GERUSALEMME. Patriarca cattolico: il governo israeliano ha peggiorato la vita dei cristiani
della redazione
Pagine Esteri, 13 aprile 2023 – In una intervista all’agenzia stampa statunitense Associated Press (Ap) il Patriarca latino, capo della Chiesa cattolica in Terra Santa, Pierbattista Pizzaballa, ha denunciato che l’ascesa al potere del governo di destra del primo ministro Benyamin Netanyahu ha peggiorato la vita dei cristiani nella culla della loro religione. La comunità cristiana, ha detto Pizzaballa, è oggetto di attacchi crescenti da parte di estremisti ebrei israeliani incoraggiati, a suo dire, da esponenti dell’esecutivo guidato da Netanyahu.
L’aumento degli incidenti anticristiani arriva quando i gruppi di destra, galvanizzati dai loro alleati al governo, sembrano aver colto l’attimo per espandere gli sforzi per stabilire enclavi ebraiche nei quartieri arabi di Gerusalemme est.
“La frequenza di questi attacchi è diventata qualcosa di nuovo”, ha spiegato Pizzaballa, “queste persone (gli estremisti, ndr) si sentono protette… l’atmosfera culturale e politica ora giustifica o tollera azioni contro i cristiani”.
Le difficoltà per le minoranze cristiane non sono una novità nella brulicante Città Vecchia che Israele si è annessa unilateralmente, contro il diritto internazionale, nel 1967. Ma ora la situazione sembra peggiorata perché l’attuale governo di destra di Netanyahu include leader dei coloni in ruoli chiave, come il ministro delle finanze Bezalel Smotrich e il ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir accusato di istigazione al razzismo anti-arabo.
Israele si proclama garante della libertà di culto a Gerusalemme. Ma i palestinesi cristiani ritengono che le autorità israeliane non proteggano i loro siti da attacchi mirati. Le tensioni sono aumentate dopo che la polizia israeliana, nei giorni scorsi, ha caricato con violenza i fedeli musulmani nel complesso della moschea di Al-Aqsa. A ciò si aggiunge il no di Israele all’arrivo a Gerusalemne per la Pasqua di 700 cristiani di Gaza e le proteste degli ortodossi per le restrizioni della polizia israeliana alle presenze nel S.Sepolcro per la cerimonia del “Fuoco sacro”.
Le aggressioni fisiche e le molestie al clero spesso non vengono denunciate ma sono stati documentati almeno sette gravi casi di vandalismo contro le proprietà delle chiese da gennaio a metà marzo, un forte aumento rispetto ai sei casi anticristiani registrati in tutto il 2022. I leader della chiesa incolpano gli estremisti israeliani per la maggior parte degli incidenti.
“Questa escalation porterà più violenza”, ha avvertito Pizzaballa. “Creerà una situazione che sarà molto difficile da correggere”.
A marzo, una coppia di israeliani ha fatto irruzione nella basilica accanto al Giardino del Getsemani, dove si dice sia stata sepolta la Vergine Maria. Entrambi si sono avventati su un prete con un’asta di metallo prima di essere arrestati. A febbraio, un religioso ebreo americano ha strappato dal piedistallo una rappresentazione di Cristo alta 3 metri e l’ha fracassata sul pavimento, colpendone la faccia con un martello, nella Chiesa della Flagellazione sulla Via Dolorosa, lungo la quale si crede Gesù abbia trascinato la sua croce. “Niente idoli nella città santa di Gerusalemme!” ha urlato l’aggressore. A gennaio, ebrei religiosi hanno abbattuto e vandalizzato 30 tombe contrassegnate da croci di pietra in uno storico cimitero cristiano della città.
I cristiani affermano che la polizia israeliana non ha preso sul serio la maggior parte degli attacchi. Pagine Esteri
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Riapre i cancelli l’ambasciata iraniana a Riyadh
della redazione
Pagine Esteri, 13 aprile 2023 – L’ambasciata iraniana in Arabia saudita ha riaperto i cancelli ieri per la prima volta in sette anni nel quadro di un accordo volto a ristabilire i legami diplomatici tra Teheran e Riyadh e che dovrebbe allentare una lunga rivalità che ha alimentato crisi e conflitti in tutto il Medio oriente. L’agenzia Reuters ha scritto che ieri sono stati riaperti i pesanti cancelli dell’ambasciata iraniana a Riyadh e che alcune persone hanno ispezionato l’edificio. I due paesi avevano interrotto i rapporti nel 2016, dopo l’assalto all’ambasciata saudita a Teheran seguito all’esecuzione di un importante religioso sciita da parte di Riyadh. Ma i rapporti avevano iniziato a peggiorare un anno prima, dopo che l’Arabia saudita e gli Emirati erano intervenuti militarmente in Yemen, dove i ribelli sciiti Houthi, alleati dell’Iran, avevano preso il potere estromettendo da Sanaa il governo sostenuto dai sauditi. Negli anni successivi, Riyadh e Teheran sono giunte a pochi passi dallo scontro militare. Circa due anni fa l’inizio di colloqui tra i due paesi mediati dall’Iraq. Infine è giunto l’intervento della Cina che a marzo ha portato alla firma a Pechino di uno storico accordo di riconciliazione tra sauditi e iraniani.
La riconciliazione tra le due potenze regionali ha contribuito alla ridefinizione parziale dell’ordine mediorientale con la fine dell’isolamento arabo della Siria – che ha appena ripreso le relazioni diplomatiche con la Tunisia e sarà riammessa nella Lega araba – e il riavvicinamento tra Turchia ed Egitto. E ha frenato il progetto avviato da Israele e Usa attraverso gli Accordi di Abramo per la creazione di un fronte israelo-arabo contro l’Iran. Pagine Esteri
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Ministero dell'Istruzione
#Scuola, il Ministro Giuseppe Valditara ha firmato due decreti di riparto di risorse #PNRR destinati alla formazione di studenti, docenti e personale scolastico per un importo complessivo di 1 miliardo e 200 milioni.Telegram
Mosca sostituisce l’Europa con l’Africa e aumenta le esportazioni di benzina
di Redazione
Pagine Esteri, 13 aprile 2023 – Nel primo trimestre di quest’anno la Russia ha incrementato le esportazioni di benzina di quasi il 50% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, spedendo i carichi direttamente in Africa e individuando nuove rotte commerciali dopo che l’Unione Europea ha sanzionato il petrolio russo.
