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Defence for Children: il decalogo per la protezione dei minori stranieri non accompagnati


10 garanzie come strumento di orientamento, monitoraggio e azione. Ciò che le istituzioni, le strutture e gli operatori devono realizzare per proteggere i minorenni stranieri, rendere sostenibile il sistema di accoglienza e prevenire fenomeni di disagio e

a cura di Defence for Children Italia

Pagine Esteri, 25 gennaio 2023 – Uno strumento per qualificare il sistema di accoglienza attraverso la legge. Defence for Children International sintetizza in un decalogo di garanzie, basato sugli standard internazionali e l’ordinamento italiano, ciò che le istituzioni, le strutture e gli operatori devono realizzare per proteggere i minorenni stranieri, rendere sostenibile il sistema di accoglienza e prevenire fenomeni di disagio e di ordine pubblico che pesano sempre di più sui territori dell’accoglienza.

I 10 punti, elaborati sulla base di un lavoro di diversi anni, si propongono come strumento di orientamento, monitoraggio e azione affinché politiche, strategie e pratiche convergano nell’applicare pienamente gli standard internazionali e nazionali a tutti i livelli per tutelare i minorenni e per qualificare in modo sostenibile e utile all’intera comunità l’ingente spesa investita in un sistema che non riesce ad emanciparsi dai livelli dell’emergenza e della contingenza.

Seguendo un approccio integrato e sistemico, il documento trova base nell’attuale impianto normativo nazionale – in particolare la Legge 47/2017 – ed internazionale, in linea con i principi sviluppati e promossi dalla Agenzia per i Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (FRA), il Consiglio d‘Europa e la normativa comunitaria.

Si tratta di un decalogo volutamente sintetico che deriva dal lavoro di analisi e di prossimità che negli anni abbiamo realizzato con e per le persone minorenni straniere che raggiungono il nostro paese. Persone che troppo spesso devono affrontare, nella loro giovane età, oltre alla distanza dalla propria famiglia ed un viaggio pericoloso, le insidie di un contesto che, nonostante quanto preveda il diritto, opera una evidente ed iniqua discriminazione strutturale. La frammentazione, l’emergenza, la contingenza caratterizzano il contesto nel quale questi giovani devono riuscire a realizzare il loro percorso di vita ostacolati dal loro status migratorio e costretti in condizioni di vulnerabilità che frequentemente li espongono a violazioni e violenza.” spiega Pippo Costella, Direttore di Defence for Children International Italia.

“Nel clamore e nelle frequenti strumentalizzazioni sulla questione migrante ci auguriamo che le 10 garanzie proposte vengano intese e utilizzate trasversalmente come una mappa utile di riferimento e di monitoraggio in un territorio che ancora presenta troppa distanza tra la teoria e la realtà dei fatti, tra la competenza e la negligenza, tra il diritto e la sua realizzazione”.

La proposta, che raggiungerà tutti gli attori pubblici e privati del sistema nazionale, è stata presentata in anteprima la settimana scorsa a Bruxelles nell’ambito dell’iniziativa “BECOME SAFE – Building Efforts for Children on the Move in Europe through Systemic Approaches, Facilitation and Expertise”, sostenuta dall’Unione Europea.

Per informazioni e approfondimenti: info@defenceforchildren.it – 0100899050 – 3478798453

Il decalogo è consultabile e scaricabile anche dal sito Defence for children a questo link.

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La visita del neopresidente brasiliano Lula da Silva a Buenos Aires per il vertice della CELAC (Comunità dei paesi latino-americani e dei Caraibi) ha dato un nuovo slancio ai progetti di integrazione regionale, con un annuncio che ha sorpreso molti: …


ECUADOR. Attesa per il referendum popolare in un Paese in pena crisi


Il governo Lasso prova a modificare la Costituzione mentre l'Ecuador vive una crisi profonda: mancano medicine, la criminalità è fuori controllo, l'istruzione non è garantita. L'articolo ECUADOR. Attesa per il referendum popolare in un Paese in pena cris

di Mishell Mantuano, periodista de Wambra, medio comunitario

Traduzione Davide Matrone –

Pagine Esteri, 25 gennaio 2023 – A un anno e 8 mesi di governo del presidente Guillermo Lasso, l’Ecuador affronta una grave crisi in termini di sicurezza, soprattutto nella zona costiera di Guayaquil ed Esmeraldas, che si configurano tra le città più pericolose dell’intera regione (secondo uno studio realizzato dall’ONU). A questo si aggiungono 7 massacri nelle carceri che hanno provocato oltre 400 morti e la richiesta inascoltata – da parte dello stato – di giustizia da parte dei familiari.

Il sistema sanitario è al collasso. Non ci sono farmaci e i pazienti che hanno bisogno di attenzione medica negli ospedali o nei centri di salute pubblica devono comprare di tasca propria le formiture per poi essere ricevuti. I bambini e gli adolescenti con cancro muoiono per mancanza di medicine e i pazienti con gravi patologie protestano ed esigono che l’Instituto di Sicurezza Sociale paghi loro le pensioni corrispondenti. Inoltre, associazioni di malati non ricevono nessuna risposta da parte della Presidenza della Repubblica, nonostante le innumerevoli richieste di riunioni con il Presidente Lasso.

I giovani e le giovani del paese son senza alcuna opportunità di accesso all’educazione superiore per mancanza di risorse pubbliche e per i continui tagli alla spesa publica. La Federazione Studentesca Universitaria dell’Ecuador (FEUE), si è mobilitata in vari momenti per esigere dal Governo Nazionale maggiori investimenti e più opportunità per l’accesso alle Università del paese.

Aggiungiamo l’incremento esponenziale della violenza maschilista e misogina che ha generato la morte di bambine e bambini, adolescenti, donne e trans. Dal 1 gennaio al 31 gennaio del 2022, in Ecuador si registrano 322 casi di femminicidio dei quali 189 a causa dell’incremento della criminalità organizzata. Questi dati ci dicono che ogni 26 ore una donna viene uccisa nel paese senza che il governo risponda o generi azioni di contenimento e/o soluzione del problema di violenza di genere che è ormai strutturale.

Tutte queste problematiche preoccupano la popolazione che ogni giorno chiede e vuole risposte. Il prossimo 5 febbraio si dovranno scegliere oltre 5 mila cariche pubbliche e amministrative: 221 sindaci, 23 presidenti e vicepresidenti delle Regioni, 864 consiglieri comunali urbani e 443 consiglieri dell’area rurale, 4109 consiglieri delle circoscrizioni e 7 integranti del Consiglio di Participazione Cittadina e Controllo Sociale; tutti dovranno lavorare con il Governo centrale per risolvere le problematiche prima esposte.

Non è tutto, nonostante la bassa popolarità che ha il presidente Lasso e la poca credibilità che il Popolo gli conferisce per la sua gestione, lo stesso convocherà il Popolo per un Referendum popolare in cui, tra l’altro, si chiederà il voto sull’estradizione per persone che abbiano commesso un delitto in relazione al crimine organizzato internazionale (pregunta 1). L’attuale Costituzione del paese proibisce l’estradizione di nazionali ma con il referendum l’Esecutivo vuole cambiare questa situazione. La pregunta in questione ha generato molta confusione e contraddizioni giacché si pretende di far passare l’idea che l’estradizione sia uguale all’espulsione.

Nei quesiti 3 e 4 si vuole ridurre il numero dei parlamentari e si chiede che i movimenti politici abbiano un minimo di iscritti e un registro periodico con dati sui propri affiliati. Le due proposte in questione riducono la rappresentanza territoriale, erodono la presenza di rappresentanti delle regioni con meno popolazione e prevedono un controllo dei movimenti, partiti e dei propri affiliati.

Ci sono poi due quesiti relativi al Consiglio di Partecipazione Cittadina e Controllo Sociale, l’Organismo che ha la funzione di designare più di 60 autorità di controllo, la Corte dei Conti, il Consiglio Nazionale Elettorale e il Procuratore Generale dello Stato, tra gli altri. Inoltre, ha la funzione di combattere la Corruzione, di promuovere la Partecipazione Cittadina e la promozione del Controllo Sociale.

