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di Antonello Patta* - Il governo Meloni prosegue le politiche che scaricano i costi delle crisi in atto, della guerra e delle sanzioni sulle classi lavoratri


Intelligenza Artificiale: un’Introduzione Storica


L’Intelligenza Artificiale sta cambiando profondamente il nostro modo di vivere e lavorare. Non si tratta di un semplice salto tecnologico, ma di una rivoluzione paragonabile a quella industriale. Nulla sarà più come prima. L’intelligenza artificialeContinue reading

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Il gigante dei browser Mozilla decolla con Mastodon

@Che succede nel Fediverso?

Con Mozilla, un nuovo, grande player sta sbarcando sul Fediverso. Anche altre società e piattaforme stanno lavorando a tali progetti. Il suo ingresso potrebbe potenziare e dare Maggiore risalto a #mastodon e a tutti gli altri software del #fediverso

Il post completo



#NotiziePerLaScuola

"Promozione del libro e della lettura": approvate le graduatorie relative alle scuole Capofila per l'iniziativa "Che storia! La lettura come ponte tra scuola e famiglia", ammesse al finanziamento.

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AFRICA. Etiopia, la pace con il Tigray per fare la guerra all’Eritrea


L’Etiopia. il paese più filoccidentale della regione, diventa pedina nel risiko mondiale col fine di contrastare la “cinese” Eritrea L'articolo AFRICA. Etiopia, la pace con il Tigray per fare la guerra all’Eritrea proviene da Pagine Esteri. https://pagi

di Lorenzo Scategni*

Pagine Esteri, 5 maggio 2023 – “Se vuoi la guerra, prepara la pace!”. Sembrerebbe questa la paradossale regola secondo cui in Etiopia si procede ad un accordo di pace tra governo centrale e i leaders del Tigray, regione etiope al confine con l’Eritrea.

Sono ormai due anni che è in atto un ferocissimo confronto armato tra l’esercito governativo e la comunità di etnia tigrina, guerra che non ha avuto regole né pietà e che ben presto si è allargata anche ad altre regioni e altre comunità del paese, come ad esempio quella degli Oromo, e ha mietuto sino ad oggi 800 mila vittime e 2 milioni e mezzo di sfollati, di cui oltre 50 mila rifugiati in Sudan, intrappolati da poche settimane in un’altra sanguinosa guerra civile.

Negli ultimi mesi, molti segnali fanno concretamente sperare che le ostilità stiano cessando e che si voglia siglare una pace duratura, che permetta nuove elezioni nella regione del Tigray, il rilascio dei reciproci prigionieri di guerra e, probabilmente, il disarmo dell’esercito tigrino. Se il percorso di pace fa ben sperare, preoccupazione suscita il motivo per cui esso sembra essere stato intrapreso. Fonti ben informate dall’interno della comunità tigrina ci avvisano, infatti, che questa pace serve a entrambi i contendenti perché il governo Etiope avrebbe in programma una nuova guerra contro l’Eritrea, per la quale gli esperti combattenti tigrini possono tornare molto utili.

Il governo di Asmara, servendosi di una paradossale e interessata alleanza con il presidente etiope Abiy Ahmed Ali, aveva partecipato alla guerra contro il Tigray, entrando col proprio esercito nella regione Etiope, col doppio fine di annientare i combattenti tigrini, che si distinsero durante la storica guerra tra Etiopia ed Eritrea, e cercare, per eliminarli, tutti coloro che per ragioni politiche sono fuggiti dal rigidissimo regime eritreo per rifugiarsi in Tigray. L’esercito di Asmara è ancora presente in terra tigrina, anche se si sta lentamente ritirando via via che le ostilità vanno scemando.

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Per capire cosa è cambiato durante questi due anni tanto da spingere a una rapida pace e alla preparazione di una nuova guerra, dobbiamo ricordare che il conflitto Ucraina-Russia ha sconvolto gli equilibri non solo in Europa, ma in tutto il mondo, coinvolgendo e sconvolgendo in particolare l’Africa centro-settentrionale, tanto fragile nei suoi assetti interni tanto ricca di risorse che fanno gola ai grandi competitors mondiali: Stati Uniti, Russia e Cina.

Il bisogno di oro e terre rare da parte dei grandi della terra aveva creato già situazioni di conflitti interni in Repubblica Centrafricana, dove le miniere principali sono in mano alla Cina, e in Ciad. Da poche settimane questa esigenza ha scatenato una guerra civile che è e sarà devastante in Sudan. Il materiale estratto, però, deve essere anche trasportato e per questo servono porti sicuri sul Mar Rosso. L’Eritrea, il cui regime è talmente vicino alla Cina da definire questo Stato la Corea del Nord africana, rappresenta lo sbocco sul mare più importante.

L’Etiopia, allora, da paese più filoccidentale della regione, diventa pedina nel risiko mondiale col fine di contrastare la “cinese” Eritrea in una guerra che si spera possa essere ancora scongiurata. Se così non fosse, il famoso motto di Vegezio “Se vuoi la pace prepara la guerra” invertirà i suoi complementi oggetti, scatenando non solo un nuovo paradosso logico, ma anche un vortice reale nel quale saranno risucchiati chissà quanti innocenti per chissà quanto tempo. Pagine Esteri

*Lorenzo Scategni è un volontario italiano a Khartoum e un analista per l’Africa orientale

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Brezza - Dialogue Mapping


Brezza è il nome del nuovo inizio per Fabio che in questi ultimi tre anni ha prodotto molto e ricomincia da qui. "Dialogue mapping" è un disco di ambient elettroacustico, nato prendendo le mosse dall'improvvisazione dal vivo alla quale si aggiungono poi elementi diversi, come quando si disegna e si aggiungono linee, oggetti, persone e anche assenze e ombre.

#ambient #liveimpro #brezza #eniac #dialoguemapping #electronic #ambient #drones #electro-acoustic #electronica #glitch


iyezine.com/brezza-dialogue-ma…



🎶 #PerChiCrea è un programma promosso dal MiC e gestito da SIAE per favorire la creatività e la promozione culturale nazionale ed internazionale dei giovani.


In Cina e Asia – Qin Gang visita il Pakistan


In Cina e Asia – Qin Gang visita il Pakistan pakistan
I titoli di oggi:

Dopo il summit Sco in India, Qin Gang visita il Pakistan
La Cina invita alla calma dopo l’attacco compiuti da droni contro il Cremlino
Sgominata una rete web che dalla Cina promuoveva fake news
Rapporto cinese: "La CIA ha cercato di rovesciare 50 governi stranieri"
Usa e Filippine annunciano nuove linee guida militari

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La nuova diplomazia cinese, e i suoi margini


La nuova diplomazia cinese, e i suoi margini politica estera
“L’avvenire della civiltà dipende dal compito che i cinesi si assumeranno in questo secolo.” La profezia di Benito Mussolini potrebbe avverarsi con cento anni di ritardo. O almeno questo è quello che sembra pensare il gruppo dirigente di Pechino. Dopo tre anni di stallo, dedicati a perseguire la politica “Zero Covid”, la Cina si è riaffacciata al mondo con una ...

