GUEVARA | 18:00
Presentazione: “Una pianta ci salverà. Storia virtuosa della canapa” di e con Matteo Mantero

🗣️ AREA DIBATTITI | 18:00 – “Scioperare guerre e genocidio”
Pratiche dentro il nuovo regime di guerra contro colonialismo, riarmo, tagli a reddito e salari.

🍷GAZEBO ENOIZE | Ore 18:30
“Il naso nel bicchiere” – Workshop sull’analisi sensoriale del vino a cura di progetto Enoize.

🎭 AREA SPETTACOLI | 19:00 – “Zio Lupo”
Zio Lupo è un pretesto per raccontare teatralmente insieme ai bambini del pubblico la favola attraverso il coinvolgimento di Lucindina, una dispettosa bambina che pagherà cari i suoi capricci.

🎵 AREA CONCERTI | dalle 20:30
• Sista gaia & Mauro Aniene (orange beat)
• Wild Mint
• Queen of Saba
• HiShine
• DJ Set SailorTrash & Moover
________________________________________

🌿 𝑻𝑼𝑻𝑻𝑰 𝑰 𝑮𝑰𝑶𝑹𝑵𝑰
🔥 VILLAGGIO DELLE RESISTENZE – Laboratori creativi:
🪁 Aquiloni · 🎐 Ventagli · 🧣 Pañuelos · ✂️ Origami · 📦 Cartonati · 🗺️ Caccia al tesoro

🖼️ AREA COMUNE | 17:00 – 01:00
Mostre – Video – Installazioni – Banchetti informativi – Bar – Cucine dal mondo
________________________________________

🚇 C𝐎M𝐄 𝐀R𝐑I𝐕A𝐑E A P𝐀R𝐂O S𝐂H𝐔S𝐓E𝐑

📍 Indirizzo: Piazzale Ostiense, 00154 Roma (di fronte alla Basilica di San Paolo)
🟣 Metro B – Fermata: San Paolo Basilica (3 min a piedi)
🚌 Bus: linee 23, 769, n716, nMB
*

Evento facebook: facebook.com/events/5911353302…

𝑷𝒆𝒓 𝑹𝒆𝒏𝒂𝒕𝒐, 𝒔𝒆𝒎𝒑𝒓𝒆 𝒄𝒐𝒏 𝒍𝒂 𝒔𝒕𝒆𝒔𝒔𝒂 𝒓𝒂𝒃𝒃𝒊𝒂, 𝒔𝒆𝒎𝒑𝒓𝒆 𝒄𝒐𝒏 𝒊𝒎𝒎𝒖𝒕𝒂𝒕𝒐 𝒂𝒎𝒐𝒓𝒆 ❤️🔥

Un Grazie ad @evasa_ per il bellissimo manifesto!
(https://www.instagram.com/evasa___/)

#Acrobatɜ #antifa #antifascismo #art #arte #ArtistɜDiStrada #clown #festival #festivalAntifascista #Gaza #genocidio #giochi #gioco #Giocolierɜ #Liberazione #Maghɜ #MjriamAbuSamra #musica #Musicistɜ #Palestina #renoize #scioperare #Teatranti #VillaggioDelleResistenze #vino #workshop

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Taglio degli alberi all’ex Auchan, il diritto ad una informazione corretta


Si possono citare, in un articolo di giornale, solo alcune frasi di una nota inviata allo stesso giornale per la pubblicazione, ma che non è stata pubblicata? Non si rischia di alterare il senso di quella nota, di cui nessuno conosce il testo integrale, mancando di rispetto non solo alla ‘verità’ ma anche all’autrice della nota stessa, di cui peraltro viene citato il nome?

Tanto più […]

Leggi il resto: argocatania.it/2025/08/27/tagl…

#BoschettoDellaPlaja #CinziaColajanni #ComuneDiCatania #Consulta #LaSicilia #RegolamentoDelVerde #verdePubblico #verdeUrbano

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Apocalypse Garibaldi, elicottero sopra la piazza e sotto un mare di chiacchiere


La Livorno che cambia per chi vuol vedere

Le ridotte dimensioni di Piazza Garibaldi non fanno capire che si tratta del luogo centrale dello scontro politico livornese da oltre quindici anni. Se guardiamo alle polemiche della politica ufficiale vediamo invece come centrodestra e centrosinistra si accusano a vicenda proprio a causa di piazza Garibaldi. Inoltre, guardando la piazza, e i suoi accessi limitati, è difficile pensare che in tre lustri non sia emersa una soluzione a quello che viene indicato come il suo problema centrale: lo spaccio.La novità è che piazza Garibaldi è stata considerata una zona rossa e, di conseguenza, si è materializzato un vero e proprio blitz di polizia diretto dall’elicottero. Certo, l’esiguità della rete smantellata, da 1000 euro di droghe vendute al giorno secondo le stesse fonti di polizia, fa capire che in questi casi conta soprattutto lo spettacolo della legalità ripristinata.

Si tratta comunque del blitz più spettacolare di sempre ma dopo almeno quindici anni di operazioni repressive l’impatto di queste operazioni è conosciuto infatti, anche quando portano ripetuti arresti, queste retate non riescono a ottenere un cambiamento reale. Avviene che un’operazione “smantella” una piazza dello spaccio, ma la cronaca successivamente riporta la necessità di nuove operazioni. Accade da quindici anni, avverrà domani grazie a una sorta di cooperazione sociale tra bianchi nativi e immigrati: i primi alimentano continuamente la domanda di droghe, i secondi ricompongono permanentemente l’offerta di strada nonostante le operazioni di polizia. Come ogni incontro tra domanda e offerta si tratta di un processo sociale che travalica sia gli aspetti repressivi che la retorica delle piccole pratiche socializzanti “contro il degrado”. Si sta parlando di Livorno che è una città con una demografia caratterizzata da una popolazione con una percentuale significativa di over 70, pari al 21,5%, superiore alla media regionale (20,0%) e nazionale (17,8%). Di fronte a questi fenomeni è quindi difficile parlare, al momento, di società civile da mobilitare “contro il degrado” quando alla demografia alta si aggiunge il ruolo del porto come hub della droga, di livello europeo, e le operazioni di polizia e carabinieri indicano Livorno come attraversata da una rete di spaccio che distribuisce diverse tipologie di sostanze suggerendo un mercato locale diversificato e molto attivo. E qui emerge il primo problema, di questo scenario, che però non ha molto a che vedere con l’arresto o meno degli spacciatori: Livorno oggi ha poche energie sociali da mobilitare , specie quelle che fanno la differenza nella gestione da basso di territori complicati. Si profila infatti il panorama di una città invecchiata e scoppiata, attraversata da piccole economie illegali in città e grandi traffici transnazionali al porto, che va analizzata a fondo se si vuol capire il potenziale sociale futuro del territorio.

