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PALESTINA. VIDEO/FOTO. Le olive di Shireen a rischio aggressioni


La raccolta delle olive è una tradizione antica nella cultura sociale palestinese. Negli ultimi anni viene sempre più spesso interrotta dalle intimidazioni dei coloni israeliani insediati nella Cisgiordania occupata da Israele nel 1967. L'articolo PALEST

Dei partecipanti al viaggio di conoscenza “Tutti a raccolta 2022” organizzato da Pax Christi

Pagine Esteri, 31 ottobre 2022 – “La raccolta delle olive inizia sempre dagli alberi a ridosso dell’insediamento israeliano di Bitar Illit. È qui che siamo più esposti al rischio di attacchi da parte dei coloni, è qui che la presenza di internazionali è fondamentale”.

Shireen è al lavoro dalle 7 del mattino assieme alla sua numerosa famiglia. Mentre con un fazzoletto si asciuga ripetutamente il sudore che le scende copioso dal viso, Shireen sale e scende veloce dagli alberi per coordinare e gestire il gruppo di volontari italiani arrivati nel villaggio di Husan per la raccolta delle olive.

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Lei e il fratello si occupano della potatura degli alberi mentre la mamma e la zia setacciano le olive prima di metterle nei sacchi, circondate dai tanti nipoti di ogni età che giocano felici rincorrendosi tra i campi. Come per ogni palestinese, la raccolta delle olive è una tradizione che fa parte della propria identità nazionale e che coinvolge l’intera famiglia scandendo i ritmi della giornata nei mesi di ottobre e novembre.

“Ogni giorno siamo minacciati dalla politica coloniale. Poche settimane fa le autorità israeliane hanno iniziato a costruire una nuova strada che dall’insediamento di Bitar Illit, costruito su terra degli abitanti di Husan e di altri villaggi palestinesi, porta dritta verso Hebron. Quindici dei nostri olivi sono stati completamente ricoperti di terra e massi. Ormai sono morti, soffocati. Nessuno è venuto a rimuovere i detriti, anzi, a metà ottobre hanno tagliato i rami dei pochi alberi sopravvissuti” ci racconta Shireen dall’alto di un ulivo.

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Proprio per evitare gravi atti di violenza e di saccheggio da parte dei coloni, i palestinesi che hanno terre a ridosso delle colonie sono molto spesso accompagnati nella raccolta delle olive da volontari internazionali il cui scopo è quello di prevenire e monitorare eventuali violazioni e violenze da parte dei coloni.

“Molto spesso però anche la presenza internazionale non è sufficiente” ci racconta Badee Dwaik, direttore dell’oganizzazione Human Rights Defenders di Hebron. “Mercoledì 19 ottobre i coloni di Ma’ale Amos hanno attaccato un gruppo di persone che stava aiutando i palestinesi nella raccolta delle olive nel villaggio di Kisan, nell’area di Betlemme. Una donna di 70 anni è stata accoltellata e portata d’urgenza in ospedale con numerose ferite sul corpo e una gamba rotta”.

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Non si tratta di un episodio isolato. Come ogni anno, durante i mesi di raccolta si registra un aumento esponenziale della violenza e delle aggressioni dei coloni contro i contadini palestinesi dal nord al sud della Cisgiordania. Nello stesso villaggio di Kisan, i coloni hanno sradicato 300 olivi e spruzzato gli alberi con pesticidi chimici incendiari. A Jamaeen e a Qaffin, vicino a Nablus, i contadini palestinesi sono stati attaccati a sassate e sono stati costretti a sospendere la raccolta. Faz3a, la campagna del Coordinamento dei Comitati Popolari di Resistenza, costituita da attivisti palestinesi che lottano contro il colonialismo israeliano in diverse città e villaggi e che in questo periodo supportano le comunità locali nella raccolta delle olive, ha denunciato numerosi episodi di violenza: nel villaggio di At-tuwani, nell’area di Masafer Yatta, attivisti palestinesi e internazionali sono stati attaccati con gas lacrimogeni; a Turmosaya, nella zona di Ramallah, i coloni hanno appiccato fuoco ai campi di olivi e ad alcune auto palestinesi, mentre nel vicino villaggio di Jeibiya, un attivista palestinese è stato ricoverato in ospedale a seguito di un’aggressione e 10 auto sono state distrutte a sassate. Pagine Esteri

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Il Brasile vira a sinistra: Lula presidente, sconfitto Bolsonaro


E' stato testa a testa per molte ore, poi il leader del Partito dei Lavoratori ed ex presidente ha ottenuto il suo terzo mandato. Ma il Brasile si è spaccato. Lula ha vinto con un margine minino e si temono mosse antidemocratiche di Bolsonaro. L'articolo

di Glória Paiva*

Pagine Esteri, 31 ottobre 2022 – I brasiliani hanno votato ieri (30/10) al secondo turno delle elezioni presidenziali e hanno scelto Luis Inácio Lula da Silva (Partito di Lavoratori – PT) come successore di Jair Bolsonaro (Partito Liberale – PL) per assumere la presidenza dal 1° gennaio 2023. Lula ha ottenuto il 50,9%, contro il 49,1% di Bolsonaro, cioè 2,1 milioni di voti in più. Il risultato segna una nuova tappa nella politica brasiliana, dopo quattro anni di una forte divisione politica e di una gestione criticata dai settori progressisti di tutto il mondo per la sua disastrosa performance su temi come la gestione della pandemia di Covid-19, l’ambiente, i diritti umani, l’aumento della povertà, il ritorno del Brasile nella mappa della fame delle Nazioni Unite, tra gli altri. Come nel primo turno, giorno 2 ottobre, è stato nuovamente elevato l’indice di astensioni, il 20,57%, rappresentando 32 milioni di cittadini.

Lula ha vinto in più comuni e nella regione del Nord Est; mentre Bolsonaro ha vinto nelle altre quattro regioni. È la prima volta nella storia della democrazia brasiliana un presidente perde la disputa alla propria rielezione e che un terzo mandato presidenziale accadrà.

Dopo il conteggio dei voti, Lula ha festeggiato con i suoi sostenitori a São Paulo, dove ha fatto un discorso per milioni di persone. Per il presidente eletto, nelle sue parole, “non ci sono due Brasile”. “È tempo di ricostruire un paese diviso”, ha dichiarato. Il petista ha detto, inoltre, che il suo impegno più urgente sarà quello di mitigare la fame, uno dei problemi più gravi degli ultimi tre anni.

Nonostante la vittoria di Lula, specialisti sostengono che la divisione politica che si è consolidata negli ultimi quattro anni in Brasile non finirà nel 2023. La polarizzazione si fa sentire nei fatti, ormai diventati quotidiani, di violenza politica e sicuramente sarà un ostacolo alla governabilità di Lula, a causa della nuova composizione del legislativo: il Partito Liberale di Bolsonaro sarà il più rappresentato sia nel Senato che nella Camera dei Deputati.

Operazioni della polizia stradale nelle regioni pró-Lula

Durante la giornata di ieri, la Polizia Stradale Federale (PRF) non ha rispettato un ordine del Supremo Tribunale Elettorale (TSE) ed ha effettuato almeno 560 operazioni sulle strade di tutto il paese per “ispezionare” il trasporto gratuito degli elettori. La metà di queste azioni sono state realizzate nella regione del Nord Est, dove Lula ha la maggioranza degli elettori. Sui social in tanti hanno denunciato difficoltà di accedere ai luoghi di votazione e ritardi fino a tre ore. Il presidente del TSE, Alexandre de Moraes, ha affermato, tuttavia, che il fatto non ha impedito agli elettori di raggiungere i loro seggi elettorali. Moraes ha chiesto nel dettaglio le informazioni sulle operazioni della PRF per valutare la possibile apertura di procedimenti contro i responsabili.

