Il successo di ITADINFO: quando la passione e le persone fanno la differenza
È appena finito ITADINFO, il convegno italiano sulla didattica dell'informatica nella scuola, che ha avuto a Bari la sua prima edizione. Ne scrivo a caldo, prima che la memoria di questi tre giorni inizi ad essere ricoperta dai nuovi impegni.
Quando con i colleghi del Laboratorio Informatica e Scuola, che raccoglie chi svolge attività di ricerca in questo ambito, avevamo discusso negli anni passati l'idea di avviare iniziative dedicate in modo specifico agli insegnanti, avvertivamo in qualche modo la loro importanza ma non sapevamo ancora quale avrebbe potuto essere la risposta da parte dei docenti. Insomma, di mestiere facciamo i ricercatori e i didatti, mentre far partire un convegno nazionale è un'attività più imprenditoriale, non esattamente nelle corde di un accademico. Teniamo presente che qui non stiamo parlando di sicurezza informatica o intelligenza artificiale, per le quali ci sono (giustamente) un'estrema attenzione e una grandissima disponibilità di risorse da parte di enti e istituzioni.
Qui si tratta di scuola, settore di cui spesso molti si riempiono la bocca, ma che ha purtroppo conosciuto dagli anni '80 ad ora un continuo definanziamento e degradazione del ruolo sociale, spingendo al contempo per una sua trasformazione da servizio essenziale di formazione di cittadini dotati di conoscenze e pensiero critico a fabbrica che deve sfornare in modo sempre più efficiente "prodotti" pronti ad essere consumati dal mercato. Atteggiamento suicida per una società che, nel secondo dopoguerra, grazie anche alla scuola di quel periodo che non faceva sconti a nessuno, era riuscita nel 1987 a diventare, da Paese semidistrutto da una guerra mondiale che aveva perso, la quinta potenza economica al mondo. Per un’analisi di questa tendenza e delle sue nefaste conseguenze segnalo, ex multis, "Il danno scolastico", il bel volume di Mastrocola e Ricolfi dal significativo sottotitolo “La scuola progressista come macchina della disuguaglianza”.
Poi, un paio di iniziative pilota (nel 2020 e nel 2022, ottimamente organizzate dai colleghi dell'Università di Milano Statale) ci avevano confortato e, alla fine, anche con l'incoraggiamento degli organi direttivi del CINI, il Consorzio Interuniversitario Nazionale per l'Informatica di cui il Laboratorio è uno dei bracci operativi, ci siamo lanciati nell'organizzazione.
Abbiamo trovato sponsor che hanno avuto fiducia in noi, mettendo a disposizione quelle risorse economiche senza le quali solo in fantasiosi resoconti giornalistici si riescono a organizzare iniziative serie, e che ritengo quindi doveroso ricordare in segno di ringraziamento. Gli sponsor espositori: Axios Italia, Edizioni Themis, PLD Artech; e gli sponsor: SeeWeb e KnowK. Il Magazine che ospita questo mio articolo ci ha dato una mano sulla diffusione mediatica. Avevamo scelto Bari, come sede di questo primo convegno, anche perché è stato uno dei primi atenei ad attivare in Italia corsi di laurea in informatica (che a quel tempo si chiamava "scienze dell'informazione") e la Puglia è tuttora una delle regioni in cui la comunità dei docenti scolastici interessati dall’informatica è più numerosa e attiva. Città e Regione ci hanno dato subito il patrocinio. L’eccellente lavoro del comitato organizzatore locale, "le magnifiche tre" colleghe del Dipartimento di Informatica (Veronica Rossano, Enrica Gentile e Paola Plantamura), ci ha portato in una sede che è un capolavoro dell’architettura razionalista degli anni ’30 (date un’occhiata a storia e foto) e ha preparato un programma sociale coi fiocchi.
Le nostre aspettative hanno superato ogni più rosea previsione. La città, per chi di noi non ci era mai stato o mancava da parecchio tempo, si è rivelata affascinante e ci ha accolto con un clima semplicemente perfetto.
Anche la sessione iniziale dei saluti istituzionali si è trasformata in una tavola rotonda multidisciplinare e ricca di stimoli. Il rettore dell'Università Di Bari Stefano Bronzini ha sottolineato l’importanza di non trascurare il lato umano e la formazione umanistica quando si parla di innovazione, aspetto sul quale gli informatici sono via via maggiormente attenti, considerando che le tecnologie digitali incidono in modo sempre più profondo sulla vita delle persone e sulle loro relazioni sociali.
Eugenio Di Sciascio, vice sindaco di Bari, ha ricordato che il problema di questo Paese non è mettere computer nelle scuole e nelle aziende, ma creare competenza sulla capacità di capire e governare questi strumenti. Osservazione che purtroppo, nella corsa alla trasformazione digitale, viene spesso dimenticata e che invece spinge a rimettere il ruolo della didattica scolastica e universitaria al centro della riflessione e della pianificazione.
Su questa linea ha continuato Filippo Lanubile, direttore del Dipartimento di informatica dell’ateneo barese, chiedendo di ridare importanza alla valutazione dell’attività didattica nella valutazione della carriera universitaria, pena l’impossibilità di far crescere quelle professionalità che sono necessarie per affrontare le sfide che ci pone una formazione universitaria moderna.
Ernesto Damiani, il presidente del CINI, ha riportato questa esigenza generale allo specifico mondo della scuola, dove per governare nel modo migliore un futuro sempre più digitale sarà fondamentale insegnare l’informatica facendo attenzione a far capire gli aspetti concettuali della disciplina, evitando di considerarne solo gli elementi tecnologici.
Nel chiudere questo giro di considerazioni, la cui singolare concordia mi ha fatto immediatamente capire che con questo evento avevamo centrato il bersaglio, ho ripreso lo stimolo del rettore, non a caso un letterato. Ho ricordato come Platone nei suoi immortali Dialoghi, abbia – con estrema pregnanza – evidenziato la componente affettiva della relazione educativa tra didàskalos e mathetés, maestro e allievo, come un aspetto fondamentale della paideia, la crescita etica e spirituale del discepolo. E affinché questa componente eserciti il suo effetto non ci deve essere tecnologia di mezzo, ma compresenza in uno stesso luogo fisico. La tecnologia digitale può arricchire le relazioni umane, se opportunamente utilizzata, ma rischia di impoverirle e distruggerle, se male utilizzata. Di questo aspetto noi informatici dobbiamo essere estremamente consapevoli e assumercene la responsabilità, esattamente allo stesso modo con cui nella seconda metà del secolo scorso i fisici si sono impegnati per evitare che il nucleare conducesse l’umanità all’estinzione.
Il programma scientifico che si è poi sviluppato ha visto docenti scolastici e ricercatori universitari offrire e assistere a resoconti di esperienze e laboratori formativi, in un dialogo stimolante e arricchente. L'uditorio è stato, dal primo all'ultimo momento, sempre presente, attento e numeroso, esperienza non proprio abituale, come ben sa chi per mestiere va a convegni scientifici.
Alla fine, quasi non volevamo più smettere.
I complimenti da parte dei docenti che hanno partecipato (molti visibili sulla pagina social del convegno) ci hanno dato la spinta a continuare, con la voglia di creare una comunità sempre più attiva e collaborativa.
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Versione originale pubblicata su "StartMAG" il 16 ottobre 2023.
Etiopia, crisi umanitaria dimenticata in Tigray & ingiustizia legittimata dall’ ingerenza occidentale.
Arrivata la condanna di 40 organizzazioni per la mancata estensione del mandato per l’ Etiopia della commissione investigativa ICREE – International Commission of Human Rights Experts on Ethiopia, da parte dell’UNHRC e l’abbandono dell’indagine sui diritti umani in Etiopia delle Nazioni Unite.
La segnalazione di Tigrai TV
Mercoledì 4 ottobre non c’è stata la volontà politica da parte dell’ Europa e degli USA di rinnovare il mandato alla commissione di esperti di diritti umani ONU per l’Etiopia. L’ennesimo abuso da parte “occidentale” di non rispettare il “mai più”.
Approfondimenti:
- Etiopia, USA ed Europa hanno già scelto le sorti per la giustizia e le vittime della guerra genocida in Tigray
- Etiopia, 10 mesi di abusi e violenze dopo la tregua mentre sta per scadere la giustizia per le 800.000 vittime in Tigray
- Etiopia, a quasi un anno di cessate il fuoco, gli esperti ONU mettono in guardia da abusi e violazioni in atto, inclusi crimini di guerra e contro l’umanità.
Le organizzazioni sottolineano il ruolo fondamentale svolto dall’ICHREE come unico organismo internazionale indipendente che indaga sulle gravi violazioni dei diritti umani in Etiopia, tra cui la fame armata, gli abusi e le diffuse violazioni dei diritti umani.
Condannano l’inazione dell’UNHRC come una “grave inadempienza ai doveri e un disprezzo per la continua sofferenza di civili innocenti nel Tigray, Oromia, Amhara e in altre regioni dell’Etiopia”.
Italia: la diaspora del Tigray sul ruolo dell’ICHREE [intervista Radio Ondarossa]
Giovedì 5 ottobre viene rilasciato il REPORT dell’ OMS – Organizzazione Mondiale della Sanità che riporta la catastrofica situazione degli ospedali e delle strutture in Tigray, dopo 2 anni di guerra dai risvolti genocidi e quasi 1 anni di tregua.
Oggi, dopo 3 anni è l’86% delle strutture sanitarie risultano devastate, in una regione che ha quasi 7 milioni di persone (tra civili, rifugiati eritrei e più di 1 milione di sfollati tigrini). C’è ancora grossa carenza di materiale igienico sanitario e medicinali. Link al REPORT
L’unico ospedale risultato essere rimasto miracolosamente attivo anche durante i 2 anni di guerra e che ha ricevuto recentemente un finanziamento di 6 milioni di euro è Kidane Mihret della missione salesiana di Adwa. L’ospedale attualmente fornisce servizi medici a oltre 70.000 persone, compresi gli sfollati interni.
Lo stesso giorno Reuters comunica che USAID ha ripreso le attività di fornitura di supporto alimentare umanitario ai rifugiati in Etiopia. A giugno 2023 USAID aveva sospeso tali attività sulla pelle di 20 milioni di persone dipendenti dal suoi aiuto. Nell’anno fiscale 2022, l’USAID ha sborsato quasi 1,5 miliardi di dollari in assistenza umanitaria all’Etiopia, la maggior parte dei quali aiuti alimentari.
Anche WFP – World Food Programm ha sospeso le sue attività per lo scandalo della diversione del materiale alimentare. Nel saccheggio, in questo crimine sono stati accusati e implicati alti funzionari di governo e dell’ esercito etiope.
Giovedì 5 ottobre 2023: sono passati esattamente 190 giorni da quando WFP e USAID hanno sospeso la fornitura alimentare umanitaria per 5,6 milioni di persone nello stato regionale del Tigray.
Lunedì 9 ottobre 2023 il WFP Ethiopia rilancia la notizia della ripresa attività del WFP per il sostegno dei rifugiati in Etiopia. Dal comunicato ufficiale si legge:
“Circa 35.000 persone fuggite dal Sudan in Etiopia negli ultimi sei mesi necessitano urgentemente di assistenza alimentare, mentre l’Etiopia ospita anche altri 850.000 rifugiati, provenienti principalmente dalla Somalia, dal Sud Sudan e dall’Eritrea. Le distribuzioni del WFP riprenderanno nelle regioni di Somalia, Gambella, Benishangul Gumuz, Oromia, SNNP e Afar, fornendo ai rifugiati cereali, legumi, olio vegetale e sale. Alcuni riceveranno parte del loro diritto sotto forma di assistenza in denaro. “
Tigray non pervenuto, giustamente, visto che si parla di rifugiati e non di sfollati interni, IDP, più di 1 milione di persone di origine tigrina che causa guerra sono stati costretti a scappare dalle proprie case e trovare salvezza altrove. Oggi la maggior parte occupano edifici scolastici, per cui si è creato anche un cortocircuito con i milioni di ragazzi e studenti che dovrebbero tronare a scuola.
Gli sfollati vengono schedati: mercato dei dati biometrici
USAID per prevenire il furto e la diversione di cibo. per le persone bisognose, prevede di implementare la raccolta di dati biometrici (impronte digitali, scansione del’liride…) per poter dare accesso ai servizi come conto corrente e pagamenti. La raccolta di dati biometrici vengono grazie ad aziende terze che mettono a disposizione la tecnologia alle agenzie umanitarie.
L’Etiopia è solo uno dei tanti Paesi in giro per il mondo e soggetto a crisi umanitarie in cui le agenzie umanitarie risultano utilizzare la raccolta di di dati biometrici.
Qui si apre un nuovo capitolo sulla società globalizzata sorvegliata con implicazioni e rischi per le persone profilate (migranti, richiedenti asilo, rifugiati…), diritti digitali e grossi interessi.
Approfondimenti:
- Gli Stati Uniti si rivolgono alla biometria per prevenire il furto di aiuti umanitari in Etiopia
- Tecnologie per il controllo delle frontiere in Italia – identificazione, riconoscimento facciale e finanziamenti europei
- Rafforzare le frontiere esterne dell’UE – Frontex
- Identità digitale, Migranti e Rifugiati: IL CASO ITALIANO
- IrisGuard biometrics to support Ethiopia’s G2C payments, financial inclusion
- AccessNow – Iris scanning of refugees is disproportionate and dangerous – What’s happening behind IrisGuard’s closed doors?
Oggi, ottobre 2023, ci sono ancora 80.000 rifugiati del Tigray nel vicino Sudan, persone scappate fin dai primi istanti di guerra dal 4 novmebre 2020. Dopo 3 anni sono ancora in cerca di normalità, sopravvivendo in campi di accoglienza in un Paese che oggi è devastato dal’lennesima guerra. Save The Children recentemente ha indicato che sono 19 milioni di bambini sudanesi a non poter andare a scuola a causa della devastazione dopo 6 mesi dall’inizio del conflitto che sta ancora imperversando.
Martedì 10 ottobre 2023 Alice Wairimu Nderitu, Sottosegretario Generale e Consigliere Speciale delle Nazioni Unite per la Prevenzione del Genocidio, ha lanciato un avvertimento sull’aumento del rischio di genocidio e di atrocità correlate in Etiopia. Ciò avviene mentre i conflitti violenti si intensificano in varie regioni del paese, tra cui Amhara e Oromia.
Ha sottolineato che l’accordo raggiunto un anno fa sulla cessazione delle ostilità nella regione del Tigray è in gran parte fallito, sottolineando la necessità di un’azione internazionale.
Alice Wairimu Nderitu ha dichiarato che:
“La sofferenza dei civili non dovrebbe essere normalizzata o accettata, e la prevenzione deve essere la priorità attraverso un’azione coordinata”
Ha anche fatto riferimento ai suoi precedenti avvertimenti negli ultimi tre anni e a un rapporto di settembre della Commissione internazionale di esperti sui diritti umani sull’Etiopia. Nderitu ha chiesto la fine immediata delle violazioni di ampia portata commesse da tutte le parti a partire da novembre 2020.
Venerdì 13 ottobre 2023 l’ ICHREE pubblica il rapporto finale prima della conclusione del suo mandato e invita alla vigilanza internazionale sul conflitto in Etiopia.
Citazione di quanto riporta Addis Standard sulle dichiarazioni dei membri della commissione ONU di esperti di diritto umanitario in Etiopia.
“Nel rapporto pubblicato al termine della 54a sessione del Consiglio per i diritti umani, la commissione ha implicato le forze federali etiopi, le truppe eritree e le milizie regionali alleate in sistematiche uccisioni di massa, diffusi stupri e riduzione in schiavitù sessuale di donne e ragazze, fame forzata, sfollamento e detenzioni arbitrarie di civili.Ha accusato le forze del Tigray di portare avanti la propria campagna di omicidi, violenza sessuale, saccheggi e distruzione in quella che il presidente della commissione Mohamed Chande Othman ha descritto come “una scala sconcertante e una continuità di violenza” contro i civili coinvolti nel fuoco incrociato.
Pur sottolineando che i suoi risultati sono probabilmente solo la punta dell’iceberg, la commissione ha affermato di non avere tempo o risorse sufficienti per prendere una decisione su potenziali genocidi o crimini di sterminio. Ma Othman ha sottolineato la necessità vitale di indagini più approfondite per stabilire i fatti e le responsabilità legali.
Con il suo mandato terminato dopo la presentazione di oggi, la commissione ha lanciato un severo avvertimento che la strada verso la giustizia non deve finire qui. Ha espresso grave preoccupazione per la continua presenza delle forze eritree nel Tigray, affermando che le loro violazioni sia prima che dopo i recenti accordi di cessate il fuoco sottolineano come l’impunità generi ulteriori atrocità.
L’esperta della Commissione Radhika Coomaraswamy ha affermato che le speranze di responsabilità interna sono “estremamente remote”, lasciando le vittime alla disperata ricerca di un’azione regionale e internazionale. Il collega esperto Steven Ratner ha definito un duro colpo per le vittime il fatto che il lavoro della commissione sia stato interrotto prematuramente, sottolineando che “è essenziale che questo lavoro continui”.
Othman ha esortato la comunità internazionale a non dimenticare le vittime del conflitto. Ha chiesto un monitoraggio rafforzato delle condizioni sul campo e una giurisdizione universale per i procedimenti giudiziari all’estero. Considerando il rischio allarmante di ulteriori crimini se lasciato senza controllo, la commissione ha affermato che il suo rapporto finale non deve essere l’ultima parola. Giustizia e responsabilità sono vitali per una pace sostenibile, ha sottolineato Othman.
La bozza di mozione per estendere la Commissione internazionale di esperti sui diritti umani sull’Etiopia non è stata rinnovata ed è scaduta il 4 ottobre, nonostante i ripetuti appelli delle principali organizzazioni per i diritti umani di tutto il mondo che ne chiedevano l’estensione.
Nelle settimane precedenti a questa scadenza, i membri della Commissione hanno lanciato l’allarme sull’alto rischio di continue atrocità in assenza di indagini indipendenti sulle violazioni dei diritti umani in corso nel paese. Hanno espresso profonda preoccupazione per il rischio di ulteriori crimini contro i civili dato il clima instabile in Etiopia.
I gruppi internazionali per i diritti umani hanno sottolineato la necessità vitale che il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite utilizzi il suo mandato per aiutare a prevenire le violazioni dei diritti e rispondere a emergenze come quelle ampiamente documentate nell’ultimo rapporto della Commissione.”
Mentre l’ICHREE pubblica il suo ultimo REPORT continuano abusi, violenze ed occupazione in Tigray.
E’ indiscrezione di questi giorni di ottobre che tramite un servizio di Tigrai TV che ha intervistato sfollati interni nati ad Humera, area del Tigray occidentale ed ospitati oggi nei campi di accoglienza ad Adwa e dintorni, hanno recentemente denunciato attività di pulizia demografica: registrazione da parte di ONG che li registrano cambiandone i luoghi di nascita. Motivazioni e nomi di queste realtà per ora risultano ingoti, ma per giustizia e trasparenza bisognerebbe che qualcuno debba indagare ed approfondire.
Approfondimento:
Etiopia, la pulizia etnica persiste nonostante la tregua in Tigray
Mentre il resto del mondo rincorre l’ennesima guerra, l’ennesima crisi umanitaria per volontà politiche e per interessi e nuove risorse dei signori della guerra, non bisognerebbe dimenticare quelle recentemente passate, ma che hanno prodotto conseguenze per cui ci sono ancora milioni di persone disperate che stanno cercando di sopravvivere in ogni modo.
Trasparenza e giustizia sono le colonne portanti per stabilità e pace, tutto il resto è solo rumore.
Etiopia, la normalizzazione dell’ingiustizia per il Tigray
L’Europa ha preso la decisione ben porecisa secondo volontà politiche, di soprassedere, di non tutelare i diritti umani e la giustizia per le centinaia di migliaia di vittime che ha creato la guerra genocida in Tigray, Etiopia.
La guerra (4 novembre 2020, 2 novembre 2022) ha portato a stimare 800.000 morti, 120.000 stupri come vendetta sul popolo tigrino, attività di pulizia etnica, morti per fame come conseguenza del blocco alimentare umanitario prima e dopo la fine della guerra (le persone stanno morendo ancora oggi, il Tigray è ancora occupato dalla presenza amhara ed eritrea, gli abusi e le violenze sono in atto e sono presenti più di 1 milione di sfollati interni.Il sistema sanitario ancora oggi in grave crisi, è stato distrutto fin dal’inizio per l’80% a livello regionale. Campi, bestiame e raccolti, bruciati, distrutti e saccheggiati per affamare i civili.
Se tali numeri li paragoniamo ai poco più di 6 milioni di persone in Tigray (tra cui Irob e Kunama, minoranze etniche a ricschio) si può comprendere che la guerra di 2 anni è stata talmente micidiale per il popolo tigrino che si potrebbe categorizzare in un vera e propria volontà di sterminio della popolazione civile, genocidio.
Approfondimento: Etiopia, USA ed Europa hanno già scelto le sorti per la giustizia e le vittime della guerra genocida in Tigray
Il team di esperti di diritti umani delle Nazioni Unite è stato istituito nel dicembre 2021 (1 anno dopo che era iniziata la guerra in Tigray) per indagare i crimini di guerra e contro l’umanità in cui sono coinvolte tutte le forze. Da allora il team ICHREE, ha pubblicato 2 rapporti.
Nel primo report ha concluso che tutte le forze avevano commesso abusi durante la guerra in Tigray, alcuni come crimini di guerra. Il documento sentenziava anche che il governo etiope ha usato la fame come arma di guerra limitando l’accesso umanitario alla regione di oltre 6 milioni di persone, mentre erano in conflitto contro le forze tigrine.
Il secondo report, pubblicato nel settembre 2023 è stato affermato che il processo nazionale etiope per la giustizia di transizione (come punto fondante dell’accordo di tregua firmato a Pretoria il 2 novembre 2022) “è ben al di sotto” degli standard africani e nazionali.
Esistono lacune a livello normativo e di legge etiope che non permettono di giudicare crimini gravi come quelli di guerra e contro l’umanità e cosa non meno importante: nel contempo è da sottolineare che è lo stesso governo implicato nei crimini ada aver creato e a gestire il processo di giustizia di transizione.
Approfondimento: Etiopia, Perseguire Crimini Contro l’Umanità: Dov’é La Legge?
La commissione ONU verteva proprio sul fatto di una indipendenza nel processo di indagine per scongiurare proprio questi conflitti d’interessi: il team ha subìto vari tentativi da parte del governo etiope di essere fermato, dal blocco all’accesso alle aree di guerra a tentativi più formali in sedi internazionali tramite il voto anche degli alleati, come l’Eritrea.
Queste indagini sostenute dalle Nazioni Unite sulle violazioni dei diritti umani in Etiopia è destinata a scadere dopo che nessun Paese si è fatto avanti per chiedere una proroga, nonostante i ripetuti avvertimenti che gravi violazioni continuano a quasi un anno da quando il cessate il fuoco ha posto fine a una sanguinosa guerra civile. nel paese dell’Africa orientale.
Mentre l’Unione Europea conduceva i colloqui sulla questione, alla fine, non è stata presentata alcuna risoluzione per estendere il mandato della Commissione internazionale indipendente di esperti sui diritti umani sull’Etiopia – ICHREE, prima della scadenza del termine mercoledì al Consiglio dei diritti umani a Ginevra.
L’indagine verrà quindi sciolta alla scadenza del suo mandato questo mese.
Martedì 3 ottobre 2023 gli esperti della commissione hanno quasi implorato il consiglio di estendere l’indagine, avvertendo che le atrocità continuano nel Tigray, la provincia più settentrionale dell’Etiopia martoriata dalla guerra.
Tirana Hassan, direttore esecutivo di HRW – Human Rights Watch, ha affermato che:
“I membri dell’Unione Europea hanno abdicato alla loro responsabilità di garantire un controllo internazionale sui gravi abusi in Etiopia non rinnovando la commissione di esperti.Per le numerose vittime delle atrocità commesse in Etiopia che riponevano le loro speranze nella Commissione, questo è un colpo devastante.”
Un diplomatico di un paese dell’UE, come riporta AP – Associated Press, ha riconosciuto che il blocco ha accettato di non presentare una risoluzione e ha invitato il governo etiope a istituire meccanismi “robusti, indipendenti, imparziali e trasparenti” per promuovere la giustizia di transizione alla luce dell’“estrema gravità dei crimini”. ” e violazioni dei diritti in Etiopia.
Secondo AP, il diplomatico ha aggiuto in condizione di anonimato:
“Ci aspettiamo progressi rapidi e tangibili nei prossimi mesi. La mancanza di progressi potrebbe mettere a repentaglio la graduale normalizzazione delle relazioni tra l’UE e l’Etiopia”.
Di tutt’altro parere e approccio alla luce del sole l’Europa, visto che i leader europei si sono ben mossi per salvaguardare la tutela delle proprie risorse e status quo in e con l’Etiopia grazie al rafforzamento di quelli che dai politicanti e governanti vengono definiti “rapporti di cooperazione internazionale” per “stabilità” e “sviluppo economico”.
Basti ricordare che martedì 3 ottobre 2023 l’Unione Europea ha annunciato un pacchetto di aiuti da 650 milioni di euro (680 milioni di dollari) per l’Etiopia, il primo passo del blocco verso la normalizzazione delle relazioni con il paese, nonostante le precedenti richieste di responsabilità sui crimini di guerra e contro l’umanità.
La stessa Italia per dichiarazione pubblica del Min. Esteri Antonio Tajani, ha dichiarato volontà politica di rafforzamento cooperazione con governi dell’ Etiopia e dell’ Eritrea.Antonio Tajani, Ai Ministri degli Esteri Etiopia Eritrea Somalia ho confermato l’impegno del Governo a rafforzare cooperazione con i Paesi del Corno d’Africa
Volontà politiche globali precise dedite al rafforzamento per perseguire il capitalismo a discapito di tutto il resto, anche della tutela della giustizia e delle vittime.
I critici hanno denunciato l’inazione del consiglio dei 47 paesi membri.
L’indagine delle Nazioni Unite è stata l’ultima grande indagine indipendente sulla guerra del Tigray, che ha ucciso centinaia di migliaia di persone ed è stata segnata da massacri, stupri di massa e torture.
Come la commissione ICHREE, anche a giugno 2023, l’Unione Africana ha abbandonato la propria indagine sulle atrocità e crimini della guerra in Tigray, dopo ampie pressioni da parte dell’Etiopia.
Laetitia Bader, direttrice del Corno d’Africa presso Human Rights Watch, ha affermato che il mancato rinnovo del mandato consente in sostanza all’Etiopia di abbandonare l’agenda del Consiglio e equivale a:
“Un feroce atto d’accusa contro l’impegno dichiarato dell’UE nei confronti della giustizia.È l’ennesimo duro colpo per le innumerevoli vittime di crimini atroci che hanno riposto la loro fiducia in questi processi.”
La stabilità a lungo termine di una società e di un Paese si ottiene tutelando i diritti fondamentali degli individui e la giustizia. Senza le persone la società non esiste. La stabilità economica è un castello di carte e le persone non mangiano soldi.
Da non dimenticare una questione ancora aperta
Una questione ancora aperta, ma per la quale c’è già chi indaga per trasparenza e giustizia, è che accordi e in che termini il premier etiope Abiy Ahmed Ali ha preso con l’occidente per riuscire a bloccare le investigazioni sulle violazioni e abusi dei diritti umani in Etiopia.
Approfondimenti:
- Etiopia, 182 milioni di euro siglati tra la Presidente Giorgia Meloni e il Primo Ministro etiope in visita in Italia
- Etiopia, 6 milioni di euro italiani per l’ospedale di Adwa mentre gli sfollati in Tigray muoiono di fame
- Etiopia, la crisi umanitaria in Tigray continua, ma per l’Italia si è risolto tutto con l’accordo di Pretoria
Etiopia, la polizia del Tigray picchia brutalmente e arresta numerosi manifestanti pacifici
Membri della polizia e dell’esercito del governo ad interim del Tigray, insediato dal governo federale dell’Etiopia sei mesi fa, hanno brutalmente fermato questa mattina una manifestazione pacifica nella piazza Romanat di Mekelle. Questo regime, guidato dai resti di un gruppo comunista di 48 anni, ha inviato diversi membri della polizia e due brigate dell’esercito in tutti gli angoli della città per impedire la manifestazione pacifica. Questi membri della polizia e dell’esercito sono stati visti picchiare brutalmente i manifestanti in arrivo.
Teklit Gebremeskel , esperto legale, ha testimoniato che i manifestanti stavano convergendo pacificamente verso la piazza. La polizia era di stanza ad ogni angolo e ha iniziato a usare la forza dopo non più di cinque minuti di manifestazione mentre sempre più persone continuavano ad unirsi.
È stato osservato che la polizia e le forze armate hanno picchiato e torturato membri dell’esercito e civili smobilitati semplicemente perché erano usciti per far sentire la loro voce sulle attuali sfide che i tigreani devono affrontare.
Molti sono stati detenuti e arrestati con la forza.
Tedros Gebreabzgi Belay, un individuo recentemente smobilitato, Teshager Tsigab, giornalista di Yabele Media e docente all’Università di Axum, Zemen Gebremedhin, scrittore e autore, Mehari Kahsay, giornalista, e molti altri sono tra quelli brutalmente picchiati dalla polizia del gruppo dirigente, che non ha mostrato alcun interesse a garantire la sicurezza della popolazione del Tigray.
Video-1: mostra la squadra di polizia che picchia brutalmente Tedros BelayImmagine: Teshager e il suo amico Mengesha Girmay inzuppati di sangue dopo essere stati picchiati dalla polizia.
Diversi leader di partiti di opposizione, giornalisti e civili sono stati arrestati, inclusi i seguenti individui del partito Salsay Weyane Tigray:
- Hayalu Godefay, presidente
- Abblelom Meles, Capo Formazione del Partito
- Haileab Hailesilassie, responsabile delle pubbliche relazioni
- Getnet Gebre-ezgiabiher, membro esecutivo
- Kahsay Hailu, responsabile finanziario
- Fikir Ashebir, membro esecutivo
- Nigus Arefe, capo degli affari del partito
- Shewit Widassie, membro
- Team Birhanu, membro
- Birhane Araya, membro
- Gebreab Woldu, membro
- Gebreabzgi Woldesilassie, membro
- Asefa Berhe, membro – Non si sa dove si trovi.
Dal Partito Indipendente del Tigray:
- Dejen Mezgebe (Dr), presidente
Haftom Kidane Mariam
Atsibha Tekle
Team Hagos
Ashenafi Weldemariam
Dal partito Congresso Nazionale del Grande Tigray-Baitona:
- Kibrom Berhe
- Kidane Amene
- Yohanes Gebru
- Tesfamichael Nigus
- Birhane Zemen
Dall’Arena Tigray per il Partito della Democrazia e della Sovranità
- Andom Gebresillasie, il suo presidente recentemente eletto
Elenco dei giornalisti, attivisti e partecipanti civili finora nominati che sono stati arrestati:
Giornalisti e attivisti:
- Mahari Kahsay
- Mehari Salomone
- Tsegay Gebremedhin (attivista)
Altri partecipanti civili:
- Kewani Tesfay
- Girmay Gebremedhin
- Birtukan Mebrahtu
- Tre autisti e i loro due assistenti
In totale, queste 37 persone, insieme a molte altre i cui nomi rimangono sconosciuti, sono state arrestate e portate in località sconosciute. La maggior parte di loro faceva parte del gruppo che si è riunito a Remant Square per una manifestazione pacifica, chiedendo agli invasori amhara ed eritrei di sgomberare i territori del Tigray, chiedendo agli sfollati di tornare alle loro case, esortando il governo ad interim a fermare le rapine e le appropriazioni indebite, a garantire trasparenza e buon governo, separare partito e governo, istituire un governo inclusivo, porre fine allo stupro sulle donne, fornire aiuti alimentari a chi ne ha bisogno e garantire l’incolumità della popolazione del Tigray. Altri erano lì per riferire sull’evento.
La manifestazione è stata organizzata da tre principali partiti nazionalisti di opposizione nel Tigray: Salsay Weyane Tigray (SaWeT), Tigray Independent Party (TIP) e National Congress for Great Tigray – Baitona. Successivamente si è unito anche il partito Arena Tigray per la democrazia e la sovranità, mentre il partito Asimba si è escluso all’ultimo momento dopo aver inizialmente espresso l’intenzione di unirsi alla manifestazione pacifica. Il loro appello unitario era per un “cambiamento radicale”.
FONTE: yabelemedia.com/2023/09/07/702…
Etiopia, 10 mesi di abusi e violenze dopo la tregua mentre sta per scadere la giustizia per le 800.000 vittime in Tigray
Che cos’è la Commissione internazionale di esperti sui diritti umani in Etiopia (ICHREE) e perché bisogna sostenere che sia fondamentale per i sopravvissuti e le centinaia di migliaia di vittime della guerra genocida iniziata in Tigray e sconfinata in Amhara e Afar.
Il 4 novembre 2020 è scoppiato un conflitto armato tra il governo federale etiope e il partito TPLF – Tigray People’s Liberation Front in Tigray, stato regionale settentrionale dell’ Etiopia. Il conflitto alla fine si estese alle regioni vicine.
Amnesty International e molte altre organizzazioni hanno documentato gravi violazioni dei diritti umani in questo conflitto, inclusi crimini di guerra e crimini contro l’umanità.
Nel 2021 sono stati istituiti due meccanismi investigativi per indagare sugli abusi in questo conflitto:
- Una commissione d’inchiesta della Commissione africana sui diritti umani e dei popoli – ACHPR
- Una commissione internazionale di esperti sui diritti umani sull’Etiopia da parte del Consiglio per i diritti umani – ICHREE
Il governo etiope ha resistito con persistenza alle indagini da parte di qualsiasi meccanismo regionale e internazionale per i diritti umani.
[REPORT] Violenze ed abusi anche dopo la firma dell’accordo di cessazione ostilità
Il 2 novembre 2022 è stato firmato un accordo tra il governo etiope e il TPLF per porre fine alle ostilità (#CoHA), ma Amnesty nel suo ultimo rapporto rileva che i gravi abusi sono continuati anche durante questi 10 mesi di tregua.
Approfondimenti:
- Etiopia, 10 mesi di crisi umanitaria in aggravamento dopo 2 anni di guerra in Tigray
- Etiopia, continua occupazione eritrea, abusi e violenze ad Irob, Tigray
- Etiopia, non è mai troppo tardi per chiedere verità e giustizia per il Tigray – Appello al Governo Italiano
Le prospettive di responsabilità nazionale per questi crimini sono desolanti. A ciò hanno contribuito il conflitto di interessi da parte delle autorità etiopi nel perseguire la giustizia, la debolezza delle istituzioni e le debolezze del quadro giuridico interno.
Approfondimenti:
- Etiopia, Perseguire Crimini Contro l’Umanità: Dov’é La Legge?
- Etiopia, USA ed Europa hanno già scelto le sorti per la giustizia e le vittime della guerra genocida in Tigray
Nel giugno 2023, dopo quasi due anni di pressioni continue e di una campagna diffamatoria da parte del governo etiope, la commissione della ACHPR – African Commission on Human and Peoples’ Rights è stata sciolta prematuramente. Ora, anche il mandato dell’unico meccanismo internazionale rimasto, l’ICHREE, rischia di essere revocato.
L’ICHREE è fondamentale per garantire che un giorno possa esserci giustizia per gli innumerevoli sopravvissuti, vittime e famiglie colpite dal conflitto nel nord dell’Etiopia. Senza l’ICHREE, l’impunità per le atrocità commesse in Etiopia probabilmente persisterà e le vittime rimarranno senza risarcimento.
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L’ICHREE scadrà come mandato a settembre.
Nella prossima sessione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, l’11 settembre, verrà presa la decisione. I molteplici appelli da aprte della diaspora, della società civile, di collettivi di attivisti e realtà per la tutela dei diritti umani verranno ascoltati?
Ma soprattutto, sarà ascoltata la voce delle 800.000 vittime e delle loro famiglie in Tigray che chiedono giustizia o sarà l’ennesimo affronto dell’ingiustizia politicizzata verso la tutela della vita e dei diritti degli indivdui?
Etiopia, appello per chiedere giustizia e sicurezza per il popolo del Tigray
Etiopia, appello da parte dell’ Associazione degli studiosi delle università del Tigray – TUSA al governo temporaneo, Interim Regional Administration – IRA del Tigray, per perseguire giustizia e sicurezza per il popolo tigrino.
Oggetto: pretendere la sicurezza dei cittadini
Il popolo del Tigray ha pagato e paga un prezzo altissimo per la pace e la sicurezza dei popoli. Soprattutto negli ultimi cinque anni, la popolazione del Tigray ha pagato un prezzo elevato per mantenere la pace e la sicurezza e garantire il diritto umano e legale di vivere ovunque si trovi. Nel processo, un trattato firmato a Pretoria istituì
un’amministrazione provvisoria.
Tuttavia, negli ultimi mesi, i crimini sono aumentati in varie città e aree rurali del Tigray, con persone uccise, mutilate, rapite e saccheggiate. Ad esempio, due gravi crimini si sono verificati a Macallè durante il festival di Ashenda. Con tali crimini, la gente in generale e coloro che venivano per la festa in particolare, dovettero perdere la fede e la paura. L’omicidio di nostra sorella Zewdu Haftu in particolare è stato unico, orribile e scioccante. È necessario adottare estrema cautela e azioni immediate per evitare che questi fenomeni degenerino in crimini strutturali peggiori.
È noto che dopo un’invasione devastante si verificheranno varie crisi sociali e crimini. I crimini nel Tigray, però, non sono mitigati solo da questo; I fenomeni sembrano invece essere sintomi di problemi politici e sociali molto gravi, poco definiti e complessi. Questo è un momento in cui i cittadini lavorano 24 ore al giorno per recuperare e ricostruire l’economia del Tigray che è stata deliberatamente distrutta dagli invasori. Vorremmo quindi sottolineare che è necessario un elevato livello di consapevolezza sociale per chiarire le cause profonde di questi diversi crimini e crisi e trovare soluzioni.
Comprendiamo che il problema segnalato non è nuovo e sono state date varie risposte. In pratica, tuttavia, invece di ridurre la criminalità e le minacce alla pace e alla sicurezza, stanno aggravando la situazione. Per questo la gente perde la speranza e la fiducia. Pertanto, riteniamo che questo problema debba essere risolto senza indugio. Inoltre, invitiamo le persone a garantire la sicurezza e l’incolumità del Tigray mobilitandosi e cooperando.
Associazione degli studiosi delle università del Tigray
Macallè, TigrayTUSA appello per giustizia e sicurezza per il popolo del Tigray, Etiopia
Etiopia, USA ed Europa hanno già scelto le sorti per la giustizia e le vittime della guerra genocida in Tigray
Etiopia, le autorità devono garantire agli investigatori indipendenti e ai media accesso illimitato alla regione di Amhara per indagare sulle violazioni in stato di emergenza.
Questo è l’appello condiviso venerdì 18 agosto da Amnesty International per la recente crisi che ha destabilizzato con abusi e violenze la regione Amhara.
La diaspora e la società civile amahra ha protestato contro le politche sanguinarie del Premier etiope.
L’ Associaz. All United Amhara il 22 agosto 2023 era presente al Park di Sandton, Johannesburg, in Sud Africa durante il Summit del BRICS 2023.
Indagini sulla responsabilità dei crimini di guerra in Tigray ancora in corso
Percorso ed indagini dell’ International Commission of Human Rights Experts on Ethiopia – ICHREE che per il Tigray non si sono ancora concluse. Il governo etiope ha fatto vari tentativi di bloccare il mandato della Commissione di investigazione sui crimini in Tigray.
Lunedì 21 agosto Wegahta Fact Check denuncia che:
“Il 18 agosto 2023, più di 4.000 persone di etnia tigrina sono state arbitrariamente detenute nel #Tigray occidentale.
Le autorità di Amhara e le forze di sicurezza hanno radunato oltre quattromila tigrini innocenti rimasti nel Tigray occidentale occupato e li hanno tenuti in celle e prigioni sovraffollate.
Secondo le nostre fonti dal Tigray occidentale, 1.200 detenuti sono detenuti ad #Adebay, 130 ad #AdiGoshu, 2.000 a #Humera, 300 a #Rawyan e 500 nelle carceri e nei centri di detenzione di #Baeker.
Tra i detenuti nelle celle e nelle carceri sovraffollate sono bambini vulnerabili, madri incinte e anziani.
Sono stati arrestati perché tigrini, contrari all’occupazione di Amhara e sospettati di condividere informazioni con persone al di fuori del Tigray occidentale.
Alcuni vengono trattenuti per un paio di giorni mentre altri languiscono lì per anni.
Ci è stato anche detto che in questi luoghi di detenzione la tortura e la violenza sessuale contro i detenuti sono una routine.
Da quando è iniziata la guerra dell’#Etiopia contro il #Tigray nel novembre 2020, il Tigray occidentale è stato il luogo delle peggiori atrocità tra cui massacri, bombardamenti indiscriminati, saccheggi,
espulsione forzata su larga scala e stupro sistematico.
Il 20 marzo 2023 il segretario di stato americano @SecBlinken ha stabilito che è stata commessa pulizia etnica nel #WesternTigray. Ma nessuna azione significativa è stata intrapresa contro i responsabili dei crimini.
Il 22 aprile HRW e Amnesty hanno anche riferito che “le forze che controllano la zona del Tigray occidentale, con il sostegno e la complicità delle forze etiopi ed eritree, hanno condotto una prolungata campagna di pulizia etnica contro i residenti del Tigray nell’area.”
Mercoledì 29 agosto fa seguito la denuncia di Marta Hurtado, portavoce dell’ Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani – OHCHR: Etiopia: peggioramento della situazione dei diritti umani Di seguito un sunto:
Siamo molto preoccupati per il deterioramento della situazione dei diritti umani in alcune regioni dell’Etiopia.Nella regione di Amhara, in seguito al divamparsi degli scontri tra i militari etiopi e le milizie regionali di Fano, e alla dichiarazione dello stato di emergenza il 4 agosto, la situazione è notevolmente peggiorata.
da luglio sono almeno 183 le persone uccise negli scontri.
segnalazioni secondo cui più di 1.000 persone sono state arrestate in tutta l’Etiopia in base a questa legge. Molti degli arrestati sarebbero giovani di etnia Amhara sospettati di essere tifosi di Fano.
arrestati almeno tre giornalisti etiopi che si occupavano della situazione nella regione di Amhara. Secondo quanto riferito, i detenuti sono stati collocati in centri di detenzione improvvisati privi di servizi di base.
almeno 250 cittadini di etnia tigrina sarebbero stati detenuti nell’area contesa del Tigray occidentale.
Tra le continue accuse di violazioni e abusi dei diritti umani, anche la situazione in Oromia è preoccupante.
Un appello congiunto di varie agenzie (quasi nella totalità di origini africane) del 23 febbraio 2023, hanno fatto esplicita richiesta agli stati membri e agli osservatori del consiglio dell’ ONU “affinché blocchino gli sforzi dell’Etiopia per porre fine al mandato dell’ICHREE e per confermare il vostro sostegno all’ICHREE e la protezione dell’integrità del Consiglio per i diritti umani e dei suoi organi incaricati.”
L’UE e i suoi membri difenderanno la giustizia in Etiopia?
Venerdì 25 agosto, Laetitia Bader, direttrice di HRW – Human Rights Watch per il Corno d’Africa si chiede se “L’UE e i suoi membri difenderanno la giustizia in Etiopia?” condividendo le sue osservazioni.
“Quando i combattimenti erano al culmine, l’UE ha contribuito a spingere l’ago sulla responsabilità. Ha guidato la creazione della Commissione internazionale di esperti sui diritti umani sull’Etiopia , un’inchiesta indipendente che raccoglie e preserva prove di crimini internazionali per futuri procedimenti giudiziari sotto il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite.Con il rinnovo della commissione in discussione al Consiglio per i diritti umani di settembre, non è ancora chiaro se l’UE e i suoi Stati membri continueranno a sostenere le indagini cruciali. Oppure, invece, cercare relazioni più fluide e accettare le misure di responsabilità dell’Etiopia, in gran parte di facciata, che difficilmente garantiranno l’accesso delle vittime a una giustizia credibile.”
Lo stesso giorno GCR2P – Global Centre for the Responsibility to Protect pubblica una lettera congiunta con oggetto “Preoccupazioni per la cessazione anticipata della Commissione d’inchiesta sulla situazione nella regione del Tigray della Repubblica Federale d’Etiopia”
Approfondimento: Etiopia, Perseguire Crimini Contro l’Umanità: Dov’é La Legge?
Contemporaneamente un collettivo di diversi gruppi rivolti alla tutela e giustizia dei diritti umani, ha diffuso un appello congiunto esprimendo la loro grave preoccupazione per l’incapacità della Politica di Giustizia Transitoria (TJPE) stabilita in Etiopia.
Nella lettera viene sottolineato:
“Questa politica trascura in modo preoccupante la necessità di ottenere l’approvazione delle vittime, delle comunità direttamente colpite, delle principali parti interessate e dei rappresentanti dei punti caldi delle guerre e delle atrocità, in particolare nel Tigray”
E chiosa:
“Il sistema giudiziario etiope è palesemente privo dell’indipendenza, dell’imparzialità, della capacità e persino della giurisdizione necessarie riguardo alle atrocità commesse dal governo eritreo, necessarie per garantire la responsabilità degli attori statali e delle forze di sicurezza”
Concludendo:
“La dichiarazione congiunta chiede alla comunità internazionale, in particolare ai membri del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e del Consiglio per i Diritti Umani, di estendere ed espandere il mandato dell’ICHREE. “Crediamo che l’ICHREE sia posizionata in modo unico e meglio attrezzata per stabilire in modo indipendente e imparziale la verità globale, date le limitazioni locali e la mancanza di fiducia nei meccanismi nazionali”
A conferma di tale preoccupazione c’è la notizia diffusa da Africa Intelligence che riporta:
“Infelssibile alle critiche, il governo federale continua le sue consultazioni a livello nazionale sulla giustizia di transizione. Il gruppo di lavoro di esperti sulla giustizia di transizione etiope ha inviato una delegazione in Tigray, a Mekelle, Shire, Adigrat, Maichew e Axum all’inizio di questo mese. Durante gli incontri il gruppo è stato accusato dall’ elite tigrina, tra l’altro, di mancanza di inclusività.“
Lunedì 28 agosto 2023 il Dipartimento di Stato Americano segnala che l’inviato speciale degli Stati Uniti per il Corno d’Africa Mike Hammer si recherà a Nairobi, Kenya, e Addis Abeba, Etiopia, dal 28 agosto all’8 settembre, dove incontrerà funzionari kenioti ed etiopi, l’Unione africana, l’Autorità intergovernativa per lo sviluppo e altri partner internazionali.
Discuterà della crisi in corso in Sudan e degli sforzi regionali e internazionali per porre fine alla violenza, stabilire un governo democratico e sostenere la giustizia e la responsabilità.
In Etiopia, discuterà anche dell’attuazione continua dell’accordo sulla cessazione delle ostilità, nonché solleciterà la protezione dei civili e una risoluzione negoziata dei conflitti in corso nelle regioni di Amhara e Oromia.
Un palliativo diplomatico per rassicurare l’opinione pubblica che gli USA stanno dalla parte della risoluzione pacifica, ma subordinata alla tutela degli accordi e soprattutto delle loro risorse in gioco.
USA ed Europa, da ormai più di 2 anni dallo scoppio della guerra genocida in Tigray, si sono dimostrati bravi a condividere comunicati di preoccupazione diplomatica, nel contempo stando attenti a non compromettere la loro posizione negli accordi pregressi e per quelli futuri con il Paese Etiopia.
I leaders del così detto occidente continuano ad attendere i momenti più propizi in tutela delle risorse riservate in Etiopia. Basti pensare ai numerosi appelli della diaspora tigrina mai accolti o corrisposti, o dei finanziamenti del governo Meloni, pari a 182 milioni per i prossimi 3 anni che sono come briciole per il supporto e lo sviluppo economico dela filiera agro alimentare e del caffé per gli etiopi.
Un caffé macchiato con un po’ di neo colonialismo
La schiavitù economica dell’ Africa mascherata da progetti di sviluppo e cooperazione internazionale.
Il caso Italia Etiopia e la filiera del caffé
Le grandi aziende italiane del caffè nel 2022 hanno fatturato 5,8 miliardi di euro. La Germania per esempio, che NON è produttore di caffé, ne guadagna 6,8 MLD. Oggi la filiera del caffé, mercato florido, sta aumentando sempre più la sua espansione, con la tendenza di un 10% ogni anno per i prossimi 5.
Il gov. Meloni ha ospitato in Italia il Premier etiope Abiy Ahmed Ali. La premier italiana senza preoccuparsi di chiedere giustizia per le 800.000 vittime della guerra genocida di 2 anni in Tigray, ha fatto all-in siglando accordi con l’Etiopia e la sua filiera agro-alimentare per un valore totale di 182 milioni di Euro per 3 anni (2023/2025): 42 MILIONI dedicanti al comparto del caffé.
Il viaggio successivo della PM Meloni ad abbracciare i bambini ad Addis Abeba, sventolanti il tricolore, è stato pura propaganda per vendere il Piano Mattei per l’Africa agli italiani.
Il business del caffé nel mondo è di 460 MILIARDI di dollari con un aumento del 20% nei prossimi 5 anni.
I produttori di caffé nel mondo ricavano un totale di 25 MILIARDI.