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Infetti


Guardate fuori dal finestrino, se vi trovate a passare per il Salento: vedrete i mostri d’Italia. Osservate la devastazione, sappiate che proseguirà e fate uno sforzo di memoria, in questo Paese che sembra non avere mai un passato: provate a ricordare il

Guardate fuori dal finestrino, se vi trovate a passare per il Salento: vedrete i mostri d’Italia. Osservate la devastazione, sappiate che proseguirà e fate uno sforzo di memoria, in questo Paese che sembra non avere mai un passato: provate a ricordare il nome di chi ne è responsabile. Ne indicherò alcuni, ma la filiera del cialtronismo è lunga. E non si limita a quel che è successo e sta succedendo qui, va ben oltre. Sono i mostri d’Italia.

In Puglia 21 milioni di magnifici ulivi sono contagiati dalla Xylella fastidiosa (un batterio che chiude i vasi linfatici e li essicca): 41mila sono già morti. Nella sola provincia di Lecce sono andate perse 3 olive su 4. Sono infetti 8mila chilometri quadrati: il 40% della Puglia, secondo i calcoli della Coldiretti. Altre fonti ne contano assai di più. Dal finestrino non saprei dire, anche perché si appannano gli occhi. La devastazione è produttiva, economica, culturale, paesaggistica, turistica. E non è finita, perché Xylella è ancora lì. Inutile aggiungere che i soldi stanziati per reimpiantare sono ancora intonsi: domande superiori alle disponibilità, che però restano nel cassetto.

Chi voglia farsi un’idea dello scempio può leggere il libro di Daniele Rielli (“Il fuoco invisibile”). Si stenta a credere che sia potuto veramente succedere. Per chi va di fretta qualche breve ricordo può essere utile. Quando il batterio cominciò a colpire (2012) c’era da adottare subito un rimedio, capace di limitare moltissimo il danno: esaminare le piante ed eradicare le infette e quelle a rischio. Doloroso, ma salvifico. Invece si negò l’esistenza del batterio. Roba da totali cretini. S’andò avanti con detti popolari del tipo che l’ulivo non muore mai e si riprende sempre, che poi sono detti da chi con gli ulivi non ha mai avuto a che fare. Si sostenne che era un complotto, si chiese e ottenne l’intervento della magistratura. Ancora prima del Covid s’erano fatte le prove generali del negazionismo antiscientifico. Ed ecco i nostri eroi.

Beppe Grillo: «La Xylella fastidiosa è una gigantesca bufala». Chiesero anche una commissione parlamentare d’inchiesta, sulla bufala, lanciarono messaggi social a raffica con sotto la scritta «Condividete». E gli sventurati condivisero.

Un quotidiano scandalosamente scandalistico (Fatto e rifatto) faceva scrivere espertoni secondo cui si doveva guardare semmai alle «frequenze vibrazionali distruttive prodotte dall’inquinamento». Che ancor si dovrebbe vibrare d’indispettita indignazione.

Quando la Corte di giustizia europea sentenziò l’ovvio, peraltro sulla scorta di studi seri e scientifici fatti da italiani – ovvero che si dovesse provvedere a eradicare in fretta, altrimenti sarebbe successo quel che è poi successo – non si fece attendere Matteo Salvini: «Maledetta Unione Sovietica Europea! Ordina di abbattere gli ulivi in Puglia anche se non ancora malati di Xylella. Il prossimo obbligo sarà sradicare i vigneti nel Chianti o in Veneto??». E giù sguardi di furba e divertita intesa: anche oggi gliel’ho cantata.

Insuperabile Michele Emiliano: «Da quattro anni la Xylella è ferma, caso vuole che io sono presidente da quattro anni». Dove il problema non è nel credersi meritevole di onorificenza antibatterica, ma nel credere che il batterio fosse fermo. Il presidente della Regione più devastata non aveva la minima cognizione, lo pensava inerte e s’ergeva a difensore degli ulivi.

Guardate fuori dal finestrino, pensate alle facce loro e a quelle di attori e cantanti accorsi a manducare una fetta di torta complottista e antisistemica. Pensate al loro conformismo che pretende d’essere anticonformista, alla loro lucida deficienza, al loro remunerato disinteresse, pensate alla destra che li cavalca per antieuropeismo e alla sinistra che li accudisce per popolarismo antipopolare. Guardateli e guardate gli ulivi. Guardateli bene. Perché se non riuscite a capire farete la stessa fine.

La Ragione

L'articolo Infetti proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Equilibrio e stabilità. Le parole chiave dell’Esercito secondo Serino


L’Esercito italiano è la Forza armata più antica del nostro Paese. Nato appena un mese dopo l’Unità d’Italia, ne ha seguito da protagonista tutte le vicende storiche, fino a oggi, dov’è chiamato ad affrontare le sfide di uno scenario sempre più complesso.

L’Esercito italiano è la Forza armata più antica del nostro Paese. Nato appena un mese dopo l’Unità d’Italia, ne ha seguito da protagonista tutte le vicende storiche, fino a oggi, dov’è chiamato ad affrontare le sfide di uno scenario sempre più complesso.

Generale, il 4 maggio l’Esercito italiano compie 162 anni (qui la gallery). Che lezioni ci arrivano dalla sua lunga storia?

Mi permetta di fare una doverosa precisazione. Il 4 maggio 1861 l’Esercito assume il nome di Esercito italiano, a caratterizzare il legame con il nuovo Regno d’Italia e, soprattutto, l’appartenenza agli italiani. Noi celebriamo questa data come momento fondante, pur conservando forte il legame con la tradizione militare preunitaria perché facciamo dell’appartenenza agli italiani, di tutti, senza distinzione, il nostro valore più forte.

Il rapporto tra cittadini ed Esercito non è mai mancato, neanche nei momenti più bui e tragici. Tra pochi mesi ricorderemo gli ottant’anni della difesa di Roma e delle Quattro giornate di Napoli. In quei giorni, soldati dell’Esercito (e delle altre Forze armate) e cittadini gettarono insieme semi valoriali importanti per la nascita dell’Italia di oggi. La prima lezione è proprio questa: preservare forte e saldo il legame tra gli italiani e il loro esercito. La seconda lezione, più professionale, è l’importanza di guardare al progresso tecnologico, perché se i principi dell’arte militare da millenni sono i medesimi, gli strumenti e le modalità operative sono in continuo divenire. Alla fine del XIX secolo l’Esercito fu protagonista di innovazione: mi vengono in mente gli esperimenti sull’uso della radio e delle aeronavi. Dobbiamo tornare a esserlo, protagonisti dell’innovazione, perché ne abbiamo la capacità e la necessità.

Con la guerra alle porte dell’Europa, è riemersa la centralità dello strumento militare terrestre nel sistema di Difesa nazionale. Dopo anni concentrati in missioni di pace e operazioni anti-terrorismo, come si deve preparare l’Esercito a questo “ritorno” a scenari più convenzionali?