Ebbene, con il Referendum Popolare il presidente Lasso vuole che il Parlamento sia l’attore che nomini le nuove Autorità di controllo con la maggioranza dei voti e che i consiglieri e le consigliere del Consiglio di Partecipazione Cittadina e Controllo Sociale non vengano più eletti attraverso il voto popolare.

Secondo analisti ed esperti, il principale interesse dell’attuale Governo nazionale risiede propio nei quesiti 5 e 6 sulla nuova designazione di queste importanti autorità nazionali.

Gli ultimi due quesiti si riferiscono a temi ambientali. Il primo sostiene la creazione di un Piano di Protezione Idrica per il Sistema Nazionale delle Aree Protette, sotto il controllo dello Stato, e chiede al popolo se ritiene che le persone, le comunità, i popoli e le nazionalità del paese possano essere beneficiari di compensazioni regolarizzate dallo Stato per il loro appoggio nella gestione di servizi ambientali. Su questi temi i collettivi i movimenti ambientalisti hanno manifestato la loro perplessità, ritenendo che il quesito non basti a risolvere il problema ambientale del paese che è molto più complesso.

In definitiva, i collettivi ambientalisti e altri attori politici come Pachakutik, Unidad Popular e la Revolución Ciudadana, tra gli altri, sostengono che il Referendum non risolva i problemi strutturali del paese, come la mancanza di occupazione, salute ed educazione. Invece considerano che il Governo stia cercando una via d’uscita a una pessima gestione, piena di casi di corruzione e varie crisi che colpiscono il Popolo ecuadoregno.

I risultati di queste elezioni ci diranno molto sul termometro politico dell’Esecutivo in carica.

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Armeni sotto assedio, emergenza umanitaria in Nagorno Karabakh


Da sei settimane il blocco azero del corridoio di Lachin sta creando un'emergenza umanitaria in Nagorno Karabakh, enclave armena in Azerbaigian. La Russia non interviene, Ue e USA si limitano alle dichiarazioni. Gli armeni sempre più soli L'articolo Arme

di Marco Santopadre*

Pagine Esteri, 23 gennaio 2023 – Il cibo scarseggia e gli abitanti di Stepanakert e dei piccoli centri contigui sono obbligati a ricorrere alla tessera annonaria istituita dal governo del Nagorno Karabakh per accedere a quel minimo di beni di prima necessità che le autorità dell’enclave riescono a distribuire alla popolazione.
Da giorni mancano anche l’energia elettrica, l’acqua potabile e il gas, perché le condotte e gli elettrodotti provenienti dall’Armenia sono stati bloccati da Baku o sono stati sabotati. Anche internet funziona a singhiozzo. Scuole e uffici pubblici sono chiusi o lavorano a ritmo ridotto per l’impossibilità di illuminare e riscaldare gli edifici.
Gli scaffali di negozi e supermercati sono vuoti e le attività produttive sono per lo più bloccate; migliaia di persone hanno già perso il lavoro.
La situazione è tragica soprattutto negli ospedali dove i medicinali scarseggiano o sono esauriti e i malati gravi possono essere trasferiti in Armenia solo in circostanze eccezionali e grazie all’intervento della Croce Rossa Internazionale. Alcuni pazienti sono già morti per mancanza di cure adeguate e tempestive.
Il disastro umanitario è dietro l’angolo. Circa 120 mila persone sono bloccate, ormai da sei settimane, all’interno di ciò che rimane della Repubblica dell’Artsakh assediata dalle forze azere. Niente e nessuno può entrare o uscire nell’isola armena incastonata in territorio azero.

120 mila persone sotto assedio
Fino al 12 dicembre, ogni giorno a Stepanakert arrivavano circa 400 tonnellate di merci dall’Armenia. Ma quel giorno un folto gruppo di cittadini azeri ha deciso di bloccare il “corridoio di Lachin”, l’unica strada che collega l’Armenia con l’ex territorio azero dichiaratosi unilateralmente indipendente da Baku nel 1991.
Ufficialmente, a trasformare in ostaggi i 120 mila abitanti dell’enclave è una “protesta ambientalista”. A bloccare l’unica via di comunicazione terrestre esistente con Erevan, infatti, sarebbe un gruppo di attivisti ecologisti azeri desiderosi di impedire che le miniere di oro, rame e molibdeno di Drombon e Kashen, nel territorio della provincia ribelle, continuino a sfornare materiali di scarto altamente inquinanti. Ma nel paese guidato da trent’anni dal clan Aliyev non si muove nulla senza il consenso del regime; nessun’altra protesta è stata inoltre inscenata per denunciare l’inquinamento, altrettanto grave, provocato dalle attività estrattive disseminate nel resto dell’Azerbaigian, alcune di proprietà dello stesso presidente Ilham.
I presunti ambientalisti, denunciano Erevan e Stepanakert, altro non sono che militari e attivisti di organizzazioni azere riconducibili al regime di Baku, che assediando il Nagorno Karabakh sperando di convincere molti dei suoi abitanti ad abbandonare quei territori per rifugiarsi in Armenia. Mostrano cartelli contro l’inquinamento, ma intonano slogan e canti ultranazionalisti. «Coloro che non vogliono essere cittadini dell’Azerbaigian sono liberi di farlo; il corridoio di Lachin è aperto, nessuno gli impedirà di andarsene» ha tuonato il dittatore azero.

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Il blocco azero a Lachin

Il cessate il fuoco firmato il 10 novembre 2020 da Erevan e Baku dopo la “guerra dei 44 giorni” (durante la quale le truppe azere sostenute da Turchia e Israele hanno strappato agli armeni la maggior parte dei territori conquistati da questi ultimi all’all’inizio degli anni ’90) stabilisce che la percorribilità del “corridoio di Lachin” debba essere garantita dai 2000 soldati inviati da Mosca per monitorare il rispetto dell’accordo imposto dalla Russia per porre fine all’ennesimo scontro armato tra armeni e azeri.
Ma i membri delle forze di sicurezza azere travestiti da difensori dell’ambiente non hanno subito alcun intervento da parte dei peacekeeper russi, rimasti in disparte in prossimità della strada bloccata.
Mosca è impegnata nella difficile avventura ucraina e non vuole aprire altri fronti. Soprattutto, per quanto l’Armenia goda tradizionalmente della protezione russa, a Mosca ora interessa assai di più la proficua relazione con Baku e con Ankara, lo sponsor principale della repubblica turcofona ex sovietica divenuta negli ultimi anni una potenza regionale grazie al gas e al petrolio estratti nel Mar Caspio. E anche alle armi copiosamente acquistate proprio dalla Russia, che tramite una triangolazione con l’Azerbaigian riesce ad esportare in Europa quantità copiose di gas nonostante l’embargo decretato da Bruxelles dopo l’invasione dell’Ucraina. Forte della dipendenza russa dall’asse azero-turco, Aliyev ne approfitta per stringere la corda attorno alla comunità armena del Nagorno Karabakh, per costringerla ad abbandonare un territorio che abita da secoli e ogni pretesa di indipendenza. Baku, poi, vuole imporre all’Armenia l’apertura di un passaggio – il corridoio di Zangezur – che connetta l’Azerbaigian alla Repubblica Autonoma di Nakhchevan (una provincia azera separata dalla madrepatria dal territorio armeno) e di lì direttamente con la Turchia e il Mediterraneo.

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Peacekeepers russi

Il tradimento di Mosca
Del resto, il contingente russo non mosse un dito neanche quando, il 13 settembre 2022, le truppe azere lanciarono l’ennesimo attacco militare questa volta direttamente contro il territorio dell’Armenia. L’aggressione militare azera durò alcuni giorni senza che Mosca intervenisse se non invitando entrambe le parti alla moderazione, generando così un’ondata di disillusione nei confronti di Mosca tra la popolazione e la diaspora armena.

Erevan ospita alcune basi militari russe, e l’Armenia e la Russia sono legate da un’alleanza militare diretta. Di fronte alle incursioni e ai micidiali bombardamenti azeri, Erevan chiese esplicitamente l’intervento militare russo a difesa della sua integrità territoriale, invocando l’articolo 4 del Trattato sulla sicurezza collettiva (CSTO) al quale l’Armenia aderisce insieme a Mosca e ad altre repubbliche ex sovietiche.

