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In Cina e Asia –  Corea del Sud: focus sull’IA al Vertice per la democrazia


In Cina e Asia –  Corea del Sud: focus sull’IA al Vertice per la democrazia vertice democrazia
I titoli di oggi:

Corea del Sud: focus sull'IA al Vertice per la democrazia
IA, la Cina "non è in grado di eguagliare gli Usa"
La Cina utilizza sempre più

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GAZA. Nuovo raid dell’esercito israeliano nell’ospedale Shifa


Fonti palestinesi riferiscono di bombardamenti che hanno provocato morti e feriti nell'area della principale struttura sanitaria di Gaza e di una situazione di grave pericolo per il personale medico e i pazienti. L'articolo GAZA. Nuovo raid dell’esercito

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della redazione

Pagine Esteri, 18 marzo 2024 – Rastrellamenti israeliani sono in corso dalla scorsa notte intorno e dentro l’ospedale Shifa di Gaza city. Fonti palestinesi riferiscono di bombardamenti che hanno provocato morti e feriti nell’area della principale struttura sanitaria di Gaza e di una situazione di grave pericolo per il personale medico e i pazienti. Molti degli sfollati che vi avevano trovato un rifugio sono scappati.

Le forze israeliane, che parlano della presenza nell’ospedale di “miliziani di Hamas”, hanno rioccupato l’edificio con il reparto di chirurgia. Decine di persone sono state arrestate e portate via dai soldati. Lo Shifa venne circondato e poi invaso lo scorso novembre dall’esercito israeliano che lo riteneva una copertura per una base sotterranea di Hamas.

L’offensiva israeliana va avanti ovunque a Gaza in piena crisi umanitaria. Tra sabato sera e ieri si sono registrati oltre 90 morti palestinesi in raid aerei su Nuseirat, Deir al Balah e altre località. Ieri il premier israeliano Netanyahu e il capo di stato maggiore Herzi Halevi hanno ribadito che l’esercito continua a prepararsi ad avanzare sulla città di Rafah sul confine con l’Egitto. L’operazione contro quello che Israele definisce “l’ultimo bastione di Hamas”, desta forti preoccupazioni per le conseguenze che potrebbe avere per oltre un milione di civili palestinesi sfollati in quella zona. Pagine Esteri

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Sudan. Milioni di persone sono alla fame a causa della guerra


Si prevede che quasi 730.000 bambini in tutto il Sudan soffriranno di grave malnutrizione acuta, compresi oltre 240.000 bambini nel Darfur. L'articolo Sudan. Milioni di persone sono alla fame a causa della guerra proviene da Pagine Esteri. https://pagin

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della redazione

Pagine Esteri, 18 marzo 2024 – Quasi cinque milioni di persone in Sudan nei prossimi mesi soffriranno la fame in alcune parti del paese dilaniato dalla guerra. L’allarme è stato lanciato dal capo degli aiuti umanitari dell’Onu, Martin Griffiths.

I livelli acuti di fame, spiega Griffiths, sono causati dal grave impatto del conflitto sulla produzione agricola, dai danni alle principali infrastrutture e ai mezzi di sussistenza, dalle interruzioni dei flussi commerciali, dai forti aumenti dei prezzi, dagli ostacoli all’accesso umanitario e dagli sfollamenti su larga scala.

“Senza assistenza umanitaria urgente e accesso ai beni di prima necessità…quasi 5 milioni di persone potrebbero scivolare in una catastrofica insicurezza alimentare in alcune parti del paese nei prossimi mesi”, ha detto

Si prevede che quasi 730.000 bambini in tutto il Sudan soffriranno di grave malnutrizione acuta, compresi oltre 240.000 bambini nel Darfur. “Un aumento senza precedenti nel trattamento del deperimento grave, la manifestazione più letale della malnutrizione, è già stato osservato nelle aree accessibili”, ha affermato Griffiths.

La guerra è scoppiata in Sudan il 15 aprile 2023 tra l’esercito sudanese e le Forze paramilitari di supporto rapido (RSF). Secondo le Nazioni Unite quasi 25 milioni di persone – metà della popolazione del Sudan – hanno bisogno di aiuti e circa 8 milioni sono fuggiti dalle proprie case. Pagine Esteri

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ISRAELE. Come i notiziari televisivi si sono uniti allo sforzo bellico contro Gaza  


I cambiamenti tettonici nelle trasmissioni israeliane hanno giocato un ruolo chiave nel plasmare il discorso nazionalista e militarista del Paese. L'articolo ISRAELE. Come i notiziari televisivi si sono uniti allo sforzo bellico contro Gaza proviene da

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Di Eyal Lurie-Pardes* – + 972 Local Call

(traduzione di Federica Riccardi)

Negli ultimi mesi, le persone di tutto il mondo hanno seguito da vicino la continua brutalità della guerra a Gaza. Immagini di palestinesi in fuga verso sud e alla ricerca di parenti sotto le macerie, video di bambini alla ricerca di cibo e acqua, queste e altre ancora sono circolate sui social media e sulle reti di informazione ogni giorno dal 7 ottobre.

Ma queste immagini non si trovano praticamente da nessuna parte nei media israeliani. La maggior parte dei notiziari israeliani raramente aggiorna il numero di vittime palestinesi – che ha superato i 30.000 – né informa i propri spettatori che circa il 70% delle vittime dell’offensiva israeliana sono donne e bambini.

La meta-narrazione presentata dai media israeliani definisce l’attacco di Hamas al sud di Israele come la genesi e il cuore dell’attuale crisi geopolitica. Ogni giorno c’è una nuova angolazione sugli eventi del 7 ottobre: nuovi filmati delle incursioni di Hamas nei kibbutzim, testimonianze di soldati che hanno partecipato alle battaglie o interviste ai sopravvissuti. Inoltre, i giornalisti israeliani coprono gli eventi attuali a Gaza quasi interamente attraverso l’unica lente del 7 ottobre e dei suoi effetti a catena.

Si tratta di una decisione consapevole dei media israeliani. In un’intervista al New Yorker, Ilana Dayan, una delle più apprezzate giornaliste israeliane, ha spiegato: “Intervistiamo le persone sul 7 ottobre – siamo bloccati al 7 ottobre”. Oren Persico, collaboratore di The Seventh Eye, una rivista investigativa indipendente che si occupa di libertà di parola in Israele, ha dichiarato a +972: “C’è un circolo vizioso in cui i notiziari si astengono dal mettere il pubblico di fronte alla scomoda verità e, di conseguenza, il pubblico non la chiede”.

Questo circolo vizioso è comprensibile, in una certa misura. L’attacco del 7 ottobre è stato forse la più grande calamità della storia di Israele. Nel giorno più letale per il popolo ebraico dal 1945, più di 1.200 israeliani sono stati uccisi e 243 sono stati portati come ostaggi a Gaza, la maggior parte dei quali civili. Per la prima volta nella storia dello Stato, un nemico ha conquistato temporaneamente il territorio controllato da Israele. Gli ebrei israeliani continuano a elaborare questo trauma nazionale e, di conseguenza, non hanno ancora recuperato un senso di sicurezza. Le testate giornalistiche, quindi, non solo alimentano il pubblico con una particolare narrazione, ma riflettono anche oggettivamente il sentimento dominante.

Tuttavia, negli ultimi cinque mesi, i media israeliani hanno fatto molto di più che rispecchiare semplicemente la società israeliana. I media, e in particolare i notiziari televisivi, hanno intrapreso azioni per posizionarsi come incarnazione del patriottismo israeliano. Definiscono ciò che è di interesse pubblico, tracciano i confini del discorso politico legittimo e presentano solo una certa verità ai cittadini israeliani. Questa posizione serve sia i loro interessi commerciali sia gli interessi nazionali dichiarati dal governo e dalle forze armate. In questo modo, i notiziari televisivi si muovono costantemente su una linea sottile tra propaganda e giornalismo.

Per capire perché i media israeliani coprono la guerra di Gaza in questo modo, è fondamentale comprendere le tendenze storiche dei media e il loro ruolo nello spostare l’opinione pubblica israeliana verso destra. I media sono diventati parte indelebile di un ciclo in cui gli israeliani diventano sempre più nazionalisti e militaristi, il che li rende avidi di notizie che celebrano la guerra e oscurano o addirittura omettono la copertura dei suoi costi. Il pubblico riceve solo questa narrazione celebrativa e il circolo vizioso continua.

Per analizzare questa realtà, l’analisi che segue si concentra principalmente sui notiziari televisivi, che sono il mezzo predominante attraverso il quale gli israeliani fruiscono delle notizie. Ma lo stesso schema si manifesta in tutte le altre forme dei media, rendendo il ciclo pervasivo.

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La trasformazione del panorama mediatico

Fino agli anni Duemila, l’informazione televisiva generalista era considerata una roccaforte dell’élite sionista laica e liberale. Questa élite controllava le emittenti pubbliche finanziate dal governo, che hanno avuto il monopolio delle trasmissioni fino agli anni ’90, e successivamente del Canale 12 e del Canale 13, di proprietà privata.

Tutti questi canali si rivolgevano generalmente a un pubblico centrista e, in generale, raramente contestavano l’occupazione israeliana, il movimento dei coloni o le violazioni operate delle forze di sicurezza. Hanno avuto una forza maggiore quando hanno raccontato altre questioni liberali come la corruzione del governo, l’uguaglianza di genere e, negli ultimi anni, i diritti LGBTQ+. Atteggiamenti simili si riscontrano nei media scritti, con la notevole eccezione del quotidiano di sinistra Haaretz, che pubblica un giornalismo più rigoroso sulle questioni palestinesi. Tuttavia, vale la pena notare che, nonostante l’alto riconoscimento del nome di cui gode all’estero, Haaretz ha un pubblico israeliano relativamente limitato – circa il 5% dei lettori di giornali locali.