La quota dell’AFRICA è di soli 2,4 MILIARDI. (meno della metà del fatturato italiano)
La strategia di USA ed Europa in tutela delle risorse
A conferma della strategia di tutela delle risorse a discapito dei diritti universali degli individui gli USA hanno bloccato una precedente indagine legale per determinare genocidio in Tigray per dare tempo alla “diplomazia” di fare il suo corso per una risoluzione pacifica tra governo etiope e membri del TPLF: è passato un anno prima che arrivasse l’accordo di tregua, mentre prima e anche dopo sono continuati e stanno continuando violenze ed abusi (anche dello stesso accordo). Crimini come stupri, deviazioni degli aiuti alimentari umanitari e attività di pulizia etnica sul popolo civile tigrino da parte delle forze amhara.
L’approccio che traspare dalla politica estera USA ed Europa è che i progetti di cooperazione con l’Africa possono essere assimilati come elemosina che puzza di attività colonialista fornendo supporto allo sviluppo per i popoli africani, mantenendoli nel contempo in costante stato d’emergenza. Le risorse della ricca Africa sono sempre più contese a livello globale.
La guerra in Tigray, l’instabilità in Amhara e in Oromia non possono essere confermate come proxy war, ma sicuramente sono funzionali ai giochi d’interesse di forze esterne allo stato sovrano etiope, che attendono come avvoltoi l’occasione per arrivare alle risorse e al posizionamento geo politico: sia mai che USA ed Europa al segioto si facciano sfuggire l’egemonia nel Corno d’Africa da Cina e Russia, capofila del BRICS e che hanno accolto recentemente anche l’Etiopia.
In tutto questo contesto giustizia e tutela di diritti e della vita di milioni di persone sono ancora in attesa per lasciare spazio per i giochi di potere dei moderni colonialisti.
Etiopia, “Il marciume è molto più profondo”, decenni di manipolazione degli aiuti umanitari
La polizia regionale del Tigray in Etiopia ha cercato di interrogare almeno tre membri dello staff locale del Programma alimentare mondiale , innescando uno stallo diplomatico con l’agenzia alimentare con sede a Roma – l’ultimo sviluppo nel furto di aiuti alimentari che ha devastato il paese all’inizio di quest’anno, secondo tre fonti umanitarie che hanno familiarità con la questione.
L’ agenzia alimentare delle Nazioni Unite – i cui lavoratori godono dell’immunità per le attività ufficiali delle Nazioni Unite – non ha ancora ottemperato alla richiesta e ha chiesto chiarimenti al ministero degli Esteri etiope per determinare se ci siano i motivi per farlo.
Non è chiaro se gli operatori umanitari delle Nazioni Unite siano sospettati di coinvolgimento nell’ampio scandalo sulla deviazione degli aiuti alimentari che ha portato quest’anno alla chiusura delle massicce operazioni di aiuto alimentare delle Nazioni Unite in Etiopia, o se si ritiene semplicemente che siano a conoscenza dello scandalo.
L’ indagine sul Tigray , che ha già portato all’arresto di sospetti, è una delle numerose indagini sulla deviazione illegale di aiuti. L’ Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale , il governo etiope e il WFP hanno tutti indagini in corso su queste trasgressioni.
Un portavoce del WFP ha rifiutato di commentare la richiesta, ma ha affermato che il WFP “si sta impegnando a stretto contatto con le autorità regionali, comprese le autorità regionali del Tigray, nell’ambito delle loro indagini e continuerà a farlo volontariamente e come appropriato, in linea con lo status di WFP come un’organizzazione pubblica internazionale”.
La mossa arriva quasi tre mesi dopo che gli aiuti alimentari sono stati completamente tagliati in Etiopia, un paese dove 20 milioni di persone fanno affidamento su tale assistenza per sopravvivere.
Lo stop è iniziato a marzo, dopo che il WFP e l’USAID hanno scoperto il furto diffuso dei suoi aiuti alimentari in tutto il Tigray, una regione martoriata da due anni di guerra civile e da livelli di fame debilitanti. Ben presto divenne chiaro l’ampiezza del racket e all’inizio di giugno la sospensione degli aiuti alimentari fu estesa a livello nazionale.
Anche se gli aiuti hanno cominciato ad arrivare al Tigray alla fine del mese scorso, il mondo sta ancora cercando di capire di chi è la colpa. Ma per molti la risposta è ovvia.
Tutti sono colpevoli. E non è una novità.
“Se vogliamo analizzare la deviazione degli aiuti, dobbiamo iniziare dall’inizio”, ha affermato David Del Conte, che è stato vicedirettore nazionale dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari in Etiopia dal 2012 al 2016. “ La negazione degli aiuti umanitari e la loro manipolazione sono profondamente radicati nell’esperienza etiope”.
Furti diffusi, colpe diffuse
All’inizio di quest’anno, il WFP e l’USAID hanno trovato più di 7.000 tonnellate di grano rubato e 215.000 litri di olio alimentare nei mercati commerciali del Tigray. A giugno, l’USAID aveva visitato i campi profughi, i mercati dei villaggi e 63 mulini in tutta l’Etiopia, riscontrando vari livelli di furto in ciascun luogo, secondo un portavoce dell’USAID.
Nel Tigray, il dirottamento – così diplomaticamente descritto il furto dal WFP e dall’USAID – è avvenuto in due forme, secondo un esperto del governo americano informato sulla questione. Il primo era l’assistenza alimentare venduta nei mercati commerciali. Il secondo riguarda gli aiuti alimentari forniti al Fronte popolare di liberazione del Tigray, o TPLF, le forze ribelli al centro della guerra biennale nel nord del paese, come sforzo da parte dei funzionari federali per tenere sotto controllo questi gruppi di miliziani.
Altri non sono d’accordo e credono che la deviazione sia stata il risultato della manipolazione diretta da parte del TPLF, sostenendo che la sua leadership ha sostanzialmente controllato il Tigray negli ultimi due anni.
Un portavoce del WFP ha affermato che l’indagine dell’ispettore generale del WFP “non si è conclusa” e che l’agenzia alimentare ha fornito aggiornamenti sui progressi al suo comitato esecutivo, composto da 36 stati membri, e continuerà a farlo. Ma la decisione se rendere pubblici questi risultati è a discrezione dell’ispettore generale, ha aggiunto il portavoce, rendendo non chiaro quante informazioni vedranno la luce.Un convoglio di camion del WFP che trasportava generi alimentari per le vittime della guerra parcheggiato presso un checkpoint chiuso che porta alla regione del Tigray in Etiopia nel giugno 2021. Foto di: Stringer / Reuters
La crisi degli aiuti ha gettato un’attenzione poco lusinghiera sui controlli lassisti sulla distribuzione del cibo e di altri aiuti internazionali nelle zone di crisi. Gli alti funzionari del WFP si sono incontrati a porte chiuse la scorsa settimana per discutere le preoccupazioni circa le prospettive di diversione degli aiuti in tutta la regione, tra cui Somalia, Sudan e Sud Sudan, ha aggiunto il funzionario.
Funzionari delle Nazioni Unite affermano di non avere alcuna indicazione che la crisi degli aiuti in Etiopia si sia diffusa ad altri paesi. Ma notano che anche prima dell’ultimo scandalo avevano già iniziato una revisione globale delle loro operazioni in 31 stazioni di servizio. Le lezioni apprese da questo esercizio verranno infine applicate a tutte le operazioni del WFP in tutto il mondo.
Il WFP “rivede costantemente le sue operazioni globali per migliorare il modo in cui forniamo e forniamo supporto in modo efficace ed efficiente”, ha detto a Devex il portavoce del WFP. “Pertanto, il WFP sta conducendo una revisione globale per rafforzare la nostra già solida supervisione e i nostri controlli per garantire che l’assistenza alimentare e umanitaria venga ricevuta solo dai destinatari previsti, ovunque lavoriamo”.
“Non temiamo che la situazione ancora oggetto di indagine in Etiopia abbia dimensioni regionali”, ha detto a Devex un alto funzionario delle Nazioni Unite. Detto questo, l’Etiopia “amplifica” una questione più ampia sui rischi di operare in ambienti ad alto rischio in tutto il mondo.
“Dobbiamo esaminare attentamente e piuttosto rapidamente le altre operazioni per assicurarci di fare tutto il possibile per garantire che gli aiuti raggiungano le persone”, ha detto il funzionario. Tuttavia, “è necessario comprendere ciò che non è sotto il nostro controllo. Quando si verifica un crollo della legge e dell’ordine, non saremo in grado di garantire che i beneficiari possano mantenere l’assistenza, anche se abbiamo fatto tutto il possibile per indirizzarli”, ha aggiunto il funzionario.
Allo stesso tempo, il WFP è ansioso di riprendere il proprio lavoro in Etiopia. Alla fine di luglio, il WFP ha iniziato a testare nuove misure per fornire assistenza alimentare nel Tigray con pratiche di monitoraggio rafforzate, ripristinando una frazione degli aiuti originali per poco più di 100.000 persone aventi diritto, ha detto un portavoce del WFP.
Ma quella ripresa non è stata presa alla leggera. L’USAID ha descritto la deviazione come “estrema” e “coordinata” in una dichiarazione a Devex. Oltre a ciò, diverse persone – alcune delle quali hanno parlato con Devex in forma anonima – hanno affermato che la manipolazione degli aiuti umanitari è da tempo la norma in Etiopia. Che ciò sia stato orchestrato da gruppi ribelli , come il TPLF, dalle truppe governative che combattono contro di loro, o dal governo stesso, non è stata una sorpresa per molti che la diversione sia avvenuta in primo luogo.
“È come il corollario della rana nell’acqua”, ha detto Del Conte. “Quando ce ne rendiamo conto, siamo completamente cotti. Sappiamo quali errori abbiamo commesso e non possiamo farci nulla”.
Nel corso del tempo, fonti hanno affermato che la comunità umanitaria, i paesi donatori e i diplomatici hanno iniziato ad accettare che questo è il modo in cui funzionano le cose in Etiopia, anche se cambia il modo in cui gli aiuti vengono forniti e gestiti. Per un operatore umanitario locale con cui ha parlato Devex, ciò significava vedere il sindaco di una grande città portare a casa i soldi finanziati dal programma di rete di sicurezza della Banca Mondiale . Dall’altro, significava vedere le comunità a cui erano stati assegnati aiuti alimentari non riceverne alcuno.
Anche se la Banca Mondiale afferma di disporre di rigorose reti di sicurezza per prevenire la corruzione e di non aver trovato prove di furto nel sostegno al programma di rete di sicurezza dell’Etiopia, un portavoce ha detto a Devex che l’ultima rivelazione sugli aiuti alimentari ha cambiato le cose anche lì.
“Da quando i partner hanno scoperto problemi relativi agli aiuti alimentari umanitari, abbiamo raddoppiato i nostri sforzi per mitigare ulteriormente questi rischi”, ha affermato il portavoce.
Con il furto che si sta diffondendo a livello nazionale, la portata reale dell’operazione – e chi ne sia responsabile – è ancora sconosciuta. Le indagini di molti enti, tra cui il WFP, l’USAID e il governo etiope, sono ancora in corso. Di conseguenza, l’assistenza alimentare al di fuori del Tigray rimane sospesa.Portatori etiopi scaricano aiuti alimentari destinati alle vittime della guerra dopo un posto di blocco che porta al Tigray nella città di Mai Tsebri, in Etiopia, nel giugno 2021. Foto di: Stringer / Reuters
“Parte integrante della macchina da guerra”
Il consenso del governo è, di solito, esattamente ciò che sperano le agenzie umanitarie. Nessuno conosce i problemi di un paese meglio di chi lo gestisce e, spesso, la partnership sugli aiuti esteri può portare a legami diplomatici più forti. Secondo Del Conte e un portavoce dell’USAID, per anni molte agenzie internazionali in Etiopia – tra cui il WFP e l’USAID – hanno distribuito cibo sulla base di elenchi forniti dal governo.
“Il GoE [governo dell’Etiopia], a differenza della maggior parte dei contesti umanitari su larga scala, ha svolto un ruolo unico e diretto nella fornitura di assistenza alimentare umanitaria in Etiopia”, ha affermato il portavoce dell’USAID. “Il GoE ha determinato la selezione dei beneficiari e le sedi operative dei partner.”
Per molte ragioni, questo ha senso. L’amministratore dell’USAID Samantha Power sottolinea da tempo il passaggio della gestione degli aiuti nelle mani dei gruppi locali e l’abbandono degli stili di sviluppo che ripetono gli errori della colonizzazione.
Ma in Etiopia il quadro è molto più complesso. Nonostante sia un alleato strategico e visceralmente importante per le nazioni occidentali, il record del paese nella fornitura di aiuti è stato complicato dalla complessità del conflitto. In alcune aree, il governo si è fratturato, con la lealtà verso diversi gruppi che hanno creato forti legami nelle rispettive regioni.
“Il problema per molte di queste agenzie delle Nazioni Unite è che molte hanno personale alleato del governo”, ha affermato Cameron Hudson, esperto di governance africana presso il Center for Strategic and International Studies con sede a Washington . “Poiché la loro fedeltà è al loro Paese, al loro governo e alla loro gente, non ne hanno parlato apertamente”.
Nel Tigray in particolare, il TPLF ha istituito un proprio governo, che continua ad avere un controllo profondo su quelli di tutta la regione, dicono gli esperti, comprese le agenzie umanitarie.
“Questo è diventato molto radicato nel folklore etiope: che l’assistenza umanitaria è parte integrante della macchina da guerra”, ha detto Del Conte.
Con l’ultima crisi di diversione, gli Stati Uniti e l’Etiopia stanno in gran parte giocando a un “gioco del pollo”, ha detto un funzionario delle Nazioni Unite a conoscenza della questione. Gli Stati Uniti sperano di sfruttare questa crisi per realizzare riforme che “tirino lo stato etiope fuori dal sistema di distribuzione degli aiuti, più o meno”.
Ma il governo etiope – che ha usato per decenni il controllo sulla distribuzione degli aiuti per controllare la popolazione – scommette che la prospettiva di una fame di massa costringerà gli Stati Uniti e altri donatori a fare marcia indietro. “Il governo etiope è disposto a guardare la gente morire di fame e spera che siano gli americani a battere ciglio per primi”, ha detto il funzionario.
“È letteralmente la volpe a guardia del pollaio, con l’approvazione degli Stati Uniti”, ha detto Hudson. “L’Etiopia è un paese africano troppo importante perché Washington non possa essere in buoni rapporti. Ma il problema è che questi termini sono stati fissati dagli etiopi”.
Un portavoce dell’USAID ha detto a Devex che stanno lavorando con il governo per attuare le riforme necessarie – un processo che, attraverso un “lavoro intenso”, ha permesso all’agenzia di rafforzare il controllo della loro assistenza alimentare. Tuttavia, ha detto il portavoce, “c’è ancora molto lavoro da fare” e gli aiuti alimentari dell’USAID sono rimasti in sospeso fino alla fine di agosto.
Si sta inoltre sviluppando una linea di frattura all’interno del governo degli Stati Uniti su quanto duramente esercitare pressioni sugli etiopi, con l’USAID che preme più forte sul WFP e su Addis Abeba per riformare la distribuzione degli aiuti, e il Dipartimento di Stato americano che cerca un approccio più conciliante che non ne minacci il funzionamento . rapporto con il gigante dell’Africa orientale su una serie di altre questioni.
In risposta a tali affermazioni, il portavoce dell’USAID ha detto a Devex che stavano “lavorando di pari passo con i colleghi di tutto il governo per attuare le riforme necessarie”. All’inizio di agosto, il Dipartimento di Stato ha condiviso informazioni su una chiamata tra il segretario di Stato americano Antony Blinken e il primo ministro etiope Abiy Ahmed – e i due hanno discusso della creazione di un sistema di distribuzione degli aiuti umanitari con una supervisione rafforzata. Blinken ha anche espresso apprezzamento per la leadership del primo ministro nel tentativo di risolvere la crisi nel vicino Sudan.
Uno schema vecchio di decenni
La deviazione degli aiuti è un modello che risale a molto tempo fa su entrambi i lati. Nel 1985, la Central Intelligence Agency degli Stati Uniti riferì che il governo etiope aveva bloccato gli aiuti destinati ai territori controllati dai ribelli, mentre il TPLF, il gruppo di milizie al centro dell’ultima guerra civile, aveva cooptato “la carestia e gli sforzi di soccorso per i loro paesi”. propri scopi” e ha utilizzato i campi profughi per “fornire rifugio, assistenza medica, cibo e denaro ai suoi combattenti”.
“Alcuni fondi che le organizzazioni ribelli raccolgono per le operazioni di soccorso, come risultato della maggiore pubblicità mondiale, vengono quasi certamente dirottati per scopi militari”, affermava il rapporto del 1985. Allo stesso tempo, ha aggiunto, “crediamo che Addis Abeba probabilmente intraprenderà un’azione militare per porre fine agli sforzi di soccorso nelle aree controllate dai ribelli”.
Andiamo avanti velocemente di quattro decenni e questa tendenza continua ancora oggi. Negli ultimi anni, il governo etiope è stato condannato per aver bloccato gli aiuti al Tigray martoriato dal conflitto, un’area dove – a metà della recente guerra – 400.000 persone vivevano in condizioni simili alla carestia.
Dall’altra parte delle linee di battaglia, anche gli aiuti sono stati manipolati: nel settembre 2021, l’ONU in Etiopia ha dichiarato che solo 38 dei 466 camion carichi di assistenza umanitaria erano tornati dal Tigray, portando alcuni a supporre che il TPLF avesse sequestrato quei camion per operazioni in tempo di guerra.
Secondo un esperto di sicurezza dell’Etiopia, che ha parlato con Devex in condizione di anonimato, la consegna degli aiuti da parte dell’ONU è stata appaltata ad un’agenzia esterna con collegamenti con il TPLF.
“Stavano consegnando gli aiuti al TPLF, che parallelamente stava conducendo un’insurrezione armata”, ha detto l’esperto di sicurezza, che ha sentito parlare della situazione da funzionari delle Nazioni Unite e dell’USAID con sede in Etiopia.
In risposta a tale accusa, un portavoce del WFP ha affermato che l’agenzia lavora con i suoi partner non governativi per distribuire gli aiuti alimentari e gestisce la consegna del cibo ai punti di distribuzione finali.
“Il WFP e tutti i partner umanitari devono raggiungere le comunità immediatamente e su larga scala per salvare vite umane e mezzi di sussistenza prima che sia troppo tardi. Per fare questo, siamo obbligati a parlare con tutte le parti in conflitto, indipendentemente dalla loro affiliazione politica”, ha dichiarato il portavoce del WFP in una dichiarazione a Devex.
Indipendenza, intricata
L’Etiopia è un posto complicato in cui lavorare per molte altre ragioni. Negli ultimi quattro decenni, il governo ha imposto leggi severe ai gruppi internazionali, dicono gli esperti, ponendo regole stringenti sul funzionamento organizzativo e soffocando il lavoro sui diritti umani con la burocrazia.
Nel 2009, l’Etiopia ha approvato la Proclamazione sugli enti di beneficenza e sulle società, che ha reso illegale per le organizzazioni straniere lavorare su questioni legate ai diritti umani. La legislazione ha creato la Charities and Societies Agency, che aveva ampia autorità per sospendere, sciogliere e limitare le organizzazioni della società civile in tutto il paese. Inoltre, ha implementato requisiti finanziari, come una limitazione sui finanziamenti per le “attività amministrative” di cui alcune organizzazioni affermavano di aver bisogno per svolgere il proprio lavoro.
“Il risultato reale e voluto di questa legge sarebbe quello di rendere quasi impossibile per qualsiasi organizzazione della società civile svolgere attività che il governo non approva”, affermava un’analisi di Human Rights Watch nel 2008, quando la legislazione fu introdotta per la prima volta. .
Nonostante la legislazione successiva abbia allentato tali restrizioni, nel 2021, il Consiglio norvegese per i rifugiati e Medici Senza Frontiere sono stati costretti a chiudere i battenti dopo essere stati accusati di diffondere disinformazione – un incidente avvenuto poco dopo che le agenzie avevano denunciato le atrocità contro il popolo tigrino, e un mancanza di passaggi sicuri per consentire ai gruppi umanitari di entrare nelle aree colpite dal conflitto.
Nello stesso anno, il governo espulse sette funzionari delle Nazioni Unite dall’Etiopia, accusandoli di “ingerenza negli affari interni del paese”. Il governo ha insistito sul fatto che l’ONU sostiene il TPLF.
Nonostante le complessità, l’USAID ha fornito circa 2 miliardi di dollari di assistenza all’Etiopia nel 2022 e nel 2023, rendendo il paese il maggiore destinatario degli aiuti statunitensi nell’Africa sub-sahariana.
Il Paese svolge un ruolo strategico per gran parte dell’Occidente, soprattutto dopo l’11 settembre. L’Etiopia – il cuore del Corno d’Africa – è stata a lungo vista come un frangiflutti contro l’Islam radicale e un contributore alla stabilità regionale nel suo complesso. È la sede dell’Unione Africana . E ha una delle più grandi economie del continente.
Quindi, ha detto Hudson, per anni molti paesi e organizzazioni hanno trascurato la realtà del lavoro in Etiopia, compreso il controllo dei funzionari governativi sugli aiuti umanitari.
Un ritardo discutibile
Nelle conversazioni con Devex, diversi ex operatori umanitari ed esperti si sono chiesti perché, data la storia della manipolazione degli aiuti in Etiopia, ci sia voluto così tanto tempo per scoprire un furto di cibo su scala così massiccia. Un ex operatore umanitario, che ha lavorato nella regione di Hawassa in Etiopia, ha detto che potrebbe essere perché così tante persone – dai politici locali ai contabili – hanno beneficiato di aiuti rubati.
Il WFP ha pubblicato una valutazione di emergenza alimentare nel Tigray a febbraio, ma nel suo rapporto sulla regione non ha menzionato alcun segno di diversione degli aiuti alimentari. Invece, l’agenzia ha evidenziato i miglioramenti e ha raccomandato di prendere di mira le persone che soffrono maggiormente di insicurezza alimentare in futuro.
In una conversazione con Devex, la direttrice esecutiva del WFP Cindy McCain ha affermato che la maggior parte della deviazione degli aiuti è avvenuta nel dicembre del 2022 e nel gennaio del 2023, ma il furto è stato scoperto solo “molto più tardi”.
“Purtroppo non siamo stati così rapidi a ritirarci come avremmo dovuto”, ha detto McCain a Devex il mese scorso. “Questo era su vasta scala. Posso assicurarvi che stiamo facendo tutto il possibile per assicurarci che ciò non accada mai più”.
Alla fine di luglio, il WFP, l’USAID e il governo etiope stavano tutti indagando sulla diversione degli aiuti alimentari. Ma alcuni esperti temono che indagare sul furto farà ben poco per cambiare il contesto più ampio in Etiopia, su entrambi i lati di un conflitto che dura da decenni.
«E chi ha preso il cibo? Non sono del tutto sicuro che abbia davvero importanza”, ha detto Del Conte. “Il marciume è molto più profondo di così.”
FONTE: devex.com/news/exclusive-rot-i…
Etiopia, 10 mesi di crisi umanitaria in aggravamento dopo 2 anni di guerra in Tigray
In Tigray, stato regionale settentrionale dell’Etiopia, c’è una popolazione di 7,07 milioni di persone (dati 2020) e 7,08 milioni di abitanti.
+7 Milioni di persone nel Tigray
800.000 vittime tra i civili del popolo tigrino
Nel novembre 2020 è scoppiata una guerra definita la più atroce degli ultimi anni e che ha prodotto trra le 600.000 e le 800.000 vittime tra i civili (morti dirette della guerra o come conseguenze, per fame, stenti e mancanza di cure mediche e supporto sanitario). Più di 1/10 della popolazione sterminata, etiopi di etnia tigrina.
+1000 giorni di guerra e crisi umanitaria in atto
Le stime sono la regola perché in +2 anni di guerra dai risvolti etnici e genocidi si è combattuta nel totale blacout comunicativo ed elettrico.
Approfondimento: Etiopia, IGF – Internet Governance Forum e violenze eritree nel blackout del Tigray
+100.000 donne di ogni età di etnia tigrina stuprate
Lo stupro, come in ogni guerra atroce e schifosa che rispetti i suoi canoni, è stato usato come arma di guerra perché l’etnia tigrina non potesse aver seguito, a detta dei loro aguzzini: soldati e milizie etiopi ed eritree. Alcune sono morte per il troppo dolore, anche dopo giorni di agonia. Si stimano più di un centinaio di migliaiai le donne di ogni età barbaramente violentate ed abusate.
Anche dopo la firma dell’accordo di cessazione ostilità concordato a Pretoria tra governo etiope e TPLF – Tigray People’s Liberation Front e mediato dall’ AU – African Union, gli stupri e gli abusi sulle donne tigrine sono continuati come arma di repressione. Le cartelle cliniche di tutta la regione mostrano che la violenza sessuale continua ad essere utilizzata “per intimidire e terrorizzare le comunità”
Approfondimento: www-theguardian-com.translate.…
+70.000 rifugiati in Sudan
I rifugiati in Sudan, nei primi mesi di guerra tra fine 2020 e inizio 2021, sono stati stimati sui 70.000 i tigrini ospitati in campi nel vicino Sudan e finiti tra nuove violenze, bombardamenti e disumanità a partire dal 15 aprile 2023, col tentativo di golpe delle RSF – Rapid Support Forces.
Decine di migliaia morti per fame
Almeno 1400 persone sono letteralmente morte di fame tra marzo e agosto 2023, da quando il WFP – World Food Program e USAID hanno sospeso il supporto alimentare in Tigray aggravando la crisi umanitaria.
youtube.com/embed/OucSoFfV3UI?…
In Tigray sono 5,6 milioni le persone a dipendere dal supporto alimentare.
La sospensione alimentar umanitaria allargata a tutta Etiopia nel giugno 2023, ha lasciato un totale di 20 milioni di persone dipendenti dal supporto alimentare in balia degli eventi. Ad oggi (agosto 2023) WFP ha iniziato il periodo di test (Etiopia, Le autorità della regione del Tigray contestano i rapporti sulla ripresa degli aiuti alimentari del WFP) del suo sistema di monitoraggio consegne ottimizzato. L’ USAID invece non ha ancora riattivato le sue attività di supporto.
Pulizia etnica per centinaia di migliaia di tigrini
Durante i 2 anni di guerra è stata perpetrata pulizia etnica da parte delle forze regionali Amhara su centinaia di migliaiai di etiopi di etnia tigrina, soprattutto nella parte occidentale della regione. Confermato dal report congiunto di HRW e Amnesty International.
Attività di pulizia etnica sono continuate anche dopo l’accordo di tregua come confermato dal report di HRW.
Decine di migliaia di arresti e detenzioni arbitrarie illegali di massa
Dall’inizio della guerra sono stati arrestati, deportati e detenuti etiopi di origine tigrina in abuso del diritto umanitario internazionale. Sono stati perseguiti ed arrestati dal novembre 2020, inizio della guerra, perché sospetti di essere collusi o sostenitori dei membri del partito TPLF. Da maggio 2021 gli arresti e la repressione sul popolo tigrino è stato legittimato dalla legge etiope per cui TPLF e sostenitori sono stati etichettati come gruppo terrorista e terroristi. Agli arresti donne in gravidanza, anziani, ma anche uomini e donne di chiesa.
L’accordo di Pretoria, che fornisce la responsabilità delle parti firmatarie di seguirlo e l’Unione Africana di monitorare e denunciare eventuali violazioni, non riesce a fermare abusi e violenze che continuano.
Amhara ed soldati eritrei sono ancora presenti nella regione, nonostante l’accordo di tregua obblighi le tutte le “forze esterne” a ritirarsi dal territorio.
Recente è la notizia, che non ho potuto verificare direttamente, per cui nel Tigray occidentale, area occupata e rivendicata come storicamente propria dal governo amhara, sarebbero stati arestati 4000 civili di ogni età di etnia tigrina.
Recente è anche la notizia che il presidente della regione Amhara, recentemente in crisi e in stato di emergenza, si è dimesso dalla carica il 25 agosto 2023. Nel 2021 aveva fomentato tutto il popolo a prendere ogni arma per difendersi e fermare ad ogni costo i “ribelli” del TPLF.
Archivio: Aggiornamenti sugli arresti di massa
Milioni di IDP, sfollati interni in Tigray
Gli sfollati interni, IDP – Internally Displaced Persons, (dati IOM 28 giugno 2023): 15% della popolazione regionaleSfollati interni Tigray – IDP giugno 2023 – dati IOM
Archivio: Aggiornamenti situazione IDP – sfollati interni in Tigray
I bambini sono stati lasciati morire di fame
L’ analista Duke Burbridge sottolinea che la recente pubblicazione dei dati sul Tigray da parte della Displacement Tracking Matrix (DTM) dell’OIM rivela che i bambini del Tigray sono stati lasciati morire di fame senza accesso al cibo o a cure salvavita.
Continua aggiungendo che le dichiarazioni pubbliche delle Nazioni Unite e del WFP sulla fame infantile nel Tigray sono allarmanti, fuorvianti e privi di concreti fatti. Sia il WFP che l’USAID hanno dichiarato che la sospensione degli aiuti alimentari non avrebbe influito sull’assistenza nutrizionale, che continuerebbe a raggiungere i bambini nel Tigray.
Approfondimento: L’impatto della sospensione degli aiuti nel Tigray potrebbe essere peggiore dell’assedio.
Report sulla distribuzione e consegna di materiale di supporto umanitario (alimentare, sanitario, igienico)
The International Federation of Red Cross and Red Crescent Societies (IFRC)
Logistics CLuster Mekele Coordination Meeting Minutes 15 Agosto 2023
Etiopia, chi sono le milizie Fano in guerra col governo centrale?
All’inizio di agosto sono scoppiati intensi combattimenti tra la Forza di difesa nazionale etiope (ENDF) e le forze nazionaliste Amhara etichettate come “Fano”. Sebbene da allora le forze nazionaliste siano state respinte dalle principali città della regione, gli scontri sono in corso in gran parte della regione. Storicamente Fano si riferisce ai contadini liberi che si univano agli eserciti reali dell’Etiopia durante le campagne militari, con le proprie armi per combattere e saccheggiare. Il termine ha una forte sfumatura nazionalistica, poiché si ricorda che tra i “patrioti (arbegnoch) che combatterono contro gli invasori stranieri è inclusa Fano.
Negli anni ’60, i radicali del Movimento studentesco etiope usarono “Fano” quasi come sinonimo di “attivista”. Successivamente, però, il termine cadde quasi in disuso. È stato ripreso dagli attivisti giovanili urbani che hanno partecipato al movimento di protesta dell’agosto 2016 contro il governo del Fronte democratico rivoluzionario popolare etiope (EPRDF). Questi gruppi, che si sono rivolti anche ai social, si sono battezzati Fano. Hanno articolato diverse rivendicazioni: un lavoro, una migliore condivisione delle risorse, la giustizia sociale e la fine della repressione. Alcuni hanno denunciato la Costituzione etno-federale del 1995 che accusavano di non garantire una rappresentanza sufficiente per gli Amhara. Alcuni giovani attivisti sono stati incarcerati e molti sono passati all’attivismo online.
Decisiva nell’escalation delle proteste nel 2016 è stata la repressione affrontata dal Comitato Wolkait (WC). Un’organizzazione lanciata un anno prima, era composta da investitori, dipendenti pubblici e commercianti del Tigray occidentale che sostenevano l’annessione della loro zona alla regione di Amhara. Gruppi giovanili hanno organizzato manifestazioni a Gondar quando i loro leader hanno resistito violentemente ai loro arresti.
Questi attivisti ottennero presto il sostegno di gruppi della diaspora che si battevano contro quello che chiamavano un “genocidio” degli Amhara. Questi gruppi hanno condotto campagne su rivendicazioni fondiarie, tra cui Wolkait e Raya, tensioni fondiarie nelle pianure occidentali e meridionali dell’Etiopia dove la violenza aveva preso di mira diversi gruppi etnici, inclusi gli Amhara, e qualsiasi cosa potesse alimentare la sempre crescente retorica anti-Tigrayan. Le politiche di pianificazione familiare erano viste come cospirazioni per indebolire demograficamente Amharas.
Nell’agosto 2016, uomini armati si sono scontrati con l’ENDF nel nord di Gondar. Tra loro c’era Mesafint Tesfu, che in seguito fu coinvolto in campagne militari contro le Forze di Difesa del Tigray (TDF) durante la Guerra del Tigray, così come altri leader armati, tra cui Sefer Mellesse e Aregga Alebachew, che erano conosciuti a livello locale per aver trascorso anni opporsi militarmente all’EPRDF.
Molti giovani attivisti e membri del WC sono stati liberati nell’ambito delle amnistie di inizio 2018. Nello stesso periodo è stato rilasciato Asaminew Tsige, un generale ribelle imprigionato per un tentativo di colpo di stato contro l’EPRDF.
Una volta liberate, queste tendenze cominciarono a fondersi. Condividevano l’opinione secondo cui il pan-etiopismo aveva fallito ed era giunto il momento di accettare l’etnicità come principio organizzativo. Tutti erano socialmente conservatori, lanciavano campagne contro il consumo di khat, organizzavano ritiri nei monasteri, facevano circolare profezie sul rinascita dell’Etiopia e fornitura di addestramento militare segreto per piccoli gruppi.
Man mano che i legami tra attivisti urbani e leader armati più bellicosi si rafforzavano, Asaminew Tsige, le cui opinioni sul Fronte di liberazione popolare del Tigray (TPLF) rimasero invariate, cercò di unificare questi militanti nelle Forze speciali di Amhara (ASF). Per qualche tempo, tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020, “Fano” è stato utilizzato colloquialmente anche per riferirsi all’ASE
Il governo federale ha instaurato un rapporto ambiguo con questi gruppi informali di Fano. Ha permesso loro di combattere contro le milizie Qemant e ha fatto affidamento su di loro per garantire alcuni eventi pubblici come la cerimonia religiosa di Timqat a Gondar. Ha inoltre permesso ad Asaminew di reclutare fino a quando le sue ambizioni non hanno minacciato il governo regionale, che ha cercato di rovesciare nel giugno 2019. La successiva morte di Asaminew ha rallentato le iscrizioni all’ASF.
Tuttavia, quando è iniziata la guerra nel Tigray nel novembre 2020, l’ASF ha combattuto a fianco dell’ENDF per prendere il controllo del Tigray occidentale, supervisionando la pulizia etnica degli abitanti del Tigray.
All’inizio dei combattimenti furono coinvolti miliziani dell’Amhara settentrionale e di Fano, coordinati sotto l’autorità dell’Ufficio regionale per la pace e la sicurezza. Per tutto il 2021, molti uomini armati chiamati “Fano” si sono uniti al fronte, mentre si moltiplicavano le richieste di partecipazione dei miliziani kebele alle campagne. Dopo lo stato di emergenza del novembre 2021, tutti i dipendenti pubblici e molti civili sono stati chiamati al fronte. Gli uomini armati che aderirono furono, ancora una volta, chiamati Fano. La Fano di oggi difficilmente può essere descritta come “gruppi informali”, come li ha definiti Temesgen Tiruneh, incaricato di guidare le strutture dello stato di emergenza ad Amhara.
Molti dei Fano che ora combattono contro l’ENDF sono uomini arruolati per la guerra nel Tigray. Molti affermano di lottare per il rispetto degli Amhara, ma questo non è certo un programma politico. Sebbene non siano ancora uniti militarmente, una parvenza di rivendicazioni comuni li unisce. I più radicali non accettano l’accordo di Pretoria e vogliono “finire” la guerra del Tigray, cioè scatenare i loro disegni genocidi contro la popolazione del Tigray. Molti sono preoccupati per lo status delle terre annesse dalla regione di Amhara durante la guerra. Alcuni si mobilitano sulla questione di Addis Abeba, denunciando una presunta stretta oromo sulla capitale. Più prosaicamente, altri stanno combattendo per perpetuare un’economia di guerra che ha portato ricchezza ad alcuni uomini che hanno annesso terre nel Tigray occidentale e a Metekel, o hanno riscattato i viaggiatori sulle strade di Armach’ho.
Il sostegno popolare che l’attuale Fano riceve proviene da gruppi sociali selezionati, in particolare giovani urbani. I contadini che recentemente hanno manifestato contro l’insufficienza della fornitura di fertilizzanti potrebbero anche sostenere coloro che si ribellano al governo della Prosperità.
Fuori dalle città, tuttavia, la maggior parte dei contadini amhara sono stufi della guerra, della mobilitazione e della massiccia inflazione. Sebbene i radicali possano aver preso in gran parte il controllo dell’apparato statale regionale, molti in questa società ancora prevalentemente rurale si concentrano sui problemi
locali e quotidiani, mantenendo una distanza critica dagli estremisti.
Le origini dell’odierna ‘Fano’ sono molteplici e complesse. Confondere coloro che nutrono legittime lamentele con questioni come i sottoinvestimenti nella regione di Amhara e gli elementi fascisti che ancora cercano la distruzione del Tigray sarebbe un grave errore. Il governo federale deve fare attenzione che la prosecuzione dello stato di emergenza nella regione non ingrossi le fila dei fanesi e non unisca queste fazioni assortite.
A cura del team The Ethiopian Cable – www.sahan.globalEthiopian Cable
Etiopia, guerra del Tigray & la “grande menzogna” dietro la morte di 600.000 civili che ha segnato un secolo
Anche se nel Tigray le armi tacciono, la guerra per la verità sul peggiore sterminio di massa del 21° secolo continua – e un’altra bomba sta per esplodere.
Comprendere la guerra del Tigray in Etiopia , un resoconto del conflitto e delle sue lunghe e complesse radici storiche di Sarah Vaughan e Martin Plaut, ex redattore per l’Africa della BBC, sarà pubblicato questa settimana da Hurst Publishers.
Ciò che hanno da dire è esplosivo: l’intera giustificazione della guerra era basata su una menzogna – l’affermazione che i Tigrini l’hanno iniziata attaccando il quartier generale del Comando Nord a Mekelle, la capitale del Tigray, la notte del 3 novembre 2020 e che la risposta del governo federale è stata una “operazione di legge e ordine per contrastare un attacco terroristico traditore” da parte dei Tigrini.
Gli autori rivelano in grande dettaglio che la motivazione della guerra era da tempo “in gestazione e preparazione” mentre il Primo Ministro Abiy Ahmed spingeva per centralizzare il potere dopo 25 anni di federalismo etnico dominato dal Tigray sotto il Fronte Democratico Rivoluzionario Popolare Etiope .
Dal luglio 2020, raccontano gli autori, ci sono stati espliciti appelli sui social media all’Etiopia e all’Eritrea affinché agissero contro il Fronte di liberazione popolare del Tigray (TPLF), identificato come “la fonte di tutti i nostri problemi”. Abiy e i suoi soci hanno avviato un programma di incitamento all’odio contro i tigrini, definendoli mostri e dicendo che dovrebbero essere gli ultimi della loro specie. I Tigrini furono espulsi dall’esercito e dal servizio civile e migliaia si ritirarono nel Tigray. Il sentimento anti-Tigray è stato incanalato in milioni di case etiopi dalla televisione satellitare.
Un contesto importante è che non si trattava di una guerra civile ma di una guerra regionale in cui la Forza di difesa nazionale etiope (ENDF) si alleava con l’Eritrea, il cui leader, Isaias Afwerki, aveva un litigio di lunga data con i Tigrini che risale agli anni ’70 . I due paesi, insieme alla Somalia, hanno formato un’alleanza tripartita il 27 gennaio 2020, nove mesi prima dello scoppio della guerra, e le armi e le truppe sono state spostate ben prima del 3 novembre.
“Tutti sapevano che sarebbe successo”, ha detto Plaut al Commonwealth Institute in occasione del lancio del libro la scorsa settimana. “Non è stata una sorpresa.”
Un’invasione da tempo pianificata
Plaut cita la professoressa Mirjam van Reisen, dell’Università di Tilburg nei Paesi Bassi, che stava lavorando a un progetto di ricerca con accademici dell’Università di Mekelle quando la notte del 3 novembre 2020 ha ricevuto una chiamata da un collega, che diceva che c’erano stati degli spari in città .
Van Reisen apprese in seguito che due aerei dell’aeronautica etiope erano atterrati all’aeroporto di Mekelle, fingendo di portare nuove banconote, ma in realtà trasportando forze speciali.
“L’ENDF è stato inviato con un aereo per catturare e uccidere la leadership del governo regionale”, ha detto Plaut. “Quella è stata la scintilla che ha portato allo scoppio dei combattimenti”.
I tigrini si sono poi recati al comando regionale di Mekelle e hanno detto loro di consegnare le armi altrimenti sarebbero stati arrestati. Molti lo fecero, ma alcuni reagirono e ci furono combattimenti in altre basi nel Tigray.
Il giorno successivo – 4 novembre – le truppe etiopi, eritree e somale, insieme alla milizia etnica Amhara, iniziarono la loro invasione del Tigray. Gli eritrei presero il Tigray occidentale in modo da poter tagliare le linee di rifornimento verso il Sudan. Macallè cadde il 29 novembre e le TDF furono spinte sulle montagne da dove lanciarono una guerriglia.I rifugiati etiopi provenienti dalla regione del Tigray attendono di ricevere aiuti nel campo profughi di Um Rakuba, a circa 80 km dal confine tra Etiopia e Sudan in Sudan, il 30 novembre 2020. Secondo il Programma alimentare mondiale, il 2 dicembre, circa 12.000 rifugiati etiopi provenienti dal Tigray sono stati sono stati accolti nel campo di Um Rakuba mentre oltre 40.000 rifugiati etiopi sono fuggiti in Sudan dall’inizio dei combattimenti nella regione settentrionale del Tigray in Etiopia. (Foto: EPA-EFE / Ala Kheir)
Le persone fuggite dalla guerra di May Tsemre, Addi Arkay e Zarima si riuniscono in un campo per sfollati interno allestito temporaneamente per ricevere i primi sacchi di grano dal Programma alimentare mondiale a Debark, a 90 km dalla città di Gondar, in Etiopia, il 15 settembre 2021. (Foto: Amanuel Sileshi / AFP)
Il resto è storia. La guerra si è articolata in più fasi: l’occupazione del Tigray (novembre 2020); la riconquista di Macallè da parte delle forze di difesa del Tigray (giugno 2021); la marcia del TPLF su Addis Abeba (da agosto a novembre 2021); la ritirata a Macallè (novembre 2021) e l’assalto finale da parte delle milizie eritree, ENDF e Amhara (aprile 2022), che si concluderà con la cessazione delle ostilità nel novembre 2022.
I paragoni con le atrocità tendono ad essere odiosi, ma l’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha verificato 7.199 morti civili in Ucraina, un livello disgustoso di omicidi di massa di cui il presidente russo Vladimir Putin ha la piena responsabilità. Il numero delle vittime in combattimento ammonta a decine di migliaia.
Al contrario, il numero delle vittime in Etiopia potrebbe non essere mai noto. Le migliori stime sono state elaborate da Jan Nyssen, geografo dell’Università di Ghent in Belgio, che ha calcolato che fino a 600.000 non combattenti sono morti durante la guerra del Tigray tra novembre 2020 e novembre 2022. Molti di loro sono morti di fame. Se si aggiungessero i combattenti morti in combattimento, il numero totale di morti potrebbe avvicinarsi a 1 milione.
Alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco dello scorso fine settimana, la vicepresidente americana Kamala Harris ha accusato la Russia di aver commesso crimini contro l’umanità. Ma dato il simultaneo silenzio quasi planetario sul Tigray, è lecito concludere che non tutti i crimini contro l’umanità sono uguali.
L’amministrazione del presidente Joe Biden ha avviato l’anno scorso una revisione per determinare se fosse stato commesso un genocidio nel Tigray, ma poi ha fatto marcia indietro per non ostacolare il processo di pace culminato negli accordi di pace di Pretoria e Nairobi nel novembre dello scorso anno.
La pace che ha accompagnato la firma dell’accordo ha fornito uno scudo contro il porsi troppe domande difficili o scavare troppo in profondità nel conflitto del Tigray – e ha fornito un’opportunità ad Abiy, che ha ospitato il vertice dei capi di stato africani ad Addis Abeba lo scorso fine settimana, per fare un giro di vittoria.
Gli autori possono aspettarsi una rabbiosa reazione al loro libro, soprattutto riguardo alla falsa affermazione narrativa, poiché questa è diventata un articolo di fede per i difensori dell’operazione militare.
Ma la domanda può essere posta in modo diverso: quale parte era pronta e preparata a combattere una guerra il 4 novembre 2020? Tsadkan Gebretensae, il leggendario comandante delle Forze di Difesa del Tigray (TDF), proprio la scorsa settimana ha criticato aspramente il TPLF per la sua mancanza di adeguata preparazione quando tutti i segnali erano lì.Gli etiopi portano un poster del presidente Abiy Ahmed mentre partecipano a una manifestazione ad Addis Abeba, in Etiopia, il 7 novembre 2021, tenuta per mostrare sostegno al governo e alla Forza di difesa nazionale dell’Etiopia nei suoi sforzi contro il Fronte di liberazione popolare del Tigray e l’Esercito di liberazione dell’Oromo . (Foto: EPA-EFE/STR)
Nelle prime settimane di guerra sono stati commessi numerosi crimini di guerra, come l’uccisione extragiudiziale di centinaia di civili ad Axum nel novembre 2020 e la brutalizzazione e lo stupro di donne tigrine. “Sono stati violentati a caso”, ha detto Plaut. “A volte molte, molte volte nel corso di molti giorni.”
Dovevano ancora verificarsi gli arresti arbitrari di massa di decine di migliaia di etnici tigrini, il bombardamento aereo di scuole e ospedali e l’uso della fame come arma di guerra attraverso il blocco del Tigray, che comportò la morte di migliaia di bambini.
Non si può negare che la TDF abbia risposto anche infliggendo atrocità, ma la tesi che si sia trattato di una guerra a sfondo etnico volta a soggiogare ed eliminare un’intera nazione può essere avanzata solo contro una parte.
Ripescando la vecchia storia
C’è chi si chiederà, con l’accordo di pace ora firmato e in vigore, qual è lo scopo di riportare alla luce questa storia ormai vecchia?
La risposta migliore è la stessa ragione per cui è stata istituita la Commissione per la verità e la riconciliazione del Sudafrica: anche le vittime dovrebbero avere voce in capitolo. E sono africani anche loro.
Ciò è particolarmente vero se si considera che, per gran parte della guerra, il Tigray rimase tagliato fuori dal resto del mondo, senza accesso a Internet o al telefono. Fino ad oggi, i giornalisti rimangono altamente limitati. Il governo etiope, il suo controllo sui media statali e il suo esercito di troll sui social media hanno la capacità unica di raccontare la propria storia o aggredire digitalmente chiunque si allontani dalla linea ufficiale.
Plaut e Vaughan accolgono con favore il dibattito e sperano che vengano scritti più libri. Il conflitto in Etiopia non è finito da molto tempo. La ricerca della verità non si esaurisce con un libro.
L’accordo di pace, dicono, non ha risolto il conflitto fondamentale di fondo in Etiopia sull’identità nazionale comune e le questioni ad essa correlate come il nazionalismo etnico, la fame di terra e il regolamento dei conti.Il primo ministro etiope Abiy Ahmed. (Foto: EPA-EFE/STR)
Il Fronte democratico rivoluzionario popolare etiope (EPRDF) potrebbe essere accusato di autoritarismo e di errori nei 27 anni in cui ha governato il paese, ma negli anni trascorsi da quando Abiy ha preso il potere nel 2018, i livelli di conflitto, divisione e violenza sono stati senza precedenti.
Ciò non vuol dire negare che l’accordo di pace sia stato un risultato significativo. Il ruolo del Sudafrica e degli ex presidenti Olusegun Obasanjo della Nigeria e Uhuru Kenyatta del Kenya – e degli Stati Uniti dietro le quinte – probabilmente ha salvato molte migliaia di persone dalla fame e dalla morte.
L’Accordo di Pretoria era alla base dell’ammissione che la TDF era esaurita e allo stremo, con il popolo del Tigray affamato e di fronte a una schiacciante forza regionale armata e finanziata da potenti attori internazionali.
Vaughan teme quell’aspetto dell’accordo che rafforza il messaggio che “la forza è giusta e si può vincere con la forza delle armi”.
Come lei sottolinea, il Tigray è solo una delle dinamiche che hanno segnato l’Etiopia in questo periodo.
“Anche dopo la cessazione delle ostilità, avvenuta il 22 novembre dello scorso anno, il conflitto si è esteso ad altri ambiti”, spiega.
Più recentemente si è trattato dello scisma nella Chiesa ortodossa. Ora che i Tigrini sono fuori dai giochi, la lotta per il dominio in Etiopia si gioca tra Oromo e Amhara.
L’Etiopia si è allontanata dall’attento atto di bilanciamento etnico dell’era EPRDF, che potrebbe essere stata una risposta imperfetta al problema delle molteplici etnie, verso quello che Vaughan ora chiama un “gioco a somma zero” in cui la scelta dell’identità è molto più netta.
“Fino a quando le élite etiopi non troveranno un approccio più positivo e costruttivo a questo problema, questo accordo di pace potrebbe restare, ma i problemi di fondo non saranno risolti”, dice.
Questo articolo di Phillip van Niekerk è stato pubblicto dal Daily Meverick il 22 febbraio 2023
FONTE: dailymaverick.co.za/article/20…
Etiopia, l’Eritrea fa muro alle richieste britanniche sul ritiro dei soldati dal Tigray
Il ministro dell’informazione dell’Eritrea ha detto venerdì che il suo governo aveva convocato un diplomatico britannico per protestare contro le osservazioni dell’ambasciatore britannico in Etiopia che esortava Asmara a ritirarsi dalla regione etiope del Tigray.