La Russia, però, si guardò bene dall’intervenire contro gli azeri e a quel punto il leader armeno Nikol Pashinyan da un lato si dichiarò pronto ad abbandonare a sè stessi gli abitanti dell’Artsakh pur di salvare l’Armenia (scatenando feroci manifestazioni di protesta), dall’altra riprese a invocare la protezione degli Stati Uniti e dell’Unione Europea.
Nel 2018, del resto, Nikol Pashinyan era stato eletto premier a capo di una coalizione politica filo-occidentale e anti-russa che poi però si era dovuta riavvicinare a Mosca sia per motivi economici sia per evitare che il paese fosse completamente sopraffatto dall’Azerbaigian. Ma ora molti armeni si sentono traditi da Vladimir Putin.
Se in precedenza il 64% degli armeni considerava la Russia un paese amico, nel 2021 la quota era scesa al 35%. Secondo un sondaggio pubblicato a gennaio dal Caucasus Research Resource Center, quasi la metà dei residenti dell’Alto Karabakh considerano necessaria l’indipendenza. Un quarto degli intervistati, invece, sceglierebbe l’annessione alla Federazione Russa in forma di repubblica autonoma; una quota di poco inferiore, infine, difende l’unificazione con la Repubblica Armena.

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L’Armenia non si fida più di Mosca
Mentre nel territorio assediato – a rischio di essere del tutto abbandonato da Mosca – le critiche all’immobilismo russo sono moderate – in Armenia le denunce nei confronti del doppiogiochismo di Putin si fanno sempre più esplicite.

A fine dicembre, centinaia di manifestanti hanno marciato per 11 km da Stepanakert ad una base del contingente militare russo per chiedere a Mosca di intervenire per sbloccare l’assedio. Nei giorni scorsi alcune forze politiche ultranazionaliste armene hanno manifestato di fronte all’ambasciata russa, perorando un intervento militare di Erevan contro Baku che visti gli attuali rapporti di forza si rivelerebbe suicida. L’8 gennaio un’altra manifestazione è stata organizzata da movimenti nazionalisti a Gjumri, città al confine della Turchiadove si trova la principale base militare russa in Armenia; 65 manifestanti sono stati arrestati.
Pashinyan ha criticato la mancanza di iniziativa di Mosca ed ha annunciato che l’Armenia non ospiterà le esercitazioni militari delle truppe del CSTO guidate dalla Russia previste nel 2023. Per la prima volta, poi, il premier ha affermato che non solo «la presenza militare russa non garantisce la sicurezza armena, ma costituisce una minaccia», anticipando che potrebbe chiedere al Consiglio di Sicurezza dell’Onu di inviare i caschi blu per sostituire il contingente militare di Mosca.

Le promesse di Washington e Bruxelles
Ovviamente, sia l’amministrazione Biden che l’Unione Europea cercano di approfittarne per aumentare la propria influenza nel Caucaso a scapito di quella russa. In Europa si distingue soprattutto la Francia – paese nel quale, tradizionalmente, la diaspora armena possiede una qualche forza economica e politica – che ha alzato i toni contro Baku. Il governo italiano, al contrario, non prende posizione ed anzi il 12 gennaio il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto ha incontrato a Baku il presidente Aliyev in cerca di nuove forniture di gas e di commesse per le armi italiane.
Dichiarazioni roboanti a parte, comunque, né Bruxelles né Washington hanno finora intrapreso alcuna iniziativa concreta nei confronti dell’Azerbaigian. Il rapporto col regime di Aliyev e con quello turco, per l’Occidente, è importante quanto per la Russia di Putin. L’Unione Europea pretende che l’Armenia abbandoni l’Unione Economica Eurasiatica guidata dalla Russia per siglare un trattato di associazione con Bruxelles, ma a Erevan non offre alcuna garanzia contro il regime azero.
Anche Pashinyan, da parte sua, è conscio della fortissima dipendenza di Erevan dall’economia (nel 2022 gli scambi commerciali tra Erevan e Mosca sono cresciuti del 67%), dalle forniture energetiche e dalla presenza militare russa e al tempo stesso dell’estrema debolezza del suo paese rispetto alla crescente potenza militare, economica e diplomatica azera.

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Manifestazione a Stepanakert contro il blocco azero

“Pulizia etnica”
Finora l’appello delle comunità armene isolate da sei settimane e delle piazze delle città armene affollate di manifestanti è stato raccolto solo dal Tribunale Internazionale dell’Aia, che ha convocato Baku per il 30 gennaio. Anche la Corte Europea dei Diritti Umani ha redarguito gli azeri, mentre il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione di condanna del blocco del corridoio di Lachin. A detta del Ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, invece, la Russia «è pronta a dispiegare truppe al confine tra Armenia e Azerbaigian per sedare le tensioni nel Corridoio di Lachin» (cosa che avrebbe già dovuto fare in base dell’accordo del 2020) e starebbe pensando di inviare una missione della CSTO nella regione per “monitorare la situazione”.Dopo aver informato di aver chiesto al suo omologo azero Jeyhun Bayramov di sbloccare il corridoio di Lachin, Lavrov ha aggiunto che «una missione europea nella regione sarebbe controproducente».

Intanto, in mancanza di iniziative rapide e concrete, nell’enclave armena stretta nel gelido inverno caucasico, la situazione si fa ogni giorno più insostenibile. Le autorità dell’Armenia e dell’Artsakh chiedono all’ONU e ai paesi amici di organizzare un ponte aereo per rifornire di cibo e medicinali la popolazione stremata, ma finora nulla si è mosso. Mentre le condizioni di vita all’interno dell’enclave si fanno sempre più difficili, un migliaio di persone che era in territorio armeno al momento dell’inizio del blocco stradale non è potuto rientrare in Artsakh. Tra questi, decine di bambini di Stepanakert che si erano recati a Erevan per partecipare all’Eurovision Junior e ai quali da un mese e mezzo viene impedito di ricongiungersi ai genitori.
«L’assenza di una reazione adeguata all’aggressione azera potrebbe causare nuovi tragici sviluppi» avvertono i ministri degli Esteri di Armenia e Artsakh, mentre la diaspora armena in tutto il mondo lancia l’allarme sul rischio che nel Caucaso si realizzi un nuova ondata di pulizia etnica. Ma finora l’appello ad un intervento della comunità internazionale è rimasto inascoltato. – Pagine Esteri

5012159* Marco Santopadre, giornalista e scrittore, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria.

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Location data is personal data - noyb wins appeal against Spanish DPA


I dati di localizzazione sono dati personali - noyb vince il ricorso contro la DPA spagnola I tribunali spagnoli hanno annullato una precedente decisione della DPA spagnola. L'AEPD aveva precedentemente sostenuto che la telco Virgin aveva legittimamente negato ai suoi clienti l'accesso ai propri dati di localizzazione. location data


noyb.eu/en/location-data-perso…



In Cina e Asia – La Cina supera gli Usa nelle industrie avanzate ad alto valore aggiunto


In Cina e Asia – La Cina supera gli Usa nelle industrie avanzate ad alto valore aggiunto cina
La Cina supera gli Usa nelle industrie avanzate ad alto valore aggiunto
Debt trap: la Cina concederà allo Sri Lanka una moratoria di due anni
Festa di Primavera: il box office stenta a decollare
Ondata di freddo record in Cina
Pyongyang in quarantena

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#uncaffèconluigieinaudi ☕ – Liberali non possono illudere il popolo…


Liberali non possono illudere il popolo promettendogli ricchezze e prosperità e larghi guadagni […] Essi promettono soltanto quel che sanno di poter mantenere da Lineamenti di una politica economica liberale, Roma, Movimento Liberale Italiano, 1943 L'art
Liberali non possono illudere il popolo promettendogli ricchezze e prosperità e larghi guadagni […] Essi promettono soltanto quel che sanno di poter mantenere


da Lineamenti di una politica economica liberale, Roma, Movimento Liberale Italiano, 1943

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fondazioneluigieinaudi.it/unca…



Kyaw Min Yu, lo scrittore birmano giustiziato in segreto


Kyaw Min Yu, lo scrittore birmano giustiziato in segreto Kyaw Min Yu
Già leader delle proteste del 1988, Kyaw Min Yu è una delle figure più note della complessa e sofferta transizione democratica del Myanmar, tragicamente interrotta quel 1° febbraio di quasi due anni fa. Il giorno in cui è stato ucciso si è alzato senza sapere che sarebbe stata la sua ultima alba.