Secondo il portale G1, lo stesso Bolsonaro avrebbe sollecitato al ministro della Giustizia, Anderson Torres, al quale è subordinata la Polizia Stradale Federale, di ordinare le operazioni nelle zone in cui Lula era il favorito. Alleato di Bolsonaro, Torres si è incontrato, la settimana scorsa, con il presidente in Brasília e con gli assessori della sua campagna. Nel sabato (29), il direttore-generale della PRF, Silvinei Vasques, aveva pubblicato sul un suo profilo in una rete sociale una foto in cui dichiarava il suo voto a Bolsonaro, ma la pubblicazione è stata cancellata ore dopo.

Nell’ultima settimana, i bolsonaristi hanno sollevato l’idea di cambiare la data del secondo turno o addirittura di realizzare un “terzo turno”, in caso di parità oppure sulla base di presunti dubbi sulla legittimità dell’elezione e sull’imparzialità del TSE, nonostante la legislazione elettorale brasiliana non preveda un terzo turno. Per di più, il sistema di voto elettronico, utilizzato in Brasile dal 1996, è considerato uno dei più sicuri al mondo ed è valutato periodicamente da test pubblici di sicurezza dal 2009.

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foto di Marcos Correa

La storia dei candidati

Lula, 77 anni, è stato il 35° presidente del Brasile dal 2003 al 2011, periodo in cui il paese ha vissuto un momento di espansione economica e sociale. Nato a Pernambuco, Lula lavorava come operatore di presse meccaniche nello stato di San Paolo quando iniziò a partecipare ai movimenti sindacali alla fine degli anni ’60, durante la dittatura militare. Ha guidato grandi scioperi dei lavoratori e ha contribuito a fondare il PT nel 1980. Nel 1989 si candidò per la prima volta alla presidenza, avendo perso contro Fernando Collor de Mello. È stato nuovamente candidato nel 1994 e nel 1998 e ha perso contro Fernando Henrique Cardoso. Soltanto nel 2002 è riuscito a sconfiggere José Serra, rompendo con 17 anni di gestione della destra o centro-destra.

Durante il governo di Lula si sono consolidati programmi sociali come Bolsa Família e Fome Zero, riconosciuti dalle Nazioni Unite come iniziative che hanno permesso al paese di uscire dalla Mappa della Fame e che hanno contribuito a ridurre la povertà in 50,6%, secondo uno studio della Fondazione Getúlio Vargas. Tra il 2003 e il 2011, il Brasile ha anche accumulato cospicue riserve internazionali e triplicato il suo PIL pro capite. Ciononostante, parallelamente il PT, insieme ad altri grandi partiti di allora, è stato anche coinvolto in alcuni casi di irregolarità, in particolare nello scandalo di corruzione denominato “Mensalão”, venuto alla luce nel 2005. Nel Mensalão, i parlamentari ricevevano tangenti per continuare ad appoggiare il governo nel Congresso. Lula è comunque riuscito ad avere come successore Dilma Rousseff, sua alleata e Ministro Capo della Casa Civile nel governo precedente, eletta nel 2010 e rieletta nel 2014.

Nel 2017, nell’ambito dell’operazione Lava Jato, Lula è stato condannato per corruzione e riciclaggio di denaro, e ciò l’ha portato al carcere nell’aprile 2018. Dopo 580 giorni, è stato rilasciato per decisione del Supremo Tribunale Federale (STF), che ha inteso che l’esecuzione delle sentenze dovesse avvenire solo dopo secondo grado. Negli anni successivi gli sono stati ristabiliti i diritti politici e Lula è stato dichiarato non colpevole. Inoltre, è venuto alla luce che indagini che hanno portato alla condanna di Lula non sono state imparziali e che il suo giudice incaricato, Sergio Moro, ha collaborato con l’accusa durante il procedimento.

Nato a Glicério, nello stato di San Paolo, Jair Bolsonaro è un ex militare ed è stato deputato federale per lo stato di Rio de Janeiro dal 1991 al 2018. Nel 1986 è diventato noto dopo aver pubblicato un articolo per la rivista Veja in cui criticava i bassi salari dei militari. Un anno dopo, la stessa rivista ha pubblicato un articolo accusando Bolsonaro di essere uno degli autori di un piano per far esplodere bombe in una caserma di Rio de Janeiro. Come deputato è stato protagonista di una serie di polemiche, come le sue dichiarazioni in cui lodava la dittatura militare, quando si diceva contro gli omosessuali oppure minacciava i suoi oppositori come la deputata Maria do Rosário e Jean Wyllys.

Nel 2018 è stato eletto 38° presidente del Brasile. La sua amministrazione è stata segnata dal negazionismo scientifico con cui ha trattato la pandemia, dai suoi frequenti attacchi alle istituzioni democratiche brasiliane, dall’incitamento all’intolleranza e alla violenza contro oppositori politici e le minoranze, dallo smantellamento di organismi e politiche di protezione dell’Amazzonia e dei popoli indigeni, portando al più alto tasso di deforestazione degli ultimi 15 anni. In più, Bolsonaro è stato responsabile della firma di una serie di decreti che hanno facilitato l’accesso e quintuplicato la presenza di armi in Brasile.

Nei suoi ministeri è stata notevole la presenza di tanti militari in incarichi civili e di figure completamente svincolate dai temi dei rispettivi uffici, come la pastora evangelica Damares Alves, Ministro delle Donne, della Famiglia e dei Diritti Umani, e i due Ministri dell’Ambiente, Ricardo Salles (2018-2021) e Joaquim Leite (2021-2022), entrambi noti difensori dei cosiddetti “ruralisti”, grandi capi dell’agrobusiness in Brasile.

Per di più, Bolsonaro e la sua famiglia sono stati accusati di numerosi scandali di corruzione, come l’acquisto di 51 proprietà in contanti, il cosiddetto schema “rachadinha” (appropriazione indebita di fondi destinati all’assunzione di dipendenti pubblici), il cosiddetto “Bolsolão do MEC” (schema di corruzione nel Ministero della Pubblica Istruzione) e le richieste di tangenti da parte del Ministero della Sanità al laboratorio produttore del vaccino Astra-Zeneca contro il COVID.

Un mese turbolento

I 30 giorni tra il primo e il secondo turno sono stati un periodo di intensa turbolenza politica in tutto il Brasile, con violenza politica, scambio di accuse da parte dei candidati e un’ondata di disinformazione sui social ancora più forte rispetto al primo turno. Uno studio dell’Università Federale di Rio de Janeiro (UFRJ) fa notare che la circolazione delle fake news è aumentata del 23% su Telegram, del 36% su WhatsApp e del 57% su Twitter nelle ultime quattro settimane. Complessivamente, secondo lo studio, la media giornaliera delle fake news in circolazione è cresciuta da 196,9 mila, prima del primo turno, a 311,5 mila dopo.

Secondo la ricerca, i principali argomenti durante la campagna (e anche il bersaglio delle fake news) sono stati il tema dell’integrità e della sicurezza del sistema elettorale, più volte messo in discussione dal presidente, il tema dei valori cristiani, la presunta non affidabilità della stampa tradizionale e le questioni socio-ambientali, di genere e della famiglia. Questi ultimi due sono spesso inseriti nell’agenda bolsonarista per sostenere la sua propaganda come candidato in difesa della tradizionale famiglia brasiliana e contro le agende progressiste, come i diritti degli LGBTQ+ e la lotta per la depenalizzazione dell’aborto.