Mosca ha incrementato le spedizioni di carburante soprattutto verso la Nigeria, la Tunisia e la Libia, dopo che il 5 febbraio l’Unione Europea ha vietato i prodotti russi.
La Russia è stata costretta a trovare acquirenti alternativi dopo che gli hub commerciali di Anversa-Rotterdam-Amsterdam e il porto lettone di Ventspils hanno evitato i suoi prodotti.
Un tetto di prezzo di 100 dollari al barile per la benzina e il gasolio russi, imposto dal Gruppo delle Sette Nazioni, dall’UE e dall’Australia, ha costretto Mosca a trovare nuovi mercati. In precedenza esportava circa 2,5 milioni di tonnellate (60.000 barili al giorno) di benzina all’anno in Europa.
Gli sforzi della Russia per incrementare le vendite di benzina in Africa sono stati favoriti dalla riduzione delle esportazioni dai Paesi Bassi, dove il 1° aprile sono entrate in vigore nuove normative che richiedono che le miscele di carburante per i mercati di esportazione rispettino gli standard sul contenuto di zolfo, benzene e manganese.
«Sembra che l’Europa stia perdendo quote di mercato a favore della Russia in termini di esportazioni di benzina verso la Nigeria», hanno dichiarato in una nota gli analisti della società di consulenza FGE.
Il limite di prezzo della benzina è più del doppio di quello imposto alla nafta, rendendo più redditizio per i venditori russi miscelare la nafta alla benzina, ha osservato FGE, e vendere a 100 dollari al barile piuttosto che a 45 dollari.
La Russia ha esportato 1,9 milioni di benzina tra gennaio e marzo di quest’anno, in aumento rispetto agli 1,3 milioni di tonnellate del primo trimestre del 2022, secondo i dati di Refinitiv.
Un altro tracker di navi, Kpler, stima le esportazioni di gennaio-marzo a 2,2 milioni di tonnellate, in aumento rispetto a circa 1,5 milioni di tonnellate nello stesso periodo dell’anno scorso.
Secondo i dati diffusi da Kpler, l’Africa ha importato volumi record di benzina russa nel primo trimestre, pari a 812.000 tonnellate, equivalenti a circa un terzo delle esportazioni totali russe di carburante.
La Nigeria è emersa come il primo acquirente africano di benzina russa, importando 488.000 tonnellate nel primo trimestre, rispetto alle 38.000 tonnellate dello stesso periodo dell’anno scorso. – Pagine Esteri
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China Files School 2023 – Capire il secolo asiatico
Dopo il successo delle passate formazioni (qui l'ultimo ciclo del 2022) arriva una nuova edizione della nostra China Files School. Si svolgerà tra l'8 e il 25 maggio e sarà focalizzata su tutti i luoghi e dossier più “caldi” legati a Cina e Asia. Le iscrizioni aprono ora, con 20 posti disponibili. Ecco come partecipare
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Un acceleratore per il caccia del futuro. Ecco l’iniziativa della Difesa
Palazzo Baracchini accelera sul caccia di sesta generazione Global combat air programme (Gcap). Il ministero della Difesa ha infatti lanciato la Gcap acceleration initiative destinata a aziende e centri di ricerca per accrescere il network di eccellenze italiane a supporto dell’impegno nazionale volto a realizzare il velivolo del futuro con Regno Unito e Giappone. Quaranta esplorazioni tecnologiche che raccoglieranno le migliori proposte volte per la piattaforma che i tre Paesi stanno sviluppando insieme, destinato a sostituire i circa novanta caccia F-2 giapponesi e gli oltre duecento Eurofighter di Gran Bretagna e Italia.
Le aree di ricerca
Sistemi di propulsione, sistemi ottici e laser, sensori infrarossi, materiali e metamateriali per bassa osservabilità e a elevate performance termiche, sistemi di navigazione, generazione di modelli e sviluppo di digital twins di sistemi aeronautici, intelligenza artificiale applicata alla gestione di sistemi autonomi e sistemi di missione, cyber security e dispositivi elettronici integrati. Queste solo alcune delle principali aree di indagine che saranno sviluppate dalla Gcap acceleration initiative. Le migliori proposte saranno poi selezionate per la fase di co-progettazione insieme al ministero della Difesa e alle industrie già coinvolte nel programma Gcap.
Supporto industriale
L’iniziativa, infatti, è promossa in collaborazione con la Federazione aziende italiane per l’aerospazio, la difesa e la sicurezza (Aiad), le quattro aziende del consorzio italiano che lavorano sul Gcap, Leonardo, Avio Aero, Elettronica, MBDA Italia, e il Cefriel del Politecnico di Milano. Università, centri di ricerca, imprese e startup saranno coinvolte per condividere idee, competenze e tecnologie di frontiera per lavorare insieme a soluzioni innovative che possano essere applicate nel processo di maturazione tecnologica del Gcap. In particolare l’iniziativa potrà avvalersi di una orma informatica realizzata in collaborazione con Cefriel tramite la quale fare scouting tecnologico.
Il Gcap
Il progetto del Global combat air programme prevede lo sviluppo di un sistema di combattimento aereo integrato, nel quale la piattaforma principale, l’aereo più propriamente inteso, provvisto di pilota umano, è al centro di una rete di velivoli a pilotaggio remoto con ruoli e compiti diversi, dalla ricognizione, al sostegno al combattimento, controllati dal nodo centrale e inseriti in un ecosistema capace di moltiplicare l’efficacia del sistema stesso. L’intero pacchetto capacitivo è poi inserito all’intero nella dimensione all-domain, in grado cioè di comunicare efficacemente e in tempo reale con gli altri dispositivi militari di terra, mare, aria, spazio e cyber. Questa integrazione consentirà al Tempest di essere fin dalla sua concezione progettato per coordinarsi con tutti gli altri assetti militari schierabili, consentendo ai decisori di possedere un’immagine completa e costantemente aggiornata dell’area di operazioni, con un effetto moltiplicatore delle capacità di analisi dello scenario e sulle opzioni decisionali in risposta al mutare degli eventi.
Il programma congiunto
L’avvio del programma risale a dicembre del 2022, quando i governi di Roma, Londra e Tokyo hanno concordato di sviluppare insieme una piattaforma di combattimento aerea di nuova generazione entro il 2035. Nella nota comune, i capi del governo dei tre Paesi sottolinearono in particolare il rispettivo impegno a sostenere l’ordine internazionale libero e aperto basato sulle regole, a difesa della democrazia, per cui è necessario istituire “forti partenariati di difesa e di sicurezza, sostenuti e rafforzati da una capacità di deterrenza credibile”. Grazie al progetto, Roma, Londra e Tokyo puntano ad accelerare le proprie capacità militari avanzate e il vantaggio tecnologico.