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Si scrive ‘intercettazioni’, si legge ‘stampa’


Non so se sia un gioco delle parti, ma, certo, ne ha tutta l’apparenza. E, qualora lo sia, si tratterebbe di un gioco micidiale. Mi riferisco alle diatribe, agli urli scomposti di politicanti vari, a cominciare dal Ministro Carlo Nordio, davvero il peggio del peggio se non altro umanamente parlando, in materia di intercettazioni telefoniche. […]

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Il capitalismo militarizzato fuori da ogni controllo democratico | AFV

"Il capitalismo non ha un’essenza, se non quella di mutare in continuazione. E forse la sua mutazione attuale consiste nell’emergere di un capitalismo centrato sulla potenza militare.
Questo diviene il sistema dominante che organizza tutti gli altri sistemi sociali, il che implica un enorme potere dell’apparato militare-industriale."

ancorafischiailvento.org/2023/…



Malesia: le risorse strategiche di terre rare rischiano di sgretolarsi a causa di Pechino


Il governo dello Stato di Kedah della Malesia ha firmato un memorandum d’intesa (MoU) con il partner tecnico cinese Xiamen Tungsten Co Ltd per attingere a 60 miliardi di RM di elementi di terre rare (REE) nello Stato, che ha evidenziato la continua dipendenza dall’esperienza e dalle risorse cinesi in l’asset strategico vitale del Paese. […]

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Lavrov e Yellen in tour in Africa: offensiva diplomatica nel continente africano all’ombra della guerra in Ucraina. Sergei Lavrov torna in Africa per la seconda volta in un anno.


Accordi discordantiUn’intensa attività diplomatica sta interessando Kosovo e Serbia, in cerca di un nuovo accordo per la normalizzazione dei rapporti.


SFondi Ue


La ricchezza è creata solo dalle imprese e dai lavoratori. I governi non creano ricchezza. Va già bene quando riescono a fare in modo che imprese e lavoratori svolgano la loro funzione senza intralci e con adeguate difese dalla violazione delle regole. I

La ricchezza è creata solo dalle imprese e dai lavoratori. I governi non creano ricchezza. Va già bene quando riescono a fare in modo che imprese e lavoratori svolgano la loro funzione senza intralci e con adeguate difese dalla violazione delle regole. I governi intermediano i soldi presi ai contribuenti e destinati a pagare spese collettive. Più o meno assennate, dipende dai governi, ma anche dai cittadini che votano i governanti. Quei soldi non sono “dello Stato”, come se vi fosse un generatore esterno di quattrini, ma dei contribuenti onesti. Altri soldi possono essere presi in prestito, il che comporta impegnare quel che i contribuenti verseranno in futuro. Visto che si moltiplicano i fondi europei è bene che questa premessa sia chiara, ricordando che anche quelli sono soldi dei contribuenti. In quel caso europei.

La raccolta fiscale e la spesa pubblica hanno un senso positivo quando i soldi che prendo al contribuente li destino a rendere migliore la vita di tutti. E se li destino ad un altro contribuente, perché bisognoso, opero per la giustizia sociale, rendendo migliore la vita di tutti. Se prendo male la mira e consegno i soldi del contribuente onesto a un evasore fiscale, che allo Stato guercio sembra povero, rendo peggiore la vita di tutti. Ha un senso togliere soldi a chi li ha guadagnati, impedendogli di comprare una nuova chitarra, se riesco ad impiegarli per fare in modo che si investa e lavori meglio, talché la mancata chitarra odierna possa essere un contrabbasso domani. Veniamo a noi.

Oggi l’Italia è il principale percettore dei soldi dei contribuenti europei, versati nei fondi di Ngeu. Da una parte è un impegno verso tutti, dall’altra un’occasione da non perdere. Quel che è decisivo non è quanti ne prendiamo, meno ancora l’umiliante “quanti ce ne danno”, meno che mai il delirante “quanti ce ne siamo accaparrati”, ma: che ci facciamo. Se li si userà per recuperare arretratezze competitive, insufficienze strutturali, squilibri territoriali, ci avremo guadagnato noi e ci avranno guadagnato tutti i contribuenti europei, che vivranno in un mercato più dinamico e ricco. Per riuscirci, però, è necessario accompagnare la spesa per investimenti al lavoro per riformare e cambiare quel che non aveva funzionato. Se continui a prendere l’acqua con lo scolapasta l’importante non è a quanta acqua puoi attingere, ma quanto sei scemo, dissipatore e sempre a secco. Nessuno di noi crede che il mondo cambi aumentando le licenze taxi o mettendo a gara gli stabilimenti balneari, ma se non si è capaci di fare manco quello, se ci si cala le braghe davanti a cose così limitate, è segno che si stanno buttando i soldi. E se i contribuenti europei si arrabbiassero avrebbero ragione.

Ora si parla di un fondo sovrano europeo, destinato a tenere alta la competitività delle nostre imprese. Alla competitività, però, dovrebbero pensare da sole, semmai reclamando scuole funzionanti, giustizia efficiente e burocrazia non demente. Eppure quel fondo può servire, se destinato a compensare squilibri da altri introdotti: gli Usa aiutano le loro imprese nella transizione energetica? se non faremo altrettanto ci sarebbe uno svantaggio. Il che significa non dividere i fondi in quote Paese, ma destinarli all’obiettivo da raggiungere e alle imprese coerenti. Chi non ne ha non becca un soldo. Ma questo porta a un altro problema: chi stabilisce quali sono gli obiettivi giusti? L’impresa che li indovina cresce, quella che li sbaglia fallisce. Se sposto la decisione a livello politico resta solo il contribuente che paga e la pianificazione che impera.

C’è un long covid inquietante, consistente nell’uso smodato del termine: aiuti. E c’è un long covid letale: neanche più le forze politiche sembrano capire che questa è materia politica. Fondi e debito europei sono una meraviglia, ma occorre l’intelligenza, quindi la politica istruita, per stabilire cosa vogliamo ottenere e come. Mentre resta escluso che tu sia sovrano nello sprecare i soldi miei.

La Ragione

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Ricevere la spesa a casa: tutti i vantaggi di EasyCoop


Ricevere la spesa a casa dopo aver effettuato l’ordine online, in tutta comodità? Oggi è possibile e si tratta di un servizio che si sta diffondendo sempre di più, proprio per via dei numerosi vantaggi che permette di ottenere. In Italia, a dire il vero, le insegne che hanno continuato ad offrire questa opportunità anche dopo […]

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Presentazione del libro “Non diamoci del Tu – La separazione delle carriere”- 4 febbraio 2023, Sant’Angelo Lomellina


4 febbraio 2023 – Teatro – Società Agricola Santangelese, via Mazzini, 61 – SANT’ANGELO LOMELLINA Introduce MATTEO GROSSI Intervengono MASSIMILIANO ANNETTA DAVIDE GIACALONE L'articolo Presentazione del libro “Non diamoci del Tu – La separazione delle car

4 febbraio 2023 – Teatro – Società Agricola Santangelese, via Mazzini, 61 – SANT’ANGELO LOMELLINA

Introduce
MATTEO GROSSI

Intervengono
MASSIMILIANO ANNETTA
DAVIDE GIACALONE

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Armi a Kyiv, la Camera dà luce verde. Domani Crosetto al Copasir


Oggi la Camera ha dato il via libera definitivo al decreto legge Ucraina, che proroga al fino 31 dicembre 2023 la cessione da parte italiana di materiali militari al Paese impegnato nel conflitto iniziato dalla Russia. M5S E AVS CONTRARI Il testo è stato

Oggi la Camera ha dato il via libera definitivo al decreto legge Ucraina, che proroga al fino 31 dicembre 2023 la cessione da parte italiana di materiali militari al Paese impegnato nel conflitto iniziato dalla Russia.