Anche i casi di violenza politica sono aumentati di circa il 40% nell’ultimo mese rispetto al primo turno, con almeno 60 casi registrati, secondo Amnesty International. L‘ultimo episodio ha avuto come protagonista la deputata federale bolsonarista Carla Zambelli, che è stata filmata nelle strade di San Paolo con una pistola in mano mentre inseguiva un elettore di Lula disarmato. Pagine Esteri

3325854* Glória Paiva è una giornalista, scrittrice e traduttrice brasiliana

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#NotiziePerLaScuola

È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione.

🔸 Ministro Valditara: "Il merito è un valore costituzionale”

🔸 Regioni, il Ministro ha incontrato gli Assessori all’Istruzione e alla Formazio…



Non diamoci del tu – La Ragione


Sembra essere una fissazione che ha colto un gruppo di giuristi, di osservatori della vita collettiva, di cittadini. Chissà perché ne parlano con ossessiva ripetitività. Invece si tratta di un principio elementare, financo banale, considerato ovvio in tut

Recensione "Non diamoci del tu" su La Ragione

Sembra essere una fissazione che ha colto un gruppo di giuristi, di osservatori della vita collettiva, di cittadini. Chissà perché ne parlano con ossessiva ripetitività. Invece si tratta di un principio elementare, financo banale, considerato ovvio in tutti gli Stati di diritto che popolano il pianeta.

È del tutto ovvio che l’attaccante della squadra avversaria non possa anche essere l’arbitro della partita, ma neanche può esserlo l’attaccante della mia squadra. Se l’arbitro veste una maglia diversa da tutti gli altri non è perché non sia umano, non ami lo sport o, in cuor suo, non sia appassionato di questa o quella squadra, ma perché svolge un ruolo che non può essere collegato a nessuna delle due parti del campo.

Altrimenti la partita è truccata. E nella giustizia italiana, senza la separazione delle carriere fra magistrati giudicanti e magistrati requirenti, la partita è truccata. Il libro ricostruisce minuziosamente le origini di questa aberrazione sottolineando, fin dal titolo, non solo che non c’è colleganza simile a quella italiana in nessun altro sistema giudiziario civile, ma che fra le due funzioni non può esistere neanche confidenza, comunanza di vita.

Non devono darsi del “tu”. Figuriamoci essere parte della stessa corporazione, avere lo stesso sindacato, votarsi l’un l’altro per eleggersi al Consiglio superiore della magistratura o alla guida del sindacato stesso. Il libro nasce anche con una circostanza fortunata: terminato e andato in stampa prima delle elezioni del settembre 2022, nel tempo che ci ha messo per arrivare in libreria il prefatore, Carlo Nordio, è divenuto ministro della Giustizia.

E nella prefazione Nordio scrive che quella colleganza rientra in un patologico elenco di disfunzioni, fra le quali: «l’obbligatorietà dell’azione penale, l’abuso della custodia cautelare, l’autoreferenzialità e irresponsabilità dei magistrati, via via fino alla chiusa obbligatoria della lentezza dei processi».

Come a dire che se non si rimuove quell’origine è escluso si rimuovano i guasti che ne derivano. Non si tratta, quindi, di una morbosa fissazione di taluni, ma della necessaria riforma senza la quale la giustizia resterà funzione e servizio di una corporazione chiusa e prepotente, anziché servizio ai cittadini e alla convivenza civile.

La Ragione

L'articolo Non diamoci del tu – La Ragione proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



LIBANO-ISRAELE. Firmato l’accordo sui confini marittimi. Beirut: non è «normalizzazione»


MEDITERRANEO ORIENTALE. Ieri la firma a Naqoura dell'intesa mediata dagli Usa e che segna l'inizio dello sfruttamento dei giacimenti di gas in quell'area. Hezbollah canta vittoria, Yair Lapid pure. L'articolo LIBANO-ISRAELE. Firmato l’accordo sui confini

di Michele Giorgio –

(Unità navale dell’Unifil a Naqoura, foto di Bastian Fischborn)

Pagine Esteri, 28 ottobre 2022 – Quando tutto era pronto, un incidente ha ritardato ieri pomeriggio la cerimonia della firma dell’accordo sulla delimitazione del confine marittimo tra Libano e Israele e lo sfruttamento delle riserve di gas sottomarino in quell’area. La delegazione giunta da Beirut è entrata nella base dell’Unifil (Onu) a Naqoura solo dopo l’uscita di una nave militare israeliana dalle acque territoriali libanesi. Poi tutto è proceduto come da programma. Sedute in stanze separate, le delegazioni libanese e israeliana hanno consegnato i loro documenti all’inviato dell’Amministrazione Usa, Amos Hochstein che ha mediato i negoziati. Poche ore prima il presidente libanese Michel Aoun aveva firmato il testo dell’accordo, altrettanto ha fatto il premier israeliano Yair Lapid. Delimitato il confine marittimo, i due paesi possono sfruttare nelle proprie acque i giacimenti di gas Karish, che ricade nella zona economica esclusiva di Israele, e quello di Qana che in buona parte sarà sfruttato dal Libano. Lo Stato ebraico riceverà una parte dei ricavi di Qana dalla francese Total incaricata dal governo di Beirut di avviare le esplorazioni del sito.

È stato il Libano a chiedere il complicato protocollo di ieri per evitare che la firma dell’accordo fosse visto come una «normalizzazione» delle relazioni tra i due paesi. Il paese dei cedri non dimentica di aver subito diverse offensive israeliane distruttive e l’occupazione tra il 1978 e il 2000 di una parte del suo territorio meridionale. Opposto l’atteggiamento israeliano. Il premier Lapid, anche a scopo elettorale, ha insistito sull’intesa raggiunta tra due paesi formalmente in guerra descrivendola come un riconoscimento da parte libanese dello Stato ebraico. «Questo è un risultato straordinario per Israele», ha detto. L’accordo ha aggiunto, «è una conquista diplomatica. Non capita tutti i giorni che un paese nemico riconosca lo Stato di Israele in un accordo scritto, davanti alla comunità internazionale». L’intesa ha proseguito, «rappresenta una conquista economica. Ieri è iniziata la produzione di gas dalla piattaforma Karish. Israele riceverà il 17 per cento dei profitti da Qana-Sidone, il campo libanese. Questo denaro andrà nell’economia israeliana e sarà utilizzato per la salute e il benessere, l’istruzione e la sicurezza». A suo sostegno è intervenuto qualche ora dopo Joe Biden che ha esaltato l’accordo definendolo «storico» e ha previsto che «garantirà gli interessi di entrambi i Paesi e sarà una base per la stabilità e la prosperità della regione».

A Beirut hanno suonato una musica ben diversa. Il presidente Aoun ha negato su Twitter che l’accordo possa avere «implicazioni politiche». La demarcazione del confine marittimo meridionale, ha spiegato, «è un’opera tecnica che non ha implicazioni politiche o effetti contrari alla politica estera libanese». Ancora più esplicito è stato il leader del movimento sciita libanese Hezbollah, Hassan Nasrallah, considerato dagli analisti il vero vincitore politico del negoziato indiretto con Israele. «Noi di Hezbollah consideriamo quello che è accaduto una grande vittoria per il Libano», ha detto Nasrallah durante un discorso televisivo sottolineando che l’intesa non significa «normalizzazione» dei rapporti né un «riconoscimento» implicito di Israele da parte di Beirut e che «Israele non ha ricevuto garanzie di sicurezza». Ricordando che Hezbollah aveva minacciato di attaccare Karish se Tel Aviv avesse avviato lo sfruttamento del giacimento senza un accordo con il Libano, ieri Nasrallah ha annunciato la revoca dello «stato di allerta militare» proclamato dal suo movimento.

