La proiezione globale dell’Aeronautica militare secondo Camporini
In un quadro internazionale che appariva cristallizzato, scosso da un’inattesa, grave emergenza pandemica, ma con rapporti tra Paesi, nazioni e alleanze che apparivano consolidati, certezze date per scontate si sono polverizzate con l’aggressione russa all’Ucraina. Questo evento ha spazzato l’idea che il futuro delle operazioni militari fosse limitato sostanzialmente a quelle di polizia internazionale, con esiti non sempre positivi, come si è visto in Afghanistan, ma che comunque avrebbero utilizzato forze leggere, in ambienti anche ostili ma senza la necessità di capacità di alta valenza.
Erano situazioni di crisi in cui i sistemi dei singoli Paesi avrebbero operato facendo riferimento a un quadro cooperativo che si sarebbe evoluto in una sorta di specializzazione non pianificata, in cui ci si attendeva che strategie, informazioni, Intelligence e comunicazioni fossero uno sfondo predeterminato, cui dare un contributo in termini di capacità operative.
Questa ipotesi, frutto di un ottimismo ontologico, avrebbe potuto portare lo strumento militare italiano a un’evoluzione monodimensionale, evoluzione cui però l’Aeronautica militare ha saputo sfuggire.
Qualcuno avrebbe potuto nutrire delle perplessità di fronte a decisioni che sembravano non privilegiare la punta di lancia, i velivoli da combattimento, reparti con denominazioni gloriose, che sono giustamente da salvaguardare. Decisioni come quella di puntare, primi in Europa, sui sistemi a pilotaggio remoto, cui conferire la coccarda della Strega del 28° Gruppo, oppure quella di investire risorse molto importanti nella guerra elettronica, nella capacità airborne early warning (Aew) e nelle conseguenti capacità di comando e controllo aeroportato hanno forse fatto storcere il naso a chi guardava al passato. Ma i fatti di questi mesi ci dimostrano che chi rimane ancorato alle concezioni del secolo scorso rischia di avere amare sorprese, cui non si può rimediare se non in tempi incompatibili con le urgenze del momento.
Ecco dunque l’Aeronautica militare ben consapevole di avere un ruolo che non si esaurisce nelle classiche missioni di intercettazione, contraerea e supporto aereo ravvicinato, ma operi con successo in un ambiente multidimensionale, dove i rapporti con le altre componenti non si possono limitare a uno scambio di compiti e di mission report, ma devono fondersi in un sistema integrato in cui lo scambio di informazioni avvenga con un flusso continuo multi-direzionale, opportunamente strutturato e filtrato, in modo da fornire ai decisori strategici tutte, e sole, le informazioni necessarie a prendere le decisioni.
Si tratta dunque di una nuova cultura operativa. Acquisirla permette poi di misurarsi e integrarsi in un più ampio ambito multinazionale, che sia quello strutturato dell’Alleanza Atlantica oppure dell’Unione europea, nella sua ancora embrionale capacità militare integrata, oppure quello a volte problematico delle coalizioni di volenterosi che hanno caratterizzato la storia degli ultimi decenni.
È una cultura che sta diventando patrimonio comune e condiviso della Forza armata e sta coinvolgendo anche altre componenti dello strumento militare nazionale. Ma al di là degli aspetti funzionali, per trasformarsi in capacità che possano risultare determinanti serve anche una valenza dimensionale, che può essere assicurata solo da risorse finanziarie superiori a quelle attualmente disponibili e soprattutto garantite nel tempo.
Queste considerazioni valgono per tutte le componenti dello strumento militare ma per l’Aeronautica, attesa l’importanza delle risorse economiche necessarie, hanno una valenza particolare, che non deve essere sottaciuta.
In buona sostanza, oggi l’Aeronautica dispone di tutte, o quasi, le capacità necessarie a dare un contributo alle operazioni delle Alleanze e delle coalizioni cui i decisori politici decidono di partecipare, ma certo non nelle dimensioni quantitative che possano renderla determinante, come invece potrebbe risultare, attese le capacità esprimibili.
È chiaro che i progressi in questa direzione dipendono da fattori in primo luogo politici, ma che necessariamente investono anche la dimensione industriale in un’ottica che non può, né deve, essere limitata all’ambito nazionale. C’è la necessità di un concreto dialogo nel quadro della Nato e in quello dell’Ue, possibilmente allargato alle altre potenze like-minded, per identificare obiettivi cui dare il necessario contributo nazionale, in un quadro armonico di concreta sostenibilità, così da rendere efficace l’azione politica.
La Forza armata in questi decenni ha acquisito una piena consapevolezza delle capacità che deve esprimere per essere uno strumento adeguato della politica di Difesa e in generale della politica estera nazionale. È necessario che tale consapevolezza e questa cultura ormai radicata si consolidino, in modo che il nostro Paese possa agire da protagonista sulla scena internazionale.
Intervista apparsa sul numero 142 della rivista Airpress
YouTube il censore, l’analisi dei prof. Bassini e Mula
L’oscuramento delle pagine Facebook delle organizzazioni di estrema destra, il bando di Donald Trump da Twitter (prima dell’avvento di Elon Musk) e ora lo stop, per una settimana, al canale YouTube della fondazione Einaudi dopo la pubblicazione di un video di un intervento di Antonio Martino, morto il 5 marzo 2022, in cui – come racconta qui Andrea Cangini – si esprimeva contro l’uso del green pass e l’obbligo vaccinale. Tre episodi molto diversi tra loro che però attengono all’utilizzo pubblico dei social e, soprattutto, alla difficoltà nel compiere, sulle piattaforme online, quello che in qualsiasi altro luogo (fisico) sarebbe considerato il legittimo esercizio della libertà di esprimere un’opinione. Giusta o sbagliata, condivisibile o deprecabile, che sia. I tre episodi raccontano – o meglio, ricordano – una questione irrisolta: come si articola il rapporto tra i colossi (privati, naturalmente) del web – i grandi social network in questo caso – e la libertà di pensiero, sancita da tutte le costituzioni democratiche? La domanda ha molteplici risposte. Nessuna definitiva.
Come ha spiegato in questa intervista ad HuffPost il professor Luciano Floridi, i social network fanno parte di una terra di mezzo – né pubblica, né privata – che è l’infosfera. Necessiterebbero di regole nuove, partendo dal presupposto che non possono essere ingabbiati in quelle due categorie classiche. Ma fino a quando continueremo a ragionare in termini di pubblico e privato – leggi alla mano, non possiamo fare diversamente – degli interrogativi resteranno aperti. Di questi abbiamo parlato con Marco Bassini, docente di Fundamental Rights and Artificial Intelligence all’Università di Tilburg, nei Paesi Bassi e con Davide Mula, avvocato e professore aggiunto dell’InnoLawLab dell’Università europea di Roma.
“L’equilibrio è difficile da trovare – spiega ad HuffPost Bassini, – perché tutte le piattaforme nascono come soggetti privati, con l’idea di poter stabilire autonomamente le ‘regole della casa’. La situazione è diventata più complessa quando si è passati da un cyberspazio popolato da una moltitudine di piccole comunità virtuali a un ‘ecosistema’ di (pochi) giganti del web, che hanno una crescente dominanza economica ma anche influenza giuridica”. E, verrebbe da aggiungere, portano con sé una contraddizione: “Restano – argomenta il docente – ancora piattaforme private, ma questa connotazione è sempre più stretta rispetto alla realtà dei fatti. Perché, è evidente, se una grande piattaforma digitale esclude un utente o un contenuto dalla propria comunità al giorno d’oggi incide sull’esercizio della libertà di espressione”.
Per il ruolo che hanno assunto le piattaforme digitali nel quotidiano di ogni cittadino, ma anche delle istituzioni pubbliche, si tende spesso a dimenticarsi della loro natura privatistica: “Li usiamo come luoghi pubblici ai quali abbiamo la necessità di accedere per dire la nostra. In alcuni casi, addirittura, li usiamo come piattaforme di lavoro. Il problema, però, è che pur sempre di luoghi privati si tratta. O meglio, di uno spazio vissuto come sostanzialmente pubblico, ma regolato da meccanismi privati”, spiega invece Mula.
Come si gestisce, però, questo dato di fatto? La soluzione è tutt’altro che semplice: “Come per ogni diritto, il rispetto della libertà di espressione si impone in primo luogo in capo agli Stati – spiega Bassini – un soggetto privato, invece, agisce in base a un contratto e quindi, in teoria, secondo regole proprie, anche quando limita la libertà di espressione, per esempio moderando i contenuti pubblicati dai suoi utenti (che quelle regole hanno precedentemente accettato). Dal momento che, però, parliamo di mezzi così importanti si pone un tema: le piattaforme online vanno considerate fornitori di servizi pubblici? Sono degli attori parastatali? Se fossero soggetti o servizi pubblici dovrebbero sottostare ai vincoli che si applicano agli altri attori pubblici. E, quindi, ad esempio, dovrebbero prendere atto del fatto che un discorso critico, un’opinione anche discutibile, non vìola alcuna disposizione di legge. E così come lo Stato non può impedire l’espressione di quell’opinione, non potrebbe farlo neanche la piattaforma”. Allora stato, però, non è così. Perché, argomenta Bassini: “Per la loro conformazione, le piattaforme possono riservarsi il diritto di moderare contenuti secondo i propri termini di servizio, per esempio rimuovendo contenuti non necessariamente illeciti secondo l’ordinamento ma contrari ai propri termini d’uso. Detto ciò, i social sono ben consapevoli di quanto sia importante assicurare agli utenti uno spazio libero e aperto, e tendono a promuovere il pluralismo delle idee”. Ma come fanno a garantirlo? Il docente spiega: “È lo stesso legislatore, in Europa, a richiedere che le piattaforme che mettono a disposizione la loro infrastruttura per la condivisione dei contenuti non siano gravate da un obbligo di selezione alla fonte. In questo modo si tiene fede alla distinzione tra il lavoro degli editori e quello degli intermediari; ciò posto, le piattaforme sono tenute a valutare le segnalazioni di violazioni che ricevono rispetto ai contenuti dei loro utenti”.