Negli ultimi due decenni la scena giornalistica in Israele ha subito cambiamenti tettonici. Da istituzione prevalentemente centrista, si è trasformata in un campo polarizzato: un polo è una macchina dichiaratamente di destra e l’altro è apologeticamente centrista, nel timore di essere percepito come troppo di sinistra.

Fin dal primo mandato di Benjamin Netanyahu come primo ministro, alla fine degli anni ’90, egli ha criticato aspramente i media tradizionali, definendoli una fonte di informazione di estrema sinistra e inaffidabile. (Questa ossessione per i media è alla base delle accuse di corruzione che sta affrontando, tutte legate ai suoi tentativi di influenzare i media israeliani per ottenere una copertura lusinghiera). Dopo la sua prima estromissione, nelle elezioni del 1999, Netanyahu ha deciso che per tornare al potere era indispensabile rimodellare i media israeliani.

Ha raggiunto questo obiettivo creando un amplificatore indipendente per se stesso e per le sue opinioni, aggirando i media tradizionali. Nel 2007, Netanyahu avrebbe convinto Sheldon Adelson a fondare il quotidiano gratuito Israel Hayom, che gradualmente è diventato il giornale più letto in Israele. Fino alla morte di Adelson, avvenuta qualche anno fa, e ai successivi cambiamenti nella sua redazione, il giornale era immancabilmente favorevole a Netanyahu.

Il primo ministro ha voluto rimodellare anche l’ecosistema dei notiziari televisivi per il loro ruolo determinante nell’influenzare il sentimento pubblico. Sotto il controllo del suo partito Likud, il Ministero delle Comunicazioni ha promosso cambiamenti normativi che hanno permesso al Canale 14 di trasformarsi da “canale del patrimonio culturale” (autorizzato a trasmettere programmi sull’ebraismo) in un vero e proprio canale di notizie che fornisce ore di copertura al giorno, rendendolo una versione israeliana di Fox News. In mezzo alla polarizzazione politica su Netanyahu e la revisione del sistema giudiziario, la popolarità di Canale 14 è cresciuta, soprattutto tra i sostenitori di Netanyahu, rendendolo secondo solo a Canale 12 in termini di audience.

Questi cambiamenti strutturali hanno coinciso con un cambiamento nella composizione dei giornalisti in Israele. Poiché negli ultimi 20 anni la società israeliana è diventata più di destra, soprattutto per quanto riguarda la questione palestinese, è aumentato anche il numero di giornalisti sionisti religiosi di destra, molti dei quali coloni.

Persico, di The Seventh Eye, ha affermato che questi cambiamenti “creano due universi paralleli con presupposti fondamentali anch’essi paralleli, divisi tra Bibisti e non-Bibisti”. Ma anche sui canali mainstream, ha proseguito, “le dichiarazioni di incitamento che una volta si sentivano solo nelle prediche settimanali delle sinagoghe religiose sioniste possono ora essere ascoltate da importanti redattori e giornalisti”. Per esempio, su Canale 12, solo alcuni corrispondenti e ospiti sostengono la necessità di ristabilire gli insediamenti a Gaza, mentre su Canale 14 lo fanno in modo più esplicito ed esteso.

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Il portavoce militare israeliano Daniel Hagari

Abbracciare la propaganda

Dopo la guerra di Gaza del 2014 – in cui sono stati uccisi 68 israeliani e oltre 2.200 palestinesi – Dana Weiss, una delle principali corrispondenti di Channel 12, si è lamentata del fatto che una delle lezioni della copertura della guerra è che i media israeliani dovrebbero fare di più per mettere in evidenza le voci dei palestinesi nella Striscia. “La propensione degli israeliani ad ascoltare le domande difficili sta svanendo”, ha avvertito.

Ma nel clima nazionalista creatosi all’indomani del 7 ottobre, la copertura della devastazione che Israele sta scatenando a Gaza è introvabile. Alcuni giornalisti hanno persino messo in dubbio che i media debbano pubblicare storie che potrebbero danneggiare il morale nazionale.

Fin dall’inizio della guerra, i canali televisivi hanno guidato lo sforzo di hasbara in Israele. Hasbara – che in ebraico significa “spiegare” – è usato per descrivere il sostegno a favore di Israele, ma è essenzialmente un discorso ambiguo di propaganda. Elementi di hasbara compaiono in ogni canale televisivo. Ad esempio, dal 7 ottobre, il logo di ogni canale è stato modificato per includere la bandiera israeliana e lo slogan governativo “Yachad Nenatzeach” (“Insieme vinceremo”).

Come parte di questa hasbara, tutte le reti di informazione mainstream ritraggono Israele come la vittima finale e gli attacchi di Hamas come una dimostrazione di brutalità senza pari. Questo vittimismo è uno status esclusivo: non lascia spazio alla sofferenza dei palestinesi di Gaza, né al livello della crisi umanitaria che stanno affrontando. I notiziari della televisione mainstream israeliana raramente documentano le rovine di Gaza o l’entità degli sfollamenti e delle distruzioni. Quando lo fanno, la responsabilità di queste perdite viene addossata ad Hamas.

Chiunque contesti questa narrazione viene attaccato. Ad esempio, quando il Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha condannato esplicitamente l’attacco di Hamas del 7 ottobre, ma ha affermato che “non è avvenuto nel vuoto” – facendo riferimento ai 56 anni di occupazione israeliana come contesto determinante – i media israeliani si sono scatenati.

Invece di fornire una spiegazione onesta della sua posizione dominante a livello internazionale, i giornalisti israeliani hanno fatto a gara a chi criticava più aspramente Guterres. Almog Boker, uno dei più popolari corrispondenti di Channel 13, ha affermato che il capo delle Nazioni Unite stava “giustificando le atrocità di Hamas”. Un titolo di Ynet recitava: “Perché il Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres ha così tanta antipatia per Israele?”. Anche Canale 12 ha definito le sue dichiarazioni “oltraggiose“.

L’esercito è la fonte

La stretta interazione tra i media israeliani e l’esercito crea, senza sorpresa, diversi punti ciechi nella copertura della realtà di Gaza. La presenza dei media internazionali è stata praticamente inesistente nelle prime settimane di guerra e la maggior parte dei giornalisti internazionali ha lasciato Gaza per la propria sicurezza. I bombardamenti israeliani e i blackout intermittenti dell’elettricità e delle comunicazioni hanno ostacolato la capacità di cronaca dei giornalisti palestinesi locali.

Con l’avanzare dell’invasione di terra, l’esercito israeliano ha permesso ad alcuni giornalisti – sia israeliani che internazionali – di entrare a Gaza, ma solo se accompagnati dai militari. Tali visite sono solitamente dirette dall’unità dei portavoce dell’IDF, il che significa che i giornalisti non sono in grado di intervistare direttamente i palestinesi o di accedere in modo indipendente ai siti in rovina. Possono vedere solo ciò che viene loro presentato.

L’influenza dei militari va ben oltre il controllo dell’accesso alle informazioni. Per i primi tre mesi di guerra, il capo dell’unità portavoce dell’IDF, Daniel Hagari, ha tenuto conferenze stampa quotidiane trasmesse in diretta su tutti i canali in prima serata. Queste conferenze stampa includevano aggiornamenti sullo stato della guerra, ma solo sporadicamente contenevano istruzioni per il pubblico o informazioni veramente degne di nota. Hagari era ampiamente considerato dal pubblico israeliano come una fonte affidabile di informazione, soprattutto in relazione alla mancanza di fiducia del pubblico nel governo in carica, e la sua presenza non necessaria ma costante ha dato all’esercito il controllo sulla narrazione dei notiziari.

Inoltre, i corrispondenti militari, che si affidano in larga misura all’esercito israeliano come principale fonte, ne tessono costantemente le lodi. Non si tratta di una tendenza nuova. Anche prima della guerra, i corrispondenti militari spesso pubblicavano testualmente le dichiarazioni dell’IDF, senza menzionare che l’esercito fosse l’unica fonte di informazioni. Inoltre, amplificano ferocemente i presunti successi ottenuti dalle forze israeliane a Gaza e sostengono la continuazione dell’operazione.

Lo stesso vale per molti altri giornalisti e per l’establishment dei media nel suo complesso. Questo è in parte un effetto secondario della formazione giornalistica ricevuta attraverso l’esercito israeliano. La formazione di base per molti giornalisti in Israele avviene presso il Galatz, la radio dell’esercito israeliano, non nelle università o nei giornali locali. Infatti, Galatz seleziona decine di soldati israeliani appena arruolati per lavorare alla stazione come parte del loro servizio obbligatorio. Questi soldati ricevono un addestramento e un’esperienza impareggiabili e molto apprezzati, che li rendono particolarmente appetibili per un successivo reclutamento professionale al termine del servizio.

Persico ha sottolineato l’importanza di questo background, sostenendo che “generazioni di giornalisti israeliani sono cresciuti [professionalmente] sotto questa supervisione militare, che li ha addestrati a pensare che ci sono cose che non possono pubblicare”. Di conseguenza, questa educazione ha fatto crollare nel tempo la concezione fondamentale dell’indipendenza della stampa in Israele.

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Promuovere false narrazioni, disumanizzare i palestinesi

Oltre a omettere la copertura essenziale sulle vite dei palestinesi, i media israeliani svolgono anche un ruolo attivo nel creare percezioni completamente false della guerra e dell’opinione pubblica palestinese.