M5S E AVS CONTRARI

Il testo è stato definitivamente approvato a Montecitorio con 215 voti a favore e 46 contrari (Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi Sinistra e il deputato Paolo Ciani del Partito democratico). Dichiarando il voto contrario del Movimento 5 Stelle, il deputato Marco Pellegrini ha definito “inaccettabile” l’aggressione russa – ma non ha mai citato il leader Vladimir Putin – e dichiarato in Aula: “Durante questo anno la strategia dell’Occidente si è focalizzata sull’invio costante di armi e così facendo ci stiamo avvicinando pericolosamente allo scoppio di un conflitto ancor più vasto, magari con l’utilizzo di armi nucleari, come più volte ha minacciato di poter fare o di voler fare la Federazione Russa. Adesso invece servono negoziati di pace, non armi. Fermatevi! Fermatevi prima che sia troppo tardi”.

LE DICHIARAZIONI DI CALOVINI (FDI)

Con il via libera, “l’Italia si pone ancora una volta in prima linea a sostegno di Kiev e a fianco degli storici alleati. Il governo Meloni, insieme a Fratelli d’Italia, è compatto al fianco del popolo ucraino, vittima della brutale invasione russa del febbraio scorso”, ha dichiarato Giangiacomo Calovini, capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione Affari esteri a Montecitorio. “L’Italia, qualora ci fossero stati incomprensibili dubbi, si conferma un partner serio e affidabile a livello internazionale, sempre dalla parte dell’Alleanza Atlantica e a favore della libertà e della democrazia. Il nostro ruolo a livello geopolitico è chiaro e faremo tutto ciò che è necessario per assicurare una pace giusta all’Ucraina”, ha aggiunto.

IL SESTO PACCHETTO IN PREPARAZIONE

Pellegrini è uno dei membri del Copasir che domani ha in agenda l’audizione di Guido Crosetto, ministro della Difesa. Quest’ultimo nei giorni scorsi ha dichiarato che il sesto decreto di aiuti all’Ucraina, il primo del governo presieduto da Giorgia Meloni, è “in preparazione”. Venerdì, in occasione della riunione del Gruppo di Contatto per la difesa dell’Ucraina a Ramstein, in Germania, aveva riferito che ci si aspetta “nelle prossime settimane un inasprimento della guerra con un aumento esponenziale degli attacchi via terra” e ha aggiunto che “bisogna passare dalle parole ai fatti nel più breve tempo possibile”.

DOMANI CROSETTO AL COPASIR

Domani alle ore 8, il ministro verrà ascoltato dalle commissioni riunite Difesa e Affari esteri, sulle linee programmatiche del suo dicastero. Nella stessa giornata, alle ore 16, Crosetto sarà in audizione al Copasir. È attraverso il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica a Palazzo San Macuto che, nel caso in cui decreto venga secretato così come annunciato, verrà informato il Parlamento. “In collaborazione con la Francia stiamo finalizzando l’invio del Samp-T, e comunque ci sono altre azioni a cui lavoriamo riservatamente”, ha dichiarato nei giorni scorsi Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, al Corriere della Sera.


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Quando ho bisogno di un patentino per drone?


Probabilmente sei un appassionato di droni oppure sei una persone che con questo tipo di dispositivo ha intenzione di costruire una carriera lavorativa. In qualunque situazione tu sia, potresti aver sentito parlare della presenza di patentino per drone, una particolare tipologia di licenza che serve a ‘guidare’ i droni in maniera tale da non avere […]

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Consigli degli esperti per scommettere in modo sicuro ed efficace


Chi si approccia al mondo del betting per la prima volta può legittimamente avere qualche preoccupazione su quanto sia sicuro scommettere online. In generale, internet viene ancora visto come un ambiente insidioso, che può celare minacce e pericoli. Illustriamo di seguito i consigli e i suggerimenti degli esperti per scommettere in tutta sicurezza e godersi […]

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Corea del Nord: i test missilistici aumenteranno nel 2023


Per tutto il 2022, la penisola coreana ha assistito a un persistente aumento delle tensioni a causa della baldoria senza precedenti di test missilistici di Pyongyang e delle esercitazioni militari congiunte di rappresaglia su larga scala della Corea del Sud con gli Stati Uniti. Finora il 2023 è stato più o meno lo stesso. Entro […]

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Un punto di svolta nella politica commerciale degli Stati Uniti


Il dicembre 2022 ha evidenziato quanto sia cambiata la politica commerciale degli Stati Uniti negli ultimi anni. Si è tentati di dare la colpa dei cambiamenti all’ex Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, le cui opinioni protezionistiche erano fortemente sostenute e dichiarate chiaramente. Molti osservatori sono rimasti sorpresi dal proseguimento da parte dell’amministrazione Biden di […]

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Il Segretario Generale Andrea Cangini sarà ospite a Coffee Break – La7


Il Segretario Generale della Fondazione Luigi Einaudi Andrea Cangini sarà ospite a Coffee Break, su La7, il giorno mercoledì 25 gennaio dalle ore 09:40. L'articolo Il Segretario Generale Andrea Cangini sarà ospite a Coffee Break – La7 proviene da Fondazi

Il Segretario Generale della Fondazione Luigi Einaudi Andrea Cangini sarà ospite a Coffee Break, su La7, il giorno mercoledì 25 gennaio dalle ore 09:40.

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Banche centrali, corsa all’oro per appianare le perdite


Nel 2022 le banche centrali avranno acquistato la più grande quantità di oro della storia recente. Secondo il World Gold Council, gli acquisti di oro da parte delle banche centrali hanno raggiunto un livello che non si vedeva dal 1967. Le banche centrali del mondo hanno acquistato 673 tonnellate in un mese e nel terzo […]

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Ucraina: la Georgia si allontana dall’Occidente?


All’inizio di gennaio, il governo ha respinto le richieste di Kiev di consegnare armi occidentali pesanti alle forze armate. Questa decisione è stata il coronamento dei disaccordi tra i due Paesi sorti sullo sfondo della non interferenza della Georgia nel conflitto militare in Ucraina. L’aggravarsi delle relazioni georgiano-ucraine è particolarmente sorprendente ora, poiché negli ultimi […]

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Come il ruolo degli Stati Uniti in Ucraina si è lentamente intensificato


Quando gli Stati Uniti si impegnano militarmente in un conflitto, spesso hanno difficoltà a tirarsene fuori, per non parlare di evitare profondi intrecci che vanno ben oltre le linee tracciate all’inizio dell’intervento. È successo in Vietnam, quando i consiglieri militari statunitensi che aiutavano i sud vietnamiti a combattere i Viet Cong alla fine sono diventati […]

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I cento anni di ‘Nano’ Campeggi, l’artista che dipinse il cinema


Cento anni fa, il 23 gennaio del 1923, nasceva a Firenze Silvano Campeggi in arte ‘Nano’, considerato uno dei più grandi ‘cartellonisti’ del mondo, vale a dire coloro che realizzavano i manifesti illustrativi del film, che per tanti anni hanno tappezzato i muri delle nostre strade, veri e propri tabernacoli del nostro tempo. Due tra […]

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Innovazione, il dilemma tra competizione e sopravvivenza


Da tempo si sente parlare dell’innovazione come una leva potenzialmente a disposizione per l’azienda per mantenere la propria competitività, ma anche necessaria per affrontare gli attuali mercati sempre più globalizzati. Indubbiamente la c.d. transizione

Da tempo si sente parlare dell’innovazione come una leva potenzialmente a disposizione per l’azienda per mantenere la propria competitività, ma anche necessaria per affrontare gli attuali mercati sempre più globalizzati. Indubbiamente la c.d. transizione digitale già ha cambiato in maniera profonda e decisiva le aspettative ed i comportamenti culturali e le dinamiche di mercato in tutti i settori, e si manifesta in termini di “capacità digitali” in senso lato (anche in termini di canali o asset aziendali) che sono fortemente differenziali rispetto al precedente contesto già di pochi anni fa: per questo si cita spesso il concetto di “digital disruption”. La velocità con la quale gli effetti della digital disruption si sono mostrati in ogni ambito e contesto settoriale, amplificata dalla “globalizzazione” che caratterizza ormai quasi tutti i mercati, ha dimostrato che difficilmente le aziende avranno la possibilità di sopravvivere se non mostrano una rapida capacità di adattamento al contesto evolutivo del mercato. Basti pensare all’accelerazione avuta durante e dopo la pandemia Covid.