L’economia di Piazza Garibaldi, come quella di molti quartieri livornesi, si presenta come un campo di forze contrapposte tra le attività economiche formali in declino e l’emergere di un’economia illecita. Sul versante dell’economia legale, le fonti documentano la presenza di chiari indicatori di crisi commerciale e di abbandono. In netto contrasto, l’economia illecita, in particolare lo spaccio di stupefacenti, ha prosperato, sfruttando il vuoto sociale lasciato dal fallimento del commercio lecito. La piazza è diventata una “piazza di spaccio attiva 24 ore su 24”. Questa attività criminale non è un fenomeno casuale, ma si innesta in modo funzionale nell’ambiente degradato, dove la crisi dei fondi commerciali e degli spazi pubblici crea le condizioni per l’insediamento di reti di spaccio. Gli interventi di sicurezza repressivi, e le stesse pratiche di riqualificazione, rischiano fallire completamente se non affrontano la radice economica del problema, ovvero la necessità di riattivare un tessuto sociale, commerciale e produttivo che renda preferibile un uso del territorio alternativo a quello dello spaccio. Insomma una città invecchiata, scoppiata e in declino economico (per chi vuol vedere i dati) ha piazza Garibaldi come icona del proprio malessere che però è diffuso e radicato in modo reticolare su buona parte del territorio.

Di fronte a tutto questo, centrodestra e centrosinistra sanno rispondere con due modi diversi e conflittuali di fare spettacolo. Il centrodestra favorendo i blitz con l’elicottero, per sequestri da mille euro, il centrosinistra con gli spettacolini low-cost di piazza e delle piccole pratiche partecipative sostanzialmente rivenduti, a chi ancora vota, come rigenerazione urbana. Cosa faranno in futuro questi soggetti? Nulla, ripeteranno le accuse reciproche che si lanciano da quindici anni, le stesse pratiche ritenute giuste sempre con risultati nulli mentre il territorio, silenziosamente, cambia di pelle in modo sinistr0.

A chi vuol entrare nel mondo reale conviene suggerire un gioco: simulare le evoluzioni di piazza Garibaldi secondo le regole dello ABM, agent-base-modeling, in grado di far capire come, in un luogo dato, cambiano i comportamenti di spacciatori, abitanti e forze di polizia. Di li’ si riescono a capire le dinamiche di mutazione degli hotspot dello spaccio, di cambiamento degli stili di vita degli abitanti del quartiere (cosa molto più utile di dar retta ai siti che urlano le notizie) e la logica degli interventi delle forze dell’ordine. Ricostruito questo scenario viene testato l’impatto delle politiche possibili sul territorio. Un gioco che è quindi molto utile se si vuol fare politica cercando di cambiare la propria città. Sennò preparatevi ai prossimi quindici anni: saranno come oggi, con maggiore disgregazione sociale, con il centrodestra che vuole l’occupazione militare del territorio e con il centrosinistra che eleva piccole pratiche a chissà quale cambiamento urlando al complotto della destra. Insomma, il vuoto con una quantità trascurabile di politica ufficiale attorno.

Per Codice Rosso, nlp

Questa voce è stata modificata (1 mese fa)

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youtuber impazziti cancellan la roba e l’octopiangiaggio inizia di nuovo!


Ma cos’è ‘sta storia assurda e ricorrente che gli youtuber dal niente (anche se oddio, forse non proprio dal niente a questo punto) prendono e diventano schizoidi, facendo sparire (a volte cancellando, forse altre mettendo il privato, boh) i loro video? E, precisamente, non tutti i video, e nemmeno i video più vecchi, ma in special modo quelli relativamente più nuovi. Si, solo negli youtuber (o forse, negli influencer audiovisivi tutti, ma io consumo solo youtube, perché solo lì c’è roba elaborata) vedo questo comportamento… non nei blogger, non negli sviluppatori open source (quelli fanno di molto peggio); non capisco. 🥴

Ma succede davvero da un giorno all’altro, eh… cos’è, alla sera vanno bene, come sono andati bene per mesi, e alla mattina dopo invece non più? E questa non è solo un’ipotesi, bensì ho la certezza che sia così: con il fatto che uso un aggregatore di feed RSS per tenere le mie iscrizioni di YouTube, se lo youtuber cancella o nasconde i video più recenti, quelli più vecchi (che altrimenti sarebbero oltre il limite di elementi) ecco che risalgono in cima, e io li vedo come se fossero nuovi (anche se in effetti non so perché in FreshRSS appaiano con una data e ora recente, anziché con quella di pubblicazione originale… meglio per me, così mi accorgo delle magagne semplicemente scrollando normalmente). 👹

Sarò io che ho tra le iscrizioni troppi youtuber schizofrenici, o è fisiologico che su circa un migliaio ce ne debba essere almeno qualcuno particolare? La cosa strana è che in genere questo avviene comunque di rado… e invece, temo purtroppo che anche in questo ora ci sia qualcosa sotto, perché ho appena visto questa cosa succedere con ben 2 youtuber a distanza di proprio pochi giorni: 3 giorni fa ho notato che il fu YouTube Fa Cagare ha attuato la rimozione coatta di tutti i video degli ultimi 5-6 anni, e stamattina invece noto che Hiding In My Room pure ha fatto la sua solita pulizia varia (si, in effetti di lui non mi stupisco, ma rimane la goccia che oggi ha fatto traboccare il fritto misto). 😾
Non parliamo nemmeno di come il secondo tizio (…che in foto è a sinistra, e non a destra come dovrebbe essere logico, perché sono purtroppo una frana), tra i tanti video cancellati, abbia lasciato al proprio posto una quantità sospetta di recensioni tutte rigorosamente negative di vari prodotti — e sono abbastanza sicura che di Switch 2 ne avesse parlato bene o almeno neutralmente, ma invece c’è solo un video “VERY disappointing…“, figuriamoci…
Però bah, questa cosa non la gradisco, ‘un mi garba, serve una soluzione definitiva!!! Ovviamente non posso scaricarmi tutti i video di cui normalmente salverei un semplice link (…ci ho provato in passato, e scaricando in 720p VP9/AV1 ho riempito un disco da 320 GB in appena qualche mese)… Però, come dire… si da il caso che io mesi fa avessi trovato per caso un metodo efficace per salvare video di YouTube sull’Internet Archive, a differenza del “salva pagina ora” che non ha mai funzionato, quindi… La soluzione è smettere di usare dei normali segnalibri (nel mio caso, Shiori, non i merdosi del browser) per salvare i video, e invece usare un blog su WordPress.org semplicemente embeddando i video; la magia automatica del web farà il resto, dietro le quinte!!! 😈

#lost #media #youtuber #youtubers


“The Sociopath YouTuber Who Destroyed His Life” — “Lo Youtuber Sociopatico Che Ha Distrutto La Sua Vita” (Hiding In My Room)


youtube.com/watch?v=Z32Y-D5kJT…

Se non avesse un canale da 111mila iscritti (e la miseria!), lo strano algoritmo mi avrebbe probabilmente già fatto scoprire questo #youtuber estremamente pazzo… invece lo scopro con questo bel documentario, che ha saputo tenere bene la mia attenzione. È relativamente poca roba rispetto ad altri fenomeni che negli anni si sono susseguiti (uno in particolare, non credo di dover spiegare chi intendo…), in realtà, ma per certi versi questo ha un’aria un pochino octopilled che mi piace, nonostante i suoi punti più oscuri non abbiano nulla a che vedere con me… quindi alla fin dei conti approvo e consiglio.