Il caso emblematico della censura alla Fondazione Einaudi
Secondo Mula, si dovrebbe agire a monte: “Le policy non sono così chiare, non prevedono meccanismi di reclamo efficaci. Prendiamo il caso della fondazione Einaudi: se anche un singolo video avesse davvero violato le politiche anti Covid della piattaforma, ciò non avrebbe comunque giustificato la sospensione dell’intero canale”. E, invece, è proprio quello che è accaduto: per una settimana il canale YouTube della Fondazione Einaudi è stato inaccessibile. Oscurato, come se avesse contenuti universalmente riconosciuti come inaccettabili: “Nella moderazione delle segnalazioni – spiega ancora l’avvocato – non si dovrebbe dare troppo spazio all’Intelligenza artificiale”. Perché, prosegue l’esperto, il processo è il seguente: “Quando arriva la segnalazione di un contenuto che non corrisponde la policy della piattaforma, l’intelligenza artificiale legge il messaggio, se rileva la ricorrenza di determinate parole viene disposta la rimozione. Bisognerebbe prevedere una sorta di ‘appello’, per impugnare la decisione e fare in modo che il caso fosse valutato da una persona in carne e ossa e non dall’intelligenza artificiale”.
Insomma: un essere umano è in grado di valutare il contesto, di capire, ad esempio, che la frase pronunciata dal prof. Martino altro non era che un’opinione liberamente espressa. L’intelligenza artificiale si limita a bannare il post intercetta una frase che, per usare le parole che YouTube ha scritto alla Fondazione Einaudi, contraddice “il parere di esperti appartenenti ad autorità sanitarie locali o all’Oms”. Con buona pace dell’articolo 21 della Costituzione. Peraltro, aggiunge Mula, “ci troviamo in un contesto in cui quel messaggio (l’opinione di Martino, ndr) non è più attuale, dal momento che non ci troviamo più nella fase in cui i vaccini erano obbligatori o caldamente consigliati”. La decisione di YouTube, insomma, è discutibile da qualunque versante la si guardi. Anche perché, è l’altro spunto che offre Mula, “così una piattaforma digitale interviene nella dinamica della ricostruzione storica di un dibattito pubblico”.
Il caso della fondazione Einaudi, argomenta ancora Bassini, è emblematico: “È un segnale preoccupante. Non parliamo di un quisque de populo ma di un intellettuale (che perdipiù è stato titolare di rilevantissime cariche pubbliche) che ha espresso un’opinione. Una decisione come quella che ha preso Youtube è una deriva pericolosa”. Secondo il docente, bisogna chiedersi se non sia insanabile il conflitto tra due visioni della rete internet: da un lato, un web più democratico e trasparente , dall’altro un web più ordinato. “Possiamo immaginare – continua Bassini – che ci sia un web che funziona, almeno nella moderazione dei contenuti, come un soggetto pubblico. A questo punto, solo i contenuti illeciti finirebbero per essere rimossi dal web. In altri termini: gli standard applicabili ai social sarebbero gli stessi degli attori pubblici. Sarebbe certo il risultato più desiderabile a garanzia della libertà di espressione (espressivo forse di una sfiducia verso la capacità di autoregolazione delle piattaforme). Dall’altra parte, però, c’è forse l’opzione di un web più ordinato ma meno “democratico” e trasparente, in cui per esempio una maggiore moderazione nei contenuti aiuterebbe a combattere la disinformazione. Certo, se poi a essere silenziato è un soggetto come la Fondazione Einaudi, c’è un problema…”.
Da tempo si discute di come normare i social, proprio per evitare che possa essere limitata la libertà di espressione degli utenti. Per ora è stata trovata una strada europea: il Digital services act. “Si tratta – spiega ancora Bassini – di un regolamento approvato a ottobre 2022, le cui previsioni entreranno progressivamente a regime e avranno efficacia dal febbraio 2024. Il Digital services act non cancella l’idea che la piattaforma non sia un editore e non elimina la libertà di moderazione dei contenuti. Quello che fa, invece, è affrontare soprattutto la dimensione della trasparenza. Si chiede, quindi, alle piattaforme di assolvere alcuni obblighi di diligenza rispetto al modo in cui gestiscono i contenuti. In questo modo, per esempio, non si impedisce la rimozione di contenuti ma si insiste sulla motivazione e sulla giustificazione di queste scelte””.
Ma il fatto che le piattaforme del web siano multinazionali, pone problemi per l’applicazione della legge italiana? Per Bassini non è esattamente così: “Le piattaforme sono nate negli Stati Uniti e, almeno culturalmente, in linea di principio, si dovrebbero ispirare al primo emendamento della Costituzione Usa e non dovrebbero interferire nel libero confronto delle idee. Al giudice italiano non è impedito di intervenire, come abbiamo visto in alcuni casi che hanno riguardato l’oscuramento delle pagine social di alcune formazioni di estrema destra. Anche lì, però, le decisioni non sono state univoche: si è spaziati da provvedimenti che hanno affermato che i social hanno una ‘speciale responsabilità’ di garantire la libertà di espressione degli utenti, dovendosi così astenere dal rimuovere contenuti non previamente dichiarati illeciti da un giudice a pronunce che hanno invece sottolineato la doverosità di un intervento dei social per eliminare dal web contenuti ritenuti illeciti, silenziando alcuni attori politici. Insomma, una gran confusione. Ma la vera domanda è: è ancora libero un mercato in cui il potere di moderazione è affidato più alle piattaforme che ai giudici?”. La domanda, al momento, è destinata a rimanere con una pluralità di risposte. Ad ogni modo, secondo il docente, il regolamento europeo va nel verso giusto: “Imporre l’osservanza una serie di misure, anche di carattere procedimentale, soprattutto alle piattaforme online di grandi dimensioni (che possono avere un impatto molto significativo sull’opinione pubblica, favorendo la circolazione di contenuti virali) è un primo strumento per rendere valutabile e più trasparente l’operato dei social. Anche all’esterno”.
Posto che rendere le piattaforme online soggetti pubblici è impresa persa in partenza, c’è una terza via? Per l’avvocato Mula, l’Unione europea dovrebbe fare da sé: un social made in Ue. “Bisognerebbe pensare formule alternative ai social americani. Se è così vivida l’esigenza di un social su cui confrontarsi, potrebbe rendere gli utenti più tranquilli l’idea di agire su una piattaforma posta sotto lo sguardo attento dell’Ue”.
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Verso un’Autorità per gestire il traffico subacqueo. La proposta di Fondazione Leonardo
Nonostante aumentino le conoscenze sulle galassie più lontane nello Spazio, lo stesso non si può dire per i fondali marini, di cui conosciamo dettagliatamente solo il 20% del totale. Un intreccio complesso di fattori economici, geostrategici e legati alla biodiversità rende la dimensione subacquea un nuovo dominio di confronto tra le potenze sempre più strategico. Ciò è particolarmente evidente nel Mediterraneo allargato, dove l’Italia può giocare un ruolo di primo piano nella dimensione marittima, considerando anche che il 64% delle nostre importazioni e il 50% dell’export transitano via mare. Da queste riflessioni è partito l’evento “Civiltà del mare. Il subacqueo, nuovo ambiente dell’umanità” organizzato dalla Fondazione Leonardo Civiltà delle macchine, all’Accademia navale di Livorno, in collaborazione con la Marina militare, il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), l’università La Sapienza.
Il convegno
L’iniziativa ha avuto l’obiettivo di presentare il white paper “Geopolitica, strategia, interessi del mondo subacqueo. Il ruolo dell’Italia”, che rappresenta un primo passo per portare all’attenzione dei decision maker l’esigenza di definire e impostare una governance degli spazi subacquei, attraverso un referente unico in grado di gestire gli aspetti regolatori e di assicurare un’adeguata tutela e osservazione sulle attività che si svolgono sopra e sotto la superficie del mare, attraverso una conoscenza integrata dello stato dei fondali marini. L’evento ha coinvolto numerosi esponenti dei vertici delle Forze armate e dell’industria di settore per approfondire queste tematiche e contribuire alla loro conoscenza presso l’opinione pubblica in due diverse tavole rotonde di discussione: “Il quinto dominio fisico: valenza strategica, profilo giuridico e formazione” e “La sfida tecnologica: capacità industriali e opportunità”. Le conclusioni della giornata sono state affidate al ministro della Difesa, Guido Crosetto.
Un nuovo dominio operativo e frontiera per l’Italia
“Sulla Terra si potrà vivere meglio se ci si occuperà di più del mare” e “il subacqueo va visto come un nuovo dominio operativo”, ha esordito nel corso del suo intervento il presidente della Fondazione Leonardo, Luciano Violante. I fondali marini, infatti, come ha ricordato il presidente, “sono attraversati da sei tipi di infrastrutture essenziali: energetiche, per il trasporto di energia elettrica, comunicazione, minerarie, legate alla biologia, e per stoccaggio dell’anidride carbonica”. In questo quadro, se consideriamo che “attraverso i cavi sottomarini passa il 97% del traffico Internet e dieci miliardi di dollari di transizione finanziaria all’anno e che nel periodo compreso tra il 2019 e il 2027 è prevista una crescita del mercato dei cavi sottomarini da 10,3 a 34,6 miliardi di dollari, possiamo comprendere perché le sfide strategiche e tecnologiche del mondo subacqueo necessitino di una visione olistica, di un approccio multidisciplinare e di un approccio integrato”, ha spiegato invece il presidente di Leonardo, Luciano Carta. Per il nostro Paese sarà infatti sempre più cruciale sorvegliare e proteggere le strategiche linee di comunicazione marittima che convogliano i flussi commerciali e assicurano buona parte del sostentamento energetico nazionale. Come ha ricordato anche il ministro per la Protezione civile e le politiche del mare, Nello Musumeci, “il sistema mare oggi acquista un’importanza straordinaria, specialmente per una nazione come l’Italia che ha circa ottomila km di coste”. Un concetto ribadito anche dal capo di Stato maggiore della Marina, Enrico Credendino: “È necessario disporre di un ampio ventaglio di capacità dispiegabili anche ad altissime profondità, in grado di garantire sia il controllo della dimensione subacquea, comprese le infrastrutture che vi risiedono, sia adeguate capacità di intervento per fronteggiare eventuali minacce”. Affinché ciò avvenga, secondo l’ammiraglio, “è necessario disporre di tecnologie allo stato dell’arte”.