Dunque più che un’opportunità, o una leva per le aziende/ manager particolarmente preziosa per i grandi e complessi progetti di trasformazione (post merger integration, turn around, ecc.), l’innovazione attualmente rappresenta l’attitudine indispensabile necessaria per garantire la propria sopravvivenza. L’innovazione si associa molto spesso ad “invenzioni” tecnologiche sofisticate in grado di cambiare completamente un settore di business, ma nel recente passato sono state le innovazioni di processo che più frequentemente hanno cambiato completamente la catena del valore del business anche in mercati consolidati e maturi, ne è un esempio emblematico Uber. A prescindere da ogni considerazione relativa al quadro normativo e regolatorio, dove ciascuno può avere una propria posizione, è certamente evidente come una tecnologia disponibile e diffusa applicata in modo innovativo abbia potuto cambiare un intero settore in modo irreversibile.

La progressiva digitalizzazione delle imprese e la pressione competitiva da parte di aziende provenienti da mercati internazionali obbliga, a mio avviso, le aziende nazionali ad identificare interventi di utilizzo della tecnologia disponibile per rendere il proprio modello di business più solido meno rischioso, rafforzando l’efficacia ed in alcuni casi l’efficienza nel rapporto con il proprio mercato. “L’innovazione di processo”, intendendola nell’accezione più ampia del termine, identifica interventi per favorire l’adozione delle tecnologie disponibili da parte delle aziende per accelerare il proprio processo di digitalizzazione. Ad esempio un ambito che ritengo di grande efficacia per avviare progetti di digitalizzazione, che allo stesso tempo è di relativa facilità di implementazione, è l’applicazione della Robotic Process Automation (RPA) ovvero l’automazione attraverso applicativi di robotizzazione di processi aziendali che possono essere applicati a qualsiasi ambito. Non si tratta necessariamente di un’applicazione di intelligenza artificiale, ma anche solo di rendere automatiche attraverso un software attività operative o di controllo che oggi rappresentano molto spesso attività a basso valore aggiunto. La robotizzazione dei processi ha moltissime valenze es. in alcuni casi rende economicamente sostenibili alcuni controlli di business e quindi più efficace l’impatto sul proprio mercato, in altri casi elimina inefficienze di processo, in attività a bassissimo valore aggiunto. Inoltre rappresenta in alcuni casi anche un più agevole modalità di lettura dei dati di business a fronte di un minore sforzo di integrazione tra sistemi a supporto dell’azienda, in special modo nelle medie aziende.

In azienda la digitalizzazione dovrebbe essere un elemento portante della strategia aziendale, volto a cogliere nuove opportunità o rendere più sostenibili il proprio modello di business, infatti la trasformazione digitale:

  • non consiste esclusivamente nell’implementazione e adozione delle nuove tecnologie, ma rappresenta l’occasione per ripensare il proprio modello di business, renderlo scalabile e migliorarne la competitività
  • consente di sviluppare internamente nuove competenze orami necessarie per competere, creando una cultura aziendale reattiva ai cambiamenti dei propri mercati di riferimento
  • definisce nuove modalità di interazione con il proprio ecosistema (clienti/fornitori), con lo scopo di facilitare la scalabilità del business (es. c.d. “integrazione a monte”)

L’innovazione generata attraverso la trasformazione digitale con l’uso di tecnologia già disponibile, per il fatto che non richiede ingenti investimenti, consente l’utilizzo più efficiente del capitale e quindi una maggiore crescita a parità di risorse investite.

La crescita dimensionale è un tema centrale per la competitività dell’azienda, è opinione oramai diffusa, anche alla luce delle evidenze di mercato, che per competere in una dimensione ormai sempre più globale è certamente necessario avere una dimensione adeguata, intesa come la dimensione che consente ad una impresa di avere la capacità di anticipare nuovi trend ed allo stesso modo di aumentarne la resilienza in momenti di shock improvvisi. Nei momenti di crisi è mostrato dalle evidenze che le aziende leader consolidano ulteriormente la propria posizione competitiva.

Il tessuto tipico del nostro paese è caratterizzato da una presenza maggiore delle Piccole e Medie Imprese (c.d. PMI) rispetto agli altri paesi Europei. La classificazione comunitaria prevede la classificazione delle aziende per numero di addetti mostra che in Italia mostra che sulle ca. 4,2 milioni di imprese nel 2020, quelle con più di 50 addetti sono circa 27’000 e generano il 57% del valore della produzione, il 69% degli investimenti ed impiegano piu del 50% dei lavoratori dipendenti.

I medesimi dati di 5 anni prima mostrano come l’incremento della numerica delle aziende con più di 50 addetti sia cresciuta del 5%, mostrando una crescita percentuale più che doppia in termini degli investimenti lordi in beni materiali e dei lavoratori dipendenti. Interessante sarà avere un confronti con le stesse dimensioni post pandemia covid.

La competitività del nostro Paese è certamente condizionata dalla crescita del tessuto delle imprese nazionali in mercati oramai aperti e globalizzati e certamente le iniziative del Governo volte alla modernizzazione del nostro sistema produttivo vanno in questa direzione.
Sono sicuramente trainanti in questa ottica le aziende medio-grandi capaci anche di creare un indotto ed un ecosistema diffuso ed adeguato per il nuovo contesto competitivo.

Certamente la digitalizzazione delle imprese gioca anche un ruolo chiave per avere per l’export, in questo senso ridurre il gap rispetto agli altri paesi dell’e-commerce nazionale potrebbe rappresentare una leva per favorire la commercializzazione dei prodotti Made in italy e favorire la riprese delle filiere produttive nazionali.

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Irish Data Protection Authority gives € 3.97 billion present to Meta.


L'Autorità irlandese per la protezione dei dati personali consegna a Meta 3,97 miliardi di euro. L'Autorità non sarebbe in grado di valutare i benefici finanziari derivanti dalle violazioni del GDPR da parte di Meta. Il DPC ha chiuso un occhio sui ricavi generati da Meta dalla violazione del GDPR dal 2018. Ignorando la richiesta dell'EDPB di includere le entrate illecite di Meta, ha ridotto la multa di 3,97 milioni di euro. Financial gift for Meta?


noyb.eu/en/irish-data-protecti…



Auguri a tutti gli operatori dell'informazione! Oggi si celebra San Francesco di Sales che 100 anni fa venne proclamato Patrono dei Giornalisti. Ecco i consigli di Pio XI per l'occasione...


OGGI SI CELEBRA SAN FRANCESCO DI SALES CHE 100 ANNI FA VENNE PROCLAMATO PATRONO DEI GIORNALISTI

@Giornalismo e disordine informativo

«Ma vorremmo che da queste solenni ricorrenze precipuo vantaggio ritraessero tutti quei cattolici, che con la pubblicazione o di giornali o di altri scritti illustrano, promuovono e difendono la cristiana dottrina. Ad essi è necessario, nelle discussioni, imitare e mantenere quel vigore, congiunto con moderazione e carità, tutto proprio di Francesco. Egli, infatti, con il suo esempio, insegna loro chiaramente la condotta da tenere. Innanzi tutto studino con somma diligenza e giungano, per quanto possono, a possedere la dottrina cattolica; si guardino dal venir meno alla verità, né, con il pretesto di evitare l’offesa degli avversari, la attenuino o la dissimulino; abbiano cura della stessa forma ed eleganza del dire, e si studino di esprimere i pensieri con la perspicuità e l’ornamento delle parole, in maniera che i lettori si dilettino della verità. Se si presenta il caso di combattere gli avversari, sappiano, sì, confutare gli errori e resistere alla improbità dei perversi, ma in modo da dare a conoscere di essere animati da rettitudine e soprattutto mossi dalla carità. E poiché non consta che il Sales sia stato dato a Patrono dei ricordati scrittori cattolici con pubblico e solenne documento di questa Apostolica Sede, Noi, cogliendo questa fausta occasione, di certa scienza e con matura deliberazione, con la Nostra apostolica autorità diamo o confermiamo, e dichiariamo, mediante questa Lettera Enciclica, San Francesco di Sales, vescovo di Ginevra e Dottore della Chiesa, celeste Patrono di essi tutti, nonostante qualsiasi cosa in contrario.»