Intendo, sono pur sempre una femcel io, quindi non ho mai avuto persone a cui mettere le corna (non che io voglia farlo), e certamente non ho mai sviluppato malattie sessualmente trasmissibili, quindi sullo schifo sociale e biologico c’è un abisso di differenza. E, io non mento neanche tanto quanto lui nelle cose di cui parlo (…non che io ne abbia bisogno, la mia vita è per davvero così tanto tragica come sembra). Tuttavia, al di là di questi aspetti specifici, la #sovracondivisione è proprio il cardine dell’esistenza di questo Daniel proprio come lo è per me (per non parlare degli infiniti problemi relazionali subdoli che abbiamo in comune, questi qui non dovuti a comportamenti tossici ma solo alla nostra orribile natura). A proposito di questo, non mentirò (visto?): mi sembra assurdo che, col mio blog ed ogni cosa, dove dico letteralmente di tutto, robe a tratti pure peggiori di questo qui, ancora non ho un seguito attivo che si conti su più dita di quelle di mani e piedi sommate, mentre gli altri ricevono i documentari… bah!

Dall’altro lato, non so perché, ma ha anche un pochino delle vibe da (quel) tizio giapponese di YouTube; così, come bonus… e in effetti i tratti somatici mi paiono asiatici, e lui era fissato con il Giappone, ma in realtà non è giapponese (pare sia thailandese). Dato tutto questo, ad ogni modo, il canale è finito immediatamente nelle mie iscrizioni, e probabilmente ora sarà il caso di recuperare i vecchi video più interessanti: youtube.com/@HidingInMyRoom198…. Magari, dopo tutte quelle ragazze strane che negli ultimi mesi ho apprezzato, questo ragazzo ancora più strano potrebbe diventare il mio modello maschile, che fino ad ora è mancato… Devo veramente aspirare a diventare così grande in qualche modo, cazzarola.

#HidingInMyRoom #oversharing #sovracondivisione #youtuber


Questa voce è stata modificata (1 mese fa)

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pap #077: la “catena social” e il genocidio


Dalla “social catena” di Leopardi alla “catena social” il passo non è né breve né per forza solo distruttivo. I sistemi e sismi generalisti – sì – rubano dati e vendono i nostri contenuti (lavorati e semilavorati, sempre gratuiti) da circa un ventennio: fb, ig, x, youtube eccetera. Grosso modo anche io ci sono dentro, con l’ossessione della disseminazione di materiali nell’orizzontalità dei (vari) loci, contro la verticalizzazione implicita nell’ideologia egocentrica ed economicista dello “youtuber” (o “influencer”, “podcaster” eccetera).
In mezzo, e insieme, e in legame, in questi ultimi venti e forse trent’anni: la demolizione dello stato sociale (sostituito, anche qui, dallo status sui social – let’s play), della sanità e della scuola pubbliche. E la parallela prassi di smantellamento dei centri sociali.
Bon (malissimo): la parola “sociale”, se cade la “e”, pare proprio vada perdendo più di qualcosa. Ma è completamente vero? Cosa sarebbe stato, dal punto di vista della comunicazione della realtà di morte, il genocidio, senza i social, e senza la rete? Come avrebbero potuto i palestinesi comunicare, registrare in diretta, testimoniare, nelle condizioni oggettive imposte dal colonialismo israeliano? Alcune pezzi di appunti sono qui di séguito, disordinati in Pod al popolo. Podcast irregolare ed ennesimo fail again fail better dell’occidente postremo. Buon ascolto. (A velocità 1.5, magari: per rendere meno intollerabili le mie micro e macropause).

Il link promesso nell’audio, anzi due:
slowforward.net/2025/01/13/usc…
e slowforward.net/2024/11/17/pod…

*
Uno schema – dagli appunti:

*
Alcuni link aggiunti:

separazione generalista vs coordinamento (nel) fediverso:
slowforward.net/2025/03/27/dip…

“questione palestinese”? la “questione” (o, meglio, “in questione”) è israele, non la Palestina:
slowforward.net/2024/12/26/dip…

durante/dopo:
slowforward.net/2024/06/09/dip…

censura:
slowforward.net/?s=censura

gli intellettuali italiani ancora al 27 maggio 2024:
slowforward.net/2024/05/27/dip…

costituire e ampliare reti sociali indipendenti:
slowforward.net/2024/05/27/cos…


#Gaza #genocidio #Palestina #sionismo #social #socialmedia #iof #idf #colonialism #sionisti #israelestatocriminale #bambini #massacri #deportazione #concentramento #famearmadiguerra #instagram #facebook #youtube #x #twitter #mediageneralisti #flusso

#audio #bambini #cantenaSocial #catenaSocial #centriSociali #children #Cisgiordania #colonialism #comunicazione #concentramento #deportazione #disseminazione #facebook #famearmadiguerra #FB #FEDIVERSO #flusso #Gaza #genocide #genocidio #giornalismo #giornalisti #ICC #icj #IDF #IG #influencer #informazione #Instagram #internet #invasion #IOF #israelcriminalstate #israelestatocriminale #israelterroriststate #izrahell #Leopardi #massacri #media #mediageneralisti #Palestina #Palestine #PAP #pap077 #pap077 #pod #podAlPopolo #podalpopolo #podcast #sanitàPubblica #scuolaPubblica #sionismo #sionisti #social #socialCatena #socialGeneralisti #socialMedia #socialmedia #starvingcivilians #starvingpeople #twitter #warcrimes #WestBank #X #youtube #yt #zionism


uscire o non uscire dai social zucki muski trumpi

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shitti shitti quatti quatti, gli oligarchi di cui parla Bernie Sanders si stanno socialmediamente prendendo tutta la torta. allora all’interno della torta medesima sorgono dubbi.

qui dico la mia, o un atomo della mia, con tutti i limiti del soggetto dell’inconscio che sono (verbigerante in un commento qui):

come occorre sostenere #BDS per boicottare #izrahell, così bisogna trovare vari modi per staccare gli sguardi (e i portafogli) dai #socialmedia generalisti. la mia idea è (sempre stata) (soprattutto per quei versanti che – come dice giustamente Terzago – si occupano di linguaggio) quella che Antonio Pavolini descrive nel suo Stiamo sprecando internet a proposito delle zone – diciamo così – ‘virtuose’ della rete.
quindi: diffondere (al limite anche attraverso i social media, perfino generalisti) le frecce direzionali che portano ALTROVE = *direttamente* a quelle zone. (siano esse più o meno temporaneamente autonome).
una di queste zone è #Mastodon. ma finché su Mastodon ci sto solo io e un gruppo di cinque persone, l’acqua scarseggia e la papera non galleggia.
bisogna migrare in massa, cristo santo.
e lasciare che su #facebook resistano e persistano solo ed esclusivamente #link che portano FUORI da facebook. solo ed esclusivamente materiali indigeribili da facebook medesimo.