Necessità di nuovi enti e regolamentazioni
Come ha spiegato il presidente Violante, il paper curato dalla Fondazione Leonardo vede la proposta di istituire “un’Autorità nazionale per il controllo del traffico subacqueo”; definita “auspicata” anche dal presidente Carta. Nonostante infatti la prossima apertura del 9 giugno a La Spezia del polo nazionale della dimensione subacquea, che come spiegato da Credendino “funzionerà da incubatore per spin off e start up e le energie che ne scaturiranno alimenteranno un formidabile moltiplicatore di ritorno degli investimenti migliorando la competitività anche internazionale delle aziende italiane”, “è necessario predisporre le condizioni anche giuridiche per un ordinato e coerente accesso agli spazi subacquei effettuando un controllo e coordinamento delle operazioni che vi si svolgono”. La proposta contenuta nel paper per la costituzione di una autorità nazionale per il traffico subacqueo rappresenta dunque “un passo importante nella direzione che la consapevolezza del fatto che la situational awarness subacquea è la precondizione per poter condurre l’intero spettro delle operazioni difensive e offensive”, ha osservato l’amministratore delegato di Leonardo, Alessandro Profumo. Vi è quindi “l’esigenza di determinare un coordinamento tra le norme esistenti e il varo di nuove norme che devono disciplinare il mondo del subacqueo”, ha sottolineato infine il ministro Musumeci.
La vera definizione di vittoria per l’Ucraina
Per secoli gli ucraini hanno combattuto per la loro indipendenza. La guerra attuale è una continuazione di questa lotta storica. Oggi gli eroi ucraini muoiono per la causa dell’indipendenza; è proprio questa causa che la Russia sta cercando di negare e distruggere. Come possiamo definire l’indipendenza? Certo, significa un paese veramente sovrano e controlla tutto […]
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TuorismA: un segnale di rinascita culturale
Ora che è calato il sipario su questa nona edizione di TourismA, il salone dell’archeologia e del turismo culturale, svoltosi al Palazzo dei Congressi di Firenze dal 24 al 26 marzo, tentiamo di tracciare un primo bilancio con Piero Pruneti, direttore di Archeologia Viva, la rivista promotrice di questa iniziativa che negli anni si è […]
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CULTURA. La parola poetica di Ghassan Zaqtan nel suo In cammino invocano i fratelli
di Simone Sibilio*
Pagine Esteri, 28 marzo 2023 –
Quattro sorelle da Zakariya
Quattro sorelle scalano il colle
sono sole
vestite di lutto.
Quattro sorelle sospirano davanti al bosco.
Quattro sorelle
madide lettere leggono al buio.
Un treno da ‘Artuf
passava oltre la foto.
Un cavallo portava una ragazza da Zakariya
oltre la curva nitriva in pianura.
Sulla gola le nubi andavano lente.
Quattro sorelle da Zakariya,
sole
sul colle
sono vestite solo di lutto.
Questi versi tratti dalla raccolta Biografia in carbone (2003) del celebre poeta palestinese Ghassan Zaqtan sigillano l’incontro tra la memoria privata, familiare e l’esperienza collettiva di una vasta comunità espulsa dalla propria terra e perduta sui sentieri d’esilio.
Potremmo dire che è una poesia rappresentativa di una tendenza dominante nella letteratura palestinese degli ultimi anni, il ritorno sui luoghi perduti nel ’48 o nelle successive tragiche vicende della storia palestinese, attraverso la descrizione di un’esperienza reale o anche solo attraverso l’immaginazione, motore del dire poetico. Il villaggio di Zakariya menzionato dal poeta e da cui proveniva la madre, venne raso al suolo in seguito alla Nakba e sostituito dall’insediamento israeliano col nome ebraico di Zecharia, in una operazione di “sovrascrittura toponomastica” tipica delle politiche identitarie israeliane. In seguito ad Oslo, Ghassan Zaqtan ritorna su quel sito accompagnando la madre e partecipando a questa esperienza di riconnessione con i luoghi e i ricordi familiari. Quel momento intriso di senso di perdita e di tensione è immortalato in questi toccanti versi.
Zaqtan è uno di quegli intellettuali palestinesi nati negli anni ’50 che dopo un lungo peregrinare tra le numerose méte della diaspora, in seguito agli Accordi di Oslo nel 1993 ha avuto l’opportunità di rientrare in Palestina, ma come spiega in un’intervista:
«Si trattava di un ritorno limitato a una parte ristretta del luogo, regolata dalle condizioni e dalle politiche dell’occupazione, un ritorno incompleto in un luogo incompleto”.
Nato nel 1954 a Beit Jala, nei Territori Occupati, e figlio di Khalīl Zaqtan, noto poeta ed educatore a cui si deve l’apertura della prima scuola nel campo profughi di Deisha, alla periferia di Betlemme, ha vissuto in esilio la maggior parte della sua giovinezza. In Giordania ha insegnato educazione fisica nei programmi educativi dell’UNRWA, poi ha vissuto prima in Siria, poi in Libano e in Tunisia come altri intellettuali palestinesi esuli al seguito dell’OLP.
In ambito giornalistico ed editoriale, è stato caporedattore della prima rivista letteraria palestinese pubblicata nei Territori Occupati, di appartenenza dell’OLP, “al-Bayadir”, poi delle riviste “al-Shu‘ara’” e “Masharif”, e infine della pagina letteraria del quotidiano di Ramallah “al-Ayyam”. Nel 1996 insieme ad altri intellettuali ha fondato la Casa della Poesia di Ramallah, dirigendo dal 2004 al 2011 il Dipartimento Cultura e pubblicazioni del Ministero della Cultura. Oggi vive a Kobar, un paesino nei pressi di Ramallah, punto di osservazione privilegiato sui colli circostanti e da cui cogliere i segni del luogo e del tempo che abbondano nella sua poesia.
È autore di quattro testi in prosa (in italiano è disponibile Ritratto del passato, a cura di L. Ladykoff, Poiesis, Bari, 2008 – 2° ristampa, 2011) e di oltre una decina di raccolte poetiche, di cui l’ultima in uscita: Vado a sentire le meraviglie di mio padre. Ha inoltre conseguito numerosi riconoscimenti arabi e internazionali, tra cui il Griffin Poetry nel 2013 per la raccolta tradotta in inglese da Fady Jouda Like a Straw Bird it follows me and Other Poems e i premi arabi Mahmoud Darwish (2016) e Anwar Salman (2019).
Le sue prime raccolte poetiche apparse tra gli anni ’80 e la fine degli anni ‘90, Primo mattino (1980), Vecchie ragioni, (1982), Stendardi, (1984), L’eroismo delle cose, (1988), sono in parte attraversate dalle domande e istanze della poesia in voga in quegli anni, erede della stagione della letteratura d’impegno sociale e politico, volta alla sublimazione del rapporto del rapporto con la terra e il luogo. Tuttavia serbano già i semi dell’indirizzo estetico che la scrittura di Zaqtan intraprenderà, strutturata attorno a quella “poetica delle piccole cose” – in contrapposizione alle grandi narrazioni, all’eroismo della lotta, al martirio o alle inquietudini della realtà politica a lungo dominanti nella poesia palestinese del ‘900 – condensata in un verso libero tenue e ponderato, pervaso da atmosfere meditative e toni tutt’altro che declamatori.
Ma è in una fase successiva segnata dall’uscita di La tentazione del monte, (1998) e, soprattutto, di Biografia in carbone (2003) che si può tracciare l’inizio di un percorso che renderà la parola poetica di Zaqtan facilmente riconoscibile nel panorama letterario arabo. Da queste due raccolte emergono con più evidenza quelli che saranno inoltre gli elementi portanti attorno a cui si orienterà la sua ricerca poetica, sempre più aperta alle suggestioni della narratività:
– l’illuminazione del particolare, l’attenzione alle piccole cose, siano esse presenze materiali o simboliche del quotidiano che colmano i vuoti o registrano i moti dell’anima; l’attenzione per ciò che apparrebbe marginale o perduto, ma che la poesia recupera o ravviva, rendendolo elemento rivelatore del rapporto con il luogo e con il sé;
– la scrittura del paesaggio, laddove l’avvicendarsi di modalità descrittive naturalistiche o realistiche lascia spazio all’irruzione del surreale e dell’onirico, così trasportando repentinamente il lettore da ambienti naturali, vividi, chiari, a scenari cupi, surreali o persino da incubo;
– a queste due traiettorie è correlata l’articolazione della memoria che assume una pluralità di forme e declinazioni: memoria storica e dei luoghi perduti, attraverso cui poter accedere ad un passato cancellato, al contempo dolente e carico di vita, e dunque alle istanze dell’identità e del discorso politico; memoria intertestuale con cui intraprende il dialogo con i grandi poeti del passato, memoria degli assenti, le cui voci vibrano con vigore in numerosi suoi testi, componendo la partitura della dualità vita/morte.
L’esilio, il movimento nello spazio e nel tempo, il paesaggio, la memoria sono, dunque, componenti centrali nell’opera di Zaqtan, che si ritrovano nelle tre raccolte antologizzate nel volume in italiano In cammino invocano i fratelli. Versi scelti, a cura di S. Sibilio, uscito per le Edizioni Q di Roma nel 2019. Le raccolte, scelte di concerto con l’autore, sono rappresentative di un progetto organico, ovvero presentano tratti, temi, atmosfere comuni e, piùin generale, sono figlie di una comune ricerca. Si tratta di Come uccello di paglia, mi segue del 2008; Nessun neo mi rivela a mia madre del 2014; In cammino invocano i fratelli del 2015, le ultima due inedite in italiano.
