AFGHANISTAN. Ora i Talebani vietano alle donne anche di lavorare nelle ONG
di Valeria Cagnazzo
Pagine Esteri, 26 dicembre 2022 – Erano già state escluse dalle scuole e dalle università. Con un nuovo decreto i talebani hanno vietato adesso alle donne afghane anche di lavorare nelle Organizzazioni Non Governative (ONG). In una lettera diramata il 24 dicembre scorso il Ministero dell’Economia ha, infatti, disposto il bando delle donne locali dal lavoro nelle ONG, sia nazionali che internazionali. La minaccia alle organizzazioni umanitarie che dovessero trasgredire è la perdita della licenza per continuare a lavorare nel Paese.
Secondo il governo talebano, negli ospedali e nelle altre strutture dove si svolge il lavoro delle organizzazioni umanitarie le lavoratrici afghane non avrebbero indossato adeguatamente l’hijab. Poiché con il loro abbigliamento e il loro comportamento non rispettavano la Sharia, dovranno pertanto abbandonare i loro posti di lavoro.
Una perdita immane, una ferita drammatica non solo per le centinaia di donne finora impegnate nelle ONG operanti in Afghanistan e per le loro famiglie, ma per tutto il Paese. L’ennesimo atto dei talebani per silenziare e annientare metà della popolazione afghana, che potrebbe essere quello definitivo, quello decisivo a far calare il buio sull’Afghanistan.
Quasi la totalità della popolazione afghana dipende oggi dall’aiuto delle organizzazioni umanitarie. Dopo vent’anni di occupazione occidentale e poi l’ascesa del regime talebano, le sanzioni internazionali e il congelamento dei fondi del Paese, per milioni di afghani l’unica possibilità di accesso a beni di primaria sopravvivenza nel dilagare della malnutrizione e di ricevere cure mediche deriva proprio dal lavoro delle ONG. Il nuovo decreto del governo de facto potrebbe renderlo adesso impossibile.
1/4 Our teams started working in #Afghanistan more than forty years ago and have provided medical assistance to millions of people since then. Women are the ones who’ve made it possible. Without them, there can be no healthcare. pic.twitter.com/ykdCX25VUv— MSF Afghanistan (@MSF_Afghanistan) December 25, 2022
L’ONG premio Nobel per la Pace Medici Senza Frontiere, impegnata da oltre quarant’anni nel Paese, è stata tra le prime a commentare la decisione. “In un Paese che dipende largamente dal supporto umanitario e che si confronta con una povertà dilagante alimentata dalla disoccupazione alle stelle, le donne giocano un ruolo fondamentale nel fornire aiuto medico e nessuna organizzazione potrà assistere la comunità locale senza di loro”, scrive l’ONG su Twitter. E ancora sottolinea “Senza di loro, non ci può essere assistenza medica. Escludere le donne dalla vita pubblica, mette a rischio tutti”.
Il lavoro delle donne afghane nelle ONG è stato, infatti, fondamentale in questi anni, soprattutto nell’assistenza a donne e bambini nei reparti ospedalieri a loro dedicati, in un Paese in cui le pazienti possono essere assistite solo da personale femminile e in cui oltre la metà della popolazione è costituita da minori. Escludere le donne dal lavoro umanitario avrà l’effetto di escludere le organizzazioni umanitarie dall’Afghanistan.
Una conseguenza che inizia già a verificarsi. Con un comunicato congiunto, Save the Children, il Norvegian Refugee Council e CARE hanno annunciato la sospensione delle loro attività in Afghanistan. “ Non possiamo raggiungere efficacemente bambini, donne e uomini in situazioni di disperato bisogno in Afghanistan senza il nostro staff femminile. Mentre cerchiamo di ottenere chiarezza su questo annuncio, sospenderemo i nostri programmi, pretendendo che uomini e donne possano ugualmente continuare a lavorare per la nostra assistenza salvavita in Afghanistan”.
“Devastated that the authorities in #Afghanistan have decided to suspend women’s right to work in NGOs. I have seen firsthand how essential our female staff are to our humanitarian response.” Inger Ashing @SaveCEO_Intl @save_children @Save_globalnews t.co/O44eDXEUzN— Save the Children Global Media (@Save_GlobalNews) December 24, 2022
Con un altro comunicato, anche l’International Rescue Committee (IRC) ha dichiarato sospese le sue attività nel Paese, sottolineando come oltre 3.000 dei suoi 8.000 impiegati in Afghanistan siano donne.
Sono ore tragiche e delicate. Decine di ONG e i rappresentanti delle Nazioni Unite, riuniti nell’Humanitarian Country Team, si sono incontrati a Kabul per decidere se sospendere immediatamente tutti i progetti delle ONG attualmente attivi in Afghanistan. Come un taglio alla corrente, un black out istantaneo su tutto il Paese. Ospedali chiusi, missioni sospese, operatori umanitari e aiuti internazionali rispediti indietro da dov’erano venuti, per lasciare la popolazione afghana abbandonata a se stessa: lo scenario peggiore per un Paese sprofondato nel fondo della sua catastrofe, ma per il quale al momento non sembrerebbero esserci alternative.
Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, si è detto profondamente turbato dalla notizia. “Le Nazioni Unite e i loro partner, che includono ONG nazionali e internazionali, aiutano oltre 28 milioni di afghani che dipendono dall’aiuto umanitario per sopravvivere”, si legge in un comunicato del 24 dicembre. “Il divieto alle donne di lavorare con la comunità internazionale per salvare vite e fornire mezzi di sussistenza in Afghanistan causerà ulteriori indicibili difficoltà al popolo afghano”.
Preoccupazione per il bando è stata espressa anche dalla Farnesina, che sottolinea il ruolo fondamentale delle donne nei lavori di assistenza.
Forte preoccupazione dell’Italia per la decisione delle Autorità di fatto di impedire alle donne operatrici umanitarie di lavorare in Afghanistan. Decisione inaccettabile e contraria a principi diritto umanitario. Il ruolo delle donne nelle attività di assistenza è insostituibile pic.twitter.com/wgmyIIPX0Q— Farnesina 🇮🇹 (@ItalyMFA) December 25, 2022
Non è certo per la presunta vocazione delle donne per i lavori di cura e assistenza, retaggio di altri maschilismi nostrani, che l’attuale norma potrebbe rappresentare la catastrofe definitiva per l’Afghanistan. Colpendo di nuovo le donne, questa volta sembra che i talebani stiano riuscendo a liberarsi definitivamente anche degli occhi e delle ingerenze occidentali rappresentate dalle ONG nel territorio. Un proverbio afghano recita “Chi ti nutre, ti comanda”, ed è inevitabile immaginare chi fossero i primi destinatari di questo divieto. Con il bando delle donne, i talebani potrebbero apporre i sigilli definitivi al Paese. Le donne rinchiuse nelle case e le ONG fuori dai confini dell’Afghanistan. Il buio totale, il silenzio assoluto per i diritti umani.
Il Presidente della Missione delle Nazioni Unite in Afghanistan, Ramiz Alakbarov, intanto, ha incontrato nella mattinata di oggi 26 dicembre il Ministro dell’Economia del governo talebano Mohammad Hanif, per chiedere la revoca del divieto. E’ questa adesso la speranza, le ONG aspettano con il fiato sospeso.
Acting UNAMA head @RamizAlakbarov met Taliban Economy Minister Mohammad Hanif today in Kabul, calling for reversal of decision to ban women from NGO & INGO humanitarian work. Millions of Afghans need humanitarian assistance and removing barriers is vital.— UNAMA News (@UNAMAnews) December 26, 2022
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L’ipocrisia liberaldemocratica - La Città Futura
"La liberaldemocrazia occidentale, che pretende di dare lezioni di diritti, civiltà, democrazia, difesa delle minoranze a tutto il mondo, è in realtà da sempre la migliore alleata proprio dei regimi più dispotici, oscurantisti e totalitari del globo, ai quali offre il decisivo sostegno per mantenersi al potere. [...]
I diritti sociali ed economici e ogni forma di eguaglianza sostanziale sono stati sempre aspramente contrastati da tutte le sedicenti liberaldemocrazie che, di fatto, stanno progressivamente cancellando ogni traccia di democrazia sostanziale nei loro stessi sistemi. Questi ultimi si stanno sempre più trasformando da formalmente liberaldemocratici in regimi che sarebbe decisamente più appropriato definire liberal-oligarchici."
Austerità sociale e ambiguità politica - Contropiano
"Il punto vero è che separare i diritti civili da quelli sociali è stata una trappola nella quale si è fatto cadere il senso comune, lasciando a intendere che certi diritti siano un di più, l’importante è il reddito, per ricevere il quale ogni condizione di lavoro è accettabile, come fosse un dovere categorico."
I coloni si appropriano di terreni palestinesi nel nord della Valle del Giordano | Infopal
"Fonti locali hanno riferito che i coloni hanno recintato con filo spinato un terreno palestinese dedicato al pascolo a est dell’area di al-Farisiya come preludio alla sua confisca."
#uncaffèconluigieinaudi ☕ – Unico limite alle libertà fondamentali
Unico limite alle libertà fondamentali è il pericolo di giovare al nemico, che quelle libertà vuole distruggere
da Maior et sanior pars, in “Idea”, gennaio 1945
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Giorgia Meloni e la laicità (dimenticata) dello Stato
Adesso, si consolida sempre più, addirittura quotidianamente, l’abitudine o forse la propensione al pianto, al piagnucolio, più precisamente. I politicanti piangono. Deve esserci qualche sondaggista che ha spiegato loro che piagnucolare fa incassare consensi. Io non sarei molto d’accordo, ma non sono un politico e nemmeno un politicante, quindi non mi posso pronunciare in merito. […]
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Turchia: obiettivo Asia
L’incontro del vertice del Consiglio dei capi di Stato dell’Organizzazione degli Stati turchi si è tenuto l’11 novembre 2022 a Samarcanda, nel mezzo della lotta in corso tra la Russia e l’Occidente per l’influenza in Asia centrale, assumendo un carattere sempre più non compromettente. Il 29 settembre, cioè poco più di un mese prima, in […]
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Giappone: la nuova strategia di sicurezza nazionale è un cambio di paradigma?