Una delle principali differenze tra la copertura internazionale e quella israeliana della guerra, ad esempio, è la questione della legittimità di Hamas tra i palestinesi, che è diventata una fissazione ricorrente dei media mainstream in Israele. Tra i gazawi ci sono certamente critiche nei confronti di Hamas per non aver garantito la sicurezza o non aver fornito assistenza umanitaria durante la guerra. Ma i media israeliani ritraggono Hamas sul punto di perdere tutta la sua credibilità tra i palestinesi.

Sul Canale 12, Ohad Hemo e Ehud Yaari, i principali corrispondenti di questioni arabe e palestinesi in Israele, hanno riferito che le tensioni tra i civili gazawi e Hamas si stanno intensificando. Secondo loro, i gazawi hanno detto che “invece di ‘ciao’, la frase più comune per strada tra le persone è “che Dio si vendichi di Hamas'”.

Qualche settimana fa, i canali televisivi israeliani hanno diffuso un filmato di migliaia di palestinesi che fuggivano da Khan Younis attraverso un corridoio umanitario scandendo: “Il popolo vuole abbattere Hamas”. Nessuno di loro ha menzionato, come rivelato da +972, che sono stati costretti a farlo dai soldati israeliani per essere lasciati passare. Anche se i media non ne erano a conoscenza, qualsiasi giornalista decente avrebbe dovuto mettere in dubbio il significato di quei canti come indicatore della legittimità di Hamas, soprattutto se si considera che i video sono stati girati da soldati e che i palestinesi erano alla mercé dell’esercito israeliano.

La narrazione del presunto imminente crollo di Hamas è stata rafforzata da altri video, come quelli dei palestinesi nel nord di Gaza che consegnano le armi a Israele. Inizialmente, i canali di informazione hanno rapidamente amplificato che “centinaia di militanti di Hamas si stanno arrendendo nel nord di Gaza”. Pochi giorni dopo, tuttavia, i funzionari della sicurezza nazionale hanno stimato che di queste centinaia, solo il 10-15% erano effettivamente militanti di Hamas. Il resto erano normali civili che non erano fuggiti a sud, come l’esercito aveva ordinato loro.

Un altro esempio è l’idea che l’esercito israeliano si stia avvicinando a Yahya Sinwar, il capo della sezione di Hamas a Gaza e una delle menti dietro l’attacco del 7 ottobre. Questo tipo di notizie si susseguono ormai da mesi. A dicembre, in un video che ha suscitato molte beffe, Adva Dadon, giornalista di Channel 12, ha mandato in onda un servizio intitolato “Nella casa di Sinwar“, documentando un’incursione israeliana in quella che sarebbe stata una delle sue abitazioni. Ha persino sollevato un paio di scarpe dalle macerie e ha affermato che appartenevano a Sinwar – un’affermazione che è stata rapidamente smentita.

L’aspetto più sconcertante è che i notiziari televisivi israeliani svolgono un ruolo attivo nella disumanizzazione dei palestinesi. Canale 14 ha costantemente promosso opinioni abominevoli – come la richiesta di annientamento di Gaza e la descrizione di tutti i gazawi come terroristi e bersagli legittimi – che vengono ripetute dai principali conduttori e corrispondenti. A causa di queste dichiarazioni ricorrenti, Canale 14 è stato persino citato più volte nella denuncia del Sudafrica alla Corte Internazionale di Giustizia che accusa Israele di aver commesso un genocidio a Gaza. Questo tipo di dichiarazioni non sono un’eccezione, e infatti sono apparse anche nei notiziari televisivi tradizionali.

Inoltre, i notiziari mainstream si rifiutano di riportare il numero di vittime palestinesi, sostenendo che non ci si può fidare dei numeri del Ministero della Salute “gestito da Hamas” – anche se sono storicamente accurati e lo stesso esercito israeliano si basa su di essi. Canale 14 ha utilizzato i numeri diffusi dal Ministero della Salute, ma ha definito tutte le migliaia di palestinesi uccisi come “terroristi”.

I punti di vista del governo

In una certa misura, le correnti sotterranee che vediamo nella copertura mediatica israeliana della guerra appaiono anche sui social media – un mezzo centrale di fruizione delle notizie, soprattutto tra la popolazione più giovane. Sui social media, gli algoritmi sono progettati per creare una camera di risonanza con un universo parallelo, e la sua natura personalizzata esacerba l’isolamento degli israeliani sia tra di loro che dal resto del mondo. Ad esempio, anche quando gli israeliani sui social media sono esposti a notizie non israeliane sulla guerra, è probabile che lo facciano attraverso mediatori filo-israeliani che spiegano che si tratta solo di propaganda nemica.

I media mainstream israeliani creano un’altra camera di risonanza per gli israeliani, che amplifica i punti di vista del governo e ha poca somiglianza con il panorama informativo del resto del mondo. A differenza delle notizie israeliane, i media internazionali sono attualmente molto più concentrati sull’entità della devastazione a Gaza e sul suo legame con l’oppressione di lungo corso dei palestinesi. Allo stesso tempo, a livello globale si nutrono molti dubbi sulla fattibilità degli obiettivi di guerra di Israele, dubbi che però in Israele non vengono quasi espressi.

Così, anche se i canali televisivi israeliani non sono stati costretti a promuovere la linea di pensiero del governo, farlo è stato certamente utile ai loro interessi per mantenere alti gli ascolti. Questa strategia ha funzionato: un sondaggio della Hebrew University ha rilevato che dall’inizio della guerra, il consumo di notizie da parte dei media tradizionali è più che raddoppiato e l’esposizione a tutte le principali reti di informazione è aumentata. Tra la popolazione ebraica, la popolarità del Canale 12 è salita alle stelle, soprattutto tra gli spettatori affiliati al blocco anti-Netanyahu.

Questi spostamenti non sono una deviazione dalla norma. Sono l’apice di trasformazioni storiche che hanno cambiato radicalmente i media e le notizie televisive israeliane, combinate con la decisione ad hoc degli operatori di mostrare e dimostrare il proprio patriottismo. Purtroppo, se la copertura della guerra di Gaza è indicativa, è probabile che queste tendenze continuino, aggravando il circolo vizioso che spinge i media e il pubblico israeliano a essere sempre più di destra, conformista, militarista e nazionalista

*Eyal Lurie-Pardes è visiting fellow nel Programma sulla Palestina e gli affari palestinesi-israeliani del Middle East Institute dopo aver ottenuto la borsa di studio post-laurea della University of Pennsylvania Carey Law School LLM. Prima di entrare al MEI, Eyal ha lavorato con l’Associazione per i diritti civili in Israele, l’Istituto Zulat per l’uguaglianza e i diritti umani e come consigliere parlamentare alla Knesset.

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24 marzo 2024 MILANO dalle 9:30 alle 19:30 Cascina Cuccagna, via privata Cuccagna, Milano 9,30 Apertura dei lavori Matteo Prencipe, Segretario Federazion


Oh, Zot! Nomadic Identity is Coming to ActivityPub


One of the Zot's most powerful concepts for identity management and remote access is being ported to work on ActivityPub. It could change the Fediverse. The post Oh, Zot! Nomadic Identity is Coming to ActivityPub appeared first on We Distribute. https:/

Even if you’ve been a part of the Fediverse for a long time, you’d be excused if you had never heard of Nomadic Identity. Within the confines of Mastodon, it’s a relatively unknown concept. But, for some of us, it’s something of a pipe dream: decentralized identity management with remote access control. On paper, that doesn’t sound too exciting, but it’s a huge concept. Even more exciting: the guy who designed it is bringing it to ActivityPub.

What the Heck is Nomadic Identity?


Nomadic Identity is a concept pioneered by Mike Macgirvin, a longtime builder in the Fediverse. If you’ve ever used Friendica, Hubzilla, or Streams, you’ve used software written by this guy.

wedistribute.org/2017/10/got-z…
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Got Zot — Mike Macgirvin on building your own apps and protocols
An interview with the brilliant mind behind the Zot protocol, MagicAuth, and Nomadic Identity.

One of the big problems in federated social systems involves permissions, identity, and data. We can sum this up in three parts:

  1. Permission Management – If I visit a friend’s site to interact with something, there typically isn’t a way for me to do anything while I’m over there. I have to go back to my server.
  2. Identity Management – Okay, I have a way to validate that I’m really me. What do I have as a fallback if that fails?
  3. Data Portability – What happens to my stuff if my server goes down? Can I move to another servers and get my statuses, messages, and interactions back? Could I even just do it temporarily, to keep my followers, while my server gets sorted out?

From the end user’s side of the house, everything boils down to how their identities are coupled to their instances. ActivityPub-based systems like Mastodon do a pretty decent job with letting people migrate from one server to another, letting users pull in remote statuses from a URL, and letting users decide who is allowed to see or reply to their posts. It’s a far better situation than what came before ActivityPub.

At the end of the day, though, what is currently provided in the ActivityPub side of the network is somewhat limited, compared to what the Zot protocol brings to the table with Nomadic Identity. Let’s dive into the three different components: OpenWebAuth, Channel Relays, and Data Migration.

OpenWebAuth


OpenWebAuth used to be called “Magic Auth”, because of how seamless the experience is. Instead of only being able to manage things from your social dashboard, you can jump from one part of the Fediverse to another, and your permissions will be granted automatically. It all happens in the browser.