A Beirut il governo, Hezbollah e l’oligarchia economica cantano vittoria. Restano però forti i dubbi sulla reale portata economica futura dello sfruttamento del gas e dell’accordo con Israele. Qualche giorno fa Sibylle Rizk, presidente del Consiglio dell’iniziativa libanese per il petrolio e il gas (Logi), su l’Orient Today spiegava che «Il gas non salverà il Libano» che vive una crisi finanziaria devastante. Prima di tutto, ha scritto, la linea di demarcazione stabilita dall’accordo «non è basata sul diritto internazionale che impone che il confine marittimo inizi dal confine terrestre». Contrariamente a quanto affermano le autorità, ha sottolineato Rizk, «il Libano non ha ottenuto pieni diritti sul campo di Qana…e rimangono molti passi da compiere prima che venga effettuata una scoperta di gas naturale. E, se una tale scoperta avverrà, ci vorranno diversi anni prima che il Libano riceva effettivamente la sua quota di entrate».

Gli esperti calcolano che il Libano potrà contare, non prima del 2030, su 6-8 miliardi di dollari distribuiti su un periodo di 15 anni. In confronto, le perdite nel settore finanziario ammontano a 72 miliardi di dollari. L’accordo, perciò, non apre la strada alla prosperità. Pagine Esteri

L'articolo LIBANO-ISRAELE. Firmato l’accordo sui confini marittimi. Beirut: non è «normalizzazione» proviene da Pagine Esteri.



Meloni, popolare (per iniziare) e magistra


I primi provvedimenti la fanno crescere in popolarità, infatti, ogni misura che elimina obblighi o prescrizioni viene percepita come azione che dona libertà. Si convince di stare a cavalcare l’onda giusta. Tanto giusta che perde la testa e si sente magistra

L'articolo Meloni, popolare (per iniziare) e magistra proviene da L'Indro.



Meloni e la sua mistica identitaria e divisiva


La Giorgia di 'governo' è la stessa dell’opposizione e di lotta. Una grinta che non rivela solo risolutezza, tradisce animosità, voglia di rivalsa; si sente di 'parte' e ignora la nuova dimensione che l’incarico istituzionale ricoperto impone

L'articolo Meloni e la sua mistica identitaria e divisiva proviene da L'Indro.



Ucraina: droni iraniani, l’arma spuntata di Putin


Pochi giorni fa, il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky, nel corso di un’intervista rilasciata all’emittente televisiva canadese CTV, ha rivolto un duro j’accuse nei confronti dell’Iran, reo di aver preso “soldi sporchi di sangue dalla Russia per aver fornito droni kamikaze utilizzati in attacchi mortali contro Kiev”. “Non mi fido della leadership iraniana”, ha aggiunto Zelensky, […]

L'articolo Ucraina: droni iraniani, l’arma spuntata di Putin proviene da L'Indro.



Casinò online: giochiamo con Rick?


Ve lo ricordate ‘Casablanca‘? Certamente sì! … beh, insomma, dipende da quanti anni avete. Di certo almeno lo avrete sentito nominare. Era ambientato nei quasi mitici anni ’40, anni durante i quali la seconda guerra mondiale imperversava e gli amori erano sempre ‘impossibili’ e struggenti. Ma soprattutto i protagonisti: Humphrey Bogart e Ingrid Bergman. Affascinanti, […]

L'articolo Casinò online: giochiamo con Rick? proviene da L'Indro.



#RecuperarLaCiudad (Riprendersi la città) è un gruppo di attivisti spagnoli che si occupa di uso degli spazi urbani, di sostenibilità e in particolare di mobilità sostenibile.

Hanno pubblicato una bella guida dal titolo “Guía para la ciudadanía con 40 ideas para una recuperación urbana” (Guida per i cittadini con 40 idee per riprendersi la città), disponibile anche in inglese e pubblicano una newsletter periodica che affronta gli stessi temi della guida.

Qui sotto trovate la traduzione parziale della newsletter del 30 settembre 2022 intitolata:
Perché abbiamo bisogno di più ciclistə nelle nostre città?

L’articolo presenta alcune delle conseguenze positive che l’aumento dell’uso della bicicletta in città può produrre in ambito ambientale, economico e sanitario.

Il testo completo dell’articolo si può scaricare da qui:
nilocram.eu/edu/newsletter_Rec…
Buona lettura e... pedalate piano 😀

Perché abbiamo bisogno di più ciclistə nelle nostre città?


Spostarci in bicicletta ci fa guadagnare in salute e in denaro. Ma non è solo il ciclista a trarne beneficio: l'impatto degli spostamenti in bicicletta interessa l'intera popolazione. Anche quelli che non pedalano mai.

Negli articoli precedenti abbiamo discusso di come la proprietà di un'auto non sia solo un costo individuale, ma anche sociale, a causa delle conseguenze negative collegate al suo possesso.
L'altra faccia della medaglia è rappresentata dalle conseguenze positive, ossia qualsiasi azione che abbia un impatto globale positivo. Nel caso della bicicletta, queste sono molteplici e significative.

Riduzione delle emissioni


Nessuno si sorprende più che l'uso della bicicletta riduca le emissioni di gas che causano l’effetto serra. Uno studio pubblicato sulla rivista Nature nell'agosto 2022 ha analizzato le tendenze nell'acquisto e nella produzione di biciclette, insieme alle conseguenze del loro utilizzo. La conclusione è che:
• se tutti percorressero 1,6 km in bicicletta, le emissioni di anidride carbonica potrebbero essere ridotte di 414 milioni di tonnellate (414 miliardi di chilogrammi). Per contestualizzare il dato, si tratta del 98% delle emissioni totali del Regno Unito nel 2015;
• se questa distanza viene aumentata a 2,6 km, la riduzione ammonta a 686 tonnellate di CO₂, pari all'86% delle emissioni della Germania nel 2015.
Anche un altro studio, condotto a Pechino per analizzare le conseguenze positive dei sistemi di noleggio delle biciclette, conferma la riduzione delle emissioni collegata all'uso della bicicletta grazie all'"effetto di sostituzione". Grazie all’accesso facilitato alla bicicletta, alcuni utenti dell'auto sono passati a questa modalità. Si stima che se il 75% degli spostamenti effettuati a Pechino nel 2015 venisse effettuato in bicicletta, le emissioni di CO₂ si ridurrebbero di 616.000 tonnellate insieme ad altri inquinanti atmosferici come il particolato inferiore a 2,5 micron, il biossido di zolfo e il NO₂.

Qui il testo completo dell’articolo:
nilocram.eu/edu/newsletter_Rec…
@Informa Pirata @maupao @Goofy 📖 🍝 @:fedora: filippodb :gnu: :BLM: @Scuola - Gruppo Fediverso @Ambiente :verified:



Non solo agenti: le principali opportunità lavorative nel settore real estate


Il settore immobiliare è uno dei più dinamici in assoluto. Mondo che è riuscito a rispondere con una resilienza straordinaria all’emergenza Covid, il real estate è una miniera di opportunità per chi cerca lavoro. La principale figura da considerare se si punta a fare carriera nell’immobiliare è senza dubbio quella dell‘agente. Per svolgere questo lavoro […]

L'articolo Non solo agenti: le principali opportunità lavorative nel settore real estate proviene da L'Indro.