Le truppe eritree hanno sostenuto le forze etiopi durante la guerra di due anni del governo federale contro il Tigray People’s Liberation Front (TPLF) e sono state accusate dagli Stati Uniti e dai gruppi per i diritti di alcune delle peggiori atrocità del conflitto.
La guerra si è conclusa con un accordo di pace (CoHA accordo di cessazione ostilità) firmato nel novembre dello scorso anno che prevedeva il ritiro delle forze straniere, ma Asmara non era parte dell’accordo e le sue truppe continuano a essere presenti nelle zone confinanti con il Tigray.
L’inviato britannico in Etiopia Darren Welch mercoledì 9 agosto, in un’intervista pubblicata online, ha detto all’emittente Tigrai TV che il governo del Regno Unito ha sostenuto “le richieste verso forze eritree di ritirarsi completamente ai propri confini”.
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L’ambasciatore del Regno Unito ha anche promesso finanziamenti per promuovere le attività di indagini sulle responsabilità per le violazioni dei diritti umani in Tigray.
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Giovedì 11 agosto 2023 il ministero degli Esteri dell’Eritrea ha convocato l’incaricato d’affari britannico ad Asmara “per trasmettere un messaggio forte a Whitehall sulle osservazioni ingiustificate dell’ambasciatore britannico in Etiopia… apparentemente a sostegno delle affermazioni irredentiste del TPLF”, ha dichiarato il ministro dell’Informazione Yemane Gebremeskel su X, precedentemente Twitter.Eritrea, convoca diplomatico britannico dopo dichiarazioni ambasciatore UK sul ritiro delle truppe eritree ddall’ Etiopia.
Da diverse fonti è giunta la notizia che i soldati eritrei hanno continuato ad accedere al Tigray via Humera in questi giorni di agosto, specialmente domenica 13 agosto che è stato giudicato come il maggior afflusso (stime 100/200 soldati).
Da Arab News si legge che:
“L’Eritrea si è staccata dall’Etiopia nel 1993 e ha combattuto una guerra di confine di due anni con il suo vicino – allora governato dal TPLF – che ha avvelenato le relazioni fino a un accordo di pace nel 2018, dopo che il primo ministro Abiy Ahmed è salito al potere ad Addis Abeba.Soprannominata la “Corea del Nord” dell’Africa, l’Eritrea è stata sanzionata dagli Stati Uniti nel 2021 dopo aver inviato truppe nel Tigray.
Le sue forze sono state accusate di omicidio, stupro e saccheggio, secondo i residenti che affermano che i soldati eritrei sono ancora nel Tigray, più di nove mesi dopo la fine della guerra.
Durante una rara conferenza stampa in Kenya all’inizio di quest’anno, il presidente eritreo Isaias Afwerki ha respinto le accuse di violazioni dei diritti da parte delle truppe eritree nel Tigray come “fantasie”.
Human Rights Watch a febbraio ha chiesto nuove sanzioni contro l’Eritrea, accusandola di aver radunato migliaia di persone, compresi i minori, per il servizio militare obbligatorio, durante la guerra del Tigray.
Il paese si trova in fondo alla classifica mondiale per la libertà di stampa, così come per i diritti umani, le libertà civili e lo sviluppo economico.”
Tigray, Appello urgente dalla gente di Irob: stiamo morendo di fame – Etiopia
CHIAMATA URGENTE ALL’AMMINISTRAZIONE PROVVISORIA
27 aprile 2023
È un appello urgente per una soluzione e la distruzione della popolazione di Irob ha sollevato una questione molto preoccupante.
Sono passati circa sei mesi da quando il Tigray ha firmato un accordo di cessate il fuoco con il governo federale dell’Etiopia. Una delle questioni principali incluse nell’accordo è che le forze d’invasione al di fuori delle forze di difesa etiopi dovevano lasciare il Tigray contemporaneamente al disarmo delle forze di difesa del Tigray. Mentre le forze del Tigray si disarmavano secondo l’accordo, le forze d’invasione dell’Eritrea e dell’Amhara controllavano con la forza molti stati del Tigray e continuavano a massacrare, rapire; Continuano a sfollare e impediscono agli aiuti umanitari di raggiungere la popolazione. Irob è uno dei distretti del Tigray che è occupato dalle forze d’invasione.
La maggior parte delle stazioni del distretto sono state distrutte dalle forze d’invasione eritree per più di due anni e mezzo. Anche le persone nelle stazioni liberate dalle forze d’invasione muoiono di fame e mancanza di medicine anche dopo l’accordo di pace, poiché le forze d’invasione hanno bloccato le strade e impedito il passaggio degli aiuti umanitari. Con la popolazione di Irob in numero ridotto; Riteniamo che sia evidente a tutti che si trova in una fase di estinzione in cui non può continuare a preservare la propria identità poiché è vittima di ripetuti attacchi da parte delle forze d’invasione eritrea e necessita di una soluzione urgente. Il governo del Tigray durante la guerra del genocidio ha chiesto un’attenzione speciale al prolungato genocidio del popolo Irob e del popolo Kunama allo stesso stadio di estinzione. Dopo l’accordo di cessate il fuoco, la forza del Tigray ha negoziato con il governo federale per conto del Tigray; Abbiamo chiesto un’amministrazione ad interim.
Nel frattempo, il 14/08/2015, il Vicepresidente dell’Amministrazione ad interim del Tigray e Capo del Cluster Democratizzazione e disuguaglianza, l’On. Alla domanda di un giornalista sul mancato ritiro delle forze d’invasione eritree e sullo sterminio del popolo Irob e Kunama in particolare, il generale Tsadkan ha affermato di essere consapevole della distruzione e delle atrocità commesse dalle forze d’invasione eritree contro questi popoli. Una delle cose che ha reso difficile la soluzione del problema è che l’insediamento di entrambi i popoli è in Tigray ed Eritrea. e l’amministrazione provvisoria del Tigray.
È difficile credere che l’amministrazione ad interim del Tigray e Sua Eccellenza il Generale Tsadkan possano perdere l’identità, l’origine e la storia del popolo di Irob e della terra di Irob. Il popolo Irob è un gruppo etnico che si trova solo nel Tigray e nel Tigray. Non esiste un gruppo etnico o una comunità Irob in Eritrea. Il popolo di Irob per origine è un popolo la cui storia e contributi sono il centro del Tigray e dell’identità del Tigray, non il confine. La presenza dell’etnia Kunama in entrambi i luoghi non può essere una ragione per l’impossibilità di proteggere dall’estinzione i Kunama del Tigray. L’unico modo per salvare dalle forze d’invasione dell’Eritrea e dell’Amhara occupanti gli interi territori costituzionali del Tigray è garantire l’integrità territoriale del Tigray pre invasione.
In risposta a una domanda di un giornalista, il generale Tsadkan ha affermato di non ricevere una risposta chiara dalle autorità competenti (governo federale) su come e quando le forze d’invasione potranno lasciare il Tigray. È molto preoccupante visto il continuo e pericoloso sterminio del popolo Irob. Soprattutto nelle postazioni di Irob dove sta occupando l’esercito invasore eritreo; Abbiamo ricevuto informazioni insidiose secondo cui sta cercando di costringere le persone a cambiare identità dicendo che non se ne andranno perché sono determinate dall’Accordo di Algeri e dalla Commissione per le frontiere.
Tuttavia, questo accordo e questa decisione non si basano solo sull’accordo di Algeri che è stato presto sciolto dall’Eritrea. Non ha basi legali e amministrative ed è al di fuori della volontà del popolo e viola il diritto all’autodeterminazione del popolo di Irob. Inoltre, la decisione della Border Commission che viola le leggi internazionali delle Nazioni Unite in materia di minoranze e popolazioni indigene è del tutto inaccettabile e se attuata con la forza non solo distruggerà completamente l’esistenza del popolo Irob ma causerà anche una rottura della pace duratura tra Tigray/Etiopia ed Eritrea. Il popolo di Irob in particolare e il popolo del Tigray in generale, non accetta affatto questa decisione e l’amministrazione ad interim del Tigray non dovrebbe assolutamente negoziare su questo tema.
Chiediamo all’onorevole generale Tsadkan e ad altri funzionari dell’amministrazione ad interim del Tigray di discutere questi problemi e altri problemi attuali con la diaspora della comunità Irob e gli anziani e i rappresentanti del popolo nel Tigray. La popolazione di Irob protesta da più di 20 anni contro l’accordo di Algeri e la decisione della commissione per le frontiere. La richiesta del luogo in cui si trovavano più di 100 civili che sono stati rapiti dall’Eritrea per più di 20 anni non ha ricevuto risposta dal Tigray prebellico e dai governi federali. Pertanto, mentre esprimiamo la necessità del forum di dialogo, vorremmo esprimere la disponibilità e la volontà della società civile Irob Anina di facilitare il forum.
Parte del Tigray è sotto le forze d’invasione e in continua distruzione; Non c’è parte del Tigray che sarà pacifica!
Irob Anina Società Civile
Istituzioni e organizzazioni della diaspora del Tigray che sostengono questo invito:
Legacy Tigray
Tigray Action Committee
ALL of Tigray
Security and Justice for Tigrayans
Dekna Foundation
Health Professionals Network for Tigray
United Tegaru Canada
Tigray Disaster Relief Fund
FONTE: irobanina.org/press-releases/u…
Etiopia, in Tigray la guerra non è ancora finita: “La gente è sotto assedio”
Nonostante l’accordo di pace dello scorso novembre, le truppe eritree rimangono in alcune zone di confine e la comunità Irob ne sta pagando il prezzo.
L’Eritrea ha ottenuto l’indipendenza dall’Etiopia nel 1991 dopo una lotta di 30 anni iniziata nel 1961. Fotografia: J Countess/Getty Images
Per mesi, Padre Tesfaye* ha preso la sua malconcia Land Cruiser e ha fatto la spola segretamente tra il suo distretto natale di Irob e Mekelle, la capitale della regione settentrionale del Tigray in Etiopia, trasportando malati, medicine e piccole quantità di cibo di cui aveva disperatamente bisogno.
Le truppe eritree bloccano l’unica buona strada per Irob, impedendo alle agenzie umanitarie di portare rifornimenti umanitari, quindi il prete cattolico romano deve prendere una pericolosa strada a ritroso attraverso le montagne per evitare i posti di blocco.
“Vogliono uccidermi”, dice padre Tesfaye. “Diverse volte sono stato quasi abbattuto.”
Gli Irob sono una piccola comunità di circa 35.000 persone che parlano la propria lingua – Saho – e vivono per lo più nella tasca nord-orientale del Tigray a cui danno il nome. È una zona di confine remota che è stata a lungo rivendicata dall’Eritrea.
Quando è scoppiata la guerra nel Tigray nel novembre 2020 , l’esercito dell’Eritrea ha invaso Irob e altre parti della regione come alleato del governo federale dell’Etiopia contro il Fronte popolare di liberazione del Tigray (TPLF), che un tempo dominava la politica etiope.
Truppe in divisa eritrea nella città di Bizet, nel marzo 2021. Foto: Baz Ratner/Reuters
Nel Tigray, le truppe eritree hanno condotto una campagna di stupri di gruppo, schiavitù sessuale, fame forzata, torture e uccisioni di massa contro la popolazione civile, compreso un massacro del 2021 di circa 50 persone a Irob il giorno di Natale dell’Etiopia, il 7 gennaio.
Gli omicidi erano una rappresaglia per gli attacchi delle milizie locali contro le truppe eritree, dice padre Tesfaye, che ha contribuito a seppellire i corpi. “Abbiamo dovuto ottenere il permesso dai soldati eritrei”, dice. “È stato molto spaventoso perché erano molto, molto arrabbiati. Pensavo che mi avrebbero sparato, ma fortunatamente Dio ha fermato la loro mano”.
È stata una delle dozzine di occasioni in cui padre Tesfaye ha negoziato con le truppe a nome della comunità. Li placò con bestiame, vasi di miele e sacchi di grano.
Un accordo di pace raggiunto tra il TPLF e il governo etiope nel novembre 2022 ha posto fine ai combattimenti nel Tigray, che hanno ucciso centinaia di migliaia di persone. Le truppe eritree poco dopo si ritirarono da gran parte della regione, ma nove mesi dopo occupano ancora diverse aree lungo il confine, compresi quattro dei sette sottodistretti di Irob. Anche se un accordo di attuazione firmato poco dopo il cessate il fuoco prevede che le forze “straniere” debbano lasciare il territorio etiope.
Padre Tesfaye e attivisti affermano che le truppe eritree continuano a saccheggiare bestiame e rapire persone a Irob e altrove. Il gruppo di difesa Irob Anina ha contato 56 persone scomparse da Irob e dal vicino distretto di Golomkeda dal cessate il fuoco. Si teme che siano stati reclutati con la forza nell’esercito eritreo.
“Non ci sono stati miglioramenti per noi dopo la pace”, dice padre Tesfaye. “Gli eritrei non si sono mossi; stanno bloccando la strada”.
Il confine tra Etiopia ed Eritrea è una delle frontiere più contese al mondo. Tra il 1998 e il 2000, il TPLF ha guidato l’Etiopia in una sanguinosa guerra contro l’Eritrea oltre il confine, che è stato finalmente demarcato da una commissione delle Nazioni Unite nel 2002.
Migliaia di donne e ragazze sono state prese di mira dalla tattica deliberata di usare lo stupro come arma nella guerra civile. Fotografia: Eduardo Soteras/AFP/Getty Images
Quando è scoppiata la recente guerra nel Tigray, l’Eritrea si è mossa per rivendicare le aree che le erano state assegnate dalla commissione delle Nazioni Unite ma ancora occupate dall’Etiopia. Ha anche preso il territorio su cui rivendicava ancora la sovranità, ma è stato giudicato dalla commissione come dell’Etiopia, come Irob.
Gli attivisti affermano che le autorità eritree stanno distribuendo carte d’identità eritree a Irob come parte della loro annessione de facto della regione. “[I soldati eritrei] dicono che questa è la nostra terra e che voi siete la nostra gente”, dice un ex residente di Irob che ha visitato a giugno.
Con Irob tagliato fuori dalla continua occupazione dell’Eritrea, i gruppi umanitari sono stati in grado di consegnare solo una manciata di rifornimenti. Le scuole e gli ospedali della zona sono chiusi e gli agricoltori non hanno potuto acquistare sementi e fertilizzanti per la recente stagione della semina.
“Quasi tutti quelli con cui ho parlato hanno detto: ‘Se non possiamo coltivare quest’anno, cosa mangeremo l’anno prossimo? Come faremo a sopravvivere?’”, dice l’ex abitante di Irob. “Queste sono le preoccupazioni che le persone condividono”.
Un carro armato militare eritreo danneggiato vicino alla città di Wikro nel marzo 2021. Foto: Baz Ratner/Reuters
La situazione è simile in altre zone di confine del Tigray classificate come “difficili da raggiungere” dalle Nazioni Unite a causa della continua presenza dell’Eritrea, affermano operatori umanitari e diplomatici.
“Il problema più serio che abbiamo è che nessuna agenzia umanitaria internazionale può passare (i posti di blocco eritrei)”, dice padre Tesfaye. “Le persone sono sotto assedio, sono bloccate dal mondo esterno”.
Irob Anina chiede il ritiro delle truppe eritree da Irob e l’accesso umanitario senza ostacoli. Rita Kahsay, il suo direttore esecutivo, afferma che l’occupazione minaccia di spazzare via gli Irob come gruppo etnico minoritario, poiché sta alimentando lo spostamento degli Irob in altre parti del Tigray, dove si assimilano e smettono di parlare la propria lingua.
“La guerra non si è affatto fermata per Irob”, dice Rita. “È in corso ed è completamente dimenticato.”
* Il nome è stato cambiato
FONTE: theguardian.com/global-develop…
Etiopia, 6 milioni di euro italiani per l’ospedale di Adwa mentre gli sfollati in Tigray muoiono di fame
L’ospedale di Adwa, nello stato regionale del Tigray, da una semplice tenda oggi è uno dei più grandi ospedali della regione settentrionale dell’Etiopia.
“L’ospedale Kidane Mehret di Adwa prgettato per offrire 200 posti letto, è stato costruito di fianco alla missione salesiana. Le attività sanitarie sono state avviate nella prima ala da marzo 2019, con 27 posti letto iniziali.A causa di una grave crisi politica e militare tra il governo centrale ed il partito al potere nel Tigray, la regione di Adwa è stata al centro di un conflitto armato tra novembre 2020 e novembre 2022.
Il Kidane Mehret è rimasto l’unico nel raggio di centinaia di chilometri in grado di poter offrire assistenza sanitaria ai feriti ed ai malati.” Amici di Adwa ONLUS
Deve ancora espandersi e rafforzare la sua sua capacità e i suoi servizi grazie alla sovvenzione di 6 milioni di euro da parte del governo italiano.
L’accordo è stato firmato presso l’ambasciata italiana ad Addis Abeba tra Agostino Palese, ambasciatore italiano e Worknesh Mekonnen, la direttrice dell’ UNOPS – Ufficio delle Nazioni Unite per i servizi ed i progetti in Etiopia.
L’UNOPS per nome della direttrice in Etiopia e rappresentante presso l’African Union, supervisionerà la consegna del progetto che dovrebbe durare fino a 36 mesi.
La direttrice dell’ UNOPS ha dichiarato:
“L’Etiopia ha affrontato molteplici sfide umanitarie che si sovrappongono, mettendo a rischio la vita e il sostentamento di milioni di persone e guidando continuamente verso l’alto i bisogni urgenti di sostegno umanitario.A tal fine questo impegno del governoitaliano verso il popolo del’Etiopia è immenso. Questo è il terzo progetto che stiamo firmando col governo italiano nel 2023 e vorrei ringraziare il governo italiano per l’impegno continuo per la causa orientato a migliorare la vita delle persone che serviamo. Sono anche grata che abbia scelto UNOPS per realizzare questo particolare progetto. Nella massima misura possibile UNOPS garantirà che il progetto sia costruito sull’etica della resilienza climatica e dei principi di inclusività.”
L’Ambasciatore italiano dal suo canto ha espresso la speranza che l’Osp. Kidane possa essere esempio per gli hospice di tutta la regione e il piano del governo italiano di intervento anche nelle regioni di Amhara e Afar.
Ha aggiunto:
“L’iniziativa mostra il forte impegno del governo italiano a sostenere, rafforzare e migliorare il settore sanitario in Etiopia. Con questo progetto, l’Italia, sostituendo sostanzialmente il contributo della riabilitazione infrastrutturale del settore sanitario in Tigray, pone l’Italia in prima linea nell’azione per ricostruire, sostenere e rafforzare il servizio sanitario nella parte del Paese interessati da quasi 2 anni di guerra. E’ attraverso il potenziamento dell’ospedale Kidane Mehret che vogliamo contribuire alla realizzazione di un ospedale di riferimento per l’intera area per garantire l’accesso alla salute per tutti.”
Venerdì 4 agosto 2023 la Dottoressa Nonhlanhla Dlamini, WHO Ethiopia, ha fatto visita all’ Ayder Hospital di Mekelle.
“Ieri, la dott.ssa Dlamini con il suo team ha visitato l’ospedale specialistico #Ayder di #Mekelle #Tigray . Si sono svolte fruttuose discussioni con la dirigenza dell’ospedale, incentrate sul rafforzamento dei servizi sanitari e sull’affrontare le principali priorità sanitarie dell’ospedale.”
Giovedì 3 agosto 2023 il Dr. Hale Teka, lanciava un appello:
“Questa MRI – macchina per risonanza magnetica da 3 Tesla del valore di 300 milioni sta perdendo il suo potenziale magnetico a causa della mancanza di manutenzione. Se non mantenuta urgentemente, la risonanza magnetica diventerà presto del metallo inutile. L’Ayder Hospital ha un disperato bisogno di 30 milioni di Birr per ripararlo.Poiché la risonanza magnetica ora non funziona, i pazienti che necessitano del servizio stanno percorrendo circa 900 chilometri per ottenere una scansione. Salva la macchina, salva vite.”
Milioni di euro, ma l’urgenza per la sopravvivenza è ora
I due anni di guerra ed i successivi 9 mesi passati dall’accordo di cessazione ostilità firmato a Pretoria, oggi agosto 2023, ha portato a delle conseguenze umanitarie disastrose ancora in atto. Il tutto aggravato dal blocco del supporto alimentare di WFP e USAID a partire da marzo 2023 per quasi 6 milioni di persone in Tigray e nel resto d’Etiopia da giugno: sono 20 milioni oggi le persone in attesa.
La situazione dei campi IDP, per sfollati interni in Tigray é atroce e disumana
Le persone vivono in agonia giorno per giorno, mendicando di giorno nella speranza di trovare cibo o supporto. Decine di migliaia soffrono la fame per mancanza di cibo che dovrebbero fornire le agenzie umanitarie, ma che, nonostante l’accordo di tregua in atto, non ricevono le dovute cure ed assistenza.
Ho condiviso su un precedente aggiornamento la testimonianza di Marco Sassi, presidente VIM-Volontari Italiani Madagascar, coordinamento di 120 associazioni, in visita in campi per sfollati ad Abi Adi.Campi IDP a Shire, Tigray – Etiopia – Agosto 2023 – Credits Marco Sassi
Oggi riporto integralmente un suo nuovo aggiornamento del 4 agosto 2023:
“Refugee Camp di Shirè, Tigray Centrale. Mi mancano le parole. Mi sono mancate a lungo durante la visita al campo autocostruito intorno alle scuole primarie di Shirè, 6500 famiglie, 34.000 persone che vivono solo qua. E nel woreda di Shirè ce ne sono altri 18 così, in condizioni disumane.Mentre lo visitavo in compagnia del Comiteè di gestione, eletto dai rifugiati stessi, mi rimbalzavano in modo ossessivo in testa le parole e le immagini di “Se questo è un uomo” e dei lager.
Solo negli ultimi 2 giorni sono morte 4 persone per fame, 16 nelle ultime settimane. Sono 7 mesi che non ricevono nulla.
Mi era montata una rabbia che stava per esplodere, forse frenata solo dalle emozioni.
Rabbia perché ci sono Agenzie internazionali delle UN, come Unicef, Unhcr e OIM che hanno messo i loro stemmi nel campo. E ci sono pure le grandi INGO’s, – e io i nomi li faccio, oh se li faccio! – come World Vision, Plan, Danish Refugee Council, che hanno messo loghi e striscioni.
Ma la verità è che non fanno nulla, non distribuiscono cibo, non hanno medicine, fanno finta di fare assistenza medica – che non c’è!! – e hanno portato solo 150 tende (senza nient’altro) , del tutto insufficienti e gli altri se le sono costruite da soli!
Gli ho chiesto se hanno mai visto al campo dei ferenji (i bianchi)… NOOOO!!!
I “bianchi” stanno chiusi nei loro palazzi di lusso, con paghe stratosferiche e non vanno al campo – forse anche per paura delle critiche – e mandano di tanto in tanto i loro luogotenenti locali (quasi tutti della capitale, dell’etnia responsabile del genocidio da cui sono scappati) a fare qualche passerella o a montare qualche tendone più grande “di richiamo fotografico”, ma completamente vuoto e inutile. Quelli del DRC sono venuti , hanno portato una scrivania al comitteè e sono spariti. Ma hanno affittato – con finanziamento della UE ! – un intero palazzo di lusso!
Milioni di euro che spariscono nel nulla!
Il campo è stato allagato da una tempesta d’acqua una settimana fa, con tanta acqua che ha portato via un bambino, ma nessuno è venuto ad aiutarli!
Vivono dormendo per terra, con la TBC e altre malattie respiratorie sempre più diffuse, ma non hanno farmaci.
Ci sono moltissime donne con HIV, spesso a seguito dello stupro delle truppe eritree e delle milizie irregolari Fano, ma non hanno nulla. Sembra che l’HIV sia diffuso anche tra i bambini.
Si nutrono dei resti del cibo della popolazione residente in città, facendo elemosina, mandando i bambini a lustrare le scarpe.
Già… i bambini…. Quelli per i quali siamo stra-sicuri che UNICEF e UNHCR provvedano alla loro istruzione… e invece sono 3 anni che non vanno a scuola e nessuno se ne occupa!
E sono moltissimi i bambini denutriti e in evidentissimo ritardo di sviluppo rispetto all’età, con braccine del diametro di pochi cm, che fanno venire il magone in gola a toccarli. HANNO FAME!!
Nelle tende fradicie, su materassi e coperte fradicie, con fango e acqua, vivono anche in famiglie di 7- 8, nelle mini tende dell’OIM ne avevano sistemati anche il doppio, prima che scoppiasse una mini-rivolta.
Sono completamente abbandonati, sono tenuti all’oscuro di tutto e non sanno quali sono le risorse a loro disposizione (ma che bella “cooperazione”); sono incazzati neri contro le ong, che sfrecciano con fuoristrada nuovissimi, ma nessuno sa che cosa fanno o che cosa devono fare.Nel campo si muore di fame, ci sono migliaia di topi che portano malattie, si muore di malaria, di polmonite, si muore di malnutrizione, di sporcizia e mancanza di latrine decenti per tutti.
Sono disperati ma composti. Almeno per ora.Tutti mi chiamavano dentro il loro cantuccio, quando ce l’avevano. Alcuni dormono sul nudo pavimento esterno della scuola, per terra. In una foto ci sono dei cenci per terra. Sono il letto di un ragazzo che ha combattuto ed è rimasto mutilato; sono il suo letto. A fianco dei teli separano le “casine” open air di altrettante famiglie.
Nelle aule vivono anche 40-50 persone, 7- 8 famiglie, ogni letto una famiglia, eh sì, ….perché in un letto si dorme in 5.
I bambini sono denutriti, in evidente stato di ritardo di sviluppo rispetto all’età, hanno braccine di pochi cm di diametro. E’ una cosa che toglie il fiato.
Anche perchè con i soldi elargiti da UE e Stati vari avremmo dovuto occuparci di loro. Sono imbestialito.
Mi allargo: pensate di continuare a sostenere con i vostri contributi o 5×1000 l’Unicef?! Liberi, ma facciamo in modo di separare le nostre strade, datemi la possibilità di togliervi l’amicizia.Povera gente tradita: sono scappati dai Woreda occidentali di Humera e Dashan, a piedi, camminando per 4 o 5 giorni, facendo i funerali di quelli che morivano per strada uccisi dalla fatica, dalla sete, dalle milizie Fano o da quelle eritree se li trovavano sui monti.
Sanno di non poter tornare a casa. Le loro terre – tra le più fertili del Paese – e le loro case sono state occupate dalle milizie Fano, che non se vanno e non hanno alcuna intenzione di farlo, in barba agli Accordi di Pace. E mi fa ancora più incazzare, perché quando sento parlare di guerra in Ucraina e di tutte le attenzioni tra quei due popoli che non vogliono far la pace, bene, qua, nonostante i 600.000 morti degli Accordi di Pace sono stati firmati, il Tigray li ha rispettati e le altre parti no, ma la comunità internazionale se ne frega! Ma allora, ditemi, quando cazzo arriva il momento di mandare quei pagliacci dei Caschi Blu dell’ONU che paghiamo ognuno come nababbi, per stare intanati da qualche parte a non fare niente?!
Qua muoiono le persone perché non possono tornare alle loro case occupate e non restituite secondo gli Accordi di Pace! Ma chi cazzo glielo racconta la prossima volta di “fare la pace”?! Moriranno tutti fino alla fine prima di farsi fregare un’altra volta!
Sono mortificato, arrabbiato, ho pianto e ho avuto il magone per ore.
Ma non finisce qua.
Sono venuto fino qua, per vedere, per capire, e ho capito cose che non dovevo vedere.
E a chi si chiede “perché sei andato”, rispondo “perché non siamo andati”, tutti!, a squarciare quel velo oscurante che hanno fatto calare benissimo sopra questo dramma, che nessuno deve conoscere, nessuno deve vedere. Il genocidio più terribile degli ultimi anni, dimenticato.
Morire per fame, no, la mia religione laica non me lo concede.
E nemmeno di tacere.”
Le volontà politiche di sospensione alimentare e di gestione della crisi fanno morire persone ogni istante
Dopo la sospensione del supporto alimentare per milioni di persone da parte di agenzie umanitarie preposte a questo onere e responsabilità, non è giunta ancora alcuna dichiarazione ufficiale sulla ripresa delle attività da parte né di WFP né di USAID.
Il WFP aveva precedentemente dichiarato che probabilmente avrebbe ripreso le consegne verso la fine di luglio 2023. Tempo massimo superato e dal WFP alcuna dichiarazione.
Le persone continuano a morire di fame, adulti e bambini.
La scelta politicizzata di sospensione alimentare è stata ulteriormente politicizzata dalle volontà del Segretario americano Antony Blinken di comune accordo con il primo ministro etiope.
Venerdì 4 agosto 2023 il Dipartimento di Stato americano ha rilasciato un comunicato sul confronto telefonico avuto tra le due parti in cui si può leggere la volontà di costituire nuove sovrastrutture per “aiutare i bisognosi”.
“Il Segretario e il Primo Ministro hanno discusso della creazione di un sistema di distribuzione degli aiuti umanitari con una supervisione rafforzata per raggiungere l’obiettivo condiviso di riavviare gli aiuti alimentari il prima possibile.“
WFP e USAID si fanno attendere, come gli aiuti per milioni di persone in attesa, non si sa ancora per quanto.
Approfondimenti:
- [Analisi] Etiopia, in Tigray l’impatto della sospensione del supporto alimentare potrebbe essere peggiore dell’assedio.
- Etiopia, Aggiornamenti dal Tigray – 26 Luglio 2023
- Etiopia, la crisi umanitaria in Tigray continua, ma per l’Italia si è risolto tutto con l’accordo di Pretoria
- [Archivio] 2 anni di aggiornamenti su Tigray ed Etiopia
Stoccolma, 52 feriti, 100 detenuti negli scontri al festival eritreo
FONTE: AFP
Più di 50 persone sono rimaste ferite e dozzine sono state arrestate giovedì a Stoccolma quando sono scoppiati scontri durante un festival filogovernativo eritreo, hanno detto funzionari della polizia e della sanità, con manifestanti antigovernativi che hanno distrutto proprietà nel sito.
“Un altro raduno pubblico ha avuto luogo vicino al luogo del festival, durante il quale è scoppiata una violenta rivolta”, ha detto la polizia, aggiungendo in un comunicato di aver arrestato “un centinaio di persone”.
La polizia ha affermato di essere rimasta sulla scena in un sobborgo a nord-ovest di Stoccolma e di “continuare i suoi sforzi per interrompere atti criminali e ristabilire l’ordine”.
Hanno anche affermato di aver aperto un’indagine su disordini violenti e incendi dolosi, oltre a ostacolare il lavoro della polizia e dei servizi di soccorso.
Circa 1.000 manifestanti antigovernativi autorizzati a tenere una protesta nelle vicinanze hanno sfondato una barriera della polizia mentre prendevano d’assalto il festival, ha riferito il tabloid Expressen.
Hanno abbattuto le tende del festival, usando le punte delle tende come armi contro la polizia e lanciando pietre contro gli agenti, ha detto il giornale.
La polizia ha detto che almeno 52 persone hanno richiesto cure mediche, sul posto o presso cliniche e ospedali locali.
Alle 19:00 (15:00 GMT), 15 persone erano state portate in ospedale, ha dichiarato l’autorità sanitaria regionale della regione di Stoccolma in una dichiarazione separata.
Otto di loro hanno riportato “ferite gravi”, mentre gli altri sette hanno riportato “ferite lievi”, secondo l’autorità, che ha aggiunto di avere più unità sulla scena.
“È un’operazione complicata ed estesa. Ci sono molte persone in movimento sul posto e il numero totale di feriti non è ancora chiaro”, ha detto Patrik Soderberg, capo medico della regione di Stoccolma.
I filmati della scena mostravano auto e almeno una tenda in fiamme, che mandavano in aria grandi nuvole di fumo nero.
La polizia ha chiuso un tratto della vicina autostrada E18 in entrambe le direzioni mentre le persone in fuga hanno bloccato la strada.
Il festival Eritrea, che si tiene da molti anni, prevede seminari, dibattiti e conferenze, oltre a musica, un bazar e una fiera.
L’appuntamento è da giovedì a domenica.
FONTE: The Guardian
Dozzine di feriti dopo che i manifestanti hanno preso d’assalto il festival eritreo a Stoccolma
Gli oppositori del governo eritreo hanno abbattuto le tende e dato fuoco alle auto, con “circa 100” persone arrestate
La polizia ha dichiarato di aver aperto un’indagine per disordini violenti e incendi dolosi, nonché per ostruzione al lavoro della polizia e dei servizi di soccorso. Fotografia: Magnus Lejhall/TT News Agency/AP
Più di 50 persone sono rimaste ferite e decine sono state arrestate a Stoccolma dopo che gli oppositori del governo eritreo hanno preso d’assalto un evento nella capitale svedese organizzato da sostenitori del regime.
Circa 1.000 manifestanti antigovernativi che erano stati autorizzati a tenere una protesta nelle vicinanze hanno sfondato una barriera della polizia, abbattendo le tende del festival e incendiando stand e veicoli.
“Un altro raduno pubblico ha avuto luogo vicino al luogo del festival, durante il quale è scoppiata una violenta rivolta”, ha detto la polizia, aggiungendo in un comunicato di aver arrestato “un centinaio di persone”.
La polizia ha affermato di essere rimasta sul posto, in un sobborgo a nord-ovest di Stoccolma, e di “continuare i suoi sforzi per interrompere atti criminali e ristabilire l’ordine”.
Tra le 100 e le 200 persone sono state arrestate, secondo un portavoce della polizia. La polizia ha dichiarato di aver anche aperto un’indagine per disordini violenti e incendi dolosi, nonché per ostruzione al lavoro della polizia e dei servizi di soccorso.
I manifestanti contro il governo eritreo hanno preso d’assalto il festival all’aperto, dando fuoco alle bancarelle e abbattendo le tende. Fotografia: Magnus Lejhall/TT News Agency/AP
La polizia ha detto che almeno 52 persone hanno richiesto cure mediche, sul posto o presso cliniche e ospedali locali. Alle 19:00 (15:00 GMT), 15 persone erano state portate in ospedale, ha dichiarato l’autorità sanitaria della regione di Stoccolma in una dichiarazione separata. Otto delle persone hanno riportato “ferite gravi”, mentre le altre sette hanno riportato “ferite lievi”, secondo l’autorità, che ha affermato di avere più unità sulla scena.
La Svezia ospita decine di migliaia di persone con radici eritree. Il festival dedicato al patrimonio culturale dell’Eritrea è un evento annuale che si tiene dagli anni ’90, ma secondo i media svedesi è stato criticato perché sarebbe servito come strumento promozionale e fonte di denaro per il governo della nazione africana.
“Questo non è un festival, stanno insegnando ai loro figli l’incitamento all’odio”, ha detto il manifestante Michael Kobrab all’emittente svedese TV4.
I gruppi per i diritti umani descrivono l’Eritrea come uno dei paesi più repressivi del mondo. Da quando ha ottenuto l’indipendenza dall’Etiopia tre decenni fa, la piccola nazione del Corno d’Africa è stata guidata da un presidente, Isaias Afwerki, che non ha mai tenuto un’elezione. Milioni di persone sono fuggite da condizioni come la coscrizione militare forzata.
Anche un partecipante al festival, Emanuel Asmalash, ha parlato con TV4, accusando i manifestanti di essere “terroristi” dall’Etiopia.
Il ministro della giustizia svedese, Gunnar Strömmer, ha dichiarato in una dichiarazione scritta all’agenzia di stampa svedese TT: “Non è ragionevole che la Svezia venga trascinata in questo modo nei conflitti interni di altri paesi.
“Se fuggi in Svezia per sfuggire alla violenza, o sei in visita temporanea, non devi causare violenza qui. Le risorse della polizia sono necessarie per scopi diversi dal tenere separati gruppi diversi l’uno dall’altro”.
Approfondimento: Svezia, festival eritreo, perché il ministro si sbaglia sulla sua interruzione
Svezia, festival eritreo, perché il ministro si sbaglia sulla sua interruzione
Fonte: Mirjam van Reisen
Mi oppongo fermamente alla reazione del ministro della Giustizia #Svezia , Gunnar Strömmer, ha dichiarato in una dichiarazione scritta all’agenzia di stampa svedese TT in seguito alla violenta rottura del festival #Eritrea #PFDJ per i seguenti motivi:
1. Il Ministro della giustizia ha la responsabilità di garantire che i richiedenti asilo siano protetti e sicuri. I festival sono uno strumento del regime dittatoriale dell ‘#Eritrea per minare la protezione, la sicurezza e l’incolumità dei rifugiati eritrei. Il ministro è responsabile di fermarlo;
2. Il lungo braccio del regime rafforza la sua attività criminale organizzata a livello internazionale attraverso Eriblood, una milizia privata che opera sul suolo svedese. L’onorevole ministro è responsabile di questo e dovrebbe fermarlo. È antidemocratico e al di fuori dell’ordinamento giuridico svedese e dell’UE
3. Il poeta e scrittore Dawid Isaac è detenuto in carcere in #Eritrea da più di due decenni senza processo. I profughi chiedono la sua libertà. È il simbolo della libertà di parola che in Eritrea non esiste. Il Ministro ha il mandato e il dovere di adoperarsi per la sua liberazione
4. La violenza genocida dell ‘#Eritrea contro il #Tigray non dovrebbe essere promossa da incitamento all’odio e propaganda durante un festival in Svezia. Il ministro è responsabile di garantire che la perpetrazione di crimini atroci sia perseguita nell’ambito del sistema internazionale per prevenire tali crimini
5. I rifugiati dall ‘#Eritrea fuggono dai crimini contro l’umanità perpetrati dal regime in #Eritrea e in #Libia contro di loro. Il ministro dovrebbe combattere l’impunità e porre fine a tale perpetrazione in modo che le persone possano costruire la propria vita con le loro famiglie nelle loro case
6. Il lungo braccio di #Eriblood o “52” è noto per aver iniziato la violenza che il regime usa come capro espiatorio dei rifugiati #Eritrei . Il ministro è incaricato di indagare su eventuali collegamenti di 52 all’inizio della violenza delle manifestazioni pacifiche come strumento di capro espiatorio
7. Le milizie 52 #Eriblood dovrebbero essere proibite in #Svezia e in Europa in quanto violano lo spirito delle leggi antiterrorismo per proteggere la legge e l’ordine nel nostro continente. Nessuna violenza da parte di milizie straniere private dovrebbe essere condonata. Ministro: è una linea rossa
8. lui ha detto: “Non è ragionevole che la Svezia sia trascinata nei conflitti interni di altri paesi. Se fuggi in Svezia per sfuggire alla violenza o per una visita, non devi causare violenza. Le risorse della polizia sono necessarie per scopi diversi dal tenere separati gruppi diversi l’uno dall’altro”.
9. La mia osservazione è che il Ministro della Giustizia #Svezia dovrebbe essere informato dell’attività criminale perpetrata durante i festival organizzati dal Regime dell’ #Eritrea in Svezia – dove ciò è stato segnalato per la prima volta nel 2013 e lavorare sodo per porre fine a questi festival criminali
[Analisi] Etiopia, in Tigray l’impatto della sospensione del supporto alimentare potrebbe essere peggiore dell’assedio.
L’articolo che segue (con una mia contestualizzazione) è la traduzione integrale dell’analisi di Duke Barbridge per Tghat che identifica l’aggravamento della situazione di vita per milioni di persone in Tigray, stato regionale etiope, dopo la decisione da parte di WFP e USAID di sospendere la fornitura alimentare umanitaria.
Contesto
Nel novembre 2020 in Tigray è iniziata una guerra regionale che ha coinvolto anche Eritrea e indirettamente soldati somali e che oggi viene definita la più atroce degli ultimi anni. Le stime parlano di più 600.000 morti tra i civili e sono state perpetrate attività di pulizia etnica, sostituzione demografica sul popolo tigrino, crimini di guerra e contro l’umanità in cui sono implicati tutte le forze coinvolte in prima linea.
Guerra combattuta nel totale blackout elettrico, comunicativo di 2 anni e nell’isolamento e confinamento di più di 6 milioni di persone nel Tigray per strategia militare dettata da scelte politiche ben precise: anche dopo l’accordo di tregua gli invasori eritrei e le milizie e le forze amhara (in parte ancora occupanti varie zone della regione) hanno continuato a perpetrare abusi e violenze.
Oggi la sopravvivenza delle persone che vivono per la maggior parte in zone rurali, per i milioni di sfollati e per le persone affette da patologie croniche o di primo soccorso è ancora appesa ad un filo: manca ancora tutto anche se ci sono notizie di una certa ripresa (come la recente apertura delle università di Mekelle ed Adigrat) e voglia di ricostruzione. Nonostante l’accordo di tregua siglato il novembre 2022, le forniture umanitarie, il materiale salvavita medico e alimentare si fanno attendere.
Archivio di 2 anni: Tigray : la Guerra Genocida Dimenticata dal Mondo – Archivio
Per l’Italia del governo Meloni si è tutto risolto con il viaggio di propaganda della Premier in Etiopia fotografata insieme agli abbracci ed ai sorrisi dei bambini sventolanti la bandiera italiana congiuntamente ad una precedente visita del Premier etiope Abiy Ahmed Ali in cui è stato siglato un accordo triennale del valore di 182 milioni di euro per supportare la filiera agroalimentare, del té e del caffe etiopi.
Per l’Italia dei media politicizzati che seguono lo scoop si è risolto tutto il 2 novembre 2022 a Pretoria, quando con la mediazione dell’Unione Africana, governo centrale etiope e rappresentanti del Tigray hanno siglato l’accordo di “cessazione ostilità”, di tregua, di non guerra. I media del tricolore quindi si sono sentiti legittimati a non scriverne più dell’attuale crisi umanitaria del Tigray.
I media in Italia non rendono nota nemmeno l’attuale instabilità sociale nella vicina regione Amhara in cui c’è un fermento di violenze ed attacchi tra forze di polizia regionali, federali e fazioni “ribelli” di milizie che secondo fonti governative starebbero intaccando stabilità e pace nell’area e coinvolgendo anche i civili come vittime degli attacchi fratricidi.Premier Meloni, missione Etiopia – Africa / #PianoMattei? (Foto Ansa)
La recente visita in Tigray (1 agosto 2023) di Marco Sassi, presidente VIM – Volontari Italiani Madagascar coordinamento di 120 associazioni, ha messo in luce la realtà di vita degli IDP, degli sfollati nei campi di accoglienza di Abi Adi.
“Campo profughi di Abi Addi (Tigray). In questo campo 1200 bambini vengono sfamati una volta al giorno con gli aiuti intermittenti della diaspora, raccolti da una suora ortodossa, una sorta di piccola Madre Teresa di Calcutta, che ho incontrato alla sera. Non hanno altri aiuti da 7 mesi. Sono alla fame. Il campo era una scuola, che ovviamente non funziona, anche perchè mancherebbero i maestri.
Qua ad Adi Abbi sono stati uccisi dagli Eritrei centinaia di civili, tra cui 3 operatori umanitari di MSF, tra cui la spagnola Maria Hernandez.
Sono in disperata ricerca di aiuti e sono alla disperazione. Oggi i bambini non hanno mangiato, non c’erano scorte, quelle poche sono state rovinate da una tempesta d’acqua.”
Campi IDP Abi Adi – grave situazione umanitaria e di vita di migliaia di sfollati in Tigray
In un successivo aggiornamento ha denunciato:
Non ho segnale per scrivere tutto quello che penso dell’Unicef e delle altre grandi Agenzie UN e ong che sono passate a fare promesse da marinaio. Meglio che non abbia segnale.
126 morti per fame in questo altro campo profughi dimenticato di Abi Addi, in una scuola dove si sono rifugiate 2700 persone, che non ricevono aiuti alimentari da 7 mesi.
Vivono in 50 persone in ciascuna delle aule, sono allo stremo, alcune aspettano la morte per terra.
Sono scappate tutte dalla zona di Humera, Western Tigray, occupato da milizie irregolari Fano, che stanno continuando nel loro genocidio, del tutto indifferenti agli Accordi di Pretoria.
Temo che presto la situazione possa implodere nuovamente, se non si ritirano le milizie Fano e le truppe eritree dal Nord Tigray, spalleggiate da quelle somale, entrambe responsabili di eccidi di massa di civili inermi, stupri, evirazioni di bambini, torture, razzie e ogni altra barbarie possibile.
Non ho segnale per scrivere tutto quello che penso dell’Unicef e delle altre grandi Agenzie UN e ong che sono passate a fare promesse da marinaio. Meglio che non abbia segnale.
Perchè questa è una situazione disumana e non si può accettare che chi si è salvato dalla guerra muoia per la fame.
Solo qua ci sono state 126 decessi per fame, molti negli ultimi giorni, ma gli IDP’s ad Adi Abbi sono 70.000 e sono tutti nelle stesse condizioni di abbandono.
Le preziose testimonianze condivise da Marco Sassi corroborano, confermano l’analisi dati esposti da Duke Barbridge sulla gravità di vita per milioni di persone in Tigray dettate da volontà e scelte politicizzate.
L’impatto della sospensione degli aiuti nel Tigray potrebbe essere peggiore dell’assedio.
Secondo la prima importante valutazione condotta dopo la sospensione degli aiuti alimentari, nel giugno 2023 più famiglie tigrine si trovano nella fase peggiore dell’insicurezza alimentare in almeno due zone (centrale e sudorientale) rispetto a un anno fa . Lo studio condotto dai ricercatori del Tigray Health Research Institute e delle università Mekelle e Adigrat e rivisto da Tghat media ha rilevato che più di un bambino su dieci sotto i due anni soffriva di malnutrizione acuta grave e che il tasso di malnutrizione acuta grave per i bambini sotto i due anni cinque era del 38%, che supera la soglia per la carestia. I dati del nuovo studio suggeriscono che l’impatto dell’assedio sulla sicurezza alimentare nel Tigray, come osservato nella valutazione del giugno 2022 del WFP, è stato meno grave dell’impatto della sospensione osservato il mese scorso.
Questo sviluppo arriva solo quattro mesi dopo una precedente valutazione fatta dal Programma Alimentare Mondiale (WFP) poco prima della sospensione degli aiuti e mai pubblicata, secondo la quale la grave insicurezza alimentare si era dimezzata nel Tigray dall’accordo di Pretoria e quasi la metà del popolazione bisognosa aveva ricevuto assistenza alimentare nell’ultimo mese.
In difesa della decisione sempre più controversa di sospendere gli aiuti, il Direttore Esecutivo del WFP Cindy McCain ha descritto un completo fallimento della risposta alla carestia nei mesi precedenti la sospensione degli aiuti in una recente intervista per Devex con Teresa Welch:
“La maggior parte della deviazione degli aiuti è avvenuta a dicembre e gennaio, ha detto McCain, ma il WFP l’ha scoperto solo ‘molto più tardi’. Lo ha definito “un disastro tutto intorno”. […] McCain ha affermato che il WFP ha adottato un approccio “senza rimpianti” per fornire aiuti alimentari in Etiopia, seguendo un principio umanitario secondo cui in un contesto di emergenza, le decisioni possono essere prese con minore riguardo alle conseguenze a lungo termine perché il bisogno immediato è così acuto . […] ‘Ha fallito’, ha detto McCain di quell’approccio.
È interessante notare che McCain si concentra su dicembre e gennaio come il punto in cui si è verificata la maggior parte della diversione per due motivi. In primo luogo, la quantità di cibo distribuito nel Tigray a febbraio e marzo 2023 ha superato la distribuzione di dicembre e gennaio di circa un milione di razioni. Se l’indagine sul furto di aiuti ha rilevato che la quantità di cibo deviato è diminuita mentre è aumentata la quantità di cibo distribuito, sembrerebbe rappresentare un progresso senza la necessità di una sospensione. In secondo luogo, alla fine di gennaio il WFP ha lanciato una valutazione alimentare, che avrebbe fornito una visione diretta della portata della diversione e del suo impatto sull’insicurezza alimentare nel Tigray. Tranne che la valutazione di febbraio non ha registrato alcuna prova di un recente “disastro”.
Tre conclusioni dai due studi inediti
Le conclusioni che si possono trarre da entrambi gli studi sottolineano la necessità dell’immediata ripresa degli aiuti e contraddicono direttamente la giustificazione del WFP per la sospensione degli aiuti al Tigray alla fine di marzo , all’inizio della stagione di magra agricola, mentre 5,4 milioni di persone cercano di sopravvivere fino al raccolto autunnale.
Conclusione 1: il cibo distribuito dopo l’accordo di Pretoria raggiungeva i beneficiari bisognosi a partire dal febbraio 2023.
Il numero di intervistati nella valutazione del WFP di febbraio che ha riferito di aver ricevuto assistenza alimentare nel mese precedente era paragonabile alla scala di distribuzione riportata dall’Etiopia Food Cluster. Il grafico seguente mostra essenzialmente quanti intervistati avrebbero dovuto dire ai ricercatori di aver ricevuto assistenza alimentare nel mese precedente al momento in cui è stata messa in campo ciascuna valutazione alimentare. Quando sono state condotte le interviste per la valutazione di febbraio (dal 26 gennaio al 23 febbraio), tra il 37 e il 46% delle persone bisognose avrebbe dovuto ricevere cibo nelle quattro settimane precedenti. La valutazione ha rilevato che il 46% di oltre 4.000 famiglie aveva ricevuto cibo nel mese precedente.
Questa scoperta non smentisce le segnalazioni di dirottamento o furto di aiuti, né suggerisce che i bisogni delle persone più vulnerabili del Tigray siano stati soddisfatti. Tuttavia, dimostra che, secondo il WFP a febbraio, la prevalenza dell’abuso era sufficientemente bassa a febbraio da eludere il rilevamento nel più grande studio di valutazione alimentare eseguito nel Tigray dall’inizio della guerra. Ciò suggerisce fortemente che il furto e la deviazione erano gestibili appena prima della sospensione degli aiuti a livello regionale.