e bisogna moltiplicare gli spazi autonomi.
non a caso, in varie occasioni e momenti di #esistelaricerca, ho sollecitato (starei per aggiungere: “in modo accorato”) la nascita di più siti, spazi in rete, indipendenti e connessi.
la stessa cosa può succedere anzi già succede da tempo con versanti del #giornalismo indipendente.
che però ha bisogno di noi.
finché ci sarà qualcuno di “noi” che fa cadere la monetina nel bussolotto di Repubblica e del Corsera, hai voglia a parlare di (un pur minimo) #antagonismo in rete.

su #Gaza e sul #genocidio (ampiamente bannato da zucko su fb, meno su #instagram), faccio l’esempio delle decine e decine di immagini, report, link, materiali video e di altro genere che ho caricato su spazi #Mega che poi di volta in volta linko usando *anche* i social media. ma principalmente attraverso #slowforward + uno spazio (da qualche mese da me negletto per mancanza di tempo: ma lo riprenderò) ospitato dalla rete indipendente #noblogs.

poi ognuno può aggiungere proprie iniziative.
la mia idea o impressione, in definitiva, è che su fb si continua sì ad accedere a moltissimi materiali a volte indispensabili, soprattutto relativi all’arte contemporanea (unico motivo per cui mi ero iscritto a fb alle origini, quando ancora il tasto per postare sembrava di gomma), però le cose buone ormai da ANNI bisogna prendersele e spostarle di peso FUORI. dopodiché si può usare fb (finché e SE ha senso) esclusivamente per indirizzare la gente fuori da fb.

oh, magari sbaglio, non so. però fin qui è una #strategia che qualche frutto lo ha portato.

#antagonismo #antagonismoInRete #AntonioPavolini #BDS #ELR #EsisteLaRicerca #esistelaricerca #facebook #FrancescoMariaTerzago #Gaza #genocidio #giornalismo #giornalismoindipendente #Instagram #izrahell #link #Mastodon #Mega #noblogs #slowforward #socialMedia #socialMediaGeneralisti #socialmedia #StiamoSprecandoInternet #Strategia #TAZ #twitter #zoneTemporaneamenteAutonome


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proprio per l'importante apporto dei social nell'informazione è fondamentale difendere internet, la rete dalle grasse untuose mani dei poteri che puntano al controllo di essa limitando la libertà di tutti noi.
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Radio Vaticana verso la fine della guerra