Il mercato si mangia i servizi pubblici | Jacobin Italia
"Accade in Toscana: l’operazione Multiutility, promossa dai sindaci Pd con l’appoggio della destra, trasforma in Spa beni comuni e pezzi di welfare. Ma esiste un’opposizione dal basso che sta mettendo in discussione il progetto."
In Cina e in Asia – Xi: le forze armate si preparino per i combattimenti veri
Xi: le forze armate si preparino per i combattimenti veri
Arrestato per corruzione il giudice della corte suprema cinese
Pechino rafforza il suo ruolo come mediatore nei conflitti internazionali
La Cina riscrive la storia sulla pandemia
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Così l’Italia potrebbe attirare investimenti nelle aziende tecnologiche
Come gli effetti della politica fiscale possono attrarre risorse ed investimenti dall’estero
L’aspettativa che la situazione economica-finanziaria in Israele si deteriori e l’attesa di eventuali azioni dell’attuale governo per limitare i trasferimenti di risorse finanziarie fuori dal proprio territorio nazionale ha generato molta apprensione nella “startup nation”. Il contesto di percepita instabilità ha determinato iniziative per ricollocare risorse finanziarie e parte delle operations in altri paesi.
Ne è un esempio Riskfied, azienda “tech” quotata al New York Stock Exchange con una capitalizzazione oggi non molto distante da 1 miliardo di dollari, che ha comunicato l’intenzione di trasferire 500 milioni di dollari fuori da Israele (Fonte Globes, 8 Marzo 2023), ha avviato un piano assunzioni nel dipartimento di ricerca e sviluppo a Lisbona e ha comunicato il pieno supporto ai dipendenti che hanno interesse al trasferimento in Portogallo. Certamente la percezione di instabilità internazionale, in particolare in un paese a noi vicino e importante come Israele, non giova al contesto generale, ed è auspicabile che la tensione possa risolversi nel minor tempo possibile.
E’ sempre più evidente, però, che la competitività di un’economia non può essere ridotta solo al PIL ma deve considerare anche la dimensione politica, sociale e culturale. La capacità di attrazione di investimenti esteri, e quindi la presenza di un ambiente caratterizzato da infrastrutture, istituzioni e politiche efficienti che incoraggino la creazione di valore sostenibile da parte delle imprese, consente l’evoluzione del sistema produttivo stesso.
In tale ottica, “l’attesa” riforma della politica fiscale rappresenta un elemento cardine per mantenere la competitività del nostro Paese. La riforma che ci si aspetta dovrebbe favorire la crescita delle imprese sia in termini di giro d’affari che in termini di consistenza patrimoniale, superando alcune delle principali criticità del tessuto produttivo nazionale, da tempo oramai note. In tal senso l’auspicata riduzione progressiva delle aliquote fiscali per le imprese, premiando quelle che investono e assumono a tempo indeterminato in Italia, va in questa direzione.
La riforma della politica fiscale, inoltre, dovrebbe auspicabilmente creare le condizioni per favorire l’ingresso di risorse e competenze da paesi esteri, fronteggiando anche la concorrenza sleale dei paradisi fiscali europei, che invece genera un flusso di risorse e di competenze inverso, ovvero dal nostro territorio nazionale verso altri paesi. Certamente, oltre al vincolo di bilancio dello Stato e dunque di sostenibilità nel tempo, gli interventi di politica fiscale focalizzati e sistemici su specifici settori produttivi o funzioni aziendali hanno mostrato nel tempo una maggiore efficacia e capacità di conseguire i risultati attesi.
Il settore tecnologico rappresenta uno degli elementi principali per mantenere la competitività del Paese, e la capacità di attrarre risorse e competenze qualificate da uno dei Paesi più avanzati in tale ambito, potrebbe rappresentare un’opportunità unica per generare un effetto moltiplicatore sulle competenze già presenti e la creazione di un ecosistema di innovazione attrattivo anche per altri Paesi. Lo sviluppo del settore tecnologico è quello che trasversalmente può generare una crescita in tutti i settori, generando un indotto capace di favorire un impatto sull’ammodernamento di tutto il Paese.
L’Italia ha da sempre un ruolo centrale, seppur faticoso, nell’area del mediterraneo e certamente può rappresentare la porta per l’integrazione europea, per un paese come Israele, con cui si condividono radici culturali e che certamente rispetto al Portogallo rappresenta un contesto economico più avanzato e dimensionalmente assai più consistente, considerato che il nostro PIL è maggiore di quello del Portogallo per circa nove volte.
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Def-inire.
C’è un filo che lega il Def (documento di economia e finanza), approvato ieri dal governo, l’impegno per il pieno successo del Pnrr e le nomine nelle imprese controllate dallo Stato. Che destano nervosismo nella maggioranza. E c’è una partita politica, che accompagna lo sgranarsi di quella collana.
I dati Eurostat confermano un dato positivo e un danno permanente. Il dato positivo è che, fra il 2021 e il 2022, l’occupazione è cresciuta più della media Ue (+1.9% rispetto a +1.5%). Il danno permanente è che in nessun Paese europeo si lavora in meno numerosi che in Italia: da noi il 60.1% della popolazione attiva; nella media Ue il 69.9; ma in Germania (la prima potenza industriale, noi siamo la seconda) il 77.2%. Queste sono medie, se guardiamo dentro la realtà italiana troviamo aree che superano la quota europea e aree d’inammissibile arretratezza. Non solo lavoriamo in pochi, ma non si trovano italiani disposti o capaci di fare molti lavori. Siccome la crescita della ricchezza è frutto del lavorare e dell’intraprendere, noi sommiamo una crescita inferiore al possibile e uno squilibrio territoriale non sostenibile. E questo ci porta al Def.
La dottrina spendarola, a destra e a sinistra, detta una solenne sciocchezza: più lo Stato spende e più si cresce. Se fosse vero, con il debito che ci ritroviamo e, quindi, la spesa in deficit fatta, dovremmo essere i campioni europei. Ma non è vero. Però è affasciante, specie se si punta a raccattare voti usando i soldi dei contribuenti onesti. Per questo è significativamente positivo che il Def descriva un calo progressivo del peso del debito pubblico sul prodotto interno lordo, in continuità con i conti del governo Draghi. Perché segnala che non si è abbracciata la dottrina spendarola. E questo origina già dalla campagna elettorale, quando Forza Italia e Lega reclamavano lo spendarolo “sfondamento di bilancio” e Fratelli d’Italia s’opponeva. Il partito d’opposizione era più draghista dei due al governo. E questo è il punto relativo alla partita politica. Ci arriviamo.