Conclusione 2: la riuscita distribuzione dell’assistenza alimentare internazionale sembra aver contribuito al primo periodo di progressi contro la grave insicurezza alimentare nel Tigray dal 2021.
Come mostra il grafico successivo, tra giugno 2022 e febbraio 2023, il tasso di grave insicurezza alimentare nel Tigray è sceso di oltre la metà, passando dal 47% al 21% complessivamente, con le diminuzioni più significative osservate nelle zone centrali e nord-occidentali. I ricercatori hanno riscontrato riduzioni a due cifre della grave insicurezza alimentare in ogni zona accessibile.
È difficile prevedere l’impatto complessivo della distribuzione del cibo sulla grave insicurezza alimentare a causa dell’ampia gamma di fattori che potrebbero spingere ulteriormente una famiglia verso la fame. Tuttavia, il miglioramento su questa scala suggerisce che la distribuzione degli aiuti alimentari stava generando risultati positivi per coloro che li ricevevano. La netta riduzione della grave insicurezza alimentare unita al forte aumento delle famiglie che hanno dichiarato di aver ricevuto assistenza alimentare nell’ultimo mese sono forti indicazioni che l’approccio adottato dal WFP e da altre agenzie internazionali di aiuto nel Tigray stava finalmente iniziando a compiere progressi significativi sulla questione.
Conclusione 3: A giugno, l’impatto della sospensione degli aiuti sulla grave insicurezza alimentare nel Tigray era già peggiore di quanto non fosse l’anno scorso alla fine dell’assedio, quando gli aiuti alimentari non erano ancora un fattore.
L’impatto della sospensione del cibo è già stato devastante per le persone che hanno subito una campagna di genocidio e fame armata. Secondo i dati più recenti disponibili dalle zone sudorientali e centrali, la grave insicurezza alimentare è aumentata notevolmente ed è più diffusa ora di quanto non fosse durante l’assedio. Come mostrato nel grafico successivo, il tasso di grave insicurezza alimentare è quasi raddoppiato nella zona sudorientale e quasi triplicato nella zona centrale dopo la sospensione.
Come indicato nel primo grafico, al momento delle interviste per la valutazione del giugno 2022, gli aiuti alimentari non avevano ancora raggiunto un numero sufficiente di famiglie per costituire un fattore di sicurezza alimentare. Le condizioni in questo momento avrebbero rispecchiato quattro mesi di pieno assedio che hanno preceduto la valutazione piuttosto che la temporanea ripresa dell’accesso agli aiuti che aveva raggiunto meno del 10% nelle quattro settimane precedenti la ricerca sul campo. Durante le interviste per la valutazione del giugno 2023 nessuno aveva ricevuto aiuti nelle ultime quattro settimane e la grave insicurezza alimentare era di cinque punti percentuali più alta in entrambe le zone rispetto a un anno prima.
Non c’è motivo di credere che le famiglie tigrine nelle altre zone del Tigray stiano meglio di quelle della zona sud-orientale e centrale. Vi sono tutte le ragioni per credere che le condizioni siano ancora peggiori in luoghi come Endabaguna , dove decine di migliaia di sfollati tigrini avevano perso l’ultimo giro di distribuzione di cibo e sono stati abbandonati dal WFP prima della sospensione.
Come ha riferito la scorsa settimana un operatore umanitario ad Adwa, il numero dei morti e degli affamati è sconosciuto perché c’è poca speranza per le persone di trovare cure per la malnutrizione nelle strutture sanitarie. Quindi, stanno morendo a casa.
“Quindi, stanno morendo a casa.”
Come mostrato nel grafico finale, all’inizio della sospensione gli operatori sanitari del Tigray avevano scorte sufficienti per curare più di 11.000 bambini sotto i cinque anni affetti da malnutrizione acuta grave (SAM), a giugno la fornitura di alimenti terapeutici, formule e medicinali era stato ridotto di oltre due terzi. Secondo la più recente valutazione alimentare, il tasso di SAM nei bambini sotto i due anni nella woreda di Adwa era di un astronomico 30% a giugno. Secondo la dashboard di gestione SAM di Nutrition Cluster solo 41 bambini sono stati ricoverati per malnutrizione grave durante quel mese, in calo rispetto ai 1.631 di marzo.
Controllo più informale?
“Fino al 2022, il direttore nazionale del WFP per l’Etiopia non credeva che ci fossero stati decessi legati alla fame nel Tigray”
È agghiacciante vedere gli alti dirigenti del WFP rilasciare dichiarazioni sul Tigray che sembrano contraddire i propri dati. Fino al 2022, il direttore nazionale del WFP per l’Etiopia non credeva che ci fossero stati decessi legati alla fame nel Tigray sulla base di ciò che ha descritto nel suo libro di memorie come “ qualche controllo informale “. Valutazioni più formali dell’OIM-DTM hanno rilevato che circa 100.000 bambini di età inferiore ai cinque anni sono stati sfollati nella zona nord-occidentale del Tigray, che è la più grande area di operazioni del WFP nel Tigray. Di questi bambini, più della metà viveva in un sito di accoglienza che (a) aveva ricoverato almeno un bambino in cure speciali per malnutrizione acuta grave e (b) non aveva ricevuto assistenza alimentare negli ultimi tre mesi.
Era, ed è tuttora, compito del WFP fornire assistenza alimentare per evitare che i bambini nella zona nord-occidentale del Tigray muoiano di fame. In passato, gli alti dirigenti del WFP non credevano nelle morti per fame. Oggi, l’alta dirigenza non crede che la distribuzione di cibo nel Tigray sia un modo efficace per impedire loro di morire di fame.
“Oggi, l’alta dirigenza non crede che la distribuzione di cibo nel Tigray sia un modo efficace per impedire loro di morire di fame.”
Lo sforzo umanitario nel Tigray è stato debole nel gennaio 2023 rispetto all’entità del bisogno, ma non è stato il “disastro” descritto da McCain. Il disastro è stato creato dalla sospensione degli aiuti e oggi sta uccidendo i tigrini. I donatori e i responsabili politici devono spingere il WFP per la trasparenza in modo che i dirigenti senior, piuttosto che le famiglie affamate, siano ritenuti responsabili di decisioni sbagliate.
Autore: Duke Burbridge – è stato Senior Research Associate presso l’International Center for Religion & Diplomacy (ICRD) per quindici anni, dove ha fornito supporto alla ricerca per programmi di costruzione della pace basati sulla comunità in paesi colpiti da conflitti come Pakistan, Yemen e Colombia. Durante la sua permanenza all’ICRD, Burbridge ha anche condotto ricerche sul ruolo dell’istruzione nella radicalizzazione e nel reclutamento in gruppi estremisti violenti in Arabia Saudita e Pakistan e sul ruolo dei leader religiosi conservatori nel contrastare l’estremismo violento nello Yemen e nell’Africa settentrionale e orientale. Ha lasciato il campo nel 2021 per scrivere un libro sulla riforma della costruzione della pace guidata dall’esterno. Ha sospeso il libro per aumentare la consapevolezza del genocidio in atto nel Tigray.
Foto: Mercanti che vendono legumi e legumi, Adi Haqi Market, Mekelle, Tigray | Attestazione: Goyteom Gebreegziabher ( Goyteom37 )
FONTE: tghat.com/2023/08/03/new-data-…
Etiopia, Aggiornamenti dal Tigray – 26 Luglio 2023
Smembrata la forza tigrina
Il vice dell’amministrazione ad interim Tadesse Werede (Gen.) afferma che oltre 50.000 ex combattenti del TDF – Tigray Defence Forces sono stati smobilitati come parte dell’accordo di pace – CoHA.
Tadesse Werede, deputato dell’IRA e capo del segretariato di gabinetto per la pace e la sicurezza, ha affermato che il processo fa parte dell’accordo di Pretoria e del piano esecutivo firmato a Nairobi come riferito da Tigrai TV.
Le forze del Tigray hanno iniziato a smobilitare i loro combattenti il 26 maggio, precedute dalla consegna delle loro armi alle forze di difesa nazionali etiopi – ENDF – Etiopian National Defence Forces.
Le forze tigrine hanno consegnato gli armamenti pesanti nel gennaio di quest’anno in una guarnigione ad Agulae, nel Tigray orientale.
La sopravvivenza degli sfollati in Tigray tra fame e alluvioni
Goyteom Gebreegziabher, Specialista della gestione dei bacini idrici e Programma di gestione sostenibile del territorio (SLMP) in Tigray, condivide foto e video degli sfollati interni del campo ad Abi Adi colpiti da forti piogge, alluvioni che hanno intaccato le scorte alimentari, lasciando così 7000 bambini “a pancia vuota”. (Video)Sfollati e alluvionati del campo di Abi Adi, nel Tigray centrale – Luglio 2023
Proteste per mancanza di fertilizzanti
Gli agricoltori di diverse parti d’Etiopia continuano a protestare contro la mancata consegna tempestiva di fertilizzante, l’ultima avvenuta nella zona di Hadiya, ex regione delle Nazioni, Nazionalità e Popoli del Sud – SNNP (oggi Southern Ethiopia Regional State). Il Ministero dei Trasporti e della Logistica in risposta ha dichiarato che sta intensificando una campagna per il trasporto di fertilizzanti massicci accumulati al porto di Gibuti.
A seguito di una campagna lanciata la scorsa settimana, sono state trasportate più di 60mila tonnellate di fertilizzante dal porto di Gibuti tra il 21 e il 23 luglio. 439 autocarri pesanti transfrontalieri e 25 vagoni ferroviari sono stati dispiegati consentendo il trasporto quotidiano di oltre 20mila tonnellate di fertilizzanti ai centri di distribuzione nell’entroterra, secondo il ministero .
Lunedì 24 luglio sei contadini sono stati arrestati e molti sono rimasti feriti a seguito di colpi di pistola sparati dalla polizia per disperdere i manifestanti nella città di Hosanna.
Un contadino che ha partecipato alle proteste ha dichiarato ad Addis Standard che:
“Siamo in guai seri; se non prendiamo urgentemente fertilizzante, l’anno prossimo saremo mendicanti”
Un altro ha dichiarato:
“Non abbiamo visto alcun fertilizzante dalla primavera. Ma ci è stato detto dal governo che è stato distribuito.
Quando chiediamo, ci dicono di aspettare, ma non abbiamo ancora visto nulla.”
Altre parole da un altro agricoltore:
“Siamo in guai seri; se non riceviamo concime urgente, saremo mendicanti l’anno prossimo” aggiungendo che il fertilizzante che forniva il governo aveva un prezzo di 3800 birr a quintale, mentre quello sul mercato è di 12.000 birr, cifra che la maggior parte non può permettersi.
Aggiungendo delle considerazioni:
“Ci dicono che non c’è fertilizzante, da dove lo prendono i commercianti allora? Come finisce nelle loro mani?”
Sempre lunedì, la polizia della regione di Amhara ha intercettato un rimorchio illegale carico di 400 quintali di fertilizzante, partito dal porto di Gibuti e diretto a destinazione nella città di Wereta.
Gli agricoltori in molte parti della regione di Amhara hanno protestato per mesi contro la mancanza di fertilizzanti , ma la crisi della fornitura di fertilizzanti si estende ad altre regioni tra cui Oromia, Sidama e Tigray, ulteriormente aggravata dal diffuso commercio illegale.
Secondo la società statale Ethiopian Agricultural Businesses Corporation – EABC, che si occupa dell’approvvigionamento di fertilizzanti, ha acquistato quasi 14 milioni di quintali di fertilizzanti per l’attuale stagione agricola, di cui 11,9 milioni di quintali (85,5%) sono stati importati dall’estero.
Martedi 25 luglio, sempre secondo EABC, la nave chiamata MV Hamburg Eagle ha consegnato ulteriori 600mila quintali di NPS
Si prevede che altri 2 milioni 9mila 750 quintali di urea raggiungano il porto di Gibuti nei prossimi giorni.
Le condizioni della coltivazione rimane critica per molte aree d’Etiopia, considerando questo il periodo adatto alla coltivazione: se passa troppo tempo non ci sarà alcun raccolto.
USA, la posizione controversa in tutela di nuovi accordi economici
Molly Phee, assistente del Segretario di Stato degli USA per gli Affari Africani ha detto che non c’è ancora alcuna decisione riguardo la ripresa di accordi commerciali AGOA con l’Etiopia, ma è tema di confronto interno.
Tali dichiarazioni fatte pubblicamente in conferenza stampa presso il Centro Stampa Esteri del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti a Washington DC.
Molly Phee ha anche commentato l’impegno degli Stati Uniti sulle violazioni dei diritti umani commesse durante la guerra del Tigray e i conflitti in corso nelle regioni Oromia e Amhara.
Approfondimenti
Tre membri del Congresso statunitense, in contrapposizione alla tutela di accorid economici USA all’ Etiopia, chiedono sanzioni contro i responsabili di violazioni dei diritti umani nel Tigray occidentale.
Brad Sherman, James P. McGovern e Lloyd Doggett hanno inviato una lettera al Segretario di Stato Antony Blinken e al Segretario del Tesoro Janet Yellen, chiedendo sanzioni per il blocco dei visti e per il controllo dei beni finanziari contro il colonnello Demeke Zewdu e Belay Ayalew. Human Rights Watch li ha identificati come figure centrali nella detenzione arbitraria in corso, tortura e pulizia etnica nella regione.
Il governo etiope ha respinto le accuse, etichettando il report “distorto e fuorviante” e accusando HRW di perseguire un’agenda politica sotto le spoglie dei diritti umani. Il governo ha utilizzato fin dal’inizio la strategia di screditare tutte le accuse di responsabilità di crimini di guerra e contro l’umanità in cui è stato implicato nella guerra iniziata nel novembre 2020 in Tigray.
Approfondimenti:
- Etiopia, la pulizia etnica persiste nonostante la tregua in Tigray
- Etiopia, legittimata da USA ed Europa, ostacola la giustizia per le vittime di guerra in Tigray
- Etiopia, la repressione continua – Padre Serekebirhan Weldesamuel, detenuto ad Addis Abeba
Etiopia, la crisi umanitaria in Tigray continua, ma per l’Italia si è risolto tutto con l’accordo di Pretoria
In Etiopia, precisamente nello stato regionale del Tigray, il 4 novembre 2020 è iniziata una guerra definita una veloce “azione di polizia” dal Premier etiope Aby Ahmed Ali.
Guerra per fermare i membri del partito TPLF -Tigray People’s Liberation Front e tutti i suoi sostenitori. Il casus belli è stato l’attacco alle caserme del nord in cui erano dislocati i militari dell’ ENDF – Ethiopian National Defence Forces. Attaccati da parte di membri del TPLF, ma rivendicato dai leader tigrini come azione preventiva e difensiva dettata da tensioni pregresse.
Dichiarazioni contese e rivendicazioni sulle responsabilità e giustificazioni che però sul campo, fin da subito hanno determinato attività fratricide e i risvolti etnici e genocidi verso milioni di civili di etnia tigrina.
Massacri, esecuzioni extragiudiziali (o bruciati vivi), stupri e fame come armi di guerra. Campi e raccolti bruciati, bestiame rubato o macellato come strategia per affamare il popolo del Tigray, droni per attaccare target considerati dalla difesa etiope, magazzini o aree occupate dai così detti “dissidenti”, “ribelli” e definiti terroristi dalla legge etiope a partire dal maggio 2021: sistematicamente bombardati per mezzo droni in aree di mercati, residenziali come asili. Decine di migliaia di vittime. Target di bombardamenti, distruzioni e saccheggi anche in luoghi di culto, chiese, monasteri, patrimoni dell’ umanità e culturali. Attaccati anche le strutture sanitarie ed ospedali. Le forze alleate amhara direttamente coinvolte in attività di pulizia etnica e sostituzione demografica sfollando i tigrini dal Tigray occidentale.
Le forze militari coinvolte: quelle tigrine, il TDF – Tigray Defence Forces e la fazione etiope dell’ ENDF- Ethiopian National Defence Forces con le forze militari regionali Amhara, la milizia Fano e ufficiosamente l’esercito eritreo.
L’esercito del Presidente eritreo Isaias Afwerki ha invaso fin dall’inizio il suolo etiope nella regione tigrina, ma per molti mesi Abiy Ahmed Ali ha sempre negato la loro presenza.
Come il suo alleato etiope, il dittatore eritreo Isaias Afwerki nel febbraio 2023, ospitato dal Presidente Ruto in Kenya, ha negato platealmente in un comizio pubblico tutti i crimini di guerra di cui si è macchiato il suo esercito: stupri, saccheggi, distruzioni e massacri. Tra i ranghi delle truppe eritree sono stati mandati a morire in prima linea anche cadetti dell’ esercito somalo formati in Eritrea negli anni precedenti, falsamente informati che sarebbero stati preparati per missioni somale in Qatar.
Come parlare di guerra civile, come categorizzata dai media occidentali, se nel conflitto hanno partecipato anche “forze esterne” come eritrei e somali?
La legge etiope del maggio 2021 ha legittimato indirettamente e normativamente la persecuzione di persone di etnia tigrina per il solo sospetto di essere collusi con i membri del TPLF, considerati dissidenti. Oltre alle confermate attività di pulizia etnica nella zona del Tigray occidentale da parte delle forze amhara, ci sono state deportazioni, arresti di massa e detenzioni di tigrini di ogni età e sesso, donne in gravidanza e bambini. Arresti e detenzioni in abuso del diritto umanitario come denunciato molteplici volte dalle agenzie internazionali come HRW – Human Rights Watch e Amnesty Int. Ancora oggi su queste detenzioni non si hanno notizie. Sono stati arrestati anche uomini e donne di chiesa.
Uno dei casi eclatanti, per cui in Italia si è parlato di Tigray, è stato l’arresto di dei frati, sacerdoti e dei volontari salesiani. Campanilismo mediatico.
Approfondimento:
Etiopia, Perseguire Crimini Contro l’Umanità: Dov’é La Legge?
La guerra è stata combattuta per 2 anni nel totale blackout comunicativo (interrotte linee telefoniche e dati/internet) ed elettrico: considerato il più lungo blackout della storia.
Alcun media, giornalista o comparto umanitario poteva entrare nel Tigray.
Il governo etiope si è fatto artefice per volontà politiche, di aver bloccato l’accesso umanitario per milioni di persone in Tigray macchiandosi di crimini di guerra, come denunciato da un report del team di esperti sul diritto umanitario dell’ONU. Il report ha indicato che tutte le forze in guerra hanno perpetrato crimini verso i civili.
- La guerra attualmente è stata definita la più atroce degli ultimi anni.
- Le stime parlano di più di 600.000 morti e vittime tra i civili.
- Si stimano centinaia di migliaia di stupri verso donne di etnia tigrina come arma di guerra e vendetta per non far più generare nuove generazioni di tigrini.
Nonostante il 2 novembre 2022 si sia arrivato a negoziati e alla firma di un accordo di cessazione ostilità tra governo centrale etiope e TPLF, diversi punti dell’accordo dopo 9 mesi sono ancora disattesi: il ritiro delle “forze straniere” dalla regione, ermeticamente definite così le forze amhara e quelle eritree (Eritrea che non è stata interpellata o inclusa nei negoziati)
Gli amhara occupanti ancora oggi il Tigray occidentale perché rivendicato tale area come giuridicamente di loro proprietà, ma accusati dopo la firma dell’accordo, di continuare a perpetrare attività di pulizia etnica e di sostituzione demografica.
L’ esercito eritreo anche se in gran parte si è ritirato in Eritrea, diversi gruppi sono ancora presenti ed hanno ripiegato defilandosi in aree periferiche dei grandi centri e in aree rurali. Oggi sono ancora presenti nella woreda [distretto] di Irob perpetrando abusi e denunciati pochi mesi fa di aver bloccato il supporto umanitario in zona Zalambessa.
La giustizia di transizione, per cui il governo etiope ha dichiarato volontà di seguirne il processo e per cui l’ IRA, il governo temporaneo in Tigray (costituito come da accordo di Pretoria) ha dato piena disponibilità e collaborazione, è in totale stallo sia in Etiopia che dal punto di vista diplomatico internazionale.
I media in Italia, durante i 2 anni di guerra genocida, non hanno dato giusto risalto e prodotto alcuna informazione per dar degna visibilità e denuncia alla disumanità ed alle atrocità che stavano accadendo a milioni di persone.
Le istituzioni italiane del governo attuale e precedente non hanno ancora dato una risposta ai tanti appelli della diaspora che chiede giustizia, trasparenza e supporto per famigliari e società tigrina che da troppo sta soffrendo.
Oggi, dopo 9 mesi dai negoziati mediati dall’ Unione Africana a Pretoria, Sud Africa e conseguente firma dell’accordo, i media italiani si sono sentiti legittimati a chiudere completamente l’informazione sulle conseguenze che ha prodotto quella guerra.
Oggi in Tigray si parla ancora di migliaia di morti per fame (quelli censiti ufficialmente – non avremo mai modo di sapere l’esatto numero di persone morte silenziosamente per fame). A causa dello scandalo del dirottamento del materiale alimentare umanitario e di corruzione all’interno del sistema militare e governativo etiope, il WFP – World Food Programme e l’ USAID a marzo 2023 hanno bloccato il supporto al Tigray ed a giugno 2023 in altre aree dell’Etiopia, lasciando 20 milioni di persone bisognose in balia degli eventi e dei loro destini.Grazie a Duke Burbridge per la condivisione di questo grafico.
Approfondimento:
Lo scandalo del dirottamento del materiale alimentare umanitario
La tregua regge, ma milioni di persone sono ancora in balia degli eventi senza supporto
Secondo il Tigray Regional Health Bureau, tra marzo e aprile, c’è stato un aumento del 28% nel numero di bambini sotto i cinque anni che muoiono per malnutrizione acuta. La colpa è stata imputata principalmente alla cessazione degli aiuti delle agenzie umanitarie al Tigray.
I bambini vengono ricoverati con cure speciali per malnutrizione in tutta Etiopia a un ritmo allarmante nel 2023. Nel Tigray, per ragioni poco trasparenti, i bambini ricoverati per malnutrizione acuta grave – SAM – non vengono dimessi.
Recentemente grazie ad un altro aggiornamento dal ricercatore Duke Burbridge è stato messo in luce che oltre la distribuzione di generi alimentari è sospesa dalla fine di marzo 2023, l’assistenza nutrizionale ai neonati e alle madri in gravidanza o che allattano è stata dimezzata già ad aprile.Etiopia, Tigray: La distribuzione di generi alimentari è sospesa dalla fine di marzo. L’assistenza nutrizionale ai neonati e alle madri incinte o che allattano è stata dimezzata ad aprile.
La ricostruzione della società regionale tigrina non vede ancora la luce in fondo al tunnel.
Osservatori già nel 2022 indicavano una regressione di decenni sullo sviluppo socio economico che ha comportato la guerra per lo stato regionale del Tigray.
Sistema scolastico distrutto, milioni di giovani studenti tra pandemia e guerra hanno perso più di 3 anni di formazione ed educazione. Oggi ci sono difficoltà perché manca il materiale, le strutture, ma anche per la mancata bonifica del suolo dagli ordigni bellici inesplosi (per cui anche gli agricoltori sono rimasti feriti durante le attività di aratura). Molti edifici scolastici oggi sono occupati da migliaia di sfollati che non possono tornare a casa per paura o per mancanza di mezzi di sussistenza. Il sistema sanitario è stato distrutto per il 90%, dichiarato già nel 2021: oggi le conseguenza per i malati ed i pazienti sono catastrofiche perché se ci sono piccoli passi positivi, comunque la fornitura di materiale igienico/sanitario e medicinali è ancora sotto la soglia che permetterebbe di assistere e curare le persone.
Recentemente, luglio 2023, è stato condiviso uno studio sul’impatto di devastazione e conseguenze che ha prodotto la guerra di 2 anni su bambini, ragazzi, genitori e insegnanti considerando il contesto formativo e dell’istruzione.
Di seguito una inforgrafica riassuntiva:
Fonti informative video per raccontare la catastrofe attuale in Tigray
Tigrai TV è una delle poche fonti informative che evidenzia e denuncia costantemente le attuali gravi carenze alimentari e sanitarie (problemi dei civili e delle decine di migliaia di sfollati, IDP) condividendo per mezzo video le testimonianze dirette delle persone che oggi cercano solo di sopravvivere.
Di seguito vengono segnalate le notizie degli ultimi mesi sulla crisi umanitaria in atto.
- Nella zona centrale del Tigray, viene denunciato che la mancanza di trasporti verso le strutture sanitarie aggrava la situazione dei pazienti.
- Mentre a Samre la fame e la mancanza di cibo ogni giorno continua a far aumentre il numero di morti tra i bambini.
- Pazienti diabetici e bambini a Gijet soffrono per l’assenza di medicine.
- I malati di cancro ai reni nel Tigrai continuano a soffrire a causa della scarsità di cure mediche essenziali.
- Gli agricoltori di Dogua Temben affermano che la loro produttività agricola (proprio nel periodo delle piogge idoneo alla coltivazione) è minacciata dalla scarsità di fertilizzanti.
- Le malattie precedentemente monitorate e tenute sotto controllo hanno ripreso a circolare come epidemie.
- La sospensione degli aiuti da parte di WFP e USAID sta peggiorando le condizioni di vita degli IDP, degli sfollati disabili con malattie croniche.
- In tutto questo catastrofico contesto di crisi umanitaria, le forze Amhara continuano a rappresentare una minaccia per la sicurezza nelle zone di confine, sottraendo fertilizzanti agli agricoltori dle Tigray.
- Il 15 luglio a Shire le decine di campi IDP che accolgono migliaia di sfollati, sono stati sommersi da acqua e fango a causa delle alluvioni del periodo. Ironia tragica e drammatica, non è solo la mancanza d’acqua ad uccidere le persone, ma alle volte è la troppa acqua che può ammazzare.
Da fonte amica e informata sui fatti, ma che si terrà anonima per tutelare la sua incolumità, giungono notizie e conferme che in Tigray in zona di confine con l’Eritrea la situazione è ancora instabile. I civili non hanno alcuna protezione e i gruppi eritrei continuano a saccheggiare e reprimere i tigrini. Gli sfollati interni, IDP, se tornano a casa rischiano la vita. Tutto il contesto aggravato dalla mancanza di supporto alimentare.
Sul numero di IDP non c’è trasparenza. Le dichiarazioni dello IOM non danno chiarimenti sul numero aggiornato di quante persone sfollate ci siano oggi in Tigray. In un ultimo report pubblicato viene dichiarato infatti: “La regione Tigray è stata coperta in questo round, ma i dati sono stati condivisi separatamente.” Nel report non ci sono note, dettagli ed informazioni su tali dati separati.
L’ Emergency Coordination Center – ECC del Tigray ha condiviso un aggiornamento operativo datato 21 luglio 2023
L’aggiornamento del 21 luglio 2023, come riporta Duke Burbridge su Tghat, ha sottolineato che il report è parziale e manca l’esposizione di diverse criticità e che la sospensione del cibo sta causando l’aumento di sfollamenti nel Tigray. Mentre il JEOP ha completato la raccolta dei dati per nuovi obiettivi, il WFP sta lottando per fare progressi.
Gli sfollati di Endabaguna non hanno ricevuto cibo.
Duke Burdbridge ha voluto riassumere i punti fondamentali del report dell’ ECC Tigray che riporto di seguito:
Accessibilità regionale
- Una bozza di mappa dell’accessibilità mostra che alcune aree nella zona sud e nord-ovest sono considerate accessibili ora, ma le rotte di rifornimento nel Tigray sono tutte sospese ad eccezione del corridoio Semera-Mekelle.
Cluster Alimentare
- La sospensione del cibo sta contribuendo a un aumento degli sfollati nel Tigray e i 37.000 sfollati interni di Endabaguna non hanno ancora ricevuto cibo.
- Le aree del Tigray sono ancora inaccessibili, comprese la zona orientale (Erob [Irob], Zala Anbesa [Zalambessa], Gulo Mekeda), la zona centrale (Egela) e la zona nord-occidentale (Dima, Tahtay Adiyabo).
- Ci sono ancora tasse informali (shake down) [tangenti da pagare] lungo le rotte verso il Tigray.
- Segnala che è in fase di implementazione un nuovo sistema di targeting. Il JEOP sembra aver completato la raccolta dei dati nella zona centrale, orientale, sud-orientale e metà della zona meridionale. Il WFP è ancora alla fase 1 di 3.
- Menziona uno sforzo collettivo per “monitorare la situazione”, verificare i rapporti di morte non confermati e confutare qualsiasi disinformazione.
- è aumentato l’accattonaggio osservabile nelle principali città, i bambini sono esposti allo sfruttamento mentre cercano di lavorare per il cibo.
- le madri malnutrite e i loro bambini sono maggiormente a rischio durante il parto, ma non fornisce alcuna informazione su come ciò abbia avuto un impatto su madri e bambini nel Tigray.
- Segnala che la mancanza di assistenza alimentare è un fattore importante nella bassa iscrizione e frequenza scolastica.
- Riferisce che alcuni allevatori sono costretti a vendere i loro animali da tiro e da riproduzione per il cibo.
- Ribadisce che l’assistenza alimentare e gli input agricoli sono urgentemente necessari per facilitare il ritorno degli sfollati dalle aree agricole in tempo per piantare.
Distretto Agricoltura
- Viene coltivato solo il 42% della superficie totale coltivata nel Tigray.
- Solo il 19% dei fertilizzanti e il 12% dei semi necessari sono stati ricevuti nel Tigray.
- Le infestazioni da parassiti sono presenti in 34 woreda, nella maggior parte dei casi non ci sono sostanze chimiche da controllare.
- Gli input agricoli sono estremamente necessari e scarseggiano.
Contesto Istruzione
- I programmi di alimentazione scolastica sono stati tagliati dal WFP per la pausa estiva, ancora in corso in altri siti per 7.634 bambini.
- Il resoconto della visita ad Adigrat ha mostrato che 3 scuole su 4 erano ancora utilizzate per ospitare sfollati interni. In alcuni casi le lezioni si tengono accanto alle aree in cui vivono gli sfollati.
Contesto Salute
- l’ECC riferisce che circa il 75% delle strutture sanitarie sta segnalando ora, che è ancora al di sotto della media nazionale, questo include il 100% delle strutture del sud-est e di Mekelle; 99% di Centrale; 80% del nord-ovest; 77% dell’est; 50% del sud.
- Segnala importanti focolai di malaria e infezioni acute del tratto respiratorio (ritenuto essere COVID 19); possibile focolaio di morbillo nelle città di Ofla, Hawzen, Adi-Gudom, Asgeda, Adi-Haki, Shire, Hintalo e Axum.
- Segnala un’epidemia di pertosse a Endamekoni.
- Il report non segnala casi di colera. [NB questo è allarmante a causa delle recenti segnalazioni e conferme di 13.000 casi di colera e 100 morti nel Tigray]
Continua la poca trasparenza che è un fattore aggravante per poter gestire e coordinare le attività per tutelare le vite di milioni di persone.
Poi arrivano le foto che, senza tanti giri di parole, dimostrano la situazione delle persone nelle tante aree rurali, sono la maggior parte che costituiscono la morfologia del Tigray.
Questo è Kiros Kiflu. Ha avuto una vita felice con sua moglie e sei figli. Possedeva 5 acri di terreno agricolo e più di 25 capi di bestiame. Kiflu non è mai stato affamato o indigente. Due anni fa è stato #sfollato dalla sua casa a Humera, Tigray occidentale (zona di attività di pulizia etnica da parte amhara) Kiflu oggi, però, non sa dove siano i suoi figli e sua moglie. Ha perso tutti i suoi averi oltre ad essere separato dalla sua famiglia. Oggi tutto ciò che ha è la roccia che usa come cuscino, una stuoia che è metà di quanto è alto ed il suo bastone.
La giustizia per le vittime lascia spazio agli accordi economici per “stabilità e sviluppo” dei governanti
Il governo etiope fin dall’inizio ha cercato di screditare e delegittimare le investigazioni del team di esperti di diritto umanitario ONU – ICHREE – propagandandola come attività di ingerenza esterna verso l’Etiopia come Stato Sovrano e rivendicando la sua sovranità mascherandola da campagna pro panafricanismo dal basso, dal popolo.
Approfondimento:
Quattro Modi in Cui il Governo Etiope Manipola i Media – AA African Arguments
HRW – Human Rights Watch recentemente in risposta ha dichiarato:
“I tentativi dell’Etiopia di porre fine al mandato dell’ICHREE durante il suo mandato non hanno precedenti. Non solo suggerisce che gli Stati possono manovrare politicamente per ribaltare le decisioni del Consiglio dei diritti umani per evitare il controllo indipendente e la responsabilità, ma potrebbe anche costituire un pericoloso precedente per quanto riguarda il controllo internazionale e l’impunità per le violazioni dei diritti altrove.”
Per i crimini di guerra in cui il governo etiope è implicato, l’America a partire dal 1 gennaio 2022 ha messo in vigore la sanzione che l’ha vista esclusa dall’African Growth and Opportunity Act – AGOA.
HRW come per l’Etiopia, ha bacchettato, anche le dichiarazioni del segretario americano Antony Blinken:
“Nella sua determinazione sulle atrocità di marzo, Blinken ha sostanzialmente riconosciuto che le violazioni [in Tigray] non erano cessate, affermando che “le violazioni dei diritti umani nell’Etiopia settentrionale [media ed istituzioni fanno fatica a citare Tigray n.d.a.] sono notevolmente diminuite”, non che si fossero fermate. Avrebbe dovuto seguire la determinazione dell’atrocità con sforzi per renderla importante in modi concreti. Può ancora.”
Nel contempo gli USA di Joe Biden confermano la loro posizione rivolta all’economia e legittimati dall’accordo di Pretoria, con Europa a seguire, stanno riprendendo e continuando a ripristinare e normalizzare le relazioni e accordi economici con il governo etiope.
La stessa America cha recentemente ha ritrattato la sua posizione in tutela dei diritti umani con uno smacco per la memoria e la giustizia di tutte le vittime della guerra genocida iniziata in Tigray. A detta di una recente notifica interna del Dipartimento del Tesoro americano, la revoca legale unilaterale di tale designazione per l’Etiopia per cui non è più coinvolta in un “modello di gravi violazioni dei diritti umani”, aprirà la strada per poter riprendere l’invio di aiuti economici USA ed internazionali al paese dell’Africa orientale.
Anche l’Italia del governo Meloni ha firmato accordi triennali con il governo etiope di Abiy Ahmed Ali per un totale di 182 milioni di euro per accordi di cooperazione, supporto della filiera agro alimentare e sostanzialmente per crescita e sviluppo economico. La stessa premier Meloni e i media italiani a seguire, hanno rilanciato in maniera propagandistica parole come “Piano Mattei” per l’Africa (di cui non si hanno ancora dettagli) e accordi e stretta sui legami economici con l’Etiopia, ma alcuna parola in tutela di giustizia e diritti degli individui, dei milioni di persone prese in mezzo a guerre non loro.
Da ricordare che in tutto questo la priorità sono le persone e le loro vite e le persone non mangiano soldi.
WFP aveva dichiarato che avrebbe ripreso la consegna di nuovi round di materiale alimentare a partire da fine luglio, ma ancora oggi, ad una settimana da fine mese, non ci sono comunicati ed aggiornamenti ufficiali dall’agenzia umanitari.
Sono quasi 6 milioni di persone oggi in Tigray ad attendere, oltre che giustizia per le centinaia di migliaia di vittime, cibo e cure mediche.
Un totale di 20 milioni in tutta Etiopia ad attendere supporto alimentare urgente, conseguenza di guerra e siccità.
L’accordo di tregua era necessario, ma la crisi umanitaria è ancora in atto.
Mai come oggi, il cibo ed il supporto medico sono letteralmente di vitale importanza per tutelare la vita di milioni di persone.
Manipulative EU opinion poll no justification for indiscriminate chat control
The EU Department of the Interior DG Home claims to have proven with a Eurobarometer opinion poll that the vast majority of the EU population wants total chat control. Unfortunately this was never asked for, or only in a misleading way.
No mention of chat control
Citizens aged 18 and over were asked in many different ways whether depictions of child sexual abuse online should be automatically detected – to which most repondents agreed. However, they could not understand from these questions that private messages are to be indiscriminately searched with error-prone algorithms.
Automatic detection? Yes, please.
Only one question was asked about “messages (e.g. email, chat)” (question 9): Should service providers “detect child sexual abuse material and grooming conversations in messages (e.g. email, chat) when there is a significant risk of child sexual abuse on a particular platform?“
The wording of this question suggests that it was possible to accurately and reliably detect only “child sexual abuse material and grooming conversations”, i.e. without any false positives. However, since in reality up to 80 % of machine-reported private messages and photos turn out to be criminally irrelevant, respondents were misled by this question.
When citizens were asked in another survey whether they wanted their own private messages to be searched without suspicion for suspicious material, after revealing the high risk of false positives, the result was exactly the opposite: 72% of citizens rejected this monstrous idea.
The question about “a particular platform” is also manipulative, because chat control threatens to affect any service.
Fear-mongering
Question 7 on support for the proposed chat control regulation claimed: “If this [regulation] is not passed by August 2024, detection of child sexual abuse in online exchanges – voluntary or not – will become illegal.” Here, no respondent could understand that “online exchanges” meant private messages. Furthermore, the question omits that the method of “voluntary chat control” used by US big tech violates our fundamental rights and is already now illegal – lawsuits are pending.
Paternalism of young people concealed
Important parts of the proposal are completely missing in the EU survey, such as the planned exclusion of young people under 16 from installing most apps. When we commissioned a survey among young people on this, the response was overwhelming rejection.
Conclusion
The mother of chat control, Home Affairs Commissioner “Big Sister” Johansson, continues her information war on digital privacy of correspondence with this manipulative survey. It is our responsibility to drown this government propaganda in tireless education about the truth on chat control. Everyone is called upon to help!
Etiopia, legittimata da USA ed Europa, ostacola la giustizia per le vittime di guerra in Tigray
Dopo 2 anni di guerra genocida iniziata il 4 novembre 2020 in Tigray, stato regionale settentrionale dell’ Etiopia, ancora oggi, dopo quasi 9 mesi dalla firma dell’ accordo di cessazione ostilità firmato a Pretoria, continuano abusi, violenze e violazioni.
Continuano le morti per fame di adulti e bambini.
Da marzo 2023 in Tigray e da giugno 2023 nel resto d’Etiopia, le agenzie umanitarie WFP e USAID hanno fatto la scelta politicizzata di bloccare la fornitura alimentare per 20 milioni di persone bisognose di supporto alimentare.
Approfondimenti:
- Scandalo della deviazione del materiale di supporto alimentare per il Tigray
- Archivio di 2 anni di aggiornamenti sulla guerra genocida in Tigray dimenticata dla resto del mondo
Diversi punti dell’accordo di Pretoria (CoHA) ancora oggi sono disattesi.
Il ritiro dell’occupazione amhara dall’area aoccidentale del Tigray: le forze amhara hanno perpetrato, anche dopo l’accordo di tregua, attività di pulizia etnica verso i civili etiopi di etnia tigrina.
Il ritiro delle forze eritree, che anche durante e dopo i tavoli di negoziato del 2 novembre 2022, hanno continuato con abusi, saccheggi e repressione, uccisioni di civili tigrini. Oggi i soldati dell’esercito eritreo risultano parzialmente ritirati, perché nelle zone del Tigray dell’estremo nord est, nella woreda (distretto) di Irob sono ancora presenti.
L’accesso incondizionato al supporto umanitario come vuole l’accordo di Pretoria, proprio per la presenza di queste “forze esterne” (come sono state implicitamente nominate nel “contratto di tregua” le forze amhara ed eritree) hanno condizionato i movimenti umanitari nella regione del Tigray.
Il sistema sanitario distrutto per il 90% durante 2 anni di guerra genocida combattuta in totale blackout comunicativo ed elettrico, ha tenuto in scacco quasi 7 milioni di civili. Ancora oggi molte zone rurali, la maggior parte dello staot regionale, sono in balia degli eventi, come le loro comunità. Ancora oggi anche grossi centri sanitari, ospedali come ad Adwa, a Mekelle, nonostante siano passati quasi 8 mesi dall’accordo che ha impartito dei punti fondamentali per la ricostruzione e la rinascita di una popolazione distrutta, massacrata e martoriata da una guerra non loro, non arrivano a risollevarsi, non hanno il giusto supporto di materiale per poter curare vecchi e nuovi pazienti. Gli aiuti che arrivano oggi sono doverosi, ma ancora unagoccia di acqua in mezzo al deserto.
L’accordo però è una raccolta di linee guida che non può essere fine a se stesso, ma deve considerarsi strumentale a salvare milioni di persone e tutelarne i diritti come individui e parte della società.
Quelle persone in Tigray che oggi continuano a soffrire per il mancato rispetto di vari punti di quel stesso accordo che invece dovrebbe tutelarle.
La catastrofe umanitaria continua in Tigray
In data di scrittura di questo articolo (19 luglio 2023) sono passati 112 giorni dall’inizio della sospensione di materiale umanitario da parte del WFP e USAID rivolto a milioni di persone in Tigray.Grazie a Duke Burbridge per la condivisione di questo grafico.
La fame artificiosamente indotta dal’uomo e da scelte politiche, porta alla luce atrocemente casi come quello di Tsige Shishay.
Il maglione rosa che indossa riporta tragicamente la scritta “bello” sul davanti.
Tsige Shishay ha 10 anni, ma pesa appena 10 kg. Il suo medico a Mekelle dice che sta morendo, una nuova vittima di una grave carenza di cibo in una regione devastata da due anni di guerra e lotta contro gli stenti: siccità e cambiamenti climatici sono solo fattori complementari che aggravano la vita di milioni di persone oggi.
Il personale dell’Ayder Hospital a Mekelle ha detto che otto bambini sono morti lo scorso maggio.Tsige Shishay, il cui maglione rosa dice “bello” sul davanti, ha 10 anni ma pesa appena 10 kg – Ayder hospital Mekelle – Tigray
- Nella zona centrale del Tigray, viene denunciato che la mancanza di trasporti verso le strutture sanitarie aggrava la situazione dei pazienti.
- Mentre a Samre la fame e la mancanza di cibo ogni giorno continua a far aumentre il numero di morti tra i bambini.
- Pazienti diabetici e bambini a Gijet soffrono per l’assenza di medicine.
- I malati di cancro ai reni nel Tigrai continuano a soffrire a causa della scarsità di cure mediche essenziali.
- Gli agricoltori di Dogua Temben affermano che la loro produttività agricola (proprio nel periodo delle piogge idoneo alla coltivazione) è minacciata dalla scarsità di fertilizzanti.
- Le malattie precedentemente monitorate e tenute sotto controllo hanno ripreso a circolare come epidemie.
- La sospensione degli aiuti da parte di WFP e USAID sta peggiorando le condizioni di vita degli IDP, degli sfollati disabili con malattie croniche.
- In tutto questo catastrofico contesto di crisi umanitaria, le forze Amhara continuano a rappresentare una minaccia per la sicurezza nelle zone di confine, sottraendo fertilizzanti agli agricoltori dle Tigray.
- Il 15 luglio a Shire le decine di campi IDP che accolgono migliaiai di sfollati, sono stati sommersi da acqua e fango a causa delle alluvioni del periodo. Ironia tragica e drammatica, non è solo la mancanza d’acqua ad uccidere le persone, ma alle volte è la troppa acqua che può ammazzare.
Alluvione campi IDP Shire, Tigray Etiopia 15 luglio 2023
Anche la repressione a sfondo etnico continua: un caso eclatante e recente subìto da Aba Serekebirhan Weldesamuel che una volta atterrato in Etiopia all’areoporto di Bole, Addis Ababa, voleva continuare il viaggio verso Mekelle per rivedere la proria famiglia. E’ stato detenuto al’areoporto dalle forze di polizia per 3 giorni senza motivo ed estradato senza foglio di via verso Nuova Delhi, India come scalo prima di tornare in Australia.
L’Etiopia ostacola la giustizia per le vittime in Tigray
Nell’accordo di tregua un altro punto fondamentale è quello della giustizia di transizione.
In base all’accordo di cessazioni ostilità – CoHA, firmato congiuntamente al TPLF – Tigray People’s Liberation Front, l’Etiopia si è impegnata ad attuare una “politica nazionale di giustizia transitoria globale volta alla responsabilità, all’accertamento della verità, al risarcimento delle vittime, alla riconciliazione e alla guarigione”.
Il processo manca di trasparenza ed è conseguenza di una strategia nota ben prima della stipula dell’accordo negoziato a Pretoria e mediato dall’ African Union.
Un fatto eclatante che conferma tale strategia, sono le parole esclusive dell’ex ministro delle donne e della gioventù Filsan Abdi che al Washington Post aveva denunciato:
“La guerra ha polarizzato il paese così profondamente che so che molte persone mi etichetteranno come bugiarda semplicemente perché dico che anche il governo ha fatto cose dolorose e orribili”, ha detto Filsan. “Non sto dicendo che erano solo loro. Ma io c’ero. Ero alle riunioni di gabinetto e sono andata a incontrare le vittime. Chi può dirmi cosa ho fatto e cosa non ho visto?”
Era stata incaricata dal governo etiope di creare una task force investigativa in Tigray per indagare sulle diffuse denunce di stupro e sul reclutamento di bambini soldato.
“Abbiamo riportato le storie più dolorose e ogni parte era implicata”
Sottolineando:
“Ma quando ho voluto pubblicare le nostre scoperte, mi è stato detto che stavo oltrepassando il limite. “Non puoi farlo”, mi ha chiamato e mi ha detto un funzionario molto in alto nell’ufficio di Abiy. E ho detto: ‘Mi hai chiesto di trovare la verità, non di fare un’operazione di propaganda. Non sto cercando di far cadere il governo: c’è un’enorme crisi di stupri per l’amor di Dio. I bambini soldato vengono reclutati da entrambe le parti. Ho le prove sulla scrivania davanti a me.”
Il governo etiope è anche stato sempre ostile verso l’ingerenza straniera e sulle molteplici richieste ed appelli per indagini indipendenti per la giustizia delle vittime di guerra. Fin dall’inizio ha ostacolato l’accesso al Tigray a media, umanitari e funzionari di diritti umani legittimando la propria posizione con il detto “soluzioni africane ai problemi africani”.
Il governo etiope è implicato, come tutte le altre forze coinvolte nella guerra genocida in Tigray, in crimini di guerra. Nello specifico il governo ha intenzionalmente fatto ostruzionismo bloccando di fatto l’accesso ed il supporto umanitario nello stato regionale del Tigrai verso milioni di civili bisognosi di supporto.
USA ed Europa perseguendo il sistema capitalistico legittimano la strategia dell’Etiopia
I 6 milioni di persone in Tigray che hanno subìto crimini di guerra non vedranno alcuna responsabilità perché in gran parte è consrguenza legittimata da USA ed Europa che continuano a ripristinare e normalizzare le relazioni economiche con il governo etiope.
Una evidente dimostrazione di doppi standard da parte della così detta comunità internazionale se accostata al contesto ucraino. Milioni di rifugiati scappati dalla guerra e dall’invasione russa in patria ed accolti in Italia in pochi mesi. Il governo ha predisposto agevolazioni fiscali per tutti gli italiani che avessero dato disponibilità di accoglienza. Non si può dire che lo stesso furgone (#LoStessoFurgone come hashtag su Twitter) per andare a recuperare gli ucraini su linea di confine per portarli in salvo in Italia sia utilizzato come mezzo (metafora di scelte politiche non discriminanti e in tutela dei diritti universali di ogni individuo, nessuno escluso) anche per tutte quelle persone che scappano dalle guerre come per esempio quella genocida in Tigray.
Approfondimenti:
- Etiopia, guerra economica tra USA e Russia sulla pelle di milioni di persone in Tigray [BRICS e G7]
- Etiopia, 182 milioni di euro siglati tra la Presidente Giorgia Meloni e il Primo Ministro etiope in visita in Italia
- An indifferent world looks on as Ethiopia obstructs justice for Tigray
“In un mondo consumato dal conflitto in Ucraina e intrappolato in un tiro alla fune tra superpotenze, la responsabilità per le atrocità nel Tigray rimane una prospettiva lontana. Considerazioni strategiche si riflettono nei tentativi di rafforzare i legami [economici USA ed Europa] con il governo [etiope] piuttosto che rimproverarlo.Ma restituire il pieno sostegno all’Etiopia senza passi concreti per porre fine all’impunità destabilizzerà ulteriormente un paese sempre più fragile. I tigrini continuano a essere soggetti a violazioni dei diritti umani mentre il conflitto ribolle in Amhara e Oromia, con il potenziale per inghiottire il paese nella violenza.”
Aaron Maasho & Martin Witteveen
Aaron Maasho ha lavorato come direttore delle comunicazioni dell’EHRC da luglio 2020 a novembre 2021.
Martin Witteveen, un esperto di diritto penale internazionale, ha prestato servizio presso EHRC fino a febbraio 2022 per sviluppare una strategia di risposta rapida per situazioni di emergenza in materia di diritti umani
Confini tra Eritrea ed Etiopia – Storia dello Stato Regionale del Tigray
Borderless World vs Borders as Walls: approfondimenti da un gruppo di terra di confine nel nord dell’Etiopia
Autore: Alexandra Magnolia Dias
1. Il confine tra Eritrea ed Etiopia ha cambiato frequentemente stato dal XIX secolo fino all’indipendenza dell’Eritrea (Triulzi, 2006: 7). Con la creazione dell’Eritrea come colonia italiana e prima dell’incorporazione dell’Etiopia nell’Impero italiano dell’Africa orientale, il confine fu definito secondo i trattati coloniali. Tuttavia, il confine è aumentato e diminuito nel corso dei decenni della loro convivenza politica. In effetti, lo status del confine è passato da un semplice indicatore amministrativo interno a un confine coloniale, alla dissoluzione, a un confine interstatale durante la federazione decennale, è diventato di nuovo un confine interno, ha attraversato una fase di contesa no-man’s- terra durante la guerra civile e, infine, ha acquisito lo status di confine internazionale tra due stati sovrani. Prima dello scoppio delle ostilità nel maggio 1998 il confine non era mai stato delimitato o demarcato. A tutti gli effetti, i gruppi etnici a cavallo del confine hanno continuato la loro normale attività quotidiana indipendentemente dalla linea di confine. Per i gruppi di confine l’indipendenza dell’Eritrea era di secondaria importanza di fronte al generale senso di sicurezza generato dalla fine della guerra civile contro il Derg.