Lo sbarco in Normandia non fu annunciato da Radio Vaticana, impegnata in quegli stessi giorni nelle celebrazioni della liberazione di Roma. Nonostante non si possiedano documenti che attestino se e come siano state date notizie sull’andamento dell’avanzata alleata in Francia – forse per la mancata registrazione da parte del Monitoring Service più che per volontaria omissione da parte del locutore francese – le trasmissioni, a partire dal mese di agosto, erano piano piano ricominciate. Dati più concreti sulla liberazione di Parigi (25 agosto), stando alle fonti a disposizione, vennero trasmessi in spagnolo molto più tardi (17 ottobre) attraverso la diffusione delle parole dell’arcivescovo di Parigi, il cardinal Suhard, sul contributo del clero e dei religiosi al «glorioso» e «gioioso» evento <132. Nel frattempo Padre Mistiaen era tornato a trasmettere i suoi testi di carattere religioso ma con riferimenti impliciti alla contemporaneità. A partire dalla fine di luglio del ’44 confezionò una serie di trasmissioni sull’unità della Chiesa inaugurata con queste parole:
“The Church has its domain the whole of human nature, as was made clear by the Fathers of the Church and in particular by St. Augustine in his comments on the Donatists, who wished to restrict the Church to a small religious organisation, and to local particularism. But the Church stands for cohesion and unity. […] The effort to reconstruct humanity made outside the Church are doomed in advance” <133.
L’unità della Chiesa, che rappresentava l’unità degli uomini in Cristo, era per il locutore francese un elemento essenziale per il ristabilimento della pace nel mondo <134. Sulla base di questo presupposto Mistiaen arrivò anche a parlare dell’unità dei cristiani, senza intendere, almeno stando al regesto della BBC, il ritorno dei dissidenti in seno alla Chiesa cattolica:
‘Every doctrine preaching division, indifference or the superiority of one over the other is fundamentally opposed to the doctrine of the Eucharist. The chief sacramental virtue of the Eucharist must be that of unity of men” ‘<135.
In un’altra trasmissione il gesuita ricordava le imprese della Chiesa nel corso dei secoli per realizzare il Regno di Dio in terra, costituito da nazioni libere e fraterne. Per questo motivo era da deplorarsi il fatto che una delle condizioni fondamentali per la sua costituzione, l’eguaglianza tra gli uomini, fosse venuta meno <136.
Il 18 settembre apparve un primo (sempre stando alle nostre fonti) esplicito riferimento alla ricostruzione in Francia:
“Our faith in Jesus Christ will help us to believe in and work for the future of our earthly Motherland, for all that happens on earth is connected with the life He chose to lead among men. We must not let ourselves be discouraged if the results of our work are not at first what we hoped they would be. What matters is to have faith and to carry on with our task. […] What an inspiration is […] the example […] of those who have worked in silence during these years, to all men who want to work for their countries! We must have faith. This is the command to us from all the dead, whose isolated sacrifice may have seemed futile, but who have given their lives for the sake of faith” <137.
Il fatto che si parli di «madrepatria terrena» potrebbe mettere in dubbio la paternità della trasmissione: Mistiaen era infatti di origine belga. Tuttavia il locutore, si tratti di Mistiaen o meno, mantenne il suo stile, cercando di tenere alto il morale dei francesi che, una volta liberati dall’occupazione tedesca e caduto il regime di Vichy, dovevano ora fare i conti non solo con la fatica della ricostruzione ma anche con un tragico passato recente <138. Una trasmissione del gennaio ’45 toccò in effetti uno dei problemi che la Francia libera dovette affrontare, quello dell’epurazione <139. Il locutore francese raccomandò che fosse il senso di giustizia a guidare la punizione per i criminali e non la logica della vendetta <140. Si calcolano 11.000 esecuzioni di collaborazionisti tra le esecuzioni avvenute prima del 6 giugno e quelle dopo la liberazione, e sembra che la popolazione francese fosse del tutto favorevole a ciò che era percepito come una semplice misura di giustizia per la sicurezza nazionale <141.
A partire dal febbraio 1945 il Monitoring Service della BBC smise di trascrivere i testi francesi. Dopo qualche mese il primo regesto che si incontra è quello del 5 maggio, sulla libertà in relazione alla responsabilità <142. L’ultima trasmissione francese che vale la pena citare non è probabilmente da attribuire a Mistiaen, che non ha mai usato toni accusatori nei confronti del popolo francese come quelli che compaiono in questa occasione:
“Life is completely different from before the war, and we must have a different conception of life. Let us look at England, for example, where the spirit of a whole people has changed. They work and work. […] It is most striking that everybody works in silence, patriotically, instead of chattering, laughing, arguing and shouting. It should teach us a lesson. It is almost embarrassing to recall these conditions when one sees French people engrossed in partisan preoccupations, talking and making extravagant claims for their own particular group, when the necessity for constructive work is so obvious. There must be cooperation, not merely in theory, but in practice. Work for the community must come first” <143.
Non sono chiari i riferimenti del locutore francese, ma è probabile che fosse un commento alle notizie delle divergenze politiche che stavano animando la Francia nel momento in cui si era deciso di organizzare le prime elezioni amministrative.
Per quanto riguarda le trasmissioni verso la Germania, un testo simile a quello di padre Mistiaen sull’unità dei cristiani del 28 agosto 1944 venne letto anche in tedesco all’inizio del ’45. Tra le tre vie per arrivare a Dio, il locutore contava infatti l’unità, dopo la verità e la pietà:
‘ We are all one community, as we are all the children of God. We should live up to the unity of action. This unity of action was expressed by Christ in the basic law of God: “Love thy neighbour as thyself”. Love is based on unity, and in return produces unity. Unity of Christians among themselves is following the way of love. Love is the mark of Christianity. Looking at Christians one should be able to say: “See how they love each other” ‘ <144.
Il tema dell’unità dei cristiani fu sviluppato ulteriormente dal locutore tedesco in una serie di trasmissioni sulle Chiese orientali tenute da professori del Pontificio Istituto Orientale. Delle otto lezioni vale la pena mettere in luce l’ultima, nella quale per la prima volta a Radio Vaticana si faceva menzione delle concessioni fatte da Stalin alla Chiesa ortodossa nel settembre del 1943 <145. Il locutore tedesco, in questo caso il professore, padre gesuita Wilhelm de Vries, non arrivò invece a ipotizzare l’uso strumentale della tolleranza staliniana, come invece è ormai chiaro dalla storiografia più recente <146, ma mise comunque in luce che nonostante la Chiesa ortodossa potesse godere di nuovo di una certa libertà di culto, rimaneva esclusa la possibilità di educare i giovani alla religione cristiana. De Vries si augurava che la situazione si evolvesse nel senso di una pacifica separazione tra Stato e Chiesa e la completa libertà di religione, «resembling the position in the USA».
Risulta difficilmente decifrabile la scelta di trasmettere una serie di otto lezioni sulle Chiese orientali, seguita subito dopo da un’altra serie di tre trasmissioni sui pensatori orientali e Cristo, inaugurata il 28 marzo. I loro contenuti, senza poterne dare ampio conto in questa sede, non erano quasi mai polemici, soprattutto grazie al fatto che erano affidate ad addetti ai lavori, ovvero ai professori del Pontificio Istituto Orientale.
Con l’avvicinarsi della fine della guerra e il noto timore della Chiesa cattolica per il dilagare del comunismo in Europa, ci si sarebbero forse aspettati testi dai toni più controversisti. Dalle fonti a disposizione possiamo soltanto dire che la scelta di trasmettere queste serie, al di là dei contenuti, fu quasi obbligata, per sopperire alla mancanza di materiale proveniente dalla Chiesa tedesca. Il 26 gennaio infatti, il locutore annunciò che non era più in grado di ricevere notizie di prima mano sull’attività religiosa della Chiesa nel Reich e che da diciotto mesi non veniva edita una lettera pastorale collettiva dell’episcopato tedesco <147. Dal silenzio dei mesi dell’occupazione di Roma Radio Vaticana sembrava essersi ripresa, ma stava ancora in trepida attesa della fine del conflitto.
Intanto Pio XII, con la sempre più probabile vittoria degli Alleati, nel suo radiomessaggio natalizio del 1944 aveva cominciato a parlare di democrazia <148. In un ormai noto passaggio del suo discorso il papa spiegava quali dovevano essere i presupposti di una «vera e sana democrazia, confacente alle circostanze dell’ora presente» <149. Radio Vaticana lo commentò in alcune trasmissioni. In tedesco, per esempio, il locutore contraddiceva quei giornali che avevano dato a Pio XII l’appellativo di «papa democratico» <150. Anche in spagnolo la spiegazione delle parole del pontefice era tesa a sottolineare i limiti entro i quali la democrazia fosse accettabile <151. Il discorso di Pacelli era il frutto di un anno e mezzo di prudente attesa rispetto alle incognite del futuro. In realtà, senza che naturalmente Radio Vaticana avesse potuto darne notizia, i fermenti in vista della costituzione di un partito cattolico o comunque della partecipazione attiva dei cattolici alla politica del dopoguerra in Italia erano cominciati a partire dal luglio del ’43 con il gruppo che si riunì attorno a De Gasperi <152.
Il 7 maggio i microfoni di Radio Vaticana poterono finalmente pronunciare parole di gioia per la fine della guerra. In inglese il ringraziamento era rivolto alla «Immaculate Queen of Peace», perché la pace era stata siglata nel corso del mese a lei dedicato <153. In italiano l’attenzione era rivolta ai festeggiamenti nella capitale dove sirene e campane erano state suonate per diffondere la notizia <154. Anche in questo caso il locutore cercò di mettere in luce alcune coincidenze: la firma della resa dei tedeschi a Caserta il 29 aprile, Santa Caterina patrona d’Italia, mentre l’armistizio europeo cadeva nel giorno della festa della Madonna di Pompei. Maggiormente riflessivo, come del resto era sempre stato per tutta la durata della guerra, il messaggio del locutore francese:
“For six years we have been encircled in a ring of iron; nations have seen their roads trodden by refugees, deportees, prisoners, and requisitioned people. And yet hope prevailed. Today, at last, our hearts are filled with joy; but let this joy not be vulgar and superficial – let it be respectful and dignified, in memory of so much suffering. Let us remember that many of our dear ones are in Heaven, and let their memory hover over our joy. They died, loyal to their duty, to prese rve liberty. Let us cherish them in our hearts” <155.
L’esultanza per la fine della guerra non poteva cancellare i costi che l’umanità tutta aveva dovuto pagare.