In particolare il topos del ricordo e quello dell’assenza vengono articolati all’interno di una poetica dell’ordinario che disvela il suo rapporto con spazi e tempi plurimi, saldato dall’incessante ricerca intertestuale. La Palestina in questo opere dimora sullo sfondo di un poema abitato da soggettività spesso escluse da quelle narrazioni e dettagli di luoghi e scenari descritti. E dunque il paesaggio territoriale e poetico a volte sembrano fondersi in un unico spazio in cui si muovono persone comuni ma anche spettri, visioni, richiami alla tradizione araba o biblica. Particolarmente intenso è quello sguardo sul movimento migratorio di popoli illuminato o solo evocato nella raccolta che dona il titolo al volume In cammino invocano i fratelli. In cammino sono i diseredati, i dispersi, gli esuli che attraversano i territori del sogno e della memoria in cerca di riconnettersi con la propria storia e con il luogo vissuto. Ed è un cammino comune a tanti popoli, dai Palestinesi a partire dalla Nakba ad altri, accolti in questo testo aperto e votato a riferire di esperienze altre di dispersione nella storia. E lungo questo cammino uno dei fratelli invocati è il grande Mahmud Darwish con cui Zaqtan intesse un profondo dialogo, in più di un testo, un dialogo che lega passato a presente in un costante gioco di rimandi e allusioni alla vita di un popolo che resiste dopo ormai 75 anni con ogni mezzo possibile alla minaccia di cancellazione:
Qui c’è un albero rigoglioso che non vediamo, eppure possiamo ancora ricordare
mandorli, fichi, due peschi, molti susini e un albicocco sotto la finestra di tua madre.
Qui è la luce, dove un poeta vide una scala nel vento
e al risvegliò ci scagliò la visione
mentre il luogo a lui destinato era ormai un’orchestra di colombe
“ volano le colombe,
si posano le colombe”.
Zaqtan è in Italia per un giro di presentazioni di In cammino invocano i fratelli. Versi scelti. Sarà a Venezia giovedì 30 per una conferenza (ore 08,45) all’Università Ca’ Foscari nella sede di Ca’ Dolfin in compagnia del docente di letteratura araba e traduttore Simone Sibilio, del docente di arabo Bishara Obeid e del poeta Gianni Montieri; e venerdì 31 marzo, ospite di Incroci di Civiltà (ore 09,00 all’Auditorium Santa Margherita); a Roma il 2 Aprile presso lo spazio artistico RomartFactory con Luisa Morgantini, Wasim Dahmash e Simone Sibilio.
____________
* Simone Sibilio (Phd) insegna lingua e letteratura araba all’Università Ca’ Foscari di Venezia. Le sue principali aree di ricerca sono la poesia araba moderna e contemporanea, la questione palestinese, la traduzione letteraria. Tra le sue maggiori pubblicazioni, Nakba. La memoria letteraria della catastrofe palestinese (Edizioni Q, II, 2015); In guerra non mi cercate. Poesia araba delle rivoluzioni e oltre (in collaborazione con O. Capezio, E. Chiti e F.M. Corrao, Le Monnier, 2018), Poesia araba moderna e contemporanea (Ipocan, Roma, 2022). Ha tradotto numerosi poeti arabi contemporanei tra cui Muhammad al-Fayturi, Talal Haidar, Moncef Ouhaibi, Ghassan Zaqtan, Najwan Darwish. È autore della silloge Una bussola per bandiera (Di Felice Edizioni, 2021).
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PODCAST. TURCHIA-SIRIA, terremoto già dimenticato dal mondo, immensi i bisogni dei civili
di Michele Giorgio –
Pagine Esteri, 28 marzo 2023 – Nel devastante terremoto del 6 febbraio che ha colpito Siria e Turchia, hanno perso la vita almeno 50mila persone e sono rimasti coinvolti 24,4 milioni di persone. Migliaia di famiglie vivono in rifugi temporanei e faticano a procurarsi cibo e altri beni essenziali. La situazione appare grave in modo particolare nel nord-ovest della Siria dove il sisma si è aggiunto alle dure condizioni di vita in un territorio martoriato dalla guerra interna vissuta dal paese arabo dopo il 2011. A farci il quadro della situazione è Martina Iannizzotto, funzionaria del Programma Alimentare Mondiale, in questi giorni a Gaziantep.
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Martina Iannizzotto è una operatrice umanitaria con oltre venti anni di esperienza nella risposta ad emergenze. Ha lavorato in Serbia, Kossovo, Palestina, Siria, Libano, Turchia, Bangladesh e Colombia, con organizzazioni non-governative ed agenzie delle nazioni unite.
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In volo da un secolo. Il futuro dell’Aeronautica militare secondo Goretti
L’Aeronautica militare compie cento anni. Il 28 marzo 1923, infatti, l’Italia riuniva tutte le sue componenti militari aeronautiche in una nuova Forza armata autonoma. Un traguardo importante per l’Arma azzurra, tra le prime al mondo a raggiungere il secolo di vita
Generale, qual è il valore della ricorrenza, e che lezioni ci arrivano dalla storia dell’Arma azzurra?
Cento anni dell’Aeronautica militare. Un anniversario speciale nonché un’ulteriore occasione per mostrare agli italiani gli obiettivi di una Forza armata dinamica, utile al Paese e con forte propensione all’innovazione tecnologica. È l’occasione per ripercorrere l’evoluzione dell’impiego del mezzo aereo che mosse a Roma i primi passi, già all’inizio del Novecento, sull’aeroporto di Centocelle, grazie al pioniere del volo Wilbur Wright e da alcuni giovani ufficiali italiani. Da allora abbiamo fatto enormi passi in avanti, arrivando fino al dominio aerospaziale. L’anniversario sarà l’opportunità per raccontare chi siamo stati, cosa rappresentiamo oggi e soprattutto come vediamo il nostro domani.
Cos’è cambiato da quel 1923?
Sono cambiati gli uomini, gli aeroplani, l’organizzazione, ma non lo spirito, la dedizione e la passione che ogni giorno animano e guidano gli uomini e le donne in divisa azzurra. È una grande occasione per ricordare le gesta di chi ha costruito l’Arma, far conoscere i nostri ideali e le preziose capacità al servizio della collettività e delle istituzioni, e mostrare l’impegno della Difesa.
Cosa rappresentano le celebrazioni per questo secolo di vita?
Il centenario è una pietra miliare, un importante risultato. Fin dai suoi albori l’Aeronautica ha rappresentato un equilibrio tra tecnologia, passione, professionalità, lavorando quotidianamente come una squadra unita e coesa a servizio del Paese. Un secolo di storia che vogliamo condividere con gli italiani, e al tempo stesso con tutta la Difesa e con tutti i più importanti settori della società civile, dalla ricerca scientifica e accademica in generale alla cultura, all’industria aerospaziale e dell’informazione.
Oggi, l’Aeronautica è impegnata in tutti i principali scenari per l’Italia e le sue alleanze. Qual è l’importanza di questa proiezione internazionale?
Dai primi anni Sessanta l’Aeronautica è impegnata in contesti sensibili e in missioni internazionali. Basti pensare alle prime missioni in Africa con l’Onu per poi proseguire con le operazioni nella guerra del Golfo, in Kuwait, nei Balcani, in Eritrea fino ai fatti del 2001 e il successivo contributo alla sicurezza internazionale in Afghanistan, Iraq e Libia. Insomma, l’Aeronautica non è nuova a queste attività e ha un passato di impegni a favore della collettività e della sicurezza internazionale. Oggi l’Arma azzurra rinnova quell’impegno supportando la difesa del fianco est della Nato e partecipando alle operazioni di Air policing in Lituania, Estonia, Islanda, Polonia, Romania. Per dare un’idea del nostro impegno, nel 2022 abbiamo fatto più di 170 scramble e 550 ore di volo, tra attività reali e addestrative. Il 2023 lo abbiamo iniziato in Romania dove i nostri Eurofighter saranno schierati almeno fino all’estate e poi il nostro supporto a favore della Nato continuerà in Lituania fino a fine anno. Uno sforzo costante, continuativo che ha visto, vede, e vedrà uomini e donne in azzurro intenti ad assicurare l’impiego operativo dei mezzi a difesa dei cieli alleati.
Una proiezione globale che si fonda anche su solidi rapporti internazionali, dalle collaborazioni sul caccia del futuro con Tokyo e Londra alla International flight training school. Possiamo parlare di una vera air diplomacy?
I legami con i Paesi amici e alleati sono strettamente connessi alla sfida tecnologica. Questa rappresenta una nuova realtà che nasce dai moderni scenari operativi, caratterizzata anche da minacce asimmetriche, in evoluzione costante e non più limitate a un unico ambiente operativo. In questi scenari il Giappone è una nazione amica e un partner di importanza centrale e strategica per gli interessi dell’Italia. Il Gcap, il caccia di sesta generazione, insieme a droni, piattaforme di comando e controllo, satelliti e stazioni a terra, è un esempio di interessi comuni e future collaborazioni. Oggi, questo tipo di programmi necessitano investimenti immensi, che le singole nazioni non possono sostenere da sole. È successo con il Tornado, con l’Eurofighter e accadrà ancora. Per quanto attiene al Gcap, francesi e tedeschi hanno scelto una strada diversa ma è logico affermare che, molto probabilmente, quando le nazioni avranno definito i loro requisiti, vedremo le due piattaforme convergere. Per quanto riguarda il Giappone, la loro adesione al programma costituisce una grande opportunità per una migliore reciproca comprensione. Quella tra le nostre due aeronautiche è una collaborazione basata sulla fiducia reciproca. Il nostro legame è forte e stiamo cooperando in diverse aree, su vari programmi, compresa la International flight training school (Ifts) e l’utilizzo di piattaforme comuni, come l’F-35 e il tanker KC767. L’Ifts è un virtuoso esempio di sinergia istituzionale e industriale in grado di soddisfare la crescente domanda dell’Am e dei partner di formazione dei propri piloti. Un sistema addestrativo di valore assoluto già scelto da nazioni amiche, oltre Tokyo, come Austria, Germania, Qatar, Singapore, Canada e Arabia Saudita, che in esso trovano la competenza, la professionalità e la qualità per formare i propri piloti militari con i più alti standard esistenti. Il progetto mette a fattor comune il consolidato know how dell’Aeronautica nell’addestramento al volo e l’eccellenza dell’industria nazionale nell’ambito dei sistemi integrati per la formazione dei piloti militari. L’Ifts consentirà di raddoppiare l’attuale offerta formativa dell’Aeronautica attraverso il polo di Decimomannu, che si unirà a quello già esistente a Galatina. Circa ottanta piloti l’anno, tra italiani e stranieri, verranno formati in Italia.