Con il rilascio della nuova Strategia di Sicurezza Nazionale (NSS) del Giappone, abbiamo visto un coro di commentatori discutere la nuova strategia dal punto di vista dell’allontanamento dalla costituzione pacifista del Giappone. L’ Hindustan Times lo definisce un punto di svolta, mentre il China Daily ha definito la nuova strategia ” sconcertante “. In una dichiarazione sul […]
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Ingabbiati
La notizia può essere curiosa, ma freddina. Ai più dirà poco. Ma meno dice loro e più li riguarda, perché dietro una faccenda giudiziaria ce n’è un’altra di enorme portata e valore collettivo. La notizia è che Meta, la società di Zuckerberg che possiede e governa i suoi social media, a seguito di una class action è stata costretta a pagare 725 milioni di dollari, per chiudere la faccenda. La contestazione mossa dai coalizzati che hanno fatto causa è quella di avere reso accessibili i loro dati personali a Cambridge Analytica, che li ha utilizzati per favorire Trump e Brexit. Si tratta della più alta cifra mai pagata da un privato, a seguito di un’azione collettiva.
Vabbè, interessante, ma a noi che ce ne importa, posto che tanto Zuckerberg povero non diventa? Ci interessa molto. E non solo per un aspetto tecnico, ovvero che quel genere di cause in Italia non si possono fare, visto che, come al solito, abbiamo chiamato class action quel che manco le somiglia, denominando “cavallo” un cane, senza poi poterlo sellare. Ma questo è il meno. La vera sostanza della notizia consiste nella premessa: i miei dati sono preziosi. Perché?
In fondo i miei dati sono già pubblici e di scarso valore. Magari non conoscete il mio indirizzo di casa (né sapreste cosa farvene), ma più o meno sapete tutto di me e le mie opinioni provo a diffonderle giorno dopo giorno. Perché qualcuno dovrebbe essere interessato a comprarle? Per come funzionano quei canali sociali, non di rado veri strumenti asociali. Nessuno paga per sapere cosa pensa la sora Cesira o il sor Augusto, ma per aggregare atteggiamenti, pregiudizi, prevenzioni e fissazioni di gruppi distinti, in modo da conoscere la chiave con cui far loro pensare quel che si desidera.
I dati hanno valore non in quanto consentono di entrare in contatto con Tizio o Caio, ma in quanto consentono di farli entrare in recinti dove trovano i loro simili, per poi condurli come una mandria. Se un certo numero di persone mostra di credere che esistano guardiani dell’universo che governano i nostri destini (e questa è letteratura), allora li spingo in un recito e, al momento giusto, farò loro sapere che il candidato a me sgradito è al servizio del lato oscuro (e questo è cinema). Certo che è roba da cretini, ma quelli già credevano ai guardiani. Se si crea omogeneità contro l’immigrazione posso portarne i succubi dentro un recinto e poi far sapere loro che c’è un disegno del primo millennio e una profezia che li vedrà tutti morti e sostituiti prima della prossima primavera. Certo che è da svalvolati, ma a me serviva per favorire delle donazioni ai guerrieri che si oppongono. E così via. Ovvio che l’umanità non è composta (solo) da cretini, ma succedono due cose:
a. gli aggregati di cretini si moltiplicano;
b. la politica e la società non possono non tenerne conto e, quindi, si mettono a fare i conti con i mandriani di scimuniti, i quali hanno trovato la formula per nobilitarli: in democrazia il mio tonto vale quanto il tuo astuto e se lo neghi sei per la ditttaura.
Questa roba è micidiale, ecco perché quella class action non è una notiziuola secondaria o solo curiosa. Ma c’è ancora un aspetto da esplorare: perché, a parte l’essere cretini, funziona quel frazionare in gruppi manovrabili? Perché ciascuno di noi tende a sentirsi confortato dal fatto che altri la pensino allo stesso modo. Qualche volta si viene presi dal dubbio di avere torto e di star diventando fessi, ma poi si pensa al Tale, stimabile e accreditato, che la pensa come noi e ci si tranquillizza. Ancora una volta, quindi, il digitale non ha creato un mondo, ma ne ha reso più potenti alcuni aspetti.
A chi vende i dati per manomettere le democrazie s’infliggano pene severe, ma l’antidoto migliore è vecchio come il mondo ed è anche bellissimo: ascoltare. Le opinioni più interessanti siano non quelle uguali alla mia, ma quelle diverse. Non (necessariamente) per cambiare idea, ma per mettere alla prova le mie. A salvarci dai mandriani non sarà mai il mettere in ceppi il digitale, ma il liberare La Ragione.