[NOTE]132 Daily Digest of Foreign Broadcasts, Vatican City, in spagnolo, 17 ottobre 1944, ore 21.00.
133 Daily Digest of Foreign Broadcasts, Vatican City, in francese, 24 luglio 1944, ore 21.00.
134 Daily Digest of Foreign Broadcasts, Vatican City, in francese, 17 agosto 1944, ore 21.00.
135 Daily Digest of Foreign Broadcasts, Vatican City, in francese, 28 agosto 1944, ore 21.00.
136 Daily Digest of Foreign Broadcasts, Vatican City, in francese, 12 agosto 1944, ore 21.00.
137 Daily Digest of Foreign Broadcasts, Vatican City, in francese, 19 settembre 1944, ore 20.00.
138 Vale la pena ricordare, anche se non verrà approfondito in questa sede perché naturalmente Radio Vaticana non ne fece cenno, il mito del popolo resistente che il generale de Gaulle, dal primo istante in cui mise piede in Francia, il 7 giugno 1944, cercò di costruire. Si vedano le pagine dedicate a questo aspetto da H. Rousso, Le syndrome de Vichy de 1944 à nos jours, Editions de Seuil, Paris 1990 (prima ed. 1987), p. 30 seg. Per una sintesi degli avvenimenti politici tra la liberazione della Francia e la fine della guerra si vedano i contributi di Ph. Buton, La France atomisée, in La France des années noires, vol. II, De l’Occupation à la Libération, sous la direction de J.-P. Azéma et de F. Bédarida, Editions de Seuil, Paris 1993, pp. 377-404; Id., L’État restauré, ivi, pp. 405-428.
139 Per una sintesi della questione si veda ivi, pp. 422-425 e la bibliografia citata.
140 Daily Digest of Foreign Broadcasts, Vatican City, in francese, 29 gennaio 1945, ore 20.00.
141 Ph. Buton, L’État restauré, cit., p. 424.
142 Daily Digest of Foreign Broadcasts, Vatican City, in francese, 5 maggio 1945, ore 20.00.
143 Daily Digest of Foreign Broadcasts, Vatican City, in francese, 17 maggio 1945, ore 20.00.
144 Daily Digest of Foreign Broadcasts, Vatican City, in tedesco, 10 gennaio 1945, ore 20.45.
145 L’8 settembre si riunì a Mosca il concilio dei vescovi della Chiesa ortodossa; Sergij venne eletto patriarca e cominciarono a venir concessi spazi di legalità per l’attività religiosa. Su questo si veda A. Roccucci, Stalin e il patriarca. Chiesa ortodossa e potere sovietico 1917-1958, Einaudi, Torino 2011, p. 173 seg.
146 Ivi, p. 251 seg.
147 Daily Digest of Foreign Broadcasts, Vatican City, in tedesco, 26 gennaio 1945, ore 20.45.
148 Il radiomessaggio natalizio ai popoli del mondo intero, in Discorsi e radiomessaggi, cit., vol. VI (2 marzo 1944-1 marzo 1945), pp. 235-251.
149 Ivi, pp. 236-243.
150 Daily Digest of Foreign Broadcasts, Vatican City, in tedesco, 30 dicembre 1944, ore 20.45.
151 Daily Digest of Foreign Broadcasts, Vatican City, in spagnolo, 11 gennaio 1945, ore 21.00.
152 Per una panoramica e per ragguagli bibliografici si veda G. Vecchio, Guerra e Resistenza, in Cristiani d’Italia, cit., http://www.treccani.it/enciclopedia/guerra-eresistenza_(Cristiani_d’Italia)/. Ultimo accesso 25/01/2016; per una ricostruzione del clima politico sotterraneo si veda R. Moro, I cattolici italiani di fronte alla guerra fascista, cit., p. 88 seg. e bibliografia citata; per un esame più specifico si veda J.-D. Durand, L’Église catholique dans la crise de l’Italie, cit., p. 70 seg.; tra i tanti contributi sulla nascita della Democrazia Cristiana si veda almeno G. Galli, Storia della Democrazia Cristiana, Laterza, Bari 1978.
153 Daily Digest of Foreign Broadcasts, Vatican City, in inglese, 7 maggio 1945, ore 20.15.
154 Daily Digest of Foreign Broadcasts, Vatican City, in italiano, 7 maggio 1945, ore 20.30.
155 Daily Digest of Foreign Broadcasts, Vatican City, in francese, 7 maggio 1945, ore 21.00.
Raffaella Perin, Radio Vaticana tra apostolato, propaganda e diplomazia: dalla fondazione alla fine della Seconda guerra mondiale (1931-1945), Tesi, Scuola Normale Superiore, Pisa – École Pratique des Hautes Études, Paris, Anno Accademico 2015-2016

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Il cielo in tasca: le migliori app per osservare le stelle

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Trasformare il telefono in un vero planetario tascabile: da Stellarium Mobile a SkySafari, ecco panoramica utile per chi vuole imparare, insegnare o semplicemente emozionarsi sotto il cielo notturno.

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oggi, 27 agosto, a trieste: presentazione di “non fossi mai nato”, di ugo pierri


oggi, mercoledì 27 agosto 2025, ore 18:30

Ex lavatoio di San Giacomo
via San Giacomo in Monte 9, Trieste

Gianluca Paciucci
presenterà il libro di Ugo Pierri

NON FOSSI MAI NATO


ugo pierri_ non fossi mai nato_ 2025
cliccare per ingrandire

non mancheranno i Bachibaflax nè Andrea Neami

#art #arte #UgoPierri #up

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oggi, 27 agosto, nel podcast ‘niente di nuovo’: dialogo tra dimitri milleri e antonio francesco perozzi su “scrittura e materia sentimentale”


open.spotify.com/show/4iIZ0Vbc…

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disegni picrossici con miku, fuori dal telefono escono sorprese (asset rip giochino Mikulogi)


Prima (cioè, l’altro ieri, ormai si sa come va la roba qui) ho voluto estrarre gli asset da un giochino che ho sul telefono (forse il più gustoso che ho lì, a dire il vero), Hatsune Miku Logic Paint… cioè la fusione delle mie due più grandi passioni — almeno, dopo il rotting, l’avere segreti, ed un’altra che non dirò. Difatti, il Picross con Miku è alquanto sfizioso, ma prenderne i file per altri usi lo è ancora di più, e nel farlo si scoprono svariate cose. 🤗

Innanzitutto, il gioco è fatto in Unity; chi mai lo avrebbe potuto immaginare? È buono però, perché è bastato dare in pasto ad AssetRipper la cartella estratta dall’APK per ottenere tutti i bei PNG, la musica, e… tutte le griglie dei puzzle in formato TXT (con 0 per indicare caselle vuote, 1 quelle piene, e virgole per fare da padding), evviva!!! (Oltre ad altri metadati in CSV, come i nomi dei puzzle e stringhe varie.) Questi torneranno sicuramente utili per fare una cosa che per motivi octosi non voglio spoilerare (e che per motivi legali non potrei fare, ma dalle cose octose non deriva mai lucro, quindi me ne sbatto il mikuleek). 🤪

Poi, però, ho visto una cosa meno divertente… tutti, e dico tutti, gli asset grafici, proprio gli elementi UI, sono rovinati dalla compressione, almeno in qualche misura! Ci sono ovunque piccoli artefatti di compressione che, a dire il vero, giocando sul telefono non si notano, ma che sono così evidenti anche solo ficcando il naso tra i file, senza zommare chissà quanto per alcuni, che sono pronta a scommettere che giocando sul mio tablet da 10 pollici li vedrei. (Attenzione, sono pronta a scommettere ma non a provare, mi secco ampiamente.) La cosa bella è che sono tutti PNG, non JPEG o WEBP o VFFNCL, quindi… a meno che non sia AssetRipper ad averli forzati in PNG, chi ha lavorato al gioco non è proprio del mestiere. Persino in una manciata di file che nel nome hanno “Uncompressed” (come questo) trovo artefatti, anche se non di tipo JPEG classico. 😪
I vari asset estratti, mostrate su Pignio la cartella root e quella Texture2D, mostrata zoomata l'immagine di sfondo della schermata del titolo; evidenziati con freccette rosse gli artefatti nelle varie immagini visibili. La cartella degli asset estratti, tolta molta monnezza, è circa 200 MB.
Insomma, lo hanno fatto un pochino sciatto questo coso… e a dire il vero forse torna tutto, vedendo le altre sviste di design che ci sono, come la musica che si ripete ad appena qualche secondo, cosa che da alquanto sui nervi, o che completando i picross si sbloccano delle immaginine dei vocaloid (con nessun tasto per condividere o boh, impostare come sfondo) anch’esse molto compresse (e per queste si, lo si nota anche dal telefono). Lato codice francamente penso sia ben fatto, perché bug non ne ho trovati e la UX è ben rifinita… anche se una svista pure lì c’è, e cioè che lo stato in corso di un livello non è salvato se non premendo indietro; in altre parole, se blocco lo schermo del telefono per qualche minuto, e quindi la MIUI di merda uccide la app, quando vado per continuare devo puntualmente ricominciare da capo, perché ho scordato di chiudere per bene. 😶