2 All’indomani della guerra interstatale del 1998-2000 tra Eritrea ed Etiopia, il confine poroso è stato trasformato in un muro che ha portato alla sua chiusura e all’ostacolo dei movimenti stabiliti di persone e merci attraverso il confine. I gruppi etnici a cavallo dei confini particolarmente colpiti sono stati quelli dell’Etiopia settentrionale provenienti dalle regioni del Tigray e dell’Afar.
3 Questo articolo attinge a una ricerca empirica originale all’interno di un gruppo diviso, i Saho sul lato etiope del confine, il gruppo etnico denominato Irob. L’articolo farà luce sulle strategie e sulle identità mutevoli che un gruppo di terra di confine ha creato per adattarsi alla chiusura di un confine precedentemente poroso.
4 La prima parte dell’articolo caratterizza il gruppo delle terre di confine e i luoghi che ricadono nel territorio tradizionale di Irob in relazione al processo di formazione dello stato in Etiopia ed Eritrea, la traiettoria dello stato e l’estensione delle sue istituzioni all’area rurale in esame: l’attuale Irob woreda. 1 La seconda parte valuta l’eredità dei conflitti armati: dalla guerra civile che oppose i movimenti insurrezionali a cavallo del confine tra Etiopia ed Eritrea al regime militare marxista noto come Derg e la guerra di confine interstatale del 1998-2000 tra Eritrea ed Etiopia. L’articolo mostrerà che i due conflitti armati hanno lasciato eredità diverse nell’area rurale e hanno avuto un impatto diverso sulla vita quotidiana degli attori sociali locali. Infine, sullo sfondo delle due parti precedenti, l’articolo analizzerà le strategie del gruppo borderland ei cambiamenti di identità dalla chiusura e militarizzazione del confine tra Eritrea ed Etiopia all’indomani della guerra del 1998-2000.
NOTA 1: Woreda è l’unità amministrativa che corrisponde a un distretto locale secondo il nuovo modello federale post-1991 in Etiopia. Le unità amministrative sono le seguenti in ordine decrescente: regione-zona-woreda-tabia-kushet.
La traiettoria dello stato e l’estensione delle istituzioni statali a un’area rurale: Irob woreda (distretto)
5 Il distretto locale attualmente noto come Irob woreda si trova nella regione del Tigray nella zona orientale e conta 31.000 abitanti, che rappresentano l’1,3% della popolazione dell’Etiopia. La definizione di un distretto locale con il nome del gruppo etnico maggioritario in quest’area, l’etnia indicata come Irob, corrisponde al progetto politico di costruzione dello stato che l’Etiopia People’s Revolutionary Democratic Front (EPRDF) ha introdotto nel post-1991 dopo il rovesciamento del Derg .
6 La capitale dello Stato regionale del Tigray della Repubblica Federale Democratica d’Etiopia è Mekele. La regione del Tigray è divisa in quattro zone amministrative e la capitale è la quinta zona. Le cinque zone, denominate Zoba, sono le seguenti: occidentale, orientale, settentrionale, meridionale e la capitale. Irob woreda si trova nella zona orientale. La capitale della zona orientale è Adigrat. Attualmente, l’Irob woreda ha sette tabia e ventotto kushet . Le tabias sono le seguenti: Alitena, Indalgueda, Agara Lakoma, Ará, Endamosa, Haraza Sabata e Weratle.La vecchia capitale del territorio tradizionale Irob, Alitena, è stata sostituita da Dawhan, una nuova capitale nelle vicinanze nel 1997. Ma non è sempre stato così. In effetti, il riconoscimento della terra di Irob all’interno della struttura amministrativa dello stato è stata una novità introdotta nel contesto del progetto di costruzione dello stato politico dell’EPRDF. Nel periodo imperiale (Haile Selassie) l’Etiopia era divisa in 14 province e il Tigray era una provincia a quel tempo. Il Tigray era diviso in otto unità amministrative chiamate awaraja . Le aree in cui si trova la tradizionale terra Irob erano sotto l’amministrazione dell’Agame awaraja con Adigrat come capitale. Nel periodo Derg, il Tigray era diviso in 11 awaraja. A causa dell’intensità dei movimenti ribelli in Eritrea, Tigray e Ogaden nel 1987, il Derg ha creato cinque regioni amministrative autonome: Eritrea, Tigray, Assab, Dire Daua e Ogaden (Bureau, 1988: 13-16). Durante questo periodo, a causa dell’aumento dei movimenti insurrezionali nel Tigray, la loro crescente ascesa e legittimità fu sottoposta a un’amministrazione tripartita: 1) le aree urbane lungo la limitata infrastruttura stradale che rimase sotto il controllo del Derg; 2) i villaggi ( tabias ) e le frazioni ( kushets ) che erano sotto il controllo del principale movimento ribelle, il Tigray People’s Liberation Front (TPLF), e 3) terra nullis(terra di nessuno) che comprendeva zone periferiche e remote di difficile accesso. Molte delle località dell’attuale Irob woreda rientravano nella categoria 2 o 3.
7 Il modello federale post-1991 segna una rottura significativa con i precedenti progetti politici di costruzione dello stato e ha avuto molteplici implicazioni per Irob, come mostrerà questa parte dell’articolo. La transizione post-1991 prevedeva l’attuazione di un modello federale su base etnica. Questo modello si basava sul principio di uguaglianza tra i diversi gruppi che compongono la struttura sociale dell’Etiopia. Lo scopo del modello era quello di riflettere il carattere multilinguistico, multietnico e multiconfessionale dello stato etiope. Per superare la spinta centrifuga esercitata dalla periferia sul centro, il modello federale si è basato sul principio della devoluzione dell’autonomia alle regioni e ai comuni all’insegna del decentramento.
8 Il modello federale su base etnica mirava a ricostruire lo stato in un modo che riflettesse la distribuzione delle varie nazionalità in Etiopia. L’articolo 39 della nuova Costituzione riconosceva anche il diritto di secessione alle nazioni, nazionalità e popoli dell’Etiopia. In questo contesto, il concetto di nazionalità nella Costituzione del 1994 prevedeva il riconoscimento del carattere multinazionale dello Stato. In pratica, la Costituzione riconosce ogni cittadino come etiope (identità nazionale) e come identificato con il gruppo etnico maggioritario nella sua regione, zona o distretto locale – woreda. In questo senso, le nazionalità dovrebbero essere interpretate come sottonazionalità, che sono sinonimi di gruppi etnici. Le diverse unità amministrative ei confini interni tra di esse sono stati ridefiniti e delimitati secondo la distribuzione dei diversi gruppi etnici in ciascuna regione e unità amministrativa locale. Tuttavia, nel caso dell’Etiopia la distribuzione etnica non è geograficamente o omogeneamente consolidata in ogni regione. La logica alla base dell’espansione dello Stato a partire dal 19secolo , in particolare con l’imperatore Menelik II, fu quello di subordinare i focolai di opposizione allo stato centrale attraverso l’espansione e l’incorporazione di gruppi periferici. Questa logica è stata riprodotta e consolidata dai regimi successivi. Aggiungendosi a questa logica di espansione, i processi migratori volontari e forzati durante i regimi imperiali, l’occupazione italiana (1936-1941) e il regime militare marxista hanno portato alla dispersione geografica di vari gruppi etnici (Donham e James, 1986; James, et al , 2002; Turtone, 2006). Infine, i precedenti progetti politici di costruzione dello stato erano inquadrati attorno al principio di subordinare tutte le altre fonti di identità all’identità nazionale e l’amarico aveva la precedenza su tutte le altre lingue come lingua franca dello stato etiope.
9 Gli Irob e il loro territorio tradizionale sono rimasti alla periferia dello stato fino a tempi molto recenti, come mostrerà la prossima sezione dell’articolo. Il rapporto tra le traiettorie statali dell’Etiopia e dell’Eritrea e il posizionamento di questo gruppo etnico rispetto al confine tra Etiopia ed Eritrea sono fondamentali per comprendere il processo di estensione delle istituzioni e dei rappresentanti dello Stato a questa zona rurale di confine. Ma prima la sezione successiva introdurrà il mito delle origini degli Irob, le loro fonti di identificazione e il sottogruppo Bukenayto. Questo clan è di particolare importanza in quanto l’autore ha raccolto la maggior parte dei dati per il presente articolo attraverso l’osservazione dei partecipanti, interviste di gruppo e semi-strutturate tra gli Irob Bukenayto durante il lavoro sul campo nel novembre 2010, come menzionato nella sezione introduttiva.
Mito(i) di origine e fonti di identità di Irob
10 Nel XIX secolo , una famiglia Irob, i Soubagadi, svolse un ruolo fondamentale nella riconfigurazione del potere del Tigray e nella storia regionale delle rivalità politiche. Dedjatch Soubagadis (1816-1830) riuscì a guadagnare ascendente su altri potenziali candidati grazie alle sue abilità di guerriero e all’astuzia politica. Per gli Irob, in quanto gruppo minoritario nel Tigray, questo ha segnato un momento di ascesa politica in una regione dominata dal gruppo etnico maggioritario, i Tigray.
11 Le fonti e le narrazioni orali contemporanee differiscono in termini di origini dell’Irob. Gli Irob non si identificano con gli altri sette clan Saho che si sono convertiti all’Islam. Una riga difende che sono i discendenti dei greci che arrivarono all’attuale porto eritreo di Adulis, da qui il loro nome Irob che nella pronuncia locale suona come “Europa”. Un altro filone della tradizione orale li lega alla parola Roma. L’ultima collega Irob alla parola in saho che significa “ritorno alle origini”. Forse non è un caso che il mito delle origini colleghi Irob all’Europa, in quanto uno dei suoi lignaggi (Irob Bukenayto) si convertì al cattolicesimo dopo la fondazione di una missione lazzarista da parte di preti francesi nella tradizionale capitale della loro patria, Alitena, intorno al 1846. Gli altri due lignaggi, Irob Adgade e Irob Hasaballa, 2
NOTA 2: L’unica moschea di Irob woreda è stata costruita di recente nella nuova capitale, Dawhan. Le famiglie di Wuratle che si identificano con l’Islam e seguono la religione vivono pacificamente con quelle che si identificano con il cattolicesimo. Tuttavia, l’unico luogo pubblico di professione e culto religioso è una chiesa cattolica.
12 L’ascesa politica regionale di un rappresentante delle famiglie Irob, come accennato in precedenza, ha segnato l’affermazione dei membri di questo gruppo come attori sociali nello spazio politico del Tigray. Il padre di Soubagadis ebbe il merito di riunire i sostenitori delle tre famiglie Irob: Bukenayto, Hasaballa e Adgade (Coulbeaux, 1929: 381). La divisione in tre famiglie di questo sottogruppo dei Saho segue il principio della discendenza da uno dei tre fratelli e capi di questi clan.
13 In termini di organizzazione sociale e di unità di stirpe politica tradizionale le tre famiglie sono indicate come Are , che letteralmente significa casa o luogo di residenza secondo la tradizione di discendenza da una delle autorità tradizionali delle tre casate. Il leader di ogni clan è indicato come Ona ed è eletto a vita. Un consiglio di cinque anziani o di altri membri di riconosciuto prestigio all’interno del gruppo è responsabile della decisione finale. Questa posizione di Ona è rimasta prevalentemente all’interno di alcune famiglie e/o sottoclan in una linea di continuità. L’assemblea dei rappresentanti e altri importanti incontri e cerimonie si sono tradizionalmente tenuti nell’antica capitale di Irob, Alitena, 3in un luogo chiamato Dalubeta. A Weratle, un altro luogo nel territorio tradizionale di Irob, il tradizionale luogo di riunione si trova vicino alla clinica sotto un albero secolare ed è noto come Indharta Daga.
NOTA 3: Si veda la mappa 2 per identificare la posizione geografica di Alitena in relazione alla nuova capitale woreda, Dawhan, alla capitale della zona orientale, Adigrat, e alla città eritrea di Senafe.
14 In termini di organizzazione socio-economica, a differenza di altri sottogruppi Saho che tendono a rimanere nomadi e dediti ad attività pastorali transumanti, gli Irob sono sedentari e si dedicano all’agricoltura e all’allevamento del bestiame.
15 La loro lingua saho è una lingua cuscitica, come nel caso del somalo, dell’oromifa, dell’afar e di altre lingue del Corno d’Africa (Lewis, 1998: 176). In effetti, la loro lingua è molto vicina all’afar. Tuttavia, mentre Afar segue la scrittura latina, Saho segue la scrittura Ge’ez.
16 Più di recente, soprattutto dopo il riconoscimento internazionale dell’Eritrea come stato sovrano (formalmente nel 1993) è emersa un’interessante distinzione secondo un informatore locale: “In Eritrea, Saho si riferisce al popolo e alla lingua. In Etiopia, Saho significa lingua, non popolo”. 4
NOTA 4: Intervista con l’autore, Irob woreda, novembre 2010.
17 Per comprendere un’altra fonte di identità di questo gruppo e l’emergere e il consolidamento di una distinzione del Saho che è rimasto associato allo stato etiope, come l’Irob (Lewis, 1998: 176), la sezione successiva esaminerà lo stato divergente traiettorie degli stati etiope ed eritreo.
L’Irob in relazione alle traiettorie di Etiopia ed Eritrea e al confine
18 L’Etiopia, ad eccezione del periodo di occupazione italiana (1936-1941), non fu sotto il dominio coloniale, a differenza della maggior parte degli stati dell’Africa sub-sahariana. L’Eritrea, d’altra parte, ha intrapreso una traiettoria divergente di formazione dello stato con l’inizio del dominio coloniale italiano nel 1890.
19 L’Etiopia e l’Eritrea facevano entrambe parte dell’Impero abissino condividendo così una storia comune, tra gli altri tratti, 5fino a quando l’Italia non colonizzò l’Eritrea (1890-1941). Tuttavia, come afferma giustamente Jacquin-Berdal (citando Halliday e Molyneux, 1981) “né l’Eritrea né l’Etiopia nella loro attuale costituzione esistevano nel periodo precoloniale” (Halliday e Molyneux citati in Jacquin-Berdal, 2002: 85). Quando l’Etiopia sconfisse l’esercito italiano invasore nella storica battaglia di Adwa (1896) e l’Italia fu costretta ad accantonare il suo piano di espansione più a sud del fiume Mereb (il fiume tra Eritrea ed Etiopia) i due paesi seguirono traiettorie divergenti. Tuttavia, i gruppi a nord e a sud del Mereb, in particolare quelli con sede nella regione etiope del Tigray, hanno continuato ad attraversare il confine per sposarsi, visitare parenti, partecipare a matrimoni e funerali, adorare, cercare opportunità di lavoro diverse dall’agricoltura, commercio e ricerca di pascoli e acqua (Abbay, 1997). Insomma, la creazione della colonia italiana non ha impedito ai gruppi separati dal confine (che è rimasto poroso come in altre ex colonie africane) di continuare la loro vita quotidiana tra i loro parenti oltre confine. Ma il dominio coloniale italiano ha trasformato la società eritrea e ha contribuito alla creazione di un senso di differenza tra i gruppi all’interno dell’Eritrea rispetto al paese confinante meridionale.
NOTA 5: Sebbene le regioni costiere dell’Eritrea abbiano subito influenze esterne nel corso dei secoli, gli altopiani dell’Eritrea erano strettamente legati al Tigray dell’Etiopia. In effetti, i tigrini eritrei sono etnicamente legati ai tigrini etiopi. I leader del Fronte popolare di liberazione eritreo (EPLF) e del Fronte popolare di liberazione del Tigray (TPLF) erano soliti ricoprire le cariche di capi di Stato. Il presidente Isaias Afewerki dell’Eritrea e il defunto primo ministro Meles Zenawi dell’Etiopia sono entrambi tigrini. Il tigrino eritreo e il tigrino etiope parlano la stessa lingua, il tigrino, e seguono la stessa religione, il cristianesimo ortodosso, tra le altre caratteristiche (Jacquin-Berdal, 2002: 82-83). L’EPLF e il TPLF sono indicati localmente rispettivamente come shabya e woyane .
20 Tra il 1936 e il 1941, quando l’Italia invase e occupò l’Etiopia, sebbene Addis Abeba fosse la capitale dell’Impero italiano dell’Africa orientale, l’Eritrea rimase il principale centro commerciale ed economico. Infatti, nel 1940, il 54,8 per cento delle imprese industriali dell’Impero italiano era localizzato in Eritrea, mentre il 30,6 per cento era localizzato nelle restanti province etiopi (Shewa, Harar, Amara e Oromo & Sidamo) e il restante 14,6 per cento era localizzato in Somalia colonia italiana. Per quanto riguarda le imprese commerciali, la preminenza economica dell’Eritrea all’interno dell’Impero italiano dell’Africa orientale era ancora una volta indiscutibile: il 56,2 per cento delle imprese si trovava in Eritrea, il 30 per cento nelle restanti province etiopi e il 13,8 per cento in Somalia.
21 In conseguenza delle opportunità disponibili nella colonia eritrea italiana, per la maggior parte del XX secolo i contadini della vicina Etiopia, principalmente del Tigray, sono emigrati anche a nord (in Eritrea e soprattutto nella capitale, Asmara) quando avevano bisogno di un reddito supplementare (Giovani, 1997: 72).
22 I gruppi di confine, come Tigrini, Kunama, Saho-Irob e Saho-Afar, come avvenne in altre zone di confine dell’Africa, furono artificialmente divisi dal confine introdotto con la creazione della colonia italiana dell’Eritrea.
23 In effetti, come hanno affermato diversi intervistati riflettendo interpretazioni e narrazioni locali: “L’Eritrea non esisteva. Era l’Etiopia”. 6
NOTA 6: Intervista con l’autore, Irob woreda, novembre 2010.
24 Con la sconfitta dell’Italia nella seconda guerra mondiale, la Gran Bretagna amministrò l’ex colonia italiana fino a quando non fu determinato il futuro dell’Eritrea (1941-1952). Il destino dell’Eritrea è stato fissato dalla Risoluzione 390 A (V) delle Nazioni Unite del 1952 che ne ha stabilito lo status di regione autonoma all’interno della Federazione con l’Etiopia (1952-1962). Tuttavia, il progressivo deterioramento degli assetti federali e la definitiva abrogazione della Federazione da parte dell’Etiopia hanno acceso il dissenso e contribuito all’emergere della lotta armata. L’Etiopia ha incorporato con la forza l’Eritrea come quattordicesimo governatorato o provincia.
25 La guerra per l’indipendenza dell’Eritrea è durata fino alla sconfitta del regime del Derg da parte delle forze combinate dell’EPLF e del TPLF nel 1991. L’indipendenza dell’Eritrea è stata formalmente riconosciuta nel 1993 all’indomani di un referendum che ha sancito i suoi 30 anni di lotta per l’autodeterminazione . In questa fase l’indipendenza dell’Eritrea non ha avuto conseguenze per la vita quotidiana dei gruppi di confine. In effetti, i gruppi di confine hanno continuato la loro attività quotidiana indipendentemente dal confine come avevano fatto in periodi diversi, come menzionato nella sezione introduttiva.
26 Come hanno affermato diversi Irob che vivono in aree rurali remote più vicine ai mercati in Eritrea che in Etiopia, “Tutte le persone andavano a Senafe, non in Etiopia. La nostra città prima della guerra era Senafe. Siamo agricoltori. Abbiamo inviato miele (baska), burro (subay), bue (aurr), mucche (saga), capre (lahe) e pecore al mercato di Senafe. A Senafe abbiamo comprato vestiti, scarpe, cibo e grano”. Tuttavia, questa situazione è cambiata radicalmente con lo scoppio delle ostilità tra Eritrea ed Etiopia nel 1998. All’indomani della guerra del 1998-2000 tra Eritrea ed Etiopia il confine poroso è stato trasformato in un muro che ha portato alla sua chiusura e all’ostacolo dei movimenti consolidati di persone e merci oltre confine.
27 La sezione successiva fornisce un’analisi dell’eredità della guerra civile e della guerra interstatale (1998-2000) per diversi Irob che vivono nell’area di confine.
L’eredità dei conflitti armati in una zona rurale di confine
28 Durante il periodo imperiale in Etiopia, il territorio tradizionale di Irob rimase alla periferia dello stato. La natura montuosa del paesaggio e la sua posizione topografica hanno contribuito al suo isolamento. Infatti, fino al 1969 (sempre durante il regime imperiale) Alitena, l’antica capitale di Irob, era inaccessibile su strada. In quest’anno sono stati fatti i primi sforzi per costruire una strada tra la città di confine di Zalambessa e Alitena. Ciò corrispondeva a una distanza di circa 35 chilometri oa 5-6 ore di viaggio a piedi. La maggior parte dei residenti di quest’area è abituata a svolgere e calcolare le proprie attività quotidiane in termini di distanze e ore di cammino, e questo è ancora il caso in altre località all’interno della woreda di Irob. La costruzione di una strada è stata seguita da un’iniziativa congiunta di un’organizzazione internazionale non governativa (ONG), Caritas-Svizzera, e una ONG locale, Action for the Development of Adigrat Diocese (ADDA) per costruire una diga vicino all’attuale capitale woreda, Dawhan. Il progetto per la costruzione della diga di Assabol è stato avviato negli anni ’70 all’indomani della carestia segnalata a livello internazionale durante la siccità del 1973-75. La siccità unita alla povertà, la situazione politica e la difficoltà di accesso a molte aree del Tigray hanno contribuito a questa carestia su larga scala. Durante il periodo Derg, con la crescente presenza di movimenti insurrezionali in quest’area, il progetto della diga di Assabol fu interrotto. La diga è stata aperta ufficialmente solo il 12 ottobre 2008 (O’Mahoney e Troxler, 2009). Le difficoltà di costruzione delle strade e di completamento di questo progetto confermano ulteriormente lo stato di periferia dell’area. Azione per lo Sviluppo della Diocesi di Adigrat (ADDA) per costruire una diga nei pressi dell’attuale capitale woreda, Dawhan. Il progetto per la costruzione della diga di Assabol è stato avviato negli anni ’70 all’indomani della carestia segnalata a livello internazionale durante la siccità del 1973-75. La siccità unita alla povertà, la situazione politica e la difficoltà di accesso a molte aree del Tigray hanno contribuito a questa carestia su larga scala. Durante il periodo Derg, con la crescente presenza di movimenti insurrezionali in quest’area, il progetto della diga di Assabol fu interrotto. La diga è stata aperta ufficialmente solo il 12 ottobre 2008 (O’Mahoney e Troxler, 2009). Le difficoltà di costruzione delle strade e di completamento di questo progetto confermano ulteriormente lo stato di periferia dell’area. Azione per lo Sviluppo della Diocesi di Adigrat (ADDA) per costruire una diga nei pressi dell’attuale capitale woreda, Dawhan. Il progetto per la costruzione della diga di Assabol è stato avviato negli anni ’70 all’indomani della carestia segnalata a livello internazionale durante la siccità del 1973-75. La siccità unita alla povertà, la situazione politica e la difficoltà di accesso a molte aree del Tigray hanno contribuito a questa carestia su larga scala. Durante il periodo Derg, con la crescente presenza di movimenti insurrezionali in quest’area, il progetto della diga di Assabol fu interrotto. La diga è stata aperta ufficialmente solo il 12 ottobre 2008 (O’Mahoney e Troxler, 2009). Le difficoltà di costruzione delle strade e di completamento di questo progetto confermano ulteriormente lo stato di periferia dell’area. Il progetto per la costruzione della diga di Assabol è stato avviato negli anni ’70 all’indomani della carestia segnalata a livello internazionale durante la siccità del 1973-75. La siccità unita alla povertà, la situazione politica e la difficoltà di accesso a molte aree del Tigray hanno contribuito a questa carestia su larga scala. Durante il periodo Derg, con la crescente presenza di movimenti insurrezionali in quest’area, il progetto della diga di Assabol fu interrotto. La diga è stata aperta ufficialmente solo il 12 ottobre 2008 (O’Mahoney e Troxler, 2009). Le difficoltà di costruzione delle strade e di completamento di questo progetto confermano ulteriormente lo stato di periferia dell’area. Il progetto per la costruzione della diga di Assabol è stato avviato negli anni ’70 all’indomani della carestia segnalata a livello internazionale durante la siccità del 1973-75. La siccità unita alla povertà, la situazione politica e la difficoltà di accesso a molte aree del Tigray hanno contribuito a questa carestia su larga scala. Durante il periodo Derg, con la crescente presenza di movimenti insurrezionali in quest’area, il progetto della diga di Assabol fu interrotto. La diga è stata aperta ufficialmente solo il 12 ottobre 2008 (O’Mahoney e Troxler, 2009). Le difficoltà di costruzione delle strade e di completamento di questo progetto confermano ulteriormente lo stato di periferia dell’area. con la crescente presenza di movimenti insorti in quest’area, il progetto della diga di Assabol è stato interrotto. La diga è stata aperta ufficialmente solo il 12 ottobre 2008 (O’Mahoney e Troxler, 2009). Le difficoltà di costruzione delle strade e di completamento di questo progetto confermano ulteriormente lo stato di periferia dell’area. con la crescente presenza di movimenti insorti in quest’area, il progetto della diga di Assabol è stato interrotto. La diga è stata aperta ufficialmente solo il 12 ottobre 2008 (O’Mahoney e Troxler, 2009). Le difficoltà di costruzione delle strade e di completamento di questo progetto confermano ulteriormente lo stato di periferia dell’area.
29 Il primo movimento insurrezionale emerso nel territorio tradizionale di Irob prendeva il nome da una delle sue montagne, Assimba. Il movimento è stato creato intorno al 1974 (1967 nel calendario etiope) 7e ha mobilitato il sostegno di un certo numero di gruppi etiopi. Il movimento ha anche mobilitato sostenitori tra gli Irob e il suo leader Tesfay Debressae si è identificato con gli Irob. Il movimento si è evoluto fino a diventare il Partito popolare etiope e la sua base era a Gamada, un’altra località remota ben nota nel territorio tradizionale di Irob. Anche il TPLF utilizzava il territorio tradizionale di Irob come base di retroguardia e i suoi combattenti erano basati in diverse località remote, vicino a Weratle, e su una montagna ben nota nel territorio tradizionale di Irob, Dambakoma. Tuttavia, durante il periodo della guerra civile, caratterizzato dall’opposizione armata dei movimenti ribelli contro il regime del Derg, a causa della sua posizione periferica in una remota area di confine, il territorio tradizionale di Irob non era il centro della scena o il teatro del conflitto armato. I movimenti insorti hanno approfittato della lontananza e della situazione periferica dell’area per riposarsi, riunirsi, fuggire, muoversi liberamente, organizzare e preparare le loro operazioni di combattimento contro il Derg. Questo contesto evidenzia ulteriormente l’isolamento del territorio tradizionale di Irob dalle istituzioni e dagli agenti statali.
8 Il dizionario ufficiale è stato finalmente pubblicato nel 2008 nell’ambito del progetto politico EPRDF (…)
NOTA 7: Il calendario etiopico differisce dal calendario gregoriano. Le differenze sono le seguenti. Il calendario etiope ha un totale di 12 mesi con 30 giorni e un 13 ° mese, denominato Pagume, che ha solo cinque o sei giorni, nel caso degli anni bisestili, ed è indietro di sette-otto anni rispetto al calendario gregoriano.
30 Il regime socialista militare del Derg lanciò il primo piano per insegnare la lingua saho nel contesto di una campagna nazionale che divenne nota come zemacha. La campagna nazionale di lavoro (zemacha) faceva parte della politica nazionale di promozione dell’alfabetizzazione del Derg. Prevedeva la distribuzione di studenti universitari in tutto il paese, e in particolare nelle aree rurali, in un programma volontario di un anno per contribuire alla “campagna contro l’analfabetismo generalizzato” e per promuovere l’insegnamento nelle lingue locali. Il primo manuale scritto per l’insegnamento del Saho, scritto in Ge’ez, risale a questo periodo. 8Ma durante il periodo del Derg la presenza di istituzioni o agenti statali era ridotta al minimo e le loro visite nell’area rimasero sporadiche. A tutti gli effetti questa zona di confine ha mantenuto il suo status di periferia rispetto allo stato.
NOTA 8: Il dizionario ufficiale è stato finalmente pubblicato nel 2008 nell’ambito del progetto politico EPRDF di promozione dell’apprendimento delle lingue locali. Nell’attuale sistema educativo, gli studenti di prima elementare imparano a Saho. Dopo il grado 1 fino al grado 8 imparano in tigrino e, tra le altre materie, imparano il saho. Dal grado 9 fino all’università tutte le materie sono insegnate in inglese.
31 Lo scoppio delle ostilità tra Eritrea ed Etiopia nel 1998 e lo scontro armato tra i combattenti dell’Eritrean Defence Force (EDF) e dell’Etiope National Defence Force (ENDF) hanno segnato una significativa rottura con i periodi precedenti. Da un giorno all’altro, il territorio tradizionale di Irob è diventato teatro di conflitti armati ed è stato sotto effettiva occupazione, e in alcune aree più vicine al confine, come Weratle, l’EDF è rimasto fino alla fine delle ostilità (2000).
Strategie e identità mutevoli di un gruppo di zone di confine in un contesto postbellico (2000-2011)
32 Le leadership dei due paesi hanno negoziato mentre combattevano. Quella che era iniziata come una piccola disputa di confine in una zona di confine, Badme, si è intensificata oltre ogni aspettativa portando a un bilancio stimato di 100.000 morti (Steves, 2003; Triulzi, 2002). Le analisi delle cause della guerra hanno portato a interpretazioni divergenti, alcune ponendo l’accento sulla dimensione politica e sullo scontro tra le leadership dei due paesi (Negash e Tronvoll, 2000; Abbink, 1998) e altre sostenendo che il territorio era il pomo centrale della discordia (Dias, 2008; Jacquin-Berdal e Plaut, 2005). In effetti, con l’indipendenza dell’Eritrea, l’Etiopia è diventata un paese senza sbocco sul mare. Il porto eritreo di Assab è rimasto centrale per tutte le importazioni e le esportazioni da e verso l’Etiopia.
33 Secondo i resoconti locali, quando iniziarono le ostilità, i residenti di Irob furono colti di sorpresa e molti presero le armi per ostacolare l’avanzata dell’EDF nel tradizionale territorio di Irob. Per la prima volta, il territorio tradizionale di Irob è stato teatro di un conflitto armato. Le trincee scavate nel terreno montuoso rimangono il segno fisico della guerra di confine durata 36 mesi. Al momento della prima offensiva eritrea l’EDF aveva il sopravvento. Infatti, il servizio militare continuo e obbligatorio in Eritrea ha fatto sì che il regime dell’EPLF/Fronte popolare per la democrazia e la giustizia (PFDJ) potesse contare su almeno 150.000 nuovi coscritti, addestrati, equipaggiati e pronti per il dispiegamento, mentre l’Etiopia aveva bisogno di reclutare e addestrare nuovi contingenti di truppe. 9L’ultima offensiva etiope del 12 maggio 2000 ha permesso all’EPRDF di ottenere una vittoria indiscutibile sul campo di battaglia.
34Durante le ostilità, i residenti di Irob woreda e altri gruppi nelle zone di confine hanno cercato rifugio, indipendentemente dal confine. Con l’escalation dell’intensità dei combattimenti, hanno iniziato a temere rappresaglie da parte dell’EDF e hanno cercato vie alternative per tornare in Etiopia (Dias, 2008; Abebe, 2004).
NOTA 9: Intervista, Addis Abeba, luglio 2005.
35 Poiché l’EDF è stato costretto a ritirarsi da diverse località all’interno del territorio eritreo in occasione della celebrazione del 7° anniversario dell’indipendenza dell’Eritrea (24 maggio 2000), il governo eritreo ha annunciato che le sue truppe si erano ritirate da tutte le aree di confine contese che erano state occupate dopo il 6 maggio incidente a Badme. L’accordo di cessate il fuoco è stato firmato il 18 giugno 2000. L’accordo di pace è stato finalmente firmato ad Algeri il 12 dicembre 2000.
36 Nell’accordo di pace di Algeri le parti hanno concordato la creazione di una missione delle Nazioni Unite per l’Eritrea e l’Etiopia (UNMEE) il cui mandato era quello di monitorare l’attuazione dell’accordo di pace e della zona di sicurezza temporanea (TSZ). La TSZ era una zona cuscinetto lungo il confine di 1.000 chilometri, con un margine di 25 chilometri che rimaneva per lo più all’interno del territorio eritreo. Le parti hanno inoltre convenuto di creare due commissioni indipendenti. La prima, la Eritrea – Ethiopia Border Commission (EEBC) aveva totale indipendenza e autonomia per decidere sulla delimitazione del confine sulla base dei trattati coloniali del 1900, 1902 e 1908. La Eritrea-Ethiopia Claims Commission doveva decidere sul risarcimento rivendicazioni da entrambe le parti.
37 Inizialmente, la linea di buona volontà, accettata incondizionatamente dall’Eritrea, ha lasciato a Irob la terra all’interno della TSZ. L’incapacità dell’Etiopia di fornire una mappa del confine con coordinate precise ha portato l’UNMEE a includere ampie fasce di territorio che erano state precedentemente amministrate dall’Etiopia all’interno della zona di sicurezza temporanea. Dopo essersi resa conto di questa inesattezza, l’Etiopia si è lamentata e ha esortato l’UNMEE a ridisegnare la linea, posizionandola più a nord. L’UNMEE è stata in seguito in grado di fornire una mappa operativa che includeva già la terra Irob all’interno della giurisdizione territoriale dell’Etiopia. Gli attori locali hanno contestato la decisione dell’EEBC di riconoscere la giurisdizione dell’Eritrea sui luoghi di Indalgueda che sono considerati territorio tradizionale Irob. In questo senso, il ruolo di un attore non statale transnazionale, i rappresentanti locali della Chiesa cattolica,
38 Questo ridisegno della linea secondo le successive coordinate dell’Etiopia ha indotto l’Eritrea a protestare e ad affermare che l’Etiopia non si era ritirata dal “territorio occupato”. Alla fine, questo malinteso ha sollevato i sospetti dell’Eritrea sull’imparzialità dell’UNMEE nei rapporti con entrambi gli stati. Infine, la TSZ è stata formalmente dichiarata a metà aprile 2001.
39 La commissione indipendente per i confini per decidere sulla delimitazione e demarcazione del confine (EEBC) è stata istituita sulla premessa che la decisione finale sulle aree di confine contese sarebbe stata definitiva e vincolante. L’EEBC ha finalmente annunciato la sua decisione il 13 aprile 2002. Dopo l’euforia iniziale e le affermazioni di una vittoria eccezionale da entrambe le parti, le ambiguità hanno contribuito a esacerbare il sospetto e l’animosità tra di loro. Il problema chiave era l’ambiguità con cui veniva affrontato il premio di Badme. L’EEBC ha menzionato Badme solo due volte ed entrambe le parti hanno manipolato questa ambiguità iniziale per affermare che la città era stata loro assegnata. Badme è stato il luogo in cui è avvenuto l’incidente che ha scatenato la crisi. Alla fine, la situazione controversa intorno a Badme ha prevalso sulle vaste aree in cui si sarebbe potuto raggiungere un accordo, che offrivano spazi promettenti per misure incrementali verso un riavvicinamento tra le parti. Questa resistenza iniziale ha portato entrambe le parti a presentare le proprie osservazioni e prove per contestare la decisione dell’aprile 2002 dell’EEBC. Dopo aver esaminato le cause presentate dalle parti, il 21 marzo 2003 la EEBC ha annunciato la decisione definitiva e vincolante di riconoscere la legittima sovranità dell’Eritrea su Badme sulla base del Trattato coloniale e, soprattutto, della linea giuridica che si era cristallizzata nel 1935, prima all’invasione italiana e all’occupazione forzata dell’Etiopia.
40 A causa dei problemi tra l’UNMEE e il governo eritreo, il personale civile e militare dell’UNMEE ha lasciato l’Eritrea nel gennaio 2008 e la risoluzione 1827 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 30 luglio 2008 ha formalmente estinto la missione. Di conseguenza, la zona di sicurezza temporanea ha cessato di esistere e, al momento in cui scrivo, l’EDF e l’ENDF continuano a mantenere soldati schierati lungo il confine internazionale. In alcuni luoghi i soldati sono letteralmente faccia a faccia.
41 Per l’Irob, l’occupazione dell’area da parte di EDF è stata risentita a causa della distruzione e del saccheggio di proprietà e della mancanza di rispetto per i luoghi di pratica religiosa, come le chiese. Un senso di sicurezza è stato recuperato quando le truppe eritree sono state finalmente cacciate dall’esercito etiope. Tuttavia, le comunità nel settore centrale risentono ancora della persistente militarizzazione del confine. La frontiera è stata trasformata in un’area di presidio e la continua presenza di soldati nella regione è stata una trasformazione operata dalla guerra con notevoli implicazioni sociali per il gruppo di frontiera in questo settore.
42 I movimenti di merci e persone sono formalmente ostacolati dalla chiusura della frontiera. Come ha affermato un intervistato locale, “Non andiamo in Eritrea perché ci sono i soldati. Sono pericolosi. Se andiamo lì siamo nemici”. Un altro ha aggiunto: “Se vado in Eritrea, vengo trattato come il nemico. Possono venire qui. Se andiamo là veniamo trattati come spie”. 10 La circolazione delle persone attraverso il confine non è stata completamente ridotta. Molti hanno preso la rischiosa opzione di attraversare il confine sotto la copertura della notte. Dal 2000 il numero di eritrei a cui è stato concesso lo status di rifugiato in Etiopia è in costante aumento. Ufficiosamente, le stime indicano un totale di 20.000 rifugiati eritrei in Etiopia.
NOTA 10: Intervista, Irob woreda, novembre 2010.
43 L’attività quotidiana dei cittadini Irob che vivono al confine è diventata più difficile in quanto devono affrontare da cinque a otto ore a piedi per andare al mercato di Adigrat, mentre prima della guerra ci volevano dai 30 minuti a un’ora per arrivare a il mercato eritreo di Senafe.
44 Inoltre, coloro che intraprendono il lungo viaggio della migrazione irregolare verso l’Arabia Saudita, Israele o l’Europa sono stati costretti a tentare itinerari molto più difficili e cadere preda di reti criminali organizzate intorno ai migranti irregolari. Mentre prima della chiusura del confine prendevano le barche dai piccoli porti eritrei vicino ad Adulis, oggi o intraprendono il pericoloso itinerario attraverso il Somaliland e il Puntland (Somalia) per raggiungere il porto di Bosasso, oppure attraversano il Sudan e tentano di raggiungere l’Europa o intraprendere il pericoloso viaggio attraverso il deserto del Sinai per raggiungere Israele.
45 Lo sviluppo della regione resta ostaggio della situazione “niente pace, niente guerra”. Sebbene la guerra di confine abbia contribuito all’estensione delle istituzioni e degli agenti dello stato alla terra di confine, la continua militarizzazione del confine e la sua chiusura ha portato al continuo isolamento di diverse località all’interno dell’Irob woreda vicino al confine.
46 All’inizio della guerra e nell’immediato dopo molti affermavano che loro e gli eritrei erano la stessa gente, ripetendo anche il loro stupore con affermazioni del tipo: “Come possiamo combattere i nostri fratelli? Siamo le stesse persone”. 11 La nozione degli eritrei come cittadini stranieri è ora più radicata e menzionata frequentemente. Il luogo in cui si trovano quasi 100 cittadini Irob rimane sconosciuto poiché sono stati portati con la forza in Eritrea quando l’EDF si è ritirato dal territorio tradizionale Irob. 12
NOTA 11: Intervista, Irob woreda luglio 2005.
NOTA 12: Intervista, Irob woreda novembre 2010.
Conclusione
47 Il processo di formazione dello Stato e di estensione delle istituzioni statali ad un’area periferica è stato accelerato e consolidato dal conflitto armato tra Eritrea ed Etiopia (1998-2000). Tuttavia, la mancata normalizzazione dei rapporti tra i partiti al potere ad Asmara (Eritrea) e Addis Abeba (Etiopia) compromette lo sviluppo della regione e le attività quotidiane del gruppo di confine.
48 Il gruppo borderland è ostaggio dello status contestato del confine internazionale e della mancata normalizzazione dei rapporti tra i due governi. Da confine poroso, la situazione postbellica lo ha trasformato in un muro invisibile.
BIBLIOGRAFIA
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ALLEGATI: IllustrazioneMappa 1: regione del Tigray (capitale: Mekele), zona orientale (capitale: Adigrat) e distretto locale (Irob woreda, capitale: Dawhan).
Map 2: Areas of contested sovereignty according to the EEBC decision.
Autore
Alexandra Magnólia Dias
Centre for African Studies (CEA-IUL) ISCTE-IUL, Instituto Universitário de Lisboa
alexmagnolia.dias@gmail.com
FONTE: books.openedition.org/cei/222?…
Etiopia, manifestazione delle donne in Tigray per chiedere giustizia e rispetto dell’accordo di tregua per le vittime
Le donne a Maychew, Tigray meridionale, hanno tenuto una dimostrazione venerdì 7 luglio 2023
Le manifestanti hanno chiesto che le donne ei bambini del Tigray non vengano puniti per quello che hanno definito “l’errore degli altri”, come recitava lo striscione durante la manifestazione.
Le donne hanno anche fatto appello alla giustizia e alla responsabilità tempestive e la piena attuazione dell’accordo di Pretoria.
Rehmet Ayana e Mehret Redie, tra coloro che si sono riuniti per esprimere la loro frustrazione, hanno affermato che le donne sfollate sono in miseria mentre implorano l’amministrazione regionale ad interim del Tigrai e il governo federale a compiere uno sforzo concertato per affrontare i loro problemi secondo il patto di pace.
Anche la rappresentante dell’Associazione delle donne del Tigray meridionale, Tsega Gebremariam, ha affermato che la situazione delle donne sfollate sta peggiorando anche dopo l’accordo sulla cessazione delle ostilità (CoHA).
Ha aggiunto, durante la guerra genocida, 7000 famiglie sono state sfollate, di cui il 50% erano donne.
Domenica 9 luglio 2023 le donne del Tigrai si sono radunate nuovamente in diverse parti della regione, compresa la capitale Mekelle.
Manifestazioni per 3 richieste fondamentali:
- il ritorno degli sfollati nelle loro case,
- la ripresa degli aiuti alla popolazione del Tigray, stato regionale etiope
- la giustizia per le vittime di violenze sessuali, come arma di guerra.
Centinaia di migliaiai di donne di ogni età e ceto sociale stuprate durante la guerra genocida iniziata il novembre 2020 e durata 2 anni. Oggi crisi umanitaria per milioni di persone.
Secondo il reporter Solomon Berhe di Tigrai TV la manifestazione ad Adigudem, nel sud-est del Tigray, chiede l’urgente ripresa degli aiuti umanitari sospesi, nonché giustizia e responsabilità in tempi utili.
Le donne manifestanti ad Adigudem dichiarano di sostenere pienamente l’accordo di cessazione ostilità, firmato a Pretoria il 2 novembre 2020, affermando la loro disponibilità per la sua piena attuazione, condannando quelli che hanno definito spoiler del patto.
Su uno degli striscioni della manifestazione ad Adigudem si legge:
“Ci opponiamo fermamente a chi ostacola l’attuazione dell’accordo di Pretoria”
Dimostrazioni anche a Shire, Tigrai nord occidentale e Mokoni, Tigrai meridionale.
Abeba Haileslassie, capo della Tigrai Women Association, come indica Tigrai TV, denuncia che le donne stanno fuggendo da Zalambessa, Irob woreda [distretto], Tigray orientale, e dalle parti meridionali della regione per paura di violenze sessuali da parte delle forze eritree e amhara. Due gruppi che sull’accordo di Pretoria sono definite implicitamente “forze straniere” che devono obbligatoriamente ritirarsi, ma sono ancora presenti ed occupanti varie aree dello staot regionale del Tigray. Sono passati 8 mesi dal rilascio dell’accordo e gli obblighi di quel patto di tregua quindi sono ancora disattesi.
Le donne in Tigray hanno anche espresso la loro frustrazione per la mancanza di farmaci che sta causando la morte di innumerevoli madri.
youtube.com/embed/YCH_b2RaMFY?…
Axum, nel Tigrai centrale, e Adigrat nel Tigrai orientale, lunedì saranno testimoni di un’altra coraggiosa manifestazione per rivendicare i loro diritti come individui, come popolo oppresso da una guerra dai risvolti genocidi, per cui oggi quelle stesse donne, vittime, come tutti i civili coinvolti, ne stanno pagando le catastrofiche conseguenze.
FONTE:
I have a plan to fix social media
POLITICO’s weekly transatlantic tech newsletter uncovers the digital relationship between critical power-centers through exclusive insights and breaking news for global technology elites and political influencers.
By MARK SCOTT
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SALUT DE PARIS.This is Digital Bridge, and I’m Mark Scott, POLITICO’s chief technology correspondent. This week’s newsletter comes from the City of Light, where I’m on a panel this afternoon (4:30 p.m. CET / 10:30 a.m. ET) on the global race to create AI rules. You can watch along here.
Logistics note: I’m away for the next two weeks, and my POLITICO colleagues will be quarterbacking Digital Bridge. Be gentle with them.
Ready? Let’s do this:
— If we want social media to be more accountable, we first need to create the right tools to know what’s going on.
— The United Nations wants to wade into the thorny issue of artificial intelligence. We should all be very wary.
— Canada is the latest skirmish between platforms and publishers over online content. It won’t be the last.
A ‘CLEARINGHOUSE’ FOR SOCIAL MEDIA
I’M GOING TO CHANNEL MY INNER GEN-Z INFLUENCER and say that everyone needs a side hustle. Mine — since last September — has been as a visiting fellow at Brown University’s Information Futures Lab, where I’ve focused on how to turn Europe’s new online content rulebook into something that people can actually use. Specifically, my research, based on more than 50 interviews with regulators, academics, public health officials and others around the world, relates to how best to give outsiders better access to social media companies’ data for improved transparency, accountability and, inevitably, better policymaking.
But data access is boring, I hear you say. Yes, it is. But what the last seven years, dating back to the 2016 election cycle, clearly demonstrate is that we still have a very blurry understanding of how social media really works. There are limited ways to see what’s happening on these platforms, at scale. To fix that, the European Union wrote mandatory data access provisions into its Digital Services Act — the first, and currently only, legislation to legally force companies like Facebook, Google and TikTok to open themselves up to outside scrutiny. For me, it’s the first step to improving everyone’s social media feeds. You can’t fix what you don’t know, amirite?
What became quickly apparent via my fellowship, though, was the current data access ecosystem is seriously flawed. Regulators — which have their own enforcement powers to review social media data — don’t know where to start. Academics, who currently have the best access to these platforms, often compete with each other for resources and/or are beholden to ad hoc relationships with the companies. Civil society groups either lack the funding to do this work or the technical expertise to do it well. Journalists mostly scramble around in the dark, whipsawing between one-off projects that don’t really move the needle. Platforms themselves struggle with internal power dynamics that have thwarted engagement with outsiders.
What’s needed, then, is a way to do social media data access work at scale and make it available to as many people as possible. That would democratize who can do this by removing barriers that currently stifle accountability; reduce costs as people don’t have to replicate existing data collection practices already carried out by others; and allow better analysis across multiple social media networks (where the real dangers lie) by providing a one-stop-shop for those in need of data access. It goes without saying this work must uphold people’s privacy rights; protest proprietary corporate information; and avoid capture by commercial/government interests seeking to track people online.
So that’s the problem — one that Europe’s new content rulebook (albeit flawed) is uniquely placed to solve. That goes for both those within the 27-country bloc and those elsewhere, given the Digital Services Act’s data access provisions can apply to non-EU groups. The answer, for me, is what I’m calling a “social media clearinghouse,” an underlying digital infrastructure that would bring together platforms’ accessible data into a universal database available to vetted researchers, civil society groups and others. It would take care of the technical layer of this work, so organizations can get on with what they do best: providing a level of accountability and transparency to what happens on social media.
I can already hear you shouting: “You want to create a global database to track everyone’s social media activities? Hard pass.” I get that. The clearinghouse would have to run in conjunction with a strict, independent vetting procedure — one already being created via the European Digital Media Observatory (more on that here) — to limit who can access such infrastructure. This isn’t about creating a global surveillance regime. Think about it more like a CrowdTangle 2.0, a replacement for the cross-platform social media analytics tool owned by Meta that’s indispensable for existing social media accountability work, but which is falling apart, mostly out of neglect.
What my Brown fellowship made clear to me is the current work in this area represents less than the sum of its parts. The limited resources available for social media transparency work is balkanized in a million ways. Brussels has, uniquely, laid out the ability to force greater access to platform data with its new content rulebook, potentially for a global network of organizations. But policymakers have done little, if any, work to turn these rules into a reality for anyone beyond their own enforcement investigatory work.