Un capo di Stato maggiore dell’Esercito di qualche anno fa ci diceva: “Le operazioni convenzionali sono le più complesse e le più difficili. Se sai fare quelle, sai fare tutto”.

Per prepararsi al convenzionale ci vogliono sistemi d’arma allo stato dell’arte e tanto addestramento. Negli ultimi anni, per scelte di contingenza, sono mancati gli uni e l’altro. Per quanto riguarda l’ammodernamento dei mezzi e degli equipaggiamenti, bisogna avviare quanto prima i programmi che l’Esercito ha individuato nel 2022 e sinteticamente illustrato in “Esercito 4.0”.

Le parole-chiave sono equilibrio e stabilità. L’equilibrio è necessario perché se non è possibile fare tutto in parallelo, non possiamo neanche farlo in serie, una cosa alla volta. Alcune capacità essenziali devono ammodernarsi da subito. La stabilità serve nelle risorse e nella programmazione, che deve conservare anche coerenza capacitiva e industriale. Per quanto riguarda l’addestramento, ci vogliono poligoni e soldi. In questo settore siamo indietro e il Paese nella sua interezza deve prenderne coscienza. È un argomento che non appassiona, e infatti poco leggo sull’argomento, ma un equipaggio carri ben addestrato vale quanto e più del carro stesso.

Oggi l’Esercito è presente in tutti i principali scenari di riferimento italiani e alleati. Dai Paesi baltici al Medio Oriente e il Mediterraneo allargato, passando per il fianco orientale, i soldati italiani sono schierati in un arco geografico la cui ampiezza si avvicina a quello della Seconda guerra mondiale. Qual è l’importanza di questa presenza internazionale?

La presenza dell’Esercito in tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo allargato è segno che la politica di sicurezza e difesa dell’Italia non insegue le mode, ma l’interesse nazionale. Ovviamente il merito non è nostro ma dei governi che si sono susseguiti. Il Paese ha bisogno di stabilità verso est, guardando anche all’est vicino e all’Artico, e verso sud-est: Africa e vicino e Medio Oriente. Garantire una presenza qualificata in tutte queste regioni richiede un grande sforzo, sia da parte del personale sia delle strutture organizzative, ma siamo pienamente consapevoli che dobbiamo esserci. Un aiuto potrà darcelo la rapida attuazione delle deleghe contenute nella legge 119 del 2022, votata da tutti gli schieramenti politici, in merito a incrementi numerici di personale militare e riserve. Dal canto nostro, come peraltro stanno facendo altri eserciti Nato, vogliamo dedicare alcune unità convenzionali alla Security force assistance e alla Military assistance, il cui ruolo continua e continuerà a crescere.

L’attuale scenario di insicurezza e fragilità globale richiede anche che l’Esercito abbia a disposizione mezzi all’avanguardia che le permettano di agire nei moderni scenari operativi. Come dovranno essere i mezzi terrestri di domani?

I mezzi del futuro Esercito dovranno essere coerenti con un approccio che introduco in esclusiva per Airpress: così come il joint è stato soppiantato dal multidominio, così il Combined arms dovrà essere soppiantato dal Cooperative systems.

I nuovi mezzi della Forza armata dovranno essere ideati e progettati per cooperare tra loro e generare effetti in più domini e più dimensioni. Apripista in questa ottica potranno essere il Nees A-249 e l’altro progetto che vorremmo come Forza armata avviare quanto prima, coinvolgendo tutte le industrie nazionali del comparto difesa: il futuro Aics (Armored infantry combat system) dell’Esercito.

Il collante per il Cooperative system è un’architettura C5I (Comando, controllo comunicazioni, computer, cyber e informazioni) distribuita su tutte le piattaforme, realmente aperta a integrare nel tempo ogni futura innovazione tecnologica.

In uno scenario multidominio come quello attuale, la dimensione terrestre non si limita alla superficie del suolo. Fondamentale sarà infatti lo sviluppo di sistemi all’avanguardia anche nel campo della difesa contraerea e dell’ala rotante. Quali caratteristiche dovranno avere queste componenti dell’Esercito del prossimo futuro?

Esercito 4.0 individua la manovra dalla terza dimensione e la difesa integrata come due elementi fondamentali dello strumento terrestre futuro. Entrambe garantiranno la piena efficacia se sapremo avvalerci delle potenzialità offerte dall’automazione e dall’intelligenza artificiale (IA), per rendere tempestivo l’intervento dei diversi sistemi di cui queste capacità saranno dotate.

Con riferimento alla difesa integrata (contraerea è limitativo) bisognerà disporre di sistemi cinetici e non, letali e non letali, in grado di difendere uomini, mezzi da combattimento e dispositivi da ogni ipotizzabile minaccia che provenga dall’alto. Individuare, identificare, tracciare e ingaggiare è un processo che deve diventare sempre più veloce e discriminante, e qui c’è spazio per IA e automazione. La cooperazione con l’Aeronautica nella gestione dello spazio aereo sarà altrettanto essenziale, irrinunciabile.

Nel settore degli elicotteri, osserviamo con interesse le nuove tecnologie che, garantendo diverse caratteristiche ai profili di volo (raggio d’azione, velocità, manovrabilità), dovranno essere tra loro complementari, anche in riferimento ai diversi scenari e missioni nei quali l’Esercito potrà essere chiamato a confrontarsi. Non posso non ribadire che, quali che siano le future macchine, tutte dovranno avere una comune architettura C5I, comune anche ai sistemi più propriamente terrestri. È qui che si gioca l’efficacia e la rilevanza dell’Esercito nel futuro.

Gli attuali campi di battaglia sono caratterizzati sempre più dalle nuove dimensioni operative, lo spazio e, soprattutto, il cyber. In che modo si sta preparando l’Esercito a queste sfide?

Già quattro anni fa, nell’ambito del Comando trasmissioni, è stato costituito il Reparto sicurezza cibernetica, con l’obiettivo da un lato di formare specialisti nel campo e dall’altro di esplorare rischi e opportunità di questo nuovo dominio operativo, che poi tanto nuovo non è. Nel 2010, rientrando dagli Stati Uniti, dove l’Us Army aveva da pochissimo costituito l’Army cyber command, trovai degli embrionali nuclei di controllo e monitoraggio delle reti informatiche associati ai Centri sistemi C4 Esercito di Roma e di Padova, dove sono cresciute competenze ora al servizio dell’intero Paese.

La nostra attenzione, oltre alla doverosa sicurezza dei nostri sistemi C5I, è rivolta anche al mondo Internet of things (Iot), l’Internet delle cose, che sta entrando anche nella vita dei comuni cittadini, per esempio attraverso il controllo da remoto degli elettrodomestici. Qui non esistono praticamente confini e le esigenze di sicurezza sono fortissime.