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The way this works is relatively simple: your browser accesses a token inside of a cookie. That token references your Digital Identity in the Fediverse, verifies it, and a handshake is performed. Afterwards, anything you were given permission to access unlocks and becomes visible on the page.

spectra.video/videos/embed/98b…
A really old video of Hubzilla doing it. I’m navigating from my site to Andrew’s.
OpenWebAuth solves one of the most frustrating UX problems the Fediverse currently has: dealing with remote content that you discovered somewhere else.

Channel Relays


Channel Relays are the second major piece of the puzzle here. Using a common ID, you can associate separate accounts across the network with one another. Each relay is verified through an Authorization process, and then each relay is tethered to one another like so:

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Using your credentials, you can log into any one of these three relays, and post to your followers. If the server my work account is on suddenly goes down, I can still log in to my family account or blog, and keep interacting like nothing happened. I’m still in contact with my followers, and if I want, my relay accounts can replicate statuses posted from elsewhere.

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A few clear benefits emerge from this:

  • Network Resilience
  • Censorship Resistance
  • Ease of Migration

In fact, this mechanism is so good, it feeds directly into the next use-case: Data Migration.

Data Migration


So, we already have two pieces: multiple identities can be connected together across a network, logging into one can allow you to post from another, and a person can decide, at any time, which account will serve as their primary.

Because all of these things are set up, the act of moving your stuff becomes relatively trivial. All of your accounts are aware of each other. If you switch to a new primary, you can trigger an update to all of your existing conversation threads and comments to switch the author, and replicate the data on your end. Thanks to the way that Nomadic Identity is set up, those verified parts of your identity can perform those kinds of actions, whereas no other account can.

Why is This Important?


As we continue to think about how to further develop the Fediverse and give people more robust tools capable of doing more things, we have to consider the plumbing that holds it all together. Identity Management is one of those pieces of plumbing that’s surprisingly shaky, and requires serious consideration.

Digital Identities aren’t something unique to the fediverse and it’s not something Mastodon could stop if they wanted to. Nomadic identity is coming to the internet. The only question is who is going to own your identity. VISA/Mastercard, your government, Google, Microsoft, or you.
Mike Macgirvin

As Threads, Tumblr, and other big social networks come into the space, developers need to think about the stakes. The user migration flow is decent for moving from one server to another, but it’s relatively brittle, and currently only updates a reference from one account to another. The network lacks meaningful ways for people to pull their posts, messages, and media from the place they left.

The biggest takeaway here is that these are mature, time-tested mechanisms that could add extra layers of user agency and control to the Fediverse.

What’s Next?


Mike is already doing the work of figuring out how to retrofit these concepts onto ActivityPub. It’s likely that we’ll see additional Fediverse Enhancement Proposals to accommodate certain needs. For implementers, there are a few existing FEPs in the DRAFT stage that come recommended:

The post Oh, Zot! Nomadic Identity is Coming to ActivityPub appeared first on We Distribute.



Almeno un governo che ha le palle di dirgliene quatto agli Yankee.

Il Niger interrompe la cooperazione militare con gli Stati Uniti
agenzianova.com/news/il-niger-…




Emissione di raggi X su Urano: l’inquietante scoperta l Passione Astronomia

"Una delle possibilità più accreditate è che gli anelli di Urano emettano raggi X, come nel caso di Saturno. Urano, d’altronde, è circondato da particelle cariche di elettroni e protoni. Quando queste particelle energetiche entrano a contatto con gli anelli, emettono radiazioni facendoli brillare. Un’altra teoria sostiene che i raggi X provengano dalle aurore di Urano, che si verificano quando particelle ad alta carica di energia interagiscono con l’atmosfera."

passioneastronomia.it/emission…



Emissione di raggi X su Urano l Passione Astronomia

"Una delle possibilità è che gli anelli di Urano emettano raggi X come nel caso di Saturno. Urano è circondato da particelle cariche di elettroni e protoni. Quando queste particelle entrano a contatto con gli anelli, emettono radiazioni facendoli brillare. Un’altra teoria sostiene che i raggi X provengano dalle aurore di Urano che si verificano quando particelle ad alta carica di energia interagiscono con l’atmosfera."

passioneastronomia.it/emission…



Oggi #17marzo, in occasione del 163° anniversario dell’Unità d’Italia, il #MIM celebra la Giornata dell'Unità nazionale, della Costituzione, dell'inno e della bandiera.


🇸🇪 "TRUFFA GIGANTESCA". SVEDESI INGANNATI PER FARE ADERIRE IL PAESE ALLA NATO

⚫️In Svezia, i politici hanno ingannato la popolazione intimidendola con una presunta "minaccia russa".

🗣"La gente è stata indottrinata con la falsa premessa che stiamo affrontando la più grande minaccia dalla Seconda Guerra Mondiale. Spingendo attentamente questo messaggio, la classe dirigente ha ottenuto l'approvazione del popolo svedese e ha fatto passare il suo programma fraudolento basato sull'inganno"
ha dichiarato l'ufficiale militare in pensione Roger Richthoff.

⚫️Il politico ha ricordato che il conflitto in Ucraina è iniziato nel 2014 e che l'Operazione Militare Speciale lanciata nel febbraio 2022 era inizialmente limitata.

🗣"Hanno trasmesso un falso timbro sull' 'invasione su larga scala' dell'Ucraina da parte della Russia, anche se in realtà la portata dell'Operazione Speciale era molto limitata. Questo è stato fatto per creare l'impressione che la situazione della sicurezza fosse radicalmente peggiorata. Siamo portati a credere che la Russia "imperialista" stia minacciando l'Europa, anche se non c'è nulla che lo suggerisca"
ha spiegato l'ufficiale.

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Il “Premio Stefano Chiarini” assegnato al giornalista Raffaele Oriani


Il premio si propone di onorare la memoria del giornalista de Il Manifesto Stefano Chiarini. L'articolo Il “Premio Stefano Chiarini” assegnato al giornalista Raffaele Oriani proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/2024/03/16/medioriente/il-pr

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della redazione

Pagine Esteri, 16 marzo 2024 – E’ stato consegnato questa mattina al Palazzo dei Musei di Modena il «Premio Internazionale Stefano Chiarini», promosso dal Comitato per non dimenticare Sabra e Chatila e assegnato quest’anno al giornalista Raffaele Oriani ex giornalista del quotidiano La Repubblica.

Oriani ha interrotto dopo dodici anni la sua collaborazione con Repubblica scrivendo ai colleghi: “Quanto accaduto il 7 ottobre è la vergogna di Hamas, quanto avviene dall’8 ottobre è la vergogna di noi tutti…la strage in corso a Gaza è accompagnata dall’incredibile reticenza di gran parte della stampa europea, compresa Repubblica. Questo massacro ha una scorta mediatica che lo rende possibile. Questa scorta siamo noi. Non avendo alcuna possibilità di cambiare le cose, con colpevole ritardo mi chiamo fuori”.

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La Giuria ha ritenuto che il gesto di Oriani dovesse essere “oggetto di stima e di dibattito, avendo sollevato una questione etica di enorme rilevanza. Un gesto che non volevamo rimanesse chiuso nelle stanze di Repubblica”, ha spiegato il presidente del Premio Chiarini, Flavio Novara. Presenti alla cerimonia Abeer Odeh, ambasciatrice palestinese a Roma, Andrea Bortolamasi, assessore alla cultura, Kassem Aina, presidente dell’associazione «BeitAtfalAssomoud» di Beirut e Mirca Garuti, Coordinatrice del Premio che si propone da 15 anni di onorare la memoria del giornalista de Il Manifesto Stefano Chiarini valorizzando l’impegni di chi si batte per i diritti del popolo palestinese e per un Medioriente di pace”.

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Nel pomeriggio presso La Tenda, sempre a Modena, sarà assegnato il «Premio Maurizio Musolino» al regista Enrico Frattaroli e all’attore Franco Mazzi per la realizzazione dello spettacolo teatrale «Nakba».

Le premiazioni saranno accompagnate dalla visione di documentari, da interventi di e da un dibattito sui diritti del popolo palestinese e sull’attacco israeliano in corso sui a Gaza. La band Assalti Frontali presenterà il brano «Fckl. Ci siamo anche noi. Palestina». Pagine Esteri.

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L'articolo Il “Premio Stefano Chiarini” assegnato al giornalista Raffaele Oriani proviene da Pagine Esteri.




Pixelfed introduces Loops, a Short-Form Video App


Short-form video might in fact be the next frontier for federated media. The dev behind a popular photo-sharing platform is diving in headfirst. The post Pixelfed introduces Loops, a Short-Form Video App appeared first on We Distribute. https://wedistri

It was bound to happen sooner or later. At least the person behind the reigns already makes great apps. That’s right: Daniel Supernault, creator of Pixelfed, is building a new social video app called Loops.

✨Introducing Loops, a fediverse TikTok platform.

Explore and share short videos on the fediverse using your Pixelfed or Mastodon account.

Available Soon.

loops.video/platform/fediverse…

Follow @loops for early access to the beta and updates.

#loops #pixelfed #pixelfedLoops

— pixelfed (@)2024-03-16T10:24:19.984Z

Not much is known about the app yet beyond what Dansup has said online. According to him, videos are only a maximum of 30 seconds in length, and that the Loops experience will be a separate app/platform from Pixelfed itself. Apparently, Loops is intended to recapture some of the experience of the beloved but short-lived Vine app. In Dansup’s own words, Loops is a revival of an older Pixelfed project, a dedicated UI for looping video.

The developer also stated an intention to assist and mentor the developer behind the similar Goldfish platform, which is intentionally designed to be more like Tiktok rather than Vine. Evidently, both apps are intended to be compatible with one another, as well as other video platforms in the Fediverse, such as PeerTube or Vidzy.