A social media clearinghouse would fill a much-needed gap by providing the underlying digital data infrastructure to jumpstart a wider array of organizations’ work on unpicking the black box that social media still remains. It’s not going to fix the dumpster fire that parts of this online world have become. But it can provide a universal foundation for what policymakers keep telling me is their goal: to make social media a better experience for all.
THE UNITED NATIONS AND AI
TO MISQUOTE RONALD REAGAN, “The 13 most terrifying words in the English language are: ‘I’m from the United Nations, and I’m here to help (on artificial intelligence).'” Yes, that’s a pretty hamfisted metaphor. But I am incredibly skeptical of any U.N. effort to wade into international digital policymaking. Mostly, that’s because such efforts give authoritarian governments like China, Russia and Saudi Arabia a seat at the table in how things like AI, online content rules and cybersecurity are shaped. Call me an elitist, but let’s work it out between democracies first.
Still, Thursday marks the sixth installment of the U.N.’s AI for Good summit in Geneva. Overseen by the International Telecommunications Union, a Swiss-based UN agency, the two-day gathering is aimed at harnessing the emerging tech to help meet the international organization’s sustainable-development goals. It includes panels on everything from the technical challenges around regulating generative AI to using the technology to fight climate change. Given the summit started years before AI became the over-hyped beast it is today, it would be hard to claim the U.N. is merely jumping on the bandwagon of the latest hot policy area.
“I’m hopeful,” Doreen Bogdan-Martin, the International Telecommunication Union’s American head, told me when I asked her how optimistic she was the U.N. could successfully bash international policymakers’ heads together, given the litany of failed global digital initiatives that pot mark the internet superhighway. “We sort of don’t have a choice. We have to try to make this work.” I’m not sure if the “What else can we do?” argument is a strong one. But Bogdan-Martin is right in that global cooperation on all facets of AI is needed, and needed now.
Luckily, the U.N. isn’t starting from scratch. Back in 2021, UNESCO — another U.N. agency — published its AI Principles, underlying ethics guidelines around things like upholding people’s right to privacy; the proportionate use of AI to carry out specific tasks; and a need for accountability and transparency baked into how these opaque systems are developed. All of UNESCO’s 193 members (but, pointedly, not the United States, which is about to rejoin the group) backed the proposals, including countries like China.
And that’s where things start to fall down. I have my personal views on allowing Beijing to participate in such global digital policymaking fora. But if countries agree to certain underlying AI ethical principles, how do you square that with China’s aggressive roll-out of the technology, especially around its controversial social credit system?
“Well, China signed (the principles),” Gabriela Ramos, UNESCO’s assistant director general for the social and human sciences who helped to negotiate the agency’s recommendations, said when I asked her if China would abide by UNESCO’s AI Principles. “We take it at face value that if countries sign up to the recommendations, we are expecting that they will implement them.”
Again, not exactly the strongest of statements. But Bogdan-Martin, the ITU boss, made it clear the era of self-regulation (looking at you, White House, and your ongoing meetings with industry about such efforts) is over. “Business, alone, can’t be self-regulating,” she said. “There’s a need to have governments engaged. There’s a really important role for the U.N., for academia, and for civil society.” I agree with her that governments need to roll up their sleeves and set some ground rules. I’m just not so sure the U.N. — with the inevitable complex geopolitics that comes with it — is the right place for those discussions to take place.
BY THE NUMBERS
PLATFORMS VS. PUBLISHERS, CANADA EDITION
TO OVER-GENERALIZE OUR COUSINS FROM THE NORTH, Canadians are typically pretty chilled-out people. So when Justin Trudeau and his officials attack the likes of Meta and Alphabet for threatening to take down news content from their platforms, you know something has gone wrong. This is all in response to local legislation, known as the Online News Act, that will force the tech giants to pay Canadian publishers when their content appears on their sites. The Canadian government estimates it may bolster national media outlets’ coffers, annually, by $250 million by mandating Facebook and Google to negotiate such commercial deals.
This follows separate (successful) efforts in Australiawhere local publishers are now pocketing an estimated $150 a year in similar platform payments. In Europe, national governments are now strong-arming tech companies to similarly hand over blockbuster fees via the bloc’s copyright directive, which allows outlets to charge whenever their content appears on these platforms. (Disclaimer: Axel Springer, POLITICO’s German owner, was a vocal supporter of those provisions.) In California, state lawmakers are considering a similar Canada/Australia-style model.
There’s a lot to be said about the lobbying efforts from cash-poor publishers seeking to tap wealthy platforms for additional revenues when their underlying advertising business is crumbling. But it’s also true tech giants gain massively from media outlets’ content that appears on their sites. Is that dynamic unsustainable? Probably. But it’s worth remembering both sides are hard-nosed lobbyists and the answer, inevitably, is somewhere between publishers charging platforms for their content and tech giants using this material for free.
WONK OF THE WEEK
NOW THE ENFORCEMENT POWERS OF CALIFORNIA’S privacy rules are in place (as of July 1), it’s time to focus on Michael Macko, who was just appointed the first deputy director of enforcement at the California Privacy Protection Agency.
The University of Pennsylvania law school graduate has a mix of public and private sector experience. Most recently, he was a senior lawyer at Amazon, and previously was both an assistant U.S. attorney at the U.S. Department of Justice and a trial attorney at the U.S. Securities and Exchange Commission.
Overnight, Macko will become one of the most powerful privacy enforcers in the U.S. (albeit his work will have to be done in conjunction with the state’s attorney general.) That includes a likely focus on how mobile apps are complying with the Golden State’s de facto national privacy standards, as well as how companies’ use of AI aligns with the new rules.
THEY SAID WHAT, NOW?
“The United States has fulfilled its commitments for implementing the EU-U.S. Data Privacy Framework announced by President Joe Biden and European Commission President Ursula von der Leyen in March 2022,” said Gina Raimondo, the U.S. commerce secretary, after the U.S. Department of Justice approved the surveillance practices of EU member countries and American intelligence agencies updated their own guidelines to comply with a 2020 decision from Europe’s highest court that U.S. data protection safeguards were not sufficient to uphold the bloc’s fundamental privacy rights.
Those steps mark the final stages required by Washington before Brussels approves a transatlantic data-transfer deal, which may come as early as Tuesday or Wednesday next week.
WHAT I’M READING
— The U.S. federal government is already using artificial intelligence in myriad ways. Luckily, the National Artificial Intelligence Initiative Office has brought them all into one place. Take a look here.
— The United Kingdom has its own regime to regulate “online safety.” The country’s regulator in charge of these efforts has outlined exactly what its plans are, and over what time period.
— Germany’s federal cartel office won its case against Meta over claims that it abused its dominant position to unfairly favor its own services via the collection of people’s online data. Read the decision here.
— A U.S. judge ordered vast parts of the federal government not to meet or coordinate with social media companies over allegations officials and tech executives were censoring or suppressing people’s protected speech online. Read the ruling here.
— Meta released Threads, a Twitter alternative, that had already signed up millions of users within its first hours. Unfortunately, it appears you can’t delete your Threads account without also removing your Instagram account. Awkward.
— China is moving ahead with its own efforts to regulate generative AI. Yirong Sun and Jingxian Zeng unpick the draft proposals for the Future of Privacy Forum.
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Etiopia, guerra economica tra USA e Russia sulla pelle di milioni di persone in Tigray [BRICS e G7]
L’amministrazione americana di Joe Biden ha informato il Congresso che l’Etiopia non è più coinvolta in un “modello di gravi violazioni dei diritti umani”.
L’annuncio degli USA arriva dopo 2 anni di guerra genocida (iniziata in Tigray, stato regionale settentrionale etiope, sconfinata in altre parti d’Etiopia, principalmente Amhara e Afar) e dopo 8 mesi dalla firma dell’accordo di cessazione ostilità – CoHA – siglato tra le parti il 2 novembre 2022 a Pretoria, Sud Africa e mediato dall’ Unione Africana.
Conflitto considerato il più sanguinoso del 21° secolo per cui si stimano un minimo di 600.000 morti tra i civili, attività di pulizia etnica, milioni di persone sfollate, decine di migliaiai fuggite nel vicino Sudan ed attualmente ancora martoriate dai pochi aiuti e dal tentato golpe che ha gettato a ferro a fuoco il Paese, decine di migliai di stupri come arma di guerra verso le donne di ogni età e ceto sociale di origine tigrina, deportazioni di massa, arresti e detenzioni in violazione del diritto umanitario solo perché di origine tigrina (ancora oggi non c’è una trasparenza su che destino abbiano avuto le tante persone, adulti e bambini, donne incinta ed anziani, messi agli arresti). Oltre allo stupro, anche di gruppo, gran parte della strategia di guerra per fermare il “gruppo terroristico” del TPLF e i suoi potenziali sostenitori, è stata la distruzione di campi e raccolti per affamare il popolo tigrino, distruzione di luoghi di culto, chiese e monasteri (patrimonio Unesco) per cancellare storia e cultura. E’ stato distrutto e reso inagibile il 90% del sistema sanitario, gli ospedali del Tigray: ancora e soprattutto oggi le persone ne stanno pagando le conseguenze, per mancanza di materiale igienico sanitario. La difesa etiope, supportata da accordi e fornitura militare da Emirati Arabi, Cina e Turchia, ha bombardato per mezzo drone target che ha dichiarato essere basi logistiche di formazione del TDF, Tigray Defence Forces, i partigiani tigrini considerati dissidenti: siti tra cui asili, ospedali, pubbliche piazze come aree di mercati cittadini, legittimando le uccisioni di civili come “guerra al terrorismo” (1 maggio 2021 il governo etiope ha legiferato il TPLF e tutti i suoi potenziali sostenitori “gruppo terroristico” e terroristi quindi da perseguire come tali).
Le violazioni e gli abusi sul popolo del Tigray non si fermano
Nonostante siano passati 8 mesi dall’accordo di Pretoria, abusi e violenze sono ancora a piede libero, come l’occupazione amhara ed eritrea, la prima nel Tigray occidentale, la seconda in buona parte della woreda [distretto] di Irob, esteemo Tigray orienatle.
Recente è la denuncia di HRW per cui le attvità di pulizia etnica e demografica continuano nonostante nell’accordo di tregua venga esplicitato l’obbligo di ritiro di tutte le “forze esterne” dal Tigray. Nell’ accordo non si nominano esplicitamente però chi siano tali “forze”, ovvero amhara ed eritrei, per cui la denominazione mediatica falsata di “guerra civile in Tigray” dovrebbe essere rinominata in guerra regionale, visto la partecipazione confermata dell’eserccito eritreo. Fattore ancor più determinante per tale designazione il fatto che nelle prime linee furono inviati e a morire per una guerra non loro cadetti somali in formazione alla difesa eritrea ignari come le loro famiglie, ma invece consci di essere addestrati per missioni da svolgere in Qatar.
La guerra genocida è stata considerata la più atroce perché, come il vaso di Pandora, ha scoperchiato tutta la rabbia e sete di vendetta represse da parte degli alleati nazionalisti amhara ed eritrei verso gli etiopi di origine tigrina: tensioni storiche mai veramente lenite o dipanate, ma sempre mediate per ingerenza esterna.
Si ricordi la guerra 1998/2000 tra Eritrea ed Etiopia (governata dalla coalizione con a capo il TPLF) per rivendicazioni territoriali in zona di confine. Ricordiamo il successivo accordo di Pace siglato dall’attuale premier Abiy Ahmed Ali con il dittatore eritreo Isaias Afwerki che ha valso al premier etiope il Premio Nobel per la Pace nel 2019 ad oggi tanto controverso… e nel nov.2020 è arrivata l’alleanza non formale tra Etiopia ed Eritrea, invaditrice del Tigray col suo esercito)… come dire, vivere in un periodo di non pace. Un po’ come l’attuale accordo di Pretoria.
Un report preliminare della commissione di esperti del diritto umanitario ONU – ICHREE – ha accusato tutte le parti in guerra di aver commesso crimini, sottolineando che il governo ha usato il blocco del supporto umanitario come arma di guerra. Naturalmente, come posizione costante, il governo ha sempre rigettato al mittente le accuse definendole politicizzate e alzando muri diplomatici (esempio: attacco all’ Irlanda) di propaganda verso l’ingerenza esterna (leggasi USA e occidente).
Le denuncie in tutela dei diritti umani
HRW – Human Rights Watch e altrettante realtà e parte della società civile hanno laciato l’allarme: il 15 febbraio 2023 da parte del vice primo ministro dell’Etiopia al Consiglio esecutivo dell’Unione Africana (che ha sede ad Addis Abeba) il governo etiope ha inteso presentare una risoluzione alla sessione del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite per porre fine al mandato della International Commission of Human Rights Experts on Ethiopia (ICHREE)
Nell’ appello condiviso da HRW si può leggere che:
“I tentativi dell’Etiopia di porre fine al mandato dell’ICHREE durante il suo mandato non hanno precedenti. Non solo suggerisce che gli Stati possono manovrare politicamente per ribaltare le decisioni del Consiglio dei diritti umani per evitare il controllo indipendente e la responsabilità, ma potrebbe anche costituire un pericoloso precedente per quanto riguarda il controllo internazionale e l’impunità per le violazioni dei diritti altrove.”
USA & sanzioni all’Etiopia
Gli Stati Uniti hanno preso precedentemente la decisione di sanzionare l’Etiopia denunciata di implicazione in violazioni dei diritti umani causati dalla guerra, escludendola dall’accordo economico dell’African Growth and Opportunity Act (AGOA) a partire dal 1 gennaio 2022: duro colpo sull’economia etiope, già intaccata pesantemente dal baratro economico per perseguire la sete di vittoria nella guerra genocida in Tigray.
USA blocca la designazione di genocidio in Tigray
Gli USA si erano fatti anche promotori di un’indagine investigativa e legale per la designazione di genocidio in Tigray. Presa di posizione opportunamente cambiata rivendicando di voler lasciare spazio alle misure diplomatiche in Etiopia.
Molly Phee, vicesegretario di Stato per gli affari africani ha affermato che:
“Abbiamo deciso di astenerci in questo momento dal prendere una decisione pubblica per lasciare spazio e tempo per vedere se i colloqui attualmente in corso possono fare progressi”
Aggiungendo:
“Il nostro obiettivo principale è stato cercare di impegnarci diplomaticamente nei molti modi a nostra disposizione per raggiungere la fine del conflitto, il che ovviamente comporterebbe la fine immediata delle atrocità”.
Dovrà passare quasi un anno perché arrivino i tempi di tavoli di negoziato, mentre in quel periodo la guerra, le atrocità sono continuate e sono aumentate le vittime.
Lo strano modo americano per la tutela dei diritti umani
A detta della recente notifica interna del Dipartimento del Tesoro americano, la revoca legale unilaterale di tale designazione per l’Etiopia per cui non è più coinvolta in un “modello di gravi violazioni dei diritti umani“, aprirà la strada per poter riprendere l’invio di aiuti economici USA ed internazionali al paese dell’Africa orientale, il secondo Paese più popoloso del continente.
Questa presa di posizione degli USA si allinea legalmente ai sensi della sezione 701 dell’International Financial Institutions Act del 1977 per i quali i direttori esecutivi statunitensi delle istituzioni finanziarie internazionali (IFI), come il FMI e le banche multilaterali di sviluppo, sono incaricati di opporsi a prestiti o assistenza finanziaria a paesi coinvolti in violazioni dei diritti umani.
Nella recente nota al Congresso americano infatti si legge:
“Il Tesoro smetterà di istruire i direttori esecutivi statunitensi competenti presso le IFI a opporsi a qualsiasi prestito, estensione dell’assistenza finanziaria o assistenza tecnica all’Etiopia”
Stabilità economica non è sinonimo a vera pace
Se tale scelta da parte americana apre le porte a supporto dell’Etiopia per riuscire a ricreare una certa stabilità economica, c’è il rischio che crei un precedente sul fronte della tutela dei diritti umani.
Venerdì 30 giugno 2023 John Kirby, portavoce per la sicurezza nazionale della Casa Bianca ha dichiarato:
“Stiamo revocando alcune restrizioni su alcuni tipi di assistenza mentre interrompiamo gli aiuti alimentari. Riteniamo che questa decisione espanda gli strumenti a nostra disposizione per rafforzare il nostro sostegno a una pace duratura in Etiopia.”
Il Dipartimento di Stato americano ha affermato che la sua assistenza sosterrà la pace e la riconciliazione.
Un portavoce del Dipartimento di Stato ha affermato che:
“L’obiettivo della ripresa dell’assistenza bilaterale sarà sostenere l’ulteriore attuazione dell’accordo sulla cessazione delle ostilità e promuovere la pace e la riconciliazione sostenibili attraverso sforzi che includono lo sminamento, la giustizia di transizione e la responsabilità”
Aggiungendo:
“Continueremo a sollevare preoccupazioni e parlare delle segnalazioni di gravi violazioni dei diritti umani, anche da parte di attori non statali nel Tigray occidentale, e solleciteremo il governo a proteggere i civili e a ritenere responsabili gli autori.“
Peccato che l’Etiopia, a detta di ricercatori, osservatori e competenti nel campo legale, non abbia una legislazione atta a criminalizzare le gravi violazioni dei diritti umani.
La presa di posizione degli USA ha trovato la scappatoia legale per riprendere accordi economici con l’Etiopia, nonostante sussistano denunce, accuse confermate per cui ci sono ancora abusi e violenze da dover giudicare come il perseguimento penale dei diretti responsabili criminali: implicate diverse realtà etiopi, governative del comparto della difesa e degli alleati partecipi della guerra durata due anni.
Un po’ come la ripresa a mani basse siglata mesi fa anche dell’ Italia per firma della Premier Giorgia Meloni: un finanziamento triennale di 182 milioni di euro per finanziare in parte la filiera agro-alimentare e quello industriale.
Un po’ come l’Italia che anche nel precedente governo Draghi, non si è mai esposta esplicitamente per la tutela dei diritti umani e delle vittime di guerra, nemmeno rispondendo ai molteplici appelli della diaspora rimasta senza voce fino ad oggi, tanto meno supportata dai media politicizzati.
Amnesty accusa gli Stati Uniti di aver fatto marcia indietro sulla determinazione delle atrocità in Etiopia
Riporto la traduzione integrale dell’appello di denuncia di Amnesty International:
“Questa settimana il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha notificato al Congresso che, sulla base di una valutazione del Dipartimento di Stato, non ritiene più che il governo etiope sia impegnato in un “modello di gravi violazioni dei diritti umani”, aprendo la strada al Dipartimento del Tesoro per impegnarsi in Etiopia con istituzioni di aiuto economico, tra cui il Fondo Monetario Internazionale. A marzo, il segretario Antony Blinken ha annunciato una determinazione di atrocità del governo degli Stati Uniti secondo cui tutte le parti in conflitto nel nord dell’Etiopia hanno commesso crimini di guerra. Ha rilevato che anche le forze di difesa nazionali etiopi, le forze di difesa eritree e le forze amhara hanno commesso crimini contro l’umanità, “inclusi omicidio, stupro e altre forme di violenza sessuale e persecuzione”.Ad aprile, Amnesty International ha rilasciato una dichiarazione chiedendo il rilascio dei giornalisti imprigionati dopo lo scoppio della violenza nella regione di Amhara che ha provocato l’uccisione di due operatori umanitari. A giugno, Human Rights Watch ha pubblicato i risultati secondo cui le autorità nella zona del Tigray occidentale in Etiopia avevano continuato una campagna di pulizia etnica contro i tigrini dopo la tregua del novembre 2022. Il rapporto documenta accuse di tortura, detenzione arbitraria ed espulsione forzata da parte delle autorità etiopi nel Tigray occidentale. Sempre a giugno, il governo degli Stati Uniti ha sospeso gli aiuti alimentari all’Etiopia dopo che un’indagine dell’USAID ha scoperto un piano, coordinato dalle autorità federali e regionali etiopi, per rubare gli aiuti donati.
Le seguenti citazioni possono essere attribuite rispettivamente a Human Rights Watch e Amnesty International USA:
“Siamo profondamente preoccupati che il governo degli Stati Uniti non creda più che in Etiopia si stiano verificando gravi violazioni dei diritti umani”, ha affermato Sarah Yager, direttrice di Washington di Human Rights Watch. “Non solo la decisione ignora la realtà che le gravi violazioni dei diritti umani continuano in tutto il paese, ma invia un segnale disastroso che le determinazioni delle atrocità degli Stati Uniti hanno poche conseguenze”.
“L’amministrazione Biden pretende di mettere i diritti umani al centro della sua politica estera, ma la loro dichiarazione secondo cui le gravi violazioni dei diritti umani non si verificano più sono contrarie a questa promessa”, ha affermato Amanda Klasing, direttore nazionale per le relazioni con il governo e l’avvocatura presso Amnesty International Stati Uniti. “Dalla cessazione delle ostilità, le autorità etiopi non hanno compiuto passi significativi verso la giustizia e la responsabilità per i crimini commessi durante il conflitto nel nord dell’Etiopia. Prendere una tale decisione prima di aver visto l’impegno per la giustizia e la responsabilità, e mentre sono in corso segnalazioni di violazioni, sarebbe una decisione politicamente opportuna a spese dei sopravvissuti e delle vittime”.”
L’ Etiopia chiede di entrare nel BRICS
Sabato 29 giugno 2023 il portavoce del ministero Meles Alem ha confermato che l’Etiopia ha presentato la richiesta di adesione ai BRICS.
Dopo la guerra di propaganda diplomatica del governo etiope contro l’occidente e parallelamente alla presa di posizione degli USA per candeggiare l’immagine dell’Etiopia sui crimini di guerra, arriva la richiesta etiope di entrare nel BRICS.
La domanda di Addis Abeba si aggiunge all’interesse di circa un’altra ventina di Paesi tra cui Arabia Saudita, Egitto, Messico, Venezuela, Argentina e Iran.
Meles Alem in conferenza stampa ha dichiarato:
“Abbiamo presentato domanda di adesione e speriamo in una risposta positiva.”
Aggiungendo:
“In quanto paese [Etiopia] che è stato membro fondatore di istituzioni globali come l’UA [Unione Africana] e l’ONU, e mentre cerchiamo di garantire i nostri interessi nazionali, è importante unirsi a blocchi come il BRICS”
Originariamente composto da Brasile, Russia, India e Cina (da qui BRIC), il gruppo ha aggiunto il Sudafrica nel 2010 (ecco l’aggiunta della S nell’acronimo)
I cinque Stati membri rappresentano oltre il 40% della popolazione mondiale e circa un quarto del PIL globale.
Va sottolineato che il blocco economico BRICS si contrappone all’egemonia del dollaro e delle potenze economiche occidentali rappresentate dal G7 che vede capofila gli USA.
Considerando la contrapposizione di questi 2 blocchi come chiave di lettura, sono peculiari le tempistiche comunicative accusatorie americane verso la contro parte.
Iran, Paese che ha manifestato interesse per entrare nel BRICS, è stato accusato dagli Stati Uniti di rifornire droni alla Russia per la guerra contro l’Ucraina.
Allo stesso modo e nello stesso periodo l’Etiopia è stata accusata sempre per voce americana di ricevere droni dall’Iran: droni ricevuti in pieno svolgiento della guerra genocida in Tigray.
Martedì 18 ottobre 2022 Vedant Patel ha affermato che gli Stati Uniti hanno informato le Nazioni Unite del trasferimento di droni, sottolineando che viola la risoluzione 2231 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Comunicato e notizia passata nell’ombra questa del convolgimento dei droni dell’ Iran nella guerra in Tigray, surclassata dalla guerra politica tra USA e Russia, dalla visibilità mediatica occidentale in Ucraina: rappresenta però per l’America un ulteriore tassello come delegittimazione alla Russia ed ai suoi alleati.
Una guerra globale che ha come primi obiettivi l’ottenimento di nuove risorse, del riposizionamento geo politico delle super potenze, finalizzati al perseguimento del sistema capitalistico.
Sistema subordinato al consumismo di chi ha e che avrà sempre più, innescando strumentalmente nuove guerre tra poveri, tra gli ultimi, verso tutte quelle comunità, popoli, individui che il dio denaro vuole dimenticare.
Tutta quella parte di mondo che “noi bianchi”, “occidentali” chiamiamo semplicemente “Paesi in via di sviluppo” per lavarci la coscienza e che li aiutiamo “a casa loro”, supportandoli e mantenedoli in “costante stato di emergenza”, ma che otterranno solo le briciole dal sistema economico globale.
Il Tigray, il suo popolo e le centinaia di migliaia di vittime, i milioni di sfollati, purtroppo una tra le tante crisi umanitarie dimenticate, aspettano solo di avere giustizia, di veder rispettati i propri diritti di esseri umani da troppo dimenticati.
Tigrini per 2 anni presi di mezzo ai bombardamenti ed ai massacri di una guerra genocida che non si è voluto vedere per convenienza.
Tigrini che oggi sono tra i fuochi incrociati di una guerra globale delle superpotenze in conflitto sulla pelle di milioni di persone.
Tigray : la Guerra Genocida Dimenticata dal Mondo – Archivio
Etiopia, quasi un migliaio di persone morte di fame in Tigray causa sospensione del supporto alimentare
Oltre 700 morti per fame sono state registrate in 7 zone amministrative del Tigray nelle ultime settimane a causa della sospensione degli aiuti alimentari daparte delle agenzie umanitarie degli USA e dell’Europa, USAID e WFP.
Almeno 27 persone, tra cui 11 bambini, sono morte di fame nel campo per sfollati interni (IDP) di Abiy Adi, nel Tigray.
La Commissione per la gestione del rischio di catastrofi del Tigray ha registrato 728 morti.
La cifra include 350 morti per fame nella zona nord-occidentale del Tigray, ancora sotto occupazione amhara, e territorio che ospita migliaia di persone di etnia tigrina sfollate a causa dellla guerra genocida durata per due anni.
I dati si basano su informazioni raccolte dai funzionari distrettuali, ha affermato il capo della commissione, Gebrehiwot Gebregziaher aggiungendo:
“La situazione nel Tigray è molto difficile. Molte persone muoiono a causa della carenza di cibo”
I ricercatori dell’Università di Mekelle, parallelamente alla ricerca della Commissione per la Gestione del Rischio di Catastrofi del Tigray, hanno documentato 165 morti per fame in sette campi per sfollati interni nel Tigray dall’inizio della sospensione degli aiuti alimentari.
Ci sono oltre 100 di questi campi in tutta nello stato regionale del Tigray.
I decessi sono stati segnalati dai coordinatori del campo per sfollati ai ricercatori, che stanno indagando sulla situazione di sopravvivenza precaria di queste persone.
La maggior parte dei decessi riguarda bambini, anziani e persone con problemi di salute pregressi, ha affermato un ricercatore che ha parlato in condizione di anonimato per paura di rappresaglie. Ha collegato le morti direttamente alla sospensione degli aiuti.
Un aggiornamento delle Nazioni Unite pubblicato il 14 giugno afferma che il numero di bambini ricoverati negli ospedali del Tigray per malnutrizione è aumentato del 196% tra aprile 2022 e aprile 2023.
Mercoledì 28 giugno Tigrai TV condivide la notizia e le testimonianze degli sfollati a Ofla, nel Tigray meridionale, che stanno ancora soffrendo per mancanza di cibo e medicine.
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Tigrai TV aggiunge la segnalazione e testimonianza da parte di una ostetrica dell’ Ayder Hospital di Mekelle che denuncia nutrizione e medicinali inadeguati.
“Madri all’ospedale di Ayder costrette a partorire prematuramente a causa di un’alimentazione e medicine inadeguate”
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In Maggio 2023 l’ Health Cluster Operational Presence Map condivide la mappa dello stato regionale del Tigray che rappresenta la situazione disastrosa delle strutture sanitarie, degli ospedali. Il sistema sanitario e le sue strutture a livello regionale durante i 2 anni di guerra sono stati saccheggiati, vandalizzati, occupati e distrutti per il 90%. Oggi milioni di persone ne pagano le amare conseguenze.Health Cluster Operational Presence Map – Tigray ospedali Maggio 2023
Giovedì 29 giugno Tim Vanden Bempt denuncia e sottolinea la triste verità:
“Tutti i partner dell’aiuto sapevano che queste condizioni si sarebbero verificate. Sapevano che migliaia di persone sarebbero morte. E hanno permesso che accadesse comunque. Quando USAID dice di essere inorridito, dovrebbe seriamente guardarsi allo specchio.”
UNOCHA – lo stesso giorno pubblica un resoconto della situazione sanitaria e di maternità, delle madri e dei neonati in Tigray.
“Ho visto mia sorella e molte altre donne incinte soffrire o morire a causa della mancanza di servizi di salute materna e di farmaci durante il conflitto. Ora, con l’accordo di pace, possiamo spostarci e accedere ai servizi sanitari”, dice Tigist, incinta di nove mesi del suo primo figlio presso la Maternity Waiting Home di Maedot nel Megab Health Center nella città di Hawzen, zona orientale della regione del Tigray.Tigist, una futura mamma di 23 anni, vive a Koraro con il marito e la famiglia, una piccola area rurale a tre ore di cammino attraverso il terreno montuoso.
“Sono stata portata su una barella di legno dai membri della mia comunità perché non c’è trasporto. Il centro sanitario del mio villaggio è stato distrutto durante il conflitto ed è per questo che siamo venuti all’Hawzen Health Center”, spiega Tigist all’UNFPA.
Ed sottolinea:
Nonostante alcuni miglioramenti, le strutture sanitarie sono ampiamente sovraccaricate in termini di risorse, capacità e personale per fornire servizi sanitari completi come prima del conflitto.“Questa struttura sanitaria dovrebbe servire 6 distretti ma a causa della distruzione delle strutture sanitarie vicine, attualmente ne stiamo supportando 9. Le madri devono venire a piedi perché l’ambulanza è stata rubata. Altri servizi, come la prevenzione della trasmissione dell’HIV da madre a figlio, non sono disponibili a causa della mancanza di cure e medicinali”, afferma il direttore medico dell’Hawzen Health Center.
La recente guerra genocida, iniziata in Tigray nel novembre 2020 e conclusasi con un accordo di tregua nel novembre 2022, oggi ha lasciato 5,4 milioni su 6 milioni di persone dipendenti dagli aiuti alimentari.
Le Nazioni Unite e gli Stati Uniti hanno sospeso gli aiuti alimentari al Tigray a marzo 2023, dopo la scoperta del saccheggio del materiale alimentare.
Nel periodo di marzo i funzionari statunitensi hanno trovato sacchi di aiuti alimentari sufficienti per 134.000 persone che erano stati deviati e pronti da vendere in un mercato locale a Shire, ad una 50ina di km ad ovest di Axum.
Gli operatori umanitari hanno riferito all’Associated Press che alti funzionari del governo etiope erano profondamente coinvolti. Il governo etiope respinge le accuse descrivendola come dannosa “propaganda” l’idea che sia il primo responsabile della deviazione degli aiuti alimentari. Gli USA di Joe Biden si rifiutano di riattivare la fornitura alimentare finché quei funzionari etiopi non saranno rimossi dal processo di distribuzione del materiale alimentare e non siano introdotti controlli più severi.
L’Associated Press riporta che:
“Il governo etiope respinge come dannosa “propaganda” l’idea che sia lui il principale responsabile della scomparsa degli aiuti nel Tigray e in altre regioni, ma ha acconsentito a un’indagine congiunta con gli Stati Uniti mentre il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite svolge un’indagine separata.”
Durante il conflitto, entrambe le parti hanno saccheggiato i rifornimenti umanitari e il governo ha limitato l’accesso agli aiuti, portando gli investigatori delle Nazioni Unite ad accusarlo di “usare la fame come metodo di guerra”.
All’inizio di giugno 2023 la decisione politicizzata del blocco di fornitura alimentare in Tigray è stata estesa al resto dell’Etiopia colpendo 20 milioni di persone bisognose, ovvero circa un sesto della popolazione del paese.
L’agricoltura potrebbe essere l’alternativa alla dipendenza alimentare umanitaria
La ripresa dell’agricoltura durante la stagione delle piogge potrebbe essere un’alternativa per il popolo del Tigray dalla dipendenza totale dal supporto alimentare umanitario, se non fosse che mancano sementi e gli agricoltori sono in pericolo.
Le vite degli agricoltori e i loro mezzi di sussistenza sono continuamente messi in pericolo dagli ordigni esplosivi e dalle mine antiuomo rimasti sparsi sul terreno del Tigray, il regalo postumo della guerra.
Secondo il Mine Action Service (UNMAS) delle Nazioni Unite, un totale di 726 chilometri quadrati di terra in Etiopia rimane contaminato da mine antiuomo e residuati bellici esplosivi (ERW).
“Sono state segnalate oltre 280 vittime nell’Etiopia settentrionale [nello stato regionale del Tigray] dall’inizio del conflitto, anche se non tutti i casi sono stati verificati, ma si ritiene che molti altri incidenti non siano stati denunciati. L’analisi iniziale mostra che i bambini sono una maggioranza allarmante delle vittime (57%)”
ICRC Ethiopia segnala uno dei tanti, troppi casi di bambini feriti dagli ordigni inesplosi sul terreno.
”Ce lo stavamo lanciando l’un l’altro. È caduto ed è esploso”, dice Abel. Il quattordicenne Abel ed i suoi amici hanno scambiato un ordigno inesploso per un giocattolo. E li ha feriti ad Adi Hageray, Tigray”
A Kola Tambien, tre persone hanno perso gli arti e diversi animali sono morti in seguito a molteplici incidenti di questo tipo in un villaggio locale del distretto, secondo Gezahegn Ambiza, il capo villaggio.
Gezahegn ha aggiunto:
“Otto famiglie sono completamente impossibilitate a coltivare per il terzo anno consecutivo, mentre le attività agricole di altre sono parzialmente limitate a causa degli esplosivi. Abbiamo riferito all’ufficio regionale dell’agricoltura, ma non abbiamo ancora ricevuto risposta”
Gebremedhin Gebrehiwot, 30 anni, agricoltore, possiede ettari di terreno agricolo che utilizzava per piantare grano, orzo e altri cereali prima della guerra. Nonostante il ritorno della pace nell’area, un tempo teatro di battaglie, dal novembre dello scorso anno, non può tornare a coltivare dato che l’area non è stata ripulita e bonificata dai resti degli ordigni bellici militari, bombe.
“Non posso riprendere l’agricoltura, a meno che gli esplosivi non vengano rimossi dalla mia fattoria da professionisti. Questo ha fatto soffrire me e la mia famiglia di problemi socio-economici. Ora lavoro come lavoratore quotidiano per garantire la sopravvivenza dei miei quattro figli perché non ho altra scelta ed è psicologicamente traumatizzante. Inoltre, ho paura che un giorno possa esplodere e uccidere i miei figli”
Gebremedhin avvisa l’allarmante situazione di vita delle persone in Tigray, nonostante l’accordo di cessazione ostilità firmato ormai 8 mesi fa, il 2 novembre 2022 a Pretoria, un accordo che dovrebbe tutelare i milioni di vittime della guerra ed i loro diritti come individui:
“La stagione delle piogge è già iniziata e gli agricoltori dovrebbero essere già nei loro terreni agricoli, abbiamo bisogno di una soluzione tempestiva prima che la stagione finisca”
Questa situazione è diffusa in tutto il Tigray.
Secondo Atakilti, consigliere economico e coordinatore dell’agricoltura presso la zona orientale nel Tigray, i terreni agricoli rimangono asciutti nei distretti della zona orientale come Irob, Bulemekeda e Gantashum sono tra gli altri distretti, mentre in altre aree gli agricoltori hanno bisogno di input agricoli tra cui buoi, sementi e fertilizzanti ecc. perché la maggior parte delle loro proprietà è stata saccheggiata e distrutta durante la guerra.
Atakilti ha sottolineato che questo ha aggravato la già catastofica crisi alimentare: c’è una forte domanda di aiuti alimentari per milioni di persone, nonostante WFP e USAID abbiano deciso con una scelta politicizzata – e qualcuno potrebbe giudicarla anche criminale – di sospendere la distribuzione degli aiuti alimentari in Tigray.
FONTI:
Artificial intelligence’s failing grade
POLITICO’s weekly transatlantic tech newsletter for global technology elites and political influencers.
By MARK SCOTT
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THERE ARE TWO MORE DIGITAL BRIDGE NEWSLETTERS before I down tools for a couple of weeks of vacation. I’m Mark Scott, POLITICO’s chief technology correspondent, and as my mind inevitably turns to my upcoming break, I bring you actual footage of my response when editors ask me why my copy is filed increasingly late. True story.
OK. Enough with the jokes. Let’s get down to business.
— Everyone now wants rules to govern artificial intelligence. But, so far, much of this over-hyped tech is falling short.
— Why the so-called Brussels Effect only really works when you view Europe’s relationship as tied to the United States.
— A bunch of U.S. state privacy laws come into force on July 1. What does that tell us about a potential federal data protection regime?
AI SCORES AN ‘F’ ON REGULATION
REGULAR READERS OF THIS NEWSLETTER will know I’m pretty skeptical of the über-hype surrounding artificial intelligence. But even I must admit the likes of OpenAI’s ChatGPT and Google’s Bard have given the public a greater appreciation of what AI can do than anything that has preceded them. So with that in mind, how do so-called foundation models, or the vast tracts of data used to power the likes of generative AI, do when it comes to following the European Union’s Artificial Intelligence Act? This is the only comprehensive rulebook for the technology that exists, currently, anywhere in the West, so it’s the only game in town to grade these models’ performance. It’s not a perfect analogy. But researchers at Stanford University crunched the numbers, so let’s break it down. Warning: No one did very well.
First, a couple of caveats. The academics based their analysis on the European Parliament’s version of the proposals, mostly because these lawmakers inserted several provisions specifically related to foundation models and generative AI, in particular — something that had not existed in earlier drafts. Saying that, they did have to make a series of assumptions around accountability, transparency and other areas of the legislation. So it’s best to see the results as a guide, more than a definitive explainer. Still, when they looked at 10 of the leading models — everything from OpenAI’s GPT-4 to Aleph Alpha’s Luminous — no one met the requirements laid down in Brussels’ upcoming rulebook.
“Because there’s so much up in the air, and because some of the requirements are under-specified. we had to fill on some of the gaps,” Kevin Klyman, one of the authors of the analysis, told me. That includes newly created requirements from EU lawmakers around baking in risk-mitigation procedures — and showing how they did that — within foundation models; providing detailed overviews of how these models are developed for outside auditors; and even upholding the 27-country bloc’s sustainability standards around energy consumption (AI, after all, needs a load of computing power to work well).
So, how did companies do? The academics broke the AI Act’s requirements down into 12 buckets (from explainability of where the data came from to safeguards around using copyrighted material), then used a ranking scale from 1 to 4 to determine how closely each firm’s foundation model met those legal asks. They then added them all up and gave each company a score out of 48. Yes, this sounds complicated, but check out the handy chart here; it’s pretty straightforward. Overall, Meta received 21/48; OpenAI scored 25/48; Google earned 27/48. The worst-performing was Aleph Alpha at 5/48, while BigScience, an open-source alternative, came first with 36/48.
Those figures masked massive differences between how companies performed depending on specific requirements under the EU’s AI Act. On outlining ways to mitigate potential risks, Klyman said, OpenAI did a pretty good job, earning itself 4/4 for its compliance with the upcoming rules. Contrast that to Aleph Alpha, a German rival, whose lack of detailed documentation on how it was warding off potential harmful uses of its technology saw the AI startup scoring a mere 1/4 for its risk-mitigation policies. “The way providers that are doing a good job at handling risks and mitigations is they have a section of their work related to the model where they say, ‘Here are all of the potential dangers from this model,'” Klyman added.
I’m not sure I would give such disclosures a passing grade. Having a transparency section on a website about potential downsides and how a company will handle such risks doesn’t mean such safeguards will be enforced. For that, you need greater disclosures on how these models operate — something, unfortunately, that almost all the firms did badly on. When it came to publishing which data sources (including copyrighted data) were baked into these AI systems, only BigScience and, to a lesser degree, Meta ranked highly, based on Stanford’s scorecard. And Klyman warned that all companies were becoming more secretive around their foundation models as competitive pressures were leading many to bring up the drawbridge on how their systems operate.
So what does this mean for policymakers, both within the EU and elsewhere, who are working on AI rules, particularly related to these foundation models? Klyman said EU lawmakers needed to get more granular on how they wanted companies to comply with the AI Act. That involved giving quantifiable metrics on what compliance looked like in terms of risk mitigation, data governance and other wonky regulatory provisions. For U.S. policymakers, the Stanford academic urged Washington to create a national AI research center so that researchers could better kick the tires of how these foundation models were developed. “Transparency,” he added, “is extremely important.”
THE BRUSSELS EFFECT’S DIRTY LITTLE SECRET
YOU DON’T HAVE TO GO FAR IN BRUSSELS to hear officials (and think-tankers) drone on about the so-called Brussels Effect. Coined by Ana Bradford, a Finnish academic now based at Columbia Law School, the term refers to how the bloc’s expansive policymaking (and not just on digital) has a global effect — because the EU’s rules quickly take on a life of their own and become the de facto global standard. Within tech, the clearest example of this is the General Data Protection Regulation, or the EU’s wide-ranging data protection standards that are now followed by pretty much every country worldwide. More on that here.
Yet researchers at the European Centre for International Political Economy (ECIPE), a Brussels-based think tank, have driven a tank-shaped hole through that theory — at least when it comes to data. They analyzed the digital trade implications of the bloc’s so-called adequacy data protection decisions, complex legal instruments that basically tell trading partners, “If you follow Europe’s privacy standards, to the letter, we will allow unfettered flows of EU personal data to your country.” It’s a massive trade opportunity, giving countries from New Zealand to South Korea unlimited access to the personal information of Europe’s well-heeled consumers. It’s a major bargaining chip Brussels uses during its free trade agreement negotiations.
But what the think-tankers discovered was this wholesale data access — the epitome of the Brussels Effect — only really made a difference to the more than 10 countries with adequacy if you factored in Europe also having a data-transfer deal with the U.S. What they found was up to a 14 percent jump in digital trade between these countries, or the equivalent to about $4 billion of additional exports. But that was down almost exclusively to the likes of Argentina and Israel trading more with the U.S. — via the legal certainty provided by Europe’s adequacy regime. It was not because these countries were shipping goods and services more to the 27-country bloc.
“Digital trade is moving upwards compared to all other trades, but it’s highly dependent or contingent on the U.S.,” Erik van der Marel, ECIPE’s chief economist and one of the report’s co-authors, told me. “As soon as the U.S. got adequacy, you see that U.S companies outsource a lot of stuff, in terms of services outsourcing, that can be done on the basis of European citizens data to other adequacy granted countries.” Call it the halo effect of Brussels’ privacy regime. American firms quickly strike up relationships with partners in other adequacy countries — mostly to reduce costs — and immediately increase trade between the U.S. and those nations, and not with Europe.
It gets even clearer as the researchers also calculated a 9 percent reduction in so-called trade costs, which are charges associated with doing business internationally, for countries with adequacy status. But, again, when they ran the numbers, those savings were predicated almost exclusively on Europe having a data deal in place with the U.S. There’s one caveat to the report: It didn’t include Brussels’ recently agreed adequacy deals with South Korea, Japan and the United Kingdom. But if you included those agreements, van der Marel added, the increase in digital trade (mostly between these countries and the U.S.) would reach about $11 billion.
To fans of the Brussels Effect, I can already hear the criticism. These bumps in digital trade only happened because of Europe’s rules, so what are you complaining about? It’s also true that because most adequate countries are tiny (it’s not like Guernsey and the Faroe Islands are hot-beds of the global trading order), it’s only natural that Brussels’ relationship with Washington will dominate these wider relationships. But it’s also clear that if the EU wants to continue setting global regulatory standards, we should all acknowledge how important its relationship with the U.S. remains when it comes to boosting ties with other parts of the world.
The latest intelligence I have is that the third iteration of a transatlantic data deal (the previous two pacts were invalidated by Europe’s top court) will now be signed off by mid-July. A legal challenge from privacy campaigners will inevitably follow. But when it comes to digital trade, the deal is vital. These EU-U.S. agreements, according to van der Marel, represent up to a 14 percent increase in transatlantic commerce. That equates to $11.9 billion in additional digital trade exports from the U.S. to the EU and a further $7.2 billion from the EU to the U.S. When the global economy is teetering on the edge, $19.1 billion in extra international trade is nothing to sneeze at.
BY THE NUMBERS
US DOES PRIVACY. REALLY.
I’VE GIVEN UP (AGAIN) ON WASHINGTON moving ahead with comprehensive data protection rules before the 2024 election cycle takes over. But on July 1, Colorado and Connecticut’s privacy regimes come into force — and the enforcement powers of California’s separate legislation, which was enacted earlier this year, also start to bite. Throw in Virginia and Kentucky (whose laws started on January 1) and Utah (its legislation gets going at the end of 2023), and you’ve now got a stable of data protection rulebooks, at the state level, to give Americans a taste of what greater privacy safeguards could look like.
Still, not all regimes are created equal. After heavy lobbying from industry, almost all don’t allow consumers to directly sue companies for potential wrongdoing — those powers are exclusively limited to state attorneys general. Some, like Utah’s law, are pretty light touch. Others, like those in Connecticut and Virginia, require companies to provide European-style transparency to people about how their data is collected and used. Only one — the California Privacy Rights Act — creates an independent regulator akin to what is readily available on the other side of the Atlantic. How all these rulebooks handle data protection questions will either galvanize Washington into doing something or shepherd other U.S. states toward the legislation that best handles the public’s complaints.
WONK OF THE WEEK
THE ORGANIZATION FOR ECONOMIC COOPERATION AND DEVELOPMENT finds itself at the center of global (read: Western) debates on how countries can freely move data between each other while upholding people’s privacy. And Clarisse Girot, head of the data governance and privacy unit at the group of mostly-rich countries, is key to that work.
The French-born lawyer knows data protection better than most. She was head of international affairs at France’s privacy regulator before moving to Singapore and Jersey (the country, not the U.S. state!) before returning to Paris last year to take up her current role at the OECD.
“Companies, like policymakers and, of course, people have a shared interest in ensuring a high level of data protection,” she wrote on LinkedIn. “Facilitating compliance with these rules is essential to ensure the effectiveness of meaningful protection in data flows, in particular by enabling the optimisation of resources devoted to the protection of personal data.”
WHAT I’M READING
— U.S. lawmakers wrote to Joe Biden about their concerns over how Europe’s digital lawmaking was unfairly harming American companies — and called on him to act. Read more here.
— The European Parliament published a comprehensive overview of the metaverse (remember when that was popular?), including the potential cybersecurity and ethical implications of the technology. Take a look here.
— One for all the podcast lovers. Emily M. Bender and Alex Hanna debunk much of the AI hysteria in a three-part series entitled “Mystery AI Hype Theater 3000.” It’s worth a listen.
— Meta explains why it’s pulling all news from people’s Facebook feeds in Canada after the country’s lawmakers backed rules that would require platforms to pay publishers when their content appeared on these networks. The blog post is here.
— The International Association of Privacy Professionals has written a glossary of key terms for AI governance as part of efforts to standardize people’s thinking about these topics.
— A global organization similar to the International Atomic Energy Agency is not the right way to frame international governance discussions around artificial intelligence, argues Ian J. Stewart for the Bulletin of the Atomic Scientists.
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Etiopia, appello per il Tigray del Vescovo Tesfaselassie Medhin per sbloccare la sospensione degli aiuti umanitari
Dopo la decisione scellerata da parte del WFP – World Food Programme e di USAID di sospendere gli aiuti alimentari a milioni di persone in Tigray e in altre parti dell’ Etiopia, arriva l’ennesimo appello da parte di Abune Tesfaselassie Medhin, Vescovo dell’Eparchia di Adigrat.
I media politicizzati in Italia non scrivono più della catastrofe umanitaria in atto nello stato regionale del Tigray da quando è stato firmato l’accordo di Pretoria (accordo di cessazione ostilità siglato il 2 novembre 2022). Non che nei 2 anni prima, durante la guerra genocida, lo abbiano mai fatto, ma oggi, dopo l’accordo mediato dall’ Unione Africana e monitorato (forse anche stilato e redatto dagli USA di Joe Biden) i media del tricolore si sono sentiti legittimati a non scriverne e darne notizia: come se un paio di firme su dei fogli di carta potessero cancellare la richiesta di giustizia per le centinaia di migliaia di vittime, come potessero cancellare le violenze e gli abusi che continuano anche dopo quasi 8 mesi da quell’ accordo, come se si potesse nascondere come polvere sotto il tappeto la disumanità e le morti per fame aggravate anche dal blocco sugli aiuti umanitari deciso dalle agenzie umanitarie occidentali sotto l’egidia di USA ed Europa.
Scelta politicizzata, scelta criminale: come si può sospendere l’aiuto alimentare alle persone bisognose? E’ aumentata la percentuale di morti per fame anche tra i bambini sotto i 5 anni (28%)
Appello da parte di Abune Tesfaselassie Medhin, Vescovo dell’Eparchia di Adigrat per scongiurare il blocco sugli aiuti alimentari in Tigray, Etiopia
L’impatto fatale della sospensione degli aiuti alimentari umanitari alla popolazione bisognosa del Tigray e di altre parti del Paese.
Un appello a USAID e WFP – per scongiurare la decisione che porta la morte dei poveri e dei bisognosi
Un augurio di pace a voi e al bene umanitario che avete fatto la gratitudine è dovuta a tutti voi!!
Negli ultimi anni abbiamo visto come si è svolta una terribile guerra nella regione del Tigray e nelle aree circostanti. Durante questo conflitto, abbiamo assistito a come le forze combattenti hanno distrutto e saccheggiato le risorse alimentari dalle case e dai campi appartenenti alla gente. Per molti mesi è stato impedito al cibo di raggiungere coloro che ne avevano un disperato bisogno. E anche dopo che le scorte di cibo potevano essere consegnate, alcuni non potevano controllare la loro avidità e togliere il cibo a coloro che sono sfollati e disperati.