La realtà cyber è un mondo dove, al fianco della competizione tecnologica, sta diventando altrettanto spietata la competizione per la risorsa umana. Per l’Esercito si tratta non solo di un rischio, ma anche di una opportunità, se sapremo valorizzare la predisposizione innata dei militari a formare al proprio interno le competenze di cui ha bisogno.

Fondamentale per lo sviluppo di nuove tecnologie e piattaforme sarà il rapporto con il mondo dell’industria e della ricerca. In che modo va valorizzato questo legame?

Potrei dire: proseguendo il lavoro avviato tanti anni fa. In questo rapporto, il ruolo del mondo in uniforme deve essere quello del cliente, allo stesso tempo esigente e collaborativo. In questo rapporto simbiotico di crescita e di stimolo vedo anche la presenza importante del mondo accademico. Come ho affermato in apertura, l’Esercito deve tornare protagonista di innovazione, ma vanno anche superate talune ritrosie ideologiche, figlie delle tragedie europee del XX secolo, nell’affrontare tematiche legate ai sistemi militari.

Dal punto di vista pratico, una grande opportunità risiede nel rendere permanente l’attività di sviluppo dei sistemi militari, quello che in Forza Nec veniva definito approccio a spirale: mentre si produce la variante 1, si studia, si progetta e si valida operativamente la variante 2. Nulla di nuovo, ma talvolta le best practice si perdono. È lapalissiano che per questo c’è bisogno di un’industria nazionale di settore con cui collaborare. Per questo sostengo dall’inizio del mio mandato che nel comparto industriale italiano che si occupa di difesa c’è bisogno di “terrestre”.

Oggi si stanno gettando le basi per quello che sarà l’Esercito di domani. Con 162 anni di storia, qual è il messaggio che vuole lanciare alle future generazioni di soldati?

Ai giovani allievi delle nostre scuole e accademie dico di appassionarsi al futuro e di amare il passato. La storia ci regala, se sappiamo leggerla, le esperienze di cento, di mille vite. Null’altro ci può fare un dono più grande.

Invito i futuri soldati dell’Esercito, di ogni grado, ruolo e categoria, a coltivare e mantenere la coscienza del nostro ruolo. Nelle emergenze gli italiani ci guardano, spesso utilizzando “Esercito” come sinonimo di “Forze armate”, a testimonianza di una fiducia profonda.

Non possiamo e non dobbiamo deluderli.

(Intervista pubblicata sul numero 143 della rivista Airpress)


formiche.net/2023/05/intervist…



“Il wokeismo ha una tendenza autoritaria”. Parla la prof minacciata dai trans


Kathleen Stock racconta perché ha deciso di dare le dimissioni come docente dell’Università del Sussex dopo le minacce ricevute dai trans “Ho trovato molto deprimente essere minacciata e attaccata per aver espresso argomentazioni filosofiche a favore dei

Kathleen Stock racconta perché ha deciso di dare le dimissioni come docente dell’Università del Sussex dopo le minacce ricevute dai trans

“Ho trovato molto deprimente essere minacciata e attaccata per aver espresso argomentazioni filosofiche a favore dei diritti delle donne”. Kathleen Stock, che oggi terrà una lezione sui diritti presso la Scuola di Liberalismo della Fondazione Einaudi, descrive così la vicenda che l’ha portata a dare le dimissioni da docente di filosofia all’Università del Sussex.

Professoressa, lei è una attivista femminista sposata con una donna. Com’è possibile che la situazione sia degenerata così tanto da indurla a dimettersi?
“È una situazione strana, soprattutto perché la maggior parte delle persone che mi criticano si definirebbero femministe (hanno una concezione diversa del femminismo, e delle donne da quella che ho io, però). C’è una forte tendenza autoritaria e illiberale all’interno del cosiddetto progressismo o wokeismo, purtroppo”.

Perché in GB, quando si parla di LGBT, c’è sempre un clima così teso? Perché il “dissenso” non è ammesso?“In parte è perché nei luoghi di lavoro, comprese le università, attraverso il sistema della burocrazia è ormai diffuso un insieme di idee, radicale e ristretto, sull’identità trans e sulla femminilità. Gruppi di lobbisti e attivisti che affermano di rappresentare le persone LGBT, hanno fatto pressione e incentivato il governo, i partiti politici e le istituzioni nazionali a portare le loro idee all’interno della politica e delle leggi. Ciò ha avuto effetti negativi sugli spazi delle donne, nello sport e sulle risorse a loro dedicate, poiché ora i maschi, potendosi “auto-identificare” come donne, possono accedervi. Non è stato fatto democraticamente, né è stato sufficientemente discusso. Molti uomini gay, molte lesbiche e persino persone transessuali non sono d’accordo con queste idee radicali, ma il dissenso è descritto come “transfobico” o “bigotto”. Si presume che, se si mettono in discussione queste idee, si odiano le persone trans. In realtà, non è così”.

In Italia la principale forza di maggioranza, FdI, lotta contro “la teoria gender”. Le opposizioni dicono che tale teoria non esiste. Che cosa ne pensa?“Quando la destra parla di “gender theory” intende tutta una serie di idee, con alcune delle quali sono d’accordo e con altre no. Non sono un conservatore, e per esempio penso che le donne dovrebbero avere gli stessi diritti degli uomini sul posto di lavoro, credo nel matrimonio gay (sono una lesbica sposata con una donna). Non sono d’accordo sul fatto che gli uomini dovrebbero essere in grado di auto-identificarsi negli spazi o nelle risorse delle donne, o che ai bambini vengano somministrati farmaci che ne alterino la vita, sulla base di una confusione di identità che può essere temporanea. Mi sconforta che, in nome della sinistra “progressista”, idee così folli stiano guadagnando potere, perché è un regalo ai politici di destra come Meloni. Ciò permette a lei e al suo partito di usare questo tema come scusa per ridurre i diritti delle donne e degli omosessuali, per esempio. Me ne rammarico. Succede anche in Ungheria, in Turchia e in Russia, per esempio. Le idee radicali di una minoranza vengono utilizzate per rendere la vita difficile alla maggioranza, molto più moderata, delle persone LGBT”.

Quel che sta succedendo in Gran Bretagna mina la libertà d’espressione?“Sì, le università dovrebbero essere luoghi in cui le idee controverse possono essere analizzate e discusse, e il libero pensiero può esistere”.

Cosa pensa, invece, della vicenda della professoressa inglese a cui non è stato rinnovato il contratto e che ha persino subìto un procedimento disciplinare per aver salutato le sue alunne dicendo “Ciao ragazze”?“Penso che sia ridicolo. L’attenzione generale all’interno del femminismo woke di concentrarsi su forme appellative (compresi i pronomi, dicendo “signore e signori” ecc.) è una distrazione dai veri squilibri di potere e dalle disuguaglianze che sono molto più importanti, ma più difficili da risolvere. Instillare un clima negativo nel quale si ha paura di dire la cosa sbagliata, non aiuta nessuno”.