Il testo dell'Enciclica Rerum omnium perturbationem, pubblicata da papa Pio XI su San Francesco di Sales

cc @Antonio Spadaro @civcatt@mastodon.uno @Marco Vitale🇻🇦🇮🇹🇪🇺🇺🇦



Bria - Country Covers Vol.2


Bria è una musicista e cantante del gruppo post-punk Frigs e fa parte del gruppo di Orville Peck il famoso crooner country pop uno dei più grandi innovatori moderni del country americano, e nel tempo libero fa dischi deliziosi per conto suo come questo. “Country Covers Vol.2”, pubblicato da Sub Pop Records, è un ep composto da sei piccoli capolavori di rifacimenti di canzoni country in chiave country pop e moderna, fresca e molto valida.

iyezine.com/bria-country-cover…

@Musica Agorà @Poliverso notizie dal fediverso @arte



Investire in Difesa per contare di più nella Nato. Scrive Dreosto (Lega)


Il mutato scenario geopolitico in seguito all’invasione della Federazione Russa dell’Ucraina ha accelerato alcune dinamiche che impongono un rafforzamento della difesa e della sicurezza dell’Italia. La concorrenza strategica proveniente da attori ostili s

Il mutato scenario geopolitico in seguito all’invasione della Federazione Russa dell’Ucraina ha accelerato alcune dinamiche che impongono un rafforzamento della difesa e della sicurezza dell’Italia.

La concorrenza strategica proveniente da attori ostili statuali (e non) è destinata a crescere nei prossimi anni e saremo chiamati ad affrontare delle sfide alle quali non possiamo e non dobbiamo farci trovare impreparati. Queste sfide stanno evolvendo e al contempo stanno divenendo sempre più complesse. Proprio la crisi ucraina ha dimostrato la pericolosità della guerra ibrida poiché accanto a minacce cosiddette tradizionali e prevenienti dai domini classici come quello terrestre, aereo e navale, si sono aggiunte altre tipologie di azioni ostili ibride provenienti dal cyberspazio, dallo spazio o con azioni di interferenza attraverso campagne di disinformazione e propaganda.

Per questo e considerando l’ampliamento del concetto di minaccia alla sicurezza nazionale, è necessario rafforzare le difese sia tradizionali che ibride e armonizzare il sistema Paese proiettato verso l’estero proprio per innovarlo e rafforzarlo.

Considerando la ritrovata nuova centralità del Mediterraneo allargato, quadrante di primario interesse per il nostro Paese, l’Italia si riscopre in una posizione strategica in cui grazie alle missioni all’estero e alla rete diplomatica, ricopre un ruolo chiave per la ricerca della pace e della stabilità in un’area interessata da fenomeni crescenti di destabilizzazione e da conflitti di intensità variabile.

Le missioni di autorevoli esponenti di questo governo – dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ai ministri Matteo Piantedosi (Interno), Antonio Tajani (Esteri) e Guido Crosetto (Difesa) – in aree strategiche per l’interesse nazionale italiano come Algeria, Egitto, Balcani, Tunisia, fanno capire quanta attenzione ci sia da parte di questa maggioranza al fronte Sud della Nato e come sia necessario che noi italiani torniamo ad esercitare un’influenza decisiva in quell’area che fu il Mare Nostrum. Dalla sicurezza dei corridoi per l’approvvigionamento energetico (e qua un occhio di particolare interesse dovrebbe essere rivolto al potenziale del gasdotto Eastmed), ai cavi sottomarini per la trasmissione dei dati ai flussi migratori che possono essere utilizzati da attori ostili come arma per una guerra ibrida, il Mediterraneo è cruciale per la sicurezza non solo del nostro Paese, ma dell’Europa intera. L’Italia ha la possibilità di essere il capofila tra gli alleati per ricoprire un ruolo strategico per la sicurezza di tutti i partner internazionali e per accrescere anche il suo peso specifico nei consessi internazionali e non possiamo perdere questa occasione.

Inoltre, con una struttura organizzativa di esteri e difesa armonizzata e integrata in ambito nazionale – anche con i centri di eccellenza per la ricerca e le università – e internazionale con i nostri partner europei e dell’Alleanza Atlantica, si pongono le basi per inserirsi anche in nuove iniziative industriali – che daranno vita a una rivoluzione tecnologica nei domini classici e in quelli cyber e spazio nonché nell’ambiente cognitivo – per affrontare con competitività le nuove sfide provenienti da ambienti ostili e dalle nuove tecnologie.

In questa direzione va l’inserimento nell’ultima legge di bilancio della partecipazione dell’Italia al fondo Nato Innovation Fund, strumento chiave per investimenti per tecnologie duali rilevanti per la sicurezza dell’Alleanza Atlantica. Esempio che conferma gli impegni assunti dall’Italia in sede internazionale con i partner e alleati. Bene anche i finanziamenti al fondo per l’attuazione della strategia nazionale per la cyber sicurezza, per favorire investimenti per l’autonomia tecnologica e che deve andare di pari passo con il rafforzamento dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale. Come detto, la cyber sicurezza deve essere una priorità per difenderci da attori ostili e da minacce ibride alle quali non possiamo farci trovare impreparati.

Di particolare interesse anche la nascita del Polo nazionale della subacquea. Necessità derivante dalla crescente domanda di protezione delle infrastrutture critiche nazionali sottomarine come i corridoi strategici legati all’approvvigionamento energetico, alla connettività, alla presenza di gasdotti e di dorsali sottomarini per la trasmissione del traffico dati e che come tali devono essere sorvegliati e protetti.

Ma più in generale, vorrei evidenziare come sia necessario anche aprire una riflessione su come coniugare al meglio gli aiuti per il sacrosanto diritto di autodifesa dell’Ucraina con il mantenimento degli strumenti tecnologici e high-tech necessari per la difesa territoriale dell’Italia. Alcuni, prima del 24 febbraio, caldeggiavano gli smantellamenti delle forze armate e consideravano estinta un minaccia militare esterna mentre ora è chiaro a tutti – o almeno dovrebbe esserlo – l’importanza di continuare ad avere un esercito, un’aeronautica e una marina capaci di saper proteggere il Paese e reagire ove e quando necessario, con tutti i sistemi e gli strumenti di ultima generazione. Ecco che l’investimento nel comparto Difesa si è riscoperto cruciale e, come detto, è necessario aprire anche un dibattito sui tempi di rimpiazzamento degli armamenti che decidiamo di offrire e magari lavorare alacremente per completare la dotazione di sistemi di difesa nazionali. È necessario dare impulso e accelerare la produzione di strumentazioni strategiche e di alto livello tecnologico per la Difesa nostra, dell’Alleanza Atlantica e per dare più incisività ai nostri contingenti militari all’estero.

Per cui bene investire in Difesa ma attenzione a farlo in maniera sinergica e strutturata per evitare che parte degli sforzi risultino vani. Penso e ritengo che una maggiore collaborazione a livello europeo sia auspicabile ma sempre rimarcando una fondamentale cooperazione con l’Alleanza Atlantica e con gli alleati d’oltreoceano. Se si chiede di essere ascoltati e avere una voce in capitolo all’interno della Nato è necessario che il costo di questa non pesi solo sulle spalle di alcuni. È necessario che l’Italia faccia la propria parte, anche dal punto di vista economico. Investire in Difesa significa rispettare i patti presi con i partner internazionali e dimostrarsi affidabili, puntare su innovazione e ricerca tecnologica e garantire anche gli aspetti occupazionali.


formiche.net/2023/01/investire…



Oggi si celebra la quinta Giornata Internazionale dell’Istruzione, proclamata nel 2018 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.


In Cina e Asia – Evergrande, Hui ha perso il 93% del proprio patrimonio


In Cina e Asia – Evergrande, Hui ha perso il 93% del proprio patrimonio evergrande
I titoli di oggi:
Evergrande, Hui perde il 93% del proprio patrimonio
Cina, il professore Yan invita gli studenti a studiare il periodo maoista
Afghanistan, arrestati cittadini cinesi sospettati di contrabbando di litio
Bangladesh, non si arrestano le violenze contro l'opposizione
Myanmar, scontri durante le ispezioni in vista delle elezioni

L'articolo In Cina e Asia – Evergrande, Hui ha perso il 93% del proprio patrimonio proviene da China Files.