Nel Def il deficit resta alto (4.5), ma in linea con le previsioni. Il 2023 si conferma anno di crescita (l’opposto della recessione inesistente, di cui si strillazzava in campagna elettorale), semmai più marcata: 1%. Senza, però, che ci sia traccia dei soldi Pnrr. Non che il governo non pensi di utilizzarli (sarebbe una follia), ma, prudentemente, non ne contabilizza gli effetti nell’immediato, guarda un po’ oltre. Se tutto andrà per il meglio, insomma, si rivedrà al rialzo la crescita e il governo (giustamente) s’attaccherà una medaglia al petto. Ma può andare per il meglio? Qui si arriva alle nomine.
Sono sempre state politiche e sono sempre state spartitorie. I moralismi a intermittenza sono immorali. Preferirei meno Stato nel mercato e diversa procedura, ma questa è la zuppa ed è inutile far boccuccia. La novità è un’altra: da quelle grandi società passa parte significativa delle opere Pnrr. Qui non si giocano delle poltrone, ma la testa dell’operazione. Non è che Meloni, come taluni scrivono, voglia tutto per sé, è che non vuole si riproduca la divisione della campagna elettorale sullo sfondamento, per cui taluni puntano al fallimento per poi inscenare il vittimismo e la rottura europea (con il plauso del Cremlino). Sono forze che vogliono ingabbiare una Meloni già impastoiata con le proprie stesse parole sbagliate: si è ancora fermi sulla concorrenza e il 20 aprile si pronuncia la Corte di giustizia sui balneari.
L’interesse dell’Italia è che quegli investimenti riescano. Un dovere da definire e adempiere. Sarebbe interesse comune che anche l’opposizione se ne rendesse conto, anche perché governare dopo un fallimento sarebbe atroce. Ma, riuscendoci, il partito pragmatico di centro diventerà l’attuale destra e quelli che volevano stare al centro verranno sbattuti alla destra protestataria. A quel punto o si fa il salto, portando in Parlamento il dialogo istituzionale, o si resta nella marana delle false alleanze, incapaci di governare.
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MEPs to call for renegotiation of EU-US data transfer framework
EU lawmakers are set to adopt a non-binding resolution urging the European Commission not to endorse the Data Privacy Framework for transatlantic data flows until fundamental rights concerns are fully addressed. The draft motion, seen by EURACTIV, is expected to...
Dopo il riscontro ottenuto nelle prime tre settimane, l’esposizione de “Il libro del mese” dedicata al Centenario dell’Aeronautica Militare proseguirà fino al 28 aprile.
Qui tutti i dettagli ▶️ miur.gov.
Ministero dell'Istruzione
Dopo il riscontro ottenuto nelle prime tre settimane, l’esposizione de “Il libro del mese” dedicata al Centenario dell’Aeronautica Militare proseguirà fino al 28 aprile. Qui tutti i dettagli ▶️ https://www.miur.gov.Telegram
Hikikomori. Un’indagine in Italia | La Città di Sotto
"I ragazzi e le ragazze in ritiro sociale volontario usano l’isolamento come forma di autodifesa, rispondendo con questa forma di resistenza ai principi, ai dettami, ai tempi e alle forme relazionali di una società che li vuole sempre prestazionali, impeccabili, senza possibilità di errore. Abbiamo voluto accendere una luce sulle loro storie e bussare a quelle porte chiuse. Non per giudicarli, ma per provare a riaccompagnarli al mondo."
Gli stipendi devono crescere poco: il governo Meloni lo ha scritto davvero | L'Indipendente
«Il governo Meloni tutelerà la “moderazione della crescita salariale per prevenire una pericolosa spirale salari-prezzi”, come si legge nel comunicato stampa dell’ultimo Consiglio dei ministri. In poche parole, gli stipendi devono crescere poco perché tanto, prima o poi, l’inflazione si arresterà risolvendo il problema. A pagarne le spese, nel frattempo, è il potere di acquisto degli italiani che per sopravvivere tra inflazione e caro vita devono attingere ai propri risparmi.»
Fr. #26 / Di faide social e spioni
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Elon Musk vs Substack
Paura e delirio nelle strade di Twitter per una faida tra Elon Musk e Substack. Tutto inizia qualche giorno fa, dopo l’annuncio di un nuovo servizio da parte della piattaforma che ospita anche Privacy Chronicles: Substack Notes, una sorta di estensione social che in sarà molto simile al funzionamento di Twitter.
Re Elon non ha preso bene la notizia, iniziando così una serie di azioni di guerriglia contro tutto ciò che è Substack: tweet, menzioni, link. Ad esempio, negli ultimi giorni era impossibile interagire con i tweet contenenti link ad articoli su Substack, e i link stessi venivano identificati come contenuto potenzialmente malevolo. Una censura di massa che ha colpito anche me.
Twitter è fico, ma vogliamo parlare di Privacy Chronicles?
Oggi Elon sembra invece aver cambiato idea, e la situazione è tornata altrettanto velocemente alla normalità. Come mai? È una questione di proprietà privata e incentivi economici.
Come saprete, se c’è una cosa che Elon Musk odia più della concorrenza sono i mass media mainstream, che ricambiano cortesemente. Censurando Substack, una delle primarie fonti d’informazione alternative, Elon ha però finito per agevolare i primi, censurando la voce di milioni di persone che permettono a Twitter di essere quello che è.
Elon ha ragione da vendere a voler intralciare con ogni mezzo un suo competitor, ma non può farlo: censurare Substack significherebbe contraddire i suoi stessi principi e finire per autodistruggere ciò che rende Twitter un social unico nel suo genere.
Nel diventare il Regno di Elon Musk, Twitter oggi ha chiari incentivi economici per essere molto più equilibrato e libero rispetto a quando era invece una democrazia rappresentativa con un Board eletto, che non avendo skin in the game poteva prendere decisioni scellerate senza alcuna conseguenza.
Based FBI
Secondo un dossier FBI intitolato “Involuntary Celibate Violent Extremism” usare termini sui social come “Chad”, “Based”, “Red Pill”, “Stacy” potrebbe farvi finire in una watchlist di persone considerate a rischio di estremismo violento.