Il Giornale

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La guerra in Ucraina continua e l’unica soluzione messa in campo dal governo continua ad essere quella dell’invio di armi. Il telegiornale unico ignora le f


Palestina. Distrutto lo skatepark al porto di Gaza


Il centro, distrutto dal governo di Hamas, era diventato un punto di riferimento importante per i giovani della Striscia di Gaza L'articolo Palestina. Distrutto lo skatepark al porto di Gaza proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/2023/05/04/

Pagine Esteri, 4 maggio 2023. Lo scorso Primo Maggio è stato demolito lo skatepark del porto di Gaza City. Costruito nel 2017 grazie al progetto Gaza FREEstyle, era diventato un punto di incontro per giovani, adulti e bambini e un riferimento per iniziative culturali e sociali, come Pagine Esteri aveva documentato con video e interviste.

Il governo di Hamas ha ordinato, apparentemente senza una precisa motivazione, la demolizione della rampa di skate e le ruspe hanno distrutto il campo in poche ore.
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Di seguito, il comunicato del Gaza FREEstyle:

Quello che vedete nel video qui sotto è lo skate park del porto di Gaza, distrutto dai mezzi di demolizione del governo di Hamas.

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Video dello Skate Park di Gaza, girato nel 2021 per Pagine Esteri.
Inutile girarci intorno, Hamas si pone in maniera autoritaria negando ai giovani spazi di socialità.

L’area del porto era frequentata da decine di giovani di tutte le età, negli anni era diventata un punto di aggregazione per tantissim* freestyler e writers di tutta la striscia.

Le crew che negli anni hanno costruito il park, organizzavano lezioni per ragazze e bambin*, jam di skate ed eventi circensi.Il murales che vedete nel video ”FREE PALESTINE” è stato realizzato a giugno 2022 durante le attività di scambio con artisti locali.

La costruzione del park è iniziata nel 2017 con la prima rampa in legno; Negli anni successivi l’area è stata trasformata in uno skatepark in cemento.
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Le crew di skaters sono triplicate nonostante a Gaza, non esista la possibilità di comprarsi uno skate.

Praticare lo skate a Gaza è un modo per evadere dalle sofferenze della vita, sognare in un luogo che si trova sotto la brutalità di un assedio militare ferocissimo.

Ecco perché lo skatepark del porto era importante e simbolico per noi e per i gazawi.Il Gaza FREEstyle si avvicina alla sua decima Carovana di Solidarietà; in questi ultimi anni abbiamo lavorato per costruire una Casa internazionale delle Donne in collaborazione con le associazioni femminili locali.

La demolizione avvenuta stamattina è un brutto segnale, in pochi minuti è stato distrutto ciò che collettivamente avevamo costruito in tanti anni e con tanti soldi.

Come Gaza Freestyle e centro Vik denunciamo questa azione che non trova nessuna giustificazione.

Insieme alle crew di skaters, nei prossimi giorni, andremo a fondo di questa brutta storia. Chiederemo conto di quanto accaduto con i documenti alla mano.

A metà maggio, partirà una delegazione di 5 compagn che andrà per costruire il progetto della casa internazionale delle donne. In quell’occasione porteremo a Gaza più materiale possibile da skate e cercheremo di individuare una nuova area dove fare il park. APRIAMO LA RACCOLTA DI SKATE, TRUCK, ROTELLE, ROLLER, ABBIGLIAMENTO SPECIFICO che porteremo a Gaza tramite una nostra delegazione femminile che partirà a maggio.

Termine della raccolta 14 maggio.

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La Giunta Gualtieri, con il divieto di circolazione ZTL per le vetture diesel 4, benzina euro 3 e poi euro 5, colpisce le fasce povere della popolazione, già c


Negli ultimi due fine settimana la Lombardia sembra essere la meta preferita di neofascisti e neonazisti non solo italiani. L'ultima notizia uscita oggi parl


#NotiziePerLaScuola

Sabato 6 maggio alle 19, il Teatro Niccolini di Firenze ospita l’Orchestra Erasmus che torna ad esibirsi nell’ambito delle iniziative del Festival d’Europa – SOU4YOU 2023.

Info ▶️ indire.



LOUD AS GIANTS – EMPTY HOMES


I Loud As Giants sono una coppia di musicisti di cui basta il nome per capire che la materia trattata è di alta qualità : Justin K. Broadrick e Dirk Serries. @Musica Agorà

iyezine.com/loud-as-giants-emp…

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Presentazione del libro “La libertà fuori dalla Russia” di Renata Gravina


Lunedì 22 maggio alle ore 18:00 presso l’Aula Malagodi della Fondazione Luigi Einaudi si terrà la presentazione del libro “La libertà fuori dalla Russia” di Renata Gravina Saluti introduttivi PASQUALE TERRACCIANO Direttore Generale per la Diplomazia Pubbl

Lunedì 22 maggio alle ore 18:00 presso l’Aula Malagodi della Fondazione Luigi Einaudi si terrà la presentazione del libro “La libertà fuori dalla Russia” di Renata Gravina

Saluti introduttivi
PASQUALE TERRACCIANO
Direttore Generale per la Diplomazia Pubblica e Culturale, già Ambasciatore italiano a Mosca

Intervengono
ANTONELLO FOLCO BIAGINI
Professore Emerito di Storia dell’Europa Orientale, Rettore Unitelma

PAOLO SAVARESE
Professore Ordinario di Filosofia del Diritto, Università di Teramo

ROBERTO VALLE
Professore Ordinario di Storia dell’Europa Orientale, Università Sapienza

Sarà presente l’autrice

Ingresso libero

L'articolo Presentazione del libro “La libertà fuori dalla Russia” di Renata Gravina proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



VIDEO. Israele uccide a Nablus 3 palestinesi in un raid


Due degli uomini colpiti a morte sarebbero, secondo i servizi israeliani, i responsabili dell’uccisione delle tre colone di Gerico L'articolo VIDEO. Israele uccide a Nablus 3 palestinesi in un raid proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/2023

Pagine Esteri, 4 maggio 2023. Questa mattina l’esercito israeliano ha ucciso tre palestinesi e ferito almeno altri quattro durante un’incursione nella città di Nablus, nella Cisgiordania occupata.

In un comunicato i servizi di intelligence israeliana hanno confermato le uccisioni, dichiarando che 2 dei palestinesi morti sarebbero responsabili dell’attacco del 7 aprile al nord di Gerico. Durante quel raid furono uccise 3 colonie israeliane, una madre con le due figlie, raggiunte da colpi di arma da fuoco all’interno della propria automobile.

VIDEO
Tre palestinesi – Maed Masri, Hassan Katnani, Ibrahim Hura – sono stati uccisi dall'esercito israeliano nella città vecchia di Nablus. I soldati hanno anche sparato un razzo anticarro. Secondo Israele erano gli autori dell'uccisione di tre colone nella Valle del Giordano. pic.twitter.com/IXiT4eF5AN
— Pagine Esteri (@PagineEsteri) May 4, 2023

La Mezzaluna rossa palestinese ha fatto sapere che durante l’incursione israeliana sono state feriti almeno 4 palestinesi e circa 150, tra cui bambine e bambini di una scolaresca, risultano intossicati dai gas.