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Come la battaglia per il Donbass ha plasmato il successo dell’ Ucraina
Mentre la guerra russo-ucraina entra nell’inverno, gli ucraini hanno motivo di essere cautamente ottimisti sull’andamento della guerra. A seguito di un’offensiva strategica alla fine di agosto in più regioni, le forze ucraine hanno riconquistato quasi tutto l’oblast di Kharkiv, parti dell’oblast di Donetsk e la riva destra dell’oblast di Kherson. Diversi fattori hanno consentito le […]
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Cina, USA e l’ arte della guerra dei chip
I politici statunitensi e cinesi si stanno infliggendo colpi incisivi a vicenda. L’amministrazione Biden è meno roboante nei discorsi rispetto al suo predecessore, pur essendo più rumorosa nelle sue azioni politiche. Tuttavia, le restrizioni che mirano a rallentare l’ascesa della Cina alla frontiera tecnologica dei semiconduttori potrebbero involontariamente aiutarla a organizzare investimenti e strategie commerciali […]
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Difesa europea: gli USA non dicano NO a Macron
La scorsa settimana il Presidente francese Emmanuel Macron ha lanciato un altro appello per ridurre la dipendenza della sicurezza europea dagli Stati Uniti. Di ritorno da un incontro in Giordania, Macron ha spiegato il suo punto di vista a un gruppo di giornalisti: “Un’alleanza non è qualcosa su cui dovrei fare affidamento. È qualcosa che […]
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Ucraina: Bakhmut, Fortezza della Libertà
In vista delle vacanze di Natale, il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha effettuato una visita ufficiale negli Stati Uniti. Mentre si trovava a Washington DC, ha regalato al popolo americano un simbolo che ci sta molto a cuore: una bandiera ucraina firmata dai Guardiani, come chiamiamo i difensori di Bakhmut, una città dell’Ucraina orientale che sta […]
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Natale nello spazio
A quanto pare ‘Natale con i tuoi’, l’antico detto recitato ad ogni pie’ sospinto, sembra non avere origini religiose, ma più che altro di patriarcato, che come tante abitudini ha ristretto diversi atteggiamenti di indipendenza a una più rigida regola di conservazione familiare. Ma per Natale è un po’ per tutti la voglia di trascorrere […]
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Recensione del Casinò Mystake – Minigiochi Dino e Pollo
Dal suo rilascio nel 2020, il casinò Mystake ha guadagnato un gran numero di utenti fedeli. Se siete alla ricerca di un casinò online facile da usare, MyStake è la scelta migliore. Siete liberi di giocare quando e dove volete. Il sito web può essere utilizzato in nove lingue diverse: Inglese, francese, italiano, spagnolo, russo, […]
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La Costituzione è stata promulgata 75 anni fa, è ora di riformarla
Il 27 dicembre di settantacinque anni fa, nel 1947, a Roma, a Palazzo Giustiniani, ai sensi della XVIII Disposizione transitoria della Costituzione, apponendo in calce la propria firma, Enrico de Nicola, capo provvisorio dello Stato, promulgò la Costituzione italiana, appena approvata qualche giorno prima – il 22 dicembre – dall’Assemblea Costituente. Unico documento controfirmato non solo dal presidente del Consiglio Alcide De Gasperi (a sgravio della responsabilità del capo provvisorio dello Stato), ma anche dal presidente dell’Assemblea costituente Umberto Terracini (a riprova della conformità di quel testo rispetto a quello approvato dall’Assemblea), la firma di Enrico de Nicola è il segno grafico più importante nella storia della Repubblica, non soltanto dal punto di vista simbolico.
Con esso infatti De Nicola attestava agli italiani, in modo ufficiale, l’esistenza del testo della Costituzione; ne dava una sua eccezionale, perché doppia, pubblica contezza – «affinché ogni cittadino possa prenderne cognizione» – tanto tramite la pubblicazione nello stesso giorno in Gazzetta Ufficiale, quanto tramite l’affissione del testo «nella sala comunale di ciascun Comune della Repubblica per rimanervi esposto durante tutto l’anno 1948», come previsto dal c. 2 della XVIII Disp. trans.
Infine, anche per evitare di utilizzare, ex art. 5 del d.l.lgt. n. 98 del 16 marzo 1946, il potere monarchico della sanzione regia – che sarebbe stato un vero e proprio controsenso applicare alla Costituzione repubblicana! -, marcava la discontinuità, sottolineando il termine di entrata in vigore, ossia il «1° gennaio 1948». Oggi allora che quel diritto costituzionale transitorio non soltanto si è fatto passato ma addirittura storia, in quella firma dobbiamo ritrovare un monito chiaro: quello di non perdere l’opportunità di ammodernare la nostra democrazia, dando alla Parte II della Costituzione una meccanica più adeguata ai tempi che stiamo vivendo. Senza travolgerne evidentemente né la sua anima né il suo spirito.
Se ha un senso infatti quel “ritorno alla politica” che con decisione alcuni partiti hanno inteso dare, facendo brutalmente terminare in anticipo il governo Draghi, questo si deve manifestare innanzitutto per affrontare con consapevolezza, dialogo e fiducia reciproca, tanto le note inadeguatezze della Parte II della Costituzione (dal bicameralismo, al rapporto tra lo Stato e le Autonomie, ad un governo debole ed instabile anche rispetto agli altri governi europei, solo per citarne tre) quanto per fronteggiare la questione rappresentativa, la cui naturale
trasformazione non è stata adeguatamente accompagnata proprio da quelle istituzioni di cui era espressione; istituzioni che invece sono state lasciate progressivamente in balìa di un populismo che ha trovato non poca linfa proprio in quelle disfunzioni, che eppure sono ampiamente note e da decenni invero denunciate. Consapevole allora sia dei fallimenti in tema, sia che non basta dire “no” per migliorare il quadro, la politica stavolta non perda l’opportunità: che siamo ancora in tempo infatti per “riscoprire” le istituzioni come bastioni di stabilità. E per dare a quella firma, a settantacinque anni dalla sua apposizione, un rinnovato valore.