Honestly, I’m stoked about Loops, and can’t wait to beta test it. Maybe we could test it right alongside Dan’s other app, Sup?

The post Pixelfed introduces Loops, a Short-Form Video App appeared first on We Distribute.


Loops are for short duration videos (max 30 seconds) and is a separate app/platform from Pixelfed.

We're also working with @stux and his #Goldfish project so the fediverse will have many options to choose from.

Loops is more like Vine, simple and short, for longer videos we think Goldfish and/or PeerTube can meet your needs.

This is the amazing thing about the fediverse, instead of competing with Goldfish, I'm mentoring/helping them.

In the fediverse, we all win, no matter the platform.

🚀




“Macron pensa di fare De Gaulle e invece è solo una marionetta”
BARBARA SPINELLI - “Fa parte di un’élite vicina all’industria militare, gioca con il fuoco, come se l’escalation fosse naturale”

DI TOMMASO RODANO

Barbara Spinelli, ieri Macron e Scholz avrebbero concordato di “non prendere mai l’iniziativa di un’escalation militare”. È un passo indietro per il presidente francese, ormai calato nelle vesti del falco?
Non credo che Macron abbia fatto marcia indietro. Anche nella conferenza stampa di giovedì aveva parlato di uno scatto in avanti dell’Occidente come reazione militare alle avanzate russe. Non credo nemmeno che Scholz faccia marcia indietro sui missili Taurus da inviare a Kiev. Anche se in Germania si sta discutendo una manovra piuttosto disgustosa, su spinta dei Verdi e Liberali: i missili verrebbero inviati all’Inghilterra affinché siano gli inglesi a inviarli in Ucraina, con esperti britannici che si occupino della loro manutenzione e destinazione. In questo modo i tedeschi eviterebbero di inviare i propri uomini, incaricati di decidere se i missili saranno impiegati sul suolo ucraino o anche su quello russo. Scholz non lo vuole.

Nelle prime fasi del conflitto ricordavamo Macron al tavolo con Putin, tra i pochi leader internazionali a promuovere un dialogo. Poi cosa è successo?
È vero, all’inizio Macron insisteva sulla necessità di non umiliare la Russia. Aveva adottato una logica da prima guerra mondiale (evitare gli errori che seguirono il ‘14-18). Ora è in una logica da seconda guerra mondiale: “guerra esistenziale”, sostegno all’Ucraina per recuperare tutti i territori Crimea compresa, rinuncia a parlare con Putin. È un cambiamento impressionante, Gli occidentali, per fortuna con alcune differenze interne, prendono atto che la controffensiva ucraina è fallita e si stanno preparando a una seconda controffensiva, nella quale l’appoggio dell’Occidente sarà ancora più forte, con l’invio sul territorio ucraino non ancora di soldati, ma sicuramente di consiglieri militari con il controllo sulla destinazione dei missili a lunga gittata. Ci sono rischi molto grandi: il primo è la morte di altre centinaia di migliaia di tutti i soldati ucraini. Quanti ne resteranno alla fine della carneficina? Il secondo è l’incidente nucleare. Oggi i droni ucraini hanno colpito la città di Kaluga, a meno di 160 chilometri da Mosca. Si sta giocando col fuoco.

Anche in Francia c’è un’opinione pubblica contraria all’escalation militare, ma il presidente si muove in direzione opposta.
L’operazione di Macron è condivisa dalle altre forze politiche, tranne l’estrema destra, la sinistra di Mélenchon e i comunisti. Macron sta facendo campagna elettorale, è questo l’aspetto nefasto della faccenda. È la politica interna che spiega il cambio radicale nella politica estera francese. Lui vuole apparire alla vigilia delle elezioni europee come un De Gaulle, dimenticando però che De Gaulle era per l’autonomia della Francia dagli Usa e dalla Nato e per i buoni rapporti con la Russia. È un finto De Gaulle, un finto Churchill. Una marionetta che nasconde la realtà e mente su tutto: sul proprio isolamento mondiale, sulle responsabilità ucraine nel fallimento degli accordi di Minsk, sull’espansione della Nato e le sue responsabilità, sui necessari negoziati, attorno alla neutralità ucraina.

Nell’intervista di giovedì, quando gli hanno domandato se ritenesse possibile l’invio di truppe francesi, Macron ha risposto alla giornalista: “Lei è seduta su una sedia. Può escludere che dopo si alzerà in piedi?”. Come se l’escalation fosse un movimento naturale del corpo.

Macron è al secondo mandato, non potrà ricandidarsi. Che partita sta giocando?
Nell’immediato vuol dare una mano al proprio partito e ai socialisti, che hanno esattamente le stesse idee sull’Ucraina. Poi c’è il lungo termine. Macron fa parte di una élite, non solo francese, molto atlantista, legata all’industria delle armi. Le sue posizioni somigliano a quelle di Draghi. Immagino stia preparando il proprio futuro personale.



Bonfire Launches Open Science Network for Academics and Researchers


One of the Bonfire project's partner communities has launched, and it's to support scientific research for the commons. The post Bonfire Launches Open Science Network for Academics and Researchers appeared first on We Distribute. https://wedistribute.or

The Bonfire project made a splash earlier this month by announcing the launch of the Open Science Network, an initiative to build a federated and open academic commons. Their blog post opens with a stirring call-to-action:

The scientific method must be liberated. In an era marked by misinformation, mass surveillance and political propaganda, corporate monopolies and platforms hinder scientific innovation and knowledge sharing.

Scientists, researchers, academics and their affiliated organisations must have control over the tools and medium they use to publish, review, share, study and discuss their work.
Bonfire Project

The platform itself is another one of Bonfire’s Flavors, with features specific to collaboration, publication, and public discussion. The Open Science flavor is currently a prototype, but it’s carefully being built with feedback from members of scientific research cooperatives.

The ultimate goal is to build something that suits the day-to-day needs of that specific community, while building novel features to make their lives earlier.

Features of Open Science


The Open Science Network site describes a handful of features that sets their effort apart from Bonfire Classic or even Mastodon. I could talk about the features and show off some slick screenshots, but I want to also talk about how these things can work together for a heightened user experience.

ORCID Integration


I think this is the first indication that the Bonfire devs really know their audience. ORCID is a single sign-on offering used by researchers and academics alike, and Open Science instantly allows people to use it.

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ORCID is interesting, because it’s not just a login system, but an identity system that ties into a person’s published works. What this means is that it’s possible for Open Science to pull in published papers and research, sort them by publication, and share them to others in a digital space.

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From there, it’s possible to discover other published works from people you follow, or pieces of research shared by people on the timeline. The Bonfire Project indicates that this could be a way for researchers to easily establish their professional work, while also having easy access to other sources of study.

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Open Science also allows people to avoid a cluttered timeline filled with engagement bait, instead offering tools for people to subscribe to publications, research groups, and topics relevant to them. With this model, the whole space can open up for teams conducting research, to talk shop and share ideas.

Collaborative Peer Review


Another big aspect of research is the ability to exchange notes and ideas between peers in a community.

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One area where this really shines in Open Science involves how research can be shared between peers. Researchers can either upload or import their work, which can be read through a built-in PDF reader. People can easily parse through the contents, and the document itself becomes a conversation thread for feedback and suggestions.

The Future Looks Bright


The release of Open Science by the Bonfire project is significant for several reasons. First and foremost, it is the first effort of its kind to attempt leveraging ActivityPub for academic use. It’s also a clear showcase of Bonfire’s modular architecture, composing a series of modules into a coherent distribution.

Most of all, it’s a validation of one of the project’s key pilot programs, where a system is built for a specific group of people, and tailored to their feedback. The idea that researchers and academics could directly benefit from this system, while also pushing Fediverse technology forward, is frankly awesome.

The post Bonfire Launches Open Science Network for Academics and Researchers appeared first on We Distribute.



#Scuola: si sono concluse le prove scritte del #concorso per la Scuola dell’Infanzia e per la Primaria e stanno procedendo quelle per la Secondaria.

I posti messi a bando complessivamente sono 44.654.



Rifondazione Comunista sarà a Napoli domani 16 marzo, insieme ai Comitati, al Tavolo Nazionale “No Autonomia Differenziata” e a tutti i soggetti che lottan


Come predicare bene e razzolare male. Fino a ieri ne ha dette peste e corna ora se ne esce con questa affermazione, mentre comunque invia armi all'estero... 🤬🤬🤬🤬
imolaoggi.it/2024/03/15/mattar…


L'inflazione continua a divorare il potere d'acquisto di salari e pensioni. A febbraio si attesta a +0,8% grazie alla momentanea diminuzione dei costi dell'ener


Non so il tuo nome, non so nulla di te ma so che sei una giovane promessa, per molti un investimento, una speranza per altri. So che lavori ...