Fonte: zerohedge.com/political/fbi-do…
Non è ben chiaro cosa ci faccia l’FBI con queste watchlist, ma dato che ricadono nell’ambito del terrorismo domestico, certamente nulla di buono.
Se i Twitter Files12 ci hanno insegnato qualcosa, è che della buona sorveglianza non va mai sprecata. Attività di questo tipo, agevolate dai social, possono portare a una profilazione politica delle persone che tornerà molto utile durante le prossime elezioni presidenziali.
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Tesla ti spia nel garage
Secondo il Seattle Times i dipendenti di Tesla avrebbero l’abitudine di guardarsi le registrazioni delle telecamere montate sulle Tesla e condividerle tra loro. Sì, anche i video registrati nei cortili di casa.
Per chi non lo sapesse, le automobili Tesla posseggono telecamere in grado di registrare e analizzare l’ambiente circostante grazie a un servizio chiamato Sentry Mode. Con il Sentry Mode l’auto può anche svolgere delle funzioni automatizzate come far suonare l’allarme nel caso in cui il sistema (dotato di algoritmi di machine learning, presumo) identifichi qualcosa come una minaccia. Le registrazioni sono ovviamente disponibili ai tecnici Tesla per diversi motivi, che ci fanno poi un po’ quello che vogliono.
Il Sentry Mode può essere configurato per evitare le registrazioni in alcuni luoghi e può anche essere disattivato, ma tra il dire e il fare… In ogni caso non c’è nessun problema: pare che Tesla abbia iniziato ad avvertire i clienti che il Sentry Mode potrebbe violare le normative sulla privacy.
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Certo è che il concetto di “auto-sorveglianza” assume tutto un altro significato.3
Meme del giorno
Citazione del giorno
“Democracy virtually assures that only bad and dangerous men will ever rise to the top of government.”
Hans-Hermann Hoppe
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La nuova arma legale degli Stati Uniti contro Cina e Russia
Il governo degli Stati Uniti ne è convinto: TikTok è un problema di sicurezza nazionale e va vietato. Il sentimento comune è che il social network di ByteDance potrebbe essere a tutti gli effetti un cavallo di Troia del governo cinese per spiare gli Stati Uniti. Come misura preventiva, già a dicembre l’installazione dell’app è stata vietata su qualsiasi dispositivo federale…
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4 days ago · 5 likes · Matte Galt
Twitter Files: dalla censura politica al ban di Trump
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"Pay or Okay" - the beginning of the end?
"Pay or Okay": l'inizio della fine? "PUR Abo" su derStandard.at illegale secondo la DPA austriaca
Manuel D'Orso reshared this.
La fuga di documenti segreti sull’Ucraina è la punta dell’iceberg: l’analisi che fa tremare gli Usa. Di @Idart87 su @fanpage
@Politica interna, europea e internazionale
La divulgazione di documenti top secret del Ministero della Difesa Usa su Twitter e Telegram, verificatasi nei giorni scorsi, rappresenta la peggiore violazione della sicurezza nazionale degli ultimi anni, ma si tratta solo della punta dell'iceberg, trattandosi di materiali che avevano iniziato a circolare molto prima che tutto ciò fosse notato.
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Senza rete
La crescita economica dell’Italia, per il presente e il prevedibile futuro, dipende dalla capacità odierna di rendere effettivi gli imponenti investimenti e le decisive modernizzazioni previste dal Pnrr. Il governo ci si gioca la faccia. L’opposizione non può scommettere sul fallimento, perché sarebbe anche quello dell’Italia. Eppure s’assiste a continui rinvii e distratti silenzi. Come se la partita si giocasse in un altro stadio, animato da propagande che sembrano essere la sola specializzazione degli astanti. Parliamo di servizi e reti digitali, di cui pare non interessi nulla a nessuno.
Il piano del governo era quello di far confluire il Sistema pubblico di identità digitale (lo Spid) nella Carta d’identità elettronica (Cie). Tanto che s’era supposta, allo scadere della convenzione con i privati che lo forniscono e gestiscono (il prossimo 23 aprile), l’estinzione dello Spid. Il che gettava nella costernazione quanti avevano tribolato e pagato per averlo. Ma, a parte le difficoltà e le lentezze nel rilascio della Cie, alcuni numeri avrebbero dovuto suggerire un approccio meno assertivo: attualmente sono stati assegnati 33.5 milioni di Spid e consegnate 32.7 milioni di Carte, dimostrandosi che gli italiani si dispongono con piacere ad avere interazioni digitali con la Pubblica amministrazione, ma, dal punto di vista operativo, con lo Spid sono stati effettuati 1 miliardo di accessi ai servizi, con la Carta 21 milioni. Supporre di chiudere il primo era fantasioso.
Nel mentre il problema serio è quello di predisporre servizi amministrativi digitalmente efficienti, con schemi e tracciati sempre uguali – non ciascuno secondo il proprio gusto – e senza che il procedimento s’interrompa quando hai già compilato tutto e devi ricominciare da capo; posto che le amministrazioni locali lamentano enormi difficoltà anche solo nell’utilizzo della piattaforma (ReGis) per seguire e rendicontare le opere Pnrr; l’idea governativa di riassetto s’è conclusa con una proroga dei contratti dei privati, per lo Spid, fino al 2024, con un costo aggiuntivo di 40 milioni, mentre per il riordino ci si vede nel 2025. Chi ci sarà.
Per far funzionare qualsiasi interazione digitale occorre avere efficienti reti di telecomunicazione. Nella diffusione della banda ultra larga (più velocità e tempi infinitesimali, vitali per chi ci lavora) l’Italia è indietro, rispetto agli altri europei. Il piano per mettersi in pari, integrato nel Pnrr, è stato elaborato sotto la direzione di Vittorio Colao, nel governo Draghi. Nessuno è perfetto e siamo tutti peccatori, ma Colao rese gigante una multinazionale delle telecomunicazioni, Vodafone. Non se ne è accorto quasi nessuno, ma la settimana scorsa si è riunito – per la prima volta con il governo Meloni – il Comitato interministeriale per la transizione digitale (Citd), decidendo di non transitare, archiviando il piano Colao e creando un coordinamento interministeriale per riscriverlo. Il tutto nel mentre le reti esistenti vedono la partecipazione societaria del governo in aziende diverse e che furono concorrenti, in un trionfo di conflitti d’interessi e mancato coordinamento, e nel mentre giungono offerte di acquisto della rete. Offerte che sono sì di fondi stranieri, ma che già sono presenti nella struttura societaria delle reti italiane e segnatamente in quella della Tim. E nessuno sa, al momento, come andrà a finire (ammesso vada a finire).