Il Ministero della Salute palestinese in un comunicato ha dichiarato che lo stato dei corpi, crivellati dai colpi ha reso difficile l’identificazione. Ma si tratta quasi certamente di Ma’es Masri, Hassan Katnani e Ibrahim Hura.

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The Court of Justice confirmed that there is no "threshold" for GDPR damages


La Corte di giustizia ha confermato che non esiste una "soglia" per i danni da GDPR Oggi la CGUE ha emesso la prima decisione sui danni emotivi ai sensi del GDPR. (c) Katarina Dzurekova


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PODCAST. TURCHIA: le elezioni saranno un referendum su Erdogan


A vincere le elezioni presidenziali potrebbe essere il leader del Partito Repubblicano Popolare Kemal Kılıçdaroğlu, che ha promesso profonde riforme del sistema politico e un cambiamento della politica estera L'articolo PODCAST. TURCHIA: le elezioni sara

di Marco Santopadre

Pagine Esteri, 4 maggio 2023 – Il prossimo 14 maggio, a pochi mesi dal terremotoche ha devastatomolte regioni, in Turchia si svolgeranno delle elezioni cruciali in un paese spaccato tra i partiti che sostengono il presidente Recep Tayyip Erdoğan, al potere ormai da più di due decenni, e le opposizioni di destra, centro e sinistra che tentano la spallata.
A vincere la sfida delle presidenziali, affermano i sondaggi, potrebbe essere il leader del Partito Repubblicano Popolare, Kemal Kılıçdaroğlu, il quale ha promesso profonde riforme del sistema politico e cambiamenti consistenti nel posizionamento della Turchia a livello internazionale ma che, anche in caso di vittoria, potrebbe avere non pochi problemi a formare un governo stabile e duraturo.
Pagine Esteri ha intervistato il giornalista turco Murat Cinar per capire se effettivamente questa volta le possibilità di una sconfitta del “sultano” sono consistenti e sul perché sta venendo meno nel paese un consenso che ha permesso al leader del Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP) di dominare la scena politica turca così a lungo. Pesano la crisi economica e la violazione dei diritti umani e politici dei dissidentie delle minoranze – Pagine Esteri
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Murat Cinar, giornalista e formatore, risiede in Italia (a Torino) dal 2002. Collabora a numerose testate italiane e turche ed è autore di alcune pubblicazioni, tra le quali “Ogni luogo è Taksim” (Rosenberg&Sellier) e “Undici storie di resistenza, undici anni della Turchia” (EBS Print).

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In Cina e Asia – Ritorna il boom del lusso in Cina


In Cina e Asia – Ritorna il boom del lusso in Cina 6930815
I titoli di oggi:

Ritorna il boom del lusso in Cina
La NATO aprirà una sede in Giappone
Alle elezioni locali di Hong Kong i cittadini avranno meno potere democratico
I colossi dei microchip Usa sviluppano nuovi modelli per il mercato cinese
La polizia di Shanghai rintraccia uiguri e giornalisti stranieri nello Xinjiang

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Un milione di munizioni all’anno. Ecco l’obiettivo dell’Ue


Arriva l’Asap, acronimo questa volta di Act in Support of Ammunition Production, un piano proposto dal commissario Ue per il mercato unico, Thierry Breton, alla Commissione europea, indirizzato a mobilitare 500 milioni del bilancio europeo per incrementar

Arriva l’Asap, acronimo questa volta di Act in Support of Ammunition Production, un piano proposto dal commissario Ue per il mercato unico, Thierry Breton, alla Commissione europea, indirizzato a mobilitare 500 milioni del bilancio europeo per incrementare la produzione di munizioni, dai missili ai colpi d’artiglieria. Accanto a questo fondo, indirizzato alle fabbriche del Vecchio continente impegnate nella produzione di munizioni per aumentarne il livello produttivo, l’Act consentirà anche ai Paesi Ue di reindirizzare i fondi di coesione e di recupero verso l’industria della difesa. Il provvedimento dovrebbe essere orientato in particolare a undici Paesi Ue con una forte industria della Difesa, tra i quali naturalmente è presente anche l’Italia.

La misura

Il denaro previsto non è un nuovo stanziamento, ma sarà trasferito dal Fondo europeo per la Difesa (Edf) e dall’Edirpa, il futuro strumento per il rafforzamento dell’industria europea della difesa mediante appalti comuni, su cui si dovrà discutere rispetto agli impatti che tale riposizionamento di fondi potrebbe avere sui progetti in corso e futuri. Tuttavia, il commissario Breton si è detto “fiducioso che entro dodici mesi saremo in grado di aumentare la nostra capacità produttiva a un milione di munizioni all’anno in Europa”. I fondi stanziati serviranno principalmente ad aumentare la capacità produttiva del Vecchio continente in fatto di munizioni, anche finanziando il riadattamento di vecchi lotti, oltre che per incentivare i Paesi a dare priorità alle spedizioni per l’Ucraina rispetto ad altri contratti con le aziende. Secondo Breton i fondi “sono chiaramente sufficienti per raggiungere questo obiettivo” registrando come a suo avviso le aziende europee “in particolare nell’est” abbiano già l’infrastruttura necessaria “per produrre grandi quantità di munizioni di grandi dimensioni”.

Europa al 2%

Tra i segnali mandati dal commissario c’è anche quello di rafforzare la sicurezza collettiva di tutta l’Europa, “abbiamo quattromila chilometri di frontiere con la Russia” ha detto Breton. Ed è per questo che il commissario ha indicato come obiettivo il raggiungimento di spesa previsto dalla Nato, in vista anche del vertice di Vilnius che potrebbe alzare ulteriormente l’asticella. “Incoraggiamo gli Stati membri ad arrivare al 2% del Pil per la difesa” ha ribadito Breton “dobbiamo adattarci a questa nuova configurazione geopolitica e dobbiamo approvare quanto prima questo pacchetto legislativo per permettere all’industria della difesa europea, che ha mantenuto la capacità produttiva, di fabbricare almeno un milione di munizioni all’interno dell’Ue”

Sostenere gli investimenti 

Nel complesso, insieme agli Stati membri, l’Ue ambisce a mettere a disposizione un miliardo di euro “per aumentare le capacità europee”, come registrato dal presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, in aggiunta al sostegno fornito con l’European peace facility per la fornitura di munizioni all’Ucraina. In aggiunta, infatti, il commissario Breton ha anche parlato di finanziamenti per co-finanziare l’industria della Difesa tra Paesi europei tramite il Recovery and resilience facility. In questo modo, ha sostenuto Breton, “si spera di riattivare l’accesso ai finanziamenti privati, sia attraverso la Banca europea per gli investimenti, sia attraverso le banche private”.