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Il Ponte sullo Stretto come il Muos di Niscemi e Sigonella - Infoaut
"In passato avevamo già invitato a guardare ai rischi che il ponte portava con sé anche sotto questo profilo. Ci avevano guardati un po’ perplessi. Il ponte ci metterebbe in pericolo, farebbe da traino ad una ulteriore forte militarizzazione e ad un più asfissiante controllo del territorio proprio perché naturale obbiettivo strategico in caso di conflitto. Eccoci serviti. Lucio Caracciolo ce lo sbatte in faccia senza neanche prepararci con parole di circostanza. E a chi pensa che con il ponte i propri figli non emigrerebbero più potremmo consigliare di arruolarli, che forse lì di lavoro ne troverebbero."
Cos’è la scala di Mohs e come viene usata per valutare le pietre
Elaborata nel 1812 dal mineralogista tedesco Friedrich Mohs, la scala di Mohs è oggi un vero e proprio punto di riferimento quando si tratta di determinare il valore di una pietra preziosa. Non a caso, si sente spesso parlare della scala di Mohs nell’ambito della valutazione diamanti, poiché è anche grazie a questo parametro che […]
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Babbo Mes
In questi giorni si è tenuti a credere a Babbo Natale. Se proprio non ci si riesce, si può ben fingere. Ma se riuscite anche a credere che Giorgia Meloni abbia detto no al Mes, allora siete pronti a credere a tutto. Perché la presidente del Consiglio ha annunciato il contrario: sarà ratificato.
Ha detto che la ratifica è questione di secondaria importanza e, comunque, riguarda il Parlamento. Giusto: non è niente di che, dimostrandosi inutilissima la sceneggiata fin qui allestita, e riguarda il Parlamento (così risponde Meloni a quelli che chiedono: perché non lo ha ratificato Draghi?), dove, però, se non ricordo male, è la destra ad avere la maggioranza. Sarà interessante vedere se oseranno lasciare “libertà di coscienza”, manco fosse l’aborto o l’eutanasia, di sicuro devono garantire l’approvazione. Mentre è singolare che il Partito democratico non sia sulla posizione di Azione, a reclamare la lesta votazione. Perché ci sta che l’opposizione voglia sottolineare la contraddizione, a meno che non voglia gareggiare nel contraddirsi.
Certo, Meloni ha detto che firma con il sangue l’assicurazione che l’Italia non accederà al Meccanismo europeo di stabilità. Posizione netta, ma da illusionista, perché nessuno pensava di accedervi. In ballo c’è la ratifica. E siccome ha anche detto che l’Italia non bloccherà gli altri, posto che o ratificano tutti o la riforma salta, ne discente che l’annuncio di Meloni è: l’Italia ratifica il Mes.
Ma non accontentiamoci, parliamo dell’uso, perché concedere margini di ombra e bugia significa dovere passare ancora anni a far i conti con tesi bislacche. Il Mes esiste già, tanto è vero che è stato utilizzato. Punto rilevante, visto che qualcuno sostiene non sia mai stato utilizzato da nessuno. Esiste da dopo il crollo greco, perché è vero che la Grecia è stata salvata (sal-va-ta) dagli aiuti europei, italiani compresi, ma in quel momento mancava lo strumento necessario. Che è stato approntato dopo. Da quel momento cinque Paesi vi hanno fatto ricorso, ciascuno traendone vantaggi. Di che si tratta?
È un meccanismo che stabilizza Paesi che hanno difficoltà a finanziarsi e si trovano a pagare, per i propri debiti, tassi d’interesse troppo alti, rischiando squilibri permanenti. Il che toglie da mezzo l’altra obiezione strampalata: fa aumentare i tassi d’interesse, no: rimedia alla loro eccessiva crescita. Il fondo può essere utilizzato anche in caso di fallimenti bancari, per garantire risparmiatori che, altrimenti, potrebbero perdere i loro soldi. Speriamo non accada, ma ove accadesse l’imminente ratifica è una buona assicurazione, che integra il fondo di risoluzione. In entrambi i casi si tratta di una assicurazione che consente l’accesso a tassi agevolati. Naturalmente con delle condizioni. Ovviamente e giustamente, visto che si tratta di soldi nostri, di noi cittadini europei. Poi c’è il caso tragedia: la bancarotta. Un Paese, come capitò alla Grecia, che bara sui propri conti e, a un certo punto, non può più rimborsare i creditori. Il Mes assicura una procedura ordinata e il rispetto di un ordine nei rimborsi e nelle perdite. Naturale che nessuno si alzi la mattina dicendo: oggi chiedo il Mes. Sarebbe come alzarsi e dire: oggi mi faccio ricoverare al pronto soccorso. L’importante è andare a dormire sapendo che esistono. Tutto qui. E non è poco.
E allora perché si parlò del Mes a proposito della sanità e della pandemia? Perché non era l’attivazione del Mes, ma l’accesso, sempre a tassi bassi, ai fondi colà immobilizzati, senza le condizionalità della tragedia e per scopi sanitari. Anche su quello montarono una sceneggiata, salvo dire oggi che sarebbe bene discutere sull’uso non solo emergenziale dei fondi Mes. Esatto, bravi, è quel che si realizzò allora.
Morale della favola natalizia: Meloni è incoerente, ma fa bene ad esserlo, è cosa giusta e giova all’Italia. Sarebbe stato meglio dirlo apertamente, senza scomodare il sangue. Sarebbe cresciuta lei e la destra. Sarà per un’altra volta.