Data Protection Authorities support noyb's call for fair yes/no cookie banners


Le autorità per la protezione dei dati sostengono l'appello di noyb per la creazione di banner per i cookie "sì/no" corretti Una task force del Comitato europeo per la protezione dei dati (EDPB) ha pubblicato una bozza di relazione in risposta alle 700 denunce di cookie banner da parte del Noyb. Cookie Banners


noyb.eu/en/data-protection-aut…



Sembra incredibile, ma in Florida i bibliotecari dovranno rendere inaccessibili i libri che non sono stati sottoposti a controllo da parte delle autorità!


FLORIDA - I BIBLIOTECARI DEVONO RENDERE INACCESSIBILI I LIBRI CHE NON SONO STATI SOTTOPOSTI A CONTROLLO DA PARTE DELLE AUTORITÀ!

@L’angolo del lettore

Agli insegnanti della Florida è stato detto di rimuovere i libri dalle biblioteche di classe o rischiare un'azione penale

Agli insegnanti della contea di Manatee, in Florida, viene detto di rendere inaccessibili agli studenti le biblioteche delle loro classi - e qualsiasi altro libro "non controllato" - o rischiare un'azione penale. La nuova politica fa parte di uno sforzo per conformarsi alle nuove leggi e regolamenti sostenuti dal governatore Ron DeSantis (R). Si basa sulla premessa, promossa da gruppi di difesa di destra, che insegnanti e bibliotecari usano i libri per "pulire" gli studenti o indottrinarli con ideologie di sinistra.

Kevin Chapman, il capo del personale del distretto scolastico della contea di Manatee, ha dichiarato a Popular Information che la politica è stata comunicata ai presidi in una riunione mercoledì scorso. Le singole scuole stanno ora informando gli insegnanti e altro personale.

Gli insegnanti della contea di Manatee hanno lamentato la notizia sui social media. "Il mio cuore è spezzato per gli studenti della Florida oggi perché sono costretto a fare le valigie nella mia biblioteca di classe", ha scritto su Facebook un insegnante di Manatee.

cc @Libri - Gruppo Forum @Scuola - Gruppo Forum

Di Judd Legum su popular.info
- CONTINUA

in reply to Andrea Russo

@marcell_o
Il cane pastore dei thread è meraviglioso.
Una immagine meravigliosa davvero.
🙂

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Unknown parent

friendica (DFRN) - Collegamento all'originale
Andrea Russo
@Ronnie Con La V ☕︎ non lo sapevo. De Santis comunque è sempre quello che minacciava di togliere benefici fiscali alla Disney perché i suoi dirigenti avevano contestato la sua schifosa legge "Don’t say gay"

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#uncaffèconluigieinaudi ☕ – Questo è il compito storico e permanente…


Questo è il compito storico e permanente […] della città industriale: consentire all’uomo di dedicare la maggior parte del suo tempo a procacciarsi i beni d’ozio, i beni che sono connessi con fini proprii della vita; e poiché i fini della vita sono varii
Questo è il compito storico e permanente […] della città industriale: consentire all’uomo di dedicare la maggior parte del suo tempo a procacciarsi i beni d’ozio, i beni che sono connessi con fini proprii della vita; e poiché i fini della vita sono varii e infiniti, vario e ricco e infinito è il campo a cui l’ingegno umano può applicarsi, in maniere genialmente diverse e tutte attraenti e tutte liberamente scelte, per fornire i beni d’ozio


da Dell’uomo, fine o mezzo, e dei beni d’ozio, «Rivista di storia economica», settembre-dicembre 1942

L'articolo #uncaffèconluigieinaudi ☕ – Questo è il compito storico e permanente… proviene da Fondazione Luigi Einaudi.


fondazioneluigieinaudi.it/unca…



Guerra in Ucraina: USA e Russia vogliono la pace?


Mi riesce difficile valutare fino a che punto certi comportamenti dei politici europei e non rispondano a razionalità o solo all’impulso del momento. Ormai, mi sembra di assistere ad uno spettacolo che va avanti da sé, senza più un vero autore e con gli attori scompaginati e disattenti, incapaci di capire, forse non (più) intenzionati […]

L'articolo Guerra in Ucraina: USA e Russia vogliono la pace? proviene da L'Indro.



Primavera in anticipoNel 2023 l’eurozona eviterà la recessione: è quanto emerge dall’ultimo sondaggio tra esperti condotto da Consensus Economics.


Senza carri, per Kiev la strada è il dominio aereo. L’opinione del gen. Tricarico


Tra le tante anomalie dottrinarie che il conflitto russo ucraino sta elargendo a piene mani, una in particolare sta mettendo radici diffuse che rischiano di divenire profonde, irreversibilmente: quello dei carri armati ad alta efficacia come unica soluzio

Tra le tante anomalie dottrinarie che il conflitto russo ucraino sta elargendo a piene mani, una in particolare sta mettendo radici diffuse che rischiano di divenire profonde, irreversibilmente: quello dei carri armati ad alta efficacia come unica soluzione per liberare i territori invasi dagli omologhi carri russi. Una valutazione questa quantomeno parziale se non proprio errata.

Ormai la peculiare situazione di scenario dovrebbe far comprendere che il bandolo della matassa sta nell’acquisizione della superiorità aerea. E che come al solito una confrontazione militare non può iniziare senza acquisire il controllo dei cieli; nel caso ucraino non pare un risultato complicato, stante l’improbabilità che i russi possano contare sul governo indisturbato degli spazi aerei annessi, come avvenuto per i territori sottostanti.

Se quindi, come è ragionevole pensare, Zelensky è ancora padrone dei propri spazi aerei o ne può acquisire il controllo con contenuto impegno, i mezzi migliori per liberarsi dai carri armati, i più efficaci e soprattutto più sicuri sono quelli aerei, come elicotteri da combattimento, droni e, qualora se ne potesse creare la disponibilità, le cannoniere volanti, vere e proprie armi micidiali in quei contesti contro bersagli mobili, i cosiddetti target di opportunità.

Con rispetto alle dovute differenze – ma solo dimensionali, non certo qualitative – nel conflitto dei Balcani del 1999, i carri serbi furono neutralizzati uno ad uno degli A10, dagli F16 e dai droni ancora agli albori dell’uso militare, che venivano appunto utilizzati per la ricerca e per “l’illuminazione laser” dei bersagli contro cui avrebbe fatto fuoco un velivolo in abbinamento cooperativo al drone. E nei Balcani i primi giorni (due o tre non di più, se non ricordo male) furono dedicati all’acquisizione della superiorità aerea, che fu poi agevole mantenere per tutta la durata del conflitto.

In altre parole, l’esercito ucraino dovrebbe neutralizzare, ammesso che ve ne siano, i sistemi di difesa aerea che i russi dovessero aver predisposto nell’area. Bonificata la quale, non comporterebbe rischi eccessivi il mettersi alla ricerca dei carri russi e di altri bersagli, facendo affidamento su una intelligence sul terreno che sicuramente non manca o su quella che i Paesi alleati stanno fornendo con continuità, puntualità e dovizia di dettagli.
Inoltre, da parte Ucraina, andrà fatta una scelta inevitabile a salvaguardia o meno degli equipaggi di volo: tener conto o trascurare la minaccia contraerea con i missili portatili all’infrarosso? Si tratta di sistemi di difficile individuazione e pertanto rischiosi per i piloti ucraini fino ad una quota di cinquemila metri circa. Si dovrà vietare ai piloti a volare sotto questa quota o si accetterà il rischio di scendere di quota di volta in volta e rischiare di incappare in un missile all’infrarosso?

Questa è la strada che mi sentirei di suggerire e di strutturare agli amici ucraini, con l’aiuto di tutti, magari a integrazione di un irrobustimento della componente terrestre e bypassando cosi il poco comprensibile e tanto meno condivisibile ostacolo tedesco.


formiche.net/2023/01/carri-kie…