Quest’anno celebriamo il passato dell’Aeronautica, ma qual è la visione per il futuro?
Quella di avere una Forza spiccatamente tecnologica, più snella, agile, reattiva, capace e sempre più coesa e utile al Paese. Oggi l’Am sta vivendo un processo di forte e continua trasformazione che tiene conto di un futuro incerto e difficile. Ciò impone uno strumento flessibile capace di stare al passo con un progresso tecnologico rapido e inarrestabile e con una velocità del cambiamento in continuo aumento. È un processo lungo e complesso che richiede tempo, impegno e determinazione, ma la via da seguire è chiara. Esploriamo nuovi orizzonti per utilizzare tecnologie abilitanti innovative che ci permettano di guardare al domani, e rimanere utili al mutare dei rischi e delle minacce. È la sfida che ci attende e che affrontiamo a testa alta, forti e orgogliosi delle nostre capacità, delle qualità, dei valori, della professionalità e della competenza del nostro personale che in cento anni ha dimostrato di saper operare professionalmente con passione, generosità, profondo amore e spirito di servizio per il nostro Paese e per la nostra gente. Le nuove tendenze evolutive impongono di pensare e pianificare oggi le sfide di domani, così da essere efficaci quando serve, potendo contare su capacità operative a marcata integrazione interforze, opportunamente dimensionate e sempre al passo con l’evoluzione tecnologica.
Cruciali per il futuro saranno le nuove dimensioni cyber e spaziale. In che modo si sta preparando l’Arma azzurra a queste sfide?
L’attuale scenario geopolitico e la crisi internazionale in corso hanno imposto una maggiore attenzione anche sulla sicurezza e sull’accesso allo spazio e al cyber-spazio. L’impiego diffuso delle tecnologie emergenti ha ampliato il campo d’azione delle sfide in tutti e cinque i domini, inglobando l’aerospazio e il mondo cibernetico, insieme a minacce come sciami di droni, missili ipersonici e IA. Lo spazio e l’aerospazio rappresentano l’ambiente operativo di riferimento dell’Aeronautica che, in ragione dell’evoluzione delle tecnologie e delle sfide, ogni giorno è chiamata a difendere il Paese da nuove minacce, come missili balistici o detriti spaziali, che devono essere identificate e tracciate già in orbita. L’Aeronautica è naturalmente proiettata a valorizzare e proteggere anche l’ambiente spaziale, fornendo la propria unica competenza a beneficio del Paese. Attraverso i programmi nazionali, le cooperazioni bilaterali e la partecipazione ai progetti industriali e di ricerca, la Forza armata è pienamente inserita nel sistema-Paese e opera per mantenere l’eccellenza nel comparto nazionale.
Tra questi programmi, il volo spaziale è l’estensione del dominio aereo, una sfida tecnologica in termini di sviluppo scientifico e imprenditoriale. L’Aeronautica sta lavorando per acquisire expertise nel settore. È stato finalizzato un accordo commerciale con Virgin Galactic per effettuare un volo suborbitale durante il quale si svolgeranno esperimenti scientifici in microgravità; di recente è stato anche firmato un accordo di collaborazione con Axiom per effettuare un volo orbitale e relativo addestramento nell’ambito della missione Ax-3 verso la Stazione spaziale internazionale. Anche la dimensione cyber, realtà trasversale e pervasiva di ogni dominio, ha una forte contiguità con l’Am. Si tratta di una sfida legata alla tecnologia e l’Aeronautica sta sviluppando con attenzione e determinazione gli strumenti per difendersi dai possibili attacchi.
La storia dell’Aeronautica è legata a quella dei suoi velivoli. Come saranno i mezzi di domani?
Con l’ingresso dei caccia F-35 abbiamo portato avanti l’integrazione tra velivoli di quarta e quinta generazione, con focus sulle modalità con cui i sistemi riescono a interagire tra loro e ad aiutarsi a vicenda. La tecnologia non si è fermata e oggi la sfida è quella di guardare avanti, verso il caccia di sesta generazione. Non sarà semplicemente un aeroplano che sostituirà l’Eurofighter ma un sistema di sistemi, un integratore, un elemento fondamentale per la Forza armata dopo il 2030. È un programma ambizioso e rappresenta per l’industria nazionale un’occasione unica per sviluppare tecnologie innovative, partendo dall’osservazione di quelle possedute o potenzialmente sviluppabili come l’IA, la bassa osservabilità, la fusione dei dati, l’intelligenza distribuita, la realtà virtuale, la propulsione alternativa, l’ipersonica, la connettività e altro ancora. Tutte tecnologie che hanno un’applicazione diretta in campo civile, con ricadute e benefici per tutto il Paese, necessarie per conferirgli il giusto ruolo a livello europeo e internazionale. Il caccia di sesta generazione è un programma già attivo e insieme a Londra e Tokyo stiamo sviluppando il Gcap. Una grande opportunità per l’Aeronautica e per il Paese con ampi benefici economici e industriali. Si attireranno infatti investimenti in ricerca e sviluppo e si offriranno vantaggi e opportunità per la prossima generazione di tecnici e ingegneri.
E per l’ala rotante?
Siamo promotori in Europa del Future vertical lift o Next generation high speed helo, nonché leader nel suo sviluppo e nella relativa crescita industriale, destinata ad aumentare nel tempo. Del resto è già avvenuto per l’F-35 per il quale, grazie alle competenze sviluppate, ora altre nazioni guardano con interesse a noi e al nostro polo di Cameri. Stiamo guardando avanti, verso una tecnologia superiore. La possibilità di volare in elicottero a una velocità doppia di quella possibile oggi, di effettuare manovre estreme e di fermarsi in un istante, costituirebbe un vero salto di qualità. Abbiamo bisogno di questo tipo di capacità e l’Ucraina ne è una dimostrazione. Gli elicotteri hanno subito molte perdite perché non possono difendersi dai missili surface-to-air emersi all’improvviso da aree boscose. Dobbiamo pensare all’ingresso in servizio di nuovi sistemi d’arma in grado di fronteggiare le sfide che si presenteranno nei prossimi trenta, quarant’anni. Sfide tecnologiche, ambientali e culturali prima che operative, portate da nuove minacce. Siamo di fronte a una complessità generale caratterizzata da un progresso tecnologico che avanza a velocità elevatissima e dove concetti come connettività, IA, cloud, big data, interoperabilità e multi dominio sono ormai i paradigmi di riferimento.
In che modo va valorizzato il rapporto con industria e ricerca?
L’impegno dell’Aeronautica nel mondo della ricerca e dello sviluppo è in continua crescita. Si sviluppano accordi e programmi di cooperazione con l’industria, Pmi e istituzioni di continuo e a tutti i livelli per creare e rafforzare sinergie che siano la spinta propulsiva per tutto il sistema-Paese. Abbiamo sottoscritto accordi con Leonardo, il Cnr, le università e singole istituzioni pubbliche per lavorare insieme in vari ambiti: accesso allo spazio, addestramento al volo, manutenzione dei velivoli attraverso la realtà virtuale e aumentata come il simulatore dell’Ifts Live virtual and constructive, biocarburante e altri ancora. Non dobbiamo fermarci qui ma rafforzare la filiera con industria e ricerca per essere il più predittivi possibile. La chiave è stimolare la ricerca e valorizzare nuovi strumenti di cooperazione sempre più virtuosi e capaci di valorizzare le expertise.
Un esempio sono gli hackathon, eventi in cui esperti e sviluppatori si riuniscono per realizzare in uno, due giorni un progetto dedicato. Questi rappresentano un’opportunità per conoscere e apprezzare idee proposte da giovani talenti che provengono da start up, centri di ricerca e università italiane, mondi con i quali la Difesa e l’industria devono saper dialogare per accrescere conoscenze, innovare e affrontare un futuro dove tecnologia e digitalizzazione continuano a evolvere verso realtà spesso non preventivabili. Ne abbiamo ospitato uno a Pratica di Mare, il primo hackathon aeronautico, l’Airathon appunto, su IA, blockchain e realtà aumentata virtuale e immersiva. Quell’evento è stato un virtuoso esempio che ha dato seguito a una serie di collaborazioni per consolidare competenze specifiche e mettere a disposizione strumenti efficaci e all’avanguardia.
Guardando ai prossimi cento anni dell’Arma azzurra, qual è il messaggio che vuole lanciare alle future generazioni di aviatori?
L’Aeronautica militare ha messo, mette e metterà sempre a disposizione di tutti coloro che aspirano a operare nella terza dimensione le proprie naturali e indiscusse competenze nel settore aerospaziale. Ai ragazzi, le giovani menti smart del nostro futuro, dico sempre: abbiate il coraggio di osare. L’Aeronautica guarda da sempre verso il futuro. Dal 1923 la nostra forza è sempre quella di osare, di guardare avanti con coraggio, spirito di squadra, motivazione e fame di cultura. Lo spazio è il futuro dei giovani, ai quali abbiamo l’obbligo di trasferire il massimo della nostra conoscenza, opportunità e gratitudine per tutti coloro che in questi cento anni hanno consentito di rendere grande l’Aeronautica militare.