L'articolo Babbo Mes proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
RiFlussi
Nel 2023 potranno entrare in Italia 82mila immigrati regolari, lavoratori provenienti da fuori l’Unione europea. Questo stabilisce il decreto flussi, accompagnando la quantità degli ammessi con un paio di nuove regole. La preoccupazione è che, così come sono state annunciate, non funzionino e, non funzionando, il ricorso agli irregolari e al lavoro nero resti un pessimo rimedio.
La prima osservazione è relativa al numero, che è, più o meno, quello degli ammessi nel corso dell’anno che si avvia alla conclusione. Da un lato, nei conti economici dei governi (plurale, perché oramai è ripetuto da diversi passaggi), la cifra necessaria a tenere in equilibrio i conti previdenziali è più del doppio: 170mila all’anno. Perché si continua a ripetere un cosa e farne un’altra? Sarebbe comprensibile se non vi fosse offerta di lavoro sufficiente, ma è vero il contrario, ovvero non si trova manodopera a sufficienza. Il che porta al secondo rilievo: abbiamo passato la stagione dei raccolti, per limitarci all’agricoltura, sentendo ripetere dalle imprese del settore che non riuscivano a completarli nei tempi stabiliti, per mancanza di persone disposte a lavorare, quindi, visto che quel numero del decreto flussi comprende gli stagionali, tanto varrebbe programmarlo sulla base non delle richieste (che così non si finirebbe più), ma partendo da quel che è mancato qualche mese prima.
La seconda osservazione è relativa alla novità, che per non sbagliare copiamo dal documento ufficiale: <<si prevede che il datore di lavoro che voglia assumere all’estero un cittadino non comunitario, debba verificare presso il centro per l’impiego competente l’indisponibilità di un lavoratore presente sul territorio nazionale a ricoprire il posto di lavoro per il profilo richiesto>>. Quindi, burocratese a parte, la logica è: l’impresa ha bisogno di personale, ritenendo di assumere stranieri; prima di farlo si rivolge al centro per l’impiego, che accerta domanda e offerta; senza quell’autorizzazione, frutto dell’accertamento, non può procedere. Il fatto che si stiano preparando gli <<appositi moduli>> mette i brividi. Perché i centri per l’impiego non funzionano; nessun imprenditore assume stranieri per capriccio; se ci fossero stati connazionali pronti a fare quel lavoro, posto che gli allarmi si susseguono, si sarebbero manifestati. Messa così, quindi, la trafila finirà con il fare arrivare l’autorizzazione a novembre per la vendemmia di settembre, mentre l’immigrato sarebbe in viaggio a Natale, quando si stappa.
Ma messo così, quel meccanismo, serve non a trovare lavoratori, bensì a cancellare sussidiati con il reddito di cittadinanza. Perché la sola cosa che il centro per l’impiego saprà fare è chiamare i sussidiati, prospettare il lavoro, incassare il rifiuto e avviare la pratica per la cancellazione. Che va anche bene (ma non per l’impresa, che del lavoratore ha bisogno ora), se non fosse che cancellando il vincolo della vicinanza capiterà anche che giunga l’offerta di un lavoro a 900 euro al mese, lontano duemila chilometri da casa. Che non ha senso ed è economicamente insostenibile. Non mi commuove il taglio del reddito di cittadinanza, che non avrei mai adottato, ma l’irragionevolezza della trovata.
Il tutto partendo dal solito presupposto pauperistico, secondo cui importiamo solo lavoro a bassissimo grado di formazione e valore aggiunto, mentre invece avremmo bisogno di cercarne di qualificato e ad alto valore. Se mi serve un ingegnere informatico e l’ho trovato all’estero, devo prima chiedere se uno che progetta ponti è disposto a venire da me? Non è ragionevole. Questo genere di scambio equivalente vale solo per manodopera bracciantile. Il che già esclude gli italiani siano interessati (inutile fingere il contrario) e dimostra un’idea dell’Italia che è all’opposto di quella che fa numeri notevoli nelle esportazioni e nella tecnologia. Certo che serve ogni tipo di lavoro, ma per sfoltire l’assistenzialismo parassitario ci sono altri sistemi, senza intralciare chi deve produrre.
L'articolo RiFlussi proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
#uncaffèconluigieinaudi☕ – Qualunque sia la struttura formale dello Stato…
Qualunque sia la struttura formale dello Stato, il potere spetta sempre ad una piccola minoranza
da Maior et sanior pars, in “Idea”, gennaio 1945
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Matteo Renzi, oltre l’arroganza (non) c’è di più…
Mi voglio prendere una libertà alla fine di queste ‘feste’ di una tristezza ineguagliata e ineguagliabile. Credo che sia indubbio, così. Altro che riunioni di famiglia, allegria, figli, nipoti. Puah! Al di là della scarsa verosimiglianza affettiva di molte di queste riunioni, il clima cupo di guerra e la paura inespressa di malattia, ci pervade. […]
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PODCAST. Netanyahu ha il suo governo. Domina la destra estrema, pugno di ferro con i palestinesi
di Eliana Riva
(Benyamin Netanyahu in una foto di Hudson Institute)
Pagine Esteri, 23 dicembre 2022 – Benyamin Netanyahu sebbene sia alla testa di un’alleanza che ha conquistato 64 dei 120 seggi della Knesset è stato in grado di sciogliere la riserva solo pochi minuti prima della scadenza dell’incarico ricevuto dal capo dello stato Herzog. Peraltro non ha ancora comunicato la lista dei ministri. Un segno evidente di debolezza politica per un personaggio descritto in passato come il “re” della politica. Il premier infatti è sotto processo per corruzione e dipende dall’appoggio dei leader di Otzmah Yehudit e Sionismo religioso, Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich, che al voto del primo novembre hanno ottenuto un successo senza precedenti e per questo hanno preteso e ottenuto ministeri importanti e poteri straordinari. La nuova maggioranza sarà composta dal Likud di Netanyahu, il partito Sionismo religioso (destra estrema), la formazione Otzmah Yehudit (erede del movimento razzista Kach), i due partiti ultraortodossi Shas e Ebraismo unito nella Torah e il piccolo ma agguerrito partito omofobo Noam. Gli analisti prevedono che farà uso del pugno di ferro con i palestinesi. Abbiamo intervistato a Gerusalemme Michele Giorgio, corrispondente del quotidiano Il Manifesto e direttore di Pagine Esteri.