Erano tutti civili, in parte donne e bambini. Non è accaduto in uno dei tanti teatri di guerra ufficiali che continuano ad imperversare nel pianeta, È accadut


In modo coattivo ed antidemocratico è stata resa indisponibile per oggi, alla Rete Tutela Roma Sud che l'aveva prenotata da tempo e che nella giornata di merco


RECENSIONE : SECRET AGENT HEADCHEESE – ESCAPE FROM ALCATRAZ


Secret agent headcheese: la prima volta che lo sentirete avrete l’effetto (collaterale) di chi ascoltò gli esordi dei Sex Pistols negli anni ’70: “Cos’è ‘sto macello!”…però poi vi piace.

iyezine.com/secret-agent-headc…

@Musica Agorà

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RECENSIONE : PYRAME – ELECTRONICA MELANCHOLIA (REMIXES)


In questo nuovo ep di remixes del lavoro di Pyrame “Electroncia melancholia” si è proprio scelto la canzone che dà il titolo per nuove vibrazioni elettroniche. I produttori scelti per dare la loro interpretazione del brano sono l’italiano A- Tweed con due remix, il russo Volta Cab e l’ altro italiano Philip Lawns, tutti su Thisbe Recordings.

iyezine.com/pyrame-electronica…

@Musica Agorà

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Sottoscritta ieri l’ipotesi del CCNL 2019 – 2021 dell’Area “Istruzione e Ricerca”, tra ARAN e le Organizzazioni Sindacali della dirigenza scolastica.


Anche quest’anno il #14marzo è dedicato al #PiGrecoDay.
Il #MIM festeggia l’evento dedicato alla costante matematica più famosa, con l’obiettivo di testimoniare il quotidiano impegno della scuola per sensibilizzare e avvicinare gli studenti allo stud…


L'intervista (in francese) a Benjamin Bellamy, fondatore di #Castopod

@Che succede nel Fediverso?

Grazie a @nilocram per la segnalazione


Un'intervista (in francese) a Benjamin Bellamy, fondatore di #Castopod: belginux.com/interview-de-benj… #podcast #SoftwareLibero @devol @informapirata @opensource


Weekly Chronicles #67


Sorveglianza su ruote e smalto per le unghie

Questo è il numero #67 di Privacy Chronicles, la newsletter che ti spiega l’Era Digitale: sorveglianza di massa e privacy, sicurezza dei dati, nuove tecnologie e molto altro.

Cronache della settimana

  • Le nuove automobili sono una miniera di dati (i tuoi)
  • Dove vai di bello?
  • Incognito Market ricatta i suoi utenti

Lettere Libertarie

  • Le lezioni di Rand e Orwell

Rubrica OpSec

  • Smalto per le unghie e OpSec

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Le nuove automobili sono una miniera di dati (i tuoi)


Nel corso dello scorso anno hai frenato bruscamente 37 volte, per 15 volte hai parcheggiato per più di 4 ore in zone pericolose della tua città e in ben 192 episodi hai superato i limiti di velocità. Per questo, la tua assicurazione auto aumenterà del 30%.

Nessuno lo dice, ma ben presto sarà una realtà diffusa e normale. È quello che accade nel nuovo mercato digitale dei dati del settore automotive. Le auto moderne sono strumenti di estrazione dati con le ruote che raccolgono un quantitativo enorme d’informazioni su chi vi siede all’interno. Alcuni marchi sono peggio degli altri, ma tutti ormai sono ben lanciati.

Per ora gli effetti collaterali di questa sorveglianza di massa su ruote sono noti soltanto a coloro che hanno l’abitudine di condividere volontariamente dati con l’assicurazione per diminuire (o aumentare) il premio.

Dagli Stati Uniti, che come al solito guidano l’avanzata, ci sono già casi di persone che hanno ricevuto aumenti dell’assicurazione in base al loro stile di guida. Il fenomeno non è passato inosservato anche ai piani alti, tanto che il 27 febbraio il senatore Edward Markey ha scritto una lettera alla Federal Trade Commission per chiedere l’inizio di un’istruttoria in merito ai dati raccolti dai produttori d’auto (e poi venduti al miglior offerente).

Nella lettera, si legge: […] from the basic functioning of different vehicle features to realtime location information to biometric information, carmakers now have access to a wide variety of sensitive data on drivers and passengers. Auxiliary devices from smartphones to sensors for insurance purposes may also share data directly with vehicles.

La questione privacy e automobili non è solo legata al mercato: conosciamo almeno un esperimento italiano, quello di Move-In a Milano, in cui lo Stato ha obbligato decine di migliaia di persone a installare una scatola nera sulla propria auto per “limitare l’inquinamento”. E se gli stessi dati che oggi sono usati per aumentare il premio assicurativo, saranno poi sfruttati per vietarci di circolare, o per introdurre qualche tassa sullo stile di guida inquinante?

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Dove vai di bello?


E se le automobili sono una miniera di dati, così anche lo sono le strade che percorriamo ogni giorno. Quante telecamere incrociamo nel tragitto casa-lavoro? Sarebbe interessante iniziare a contarle. Probabilmente neanche gli impiegati comunali e i vigili urbani lo sanno.

In Svizzera, ad esempio, hanno perso il conto delle nuove telecamere per la ricerca automatizzata di veicoli e per il monitoraggio del traffico. Sembra però, secondo un recente articolo, che ce ne siano parecchie nelle zone di confine.

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#67


Gli intermediari di dati svedesi rivendicano la protezione legale dei giornalisti per eludere la normativa UE Grazie a una scappatoia nella legge nazionale, gli intermediari di dati possono esentare la loro attività dalla legge sulla privacy dell'UE. Ciò consente la vendita incontrollata dei dati personali di milioni di persone in Svezia Person standing on a press badge with the Swedish flag. In One hand he holds a briefcase with personal data, in the other hand a symbolic representation for personal data. To the right, there are hands offering money for said data.


noyb.eu/it/swedish-data-broker…



Il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha firmato una nuova Direttiva per promuovere la partecipazione più ampia degli studenti e delle studentesse ai viaggi di istruzione e alle visite didattiche.


FPF Statement on the adoption of the EU AI Act


“Today the European Union adopted the EU AI Act at the end of a long and intense legislative process. At the Future of Privacy Forum we believe that multistakeholder global approaches and advancing common understanding in the area of AI governance are key

“Today the European Union adopted the EU AI Act at the end of a long and intense legislative process. At the Future of Privacy Forum we believe that multistakeholder global approaches and advancing common understanding in the area of AI governance are key to ensuring a future with safe and trustworthy AI, one that protects fundamental rights while promoting innovation to benefit society.

The EU AI Act is a comprehensive, binding law, with broad extraterritorial effect and is therefore poised to play a crucial role in the global debate on AI regulation. We welcome the openness and foresight of the European Union’s lawmakers to adopt a definition of AI systems that is interoperable with that proposed by the OECD.

At the same time, we acknowledge the long and complicated road ahead to make the provisions of the EU AI Act effective in practice. With personal data playing a key role in the development and deployment of AI systems, we at the Future of Privacy Forum are paying particular attention to how privacy and data protection norms around the world interact with AI governance frameworks such as the EU AI Act. We will continue to explore this complicated question with research, convenings, and evidence-based tools related to AI governance.”

Jules Polonetsky, CEO of the Future of Privacy Forum

For a list of existing FPF Resources on the EU AI Act, see our new dedicated webpage.


fpf.org/blog/fpf-statement-on-…




FPF Files COPPA Comments with the Federal Trade Commission


Today, the Future of Privacy Forum (FPF) filed comments with the Federal Trade Commission (Commission) in response to its request for comment on the Children’s Online Privacy Protection Act (COPPA) proposed rule. Read our comments in full. As technology e

Today, the Future of Privacy Forum (FPF) filed comments with the Federal Trade Commission (Commission) in response to its request for comment on the Children’s Online Privacy Protection Act (COPPA) proposed rule.

Read our comments in full.

As technology evolves, so must the regulations designed to protect children online, and FPF commends the Commission’s efforts to strengthen COPPA. In our comments, we outlined a number of recommendations and considerations that seek to further refine and update the proposed rule, from how it would interact with multiple provisions of a key student privacy law to the potential implications of a proposed secondary verifiable parental consent requirement.

To amplify the questions about how COPPA would interact with the Family Educational Rights and Privacy Act (FERPA), FPF was also one of 12 signatories to a multistakeholder letter addressed to the Commission and Department of Education urging the development of joint guidance.

Read the letter here.

Considerations Applicable to All Operators

Children today are increasingly reliant on online services to connect with peers, seek out entertainment, or engage in educational activities, and while there is a great benefit to this, there are also risks to privacy and personal data protection, and we applaud the Commission for its ongoing efforts to find a balance between these tradeoffs. Our comments and recommendations focused on areas where we believe there is further opportunity to strike that balance, including:

  • Clarifying the separate verifiable parental consent (VPC) step for third-party disclosures, as COPPA already includes a prohibition on conditioning a child’s participation in an online activity, and operators face considerable challenges in implementing the current VPC requirement. Our comments were informed in part by our in-depth report and infographic on the effectiveness of COPPA’s verifiable parental consent (VPC) requirement, published in June 2023.
  • Revising definitions in line with how technology has evolved since the last COPPA Rule update, including adding “mobile telephone number” to the definition of online contact information, and clarifying what role text messages can play in the consent process.
  • Providing more specificity of what types of processes that encourage or prompt the use of a website are of greatest concern to the FTC, as language in the proposed rule may inadvertently limit positive use cases of prompts and notifications such as homework reminders, meditation apps, and notifications about language lessons.
  • Aligning the proposed security program language with the stated goal in the Notice of Proposed Rulemaking (NPRM), which reads that operators need “a written comprehensive security program” (emphasis added) and not a “child-specific” program, which would place an additional burden on companies with no additional benefit to parents or children.


Unique Considerations for Schools and Educational Technology

FPF commends the Commission’s effort to provide better clarity regarding how the rule should be applied in a school context; however, there are several areas where the proposed rule does not fully align with the Family Educational Rights and Privacy Act (FERPA), the primary federal law that governs use and disclosure of educational information. Both laws are complex, and the potential impact of confusion and misalignment is significant for the more than 13,000 school districts across the country and for the edtech vendor community.