Un colpo di scena dietro l’altro, attacchi incrociati e l’ormai consueta raffica di fake news con l’arbitro della competizione, il Tribunale Elettorale, a colpire duramente più il presidente Jair Bolsonaro che il contendente Luiz Inacio Lula da Silva…


Fr.#13 / Vola uccellino, vola


Nel frammento di oggi: Elon Musk compra finalmente Twitter, la fine del monopolio liberal? / L'UE non esita a tarpare le ali dell'uccellino blu / Meme e citazione del giorno.

Dopo mesi, finalmente Elon Musk ha davvero comprato Twitter. In una lettera aperta, pubblicata anche su Twitter, Elon ha spiegato le motivazioni che l’hanno spinto all’acquisto e le sue future intenzioni per la piattaforma:

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Dice che è importante per il futuro dell’umanità avere una “piazza digitale comune” dove è possibile dibattere senza violenza. Questa violenza, secondo lui, nasce dalle famigerate casse di risonanza e bolle create dagli algoritmi di profilazione tipici di questi social, che provocano divisione sociale e odio. A questo si collegano anche le testate giornalistiche, il cui business è ormai il clickbait e

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Certo, Elon omette di dire esplicitamente che l’algoritmo di Twitter e la relativa moderazione sono stati finora pesantemente a favore della sinistra liberal. In questo caso però i fatti contano più delle parole, e certamente il licenziamento in tronco del CEO Parag Agrawal, il CFO Ned Segal e Vijaya Gadde, head of legal policy, trust, and safety, lascia ben sperare.

Moltissimi utenti in queste ore stanno scherzosamente testando l’algoritmo di moderazione scrivendo cose come “I vaccini covid non funzionano”. Non c’è molto da scherzare però, considerando che numerosi account sono ancora oggi shadowbannati o sospesi per aver semplicemente espresso opinioni contrastanti con l’ideologia liberal.

Un caso paradigmatico è la sospensione dell’account di Babylon Bee, una testata giornalistica sarcastica simile a The Onion o al nostro Lercio.

L’account venne sospeso dopo aver pubblicato su Twitter una storia in risposta a una notizia reale: il 13 marzo 2022 Usa Today decise di nominare Rachel Levine (precedentemente Richard) “Woman of the year”, commentando così la notizia:

Rachel Levine is one of USA TODAY’s Women of the Year, a recognition of women across the country who have made a significant impact.

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The annual program is a continuation of Women of the Century, a 2020 project that commemorated the 100th anniversary of women gaining the right to vote. Meet this year’s honorees at womenoftheyear.usatoday.com.


Alla notizia, Babylon Bee rispose nominando sarcasticamente Rachel Devine “Man of the year”:

The Babylon Bee has selected Rachel Levine as its first annual Man of the Year.

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Levine is the U.S. assistant secretary for health for the U.S. Department of Health and Human Services, where he serves proudly as the first man in that position to dress like a western cultural stereotype of a woman. He is also an admiral in the U.S. Public Health Service Commissioned Corps. What a boss!


Babylon Bee, accusati di hate speech, hanno pagato caro l'aver osato affermare in modo ironico una realtà oggettiva e fattuale letteralmente sotto gli occhi di chiunque.

La speranza è che la pulizia interna di Elon Musk possa riportare Twitter in una situazione di presunta neutralità, ripristinando gli account sospesi ingiustamente e dando così modo alle persone di dibattere tra loro in modo pacifico e senza censura. Le parole, soprattutto quando esprimono verità oggettive, non sono violenza, né hate speech. La censura, quella sì.

The bird is freed, ma non nell’Unione Europea


Noi europei faticheremo invece a spiccare il volo, nonostante l’acquisizione di Elon Musk.

Il motivo si chiama Digital Services Act - ne avevamo già parlato insieme qualche mese fa. La legge, che ha l’unico scopo di controllare e limitare la capacità di esprimere liberamente il pensiero degli europei su Internet, entrerà in vigore fra circa 20 giorni.

Thierry Breton, padrino del Digital Services Act, non ha esitato a tarpare le ali di Elon Musk:

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Le nuove regole porteranno alla creazione di super fact-checkers, daranno alla Commissione europea poteri illimitati di censura in “situazioni di crisi” (cioè sempre) e obbligheranno le piattaforme come Twitter a sviluppare algoritmi automatizzati per la moderazione e la mitigazione dei rischi di “disinformazione”.

All’Unione Europea la libertà di pensiero e parola non piace, tanto che Alexandra Geese, nel commentare ad aprile la notizia del possibile acquisto di Twitter da parte di Musk, parlava del rischio democratico del “free speech absolutism”.

Cos’è il free speech absolutism? Se la storia ci insegna qualcosa: pensare e dire tutto ciò che non piace ai liberal. Tipo che Rachel Levine è un uomo.

Meme del giorno


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Citazione del giorno

There are two sides to every issue: one side is right and the other is wrong, but the middle is always evil. The man who is wrong still retains some respect for truth, if only by accepting the responsibility of choice.

But the man in the middle is the knave who blanks out the truth in order to pretend that no choice or values exist, who is willing to sit out the course of any battle, willing to cash in on the blood of the innocent or to crawl on his belly to the guilty, who dispenses justice by condemning both the robber and the robbed to jail, who solves conflicts by ordering the thinker and the fool to meet each other halfway.

In any compromise between food and poison, it is only death that can win. In any compromise between good and evil, it is only evil that can profit.

Ayn Rand

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Brasile, Lula – Bolsonaro: Presidenti allo scontro finale


Scenari per un 31 ottobre brasiliano, quando forse si potrà valutare se la lunga crisi politica potrà finalmente finire, e quando e come ciò potrà accadere. Potenzialità e limiti di un Lula dato per vincente, nella consapevolezza che l'idea che il Brasile potesse in qualche modo tornare indietro nel tempo eleggendo Lula, e riconquistare l'ottimismo e la promessa dell'inizio del ventunesimo secolo, è sempre sembrata fantasiosa. Intanto, Bolsonaro, anche se perderà, resterà lì, compagno di viaggio della destra globale

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USA: elezioni di midterm, una iattura per l’Ucraina


L’approssimarsi delle elezioni di midterm ripropone ciclicamente l’interrogativo su come gli esiti del voto infuiranno sulla politica statunitense e sulla posizione del Paese rispetto ai grandi temi internazionali. Quest’anno, poi, la domanda tradizionale si carica di significati particolari, di fronte al perdurare della guerra in Ucraina e alle difficoltà che l’amministrazione Biden si trova ad […]

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Frusciante


Polemiche accese per la soglia del limite al contante. In molti lo vogliono più alto, anche per questioni di libertà. Si tratta, però, di una discussione inutile… Scoppia subito la polemica sul limite all’uso del contante. Quanto deve essere? Lo vogliamo

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Polemiche accese per la soglia del limite al contante. In molti lo vogliono più alto, anche per questioni di libertà. Si tratta, però, di una discussione inutile…


Scoppia subito la polemica sul limite all’uso del contante. Quanto deve essere? Lo vogliamo più alto. È una questione di libertà. Favorisce l’evasione fiscale.

Ecco, temo sia, in grandissima parte, una discussione totalmente inutile. La pressoché totalità delle persone normali nemmeno lo sanno qual è il limite all’uso del contante, perché siamo in una stagione nella quale chiudono le filiali delle banche e chiudono anche i bancomat.

Con il pagamento elettronico si fa prima, è più sicuro, se ti rubano il portafoglio ti hanno rubato un pezzo di plastica e basta bloccare la carta. A quant’era sto benedetto tetto del contante? Nel 1991, quando ancora c’era la Lira, era 20 milioni. Nel 2002, con l’euro, erano 12.500. Poi è sceso a 5000, 2500, 1000, 3000, 2000. Adesso è 2000, ma dal primo gennaio dovrebbe essere 100.