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AFGHANISTAN. Ora i Talebani vietano alle donne anche di lavorare nelle ONG
di Valeria Cagnazzo
Pagine Esteri, 26 dicembre 2022 – Erano già state escluse dalle scuole e dalle università. Con un nuovo decreto i talebani hanno vietato adesso alle donne afghane anche di lavorare nelle Organizzazioni Non Governative (ONG). In una lettera diramata il 24 dicembre scorso il Ministero dell’Economia ha, infatti, disposto il bando delle donne locali dal lavoro nelle ONG, sia nazionali che internazionali. La minaccia alle organizzazioni umanitarie che dovessero trasgredire è la perdita della licenza per continuare a lavorare nel Paese.
Secondo il governo talebano, negli ospedali e nelle altre strutture dove si svolge il lavoro delle organizzazioni umanitarie le lavoratrici afghane non avrebbero indossato adeguatamente l’hijab. Poiché con il loro abbigliamento e il loro comportamento non rispettavano la Sharia, dovranno pertanto abbandonare i loro posti di lavoro.
Una perdita immane, una ferita drammatica non solo per le centinaia di donne finora impegnate nelle ONG operanti in Afghanistan e per le loro famiglie, ma per tutto il Paese. L’ennesimo atto dei talebani per silenziare e annientare metà della popolazione afghana, che potrebbe essere quello definitivo, quello decisivo a far calare il buio sull’Afghanistan.
Quasi la totalità della popolazione afghana dipende oggi dall’aiuto delle organizzazioni umanitarie. Dopo vent’anni di occupazione occidentale e poi l’ascesa del regime talebano, le sanzioni internazionali e il congelamento dei fondi del Paese, per milioni di afghani l’unica possibilità di accesso a beni di primaria sopravvivenza nel dilagare della malnutrizione e di ricevere cure mediche deriva proprio dal lavoro delle ONG. Il nuovo decreto del governo de facto potrebbe renderlo adesso impossibile.
1/4 Our teams started working in #Afghanistan more than forty years ago and have provided medical assistance to millions of people since then. Women are the ones who’ve made it possible. Without them, there can be no healthcare. pic.twitter.com/ykdCX25VUv— MSF Afghanistan (@MSF_Afghanistan) December 25, 2022
L’ONG premio Nobel per la Pace Medici Senza Frontiere, impegnata da oltre quarant’anni nel Paese, è stata tra le prime a commentare la decisione. “In un Paese che dipende largamente dal supporto umanitario e che si confronta con una povertà dilagante alimentata dalla disoccupazione alle stelle, le donne giocano un ruolo fondamentale nel fornire aiuto medico e nessuna organizzazione potrà assistere la comunità locale senza di loro”, scrive l’ONG su Twitter. E ancora sottolinea “Senza di loro, non ci può essere assistenza medica. Escludere le donne dalla vita pubblica, mette a rischio tutti”.
Il lavoro delle donne afghane nelle ONG è stato, infatti, fondamentale in questi anni, soprattutto nell’assistenza a donne e bambini nei reparti ospedalieri a loro dedicati, in un Paese in cui le pazienti possono essere assistite solo da personale femminile e in cui oltre la metà della popolazione è costituita da minori. Escludere le donne dal lavoro umanitario avrà l’effetto di escludere le organizzazioni umanitarie dall’Afghanistan.
Una conseguenza che inizia già a verificarsi. Con un comunicato congiunto, Save the Children, il Norvegian Refugee Council e CARE hanno annunciato la sospensione delle loro attività in Afghanistan. “ Non possiamo raggiungere efficacemente bambini, donne e uomini in situazioni di disperato bisogno in Afghanistan senza il nostro staff femminile. Mentre cerchiamo di ottenere chiarezza su questo annuncio, sospenderemo i nostri programmi, pretendendo che uomini e donne possano ugualmente continuare a lavorare per la nostra assistenza salvavita in Afghanistan”.
“Devastated that the authorities in #Afghanistan have decided to suspend women’s right to work in NGOs. I have seen firsthand how essential our female staff are to our humanitarian response.” Inger Ashing @SaveCEO_Intl @save_children @Save_globalnews t.co/O44eDXEUzN— Save the Children Global Media (@Save_GlobalNews) December 24, 2022
Con un altro comunicato, anche l’International Rescue Committee (IRC) ha dichiarato sospese le sue attività nel Paese, sottolineando come oltre 3.000 dei suoi 8.000 impiegati in Afghanistan siano donne.