Secondo la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, tutti gli esseri umani hanno diritto a un accesso affidabile a quantità sufficienti di cibo. In nome della nostra comune umanità non dovremmo mai permettere che venga portato via il cibo a coloro che cercano di nutrirsi per la propria sopravvivenza – non da coloro che scelgono la via della violenza e della guerra, non da coloro che cercano di distruggere i mezzi di sussistenza delle persone, non da coloro che cercano guadagno finanziario o valuta forte e non da quelli abbastanza ricchi e influenti da decidere sulla distribuzione delle scorte di cibo disponibili che condividiamo su questo pianeta.
Mentre la deviazione e il furto delle scorte di cibo che hanno avuto luogo per raggiungere la popolazione in disperato bisogno nel Tigray e in altre parti dell’Etiopia è totalmente inaccettabile e disumano, voglio invitare i decisori a considerare la nostra umanità condivisa e pregarli non pronunciare una condanna a morte su coloro che cercano di sopravvivere sulla scia di un terribile conflitto armato, coloro che stanno morendo ora.
È molto importante indagare in che modo quantità così elevate di cibo sono state sottratte ai bisognosi. È urgente migliorare il sistema di distribuzione alimentare, consentendo una maggiore trasparenza e un controllo più forte. Ma non biasimiamo i poveri per aver venduto una parte delle loro scorte alimentari ricevute attraverso donazioni mentre cercavano semplicemente di coprire i costi per medicine, libri scolastici e altre spese necessarie non fornite da donazioni. Ci deve essere un’altra soluzione a questo scandalo oltre a fermare la consegna di generi alimentari agli sfollati e ad altri che cercano disperatamente di nutrire se stessi e i propri figli. Oggi in centinaia muoiono di fame perché gli aiuti alimentari sono fermi da mesi e mesi: non può essere questo il prezzo da pagare per rimettere in sesto il sistema.
Ferma il cammino di coloro che facevano la guerra e distruggevano i raccolti; fermia coloro che impediscono agli aiuti di raggiungere gli affamati; dei responsabili di furto e corruzione; fermia coloro che hanno permesso che avvenisse il furto e hanno distolto lo sguardo per molti anni.
Ma non impedire il cibo a coloro che ne hanno un disperato bisogno, non togliere loro il diritto divino di nutrirsi
se stessi e non condannarli a una condanna a morte. La Chiesa cattolica, che ha vissuto nel mezzo di questa situazione sfrenata estremamente dolorosa nel Tigray desidera confermare ancora una volta il suo impegno di essere solidale in empatia, preghiera e impegno nel sostegno umanitario verso tutte le persone che stanno vivendo terribili sofferenze nel Tigray e in altre parti del Paese.
Possiamo noi tutti essere sempre benedetti con la Misericordia, l’Amore e la Pace di Dio,
+ Abune Tesfaselassie Medhin, Vescovo dell’Eparchia di Adigrat
Diocesi cattolica di Adigrat
Ref.No Ad.Ep/-006/23
EPARCHIA CATTOLICA ADIGRAT – TIGRAY ETIOPIA
Data 20 giugno 2023
7../P.O.Box 8 Ah / Tel.:251(0)344.452138/452203 Fax:251(0)344,452630 / e-mail: tselassiem@gmail.com
Etiopia, la ricostruzione di un medico sul massacro di Togoga, Tigray [2 anni dopo]
Durante il pieno svolgimento della guerra genocida in Tigray, stato regionale dell’Etiopia settentrionale, il 22 giugno 2021, l’aviazione etiope ha bombardato Togoga in un giorno di mercato.
Avevo scritto un aggiornamento su questo massacro per mezzo della difesa etiope che ha hattaccato indiscriminatamente un’area urbana e civili per la guerra contro “il terrorismo”, per fermare quelli considerati dalla legge etiope i membri del partito TPLF – Tigray People’s Liberation Front e tutti i loro sostenitori etichettati dissidenti.
La dottoressa Bisrat dopo 2 anni dal massacro di Togoga, via social ha condiviso un resoconto dettagliato dal punto di vista del supporto medico e sanitario.
Erano circa le 16:00 che ho avuto notizia dell’attacco aereo.
Un amico mi aveva chiesto di verificare se le vittime provenissero dall’attacco aereo in Togoga. Quando sono arrivata al pronto soccorso, ho visto quattro ambulanze in coda all’ingresso, stipate di medici e infermieri, in attesa di una lettera di autorizzazione dell’ufficio sanitario regionale del Tigray.Ambulanze in attesa di partire verso il luogo del massacro a Togoga – Tigray giugno 2021
Dopo l’arrivo della lettera, le ambulanze sono finalmente partite per il Togoga attraverso la rotta Mekelle-Tembien intorno alle 23:30. Altre due ambulanze sono arrivate per portare i professionisti a Kokolo (circa 15 chilometri a sud-ovest di Mekelle) dove abbiamo sentito di dozzine di feriti, compresi i bambini che hanno cercato di venire all’Ayder Hospital tramite un camion e sono stati restituiti dai militari.
Quindi, due dottori, me compreso, e due infermiere si sono offerti volontari per andare lì. Siamo partiti utilizzando una strada sconnessa attraverso il parco industriale di Mekelle alle 18:30.
Dopo aver raggiunto un posto di blocco di un insediamento militare nel parco industriale, ci siamo fermati e abbiamo aspettato per circa 20 minuti, ma nessuno si è avvicinato a noi. Siamo arrivati a Kokolo alle 19:30 solo per non trovare nessuno lì.
Dovevamo fermarci e decidere se andare in Togoga o tornare a Mekelle. Abbiamo deciso di andare sulla scena del massacro. Mentre viaggiavamo nell’oscurità, eravamo tutti davvero spaventati perché la strada era molto stretta e accidentata e l’esercito etiope poteva prenderci di mira.
Abbiamo dovuto mettere su musica rilassante nel tentativo di calmarci. Abbiamo raggiunto Togoga intorno alle 20:20: circa 7 ore dopo l’incidente. Abbiamo trovato decine di feriti sdraiati sul ciglio della strada che aspettavano impotenti le ambulanze.Abbiamo trovato decine di feriti sdraiati sul ciglio della strada che aspettavano impotenti le ambulanze. Massacro di Togoga Tigray giugno 2021
Alcuni sanguinavano; altri erano incoscienti; e altri soffrivano di fame d’aria. Sfortunatamente, non avevamo attrezzature mediche sufficienti per fornire anche il minimo indispensabile di cure di emergenza. Tutto quello che avevamo erano 10 sacchi di soluzione fisiologica normale, 10 cannule per fleboclisi, 2 scatole di guanti, 2 pacchi di garze e un paio di cerotti. Pensavamo che ci sarebbero state le quattro ambulanze che sono partite prima. Il mio telefono ha iniziato a squillare proprio quando siamo arrivati sul posto. Era la chiamata di un medico di emergenza di una delle quattro ambulanze.Alcuni sanguinavanao, altri erano in blocco respiratorio… Massacro di Togoga in giorno di mercato Tigray giugno 2021
Ci ha chiesto se avessimo raggiunto la zona e come ci fossimo riusciti visto che quando sono arrivati a Romanat gli è stato negato il passaggio. Gli ho raccontato del percorso che abbiamo seguito.
Nel frattempo, abbiamo iniziato a curare le vittime con quello che avevamo in un recinto scolastico: appese le flebo agli alberi di acacia.Soccorso ai feriti e alle vittime del massacro di Togoga Tigray giugno 2021
Abbiamo identificato quattro pazienti gravemente feriti e con loro io e un’infermiera siamo partiti verso Mekelle.
A metà strada, un amico delle ambulanze che ha tentato di percorrere il percorso che avevamo seguito ci ha chiamato e ci ha detto di tornare indietro poiché minacciavano di uccidere chiunque avesse cercato di entrare a Mekelle attraverso quella strada. Proiettili erano stati sparati contro le ambulanze che cercavano di passare.
È stata una notizia molto scioccante per noi. Qualcuno ci aveva dato un numero di telefono per chiamare il vicepresidente del governo ad interim in caso avessimo avuto problemi.Lo abbiamo chiamato chiedendo aiuto.
Ci ha detto che era meglio entrare da Romanat o passare la notte lì perché i militari erano arrabbiati e minacciavano chiunque cercasse di intrufolarsi per quella strada.
Abbiamo deciso di tornare e passare la notte a Togoga poiché non abbiamo considerato il ritorno a Mekelle attraverso Romanat come un’opzione praticabile. Cominciarono ad arrivare vittime che erano tornate a casa perdendo la speranza.
Abbiamo visto circa 50 persone ferite, tra cui una bambina di quattro anni. Tra le vittime c’erano anche 3 sorelle che hanno subito traumi che andavano dalle ustioni al viso a braccia e gambe mozzate. L’ultima vittima che abbiamo visto durante la notte è stata alle 3:00 del mattino del 23 giugno 2021.Abbiamo visto circa 50 persone ferite, tra cui una bambina di quattro anni. Togoga massacre Tigray giugno 2021
Dopo abbiamo dovuto cercare di riposarci a stomaco vuoto. Altri pazienti hanno poi iniziato ad arrivare al mattino seguente. Abbiamo continuato il laborioso compito di cercare di prestare assistenza tra paura e rabbia e senza scorte mediche sufficienti a portata di mano.
Abbiamo chiesto agli anziani il totale dei morti e ci hanno detto che erano circa 64 con più di 180 feriti.
Abbiamo chiesto agli anziani il totale dei morti e ci hanno detto che erano circa 64 con più di 180 feriti. La mattina presto abbiamo iniziato a sentire pesanti bombardamenti. Abbiamo quindi deciso di spostare i pazienti in un’area boschiva vicina. Eravamo davvero spaventati per le nostre vite.
Abbiamo continuato a chiamare i nostri colleghi per sapere se c’era qualche possibilità che arrivassero le ambulanze. Ci informarono che erano stati fatti diversi tentativi, ma nessuno dava il permesso. Il team ha poi discusso altre opzioni, come trasportare le vittime in una tradizionale barella di legno, poiché alcuni dei pazienti stavano diventando critici. Ma verso l’ora di pranzo è stata fatta una telefonata che ci informava che le ambulanze avevano il permesso di passare e che potevano arrivare in qualsiasi momento. Abbiamo perso diverse ore ad aspettarli.
Mentre continuavamo a prepararci all’arrivo delle ambulanze, siamo andati al mercato dove è avvenuto l’attacco aereo, intorno alle 14:00 del giorno successivo. Abbiamo visto macchie di sangue, circa 25 case rase al suolo e pomodori e patate sparsi.Direzione Togoga, giorno dopo il massacroin giorno di mercato in Tigray, giugno 2021
Quattro ambulanze sono finalmente arrivate alle 16:00 del 23 giugno 2021, molto tempo dopo: 27 ore dall’attacco aereo. Siamo tornati a Mekelle dopo 28 ore di un’esperienza scoraggiante. Purtroppo le sei ambulanze non sono bastate a portare tutte le vittime che necessitavano di cure mediche, così a molti è stato detto di restare dopo averli rassicurati che le ambulanze sarebbero tornate. Coloro che sono arrivati all’ospedale di riferimento di Ayder sono guariti, anche se con disabilità, tranne uno che è morto per la ferita che ha subito al polmone.
Il dolore e la disperazione che ho provato durante quelle 28 ore risuonano ancora nella mia mente.
Quattro ambulanze sono finalmente arrivate alle 16:00 del 23 giugno 2021, molto tempo dopo: 27 ore dall’attacco aereo.
Etiopia, aggiornamenti dalla comunità Irob, Tigray
Le condizioni di vita per milioni di persone in Tigray, stato regionale dell’Etiopia settentrionale, sono precarie per le conseguenze post belliche, conflitto dai risvolti etnici e genocidi sull apopolazione regionale. Oggi aggravate dall’ennesimo scandaloso blocco del supporto umanitario da parte del WFP e dell’ USAID.
Come vive oggi la minoranza etnica di Irob
Oggi le condizioni di vita della minoranza etnica della woreda [distretto] di Irob (Erob, in tigrynia: ኢሮብ) posizionato nel Tigray nord orientale, è da considerarsi doppiamente catastrofica. Isolati ed invasi dall’esercito eritreo fin dall’inizio della guerra genocida scoppiata il 3 novembre 2020 e durata 2 anni. In aggiunta da conisderare anche il fattore ambientale di area rurale già normalmente poco accessibile ed in zona di confine con l’Eritrea.
Mercoledì 14 giugno il media Dimtsi Weyane ha condiviso un comunicato segnalando che:
“La diocesi cattolica di Adigrat ha distribuito sementi selezionate e attrezzature agricole a oltre 500 residenti di Irob con l’assistenza finanziaria di EUJoshua Misgna ha detto che il popolo di Irob sta affrontando seri problemi a causa dell’invasione delle forze eritree.”
Un aiuto doveroso di vitale importanza, ma briciole in confronto alle reali esigenze e bisogni della popolazione, di milioni di persone ancora in attesa di supporto e aiuti per la loro stessa sopravvivenza, per la ricostruzione della comunità.
Sabato 17 giugno mi sono arrivati aggiornamenti su Irob da parte della ONG Chain of Love
La ONG lavora da una decina di anni per la sussistenza della popolazione del Tigray.
L’esercito eritereo ha occupato 4 delle 8 unità amministrative (kebeles).
Ma l’effetto negativo è più di questo.
L’esercito eritreo ha invaso il Tigray e nonostante l’accordo di cessazione ostilità firmato a Pretoria il 2 novembre 2022, obblighi il suo ritiro da tutto il territorio, continua ad essere presente in questo distretto in violazione di tale accordo, sta perpetrando ancora abusi sui civili.
- ha disperso il centro amministrativo e i servizi base per la comunità;
- ha distrutto i centri sanitari paralizzando il sistema sanitario e il servizio di ambulanza. I pazienti muoiono per malattie curabili e la comunità è costretta a caricarsi sulle spalle i pazienti per cercare di raggiungere i pochi ospedali operativi;
- ha distrutto la struttura educativa e bloccato, come conseguenza, la riapertura delle scuole. I bambini di Irob rimangono fuori dalla scuola nonostante i distretti limitrofi non occupati erano riusciti a recuperare e riaprire gli edifici scolastici;
- ha interrotto la produzione agricola rendendo difficile l’accesso agli input agricoli da parte di agenti governativi e non governativi. I farmaci veterinari e i vaccini forniti da Chain of Love a Irob sono accessibili solo a beneficiari limitati. Coloro che erano sotto occupazione non avevano alcuna possibilità di ricevere questo servizio. Altri sono fuggiti dalle loro case e dai terreni agricoli così da non poter piantare raccolti.
- Poiché la strada è bloccata dall’esercito eritreo, gli aiuti non possono mai raggiungere il centro amministrativo. Quindi, i membri della comunità vengono fatti morire di fame.
- Le cerimonie sociali vengono interrotte. Le cerimonie nuziali, i funerali e le festività si svolgono tra famiglie separate. Questo è molto doloroso per la comunità Irob il cui legame sociale è forte, valore fondante della comunità.
- Il servizio religioso della Chiesa cattolica è limitato nelle parrocchie occupate.
- I servizi importanti elettricità e acqua sono interrotti.
Per concludere, il popolo Irob sta sperimentando una sofferenza multidimensionale; religioso, sociale/psicologico, economico, sanitario ed educativo, ambientale e anche cittadinanza.
Venerdì 9 giugno 2023 Goyteom Gebreegziabher ha condiviso foto e commento della sua visita ad Irob indicando che:
- “Irob al (9 giugno 2023)
- ~ Ancora strada bloccata dalle truppe
- ~ Nessun accesso per e
- ~ Aiuti bloccati da truppe
- ~ #Endalgeda , #Weraetle , #Agerlokoma e #Alitena invasi dall’esercito eritreo
- ~ blocco accesso per fertilizzante e sementi
- ~ blocco accesso per Salute, Istruzione.”
Irob woreda, Tigray Etiopia – giugno 2023
Ad ottobre 2022 l’ospedale di Alitena, che nell’agosto 2013 stava per veder inaugurato la sala operatoria, è stato bombardato da artiglieria pesante dell’esercito eritreo.Alitena – ospedale bombadato dalle forze eritree
Goyteom Gebreegziabher non ha potuto dare aggiornamenti a riguardo perché ha confermato che durante la sua visita di giugno 2023, dopo quasi 8 mesi dalla firma dell’accordo di cessazione ostilità in Tigray siglato a Pretoria, c’è ancora l’occupazione e la presenza di soldati eritrei che determinano blocco negli spostamenti per civili e operatori umanitari.
Oggi dopo 2 anni di guerra genocida scoppiata in Tigray nel novembre 2020, dopo quasi 8 mesi dall’accordo di Pretoria, la comunità del distretto di Irob, la minoranza etnica che lo abita, è triplicamente martoriata: come crisi umanitaria conseguente alla guerra, isolati dal mondo e senza servizi base, per l’occupazione di forze straniere come gli eritrei in violazione all’accordo di Pretoria e perché WFP – World Food Programme, l’agenzia di supporto alimentare non ha mai avuto a che fare con la zona del Tigray nord occidentale, Irob, come osservato da Duke Burbridge.
Approfondimenti:
- Etiopia, il comitato del Tigray condivide il report preliminare sulla deviazione del cibo umanitario
- Etiopia, lo scandalo del dirottamento e blocco alimentare umanitario per milioni di persone in Tigray
- La fame nel Tigray e lo scandalo della deviazione degli aiuti alimentari tra WFP ed Etiopia
- Etiopia, in Tigray aumentano le morti dei bambini sotto i 5 anni per malnutrizione acuta indotta dall’uomo
- Etiopia, la pulizia etnica persiste nonostante la tregua in Tigray
- Etiopia, IDP, sfollati interni in Tigray non dovrebbero essere puniti doppiamente
State Department debrief — Twitter ‘censorship’ — Brussels’ security pitch
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By MARK SCOTT
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BUCKLE UP. DIGITAL BRIDGE IS A SPICY ONE THIS WEEK. I’m Mark Scott, POLITICO’s chief technology correspondent, and as the world of politics appears to be going from bad to worse (no matter where you are living), here’s a reminder that what may appear as government overreach one day can quickly become standard practice the next.
Grab your beverage of choice and relax:
— Jose Fernandez, a senior U.S. State Department official, talks about transatlantic ties, artificial intelligence and China.
— Twitter took down more pro-Trump accounts than anti-Trump accounts. But does that equate to censorship?
— Brussels’s new economic security plan is a pitch to have a seat at the world’s top geopolitical table. It’s a little messy.
A VIEW FROM WASHINGTON
WHEN IT COMES TO FANCY TITLES, Jose Fernandez‘s is a doozy. Officially, he’s the U.S. State Department’s undersecretary for economic growth, energy and the environment — and is in charge of the agency’s myriad bureaus, including the one recently created for cyberspace and digital policy. The former mergers and acquisitions lawyer also is central to the revamped transatlantic relationship via the EU-U.S. Trade and Technology Council. So when I caught up with him last week, Fernandez wanted me to know that — like almost everyone I talk to within these transatlantic digital policymaking circles — ties between Brussels and Washington are stronger than ever.
“Two years ago, our relations with the (European Union) were mired in irritants,” he conceded. “We’ve been able to get beyond those irritants and we’ve expanded our goals to meet our ambition.” That sounds wonderful. But dig a little below the surface, and it’s easy to find a raft of tricky policy questions that still mire the United States’ relationship with one of its largest trading partners in difficulties. Case in point: the ongoing discussions over a so-called “critical raw materials” deal that would allow European automakers and their suppliers to tap into American subsidies baked via the U.S. Inflation Reduction Act.
Fernandez said those talks were ongoing (he wouldn’t go further than that). But, he added, the very fact senior U.S. and EU officials now sat down, in person, every six months was a sign of how important Joe Biden’s administration took the transatlantic relationship. “We have irritants,” the State Department official said. “You couldn’t have a $1.4 trillion economic relationship without them. But there’s a real commitment to discussing them even when we disagree and to try to work through them.”
OK, sure. But what about China? Despite broad consensus between the White House and the European Commission — the executive branches of each region/country’s political structure — the U.S. is more willing to push back against China compared with its European allies, according to multiple conversations with U.S. and EU officials. Not true, said Fernandez. “Both Secretary Blinken and his counterparts in the EU have said that we’re looking to de-risk from China, not de-couple from China, and on that, we are 100 percent aligned,” he told me. “I would not agree with that. I think you’re seeing very close alignment,” he added when pushed on the differences over China.
Turning to the next iteration of the Trade and Technology Council, which will be held somewhere in the U.S. at the end of 2023, what will likely be on the agenda? For Fernandez (who also declined to say where it would be held later this year), the focus will be on artificial intelligence; so-called export controls, or bans on certain goods from being shipped to countries like Russia; and additional U.S.-EU funding for developing economies as they roll out 5G telecommunications networks and upgrade their digital cybersecurity capabilities.
“There’s a desire to continue to work with third countries on 5G development,” he said. During the last transatlantic summit in May, both sides announced funding for Costa Rica and the Philippines, respectively, on such digital infrastructure projects. “AI, and in particular generative AI, presents unlimited opportunities. But at the same time, some of the consequences have to be managed.” Like almost all Western officials in recent months, those attached to the Trade and Technology Council are falling over themselves to be seen to be doing something (anything!) to corral the growth of services like OpenAI’s ChatGPT. That includes plans to create a voluntary code of practice, designed by Washington and Brussels, which companies can agree to follow to uphold basic principles like fairness, transparency and impartiality.
Yet what that code of practice — which is expected to be presented to other G7 leaders in the fall — will actually look like is still a work in progress. As of early June, it was merely a two-page policy memo, shared haphazardly between EU and U.S. policymakers. Fernandez, too, had little detail to give — and wouldn’t be drawn on the regulatory differences between Brussels and Washington on how to deal with artificial intelligence. “We are now in the process of starting, so I can’t really give you much info on that because there is not much,” he acknowledged when asked about what the voluntary code of conduct would actually entail.
ACCOUNTABILITY VS. CENSORSHIP, PART TWO
AS A LAPSED BUSINESS REPORTER, I LIKE NUMBERS. Figures — unlike, ahem, politicians, lobbyists and officials — don’t lie. So when I came across a research paper from Georgetown and Yale academics on how anti- and pro-Trump bots on Twitter performed (in terms of spreading partisan messages across the social network) in the build-up to the former U.S. president’s first impeachment trial in late 2019 and early 2020, my ears pricked up. It provides a snapshot of how such political social media users disseminate their messages online — and, more important, sheds light on accusations from some Republican politicians that Big Tech is unfairly censoring right-wing voices.
Before we get to the findings, let’s lay out the methodology. The researchers collected almost 68 million posts from 3.6 million Twitter users between December 2019 and March 2020. They broke those accounts down into potential bots, or social media users that posted at significantly higher rates than average people, and then did a content analysis, at scale, to see whether such automated accounts were more in favor or against Donald Trump. Finally, the academics tracked the types of content these partisan bots posted during the impeachment trial, and how those messages were spread more broadly across Twitter.
OK, the results — and, remember, you have to read this in the context of accusations that social media platforms have an unfair bias toward liberal voices. In terms of bots, though, it was an almost even split. Collectively, there were 10,145 anti-Trump bots (posting 9.2 million tweets over that time period) compared with 11,571 pro-Trump bots (with 9.8 million tweets). But even though these accounts represented roughly 1 percent of the overall Twitter users within the study, they posted 31 percent of the total content. Key takeaway: Twitter doesn’t have a significant bot problem, in terms of the number of accounts. But it does when you look at how those automated users dominate the online conversation.
“For the price you pay for them, it’s a good bang for your buck,” Tauhid Zaman, a Yale academic who co-authored the paper, in reference to the effectiveness of bots on Twitter. “Once they are up and running, the marginal cost of a bot is essentially free. So in information warfare, it’s a really efficient tool to use.” Yet the pro- and anti-Trump accounts weren’t uniform. The more liberal bots were more likely to post content from more mainstream media outlets, whereas conservative automated users more regularly circulated material from dubious sites, based on a non-partisan content analysis of the quality of links shared by these bots.
That had an interesting effect on Twitter’s response to these automated accounts at a time when the social media giant (in the pre-Elon Musk era and after he took over) has tried to clamp down (mostly, unsuccessfully) on bot activity. When Zaman went back, earlier this year, to see how many of the anti- and pro-Trump bots were still active on the Blue Bird, he found a marked difference. Since early 2020, Twitter had removed 40 percent of the conservative-leaning automated accounts versus just 12 percent of the liberal bots. For human partisan Twitter accounts, the same held true: 12 percent of Republican users had been removed by March 2023 compared with just 5 percent of Democratic accounts.
For some in the U.S. House of Representatives (looking at you, Representative Jim Jordan), that could be a smoking gun in the alleged censorship of conservative voters online. Right-wing Twitter accounts were four times more likely to be removed compared with left-wing Twitter accounts. But where this gets incredibly tricky is figuring out why Twitter removed the bots. Is it because the company hates conservatives? Almost certainly not (that’s how not companies work). Or is it because these accounts were statistically more likely to share either false or dubious information, which therefore put them at odds with Twitter’s terms of service that prohibit (or, at least, down-rank) the spread of such questionable material?
“How much you are a Republican correlates almost exactly to how much disinformation you share. It’s almost one-to-one mapping,” Zaman told me. “I can’t say Twitter is suspending you because you’re a Republican. They could be trying to enforce some general policy on disinformation. But the effect is that it looks like they are suspending Republicans more, in a biased way, versus Democrats.” Unpicking that relationship — between how much false content a partisan social media user shares, and how that puts an account in breach of platforms’ terms of service — is crucial to understanding why more right-wing users have been suspended versus their leftwing counterparts.
BY THE NUMBERS
EUROPE (KINDA) FLEXES ITS MUSCLES
THE EUROPEAN COMMISSION WANTS YOU TO KNOW it’s getting tough. In economic security proposals published this week, Brussels outlined how it would protect local companies from having their technology stolen by others; limit the ability of third-party countries (read: China) from using their economic muscle to strong-arm the 27-country bloc; and work collectively to stop authoritarian regimes from buying stakes (or the entirety) of European companies, particularly in high-growth areas like quantum computing and cybersecurity. “We also have to be clear-eyed about a world that has become more contested and geopolitical,” said Ursula von der Leyen, the Commission president.
You could already hear the cheers from Washington as Brussels began to follow its lead on these topics. But don’t count your chickens just yet. First, the word “China” — key to all of these geopolitical maneuvers — didn’t get a mention. That may sound childish to point out, but appearances matter. And the failure of the Commission to call a spade a spade on China’s economic global ambitions doesn’t bode well for the negotiations to come. (These are just proposals that must be hammered out with the EU’s other political institutions.) Second, let’s be clear: The EU is still divided on how robustly to push back against Beijing. Until those divisions are figured out, which is key as Brussels will have to work with national capitals to implement its economic security agenda, I wouldn’t count on the 27-country bloc to pull its weight on the global stage.
WONK OF THE WEEK
WE’RE STAYING WITH THE WORLD OF AI this week to focus on Anna Makanju, head of public policy for OpenAI. It’s not her first Big Tech job (if OpenAI now makes it into that elite club?). The New York-based executive previously worked as a senior policy manager at Meta, specializing in content regulation.
The former Biden aide also has a background that would make most of the United Nations look on with envy. Born in Russia to a Nigerian father and a Ukrainian mother, she moved to the U.S. in the early 1990s and studied linguistics at Western Washington University, from which she graduated at 16 years old. She later graduated from Stanford University’s law school.
“I’ve argued countless times that Putin excels at neither strategy nor tactics despite so much odd insistence to the contrary in the West,” she wrote on Twitter last year (her career includes a stint at the U.S. Department of Defense). “Unless the willingness to kill an unlimited number of people inside or outside your country to achieve a goal is strategic or tactical brilliance.”
THEY SAID WHAT, NOW?
“We need an all-hands-on-deck approach — because that’s what AI’s complexities and speed demands,” Chuck Schumer, the Democratic leader of the U.S. Senate, said when announcing his “SAFE Innovation Framework for Artificial Intelligence,” proposals to set guardrails, but not actual legislation, around this emerging technology. “Innovation must be our North Star. And it is SAFE innovation that we must seek.”
WHAT I’M READING
— Risks and harms from the online world will increase at an exponential rate, but the knowledge needed to combat those threats has been increasing within tech companies and across civil society, according to conclusions from a task force looking at trust and safety issues on the internet, overseen by the Atlantic Council.
— Google’s licenses for its “infotainment” services for automakers are not compatible with Germany’s revised antitrust rules that impose stricter obligations on dominant companies like the search giant, based on a decision from the country’s competition authority.
— A comprehensive review of popular messaging apps found a wide variety of security practices, as well as wholesale public misunderstanding about what was considered “encrypted,” argue Justin Hendrix, Cooper Quintin, Caroline Sinders, Leila Wylie Wagner, Tim Bernard, and Ami Mehta for Tech Policy Press. (Full report here.)
— Recent cyberattacks on government agencies and IT providers within Ukraine were directly tied to operatives, known as Cadet Blizzard, associated with Russia’s military intelligence, claims Microsoft in a threat intelligence report.
— A new generation of cross-border data transfer initiatives, and not merely those between the U.S. and the EU, could mark a new era of data sharing that upholds privacy standards while facilitating global trade, suggests Kenneth Propp for the Atlantic Council.
— The use of human subjects to train AI-generated responses led to a significantly improved service (in terms of a chatbot) and allowed for faster tweaks in the underlying model to weed out potential harmful/inappropriate interactions, according to research from a group of AI engineers at Meta.
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Etiopia, lo scandalo del dirottamento e blocco alimentare umanitario per milioni di persone in Tigray
Sono milioni nello stato regionale del Tigray, in Etiopia, a subire le conseguenze di 2 anni di guerra genocida dopo i più 7 mesi dall’ accordo di cessazione ostilitià – ChOA – firmato a Pretoria da governo centrale e TPLF – Tigray People’s Liberation Front il 2 novembre 2022.
Diversi punti fondamentali iscritti nell’accordo di Pretoria oggi sono ancora disattesi. Ad intensificare la catastrofe umanitaria in atto è il blocco da parte di agenzie umanitarie come il WFP e USAID che hanno bloccato il sostegno di supporto alimentare facendo aumentare come conseguenza diretta il numero di morti per fame. Morti silenziose atroci e nel silenzio del resto del mondo.
Il blocco è conseguenza dell’avvio di indagini investigative avviate da parte delle agenzie umanitarie, causa del dirottamento del materiale alimentare destinato a milioni di persone.
Allo scandalo del dirottamento del supporto alimentare in cui sono stati denunciati anche i militari etiopi come parte dei criminali dirottatori del cibo è seguita la risposta giunta il 12 giugno: infatti il ministero della Difesa etiope ha smentito con veemenza le recenti accuse secondo cui le forze di difesa del paese, insieme ad altri organi governativi, sarebbero stati coinvolti in quello che l’USAID ha descritto come:
“uno schema di diversione a livello nazionale” di aiuti alimentari.
Venerdì 9 giugno 2023, Jim Risch, il senatore degli Stati Uniti ha accusato i “leader al vertice” delle organizzazioni umanitarie dopo le rivelazioni sui furti di aiuti alimentari in Etiopia.
“Le agenzie statunitensi sono state impegnate a mettere in luce i loro progressi autoproclamati nel fornire cibo ai bisognosi e porre fine a una guerra che ha distrutto milioni di vite innocenti. Tuttavia, ora sappiamo che i leader al vertice di queste organizzazioni a Washington, New York e Roma erano consapevoli che gli esecutori sul campo non potevano garantire che gli aiuti finissero nelle mani giuste. Aggiunge la beffa al danno che ciò si sia verificato mentre il mondo sperimenta una carenza globale di cibo. Questo è inaccettabile”
Aggiungendo:
“La questione della diversione alimentare è solo una parte di un modello di comportamento con il governo etiope. È sciocco pensare che il governo etiope stia lavorando con noi in buona fede e non possiamo essere ingannati di nuovo. La mancanza di controllo e di guardrail dell’assistenza umanitaria degli Stati Uniti non dovrebbe reggere”.
Lo scandalo del dirottamento alimentare umanitario è stato perpetrato in 8 regioni dell’ Etiopia.
Ci sono milioni di persone che hanno un disperato bisogno di aiuti alimentari nel Tigray. La sospensione dell’assistenza alimentare da parte di USAID e WFP sta già avendo gravi conseguenze per i gruppi vulnerabili, i bambini, gli agricoltori e la pace. Teklehaymanot G. Weldemichel (ተኽላይ) per Devex ne ha fatto un’ analisi.
Nel contempo le morti silenziose in Tigray sono accomunate dal silenzio e mutismo totale dei media in Italia sulla catastrofe umanitaria prodotta dall’uomo e dalla guerra. Ci sono casi di informazione più unici che rari che con la ripubblicazioni di contenuti di articoli anglofoni cavalcano l’onda online del tag e delle parole chiavi per restare ai primi risultati su Google notizie per fini di visibilità, ma non per reale denuncia informativa in tutela del diritto umanitario e degli individui.
La firma dell’accordo di cessazione ostilità ha legittimato i media italiani a non considerare più importante il tema Tigray (non che fosse mediaticamente differente il periodo di 2 anni di pre accordo) che comunque continuano a perpetrare una certa propaganda strumentale e politicizzata, condividendo rumore di fondo chiamato per alcuni anche gossip, break news su migranti, barconi, invasione degli uomini neri dall’Africa in Italia, o di “dirottatori” e “clandestini” (recente caso Crosetto con la nave turca direzionata verso la Francia) senza considerare oggettivamente dati, numeri: l’informazione è tutt’altra cosa di articoli di “procurato allarme”.
Quasi nessuno che si fosse degnato di segnalare l’attività di pulizia etnica denunciata da HRW – Human Rights Watch: 3 media dopo 5 giorni, 5 media nell’arco di 10 giorni
Pulizia etnica perpetrata dalle forze amhara e milizie fano sul popolo del Tigray anche dopo l’accordo di Pretoria.
Approfondimento: Etiopia, la pulizia etnica persiste nonostante la tregua in Tigray
Risultati di ricerca su “Pulizia etnica Etiopia” del 6/6/2023 (5 giorni dopo la pubblicazione del report di HRW
Tigrai TV ha segnalato lunedì 12 giugno 2023, che dalla firma dell’accordo ChOA avvenuta il 2 novembre 2022, oggi si contano (registrati formalmente) 327 sfollati interni morti per fame.
Nel contempo non sapremo mai il numero reale di quante altre persone in disparte e isolate dal resto del mondo in due anni di guerra genocida in Tigray sono morte e stanno morendo di stenti e per mancanza di cibo e cure mediche.
Nel contesto del supporto umanitario in cui dovrebbero essere principalmente le istituzioni governative interne ed internazionali a muoversi per salvare quante più vite possibili dalla fame, dalle malattie ed epidemie per mancanza di acqua o farmaci, sono invece molte più le realtà dietro le quinte, gruppi e collettivi silenziosi sia in loco che nella diaspora che stanno lavorando per salvare e salvarsi come popolo tigrino e come singoli individui.
Ethiopian Reporter mercoledì 14 giugno 2023 segnala che il numero di persone che muoiono a causa della prolungata mancanza di cibo nella regione del Tigray è in aumento e la fame sta peggiorando.
Nel distretto di Samar, che si trova 40 chilometri a sud di Mekelle, negli ultimi 4 mesi sono morte 25 persone e si segnala che 670 bambini sono attualmente in condizioni critiche.
Un giornalista era presente recentemente nella zona e ha osservato che molte madri e bambini dormivano nelle loro case senza cibo e senza potersi muovere.
Un altro giornalista ha dichiarato che c’è un problema peggiore nella città di Tenben (Abi Adi), che si trova a 80 chilometri a nord di Mekele. Soprattutto nella città di Tenben, ci sono circa 50.000 sfollati, il che ha aggravato il problema.
19 dei 10.000 sfollati che si sono rifugiati nei pressi di una scuola della città di Tenben sono morti di fame, e gli sfollati che hanno parlato con il giornalista hanno detto che sono rimasti per mesi senza alcun aiuto.
Tadese Yilma, il coordinatore degli sfollati a Tenbene ha dichiarato:
“Una persona che sta morendo di fame ha sicuramente 19 anni. Diabete, ipertensione e altre malattie non vengono curate. Non c’è alcuna disposizione”.
Il capo del centro sanitario di Tenben (Abi Adi) ha denunciato che sebbene arrivassero più di 50 pazienti ogni giorno, non era possibile fornire alcun trattamento e che non ci sono ambulanze da inviare a Mekelle.
Continua dicendo che in varie aree, soprattutto nei dintorni di Mekelle, il numero di persone che stanno morendo di fame è in aumento e sta andando fuori controllo. Aggiunge che l’amministrazione ad interim del Tigray, IRA, costituita come obblighi dell’accordo di Pretoria, non sta rispondendo alle necessità e ai bisogni delle persone. Ha anche affermato che le autorità del TPLF a Mekelle e nella woreda [distretto] sta cercando di impedire ai media di denunciare e dare visibilità al problema.
Oggi si contano più di 1 milione di sfollati nello stato regionale del Tigray. A rischiare di morire di fame però non sono solo gli IDPs ma anche i civili, le persone che hanno ancora una casa.
“Durante la guerra, la nostra zona era assediata dai soldati eritrei. Hanno distrutto i raccolti. Non hanno lasciato proprietà. Non i sono buoi per arare. Sono passati 5 mesi da quando i nostri aiuti sono stati interrotti”
Lunedì 12 giugno 2023 Tim Vanden Bempt condivide la sua analisi via social:
“L’ultima volta che le persone nel Tigray hanno ricevuto assistenza alimentare è stato 2 mesi fa e solo circa 250.000 dei 5,3 milioni bisognosi sono stati raggiunti nel mese precedente.Sono 2,5 milioni le persone che possono contare sugli altri solo per ricevere cibo (doni, prestiti, elemosina o aiuti alimentari). Non sembra probabile che WFP o USAID riprendano gli aiuti alimentari nelle prossime settimane.
Ciò significa che nei prossimi giorni e settimane le migliaia di bambini e anziani che stanno già bilanciando la linea sottile tra la sopravvivenza e la morte probabilmente soccomberanno alla fame.
Sebbene comprensibile che la deviazione, il furto e la corruzione delle consegne di aiuti debbano essere indagati e che a causa di tale distribuzione sarà temporaneamente sospesa, la durata dell’attuale sospensione crea più vittime del crimine che cerca di prevenire.
E la sospensione degli aiuti alimentari da parte della comunità internazionale rende evidente un altro (e ben peggiore) crimine nel Tigray. Dopo 2 anni di guerra e blocco, il governo etiope non sta ancora fornendo aiuti di emergenza ai milioni di persone che soffrono.
L’IC non ha più scuse per assistere alla campagna di fame del governo etiope. Milioni di persone nel Tigray hanno bisogno di aiuti alimentari e il governo non può più nascondersi dietro ‘ostilità’ per non salvarli. C’è un accordo di pace, ma c’è ancora il genocidi in atto in Tigray [per volontà politiche]”
Tigrai TV martedì 13 giugno 2023 condivide il messaggio e l’ennesimo appello di Abune Tesfaselassie Medhin, vescovo dell’Eparchia di Adigrat, che chiede un’attenzione urgente per gli sfollati interni nel Tigray.
youtube.com/embed/njeNWv_OX0o?…
Ethiopian Reporter riporta la testimonianza di IDP, Tadese Yilma:
“Siamo stati tutti espulsi da Humera e Wolqait. Ci sediamo qui e non c’è aiuto. Se il governo dice che c’è pace, se sgomberiamo [dalle forze esterne Amhara e milizie fano] la nostra terra, vogliamo tornare al nostro villaggio per coltivare e mangiare”
Il ritiro delle forze occupanti (amhara ed eritrei) il Tigray è punto fondamentale del’accordo di tregua però ancora disatteso, diverse truppe eritree sono uscite dalla regione, ma persiste la pesante occupazione amhara nel Tigray occidentale, territorio rivendicato come storico e sotto la sua giurisdizione, zona ancora contesa e in attesa di reale confronto tra le parti (governo centrale, IRA e governo regionale amhara che dovrebbero gestire la situazione secondo ChOA e normativa costituzionale): in questo stato gli IDP e i rifugiati tigrini in Sudan non possono tornare alle loro case.
Tigrai TV domenica 11 giugno 2023 ha indicato che i soldati eritrei stanno occupando ancora 43 scuole nel Tigray orientale.
La catastrofe umanitaria in Tigray per milioni di persone è supportata pesantemente anche dalle conseguenze del cambiamento climatico.
Il campanilismo mediatico politicizzato dello stivale fa sapere al popolo italiano che recentemente le alluvioni hanno attaccato pesantemente l’Emilia Romagna e i suoi residenti, ma si sono dimenticati che anche in altre parti del mondo il cambiamento climatico produce sempre più vittime come in Tigray.
Nell’Africa che l’Italia vede come sinonimo di “migranti”, “barconi”, “l’uomo nero”, “invasori”, e che accostano alla propaganda fascista di Lollobrigida e della “sostituzione etnica”… si muore di sete causa siccità, o perché arriva troppa acqua.
Approfondimento: Report di Amref – Africa per i media italiani è solo guerre, migranti & terrorismo
Tigrai TV segue ed aggiorna costantemente sui problemi sociali ed umanitari di civili e sfollati interni.
Venerdì 9 giugno 2023 denuncia che: “Malnutrizione e strutture mediche inadeguate in Tigray – Donne e madri nel distretto di May-Kinetal muoiono a causa della malnutrizione e di un servizio medico inadeguato.”
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Gli sfollati interni a Shire sono stati colpiti da un’alluvione che ha gettato ancora più in crisi la loro possibilità di sopravvivenza già deteriorata dal quasi nulla che hanno come supporto ed assistenza.
L’ alluvione ha colpito anche il distretto di Asgede, nord est del Tigray: nel campo IDP di Hitsats per sfollati interni si contano 1 morto e 13 feriti.
youtube.com/embed/YP7GEgiJkUs?…
Secondo il giornalista Meles Abadi, l’alluvione, preceduta da forti piogge e tempeste, ha squarciato le tende dove si rifugiano gli sfollati. Il campo degli sfollati interni, un tempo campo profughi per rifugiati eritrei, è stato distrutto dalle forze eritree quando hanno occupato l’area insieme alle forze etiopi nel corso della guerra.
Mercoledì 14 giugno il Gen. della Task Forces dell’ IRA ha denunciato l’implicazione eritrea nel dirottamento di 3000MT (tonnellate metriche) di grano.
Dopo una rapida ricerca confutata da un tweet del WFP Ethiopia si può capire che quelle migliaia di MT di supporto alimentare possono corrispondere approssivativamente a 165 camion: ovviamente dipende da come viene stoccato il materiale
Ogni singolo seme è un aiuto per le persone biognose, ma nel contesto generale 165 camion sono solo una goccia nell’oceano considerando che diversi report parlano di migliaia di camion che non sono mai arrivati a destinazione in Tigray.
Tutte queste evidenze inserite nel contesto che qualcche media definisce post bellico, narrativamente parlando rappresenta una realtà distorta dalle parole utilizzate.
Si può solo formalmente parlare di periodo post bellico perché è stato siglato l’accordo di tregua, obbligato e necessario per poter trovare il tempo necessario per fermare le bombe, ma le tensioni e gli abusi stanno continuando nonostante l’accordo (come evidenziato anche in questo articolo).
Si può solo formalmente parlare di periodo post bellico, ma le persone stanno ancora morendo di fame e stenti, per mancanza di materiale salvavita e supporto sanitario perché è ancora in atto una guerra che dalle bombe e droni si è spostata al livello politico: anche le volontà di indirizzo politico possono essere micidiali per massacrare un popolo, milioni di persone.
L’attenzione per l’attuale catastrofe umanitaria in Tigray per milioni di persone non deve essere dimenticata, nonostante molte realtà anche a livello internazionale stiano cercando di passare oltre per tutelare interessi, nuovi accordi economici e risorse.
L'app IO e i traccianti: le riflessioni di @calamarim (e una sua segnalazione al @GPDP_IT) su quello che sarà wallet europeo delle credenziali degli Italiani e asse portante della digitalizzazione
@Informatica (Italy e non Italy 😁)
«IO è ben nota per contenere tre librerie traccianti, Google Firebase Analytics, MixPanel e Facebook Flipper; li conteneva il 27 settembre del 2022, nella versione 2.15.0.4, e giunta alla versione attuale 2.33.0.2 ancora li contiene.
Per l’appunto, il 27 settembre dell’anno scorso l’alter-ego di Cassandra, mentre cercava di isolare l’app IO usando Shelter, aveva riscontrato quei traccianti, e prontamente fatto una segnalazione via PEC al Garante per la Protezione dei Dati Personali.»
Le comunità Reddit protestano contro le policy sulle app di terze parti
@Informatica (Italy e non Italy 😁)
Alcune delle più grandi community di Reddit, tra cui r/videos , r/reactiongifs , r/earthporn e r/lifeprotips, stanno pianificando di diventare private il 12 giugno a causa dei nuovi prezzi imposti agli sviluppatori di app di terze parti per accedere alle API del sito. Impostare un subreddit su privato, ovvero "diventare oscuro", significherà che le comunità partecipanti saranno inaccessibili al pubblico più ampio mentre si svolge la prevista protesta di 48 ore.
Come spiega un post di Reddit sulla protesta, che da allora è stato inviato in modo incrociato a diversi subreddit partecipanti:
> Il 12 giugno, molti subreddit si oscureranno per protestare contro questa politica. Alcuni torneranno dopo 48 ore: altri scompariranno definitivamente a meno che il problema non venga affrontato adeguatamente, dal momento che molti moderatori non sono in grado di svolgere il lavoro che svolgono con i poveri strumenti disponibili tramite l'app ufficiale. Questo non è qualcosa che nessuno di noi fa alla leggera: facciamo quello che facciamo perché amiamo Reddit e crediamo davvero che questo cambiamento renderà impossibile continuare a fare ciò che amiamo.
Non c’è alcun materiale didattico che una Università pubblica (ma questo vale similmente per la Scuola) non possa produrre da sola, senza alcuna necessità di cederne i diritti ad editori privati
@Pirati Europei
Open science: libri didattici aperti. Un servizio per gli studenti
Invece che far pagare libri scritti da altri docenti universitari, ha più senso che le Università incentivino la autoproduzione di materiale didattico, mediante le proprie University Press, e magari dando qualche bonus (in ore di didattica o periodi di sabbatico) ai docenti che si impegnino a scrivere un manuale per il proprio corso. Idealmente, un corso universitario dovrebbe offrire gratuitamente tutto il materiale didattico, e tarare questo materiale sullo specifico insegnamento. Non c’è alcun materiale didattico che una Università pubblica (ma il discorso vale similmente per la Scuola) non possa produrre da sola, senza alcuna necessità di cederne i diritti ad editori privati.
Abbiamo chiesto a Giovanni Puccetti*, professore ordinario di Metodi Matematici dell’Economia e delle Scienze Attuariali e Finanziarie come e perché ha deciso di produrre un libro didattico open access e se secondo lui questa esperienza sarebbe esportabile in altre discipline.
]L'intervista completa è su ROARS[/url]
Ethiopia, ethnic cleansing persists despite the truce in Tigray
In Tigray, Ethiopia, abuses and violence continue after 2 years of genocidal war that began on 4 November 2020 and was formally stopped by the cessation of hostilities by signing an agreement in Pretoria between the central government and members of the TPLF on 3 November 2022
- Local authorities and Amhara forces in Western Tigray Zone in northern Ethiopia have continued an ethnic cleansing campaign against Tigrayans since the November 2, 2022, truce agreement.
- The Ethiopian government should suspend, investigate, and appropriately prosecute security forces and officials implicated in serious rights abuses in Western Tigray.
- International law provides that people forcibly removed from their homes have the right to return. However, the current context in Western Tigray is not conducive for voluntary, safe, and dignified returns.
These 3 points are the incipit highlighted by the recent report by HRW – Human Rights Watch
“The November truce in northern Ethiopia has not brought about an end to the ethnic cleansing of Tigrayans in Western Tigray Zone,” said Laetitia Bader, deputy African director at Human Rights Watch. “If the Ethiopian government is really serious about ensuring justice for abuses, then it should stop opposing independent investigations into the atrocities in Western Tigray and hold abusive officials and commanders to account.”
Interviews and testimonies collected by HRW reveal that internally displaced Tigrayans in western Tigray occupied by Amhara forces and former Tigrayan prisoners illegally arrested and detained in inhumane conditions and in abuse of international humanitarian law are still seeking justice for the posthumous violence.
Displacements during the war today have turned into a policy of ethnic replacement by the Amhara, trying to erase the identity of the Tigrinya people in the occupied areas by inducing them to exchange new identity documents with Amahara instead of Tigrinya.
On 6 May 2023 the testimony of Sister Laura, during the dinner of the Amici di Adwa ONLUS, spoke of the constant work of the Salesian mission in Adwa and of the medical and health support for adults and children thanks to the Kidane Mehret hospital, one of the few who have been miraculously active, even if with almost no sanitary materials and medicines for more than 2 years.
youtube.com/embed/JO6xd05vqQU?…
On 11 May 2023, the AU – African Union Verification and Compliance Monitoring Mission (MVCM) was denied entry into Irob District by Eritrean forces at a checkpoint in Sobeya, Eastern Tigrai.
The AU did not comment to TigraiTV which released the news, but a source who wished to remain anonymous but briefed on the facts and part of the monitoring team testified that according to him the AU has the information from the publication.