Ma chi riesce a ricordare tutte queste cose? Soprattutto, considerato che sono praticamente scomparse dalla circolazione e non vengono più prodotte le banconote da 500, il taglio più grosso che normalmente si usa è 50, uno che gira con 5000 euro nel portafoglio è un soggetto strano.

Allora cerchiamo di ragionare sui fatti reali: qualsiasi limite all’uso del contante si riferisce alle transazioni lecite, perché le transazioni illecite saranno comunque fatte in nero, a prescindere dal limite. Ad esempio, se vado a comprare la cocaina, è difficile che io faccio il tracciamento del pagamento perché è un “negozio” illecito e, quindi, avverrà tutto di nascosto.

Se ho deciso di comprare casa, pagando una quota in nero, cioè in evasione fiscale, non è il limite all’uso del contante che mi spaventa ovviamente, perché sto organizzando un’evasione fiscale di enormi dimensioni. Quello influisce zero.

La grande differenza è tra mettere o non mettere un limite all’uso del contante, perché una volta che lo si è messo, per la stragrande maggioranza delle persone normali, che sia 2000 o sia 5000 è lo stesso.

Il tema è se posso fare anche transazioni importanti in contanti. Ci sono Paesi europei come l’Austria, l’Irlanda, la Germania e il Lussemburgo dove non c’è alcun limite all’uso del contante. Posso comprare direttamente l’appartamento cash. Ma attenzione! Sono Paesi dove è comunque obbligatoria l’identificazione di chi sta pagando. Bisogna fornire un documento di riconoscimento e il pagamento viene tracciato.

Dunque, la differenza non sta nel limite o nel non limite, sta nel sistema fiscale. Il tracciamento delle transazioni non c’è dubbio che faccia diminuire l’evasione fiscale. Ma per me che pago è la stessa cosa. Se pago 100 euro con la carta o in contanti, pago sempre 100 euro. La differenza la fa chi incassa, che potrebbe essere in evasione fiscale.

Dice la Meloni – quindi un governo di destra – che bisogna perseguire i grandi evasori. È la stessa posizione di rifondazione comunista di qualche anno fa, secondo cui anche i ricchi devono piangere. Certo che esistono i ricchi evasori, non c’è dubbio. Ma la maggior parte dell’evasione è la sommatoria di tutta la piccola evasione.

Peraltro è prevista la galera per il grande evasore, mentre per chi non fa lo scontrino è prevista la multa. Secondo voi perché? Perché sono due cose totalmente diverse.

Cosa è utile fare? Intanto è utile tenere bassissimi i costi delle transazioni digitali. Anche prelevare o depositare soldi in banca costa, non è gratis. L’importante è che le transazioni digitali costino meno del prelievo di contanti. Le banche dati devono essere interoperabili, in modo da scoprire gli evasori anche con i consumi e deve essere garantita totalmente la privacy: cioè quello che spendo sono affari miei, salvo che per qualche ragione non intervenga il giudice penale.

Fuori da questo l’intera discussione è totalmente priva di senso.

L'articolo Frusciante proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Borsa: canapa, chiusura negativa per Canada e USA


Le due principali piazze borsistiche mondiali nel settore della produzione, trattamento e commercializzazione della canapa, ovvero Canada e USA, questa settimana chiudono entrambe con valori nettamente negativi. Pesa la ormai cronica volatilità sulle piazze borsistiche internazionali, ulteriormente aggravata dall’andamento doloroso e prolungato della invasione russa dell’Ucraina che ha letteralmente squassato i valori delle quotazioni in […]

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Enrico Mattei ed il mantra della collaborazione sussidiaria


Forse e’ una coincidenza colta al volo, ma il riferimento della Presidente del consiglio italiano alla figura di Enrico Mattei nel 60º anno di ricordo della sua morte è stata una bella mossa. Ha portato l’interesse per questo imprenditore ancor più in alto. «Credo che l’Italia debba farsi promotrice di un ‘piano Mattei per l’Africa, un modello […]

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USA: Biden, nell’era della onnipolitica, affronta la grande strategia


La NSS sottolinea che la linea di demarcazione luminosa tra politica 'estera' e 'interna' è rotta. Siamo alla 'onnipolitica'. Un tale approccio richiede un grado molto più elevato di coordinamento e armonizzazione tra le diverse parti del governo. Per gli USA non sarà un percorso facile

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L’Occidente sia più unito per sanzionare l’élite di Putin


Gli alleati occidentali dell’Ucraina hanno adottato un nuovo round di sanzioni all’inizio di questo mese in risposta alla recente mossa della Russia di annettere ufficialmente quattro regioni ucraine parzialmente occupate. Queste ultime misure sanzionatorie includevano l’ampliamento dell’elenco di persone ed entità soggette a congelamento dei beni, divieti di viaggio e altre restrizioni. Il prendere di […]

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L’Occidente ha bisogno di un approccio più unito per sanzionare l’élite di Putin


Gli alleati occidentali dell’Ucraina hanno adottato un nuovo round di sanzioni all’inizio di questo mese in risposta alla recente mossa della Russia di annettere ufficialmente quattro regioni ucraine parzialmente occupate. Queste ultime misure sanzionatorie includevano l’ampliamento dell’elenco di persone ed entità soggette a congelamento dei beni, divieti di viaggio e altre restrizioni. Il prendere di […]

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La Germania si appresta a diventare la capitale mondiale della cannabis


La Germania potrebbe, a breve, diventare la nuova capitale mondiale della cannabis nel mondo. Dopo così tanti pregiudizi sul tema, qualcosa sta velocemente cambiando col nuovo governo che la Nazione tedesca si è recentemente dato. Infatti, dopo che il governo tedesco appena insediato ha promesso di legalizzare la cannabis per uso adulto come parte del […]

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Hong Kong: la repressione giudiziaria diventa la norma


Ecco come la repressione giudiziaria è diventata la norma da quando la National Security Law è stata promulgata

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In corso in Sudafrica i colloqui di pace tra il governo e le forze tigrine. Ma le aspettative sono basse e sul terreno proseguono gli scontri.


Di necessità virtùUna nuova proposta per sbloccare l’impasse. Sembra questa l’idea della Repubblica Ceca, che detiene la presidenza a rotazione del Consiglio Ue, e che riporterebbe al centro del dibattito la governance europea delle migrazioni.


La Coppa del Mondo del Qatar: footballing for soft power


La cartina di tornasole della strategia sportiva del Qatar sarà se la Coppa del Mondo aiuterà il Qatar a riprodurre il suo successo geopolitico. Ecco perchè non è detto che tutto fili liscio

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Fleerun: il software di Drivevolve per la localizzazione delle flotte aziendali GPS


L’ottimizzazione del processo di gestione della flotta aziendale costituisce un aspetto essenziale per ogni impresa. Le aziende hanno un bisogno significativo della loro flotta, per fare in modo che si svolgano in maniera perfetta tutte le attività dedicate. Spesso, però, gestire tutto ciò è particolarmente complesso, perché bisognerebbe possedere degli strumenti innovativi per avere un monitoraggio […]

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L’ambizione è quella di ricostruire l’Ucraina. Ecco come riuscirci


Quando si tratta della guerra di aggressione della Russia, l’obiettivo ora è che l’Ucraina vinca, e deve vincere, alle sue condizioni. Ma non è mai troppo presto per pensare alla ricostruzione del dopoguerra e a come reimmaginare il futuro della nazione. La Conferenza internazionale di esperti di martedì sulla ripresa, la ricostruzione e la modernizzazione […]

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Brasile: Lula – Bolsonaro e i sondaggi


Le criticità dei sondaggi del primo turno e le previsioni per domenica 30 ottobre dei diversi istituti di sondaggio brasiliani

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The MED This Week newsletter provides expert analysis and informed comments on the MENA region’s most significant issues and trends.