Quindi, da una parte si dice che si deve correre e recuperare il tempo perduto, dall’altra si è in piena saga del rinvio, senza che neanche sia chiaro quale si vorrebbe che fosse il punto di approdo.
Questi problemi sono difficili e non mi piace farla facile. Ma c’è un problema grosso, permanente e trasversale: si comincia a studiare un problema quando s’arriva al governo, anziché andare al governo per averlo studiato e avere proposto degli indirizzi. Con un guasto aggiuntivo: il tempo della borsa di studio coincide con la durata del governo. E l’Italia resta indietro.
L'articolo Senza rete proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
La consapevolezza che manca agli Stati europei
Indispensabile, irrealizzabile. Accostando questi due aggettivi si comprende in che cosa consista il dramma europeo. Come dimostra, da ultimo, anche il viaggio del presidente francese Emmanuel Macron in Cina. Mentre l’Europa avrebbe bisogno di una maggiore integrazione per fronteggiare le crescenti minacce alla sicurezza di tutti noi europei, forze potenti, soprattutto il peso e la pressione del passato sul presente, rendono quasi impossibile (il «quasi» è una concessione alla imprevedibilità del futuro) realizzarla.
Il più «europeista» dei presidenti francesi, Macron, ha incontrato Xi Jinping in veste di francese, non di europeo. L’Europa, in quel viaggio, è stata rappresentata dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen ma ha fatto da contorno: una spruzzatina di europeismo su una missione «francese». C’era qualcosa di paradossale. Da un lato, un presidente della Francia che ha sempre l’obbligo di fingersi (perché questo impone la cultura politica nazionale di cui è espressione) il rappresentante di ciò che non c’è più da un pezzo: la grande potenza che la Francia è stata nei secoli passati.
Dall’altro lato, il capo di una superpotenza che mentre stringeva la mano a Macron probabilmente pensava: è solo questione di tempo e questi europei me li comprerò tutti. E difatti, il business è stato in quell’incontro l’unica cosa concreta.
In coincidenza con la nuova prova di forza della Cina contro Taiwan, Macron ha rilanciato ora, in polemica con gli Stati Uniti, l’idea di una «autonomia strategica» europea, di una Europa capace di tutelare i propri interessi, divergenti da quelli dell’America (sottinteso: Taiwan non ci riguarda). Può affascinare certi europei ma si colloca nel solco della tradizione gollista. È l’idea di un’Europa a egemonia francese. Macron si guarda bene dal dire che è pronto a cedere all’Unione il seggio francese all’Onu o di metterle a disposizione la sua forza nucleare. Gli altri governi (tedesco intesta) non possono che essere scettici. Macron sembra parlare più ai francesi che agli altri europei.
Ma non si tratta di gettare la croce sulla Francia. Gli ostacoli a una maggiore integrazione riguardano tutti gli Stati europei, nessuno escluso. È difficile il passaggio dalla «età dell’innocenza» alla «età della consapevolezza». C’è stato un tempo in cui eravamo così «innocenti», così ingenui, da pensare che un giorno, grazie all’integrazione economica, il mercato unico, l’euro eccetera, l’integrazione politica ci sarebbe caduta in grembo come un frutto maturo. Vero che non tutti erano d’accordo. I federalisti spinelliani pensavano che occorresse uno scatto
consapevole, un atto di volontà politica. Ma non dubitavano del fatto che quell’atto fosse possibile. Stiamo entrando, ahinoi, nell’età della consapevolezza. Cominciamo a capire quanto potenti, e forse insormontabili, siano gli ostacoli a una maggiore integrazione che tuttavia dobbiamo continuare ad augurarci, soprattutto a causa dei cambiamenti in atto negli equilibri mondiali. Che faremmo se un giorno gli Stati Uniti decidessero che l’alleanza con l’Europa non è più per loro una priorità? Gli europei antiamericani stapperebbero bottiglie di champagne ma, in assenza di integrazione politica e militare, per l’Europa si tratterebbe del passaggio da una lunga fase di pace, sicurezza e benessere a una fase in cui nessuno di quei beni potrebbe più essere garantito. E sarebbe, probabilmente, anche l’inizio della fine per diverse democrazie europee.
Le integrazioni politiche avvengono nell’uno o nell’altro di due modi: o perché uno Stato potente conquista altri Stati con le armi o perché certi Stati si uniscono per fronteggiare una minaccia esterna. Si spera che la consapevolezza dei pericoli incombenti spinga l’Europa ad unirsi. Ma, al momento, non sembra proprio. In presenza di sfide esterne l’Europa rischia di fare il tragitto contrario, di disgregarsi, di perdere anche quel tanto di integrazione che ha messo insieme negli ultimi settant’anni. Ha osservato giustamente Federico Fubini ( Corriere , 8 aprile) che la guerra in Ucraina spinge gli elettorati europei a premiare partiti nazionalisti, tutti più o meno ostili a una maggiore integrazione politica. Altro che unirsi per fronteggiare il pericolo.
Ci sono sempre stati coloro che, per ottusità o per la spocchia intellettuale che li spinge a non tenere in conto sentimenti e paure dei cittadini comuni, preferiscono demonizzare piuttosto che tentare di comprendere queste tendenze. Eppure, non ci vuole molto a capire. Se ti senti, a ragione o a torto, minacciato, ti aggrappi a ciò che conosci, non a ciò che non conosci. Vuoi essere protetto dal governo del tuo Stato, non da un’entità che non esiste ancora e della quale ti sfuggono le finalità. Anche il caso italiano, come altri, si spiega, almeno in parte, così. Va aggiunto che le persone, in maggioranza, sono legate solo alla comunità in cui sono cresciute, con cui condividono lingua e tradizioni. E le tradizioni europee, dell’Europa del Nord, di quella dell’Est, di quella latina, sono molto diverse. Anche nella cosiddetta Europa carolingia le differenze — fra Francia, Germania, Italia — sono assai forti. Il che spiega perché nemmeno l’idea di una maggiore integrazione solo «fra chi ci sta», da molti invocata, sia realizzabile. La verità è che, a ben guardare, al momento, «non ci sta» nessuno. Come dimostrato anche dal comportamento della Germania. È il passato, la storia europea, il principale ostacolo a una maggiore integrazione.