“We have also reported that we are not safe traveling, there is practically nobody protecting us, I am thankful the Eritrean troops left us with no harm”
According to the source, the AU monitoring team has planned to launch a patrol in Humera, West Tigrai on June 6, 2023. However, he noted that unsafe movements will negatively impact the monitoring process.
“We are not safe. besides we are not allowed to appear on the media”
On May 19, 2023, Roland Kobia, Ambassador for Europe to Ethiopia, paid the first formal visit of a Western representative, 7 months after the Pretoria Agreement, to an IDP camp in Shire, Tigray, reporting it via Twitter and thanking UNHCR Ethiopia and its partners for their work towards internally displaced persons.
Even today, on the date of publication of this study on June 2, 2023, transparency on objective and updated data on the IDP camps by the international humanitarian agencies in charge is slow.
On May 23, 2023, the IDPs, internally displaced in Tigray, demonstrate to claim their rights, today too many still abandoned and at the mercy of events. Peaceful demonstrations in several cities of Tigray: Abyi Adi, Adigrat, Adwa, Axum, Mekelle, Shire…
A sign in Mekelle read:
“We want to farm and live; we don’t want to continue waiting for aid”
The real activity of ethnic replacement is not the one denounced by the Italian Minister Lollobrigida who causes alarmism by intimidating the invasion of Italy by African migrants, but should learn what “ethnic replacement” really means by updating with the real and current facts that are taking place by political will in Ethiopia today.
Another protester warned against “the illegal act of demographic change in western Tigray” by Amhara state. (report reported by TGHAT)
On 25 May 2023 Eritrean troops in Tigray blocked a mission led by UNOCHA Deputy Chief of Ethiopia consisting of UNOCHA, UNDSS, WHO and other NGOs which were barred from entering Gemhalo village in Tahtay woreda [district] Adiyabo.
The mission was stalled after it traveled 16km from Sheraro around Waela-Nihbi. Eritrean forces are located in Tigray a short distance from Sheraro, occupying five kebeles [neighborhoods] in Tahtay-Adiyabo woreda [district] (source CNN)
On May 26, 2023 Goyteom Gebreegziabher shares map of inaccessible schools in Tigray:
“Inaccessible schools of #Tigrai. 548 (23%) schools of #Tigrai is still #inaccessible, due to invaded by (318) and Amhara (230) forces. The # of schools in Central (13), Eastern (46), North West (97), Southern (151) and Western (219) Tigrai.”
Inaccessible schools in Tigray occupied by Amhara and Eritrean forces – Ethiopia
On May 26, 2023 Woldegiorgis G.Hiwot denounces and shares a photo of an ID:
“AmharaState is settling people in areas ethnic Tigrayans have been cleansed by its barbaric militants. It has been forcing the remaining Tigrayans to change their identities to Amharas. It’s distributing ID_Cards in Amharic in the Raya_Tigray, as it did in the Western_Tigray.”
Identity card in Amharic as a demographic cleansing and repression of the people of Tigray
On the other hand, with regard to the pursuit of justice for all the victims of the genocidal war in Tigray, the USA and Europe have swept the mission of pursuing this goal like dust under the carpet: justice which is the cornerstone towards peace.
In fact, the Pretoria agreement is a very important cessation of hostilities agreement to silence the weapons, but to be considered a stop-gap solution as a truce to recover time in seeking real ways to rebuild Tigray and the society in Ethiopia which is now so flawed that it is not known how many more generations must pass to be able to recover perhaps a minimum of stability.
Several observers have accused this agreement as agreed and instilled at the table by senior US officials who have been passed off as mere observers of the negotiations mediated by the African Union: for some, however, it seems and hypothesizes instead they were the architects of the first drafts of the truce plan and cessation of hostilities.
A not so improbable hypothesis given the world war between the super powers, the cold war between the USA and Russia and all their allies, whose balance is increasingly evident is Africa for its resources.
In fact, the HRW report underlines how:
While the European Union, the United States, and other international partners have said that justice is a priority in Tigray, they are falling short of identifying explicit or concrete benchmarks for accountability for the atrocities against Tigrayans in Western Tigray, despite the near absence of independent investigations there to date, Human Rights Watch said. Instead, since the signing of the truce, many governments have sought a rapprochement with Ethiopian federal authorities rather than seeking tangible progress on accountability. In April, the EU Foreign Affairs Council adopted formal conclusions on its future engagement with Ethiopia but did not address the lack of progress on justice, including in Western Tigray.
If during the genocidal war the Italy of former foreign minister Luigi Di Maio was slow to wait, that of the current Meloni government wasted no time in donating 182 million euros as three-year loans to support stability and economic development in the agro chain Ethiopian food by signing agreements with the Ethiopian government implicated in war crimes and crimes against humanity.
Economic agreements for international cooperation projects are the mask of neo-colonialism which is a transversal dynamic to the political color of the left or right, but a neo-colonial system which uses hard currency to grab the resources of rich Africa subjugated and enslaved by the capitalist system.
The truce agreement is nothing against silent death (by starvation), injustice and the political will to maintain the status quo and power
The 3 fundamental requests shared by the international community at the beginning of the war since the end of 2020, which appealed to frontline forces, even 7 months after the signing of the Pretoria agreement in November 2022, are still disregarded.
- Withdrawal of the external forces occupying Tigray
- Widespread humanitarian aid and support for all people in serious medical, health, food and psychological need;
- justice for all victims;
I posted this photo exactly 2 years ago, May 2021!!!Io sto con il Popolo del Tigray – voglio stare dalla parte delle persone che soffrono
Africa to Africans, but it’s known that capitalism is stronger and it’s the new colonialism that produces slavery
Joe Biden’s USA organized the Africa Leaders Summit in Washington between December 13 and 15, 2022 to pamper the various African governors, including Ethiopia which had previously excluded from the AGOA for obvious reasons given the criminal war actions which did not formally align with the statute of economic agreements.
Ukraine and Russia have not stood idly by and have ceaselessly cultivated relations and new agreements in Africa during and after the war.
A fact that confirms the thirst to procure new resources from a rich continent such as Africa, but still subject to the economic yoke, a new tool of soft-colonialism, neo-colonialism that produces new slaves.
On 24 May 2023, the declarations of the Minister of Foreign Affairs in Italy Antonio Tajani declaring that “The priority of Italian foreign policy is Africa” (full article)
On May 27, 2023 The Reporter reports that Dmytro Kuleba, Foreign Minister of Ukraine visited Morocco, Ethiopia and Rwanda with the aim of building Ukraine’s economic partnerships in Africa, with Ethiopia as one of its most significant trading partners on the continent.
According to the State Statistics Agency of Ukraine, Ukraine and Ethiopia traded $285 million worth of goods and services as of December 31, 2021, with Ukraine importing $7 million and exporting $278 million in the 2021.
On May 29, 2023, Russian Foreign Minister Sergei Lavrov flies to Kenya and shakes hands with President Ruto.
On the same day Salsay Weyane Tigrai (SaWeT), political opposition in Tigray, denounces that in the last 10 days alone the Amhara forces have killed 20 people of the Tigray ethnic group in the area of western Tigray they are occupying.
On 30 May 2023, the Russian Min. Lavrov will meet his counterpart from Burundi, Albert Shingiro.
On the same day Moscow instead welcomes the visit of the dictator of Eritrea Isaias Afwerki welcomed at the invitation of the last tsar, Vladimir Putin: both share the same thirst for power. The two despots united by being invaders and instigators of war crimes and crimes against humanity through their armies that have occupied and invaded other countries, the first Ukraine and the second the regional state of Tigray in Ethiopia. The previous days, Isaias Afwerki had visited President Xi Jinping in China.
At the same time, the USA issues the communiqué through the Department of State:
“US Ambassador Mike Hammer, Special Envoy for the Horn of Africa (#SEHOA), will travel May 31-June 6 to #Djibouti and #Ethiopia
In Ethiopia, Ambassador Hammer will meet with African Union officials on the implementation of the November 2, 2022 #Tigray Cessation of Hostilities Agreement (#COHA).
He will discuss progress and priorities, including transitional justice efforts and accountability, as well as disarmament, demobilization and reintegration planning, with Ethiopian government officials in #AddisAbaba and the Interim Regional Administration of the Tigray to #Mekele”
People don’t eat money
Economic stability is important for a country’s development, but it is only part of the solution.
In fact, despite the fact that the West led by the USA, and Europe to follow, is trying to get back on the path of economic agreements, putting justice for the hundreds of thousands of war victims into the background, people are still dying of hunger.
On May 26, 2023 on the Youtube channel of Barbascura X, a character known as a chemist and scientific popularizer, had started a fundraising live for UNHCR Italy linked to the activities to combat climate change, drought and developing countries.
Noteworthy are the words as testimony of the guest and employee of UNHCR Italy present in Addis Ababa who declared:
“Last year [2022] for example, as UNHCR we did not provide even half of the basic needs [for people] because we did not receive enough funds and now with the outbreak of the Sudan crisis more refugees are arriving [in Ethiopia]”
On May 29, 2023, the complaint of Ayder Hospital in Mekelle, capital of the regional state of Tigray which declared:
“New admissions due to malnutrition is increasing in #AyderHospital. A 28% increament from March to April alone is observed. We call upon humanitarian organizations to resume their services to save life.”
In a recent move that has sparked controversy, the World Food Program (WFP) and the State Agency for International Development (USAID) suspended aid delivery to Tigray due to reports of looting and theft. (full article)
With regard to the funds destined for the humanitarian sector towards developing countries such as those in Africa, the analysis and complaint by Sara Harcourt, Senior Policy Director of ONE is peculiar (full article):
“Billions of dollars for developing countries have never left donor countries.”
On May 30, 2023, Spanish journalist Ximena Borrazas shares a photo with an equally alarming report:
Il 30 maggio 2023 la giornalista spagnola Ximena Borrazas condivide una foto con una segnalazione altrettanto allarmante:
“Hunger queues.
At the Don Bosco school and humanitarian aid centre, hundreds of women with children and babies crowded the street waiting to receive soup to treat child malnutrition.
These children depend on this institution for food.
#TigrayWar #TigrayGenocide #Aid4Tigray #HumanRights #Etiopia”Copyright of Ximena Borrazas
On May 31, analyst Duke Burbridge points out:
“Day 62 of the suspension of food aid to #Tigray by @WFP
and @USAID
Appeals to good practices and do no harm are ignored.
No transparency. No updates.
Just two agencies frozen in failure while innocent families starve to death. #Aid4Tigray”
On the same day, news came out that Ethiopian Airlines, the first Ethiopian airline, faces a lawsuit for blocking the travel of Tigrayans. The passengers, reports The Guardian, accuse the airline of refusing to sell tickets to people of the ethnic minority to fly from the regional state of Tigray to Addis Ababa.
While a few days earlier, precisely on May 27, 2023, The Reporter reported that the same Ethiopian airline denounced for acts of ethnic repression was making agreements with the e-commerce giants, the Chinese Alibaba and Amazon:
“Ethiopian Airlines Group is set to launch a cutting-edge global e-commerce enterprise, in partnership with e-commerce giants Alibaba and Amazon, among other collaborators.Located adjacent to the cargo terminal at Bole International Airport, ET’s e-commerce hub is nearing completion, with a staggering construction cost of USD 50 million.”
On June 1, 2023, the Spanish photographer Ximena Borrazas brings her direct testimony from Tigray regarding the IDPs and the survival conditions of the internally displaced persons she was able to visit, a cry of denunciation towards the rich West:
“During the two weeks I spent documenting the humanitarian crisis in Tigray, I visited Mekele, Abi Adi, Adwa, Axum and Samre. I interviewed dozens of IDPs in IDP centres and also in hospitals.One thing that really struck me: the big international NGOs drive around the city in 4×4 vehicles costing more than €40,000, but I don’t know what they are doing there because the reality is that they cut off humanitarian aid supplies four months ago!
The refugee camps are SHAME. They have thousands of people living in subhuman conditions; no electricity, no water, no gas, no toilets, no food, no medicine.
The lucky ones have a miserable old dirty mattress to sleep on, otherwise they have to improvise and build a bed out of stones. I mean, pregnant women, children, babies and old people sleep in these beds!
We have NO FUCKING idea in Europe what it is like to be in need, what it is like to wish for the day to die so as not to suffer any more for not having enough to eat and not having the strength to go out and look for food.
It is very sad to see how for one part of the world there is everything but for the other part of the world, the part that is always in the shadow of the international press, there is nothing.”
Copyright of Ximena Borrazas
Not only mainstream information in Italy, but also the information that stands as a champion of the last and to give a voice to those who have no voice dictated by “right-thinking” and “respectable people” has forgotten Tigray after the watershed dated November 2022 (Pretoria agreement). In fact among the many “forgotten crises” they are also forgotten by those journalists who have proclaimed themselves champions of justice through articles, updates and analyzes and who in doing so lose even that minimum of credibility.
The Tigrinya diaspora in Italy and its multiple appeals had been snubbed and ignored during the period of the genocidal war by the government. The appeal signed by the diaspora and by civil society and formally sent to the Farnesina, to the office of the Ministry of Foreign Affairs is still awaiting a response from the Italian government offices.
The diaspora, given the recent violence, criminal choices due to the political will of the food support block, blocks for the occupation of the Eritrean and Amhara forces in Tigray, has decided to organize a demonstration on June 7, 2023 in front of the FAO headquarters in Rome to to reaffirm the call for justice for war victims and to enforce the cessation of hostilities agreement and its points.
Below are the links to the services of Tigray TV which denounces the humanitarian crisis in Tigray for millions of people that seems to have no end, but forgotten by the world, out of convenience or ignorance.
- Absence of Medication —- 118 have died since October, Maykinetal district administrator
- Pensioners’ plight —- Pensioners in Mekelle plea for urgent solution
- Elders in Hunger —- Suspension of food aid lays 65 years old woman out in streets in Mekelle.
- Destruction of Hagereselam Primary School —– Hagereselam Primary School faced destruction due to bombardment of heavy artilleries, School Director
- Rape by Eritrean Forces in Tigrai — A 26 year old woman from Fatsi, Eastern Tigrai, says she was raped by Eritrean Forces in front of her little children as rape stories continue to uncover
- Interruptions in electric power — “We are unable to restore electric utilities due to lack of supplies” regional communication manager of EEU
- Residents of Irop [Irob], Eastern Tigray are suffering from hunger in the hands of Eritrean forces
- Malaria outbreak in Zana —- Malaria patients in northwestern Tigray suffering due to absence of medication.
- Shortage of School Equipment —- Students in Tigrai struggle to compensate missed classes
Etiopia, la pulizia etnica persiste nonostante la tregua in Tigray
In Tigray, Etiopia, abusi e violenze continuano dopo 2 anni di guerra genocida iniziata il 4 novembre 2020 e fermata formalmente dalla cessazione ostilità siglando un accordo a Pretoria tra governo centrale e membri del TPLF il 3 novembre 2022
- Le autorità locali e le forze Amhara nella zona del Tigray occidentale nell’Etiopia settentrionale hanno continuato una campagna di pulizia etnica contro i tigrini dall’accordo di tregua del 2 novembre 2022.
- Il governo etiope dovrebbe sospendere, indagare e perseguire adeguatamente le forze di sicurezza e i funzionari implicati in gravi violazioni dei diritti nel Tigray occidentale.
- Il diritto internazionale prevede che le persone allontanate con la forza dalle loro case abbiano il diritto di tornare. Tuttavia, l’attuale contesto nel Tigray occidentale non è favorevole a rimpatri volontari, sicuri e dignitosi.
Questi 3 punti sono l’incipit evidenziati dal recente report di HRW – Human Rights Watch
Laetitia Bader, vicedirettore africano di Human Rights Watch, ha affermato:
“La tregua di novembre nel nord dell’Etiopia non ha posto fine alla pulizia etnica dei tigrini nella zona del Tigray occidentale. Se il governo etiope è davvero serio nel garantire giustizia per gli abusi, allora dovrebbe smettere di opporsi a indagini indipendenti sulle atrocità nel Tigray occidentale e tenere conto di funzionari e comandanti violenti”
Le interviste e le testimonianze raccolte da HRW rivelano che gli sfollati interni tigrini nel Tigray occidentale occupato dalle forze amhara e gli ex prigionieri tigrini arrestati illegalmente e detenuti in condizioni disumane e in abuso del diritto umanaitario internazionale, ancora oggi cercano giustizia sulle violenze subìte a postumi.
Gli sfollamenti durante la guerra oggi si sono trasformati in una politica di sostituzione etnica da parte amhara, cercando di cancellare l’identità del popolo tigrino nelle zone occupate inducendoli al cambio di nuovi documenti di identità dalle diciture amahara invece che tigrino.
Il 6 maggio 2023 la testimonianza di Suor Laura, durante la cena degli Amici di Adwa ONLUS, parla del costante lavoro della missione salesiana ad Adwa e del supporto medico sanitario ad adulti e bambini grazie all’ospedale Kidane Mehret, uno dei pochi miracolati e rimasti attivi, anche se con quasi alcun materiale igienico sanitario e medicinali per più di 2 anni.
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L’11 maggio 2023 alla Missione di monitoraggio di verifica e conformità (MVCM) dell’UA – Unione Africana è stato negato l’ingresso nel distretto di Irob dalle forze eritree a un posto di blocco a Sobeya, nel Tigrai orientale.
L’UA non ha rilasciato dichiarazioni a TigraiTV che ha diffuso la notizia, ma una fonte che ha voluto rimanere anonima ma informata sui fatti e parte del team di monitoraggio ha testimoniato che secondo lui l’UA ha le informazioni dalla pubblicazione.
“Abbiamo anche riferito che non viaggiamo sicuri, praticamente nessuno ci protegge, sono grato che le truppe eritree ci abbiano lasciato senza danni”
Secondo la fonte il team di monitoraggio dell’UA ha programmato di lanciare una pattuglia a Humera, nel Tigrai occidentale, il 6 giugno 2023. Tuttavia, ha notato che i movimenti non sicuri avranno un impatto negativo sul processo di monitoraggio.
“Non siamo al sicuro. inoltre non ci è permesso apparire sui media”
Il 19 maggio 2023 Roland Kobia, ambasciatore per l’Europa in Etiopia, ha effettuato la prima visita formale di un rappresentante dell’ occidente, dopo 7 mesi dall’accordo di Pretoria, in un campo IDP a Shire, in Tigray segnalandolo via Twitter e ringraziando UNHCR Ethiopia e i suoi partner per l’operato verso gli sfollati interni.
Ancora oggi, in data di pubblicazione di questo approfondimento del 2 giugno 2023, trasparenza su dati oggettivi ed aggiornati sui campi IDP da parte delle agenzie umanitarie internazionali preposte si fanno attendere.
Il 23 maggio 2023 gli IDP, sfollati interni in Tigray manifestano per rivendicare i loro diritti, oggi ancora troppi abbandonati e in balia degli eventi. Manifestazioni pacifiche in diverse città del Tigray: Abyi Adi, Adigrat, Adwa, Axum, Mekelle, Shire…
In un cartello a Mekelle si è letto:
“Vogliamo coltivare e vivere; non vogliamo continuare ad aspettare aiuti”
La vera attività di sostituzione etnica non è quella denunciata dal Ministro italiano Lollobrigida che procura allarmismo intimando l’invasione dell’Italia da parte dei migranti africani, bensì dovrebbe imparare cosa significhi veramente “sostituzione etnica” aggiornandosi con i fatti reali ed attuali che stanno avvenendo per volontà politica in Etiopia oggi.
Un altro manifestante ha messo in guardia contro: “l’atto illegale di cambiamento demografico nel Tigray occidentale” da parte dello stato di Amhara. (segnalazione riportata da TGHAT)
Il 25 maggio 2023 le truppe eritree in tigray hanno bloccato una missione guidata dal vice capo UNOCHA dell’Etiopia composta da UNOCHA, UNDSS, OMS e altre ONG a cui è stato vietato l’ingresso nel villaggio di Gemhalo nella woreda [distretto] di Tahtay Adiyabo.
La missione è stata bloccata dopo che ha viaggiato per 16 km da Sheraro intorno a Waela-Nihbi. Le forze eritree si trovano nel Tigray a breve distanza da Sheraro, occupando cinque kebeles [quartieri] in Tahtay-Adiyabo woreda [distretto] (fonte CNN)
Il 26 maggio 2023 Goyteom Gebreegziabher condivide la mappa delle scuole inaccessibili in Tigray:
“548 (23%) scuole del #Tigrai è ancora inaccessibile, a causa dell’invasione delle forze eritree (318) e Amhara (230). Il numero di scuole nel Tigrai centrale (13), orientale (46), nord-occidentale (97), meridionale (151) e occidentale (219).”Scuole inaccessibili in Tigray occupate dalle forze amhara ed eritree – Etiopia
Il 26 maggio 2023 Woldegiorgis G.Hiwot denuncia e condivide la foto di un ID:
“Lo stato di Amhara sta insediando persone in aree di etnia tigrina che sono state ripulite [etnicamente] dai suoi barbari militanti. Ha costretto i restanti tigrini a cambiare la loro identità in amharas. Sta distribuendo carte d’identità in amarico nella woreda Raya [Tigray meridionale], come ha fatto nel Tigray occidentale.”
Carta di identità in amarico come pulizia demografica e repressione del popolo del Tigray
D’altro canto riguardo al perseguimento di giustizia per tutte le vittime della guerra genocida in Tigray, USA ed Europa hanno messo come polvere sotto il tappeto la missione di perseguimento di tale obiettivo: giustizia che è la colonna portante verso la pace.
L’accordo di Pretoria infatti è un accordo di cessazione ostilità importantissimo per far tacere le armi, ma da considerarsi una soluzione tampone come tregua per recuperare tempo nel cercare reali vie per la ricostruzione del Tigray e della società in Etiopia che ormai è talmente incrinata che non si sa quante altre generazioni debbano passare per riuscire a recuperare forse un minimo di stabilità.
Diversi osservatori hanno imputato questo accordo come concordato e instillato a tavolino da alti funzionari USA che sono stati fatti passare come meri osservatori dei negoziati mediati dall’Unione Africana: per qualcuno però sembra ed ipotizza invece siano stati gli artefici delle prime bozze del piano di tregua e cessazione ostilità.
Un’ipotesi nemmeno tanto improbabile visto la guerra mondiale tra le super potenze, la guerra fredda tra USA e Russia e tutti i loro alleati, il cui ago della bilancia è sempre più eveidente sia l’Africa per le sue risorse.
Nel report di HRW infatti viene sottolineato come:
“Sebbene l’Unione europea, gli Stati Uniti e altri partner internazionali abbiano affermato che la giustizia è una priorità nel Tigray, non riescono a identificare parametri di riferimento espliciti o concreti per la responsabilità delle atrocità contro i tigrini nel Tigray occidentale, nonostante la quasi assenza di autorità indipendenti indagini lì fino ad oggi, ha detto Human Rights Watch. Invece, dalla firma della tregua, molti governi hanno cercato un riavvicinamento con le autorità federali etiopi piuttosto che cercare progressi tangibili in materia di responsabilità. Ad aprile, il Consiglio Affari esteri dell’UE ha adottato conclusioni formali sul suo futuro impegno con l’Etiopia, ma non ha affrontato la mancanza di progressi in materia di giustizia , anche nel Tigray occidentale.”
Se durante la guerra genocida l’Italia dell’ ex ministro degli esteri Luigi Di Maio si è fatta attendere, quella dell’attuale governo Meloni non ha perso tempo per elargire 182 milioni di euro come finanziamenti triennali per supportare stabilità e sviluppo economico nella filiera agro alimentare etiope siglando accordi con il governo etiope implicato in crimini di guerra e contro l’umanità.
Gli accordi economici per progetti di cooperazione internazionale sono la maschera del neo colonialismo che è dinamica trasversale al colore politico di sinistra o destra, ma sistema neo colonialista che usa la moneta sonante per accapparrarsi le risorse della ricca Africa soggiogata e schiava del sistema capitalistico.
L’accordo di tregua non può nulla contro la morte silenziosa (per fame), l’ingiustizia e le volontà politiche per mantenere status quo e potere
Le 3 richieste fondamentali condivise dalla comunità internazionale all’ inizio della guerra dalla fine del 2020, che facevano appello alle forze in prima linea, anche dopo 7 mesi dalla sigla dell’accordo di Pretoria del novembre 2022, sono ancora disattese.
- Ritiro delle forze esterne occupanti il Tigray
- Aiuti e supporto umanitario capillare e per tutte le persone in grave stato di bisogno medico sanitario, alimentare e psicologico;
- giustizia per tutte le vittime;
Questa foto l’ho pubblicata esattamente 2 anni fa, maggio 2021!!!Io sto con il Popolo del Tigray – voglio stare dalla parte delle persone che soffrono
L’Africa agli africani, ma si sa che il capitalismo è più forte ed è il nuovo colonialismo produttore di schiavitù
Gli USA di Joe Biden ha organizzato l’ Africa Leaders Summit a Washington tra il 13 e il 15 dicembre 2022 per coccolarsi i vari governatori africani, tra cui l’Etiopia che aveva precedentemente escluso dall’ AGOA per ovvi motivi visto le azioni criminose di guerra che non si allineavano formalmente allo statuto degli accordi economici.
Ucraina e Russia non sono rimasti a guardare ed hanno incessantemente coltivato relazioni e nuovi accordi in Africa durante e post guerra.
Un fatto che conferma la sete si procacciarsi nuove risorse da un continente ricco qual è l’Africa, ma ancora assoggettato al giogo economico, nuovo strumento di soft-colonialism, neo colonialismo che produce nuovi schiavi.
Il 24 maggio 2023 le dichiarazioni del Ministro degli esteri in Italia Antonio Tajani dichiarante che “La priorità della politica estera italiana è l’Africa” (articolo completo)
Il 27 maggio 2023 The Reporter segnala che Dmytro Kuleba, Ministro degli Esteri ucraino ha fatto visita in Marocco, Etiopia e Ruanda con l’obiettivo di costruire partenariati economici dell’Ucraina in Africa, con l’Etiopia come uno dei suoi partner commerciali più significativi nel continente.
Secondo l’Agenzia statale di statistica dell’Ucraina, Ucraina ed Etiopia hanno scambiato beni e servizi per un valore di 285 milioni di dollari al 31 dicembre 2021, con l’Ucraina che ha importato 7 milioni di dollari ed esportato 278 milioni di dollari nel 2021.
Il 29 maggio 2023 il Ministro degli Esteri della Russia Sergei Lavrov vola in Kenya e stringe la mano al presidente Ruto.
Lo stesso giorno Salsay Weyane Tigrai (SaWeT), opposizione politica in Tigray, denuncia che solo negli ultimi 10 giorni le forze amhara hanno ucciso 20 persone di etnia tigrina nell’area del Tigray occidentale che stanno occupando.
Il 30 maggio 2023 il Min. russo Lavrov si vedrà al cospetto della controparte del Burundi, Albert Shingiro.
Lo stesso giorno Mosca invece accoglie la visita del dittatore dell’Eritrea Isaias Afwerki accolto su invito dell’ultimo zar, Vladimir Putin: tutti e due accomunati dalla stessa sete di potere. I due despoti accomunati dalll’ essere invasori e mandanti di crimini di guerra e contro l’umanità attraverso i loro eserciti che hanno occupato e invaso altri Paesi, il primo l’Ucraina e il secondo lo stato regionale del Tigray in Etiopia. I giorni precedenti Isaias Afwerki aveva fatto visita al presidente Xi Jinping in Cina.
In concomitanza gli USA emanano il comunicato tramite il Dipartimento di Stato:
“L’ambasciatore USA Mike Hammer, inviato speciale per il Corno d’Africa (#SEHOA), viaggerà dal 31 maggio al 6 giugno a #Gibuti e in #Etiopia
In Etiopia l’ambasciatore Hammer incontrerà i funzionari dell’Unione africana sull’attuazione dell’accordo sulla cessazione delle ostilità in #Tigray del 2 novembre 2022 (#COHA).
Discuterà i progressi e le priorità, compresi gli sforzi per la giustizia di transizione e la responsabilità, nonché la programmazione del disarmo, della smobilitazione e del reinserimento, con i funzionari del governo etiope ad #AddisAbeba e con l’Amministrazione regionale ad interim del Tigray a #Mekele”
Le persone non mangiano soldi
La stabilità economica è importante per lo sviluppo di un Paese, ma è solo una parte della soluzione.
Infatti nonostante l’occidente guidato dagli USA, ed Europa a seguire, stia cercando di riprendere la via degli accordi economici mettendo in secondo piano la giustizia per le centinaia di migliaiai di vittimie di guerra, le persone stanno ancora morendo di fame.
Il 26 maggio 2023 sul canale Youtube di Barbascura X, personaggio noto come chimico e divulgatore scientifico, aveva avviato una live per la raccolta fondi per l’ UNHCR Italia legato alle attività di contrasto del cambiamento climatico, siccità e paesi in via di sviluppo.
Degne di nota sono le parole come testimonianza della ospite e dipendente dell’ UNHCR Italia presente ad Addis Abeba che ha dichiarato:
“Lo scorso anno [2022] per esempio, come UNHCR non abbiamo provveduto nemmeno alla metà dei bisogni basici [per le persone] perché non abbiamo ricevuto fondi sufficienti ed ora con lo scoppio della crisi del Sudan stanno arrivando altri rifugiati [in Etiopia]”
Il 29 maggio 2023 la denuncia dell’Ayder Hospital di Mekelle, capitale dello stato regionale del Tigray che ha dichiarato:
“I nuovi ricoveri per malnutrizione sono in aumento nell’ #AyderHospital . Solo per i mesi di marzo ed aprile si osserva un aumento del 28%. Chiediamo alle organizzazioni umanitarie di riprendere i loro servizi per salvare vite umane.”
In una recente mossa che ha suscitato polemiche, il Programma Alimentare Mondiale (WFP) e l’Agenzia Statale per lo Sviluppo Internazionale (USAID) hanno sospeso la consegna degli aiuti al Tigray a causa di denunce di saccheggi e furti. (articolo completo)
Riguardo ai fondi destinati al comparto umanitario verso i paesi in via di sviluppo come quelli in Africa, peculiare è l’analisi e la denuncia da parte di Sara Harcourt, Senior Policy Director di ONE (articolo completo):
“Miliardi di dollari per i Paesi in via di sviluppo non hanno mai lasciato i paesi donatori.”
Il 30 maggio 2023 la giornalista spagnola Ximena Borrazas condivide una foto con una segnalazione altrettanto allarmante:
“Code per la fame
Alla scuola Don Bosco e al centro di aiuto umanitario [in Tigray], centinaia di donne con bambini e neonati hanno affollato la strada in attesa di ricevere la minestra per curare la malnutrizione infantile.
Questi bambini dipendono da questa istituzione per il cibo.
#TigrayWar #TigrayGenocide #Aid4Tigray #HumanRights #Etiopia”Copyright di Ximena Borrazas
Il 31 maggio l’analista Duke Burbridge sottolinea:
“Giorno 62 della sospensione degli aiuti alimentari al #Tigray da parte di WFP e USAID.Gli appelli alle buone pratiche e al non nuocere vengono ignorati. Nessuna trasparenza. Nessun aggiornamento.
Solo due agenzie congelate nel fallimento mentre famiglie innocenti muoiono di fame. #Aid4Tigray”
Lo stesso giorno esce la notizia che l’Etiopian Airlines, la prima compagnia aerea etiope, affronta una causa legale per aver bloccato i viaggi dei tigrini. I passeggeri, fa sapere il The Guardian, accusano la compagnia aerea di rifiutarsi di vendere biglietti a persone della minoranza etnica per volare dallo stato regionale del Tigray ad Addis Abeba.
Mentre qualche giorno prima, precisamente il 27 maggio 2023 The Reporter segnalava che la stessa compagnia aerea etiope denunciata per atti di repressione etnica stringeva accordi con i colossi dell’ e-commerce, il cinese Alibaba e Amazon:
“Ethiopian Airlines Group è pronta a lanciare un’impresa di e-commerce globale all’avanguardia, in collaborazione con i giganti dell’e-commerce Alibaba e Amazon, tra gli altri collaboratori.Situato accanto al terminal merci dell’aeroporto internazionale di Bole, l’hub di e-commerce di ET è in fase di completamento, con un costo di costruzione sbalorditivo di 50 milioni di dollari.”
L’ 1 giugno 2023 la fotografa spagnola Ximena Borrazas porta la sua testimonianza diretta dal Tigray riguardo gli IDP e le condizioni di sopravvivenza degli sfollati interni che ha potuto visitare, un grido di denuncia verso il ricco occidente:
“Durante le due settimane trascorse a documentare la crisi umanitaria nel Tigray, ho visitato Mekele, Abi Adi, Adwa, Axum e Samre. Ho intervistato dozzine di sfollati nei centri per sfollati e anche negli ospedali.Una cosa che mi ha colpito molto: le grandi ONG internazionali girano per la città con veicoli 4×4 che costano più di 40.000 euro, ma non so cosa ci facciano lì perché la realtà è che quattro mesi fa hanno interrotto le forniture di aiuti umanitari!
I campi profughi sono VERGOGNA. Hanno migliaia di persone che vivono in condizioni subumane; niente elettricità, niente acqua, niente gas, niente servizi igienici, niente cibo, niente medicine. I fortunati hanno un misero vecchio materasso sporco su cui dormire, altrimenti devono improvvisare e costruire un letto di pietre.
Voglio dire, donne incinte, bambini, neonati e anziani dormono in questi letti!
Non abbiamo un CAZZO di idea in Europa di cosa significhi essere bisognosi, di cosa significhi desiderare il giorno della morte per non soffrire più per non avere abbastanza da mangiare e per non avere la forza di uscire e cercare per cibo.
È molto triste vedere come per una parte del mondo ci sia tutto, ma per l’altra parte del mondo, quella che è sempre all’ombra della stampa internazionale, non ci sia niente.”
Copyright di Ximena Borrazas
Non solo l’informazione mainstream in Italia, ma nache l’informazione che si erge paladina degli ultimi e di dare voce a chi non ha voce dettata dai benpensanti e perbenisti ha dimenticato il Tigray dopo lo spartiacque datato novembre 2022 (accordo di Pretoria) Infatti tra le tante “crisi dimenticate” vengono dimenticate anche da loro, da quei giornalisti che si son proclamati paladini della giustizia attraverso articoli, aggiornamenti ed analisi e che con questo fare perdono anche quel minimo di credibilità.
La diaspora tigrina in Italia ed i suoi molteplici appelli erano stati snobbati ed inascoltati durante il periodo della guerra genocida da parte del governo. L’appello sottoscritto dalla diaspora e da parte della società civile e formalmente inviato alla Farnesina, all’ ufficio del Ministero degli Esteri è ancora in attesa di risposta dalle cariche governative italiane.
La diaspora, visto i recenti violenze, scelte criminali per volontà politiche del blocco di supporto alimentare, blocchi per l’occupazione delle forze eritree ed amhara in Tigray, ha deciso di organizzare una manifestazione il 7 giugno 2023 davanti alla sede della FAO a Roma per rivendicare nuovamente la richiesta di giustizia per le vittime di guerra e chiedendo che venga fatto rispettare l’accordo di cessazione ostilità ed i suoi punti.
Di seguito riporto i link ai servizi di Tigrai TV che denuncia la crisi umanitaria in Tigray per milioni di persone che sembra non avere fine, ma dimenticata dal mondo, per conveninza o per ignoranza.
- 118 anziani e bambini sono morti per fame dall’ ottobre 2022 [1 mese prima dell’accordo di Pretoria] nel distretto di Mai Knetal
- La situazione dei pensionati — I pensionati di Mekelle chiedono una soluzione urgente
- Anziani affamati: la sospensione degli aiuti alimentari abbandona una donna di 65 anni nelle strade di Mekelle
- Distruzione delle scuole: La scuola elementare di Hagereselam è stata distrutta a causa dei bombardamenti di artiglieria pesante.
- Stupro da parte delle forze eritree nel Tigrai : Una donna di 26 anni di Fatsi, nel Tigrai orientale, afferma di essere stata violentata dalle forze armate eritree davanti ai suoi bambini mentre continuano a emergere storie di stupro
- Interruzioni dell’ energia elettrica : “Non riusciamo a ripristinare le utenze elettriche per mancanza di rifornimenti” responsabile della comunicazione regionale di EEU
- I residenti di Irob, la minoranza etnica omonima, nel Tigray orientale, soffre la fame ed è ancora assogettata all’occupazione delle forze eritree
- Focolaio di malaria a Zana : I malati di malaria nel Tigray nord occidentale soffrono per l’assenza di farmaci.
- Carenza di attrezzature scolastiche : Gli studenti del Tigrai lottano per compensare le lezioni perse
Etiopia: come un fortunato villaggio del Tigray è sopravvissuto alla devastante guerra
La guerra condotta dal governo federale etiopico e dall’Eritrea contro il governo regionale del Tigray, durata dal novembre 2020 al novembre 2022, ha causato enormi devastazioni. Sono stati denunciati molteplici crimini di guerra e ci sono state denunce di intenti genocidi . Una campagna di fame ha portato alla morte di almeno 300.000 vittime civili.
Uno dei luoghi che riuscì a scampare alla distruzione fu il villaggio di Dabba Selama. Situato nel distretto di Dogu’a Tembien, nel Tigray, il villaggio è composto da quattro insediamenti, che ospitano circa 5.000 persone. Questi insediamenti sono sparsi in uno dei monasteri più antichi dell’Etiopia. Situata su un crinale isolato, elevato e pianeggiante, la comunità è fortemente dipendente dall’agricoltura.
Abbiamo pubblicato un libro sul distretto di Dogu’a Tembien, basato su 25 anni di ricerche geografiche nel distretto. Nel gennaio 2023, a guerra finita, siamo tornati nel quartiere per continuare la ricerca sulla società e l’ambiente. Ci siamo concentrati su 10 villaggi a Dogu’a Tembien, uno dei quali è Dabba Selama .
Gli abitanti di Dabba Selama si considerano fortunati. Altri villaggi sono diventati obiettivi di attacchi militari. In quattro dei 10 villaggi si sono verificati massacri di civili . Donne e ragazze sono state vittime di violenze sessuali perpetrate dalle forze militari. Case, scuole e prodotti agricoli sono stati deliberatamente distrutti.
Anche se il fronte di guerra ha superato più volte Dabba Selama, la comunità ha sofferto meno degli altri villaggi studiati, grazie al loro isolamento geografico, ai forti legami comunitari e al paesaggio agricolo produttivo.
Isolato
Durante le nostre interviste abbiamo capito che non c’era nessuna guerra nel villaggio stesso e nessuna vittima civile diretta. A differenza degli altri nove villaggi che abbiamo visitato, gli intervistati a Dabba Selama non hanno menzionato bambini o anziani che muoiono di fame.
Poiché il villaggio e il monastero si trovano su un terreno accidentato, a circa 20 km dalla strada più vicina, gli eserciti etiope ed eritreo hanno marciato attraverso gli insediamenti solo una volta e non si sono fermati. I depositi di grano e altri beni della comunità non sono stati saccheggiati, bruciati o volutamente rovinati dall’alluvione o dalla mescolanza di terra, come in altre comunità. I contadini avevano cibo anche durante il periodo critico. Molti di loro potrebbero permettersi di acquistare cibo o farmaci aggiuntivi (costosi).
È anche una fortuna che l’unica volta che i soldati hanno attraversato il villaggio, non si siano accorti del monastero al di là di una rupe a strapiombo e nessuno li abbia informati della sua esistenza. Altrimenti, avrebbero potuto invaderlo. Gli eserciti credevano che la leadership del Tigray si nascondesse nelle caverne e in altri luoghi inospitali. Hanno anche deciso di distruggere i siti storici del Tigray .
Forti legami sociali
Gli intervistati hanno affermato che, nonostante la sofferenza, le persone si sono aiutate a vicenda. Ciò contrasta con altri villaggi che abbiamo visitato dove la grande lamentela era che i legami sociali erano diventati molto più deboli.Interviste ai membri della comunità negli altopiani intorno a Dabba Selama.
A Dabba Selama, i legami comunitari erano forti anche prima della guerra, come nella maggior parte dei villaggi remoti. Le persone in genere si aiutavano a vicenda con cereali o denaro, e questo è continuato. La comunità, compresi i capi villaggio, ha condiviso ciò che aveva, così le persone sono sopravvissute. In altri villaggi, i leader a volte hanno dirottato aiuti o rifornimenti ai propri familiari.
Scorte alimentari
Quando scoppiò la guerra, il villaggio aveva scorte di viveri. I terreni agricoli di Dabba Selama, specialmente quelli dell’altopiano, sono relativamente produttivi e gli agricoltori avevano cereali nei loro granai.
Poco distante dal paese, ai piedi di ripidi pendii, si trovano delle sorgenti. Gli agricoltori li usano per l’irrigazione su piccola scala. Con il suo terreno accidentato, le buone precipitazioni e le temperature calde, la zona è adatta anche per l’allevamento del bestiame.
Molti contadini del villaggio commerciavano frutta, vendendola nei mercati vicini quando non c’erano combattimenti attivi.
Capacità di nascondersi
Alla fine del 2020, quando il fronte di guerra si è avvicinato a Dabba Selama, le famiglie contadine hanno abbandonato le loro fattorie. Fuggirono nelle gole e sulle montagne con il loro bestiame, la focaccia e le scorte di cibo, tra cui farina, spezie, caffè e sale.
Prima di partire, i contadini scavavano delle fosse nel terreno e nascondevano i sacchi di grano che avevano nelle loro case. Gli anziani, tradizionalmente percepiti come meno esposti alle brutalità dei militari, si assumevano la responsabilità di sorvegliare le case del villaggio. Fortunatamente i combattimenti non si sono avvicinati. Nei villaggi vicini, questa strategia è andata male e si dice che gli anziani siano stati massacrati , ma non così a Dabba Selama.
Tempi duri
Questo non vuol dire che i residenti di Dabba Selama non abbiano sopportato le difficoltà. La comunità ha lottato per produrre cibo. Molti terreni agricoli a Dabba Selama non sono stati coltivati in tempo nel 2021 e nel 2022 a causa della guerra. Era difficile ottenere semi e fertilizzanti.
Gli agricoltori seminavano principalmente erba di teff ( Eragrostis tef ) in assenza di altri semi. Rispetto ad altre colture, il teff offre rese inferiori per superficie coltivata.
La carenza di semi era in parte dovuta alla carestia. Molte famiglie dovevano mangiare i semi di grano che avevano conservato dai raccolti precedenti.
I raccolti sono stati gestiti male a causa della guerra e la resa del 2022 è stata peggiore di qualsiasi anno in tempo di pace, data la totale assenza di input agricoli.
Inoltre, le aree di rimboschimento e le foreste naturali sono state interessate dalla raccolta del legno e dalla preparazione del carbone resa necessaria dalla povertà. Nei 30 anni prima della guerra, era stato fatto un grande sforzo per rinverdire il Tigray come parte di una gestione sostenibile del territorio .
Infine, a causa del blocco della regione, le merci erano costose per gli abitanti del villaggio. Nel peggiore dei casi, il prezzo di vendita di un bue comprerebbe a malapena 50 kg di grano. Solo i residenti più abbienti potevano permettersi i prezzi di mercato.
Capitale naturale e capitale sociale
Alla fine, però, Dabba Selama ha sofferto meno della fame provocata dall’uomo rispetto ad altri villaggi del Tigray a causa del suo isolamento e della sua posizione. Il paese godeva di una buona situazione economica, che permetteva ai contadini di mantenere il proprio capitale sociale e i legami sociali.
FONTE: theconversation.com/ethiopia-h…
Data Retention: Red Line Against Storage of Citizens’ IP Addresses
CJEU case: Patrick Breyer MEP draws a red line against storage of citizens’ IP addresses
On 15 and 16 May the judges of the Court of Justice of the European Union heard the French government, several French NGOs, the European Data Protection Supervisor and the European Union Agency for Cybersecurity in a case whose outcome will significantly strengthen or weaken, respectively the privacy of more than 447 million EU citizen’s activities on the Internet. (See case C‑470/21)
The French NGOLaQuadraturedu Net (LQDN) and three other complainants challenge France’s use of citizens’ Internet identity to enforce copyright. The NGOs argue that using indiscriminately retained IP addresses to prosecute filesharing is disproportionate since it does not concern serious crimes and also there is no independent control prior to the access. In consequence, the competent authority Arcom (formerly Hadopi), maintains a surveillance file containing large amounts of IP addresses and civil identity data of citizens in order to warn and eventually punish Internet users who share copyrighted works without authorisation.
In his non-binding opinion, Advocate General (AG) Szpunar of the Court of Justice of the European Union proposes a “readjustment of the case-law of the Court on the interpretation of Article 15(1) of Directive 2002/58 as regards measures for the Luxembourg assigned to the source of a connection” in the form of jurisdiction “providing for the general and indiscriminate retention of IP addresses (…) for the purposes of [fighting] online criminal offences for which the IP address is the only means of investigation.”
Dr. Patrick Breyer MEP (Pirate Party / Greens/EFA) warns against indiscriminate retention of citizen’s IP addresses and drwas a red line.
Red Line: EU citizens have a right to confidential internet communication
A general and indiscriminate retention of IP addresses assigned to the source of a connection has unacceptable consequences.
IP addresses are access to identity
The IP records of citizens in combination with standard logfiles kept by content providers must be compared with a compulsory routing slip that keeps track of the activities of each citizen. In the analogue world, such activity retention would be unacceptable: It would be retained which newspaper articles citizens read in the morning, which doctor is contacted during the lunch break and who meets whom in the evening. Such a recording of activities would be unimaginable in analogue form in a democracy. In digital form, all this data is available, distributed across networked databases and devices. The IP addresses of citizens are the link that makes them accessible and traceable, IP addresses are access to identity.
The end of anonymity on the Internet
General and indiscriminate retention of IP addresses would constitute the end of the possibility for citizens to anonymously and confidentially request information on the internet, to seek medical advice or to contact journalists anonymously. Particularly affected would be people who seek advice and help in an emergency situation (e.g. victims and perpetrators of violent or sexual offences), citizens who want to express their opinion despite public pressure or citizens who want to expose abuses and who want to contact journalists or file a criminal complaint anonymously.
Retention of IP addresses affects e-mail correspondence
The IP address of the sender is included in most e-mails, so that e-mail accounts registered under a pseudonym could also be assigned in the future. Confidential e-mail communication must be better protected because it is one of the most widespread communication channels through which people exchange information, seek psychological or other medical advice, or contact the police, media or lawyers.
General suspicion against millions of citizens
General and indiscriminate retention of IP addresses violates the presumption of innocence. Already the storage of the data is an intrusion into the privacy of the internet users. Obligations to retain IP addresses are disproportionate because they overwhelmingly affect law-abiding citizens.
Personality and movement profiles
General and undifferentiated retention of citizens’ identity on the internet would enable the creation of meaningful personality and movement profiles of virtually every citizen to an even greater extent than telephone connection data because online activities cover the entire life of citizens. From the sum of the information of what citizens read and write on the Internet, a profile can be created, which can reveal, for example, political opinion, religion, illnesses or sex life. In addition to this, the IP address can also be used to determine the approximate location of the user. Due to the data accumulated and stored by many devices even in “stand-by mode”, extensive movement profiles, behavior patterns and user behavior can be created.
IPv6 addresses can be unique and persistent tracking identifiers
The new standard for IP addresses IPv6 makes it possible to assign an individual identification, a permanently identical IP address, to almost any number of everyday objects in our lives. Watches, refrigerators, toys, cars, work tools, smart home devices, simple telephones as well as smartphones, MP3 players and almost every other small technical device can be connected with the internet in the future. This the so-called “Internet of things” would be covered by general and undifferentiated retention in its entirety. According to a recent study, 19% of households can already be tracked permanently using the end-user ID in their IPv6 address.
Amplification of infringement of fundamental rights through combination of data
IP records must be considered in combination with other information (“log files”) stored by providers such as Google, Amazon, Meta or Microsoft. A general storage of IP addresses would make the entire internet use traceable. Potentially that includes every Internet user’s inputs, clicks, internet pages read, search terms, downloads and every posts on the Internet. Once a pseudonym (e.g. user account, cookie) has been identified via the user’s IP address, usage data from the provider often enables the tracking of every click and entry made by the owner over days, weeks or months.
Discrimination against internet users
General and undifferentiated retention of our identity on the internet would be an unjustifiable and anti-technology discrimination against internet users compared to people who can continue to communicate and obtain information anonymously by telephone (e.g. flat rate), post or directly. The fact that the IP address can be the only clue to solving a crime does not distinguish it from other connection data. It is not comprehensible why the identifiability of a subscriber on the basis of an IP address should be established under lower conditions than its identifiability with the help of other traffic data (e.g. IMEI identifier, time of a telephone connection).
EU jurisdiction is not respected
For more than 15 years, EU member state governments are reluctant to comply with the Court’s jurisdiction when it comes to data retention. Repeatably governments have ignored safeguards and requirements imposed by the Court. Recently governments of Belgium, Denmark and Ireland take every opportunity to enforce the maximum possible surveillance instead of investing in police work and social work as experts explain. Any weakening of fundamental digital rights will be further overstretched by governments. Which in sum leads to unnecessary and disproportionate surveillance of EU citizens and adds to the crisis of the Rule of Law in the EU.
Citizens’ IP addresses should be better protected
When it comes to citizens’ internet activities, the sensitivity of IP data records must be considered comprehensively and in the long term. What is crucial is the usability of the accumulated collected data and the possibilities of using citizens’ IP data. Therefore, IP data should be better protected and retained only in cases where there is a concrete reason to do so. For example in cases of suspicion, the identity of the user of an IP address may only be disclosed with a court order, only for the prosecution of serious crimes or for the prevention of serious dangers. Legally, the presumption of innocence must be upheld. Politically, only fundamental-rights-friendly alternatives to any kind of general and indiscriminate data retention will respect the values of the EU.