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Elicotteri e Difesa fanno decollare il primo trimestre di Leonardo


Di fronte all’aumento nella richiesta di sicurezza, legata al contesto geopolitico internazionale, è cresciuta anche la domanda di sistemi, generando prospettive positive per il settore della Difesa. È quanto emerge dai risultati per il primo trimestre 20

Di fronte all’aumento nella richiesta di sicurezza, legata al contesto geopolitico internazionale, è cresciuta anche la domanda di sistemi, generando prospettive positive per il settore della Difesa. È quanto emerge dai risultati per il primo trimestre 2023 ottenuti da Leonardo, presentati al consiglio d’amministrazione dal presidente, Luciano Carta, che conferma le previsioni per l’intero anno formulate in sede di predisposizione del bilancio alla fine dell’anno scorso. I primi tre mesi dell’anno hanno registrato risultati solidi, in termini di crescita degli ordini, aumento di profittabilità e rafforzamento della performance di cassa. A fare la differenza per il gruppo di piazza Monte Grappa l’ottima performance commerciale del settore elicotteristico, e da una performance in crescita in tutte le aree del settore Difesa

I numeri

Nel primo semestre dell’anno i ricavi si sono attestati a oltre 3 miliardi di euro, allineati al primo trimestre del 2022 in tutti i settori di business. Il flusso di cassa operativo (Focf) è negativo per circa 688 milioni, in netto miglioramento (+36%) rispetto al dato del 2022, negativo per un miliardo e 80 milioni. Anche l’indebitamento si riduce in misura rilevante di circa un miliardo rispetto a marzo 2022 grazie al rafforzamento della generazione di cassa del Gruppo, per effetto dell’andamento del Focf. Gli ordini sono, in significativo incremento (+29,3%, pari a 4,9 miliardi) rispetto al primo trimestre del 2022, grazie in particolare all’ottima performance degli elicotteri legata principalmente agli ordini di 18 AW169 destinati all’Austria e tredici MH139 per la Us Air force. L’Ebita è pari a 105 milioni, +13,2%.

La Guidance

Alla luce di quanto ottenuto, il Gruppo conferma le previsioni per i successivi trimestri e le linee della Guidance per l’intero anno. Per l’anno in corso si prevedono nuovi ordinativi pari a circa 17 miliardi. Per i ricavi la Guidance indica una forbice tra 15 e 15,6 miliardi, comunque in crescita rispetto al 2022. Anche la redditività è prevista in aumento, con Ebita previsto tra 1,260 e 1,310 miliardi. Il flusso di cassa è atteso a circa 600 milioni, mentre l’indebitamento dovrebbe scendere a 2,6 miliardi.

Il commento

Per Alessandro Profumo, amministratore delegato di Leonardo, “i risultati commerciali e finanziari del primo trimestre mostrano un andamento positivo in linea con le aspettative”. Per l’ad, “Nei primi tre mesi abbiamo dimostrato ancora una volta la competitività nel business difesa/governativo e il continuo miglioramento della performance delle Aerostrutture. Il Gruppo è solido e sostenibile nel lungo periodo, con la capacità di cogliere future opportunità di crescita”. Profumo ha anche annunciato come Moody’s abbia promosso Leonardo a Investment Grade “riconoscendo al Gruppo una significativa esecuzione del piano industriale durante la pandemia, importanti progressi nella riduzione dell’indebitamento, solide prospettive di crescita nelle attività della Difesa, alla luce del complesso contesto geopolitico, e prudenti politiche finanziarie volte ad una continua riduzione del debito”.


formiche.net/2023/05/primo-tri…




Per colpa di gente che non sa leggere delle regole, mi sono venuti i demoni in capa mentre svolgevo un esame che doveva essere facilissimo.


I miei stupidi intenti - Bernardo Zannoni


"La storia di un animale, di una faina che scopre il mondo, le sue verità e le sue menzogne. Come fosse un personaggio strappato a Camus, e al tempo stesso a un film della Pixar. Un esordio sorprendente.

«Esistono vari modi di strillare un libro magnifico. Ma solo un modo è giusto per I miei stupidi intenti: leggetelo, leggete questo romanzo in stato di grazia».

Marco Missiroli

Questa è la lunga vita di una faina, raccontata di suo pugno. Fra gli alberi dei boschi, le colline erbose, le tane sotterranee e la campagna soggiogata dall’uomo, si svela la storia di un animale diverso da tutti. Archy nasce una notte d’inverno, assieme ai suoi fratelli: alla madre hanno ucciso il compagno, e si ritrova a doverli crescere da sola.
Gli animali in questo libro parlano, usano i piatti per il cibo, stoviglie, tavoli, letti, accendono fuochi, ma il loro mondo rimane una lotta per la sopravvivenza, dura e spietata, come d’altronde è la natura. Sono mossi dalle necessità e dall’istinto, il più forte domina e chi perde deve arrangiarsi. È proprio intuendo la debolezza del figlio che la madre baratta Archy per una gallina e mezzo. Il suo nuovo padrone si chiama Solomon, ed è una vecchia volpe piena di segreti, che vive in cima a una collina. Questi cambiamenti sconvolgeranno la vita di Archy: gli amori rubati, la crudeltà quotidiana del vivere, il tempo presente e quello passato si manifesteranno ai suoi occhi con incredibile forza. Fra terrore e meraviglia, con il passare implacabile delle stagioni e il pungolo di nuovi desideri, si schiuderanno fra le sue zampe misteri e segreti. Archy sarà sempre meno animale, un miracolo silenzioso fra le foreste, un’anomalia. A contraltare, tra le pagine di questo libro, il miracolo di una narrazione trascinante, che accompagna il lettore in una dimensione non più umana, proprio quando lo pone di fronte alle domande essenziali del nostro essere uomini e donne.
I miei stupidi intenti è un romanzo ambizioso e limpido, ed è stato scritto da un ragazzo di soli venticinque anni. Come un segno di speranza, di futuro, per chi vive di libri."

sellerio.it/it/catalogo/Miei-S…

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Tagliamo sanità e compriamo munizioni? L'UE è in mano a guerrafondai che dopo aver imposto politiche antipopolari ora ci portano in guerra. Le dichiarazioni


GAZA. Bombardamenti israeliani uccidono un palestinese


L’escalation era cominciata dopo la morte in un carcere del prigioniero Khader Adnan, che da 86 giorni faceva lo sciopero della fame in protesta per la sua detenzione senza processo. L'articolo GAZA. Bombardamenti israeliani uccidono un palestinese provi

della redazione

Pagine Esteri, 3 maggio – Gli ultimi raid israeliani su Gaza, i più violenti da agosto 2022 (circa 50 morti), hanno ucciso un palestinese, Hashel Suleiman, 58 anni, e provocato alcuni feriti oltre a danni a edifici e a una scuola. Il portavoce delle Forze armate israeliane invece riferisce di attacchi contro presunti laboratori per la fabbricazione di armi, campi militari e tunnel appartenenti al movimento islamico Hamas.

L’escalation era cominciata dopo la morte in un carcere del prigioniero Khader Adnan, che da 86 giorni faceva lo sciopero della fame in protesta per la sua detenzione senza processo.