Intervista apparsa sul numero 142 della rivista Airpress
Intervista al Presidente Giuseppe Benedetto per EXTREMA RATIO
Intervista all’Avvocato penalista Giuseppe Benedetto, Presidente della Fondazione Luigi Einaudi, sul suo ultimo libro “Non diamoci del tu. La separazione delle carriere”, edito da Rubbettino Editore. Un serio dibattito sulle regole del gioco della giustizia penale non può evadere la separazione delle carriere tra giudici e pm: questa, la profonda convinzione da cui muove l’Autore, fondando la sua riflessione su ragioni di rango prima di tutto giuridico, senza trascurare uno sguardo comparativo.
La carriera unica, infatti, rappresenta una peculiarità italiana soprattutto nei paesi liberal-democratici occidentali, ed esemplifica un’incoerenza del sistema interno, ancora oggi capace d’inibire il pieno compimento del processo accusatorio (introdotto più di trent’anni fa dalla Riforma Vassalli) e della riforma costituzionale del 1999, che volle incidere l’art. 111 Cost. nel segno del giusto processo e della parità delle parti di fronte ad un giudice terzo ed imparziale. Nel descrivere questa rappresentazione, Benedetto incalza sollevando l’attenzione sulle ulteriori e connesse storture dell’ordinamento, indicando una proposta di legge già depositata e giocando con le provocazioni sulla “riserva mentale” nella quale sembra arroccata la magistratura.
La discussione non riguarda la compromissione dell’indipendenza e dell’autonomia della magistratura, ma appartiene all’esfoliazione del nostro sistema da vecchie e diffuse tracce inquisitorie. Tutto ciò che precede, infatti, attiene al rispetto del giusto processo.
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L'articolo Intervista al Presidente Giuseppe Benedetto per EXTREMA RATIO proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Concorso nazionale "Matteotti per le scuole": l'ottava edizione è rivolta agli alunni della scuola secondaria di I e II grado, per ricordare Giacomo Matteotti e la sua testimonianza di libertà e di democrazia.
Ministero dell'Istruzione
#NotiziePerLaScuola Concorso nazionale "Matteotti per le scuole": l'ottava edizione è rivolta agli alunni della scuola secondaria di I e II grado, per ricordare Giacomo Matteotti e la sua testimonianza di libertà e di democrazia.Telegram
In Cina e Asia – L’Ue approva strumento anti-coercizione
I titoli di oggi:
Mar cinese meridionale, Scspi: "Operazioni Usa in aumento"
Cina, cittadino giapponese arrestato per spionaggio
Cina, Baidu cancella l'evento di lancio dell'omologo cinese di ChatGPT
Giappone e Usa annunciano accordo sui minerali della transizione energetica
Brics, l'ex presidente del Brasile alla guida della New Developement Bank
Myanmar, Min Aung Hlaing chiede "un'azione decisiva" contro gli oppositori
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Majority of credit bureau "CRIF" database illegal
La maggior parte del database del credit bureau "CRIF" è illegale Decisione della DPA austriaca sul caso noyb: I dati di milioni di austriaci devono essere cancellati
Paolo Vecchi reshared this.
BONES AND ALL DI LUCA GUADAGNINO
Da vedere per la riuscita commistione dei generi: il teen movie vira in horror, diventa love story, si traveste da road movie, non necessariamente in quest’ordine, anzi senza nessun ordine.
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Bones and all di Luca Guadagnino - 2022
Titolo: Bones and all Regia: Luca Guadagnino // Il primo amore tra una ragazza che sta imparando a sopravvivere ai margini della società e un ragazzo solitario dall’animo combattivo.Roberta Cospito (In Your Eyes ezine)
È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.
Ministero dell'Istruzione
#NotiziePerLaScuola È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.Telegram
News da Marte #13 | Coelum Astronomia
"Riprendiamo il filo delle attività di Perseverance e Ingenuity nel cratere Jezero. Seguiamo l'esplorazione con tantissimi video e foto."
Il Comando Sud degli Stati Uniti e il colonialismo del XXI secolo | Infoaut
“È singolare che parlino delle ‘risorse’ di luoghi che non abitano; è questa la logica a cui sottendono governanti, ministri e uomini d’affari. Per le comunità l’estrattivismo, l’esproprio e lo sradicamento hanno molteplici volti. Imperialismo e colonialismo interno si alternano. Molti dei territori bramati dagli imperi sono già stati certificati come zone di sacrificio dai governi nazionali e provinciali“
Flat tax. Verso uno Stato minimo | La Città Futura
"La delega al governo sul fisco favorisce gli alti redditi, i redditi da capitale, l'evasione e l'elusione fiscale. Il minor gettito sarà a scapito dei lavoratori dipendenti, dei contribuenti onesti, dei bassi redditi e delle prestazioni pubbliche. [...] Ci sarà quindi da aspettarsi uno stato minimo di tipo ottocentesco per tutti e maggiori sofferenze per le zone svantaggiate, mentre prevarrà la differenziazione fra i diritti e sarà incentivato l'egoismo."
INTERVISTIAMO: Alessandro Piccinelli
📣 INTERVISTIAMO: Alessandro Piccinelli
Alessandro Piccinelli è colui che ha raccolto l'eredità del grande Gallieno Ferri, come copertinista di Zagor, "lo spirito con la scure".
#Fumetti
iyezine.com/alessandro-piccine…
Oggi è il Dantedì, la Giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri!
Un’occasione per ricordare in tutta Italia e nel mondo il genio di Dante, con tante iniziative organizzate dalle scuole, dagli studenti e dalle istituzioni culturali.
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Consigli per l'anti-sorveglianza fisica
Le nostre città sono sempre più popolate di telecamere, termoscanner, scanner Wi-Fi e Bluetooth e molto altro. E se guardiamo più in alto, anche i droni iniziano a sorvolare i nostri cieli.
Uno scenario non proprio idilliaco per chi soffre di quel disturbo della personalità chiamato voglia di privacy. Non è facile difendersi dall’occhio di Sauron, però può esserci qualche rimedio utile per difendersi dalla sorveglianza fisica, sia per chi soffre di questo disturbo della personalità che per chi invece volesse tutelarsi in situazioni delicate, come manifestazioni politiche.
Dicono che iscriversi a Privacy Chronicles crei disturbi della personalità. Ma non iscriversi è peggio.
I rapaci della sorveglianza
Iniziamo parlando proprio di droni. Non tutti i droni sono uguali. Esistono droni militari con incredibile autonomia e capacità offensive e droni “urbani” che invece oltre ad essere molto più piccoli hanno anche meno autonomia e non hanno (per ora) capacità offensive.
Droni militari. Lo Sharp Sword (cinese) può caricare fino a 2.000kg di payload e bombe.
In diverse parti del mondo saper riconoscere un drone e riuscire a nascondersi può fare la differenza tra la vita e la morte. Neppure i droni militari di sorveglianza non devono essere sottovalutati, dato che questa è spesso la fase che precede un attacco.
Anche i nostri cieli si stanno velocemente riempiendo di droni.
Non è un segreto ad esempio che siano stati usati durante i lockdown per scandagliare parcheggi, strade e piazze e scovare i pochi temerari che osavano sfidare il temibile virus in barba a decreti legge e DPCM. Certo, sono diversi da quelli militari, ma con capacità di sorveglianza da non sottovalutare.
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Un decreto del 13 giugno 2022 ha anche recentemente abrogato la normativa precedente sui droni e agevolato di molto il loro uso per le forze dell’ordine come Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza. Oltre alle solite finalità “ombrello” di sicurezza pubblica, contrasto del terrorismo e prevenzione dei reati di criminalita' organizzata e ambientale, i droni possono ora essere usati per un sacco di cose, come previsto dall’articolo 3:
a) la Polizia di Stato per la:
1) sicurezza stradale;
2) sicurezza ferroviaria;
3) sicurezza delle frontiere;
4) sicurezza postale e delle comunicazioni;
b) l'Arma dei carabinieri per la:
1) sicurezza in materia di sanita' e igiene
2) sicurezza in materia forestale, ambientale e agroalimentare;
3) sicurezza in materia di lavoro e legislazione sociale;
4) sicurezza del patrimonio archeologico, storico, artistico e
culturale nazionale;
c) il Corpo della guardia di finanza per:
1) la sicurezza del mare
2) la sicurezza in materia di circolazione dell'euro e degli
altri mezzi di pagamento;
3) l'assolvimento delle funzioni di polizia economica e
finanziaria di cui all'art. 2 del decreto legislativo 19 marzo 2001,
n. 68. I droni più evoluti possono montare un payload di sorveglianza da brivido: scanner termico, telemetro laser, camere grandangolari ad altissima risoluzione e con zoom, visione notturna e tracking intelligente degli obiettivi.
I muri hanno gli occhi
Tornando al livello del suolo, non devo certo dirvelo io: la situazione peggiora a vista d’occhio.
In quanto a numeri, la Cina è sempre leader globale, con circa 380 telecamere ogni 1000 persone. In Europa la situazione è migliore; siamo molto lontani da quei numeri. Londra, che è la città più videosorvegliata in Europa, conta circa 13.35 telecamere ogni 1000 abitanti. Alcune statistiche riportano un numero di molto superiore, ma dalle mie ricerche sembra che i numeri più alti tengano conto anche delle videocamere private. La città più sorvegliata d’Italia è invece Roma, che conta circa 1.71 telecamere per 1000 persone.
Insomma, una volta tanto non siamo messi male. Il numero però è destinato a salire vertiginosamente nei prossimi anni, dato che dal 2018 il governo italiano continua a mettere a disposizione fondi milionari per il finanziamento dei sistemi di videosorveglianza nei nostri comuni.
Il potenziamento dell’apparato di videosorveglianza non è solo quantitativo, ma anche qualitativo. Se oggi avere sistemi di riconoscimento facciale sembra fantascienza, lo stesso non potrà dirsi fra qualche anno. Difendersi da questa roba non è facile, e la risposta migliore dovrebbe essere quella del netto e forte rigetto politico.
Purtroppo, la maggior parte delle persone semplicemente ignorano il problema. Non tanto per negligenza o indifferenza, quanto per l’opacità by design che circonda queste decisioni della pubblica amministrazione.