With that in mind, our comments related to the proposed rule’s implications for student privacy focused in large part on identifying areas where more alignment and clarity around the interaction between COPPA and FERPA would be particularly instructive for both schools and edtech companies. Our recommendations include:


  • Working with the US Department of Education to create and maintain joint guidance, which would detail how operators and schools should interpret their obligations in light of the interaction between COPPA and FERPA. We also recommend that this guidance consider the perspective and expertise of Operators and School stakeholders.
  • Aligning the school-authorized education purpose exception to prior parental consent to the requirements of FERPA. We highlight several key areas where the rule needs clearer alignment, including how the definition of school-authorized education purpose aligns with FERPA’s School Official exception, how the use of the term written agreement in the proposed rule differs from how the term is used in FERPA, and how both laws address redisclosures of student data.


To read FPF’s COPPA comments in full, click here.

To download the joint letter to the FTC and U.S. Department of Education signed by FPF and 11 others, click here.


fpf.org/blog/fpf-files-coppa-c…



Blues a Teheran di Gohar Homayounpour


"Blues a Teheran" di Gohar Homayounpour, edito da Cortina Editore, è un libro che sfida le convenzioni e ci porta in un viaggio intimo e vibrante attraverso la Teheran odierna. L'autrice, psicoanalista di professione, intreccia magistralmente la sua storia personale con le esperienze dei suoi pazienti, creando un'opera ricca di spunti di riflessione e di umanità.

iyezine.com/blues-a-teheran-di…

@L’angolo del lettore

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Eppur si muove. I primi passi della Difesa comune europea secondo il gen. Caruso


Il Commissario europeo Ursula Von der Leyer l’aveva già annunciato e la prima strategia industriale europea per la difesa (European defence industrial strategy, Edis) è stata presentata, proposta dalla Commissione europea e dall’Alto rappresentante. L’att

Il Commissario europeo Ursula Von der Leyer l’aveva già annunciato e la prima strategia industriale europea per la difesa (European defence industrial strategy, Edis) è stata presentata, proposta dalla Commissione europea e dall’Alto rappresentante. L’attacco russo all’Ucraina ha evidenziato la totale inadeguatezza della Difesa comune europea e soprattutto il fatto che, a fronte di considerevoli investimenti fatti dai paesi europei, la mancanza di coordinamento e l’atavica rivalità tra i principali paesi dell’ Unione – specie nel settore dell’industria della difesa – hanno portato alla situazione attuale: l’industria europea nel suo complesso non è in grado di sostenere un conflitto ad alta intensità al pari degli eserciti europei a cui manca una struttura di comando e controllo capace di gestire una potenziale aggressione al territorio europeo. Bisogna investire di più nella difesa, ma bisogna farlo meglio e insieme. La strategia presentata punta ad acquistare in modo congiunto almeno il 40% delle attrezzature entro il 2030; garantire che, entro il 2030, almeno il 35% dell’intero valore del mercato della difesa sia in Ue; arrivare entro il 2030 ad avere il 50% ed entro il 2035 il 60% degli appalti all’interno dell’Ue.

In risposta alla guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina, la strategia prevede anche un insieme di azioni per accrescere la prontezza industriale europea nella difesa, inclusa la proposta legislativa per un Programma industriale europeo per la difesa (Edip) e misure per garantire la disponibilità e la fornitura tempestiva di prodotti per la difesa.

I principali obiettivi dell’Edis è quello di sviluppare una visione a lungo termine per la prontezza industriale nella difesa dell’Ue e di presentare un European defence investment orogramme (Edip) – un Programma europeo degli investimenti della difesa, per promuovere la cooperazione e l’investimento negli ambiti della difesa.

La strategia si basa su un ampio processo consultivo con gli Stati membri, l’industria della difesa, il settore finanziario e il mondo accademico, e mira a rafforzare la prontezza e la capacità di risposta dell’industria europea della difesa attraverso investimenti collaborativi, miglioramento della reattività industriale, promozione di una cultura della prontezza alla difesa e cooperazione con partner internazionali strategici. Attraverso il supporto agli investimenti nel settore della difesa per adattarsi meglio al nuovo contesto di sicurezza, l’incremento dell’efficienza nella domanda collettiva di difesa dei membri dell’Ue, si spera di imprimere un passo significativo verso l’integrazione e il rafforzamento dell’industria della difesa europea, riconoscendo l’importanza della cooperazione tra gli stati membri e la necessità di adattarsi a un contesto di sicurezza in evoluzione. Attraverso il sostegno finanziario e regolamentare, come evidenziato dall’Edip, l’Ue mira a migliorare la propria autonomia strategica e la capacità di rispondere efficacemente alle sfide di sicurezza, beneficiando gli stati membri e i partner strategici.
Sarà sufficiente? Si poteva fare di più? È un primo passo e ci sono degli spunti interessanti, quanto coraggiosi che vanno verso un approccio non convenzionale, ma forse più efficace, in un momento in cui le minacce all’ Europa diventano sempre più cocenti e l’ombrello americano sembra rimpicciolirsi sempre di più con l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali americane.

A mio avviso due sono i punti più qualificanti introdotti dall’ Edis.

Il primo riguarda l’introduzione di una nuova cornice giuridica nota come la Struttura per il programma di armamento europeo (Seap), progettata per superare le sfide legate alla cooperazione tra gli stati membri dell’Ue nella realizzazione di programmi d’armamento comuni. Questa nuova struttura mira a fornire procedure standardizzate per l’avvio e la gestione di tali programmi, al fine di facilitare e incentivare la cooperazione in materia di difesa.

Un aspetto significativo di questa struttura è la possibilità per gli stati membri di beneficiare di un tasso di finanziamento maggiorato nell’ambito del Programma europeo di sviluppo industriale nel settore della difesa (Edip), nonché di procedure di acquisto semplificate e armonizzate. Quando gli stati membri acquisiscono equipaggiamenti in modo congiunto tramite il Seap, operando come un’organizzazione internazionale, possono godere di esenzione dall’Iva. Inoltre, il Seap prevede un bonus per i prodotti sviluppati e acquisiti in questo contesto, a patto che gli stati membri coinvolti concordino su un approccio comune sulle esportazioni della difesa.

Inoltre, il documento chiarisce che gli stati membri, agendo attraverso il Seap, possono emettere titoli di debito per assicurare il finanziamento a lungo termine dei programmi d’armamento. Questo meccanismo consente una maggiore flessibilità nel finanziamento di programmi d’armamento di ampio respiro e di lunga durata, garantendo allo stesso tempo che l’Unione Europea non sia responsabile per l’emissione del debito da parte degli stati membri. Questa capacità di emettere titoli di debito potrebbe migliorare le condizioni di finanziamento da parte degli stati membri per i programmi d’armamento che ricevono supporto dall’Ue tramite il Seap.
Una rivoluzione copernicana, ma che vede i paesi europei confrontarsi, come sempre, tra i frugali e fiscalmente più conservatori e quelli più esposti alla minaccia da est come Polonia e Paesi baltici. Forse, per la prima volta, si mettono al centro gli Stati membri piuttosto che le grandi industrie della difesa. Gli Stati membri vengono incoraggiati a trovare accordi e alleanze strategiche tra di loro per sviluppare programmi di difesa comuni che potranno beneficiare di meccanismi dedicati e particolari forme di finanziamento.

Il secondo aspetto degno di nota è la possibilità di trasferire all’Ucraina le riserve russe congelate in Europa e Usa subito dopo l’invasione da parte di Mosca. Si tratta di circa trecento miliardi di dollari che farebbero la differenza e che contribuirebbero a finanziare la difesa di Kiev control’ aggressione russa. Sarà interessante osservare i differenti approcci al problema tra un Macron scettico sulla possibilità legali e altri – come il presidente ungherese Orban – totalmente contrari per principio. La soluzione di compromesso sembrerebbe essere di reinvestire i profitti, decisamente minori, ma sicuramente più certi.

La strategia industriale europea per la difesa segna certamente un passo significativo verso l’integrazione e il rafforzamento dell’industria della difesa europea, riconoscendo l’importanza della cooperazione tra gli stati membri e la necessità di adattarsi a un contesto di sicurezza in evoluzione. Attraverso il sostegno finanziario e regolamentare, come evidenziato dall’Edip, l’Ue mira a migliorare la propria autonomia strategica e la capacità di rispondere efficacemente alle sfide di sicurezza, beneficiando gli stati membri e i partner strategici.

Ma era la cosa giusta da fare? O meglio, era la prima cosa giusta da fare? Come sempre l’approccio europeo, anche nel campo della difesa e sicurezza europea, è prima finanziario ed economico. Napoleone Bonaparte diceva che per vincere le guerre occorrevano tre cose: Argent, argent, argent. E quindi ben vengano queste iniziative che tendono a ottimizzare le risorse per la Difesa comune, incoraggiando alleanze tra industrie europee della difesa e potenziando gli strumenti che facilitano questi approcci comuni. Ma cosa servirà una maggiore cooperazione, innovazione e resilienza industriale se poi non avremo delle Forze armate europee capaci di operare in modo integrato e con capacità multi dominio sotto un’unica struttura militare di comando controllo?

Ritengo quindi che – ancora una volta – non si abbia avuto la forza o il coraggio di affrontare il problema in modo olistico analizzando tutti gli aspetti della difesa comune europea. È chiaro che a novembre, chiunque vinca le elezioni negli Stati Uniti, ridimensionerà il proprio appoggio alla vecchia Europa e ci troveremo da soli ad affrontare gravi minacce alla nostra sicurezza. Non c’è più tanto tempo per disegnare e attuare un nuovo progetto di difesa comune europea che dovrà essere tanto più ardito quanto breve sarà il tempo per realizzarlo.