Boh, veramente boh, però comunque è un giochino okei. Ha 25 puzzle 5×5, 25 10×10, 100 15×15, e 4 compositi di 25 puzzle 25×25, quindi per chi ha 2,79€ in punti premio Google da spendere (“oggi offre Alphabet“) consiglio di provarlo… altrimenti, per i pirati c’è l’APK… o, ancora altrimenti, per gli octosi c’è—NO SPOILER! (E per chi vuole semplicemente frugare tra gli asset, come si nota in foto li ho caricati su Pignio, su pignio.octt.eu.org/item/mikulo…… e si, dovrei sia aggiungere un tasto per scaricare un’intera cartella come ZIP, che in generale migliorare la vista delle cartelle supportando le sottocartelle, ma per ora godetevi il miscuglio disordinato e pace.) 👾

#assets #game #HatsuneMikuLogicPaint #MikuLogi #mobile #picross #puzzle

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Treno Merci con TRAXX E494 MIR in transito a Bolgheri (26/05/2024)


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pod al popolo, #076: satyricon, xxxiv


Un frammento da Petronio. Su Pod al popolo. Podcast irregolare ed ennesimo fail again fail better dell’occidente postremo. Buon ascolto

(La traduzione letta è quella per Einaudi, a cura di Vincenzo Ciaffi)

fonte: Universitätsbibliothek Heidelberg, Cod. Pal. germ. 438, 1455–58
#audio #PAP #pap076 #pap076 #Petronio #podAlPopolo #podcast #Satyricon

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‘autografo’ n. 73: “le scritture imprevedibili di alfredo giuliani”


È uscito un nuovo numero di “Autografo” dedicato ad Alfredo Giuliani e curato da Federico Francucci e Federico Milone.

«M’è sempre successo di spostarmi, in tutti questi anni, da una forma di poesia a un’altra» – ha detto una volta Giuliani – «probabilmente non per seguire una poetica, ma per carattere, per impulso di carattere. Non riuscirei mai a scrivere un intero libro di sonetti o un poema epico. Le variazioni della stessa forma, dello stesso tema, mi stancano e anzi in certi casi mi annoiano veramente a morte». Questo fascicolo di “Autografo” è un tentativo a più voci di mappatura delle attività molteplici dell’autore, nel suo zigzagare tra letteratura, teatro, radiofonia, collaborazioni con artisti visivi, traduzione, critica e saggistica. Con saggi e contributi di Luigi Ballerini, Emiliano Ceresi, Andrea Cristiani, Federico Francucci, Sara Gregori, Caterina Miracle Bragantini, Giovanna Lo Monaco, Samuele Maffei, Giacomo Micheletti, Federico Milone, Noemi Nagy, Ugo Perolino, Chiara Portesine, Luca Stefanelli.

Interlinea, 2025

interlinea.com/scheda-fascicol…

#AlfredoGiuliani #AndreaCristiani #CaterinaMiracleBragantini #ChiaraPortesine #EmilianoCeresi #FedericoFrancucci #FedericoMilone #GiacomoMicheletti #GiovannaLoMonaco #Interlinea #letteratura #LucaStefanelli #LuigiBallerini #materialiVerbovisivi #NoemiNagy #poesie #radio #SamueleMaffei #SaraGregori #scritturaDiRicerca #scritturaSperimentale #scrittureDiRicerca #scrittureSperimentali #teatro #UgoPerolino

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Questa è la mia terra. Emigrare non è l’unica chance


Mezzo milione di persone hanno lasciato la Sicilia tra il 2001 e il 2021, più della metà aveva tra i 18 e i 35 anni. Un esodo giovanile che non si ferma e che impoverisce la regione privandola di importanti risorse umane che potrebbero contribuire al suo sviluppo. Ci sono, però, anche dei giovani che decidono di non andar via.

Della scelta deliberata di rimanere, che ha preso il nome di […]

Leggi il resto: argocatania.it/2025/08/26/ques…

#emigrazioneGiovanile #festival #Restanza #Sicilia

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AstroCampania con l’Osservatorio Astronomico Salvatore di Giacomo e il comune di Agerola organizzano:

La notte della Luna Rossa, Eclissi totale di Luna – 7 settembre 2025 , nell’ambito del Festival dell’Alta Costiera Amalfitana.

Una serata pubblica indimenticabile sotto il cielo stellato, per vivere insieme lo spettacolo dell’Eclissi Totale di Luna nel Piazzale del Parco della Colonia Montana ( nelle vicinanze dell’Osservatorio Astronomico Salvatore Di Giacomo ) a S.Lazzaro di Agerola (Na). […]

oasdg.astrocampania.it/2025/08…

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L’utopia, la fabbrica e le nuvole come isole


Recensione del romanzo “Qualche volta le nuvole sembrano isole” (2025) di Nicola Polizzi

Per Aristofane (come leggiamo nella sua celebre commedia intitolata Le nuvole, del 423 a.C.) le nuvole rappresentavano le nuove correnti del pensiero filosofico, ritenuto per lo più vacuo e inconsistente; per De André, nel suo album che si intitola sempre Le nuvole (ma che poco ha in comune con la commedia aristofanea), del 1990, esse simboleggiano invece “i potenti della finanza, della politica e dell’industria, gli intellettuali di regime, i boss dello Stato-mafia, tutti quei personaggi ingombranti che impediscono al popolo di vedere la luce del sole, cioè la verità!” (Amico fragile. Fabrizio De André si racconta a Cesare G. Romana, Sperling e Kupfer, 1991, pp. 146-147). L’immagine delle nuvole che incontriamo nel recente bel romanzo di Nicola Polizzi, Qualche volta le nuvole sembrano isole, edito da Readaction, si avvicina assai di più a quella espressa da Pasolini nel suo cortometraggio Che cosa sono le nuvole? (1967), nel quale rappresentano – come afferma il personaggio di Totò-Iago – la “straziante, meravigliosa bellezza del creato”.