Quanti di voi conoscevano il decreto sui droni che ho citato prima? Quanti sono consapevoli delle delibere comunali che prevedono l’installazione o il potenziamento dei sistemi di sorveglianza? Quante volte invece la popolazione viene semplicemente messa di fronte ai fatti compiuti, con nuove e scintillanti telecamere sopra le loro teste?
D’altronde, come affermava Machiavelli1 in tempi meno sospetti, non c'è nulla di strano. La cospirazione è il miglior metodo di governo: “all’inizio il male è difficile da conoscere, ma facile da curare, ma col passare del tempo diventa facile da conoscere e difficile da curare; fin quando non vi è più rimedio". Oggi c’è una cospirazione per riempire il più possibile le nostre città e cieli di telecamere.
Qualche consiglio di anti-sorveglianza fisica
Difendersi dall’ espropriazione violenta della nostra privacy non è mica facile, però ci sono degli accorgimenti utili da ricordare per diminuire l’esposizione quando siamo in pubblico.
Contro le telecamere volanti, l’ambiente e il meteo sono nostri amici: pioggia e nebbia mettono in difficoltà i droni, così come alberi, portici o altre strutture che possono nascondere una persona dall’alto. Anche nascondersi in una grande folla può essere utile, seppur molti droni oggi possono montare telecamere con tracking intelligente per identificare e seguire specifiche persone con segni distintivi.
Se invece splende il sole, usare materiale riflettente può aiutare a contrastare le telecamere dei droni e confondere i sistemi di sorveglianza. Anche cappelli, cappucci, sciarpe e ombrelli possono essere semplici ma funzionali strumenti per evitare lo sguardo dei rapaci della sorveglianza. Attenzione però, che essere gli unici icon un ombrello in testa in una giornata di sole potrebbe invece semplificare l’identificazione.
Contro i termoscanner, che potrebbero essere installati sui droni, è utile indossare materiale che abbia proprietà di isolamento termico, come la lana o alcune fibre sintetiche come il neoprene.
Le capacità di sorveglianza dei droni possono essere combinate con altre tipologie di monitoraggio a terra, come la localizzazione della persona tramite il monitoraggio bluetooth / wi-fi o tramite celle telefoniche. In questo caso si possono adottare diverse precauzioni:
- Spegnere le funzioni wi-fi e bluetooth dei dispositivi in pubblico e disattivare il wi-fi scanning e il bluetooth scanning, che potrebbero rivelare lo smartphone anche con le funzioni wi-fi e bluetooth disattivate
- Usare una VPN per nascondere il proprio indirizzo IP, traffico e attività online (comprese, in caso, quelle via wi-fi)
- Usare una sacca schermata (gabbia di Faraday) in cui tenere i dispositivi non in uso. Il miglior modo di bloccare un segnale è di farlo fisicamente!
Per quanto riguarda invece le telecamere a terra, è utile saper riconoscere le diverse tipologie.
Quelle CCTV di solito hanno una forma a cupola o a proiettile. Le più Quelle a cupola possono avere una rotazione di 360° e la forma rende difficile capire esattamente in che direzione stanno guardando. Di solito però non hanno un raggio d’azione molto lungo e sono situate in zone protette, al riparo dagli agenti climatici.
Le CCTV a proiettile (rettangolari e allungate) sono invece tipicamente installate all’esterno e hanno un raggio meno ampio di quelle a cupola, ma più lungo. Entrambe le tipologie possono essere dotate di visione notturna a infrarossi (IR). Alcuni modelli sono facili da riconoscere, perché hanno una serie di piccoli led intorno alla fotocamera principale. In altri casi potrebbero invece essere nascosti.
Per quanto riguarda le telecamere con riconoscimento facciale, il discorso è più complesso. I modelli infatti sono uguali alle normali telecamere a proiettile, ma queste sono solitamente poste ad altezza inferiore, così da poter più facilmente osservare il viso delle persone. Ad esempio, potrebbero essere installate nei pressi di scalinate o passaggi obbligati.
Non tutte le telecamere però sono fatte per riprendere le persone. Quelle LPR (License Plate Recognition) sono studiate appositamente per identificare targhe delle automobili. In alcuni casi sono dotate di algoritmi OCR (Optical Character Recognition) che trasformano l’immagine in dati alfanumerici che possono essere confrontati con database precostituiti. Come se fosse il riconoscimento facciale delle auto. Queste telecamere di solito hanno una forma più snella e allungata delle altre, e una seconda lente per le riprese ravvicinate. Come per quelle di riconoscimento facciale, spesso sono posizionate in modo tale da agevolare la lettura delle targhe.
Per le telecamere a terra valgono i consigli già detti per i droni, salvo che per le zone affollate: meglio evitarle. La pubblica amministrazione ha risorse limitate e le telecamere sono spesso installate nelle zone più frequentate delle città o più strategiche, come le stazioni.
Un ultimo consiglio, non tecnico ma legale, è di informarsi su ciò che ha fatto o vuole fare il vostro Comune. Sarà sufficiente fare una richiesta FOIA2 (accesso civico generalizzato) via posta elettronica (di solito all’URP) e chiedere tutta la documentazione relativa alla videosorveglianza. Il Comune avrà tempo 30 giorni per rispondervi e darvi copia di tutto ciò che hanno.
Nei documenti di solito sono indicate le finalità della sorveglianza, le zone, i sistemi usati e molte altre informazioni. In alcuni casi queste informazioni potrebbero essere usate anche per costringere i Comuni a rimuovere le telecamere per violazione della normativa privacy europea. Ad esempio, per mancanza di informativa, cartellonistica, o valutazione d’impatto — un processo documentato per la valutazione dei rischi obbligatorio per legge.
La moda dell’anti-sorveglianza
Se i metodi tradizionali non dovessero bastare, sappiate che negli ultimi anni alcune azienda hanno iniziato a produrre abiti e accessori progettati appositamente per contrastare videocamere di sorveglianza e sistemi di riconoscimento facciale.
Ho avuto modo di conoscere personalmente una di queste aziende, Cap_able, durante la Privacy Week 2022 (clicca qui per riguardare l'incontro). I loro capi di abbigliamento presentano dei pattern studiati appositamente per confondere gli algoritmi di riconoscimento facciale e rendere difficile l'identificazione della persona.
Un’altra realtà, scoperta in questi giorni, è quella di Project Kovr. I capi non sono pensati per contrastare il riconoscimento facciale ma la sorveglianza tradizionale, anche ambientale (wi-fi / bluetooth).
Le loro giacche sono infatti prodotte con materiale metallico, che oltre ad essere riflettente funziona anche come una gabbia di Faraday, bloccando quindi i segnali dai dispositivi riposti nelle tasche. Non ho capito se i capi di Project Kovr sono in vendita, ma sono certamente molto interessanti.
E se l’anti-sorveglianza oggi è anche una moda, non dobbiamo però dimenticare che la privacy è prima di tutto una questione filosofica e politica.
Usare soluzioni attive per difendersi dal Panopticon è molto bello e utile, ma non possiamo neanche nasconderci per sempre come topi. Il miglior modo per non essere sorvegliati, è pretendere di non essere sorvegliati.
"Et interviene di questa come dicono e’ fisici dello etico, che nel principio del suo male è facile a curare e difficile a conoscere, ma, nel progresso del tempo, non l’avendo in principio conosciuta né medicata, diventa facile a conoscere e difficile a curare. Cosí interviene nelle cose di stato; perché, conoscendo discosto, il che non è dato se non a uno prudente, e’ mali che nascono in quello, si guariscono presto; ma quando, per non li avere conosciuti si lasciono crescere in modo che ognuno li conosce, non vi è più remedio."
Ministero dell'Istruzione
Il 25 marzo è il #Dantedì, la Giornata dedicata Dante Alighieri, istituita per ricordare in tutta Italia e nel mondo la storia e le opere del Sommo Poeta.Telegram
Nakamura in finale nell'American Cup
Nakamura Blitzes So, Advances To Finals
GM Hikaru Nakamura is the first player to book his ticket to this year's finals of The American Cup after defeating GM Wesley So in a blitz playoff.Jack Rodgers (Chess.com)
Il Fediverso ha guadagnato massa critica e sta diventando mainstream. C'è persino l'interesse di #BigTech. Questo significa Opportunità e Minacce ... ora è il momento di affrontarle.
Ideazione della struttura organizzativa per il Grassroots Fediverse (traduzione automatica)
Il Fediverso ha guadagnato massa critica. L'ecosistema sta diventando mainstream, facendo appello a un pubblico più ampio. C'è interesse aziendale e persino Big Tech sta valutando di entrare a farne parte.
→ Questo significa Opportunità e Minacce ... ora è il momento di affrontarle.
Le minacce consistono in vari livelli di Corporate Capture del panorama tecnologico, fino a EEE . Non mi addentrerò molto in questo, poiché queste dinamiche sono ben note. C'è un aspetto positivo dell'interesse aziendale: nel breve termine, le risorse aziendali dedicate possono stimolare in modo significativo l'evoluzione e l'adozione della tecnologia. Le società, sul lungo termine, prenderanno il posto di guida e il movimento FOSS sarà spinto come al solito in posizione marginale.
"È la cultura, stupido!"
Nel movimento FOSS siamo così profondamente concentrati sugli aspetti tecnici della tecnologia, che spesso perdiamo di vista il quadro più ampio di ciò che riusciamo a stabilire con i nostri sforzi collettivi. Considera questo:
D: Qual è la qualità chiave, o "punto di forza unico" se vuoi, che ha portato al successo del Fediverse?R: È la cultura vibrante che è stata promossa per un periodo di anni in un ambiente di base.
Sento che questa è un'intuizione così importante. Ci sono persone che criticano AS/AP e altri per i loro difetti tecnici. La gente dice che, ad esempio, Nostr è molto meglio e vincerà con la loro "resistenza alla censura". Ci sono un milione di startup che hanno provato a lanciare la piattaforma killer dei Social Media... e hanno fallito.