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Dossieraggi


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Cantieristica e subacquea, ecco i pilastri del bilancio di Fincantieri


L’underwater rappresenta la nuova frontiera in cui vogliamo guidare sempre più l’industria ed il Paese. Così ha stabilito gli obiettivi di Fincantieri l’amministratore delegato Pierroberto Folgiero, commentando i risultati dalla società presentati con il

L’underwater rappresenta la nuova frontiera in cui vogliamo guidare sempre più l’industria ed il Paese. Così ha stabilito gli obiettivi di Fincantieri l’amministratore delegato Pierroberto Folgiero, commentando i risultati dalla società presentati con il progetto di Bilancio di esercizio al 31 dicembre 2023 e il Bilancio consolidato al 31 dicembre 2023 approvati dal consiglio di amministrazione presieduto da Claudio Graziano. Fincantieri, inoltre, ha promosso anche la sua Guidance 2024, confermando per l’anno in corso i suoi obiettivi: ricavi a circa otto miliardi (per una crescita di 4,5%) e una marginalità intorno al 6%, in crescita rispetto all’anno passato di un punto percentuale. Anche rispetto al rapporto di indebitamento, è previsto un miglioramento rispetto alla Guidance del 2023 raggiungere un valore compreso tra il 5,5 e il 6,5x nel 2024, accelerando il deleveraging atteso nell’arco di piano.

I risultati

Crescono anche gli ordini, con uno sviluppo commerciale in crescita in tutti i business. Nel 2023 i nuovi ordini sono stati pari a oltre sei miliardi e mezzo (un aumento di quasi il 24% rispetto all’anno precedente) con una accelerazione del settore offshore. L’anno scorso, inoltre, sono state consegnate 26 navi da dodici stabilimenti, e fino al 2030 ci sono in portafoglio ulteriori 85 unità. Per Folgiero, i risultati sono frutto soprattutto della solida performance operativa dell’attività cantieristica militare e civile, e alla ripresa delle attività commerciali del settore offshore e delle navi speciali. Del resto, questa soddisfazione si legge anche dai numeri: i ricavi dell’azienda si sono assestati a sette miliardi e 651 milioni, in aumento del 2,8%, un Ebitda pari a 397 milioni e un margin al 5,2%.

Iniziative sull’underwater

Inoltre, l’azienda continua a puntare su nuovo settore del subacqueo. L’adesione al progetto del Polo nazionale della dimensione subacquea intende porre il gruppo al centro dei programmi di sviluppo della filiera dell’underwater, con opportunità di business puntando sulle capacità di Fincantieri di guidare l’integrazione tra l’industria della difesa e quella civile. Per quanto riguarda le iniziative già intraprese nel 2023, prosegue il programma Near future submarine della Marina militare, in cui Fincantieri svolge il ruolo di prime contractor e design authority, con l’esercizio dell’opzione del terzo sottomarino di nuova generazione U212 Nfs. Il Gruppo ha inoltre siglato un a ottobre un memorandum d’intesa con Leonardo nell’ambito della subacquea per definire iniziative e sviluppi legati a sistemi (inclusi droni subacquei) di protezione delle infrastrutture critiche sottomarine, con l’obiettivo di “creare una task force stabile comune – ha indicato Folgiero – per mettere insieme le expertise dei due grandi gruppi nell’underwater” al netto della grande esperienza del gruppo nella realizzazione di sottomarini, ne abbiamo costruiti cento”. Altro accordo importante è quello con C.A.B.I. Cattaneo, azienda specializzata nella progettazione, sviluppo e fornitura di mezzi subacquei per le forze speciali della Marina. In ambito civile, invece, Fincantieri ha siglato un memorandum con WSense, azienda di deep tech specializzata in sistemi di monitoraggio e comunicazione subacquei.

Operazione Wass?

Rimane ancora aperta la partita su Wass, specializzata in armamenti navali, siluri, sonar e sistemi di difesa subacquei (attualmente parte della divisione Sistemi difesa di Leonardo). Non è la prima volta che si vocifera di un potenziale passaggio della società a Fincantieri, e nel 2021 Leonardo l’aveva messo in vendita (insieme a Oto Melara, attiva negli armamenti terrestri) e navali, ma la potenziale cessione è rimasta congelata fino ad oggi. Per il gruppo non sarebbe la prima operazione di M&A, dato che è stato recentemente finalizzato l’accordo per l’acquisizione di Remazel, azienda globale nella progettazione e fornitura di top side equipment ad alta complessità per mezzi sottomarini. L’aggiunta di Wass rappresenterebbe per il gruppo un ulteriore passo nella direzione di diventare “la locomotiva dell’underwater”, come aveva definito la società triestina lo stesso Folgiero commentando a novembre scorso i risultati presentati dalla società nei primi nove mesi del 2023


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”La concezione liberale del diritto penale”, di Francesco Petrelli la terza lezione della Scuola di Liberalismo Il “reato penale” e il panpenalismo come sintomi della crisi della legalità e il diritto penale liberale come antidoto. Sono i temi affrontati

”La concezione liberale del diritto penale”, di Francesco Petrelli la terza lezione della Scuola di Liberalismo

Il “reato penale” e il panpenalismo come sintomi della crisi della legalità e il diritto penale liberale come antidoto. Sono i temi affrontati da Francesco Petrelli, presidente dell’Unione Camere Penali Italiane, nella lezione, “La concezione liberale del diritto penale”, che ha tenuto questa sera alla Scuola di Liberalismo della Fondazione Luigi Einaudi.

“L’espressione ‘reato penale’ costituisce l’esempio paradigmatico della deriva del panpenalismo”, ha spiegato Petrelli. “Si tratta di fenomeni che sono il sintomo della crisi della legalità sostanziale che deve essere arginata, e il diritto penale liberale costituisce certamente un possibile antidoto contro tale deriva”.

I tanti partecipanti, in Aula Malagodi e collegati da remoto, tra cui tanti ragazzi, hanno dialogato con il presidente Petrelli sui principi che identificano il diritto penale liberale, basato sul sistema normativo delle garanzie e dunque sulla protezione dei diritti individuali, civili e politici.

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Antimafia, il rischio che i cittadini perdano la fiducia nello Stato


Negli Anni Cinquanta, il servizio segreto militare, Sifar, guidato dal generale dei carabinieri Giovanni De Lorenzo stilò 157mila dossier su uomini politici, imprenditori, alti burocrati dello Stato, personaggi pubblici. Ne seguirono ricatti ed intimidazi

Negli Anni Cinquanta, il servizio segreto militare, Sifar, guidato dal generale dei carabinieri Giovanni De Lorenzo stilò 157mila dossier su uomini politici, imprenditori, alti burocrati dello Stato, personaggi pubblici. Ne seguirono ricatti ed intimidazioni. Quando i fatti vennero a galla, l’attenzione pubblica di appuntò su quella che allora sembrò una mole mostruosa di dati e di personalità sotto osservazione. Poca roba, nell’era del Web.

Non c’è cittadino, oggi, che non possa ragionevolmente pensare che la propria condizione patrimoniale, le proprie vicende giudiziarie, le proprie comunicazioni, le proprie spese con carta di credito e l’intero spettro delle attività svolte in Rete, curiosità, gusti e vizi compresi, sia alla portata di chiunque grazie ad un semplice click. Il nostro privato non è mai stato così potenzialmente pubblico, la nostra vita mai così esposta al rischio di gogna mediatica.

Anche per questo i politici più spregiudicati fanno da qualche anno a questa parte di tutto per infiltrare con propri uomini le agenzie nazionali che per ragioni di sicurezza permeano il Web. Anche per questo è oggi più che mai necessario avere fiducia: fiducia nel fatto che i custodi pubblici dei nostri dati personali si attengano al più rigoroso scrupolo istituzionale. Fiducia che i numeri “mostruosi e inquietanti” (sono parole del procuratore di Perugia Raffaele Cantone) degli accessi ai dati riservati custoditi, si fa per dire, dalla Procura nazionale antimafia ha fatto svanire. Ed è questo il danno più grave che una vicenda ancora per molti versi oscura ha provocato: il crollo della fiducia non tanto nella Procura antimafia, quanto nello Stato.

Da oggi, ciascun cittadino avrà buone ragioni per sentirsi nudo di fronte al potere e di conseguenza esposto ai suoi disegni, quando non ai suoi capricci. Un sentimento spaventoso. Un sentimento e un danno la cui portata sembra sfuggire alla sensibilità grillina, movimento politico non a caso nato sulla spinta della retorica orwelliana di una trasparenza assoluta. “Male non fare, paura non avere”, ha recentemente detto parlando degli imputati innocenti il procuratore Piercamillo Davigo, cancellando con una battuta feroce secoli di cultura liberale su cui si fonda lo Stato di diritto. “Male non fare, paura non avere”, ha scritto oggi il direttore del Fatto quotidiano Marco Travaglio, concludendo un editoriale teso a minimizzare la portata delle notizie trafugate e, pare, commercializzate da un tenente della Guardia di Finanzia e chissà da quanti altri. Sfugge, evidentemente, il punto. Il punto non attiene alla portata delle singole notizie trafugate, ma all’atteggiamento dello Stato che quelle notizie dovrebbe custodire gelosamente così come gelosamente dovrebbe custodire e proteggere la libertà personale di ciascun cittadino.

Huffington Post

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