Ucraina: un cessate il fuoco condannerebbe milioni di ucraini all’occupazione russa


Un gruppo di 30 democratici progressisti al Congresso degli Stati Uniti ha inviato una lettera al presidente degli Stati Uniti Joe Biden il 24 ottobre chiedendogli di perseguire un cessate il fuoco in Ucraina. Meno di 24 ore dopo, hanno ritirato la lettera a seguito di una violenta reazione. Questo insolito incidente ha messo in […]

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Brasile: le donne preferiscono Lula


La resistenza a Bolsonaro sono le donne nere dei quartieri poveri. Le donne di colore sono il più grande gruppo demografico del Paese, con oltre il 25% della popolazione. Loro potrebbero essere decisive per la vittoria di Lula

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Terzo trimestre positivo per Netflix


La piattaforma Netflix sembra poter tirare un sospiro di sollievo con i dati del terzo trimestre: è riuscita ad aumentare il numero dei suoi abbonati e a recuperare parte del valore delle sue azioni, rispetto ai preoccupanti dati dei primi due trimestri di quest’anno. L’azienda californiana è stata un pioniere in questo tipo di piattaforma […]

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Varata


Terminati i tripudi elettorali, superato il passaggio al Colle, esauriti i voti parlamentari preliminari, la nave governativa è varata, si smonta l’imbandieramento e si passa ai fatti. Dire di volere essere giudicati da quelli è una cosa, produrli un’altr

Terminati i tripudi elettorali, superato il passaggio al Colle, esauriti i voti parlamentari preliminari, la nave governativa è varata, si smonta l’imbandieramento e si passa ai fatti. Dire di volere essere giudicati da quelli è una cosa, produrli un’altra.

Se si sostiene di volere rispettare il diritto dei profughi ad essere accolti, al tempo stesso impedendo gli ingressi illegittimi, posto che il sistema produttivo ha fame di lavoratori, ci si deve dotare degli strumenti per distinguere e decidere. Ricordando che per l’immigrazione “normale” è necessario si facciano decreti-flussi adeguati.

Meloni ha indicato la formula migliore: centri di raccolta e identificazione prima della partenza. Sarebbe meglio se in aree extraterritoriali, che alcune di quelle zone sono teatro di guerre. Sarebbe meglio ancora se a cura dell’Unione europea. Ma se, fin qui, non si è riusciti a fermare i trafficanti alla partenza non è per ragioni oscure, ma perché difficile. Servono accordi con i Paesi coinvolti. Già solo in Libia significa parlare più con le tribù che con i governi. Roba da politica estera, non da prefetto.

Se si afferma che il gas dall’Adriatico va preso, si rientra nel campo dell’ovvio. Vista la condizione. Ma non è che l’ovvio non sia stato fatto perché si volesse far da spalla agli speculatori, bensì perché chi oggi lo propone (Meloni compresa) era contrario. Con tanto di aizzamento della deprecata (ora) “Italia del No a tutto”. Bene, ma il fatto non è dirlo, è assegnare concessioni e avviare i lavori.

A volere la rete pubblica di telecomunicazione Meloni non è la prima. Ci provò anche Renzi e prima di lui altri. Risultato: soldi buttati. A questo giro sarebbero incassati dagli attuali proprietari. Passare ai fatti significa:

  • stabilire le regole del gioco;
  • chiarire se le reti in concorrenza rimangono o devono essere unificate e come;
  • indicare i criteri di valutazione, giusto per non pagarle come se fossero preziose, laddove talune sono scassate;
  • informare il mercato su cosa succede se un proprietario non intende vendere o negoziare.

Dal discorso presidenziale è stata espulsa la flat tax, preferendo l’italiano: tassa piatta. Ma quelle delle campagne elettorali non erano flat e quella del discorso non è piatta. Sono aliquote nuove e aggiuntive, riferite a circostanze particolari. Il sistema fiscale si complica anziché semplificarsi.

In quanto alla “tregua” fiscale, pur avendo una coloritura più tenue della “pace” da altri proposta, si dovranno definire i termini di quella roba che, in italiano, si chiama: condono. Che è sempre una pernacchia fatta agli onesti e puntuali, che si sopporta se accompagnata da innovazioni sistemiche, mentre resta sberleffo se attuata per far cassa e scassare la credibilità statale.

Evviva la fine dell’epidemia di bonus. Mancava solo il bonus per chi propone bonus. Ma per organizzare l’assistenza a chi è veramente povero e non un travestito da povero, serve un sistema fiscale credibile. I dati dell’Irpef non fanno scopa con la realtà. E per aiutare chi cerca lavoro si deve sapere chi ha intenzione di lavorare, il che comporta l’eliminazione dei grotteschi navigator, il superamento dei centri dell’impiego e la collaborazione con le reti private.

In vista della modifica del patto di stabilità, in Ue, è bene chiarire che se si vuole (come vorremmo) più debito comune non si possono chiedere meno vincoli di bilancio. Se si vogliono più risultati, più strumenti, più fondi e più integrazione, quella roba porta con sé più vincoli. Che chi non escludeva di uscire dall’euro ora sia favorevole a maggiore collaborazione e integrazione è cosa bellissima, ma servono i fatti.

È confortante sapere che talune delle cose che si lasciarono intendere ieri non si ha intenzione di farle oggi, ma è necessario poterci credere anche domani. La nave è varata, sta in mare, il capitano ne ha il piglio, la ciurma è variopinta. Ma va fornito qualche elemento in più che non l’emozione di una reminiscenza felliniana.

La Ragione

L'articolo Varata proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



LIBRI. Venezuela: caso Alex Saab, una vicenda che ci riguarda


E' la vicenda del diplomatico venezuelano sequestrato e deportato negli Usa. Caracas vuole la liberazione del suo rappresentante, anche cercando di scambiarlo con alcuni mercenari Usa detenuti nelle carceri venezuelane. L'articolo LIBRI. Venezuela: caso

Pagine Esteri, 28 ottobre 2022 – È appena andato in stampa il libro Alex Saab, lettere di un sequestrato, a cura di Geraldina Colotti, con prologo dell’avvocato penalista Davide Steccanella, postfazione di Olivier Turquet e una intervista all’avvocata Laila Tajeldine, coordinatrice internazionale del movimento FreeAlexSaab. Il volume è edito da Multimage nella collana “i libri di Pressenza” (www.multimage.org).

Pagine Esteri pubblica parte della prefazione di Geraldina Colotti

Ci sono figure che, in alcune circostanze storiche, finiscono per portare il peso, concreto e simbolico, delle contraddizioni espresse dal conflitto di classe a livello globale. È senz’altro il caso del diplomatico venezuelano Alex Saab, sequestrato e deportato negli Stati uniti in spregio alle convenzioni internazionali. Una reddition in piena regola, nel solco di quelle attuate dagli Stati uniti dopo l’11 settembre contro i cosiddetti “combattenti nemici”. Un pericoloso precedente, che spinge più in alto l’asticella dell’illegalità e della sopraffazione da parte di chi, sventolando la retorica dei diritti e della democrazia, si considera esente dal dovere di rispettarle.

Calpestare l’immunità di un diplomatico, accreditato come ambasciatore plenipotenziario del Venezuela in Africa, non è proprio un atto corrente. Gli Stati Uniti se lo sono permessi nel quadro dell’assedio internazionale al Venezuela, che Saab ha cercato di spezzare, importando alimenti e medicine nonostante le misure coercitive unilaterali imposte dagli Usa e dai loro alleati.