Finita la Guerra fredda, e unificata la Germania, gli europei, con il trattato di Maastricht (1992), grazie al quale disponiamo della moneta unica, ebbero l’impressione di avere ormai imboccato, con passo spedito, la strada dell’integrazione politica. Ma forse gli storici futuri giudicheranno Maastricht in un altro modo: come il canto del cigno dell’integrazione europea. Abbiamo interdipendenza economica e mercato unico. Ma non sappiamo per quanto tempo ancora.
Riassumendo, mutamenti negli equilibri internazionali di potenza combinati a una forte polarizzazione, una divisione acuta, che sembra destinata a durare, all’interno della democrazia statunitense, non garantiscono che in futuro l’Europa potrà godere ancora a lungo della protezione americana. In questa eventualità, servirebbe una integrazione politica e militare. Ma, per le ragioni dette, quella strada appare bloccata. Naturalmente, e forse per fortuna, per quanti sforzi si facciano per prefigurare gli scenari del futuro, la storia resta imprevedibile. Magari nuovi ed inaspettati eventi mostreranno possibile ciò che ora non sembra esserlo. Tenuto conto di quanto grande sia la posta in gioco per noi europei, non possiamo smettere di augurarcelo.
L'articolo La consapevolezza che manca agli Stati europei proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Ministero dell'Istruzione
🌊 Oggi, 11 aprile, si celebra la #GiornatadelMare. Il Ministero sarà a Genova il 14 aprile per festeggiare, insieme a 700 studenti e alla Guardia Costiera, questo evento.Telegram
Fair weather
When we walk, side by side, like brothers
Oh, glory will stand up and whirl
Then Gabriel will blow as he never has blown before
There'll be fair weather
Together
Side by side
It will know, that hate will die, and love will win
So go forth, heroes!
Peace on earth, and good will to all
Who make it divine and so real
Plant seeds for good deeds, like the trees and of course, love will grow!
Money doesn’t fit into the scheme of things
So how can a house be built on angel wings?
Fair weather
Together
Fair weather my friend
When we walk, side by side, like brothers
Oh glory will stand up and whirl
Then Gabriel will blow as he never has blown before
There'll be fair weather
Together
Fair weather my friend
- Herbie Hancock
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La nuova arma legale degli Stati Uniti contro Cina e Russia
Il governo degli Stati Uniti ne è convinto: TikTok è un problema di sicurezza nazionale e va vietato. Il sentimento comune è che il social network di ByteDance potrebbe essere a tutti gli effetti un cavallo di Troia del governo cinese per spiare gli Stati Uniti. Come misura preventiva, già a dicembre l’installazione dell’app è stata vietata su qualsiasi dispositivo federale.
Anche l’Unione Europea si è lasciata contagiare, e la Commissione ha recentemente deciso di vietare l’installazione di TikTok sui dispositivi dati ai burocrati europei.
Fa un po’ ridere, considerando che abbiamo passato gli ultimi due mesi a discutere di palloni spia nel cielo senza che nessuno sapesse esattamente cosa farne. In ogni caso, loro ne sono convinti, e probabilmente è anche vero.
Ne sono così convinti che il 7 marzo è stata introdotta una proposta di legge pensata proprio per giustificare legalmente un eventuale divieto totale dell’app. Purtroppo, la legge rischia di fare molto di più, e potrebbero esserci implicazioni anche per noi europei.
Presto, iscriviti prima che venga vietata pure Privacy Chronicles!
Il RESTRICT ACT
Il RESTRICT ACT (Restricting the Emergence of Security Threats that Risk Information and Communications Technology Act)1, così è chiamata la proposta di legge, conferisce al Secretary of Commerce il potere di identificare e gestire rischi “inaccettabili” per la sicurezza nazionale derivanti dall’uso di tecnologie ICT controllate da “foreign adversaries”.
Una prima lista degli avversari è già inclusa nella proposta di legge:
- Cina, Hong Kong e Macao
- Cuba
- Iran
- Korea del Nord
- Russia
- Venezuela, sotto il regime di Maduro (sì, è proprio scritto così)
Il Secretary of Commerce avrà poteri pressoché illimitati. Prima di tutto, avrà il potere, in consultazione col direttore della National Intelligence, di rimuovere o inserire foreign adversaries alla lista, in base al suo giudizio.
Vorompatra di Marco Sommariva
Reduce da un corposo tomo che narra di distopia – Ombre dal futuro per le Edizioni Malamente –, per alleggerire un po’ il nostro spirito Marco Sommariva (scrittore genovese, classe 1963) torna in libreria per i tipi di Evoé col romanzo Vorompatra, a vent’anni dalla prima pubblicazione di questo romanzo con Sicilia Punto L. La copertina è opera del fumettista Otto Gabos, la prefazione di Piergiorgio Pulixi. @L’angolo del lettore
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New Kind of Kicks-Marzo 2023
#MastoRadio #fediradio @Musica Agorà
Cerco nei meandri più reconditi la via di fuga dalla normalità, cerco persone non allineate, cerco pensieri fuori dalla scatola e, per fortuna, ogni mese ne trovo.
Con : 3D and the Holograms, Dell’Anima Nella Serpe, Dyatlov, Gravitsapa, Heavy Mother, Itchy & the Nits, Red Mass, Hood Rats, Zoids, Josnali, Bzdet, Legume Sex, Losers Parade, Nightman, Nosferatu, Parking Lot, Poster Fantasi, Receptacles, Sarin Reaper, Teo Wise, Timber Rattle, Uma Vox, Yamamara, Wasted Pido, Zipper
iyezine.com/new-kind-of-kicks-…
New Kind of Kicks-Marzo 2023
Con: 3D and the Holograms, Dell’Anima Nella Serpe, Dyatlov, Gravitsapa, Heavy Mother, Itchy & the Nits, Red Mass, Hood Rats, Zoids, Josnali, Bzdet, Legume Sex, Losers Parade, Nightman, Nosferatu, Parking Lot, Poster Fantasi, Receptacles, Sarin Reaper…Tommaso Salvini (In Your Eyes ezine)
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Fr.#25 / Di guardie e ladri digitali
Il Garante Privacy blocca OpenAI, un commento
Lo saprete tutti: da qualche giorno chatGPT non è più disponibile per l’Italia. Il servizio è stato sospeso dopo un provvedimento del Garante Privacy contro OpenAI, la società dietro al sistema d’intelligenza artificiale.