Quei lunghi anni in cui il Fediverso si è lentamente, organicamente ritagliato il suo meritato spazio nel web, spinto dalla Libera Cultura e dai Beni Comuni, cioè avendo a cuore gli interessi delle Persone vere… questi hanno creato le condizioni perché il Fediverso potesse fiorire! Un fedi a misura d'uomo e umano. Questo è stato il fattore chiave del successo!
→ Il Fediverso sa cos'è il “Social”!
Al contrario, i social media aziendali non hanno mai riguardato i social. Parlavano di soldi a tutti i costi.
“Difendi ciò che ci è caro”
Con il Fediverso, il movimento Free Culture e FOSS è riuscito a compiere un'impresa rara: erigere da zero un ecosistema completo basato su standard aperti e guidarlo verso il successo. Ora la nostra sfida è vedere se possiamo rimanere al posto di guida e mantenere il Fediverso piacevole e per tutti, rendendolo più diversificato e inclusivo che mai.
Ora è il momento, come @Darius Kazemi ha così chiaramente espresso prima di “Gioca e vinci il nostro gioco” :
Andando avanti: "The Grassroots Fediverse"
Come molti hanno affermato prima, dinamiche culturali di base significano resistenza a processi troppo formalizzati e centralizzazione delle attività. La frammentazione e il conseguente caos delle nostre attività disperse in tutto il Web conferisce una certa misura di resilienza. Questa è una buona cosa™ ed è necessaria... in una certa misura.
Allo stesso tempo, troppa frammentazione rende "The Grassroots Fediverse" debole e vulnerabile agli sforzi concertati per portare ordine nel caos. Sforzi in cui presto le aziende saranno profondamente coinvolte.
→ C'è un punto debole da trovare tra ordine e caos.
Ideare la nostra organizzazione di base
Nel post Wiki di seguito potete tutti modificare le vostre idee per una "struttura organizzativa minima praticabile" necessaria per l'evoluzione di Fediverso che mantenga la nostra cultura e le dinamiche di base che ci hanno reso di successo.
Qui è disponibile il post originale di Arnold Schrijver @smallcircles (Humane Tech Now)
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Non è una sorpresa: tutti gli utenti (anche quelli che trovano il #fediverso troppo poco frequentato!) si meravigliano di quanto qui siano più numerose le interazioni (risposte, preferiti, ricondivisioni) rispetto a Twitter o agli altri social basati sul narcisismo.
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Come il fediverso potrebbe plasmare il futuro del web. Le riflessioni di @edans sul suo blog
Siamo di fronte alla crescita del cosiddetto fediverso, un insieme di nodi federati tra loro che mira a portare il decentramento sui social network: ogni server stabilisce le proprie regole, e tutti permettono lo scambio di informazioni tra di loro, indipendentemente dal le grandi aziende che hanno dominato finora il panorama del social web.
Se leggete che, dopo il clamore iniziale, gli utenti stanno abbandonando Mastodon o il fediverso, domandatevi: probabilmente sono giornalisti troppo pigri per fare bene il loro lavoro. La realtà è che i numeri di Mastodon continuano a salire, che il dibattito si fa più interessante e che la configurazione, sebbene con le sue ovvie vulnerabilità e cavilli, sta iniziando a sembrare qualcosa di molto più ambizioso di un semplice sostituto di Twitter, che a quanto pare era l'idea iniziale.
Qui è possibile leggere il post "Come il fediverso potrebbe plasmare il futuro del web" di @edans@me.dm
Questo articolo è disponibile anche in spagnolo sulla pagina Medium dell'autore
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Se nella vita o per lavoro hai a che fare con adolescenti, non puoi perdere la puntata di Presadiretta andata in onda ieri su Rai3: "La scatola nera", ora reperibile su Raiplay.
"Gli algoritmi e le piattaforme si stanno prendendo la vita dei nostri figli? Adolescenti e perfino bambini con patologie sempre più diffuse, si tratta ormai di un problema di salute pubblica. In che modo recuperare i danni già fatti, a partire dalla scuola? PresaDiretta è andata a Tulsa in Oklahoma, in uno dei centri di ricerca del più grande studio al mondo per capire quale sia l'impatto sul cervello di bambini e ragazzi delle tante ore passate sui cellulari e social. Ha visitato i centri d'eccellenza italiani e ha intervistato in giro per il mondo i medici e gli scienziati che da anni studiano e denunciano che la lunga esposizione dei ragazzi sulle piattaforme provoca variazioni fisiologiche nel cervello sul piano cognitivo ed emozionale. Sono 10 anni, da quando i social sono esplosi, che gli esperti accusano l'aumento del disagio tra i più giovani: ansia, stress, disturbi dell'attenzione e del linguaggio, anoressia, depressione, autolesionismo. I nostri ragazzi stanno sempre più male."
Non solo #Mastodon, ma anche #PeerTube #PixelFed #Friendica e #Funkwhale: i social media decentralizzati aumentano mentre Twitter si scioglie. @Matt_on_tech intervista @tchambers
Mastodon è solo l'inizio: il Fediverso sta arrivando con PeerTube, PixelFed, Friendica e Funkwhale
la maggior parte delle aziende che cercano di supportare i social media decentralizzati stanno aggiungendo il supporto per #ActivityPub o, in alcuni casi, costruendo nuove piattaforme per un futuro decentralizzato. Si dice che Meta stia lavorando sul proprio social network decentralizzato, nome in codice P92 , che si dice includa il supporto ActivityPub. WordPress , Flipboard e Mozilla hanno tutte funzionalità annunciate che si integrano con il Fediverso.
Qui è disponibile l'intervista di @Matthew S. Smith a @Tim Chambers
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In Your Eyes zine ricerca collaboratori
Crescere, in tutti i sensi, è di per sé un fatto positivo ma qualche problema in fondo lo crea sempre.
Così come per le mamme, che devono che devono costantemente rinnovare il guardaroba dei figli per adeguare l’abbigliamento al loro sviluppo fisico, anche per In Your Eyes la costante crescita di contatti riscontrata negli ultimi anni comporta il dover affrontare un “piacevole” problema: quello di far fronte alle numerose richieste di recensione che ci pervengono ogni giorno.
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🧨 Interview with Ed Hanssen
Ed Hanssen. I started my projectmailartbooks by sending selfmade blanc little booklets made of wrappingpaper to artists I knew and that expanded very rapidly into a huge mailartproject.
Ed Hanssen interview 2023
Ed Hanssen: I started my projectmailartbooks by sending selfmade blanc little booklets made of wrappingpaper to artists I knew and that expanded very rapidly into a huge mailartproject.silvano pertone (In Your Eyes ezine)
Mastodon.social: un errore di configurazione ha portato alla perdita di dati
La causa di una fuga di dati su Mastodon non è stata un'intrusione esterna, ma una configurazione insufficiente del server Mastodon per l'archiviazione dei dati dell'utente. Ciò ha reso teoricamente possibile per ogni utente del servizio visualizzare i dati caricati su files.mastodon.social. Mastodon ha scoperto il bug il 24 febbraio e lo ha risolto entro 30 minuti. Tuttavia, la falla esisteva dall'inizio di febbraio perché l'infrastruttura era stata aggiornata in quel momento, scrive il provider in una e-mail.
L'articolo di Heise continua qui
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Considerato che anche certe aziende multimilionarie hanno avuto bug da bambini delle elementari, nessuno griderà allo scandalo
it.phhsnews.com/huge-macos-bug…
Bug macOS enorme consente l'accesso al root senza password. Ecco la correzione - it.phhsnews.com
Una vulnerabilità scoperta di recente in macOS High Sierra consente a chiunque abbia accesso al laptop di creare rapidamente un account di root senza immettere una password, ignorando i protocolli di sicurezza impostati.it.phhsnews.com
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L’immagine del disastro del lavoro | Contropiano
"Giorgia Meloni fa il suo mestiere, Landini ed i suoi da anni non fanno il loro. Fanno i furbetti, spiegano che la visita di Meloni è un riconoscimento della loro forza, aiutati in questo dalla stampa di regime che ne amplifica gli inesistenti ruggiti, ma la sostanza di tutto è solo subalternità."
Ucraina. L’Onu «certifica» gli orrori: i russi hanno commesso crimini di guerra
@Notizie dall'Italia e dal mondo
«Crimini di guerra che includono uccisioni volontarie, attacchi a civili, reclusione illegale, torture, stupri, trasferimenti forzati e deportazione di bambini». Per quella che viene definita «ipotesi di genocidio». In 18 pagine, corredate da centinaia di allegati fotografici, filmati, esami balistici e di medici legali, viene riassunto il primo anno di inchiesta della Commissione internazionale indipendente sull’Ucraina.
Su Avvenire è possibile leggere l'articolo completo di @Nico Piro
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La mia foto profilo è un'opera d'arte
Francesco De Molfetta – Vati-Cane
arrestedmotion.com/2012/01/pre…
Stacia Datskovska (USA) non ama Firenze
Una giovane yankee aspirante gazzettiera di nome Stacia Datskovska scrive di non essersi trovata bene a "studiare" a Firenze.
Le giovani yankee in città sono note da molti anni per la loro cultura da rotocalco, la loro spiccata predilezione per gli alcolici e i loro discutibili costumi.
Un loro giudizio negativo, di conseguenza, non scuote gli animi più di tanto.
Amanda Knox che le ricorda come studiare nella penisola italiana sia "fantastico" ha invece ragione da vendere: l'impunità di cui gli yankee godono nello stato che la occupa permette loro di attraversare senza scosse anche un processo per reati di rara efferatezza traendone persino una qualche notorietà.


skariko
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Che succede nel Fediverso? e Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂ reshared this.
Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂
in reply to skariko • •skariko@feddit.it purtroppo @tchambers@indieweb.social l'ha tralasciato. Non so se perché non lo conosce, perché non lo ritiene meritevole di una menzione o semplicemente perché non gli piace. Ma sta di fatto che ora, stando dentro a questa conversazione, anche lui è finito su Lemmy 😂
@fediverso@feddit.it
feddit.it/comment/53924
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