Una bellezza che assume indubbie connotazioni utopistiche e da sogno, da fantasticheria che avvolge il personaggio di Elisa di uno schiacciante desiderio di andarsene e di fuggire lontano. L’azione narrativa si svolge a Marilia, una cittadina toscana fittizia sviluppatasi attorno alla SIDMAR, un’acciaieria che, “al tempo del suo massimo splendore” – come leggiamo nel romanzo, “riforniva mezzo mondo”. Una fabbrica che, come è successo da molte parti in Italia, è decaduta ed è stata ridimensionata a causa della delocalizzazione industriale lasciando – come scrive Polizzi – “disoccupazione e miseria”. Certo, nel libro vi è probabilmente un riferimento alle acciaierie di Piombino che hanno subito la stessa sorte della fittizia SIDMAR (e allora si può leggere Acciaio – 2010 – di Silvia Avallone ma anche il bello e terribile Amianto. Una storia operaia, del 2014, primo volume di una trilogia working class di Alberto Prunetti), una fabbrica siderurgica – come ci racconta l’autore – attorno alla quale si era sviluppato un processo di urbanizzazione che “aveva finito per cementificare quasi tutto il verde delle colline in modo selvaggio, creando un quartiere di casermoni di edilizia popolare che qualche assessore all’urbanistica dotato di humor inglese aveva chiamato Le Serre” (p. 31).

Elisa è un’adolescente che vive a Marilia assieme alla madre Marta (il padre Ugo, operaio delle acciaierie, è morto da diverso tempo a causa di un incidente sul lavoro, una piaga terribile che attanaglia anche la realtà), in uno spazio ‘disumanizzato’ fatto di edifici di cemento di periferia che, in una sorta di scenario distopico, hanno devastato gli spazi naturali delle colline (vengono in mente allora le colline che circondano una devastata Genova del futuro, deturpate da altissimi palazzi, raccontate da Paolo Zanotti in Bambini bonsai, 2010). In questo scenario gli individui si muovono come automi ‘zombificati’, come reliquie di una società del lavoro decaduta e imbarbarita, quando quello stesso lavoro in nome del quale sono stati realizzati quegli scempi paesaggistici, improvvisamente, viene a mancare. Restano solo disoccupazione e miseria, come bene sottolinea l’autore, e persone ridotte a non-persone, perdute in storie di solitudine e di emarginazione, come la stessa Marta, come l’ex detenuto Roberto, come il poliziotto Antonio o il giovane ‘bullo’ Jacopo. A questa spazialità disumanizzante, a questo universo “a una dimensione” (per utilizzare un’espressione di Herbert Marcuse) si contrappone l’immagine dell’isola che potrebbe apparire all’orizzonte che, come già notato, assume connotazioni utopistiche.

Non si tratta però di un’isola reale ma di una massa indistinta di nuvole che sta spuntando all’orizzonte e che assume la forma di una specie di immaginifica Atlantide: “Elisa contemplava il mare. Stava arrivando una perturbazione dalla Corsica e delle nuvole nere spuntavano all’orizzonte. Per un attimo le dettero l’impressione che un’isola emergesse davanti a Marilia da chissà quali abissi. Sorrise sognante” (p. 62). Davanti a Marilia, all’incasellamento imprigionante di palazzoni di periferia, sta emergendo l’isola del sogno e dell’utopia, della possibilità di una via di fuga, di una vita diversa; ed è soprattutto il personaggio di Elisa a saper cogliere i segnali di una intravista possibilità di cambiamento che fa capolino all’orizzonte. D’altra parte, l’immagine dell’isola, fin dalla letteratura antica, ha sempre assunto connotazioni fantastiche e utopistiche, dall’Odissea e dai romanzi greci fino ai Viaggi di Gulliver di Jonathan Swift e al Robinson Crusoe di Defoe. Come scrive Thierry Paquot, nella letteratura del Cinquecento e del Seicento l’utopia è sempre stata considerata una specie di Paese di Cuccagna, dove si vive allegramente e in ozio, da Rabelais alla Tempesta di Shakespeare. Appare però una diversa concezione nella celebre opera di Thomas More, L’utopia (1516), in cui “il lavoro è obbligatorio e l’ozio è considerato come parassitario” (T. Paquot, L’utopia ovvero un ideale equivoco, Mimesis, Milano, 2002, p. 27). Dalla società basata sul lavoro dell’utopia di More al falansterio (una struttura autosufficiente dove gli individui vivono e lavorano) di Charles Fourier, agli inizi del XIX secolo, come ribadisce Paquot, poi, il passo è breve; ed è breve anche il passaggio ai grandi complessi industriali della seconda metà del Novecento che fanno nascere attorno a sé tanti quartieri-dormitorio periferici come quello che ci racconta Polizzi: la vita delle persone, anche nel tempo libero, deve essere inesorabilmente scandita dal lavoro il cui nucleo – la fabbrica – diviene un po’ il centro pulsante del quartiere.

Ma quando questo nucleo decade e va in rovina, sottoposto alle inesorabili leggi del cambiamento delle strutture lavorative e sociali operato dal capitalismo, allora restano vuoti scheletri e simulacri: edifici industriali dismessi, mostri metallici abbandonati che si ergono come fantasmi nella campagna devastata (nella realtà basta prendere il treno locale da Campiglia Marittima a Piombino Porto per rendersene conto), edifici periferici un tempo destinati agli operai ormai in stato di abbandono, vuoti spettri di cemento che ruotano attorno a degradazione e miseria. La Marilia del romanzo è una piccola cittadina, vicina a Siena e a Grosseto (ci viene da pensare allora ai tratti di costa industrializzati e degradati fra Toscana e Lazio che vediamo nel bel lungometraggio La chimera di Alice Rohrwacher, ambientato negli anni Ottanta) ma potrebbe far venire in mente i quartieri periferici delle grandi città, sorti intorno a importanti poli industriali, poi abbandonati al degrado e alla malavita. Gli abitanti, vittime della crudele società basata sul capitale che sempre cerca nuovi approvvigionamenti e nuove vie di sopravvivenza sulla pelle delle persone, si muovono come zombie nella ripetitiva routine di una vita sempre uguale a sé stessa. Ma alcuni personaggi del romanzo, e soprattutto la giovane Elisa (lo ribadiamo, ma non vogliamo dire di più per non rovinare ai lettori il piacere della scoperta) sapranno salvarsi, scoprire un’utopia che non sarà soltanto tale, un territorio all’orizzonte che non sarà fatto solo di nuvole.

La bella scrittura di Polizzi, già rodata dalla sua opera prima Sradicati, apre diverse finestre narrative su uno spaccato sociale contemporaneo: ogni capitolo, infatti, in una sorta di montaggio alternato, segue diverse vicende e diversi personaggi in una trama che sapientemente li intreccia e li fa convergere verso il finale. L’isola sognata fatta di nuvole e il quartiere operaio frutto di una devastante utopia postmoderna poi decaduta sapranno probabilmente intrecciarsi e la prima, allora, potrà forse permettere il dischiudersi di nuove possibilità di una vita diversa, più libera e più umana.

gvs

Nicola Polizzi, Qualche volta le nuvole sembrano isole, Readaction, Roma, 2025, pp. 254, euro 22,00

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