I motivi della sospensione possono essere sintetizzati nelle seguenti violazioni della normativa privacy europea:
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- Mancanza di una informativa agli utenti e a tutti gli interessati i cui dati vengono raccolti da OpenAI
- Assenza di una base giuridica per la raccolta e conservazione di dati personali usati per “addestrare” gli algoritmi
- Assenza di un filtro per la verifica dell’età degli utenti
Il Garante ha quindi disposto la limitazione immediata del trattamento dei dati di tutti gli utenti situati nel territorio italiano. OpenAI avrà 20 giorni di tempo per comunicare al Garante le misure intraprese per risolvere le violazioni, in attesa dello svolgimento dell’istruttoria aperta.
Guido Scorza, membro del Collegio, commenta così il provvedimento di sospensione1:
Davvero si tratta di scegliere se imboccare la strada dell’innovazione o quella del rispetto dei diritti, delle libertà e della dignità delle persone ed è impossibile pensare di orientare l’innovazione in una direzione più rispettosa delle persone?
Il problema è che la risposta di OpenAI è stata molto semplice: bloccare l’accesso al servizio a 60 milioni di italiani e continuare come se niente fosse. Era la soluzione più efficiente, veloce e scontata. Tutti sapevano che sarebbe andata così.
Ma a parte la risposta di OpenAI, c’è da dire che questo è un provvedimento strano, che non capisco. È strano il suo tempismo, perché è stato qualificato come provvidimento “in via d’urgenza” ancor prima di concludere un’istruttoria. Era davvero urgente sospendere un servizio del genere per mancanza dell’informativa privacy e delle verifiche sull’età degli utenti? Perché poi ricorrere a una misura così forte? La sospensione totale del trattamento non è mai stata richiesta neanche a Google, Meta o TikTok in casi analoghi o ben più gravi. Perché per OpenAI è diverso?
Bloccare l’accesso a 60 milioni di persone crea più danni di quanti ne risolva. Anche a livello sistemico. Sembra infatti che anche altri paesi europei si stiano interessando all’esempio dell’Italia e potrebbero arrivare a bloccare OpenAI. Chi mai vorrebbe investire in UE su tecnologie controverse come l’intelligenza artificiale, sapendo che i loro servizi potrebbero essere bloccati da un momento all’altro? Il rischio imprenditoriale è troppo alto.
Noi italiani / europei potremmo davvero rimanere senza accesso per molto tempo. Con la velocità delle sperimentazioni in questo campo, perdere anche solo qualche mese significa rimanere indietro rispetto al resto del mondo. Perdere accesso del tutto sarebbe un cataclisma.
A che punto l’applicazione della legge smette di essere a tutela delle persone e diventa harakiri?
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I tedeschi se la prendono con Twitter
Pare che la Germania ora ce l’abbia con Twitter. Dopo aver perseguito Telegram adesso hanno deciso che è Twitter a non seguire le regole.
L’Internet non è un luogo senza regole, dicono. Vero, dico io, ma non è detto che le regole debbano essere quelle imposte da loro con la forza. Il Ministro della Giustizia tedesco Marco Buschmann del partito FDP (liberali) avrà sicuramente una sua personalissima idea di regole e giustizia, che grazie alla sua posizione di potere vuole imporre a qualcun altro.
Twitter oggi non piace ai liberali perché è espressione delle idee di Elon Musk, come giusto che sia. Ai liberali non piacciono le idee altrui, specie quando sono apprezzate secondo meccanismi di libero mercato e non imposte con la forza. E non è neanche la prima volta che Musk viene velatamente minacciato da qualcuno dell’Unione Europea.
Magari fra qualche mese ci servirà una VPN per connetterci anche a Twitter, oltre che chatGPT.
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Se non hai niente da nascondere, l’inc… è dietro l’angolo
E se in Europa abbiamo Autorità e legislatori che pretendono il rispetto delle regole, in Egitto abbiamo invece un esempio di come le autorità siano sempre al di fuori di ogni regola di decenza.
La notizia del giorno è che la polizia egiziana sta usando profili fake o profili reali sequestrati a utenti di Grindr per individuare e arrestare gay e altre persone LGBT.
Da qualche giorno infatti il fornitore dell’applicazione ha diffuso un avvertimento2 che non lascia molto alla fantasia:
“We have been alerted that Egyptian police is actively making arrests of gay, bi, and trans people on digital platforms. They are using fake accounts and have also taken over accounts from real community members who have already been arrested and had their phones taken. Please take extra caution online and offline, including with accounts that may have seemed legitimate in the past.”
Quale esempio migliore per ricordare a tutti che privacy e anonimato non sono solo dei vezzi, ma una protezione contro l’abuso dei più forti? Queste persone certamente non avranno nulla da nascondere, ma forse dovrebbero iniziare a farlo e preferire app in grado di tutelare i loro interessi, piuttosto che questi aggregatori che diventano facilmente degli honeypot per le autorità.
Meme del giorno
Citazione del giorno
“Government” itself does no harm, because it is a fictional entity. But the belief in “government” – the notion that some people actually have the moral right to rule over others – has caused immeasurable pain and suffering, injustice and oppression, enslavement and death.”
Larken Rose
Articolo consigliato
Collettivismo vs Privacy
Questa settimana ho letto un interessante articolo tradotto da Bitcoin in Italiano che parla di Bitcoin vs Collettivismo e mi sono detto: cavolo, questa è anche roba da Privacy Chronicles. Possibile che in questi due anni io non abbia mai dedicato un articolo specifico al tema…
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4 days ago · 8 likes · Matte Galt
https://startupitalia.eu/195521-20230401-ecco-perche-abbiamo-deciso-di-silenziare-chatgpt
STEFANO CAVANNA “IL SUONO DEL DOLORE – TRENT’ANNI DI FUNERAL DOOM”
Da qui a pensare di realizzare un volume come “Il Suono del Dolore – Trent’anni di Funeral Doom” il passo è (relativamente) breve. Buon per noi che la Tsunami abbia scelto di sposare il risultato delle sue fatiche, altrimenti non avremmo tra le mani quello che ad oggi possiamo considerare come il volume “definitivo” sul funeral doom metal.
@L’angolo del lettore
iyezine.com/stefano-cavanna-il…
Stefano Cavanna "Il Suono del Dolore" - 2023
"Il Suono del Dolore - Trent’anni di Funeral Doom" riesce ad attrarre immediatamente, finendo per incuriosire anche chi se lo ritrova tra le mani casualmente mentre sfoglia le novità in libreria.Marco Valenti (In Your Eyes ezine)
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