Imprenditore di origine palestinese, Saab ha aiutato il Venezuela a costruire una strategia di sopravvivenza. Ha rifornito a proprio rischio e pericolo le borse di alimenti dei Clap (Comités Locales de Abastecimiento y Producción), gli organismi ideati da Maduro nel 2016, che hanno portato direttamente nelle case alimenti e prodotti di prima necessità, per evitare speculazioni. In questo modo, il governo bolivariano ha cercato di far fronte alla crisi creata dalla drastica caduta degli introiti. A causa delle “sanzioni”, il paese – che custodisce le prime riserve al mondo di petrolio -, ha visto diminuire le proprie entrate del 99%.

Approfittando della subalternità del governo di Capo Verde, incurante dei pronunciamenti degli organismi internazionali, ma molto attento ai voleri di Washington, durante una sosta per il rifornimento di carburante, la Cia ha fatto scendere a forza dall’aereo il diplomatico e l’ha portato in un carcere. Lì, a dispetto del suo status giuridico che gli garantiva l’immunità, è stato isolato e torturato, e infine portato nottetempo negli Usa anche se l’iter dei ricorsi messo in campo dalla difesa non era ancora terminato.

Bisognava dare un messaggio preciso: guai a spezzare l’assedio al Venezuela. Come provano i documenti e come gli Stati Uniti dimostrano di sapere perfettamente, Saab aveva ricevuto l’incarico diplomatico di inviato speciale, nel 2018. Gli Usa mentono sapendo di mentire quando affermano che Saab non aveva presentato le proprie credenziali a Washington, dando per inteso che nessun atto internazionale può essere valido se non è “riconosciuto” da loro.

Quale sia il criterio per “validare” o meno un governo o un incarico, è stato dimostrato dalla farsa dell’autoproclamato “presidente a interim” del Venezuela, Juan Guaidó, inscenata dall’allora amministrazione Trump e dai suoi alleati internazionali (Unione Europea e governi neoliberisti latinoamericani). Il vero obiettivo era quello di mettere le mani sulle risorse del Venezuela, sottraendole al legittimo proprietario: il popolo venezuelano, che ha eletto i propri rappresentanti in numerose tornate elettorali.

In concreto, si è trattato di impossessarsi dell’oro e degli attivi all’estero della Repubblica bolivariana del Venezuela mediante operazioni di vera e propria pirateria internazionale. Al riguardo, è ancora in corso una battaglia legale tra la giustizia bolivariana e le banche del Regno Unito, che continuano a trattenere l’oro venezuelano (e a incamerarne gli interessi) con il pretesto che il governo britannico non “riconosce” come presidente del Venezuela quello legittimo, Nicolas Maduro, ma quello virtuale unto dagli Usa, Juan Guaidó.

È andata nello stesso modo per le imprese venezuelane con sede all’estero: come la Citgo negli Stati uniti, grande succursale della petrolifera di Stato, Pdvsa, o come la Monomeros, che produce fertilizzanti ed è basata in Colombia. Entrambe sono state saccheggiate dalla banda dell’autoproclamato, tanto incapace quanto impresentabile ormai persino per i suoi stessi padrini.

E se, dopo l’elezione del progressista Gustavo Petro alla presidenza della Colombia, la Monomeros sembra poter ritornare ai suoi legittimi proprietari, la Citgo resta al centro del gigantesco piano di estorsione messo in atto dagli Usa mediante le misure coercitive unilaterali imposte al Venezuela. Un piano ideato per “torcere il braccio” al paese, come dichiarò a suo tempo il democratico Obama approvando il primo decreto esecutivo che avrebbe messo in moto il meccanismo, nel quale considerava il Venezuela “una minaccia inusuale e straordinaria” per la sicurezza degli Stati Uniti.

Un piano che i think tank imperialisti attualizzano costantemente, valutandone gli effetti, per passare a una fase ulteriore. Avviene così per Cuba da oltre sessant’anni, ma anche per il Nicaragua e per tutti quei paesi del Sud che, dal secolo scorso a oggi, hanno voluto decidere il proprio destino senza tutele, o risultano d’ostacolo all’imperialismo Usa.

Pertanto, si saggia la resistenza di Alex Saab come si saggia quella del popolo venezuelano e del suo governo, che ha ripetutamente messo al centro la liberazione del suo diplomatico, anche cercando di scambiarlo con alcuni mercenari Usa detenuti nelle carceri venezuelane. Finora, però, anche se la montatura giudiziaria contro il diplomatico si è sgretolata e sono cresciute le autorevoli prese di posizione in sua difesa a livello internazionale, la magistratura statunitense continua a procrastinare la decisione sull’immunità diplomatica di Alex Saab, che porterebbe alla sua liberazione. Pagine Esteri

NOTA PER I LETTORI

Sul canale youtube di Pressenza (youtube.com/watch?v=LipiU137Gu…), trovate anche un documentario, che racconta la vicenda del diplomatico venezuelano sequestrato, torturato e deportato negli Stati Uniti, dove si trova in attesa di processo.

Chi volesse conoscere la vicenda e mobilitarsi contro questo abuso che calpesta la Convenzione di Ginevra e il diritto internazionale, può prenotare il libro presso la casa editrice.

L’editore offre il libro in prevendita con uno sconto del 50% al prezzo di copertina, che è di 15 euro, per gli ordini a partire dalle 5 copie. Le prenotazioni vanno mandate a ordini@multimage.org e sono valide per tutti i compagni e le compagne che aderiscono alla campagna. Insieme all’ordine, la ricevuta di pagamento (le forme di pagamento si trovano qui: multimage.org/info/ordinare/). Indicare l’indirizzo di spedizione, le spese di spedizione sono a carico nostro.

Il libro che è già stato chiuso in ISBN apparirà sugli stores online nei prossimi giorni. Oltreché sul sito della Multimage alla sezione multimage.org/info/ordinare/

si può trovare in una scelta di librerie che trovate qui

multimage.org/distributori/

Inoltre si può ordinare in tutte le librerie di Italia e della Svizzera italiana.

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PODCAST. SUDAN: il golpe militare un anno dopo. Non cessa la resistenza popolare


La repressione ordinata dal generale Burhan Abdel Fattah, a capo del colpo di stato del 2021, non è riuscita a piegare l'opposizione dei sudanesi. Le manifestazioni di protesta vanno avanti. Ne parliamo con Lorenzo Scategni, volontario italiano a Khartoum

di Michele Giorgio –

Pagine Esteri, 25 ottobre 2022 – Nonostante i sostegni dietro le quinte ricevuti nella regione e a livello internazionale, i militari golpisti sudanesi un anno dopo non riescono a contenere le proteste popolari.

Il loro potere resta debole. Abbiamo intervistato Lorenzo Scategni, volontario italiano a Khartoum e osservatore della realtà politica e sociale sudanese.
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Ieri sera il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha incontrato gli Assessori all’Istruzione e alla Formazione di tutte le Regioni italiane per un primo confronto sulle questioni più rilevanti per il mondo della #scuola.


Francesco Rocchetti, Segretario Generale dell'ISPI, e la giornalista Silvia Boccardi parlano con Eleonora Ardemagni, ricercatrice associata dell’ISPI, della situazione geopolitica del Qatar, che ospiterà i prossimi mondiali di calcio tra meno di un m…


In the international crisis triggered by the Russian invasion of Ukraine, the political leeway of the Gulf states in the war has increased. This is due to military (Iran) and diplomatic variables (Saudi Arabia, the United Arab Emirates, Qatar).