Sono ore tragiche e delicate. Decine di ONG e i rappresentanti delle Nazioni Unite, riuniti nell’Humanitarian Country Team, si sono incontrati a Kabul per decidere se sospendere immediatamente tutti i progetti delle ONG attualmente attivi in Afghanistan. Come un taglio alla corrente, un black out istantaneo su tutto il Paese. Ospedali chiusi, missioni sospese, operatori umanitari e aiuti internazionali rispediti indietro da dov’erano venuti, per lasciare la popolazione afghana abbandonata a se stessa: lo scenario peggiore per un Paese sprofondato nel fondo della sua catastrofe, ma per il quale al momento non sembrerebbero esserci alternative.
Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, si è detto profondamente turbato dalla notizia. “Le Nazioni Unite e i loro partner, che includono ONG nazionali e internazionali, aiutano oltre 28 milioni di afghani che dipendono dall’aiuto umanitario per sopravvivere”, si legge in un comunicato del 24 dicembre. “Il divieto alle donne di lavorare con la comunità internazionale per salvare vite e fornire mezzi di sussistenza in Afghanistan causerà ulteriori indicibili difficoltà al popolo afghano”.
Preoccupazione per il bando è stata espressa anche dalla Farnesina, che sottolinea il ruolo fondamentale delle donne nei lavori di assistenza.
Forte preoccupazione dell’Italia per la decisione delle Autorità di fatto di impedire alle donne operatrici umanitarie di lavorare in Afghanistan. Decisione inaccettabile e contraria a principi diritto umanitario. Il ruolo delle donne nelle attività di assistenza è insostituibile pic.twitter.com/wgmyIIPX0Q— Farnesina 🇮🇹 (@ItalyMFA) December 25, 2022
Non è certo per la presunta vocazione delle donne per i lavori di cura e assistenza, retaggio di altri maschilismi nostrani, che l’attuale norma potrebbe rappresentare la catastrofe definitiva per l’Afghanistan. Colpendo di nuovo le donne, questa volta sembra che i talebani stiano riuscendo a liberarsi definitivamente anche degli occhi e delle ingerenze occidentali rappresentate dalle ONG nel territorio. Un proverbio afghano recita “Chi ti nutre, ti comanda”, ed è inevitabile immaginare chi fossero i primi destinatari di questo divieto. Con il bando delle donne, i talebani potrebbero apporre i sigilli definitivi al Paese. Le donne rinchiuse nelle case e le ONG fuori dai confini dell’Afghanistan. Il buio totale, il silenzio assoluto per i diritti umani.
Il Presidente della Missione delle Nazioni Unite in Afghanistan, Ramiz Alakbarov, intanto, ha incontrato nella mattinata di oggi 26 dicembre il Ministro dell’Economia del governo talebano Mohammad Hanif, per chiedere la revoca del divieto. E’ questa adesso la speranza, le ONG aspettano con il fiato sospeso.
Acting UNAMA head @RamizAlakbarov met Taliban Economy Minister Mohammad Hanif today in Kabul, calling for reversal of decision to ban women from NGO & INGO humanitarian work. Millions of Afghans need humanitarian assistance and removing barriers is vital.— UNAMA News (@UNAMAnews) December 26, 2022
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Ho letto una caratteristica di #GrapheneOS che trovo meravigliosa: quella di poter impostare dei profili utente isolati.
Per me sarebbe la soluzione perfetta per avere un solo device e separare le app che sono costretto a tenere per lavoro (WA, voip aziendale, Teams) in un profilo, mantenendo l'altro pulito e senza servizi Google.
Purtroppo questo significa dover acquistare un Pixel dal 6 in su, i cui prezzi del ricondizionato sono tristemente vicini al nuovo.
Mi chiedevo: si tratta di una caratteristica esclusiva o ci sono altri OS #android che permettono di ottenere uno scenario simile?
Franc Mac
in reply to J. Alfred Prufrock • •Le Alternative
in reply to Franc Mac • • •@macfranc quello che permette di fare Graphene da quanto ne so è soprattutto avere i servizi di Google in un profilo separato per non "intaccare" il proprio.
Conosci già Shelter? lealternative.net/2022/04/22/s… permette di fare esattamente quello che dici tu sfruttando il profilo di lavoro Android
Shelter - Le Alternative
skariko (Le Alternative)J. Alfred Prufrock likes this.
J. Alfred Prufrock
in reply to Le Alternative • •Se così fosse, potrei ottenere il risultato orientandomi anche su device più abbordabili
Le Alternative
in reply to J. Alfred Prufrock • • •Le Alternative
in reply to J. Alfred Prufrock • • •r/MicroG - Gapps in work profile (shelter/island)
redditJ. Alfred Prufrock
in reply to J. Alfred Prufrock • •Leggo che #lineageos implementa SELinux, ma serve a imporre delle policies su cosa possa fare o non fare un processo. Molto importante, ma mi sembra un concetto diverso; immagino che sia così anche per /e/, che lo deriva
J. Alfred Prufrock
Unknown parent • •@matchboxbananasynergy really useful insights and advice, thank you!
I am very much oriented towards GrapheneOS, it seems to me that it is a well-designed system, and that it offers concrete and efficient solutions to have (a little) more control over one's device.
So I'm starting to keep an eye on the ads for a Pixel 😁