Le organizzazioni armate palestinesi da parte loro hanno lanciato oltre 100 razzi verso il territorio meridionale israeliano provocando qualche danno e feriti leggeri. Pagine Esteri

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AMNESTY: Con il riconoscimento facciale Israele segrega e controlla i palestinesi


Red Wolf, è un sistema che l'esercito israeliano utilizza per monitorare i movimenti palestinesi nei territori occupati. L'articolo AMNESTY: Con il riconoscimento facciale Israele segrega e controlla i palestinesi proviene da Pagine Esteri. https://pagi

della redazione

Pagine Esteri, 3 maggio 2023 – Stai tornando a casa a piedi, ma devi attraversare un posto di blocco per arrivarci. Ti guardi intorno e vedi telecamere con tecnologia di riconoscimento facciale non regolamentata che ti scansionano per determinare se puoi passare.

Questa è distopia? No. È Red Wolf, un sistema che l’IDF utilizza per monitorare i movimenti palestinesi nei territori occupati.

A Red Wolf è dedicato l’ultimo rapporto di Amnesty International, basato anche su testimonianze di soldati israeliani, che descrive in dettaglio un sistema di sorveglianza invadente che Israele utilizza per controllare i movimenti dei palestinesi.

Le foto ai palestinesi vengono scattate contro la loro volontà e inserite all’interno di un sistema che non si preoccupa dei loro diritti. I palestinesi sono costretti a cedere le loro informazioni biometriche personali, molto spesso a loro insaputa e mai con il loro consenso.

Un ex soldato ha spiegato come funziona Red Wolf: “Se qualcuno è passato spesso di lì, il computer lo riconosce. Perché scatta foto a tutti quelli che passano di lì. E tu, come soldato, non devi far altro che attendere che il sistema impari ad associare la carta d’identità (del palestinese) al volto nella foto scattata in precedenza.

Red Wolf fa parte di un più ampio sistema di sorveglianza che include “Blue Wolf”, una app che i soldati israeliani usano per scansionare i volti dei palestinesi, esposta per la prima volta in un articolo del Washington Post nel 2021 sulla base delle testimonianze raccolte dalla ong Breaking the Silence. Pagine Esteri

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📲 Generazioni Connesse fa tappa a Procida per un nuovo appuntamento del Safer Internet Centre, il progetto dedicato ai rischi e alle potenzialità della rete, in partenariato con le principali realtà italiane che si occupano di sicurezza in Rete: Auto…

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Accatastare


Nel decreto festivo è previsto uno sgravio fiscale (il cuneo) fatto in deficit. Sgravare a debito è come la droga: dà assuefazione, tolleranza ed è mortale. Non è di destra o di sinistra, è condiviso spendarolismo. La materia fiscale ha molte tecnicalità,

Nel decreto festivo è previsto uno sgravio fiscale (il cuneo) fatto in deficit. Sgravare a debito è come la droga: dà assuefazione, tolleranza ed è mortale. Non è di destra o di sinistra, è condiviso spendarolismo.

La materia fiscale ha molte tecnicalità, ma è un errore credere che sia pane per i soli denti dei commercialisti. Una delle conseguenze di un sistema infernalmente complicato è far perdere di vista il suo significato. Stabilire a chi, per cosa e quanto togliere, per poi decidere a chi, per cosa e quanto dare, è materia eminentemente politica e risponde all’idea che ciascuno ha di equità. Proporre meno tasse senza aggiungere quali spese tagliare è un raggiro. Abitudine diffusissima.

Maggiori sono le spese, maggiore è il debito che si accumula e maggiore sarà il prelievo fiscale. Pochi italiani (non a torto) hanno creduto alla spending review, ma senza quella la diminuzione della pressione fiscale è una bubbola. Con l’aggravante che il prelievo percentuale sul Pil è molto alto, ma altissimo per chi paga veramente. Si usino le banche dati, incrociandole e favorendo i pagamenti elettronici. Ostacolarli fu uno dei primi errori di questo governo. Non servono anatemi contro il contante, basta agevolare. Nell’incrocio dei dati deve essere assicurata la riservatezza delle faccende private. I soldi miei li spendo dove mi pare. Ma se la presunta privacy impedisce l’incrocio, quello non è un favore a chi vuole farsi gli affari propri ma a chi vuole che i propri li paghino gli altri, agli evasori.

Tassiamo troppo i redditi da lavoro. Per incentivare assunzioni e regolarizzazioni introduciamo sgravi che poi divengono a loro volta distorsivi, modellando il mercato a una convenienza che non è quella produttiva. Per questo il sistema fiscale non si riforma a spizzichi e bocconi, ma in modo coerente e complessivo. Tassiamo poco il patrimonio. Se lecitamente accumulato è frutto di guadagni sui quali sono già state pagate le tasse, ma si giova anche della spesa pubblica: una casa senza fogne perde valore. Basta dire “patrimonio” che già parte l’urlo «Patrimoniale!», ma sbaglia sia chi la demonizza sia chi la adora. La casa del nonno era una e si stava in sette fratelli; quelle del padre erano due e in famiglia quattro in tutto; il figlio ne ha ereditate tre e messo al mondo un solo nipote; il quale vive altrove, in affitto, ma è una piccola potenza immobiliare. In questo modo il patrimonio immobiliare si depaupera e a tutelarlo non serve dire che puoi avere il riscaldamento a carbone. Per valorizzare il patrimonio si deve conoscerlo: serve la revisione del catasto.

Nel 2013 il governo Monti la propose al Parlamento. Fu poi approvata nella legislatura successiva, ma il governo (Renzi) lasciò cadere la delega. Altri dieci anni buttati. Per favorire non i proprietari di casa, in un Paese in cui lo siamo quasi tutti, ma quelli che la casa manco l’hanno accatastata, gli evasori totali e i facoltosi che hanno trasformato in regge (bravi) i palazzetti dei centri storici. S’è fregato il ceto medio che ha comprato casa nuova fuori dal centro, visto che sembrano più ricchi di quelli con l’altana sulla piazza centrale. Lo stesso ceto medio che genera la gran parte del gettito da tassazione sui redditi.

Ci vuole scienza, per occuparsi di fisco, ma serve anche coscienza. A pagare non è il lavoro ma i lavoratori, non è il patrimonio ma i cittadini con un patrimonio. Perlopiù le stesse persone. A quelli che pagano la politica multicolore propone di continuo esenzioni e detrazioni per ingraziarseli – in questo modo accatastando un sistema pazzotico in cui si può essere guidati solo da un buon commercialista – oppure sgravi in deficit, vale a dire tasse future. A quelli che non pagano si offrono due diversi prodotti: da destra, la difesa dalla “persecuzione”; da sinistra, il conforto che i “veri evasori” sono gli altri. E la giostra riparte, con la giugulare della spesa corrente improduttiva aperta e la rivolta fiscale sopita dalle scappatoie.

La Ragione

L'articolo Accatastare proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Messaggio ucraino o false flag? Il punto di Alegi sull’attacco al Cremlino


È ancora troppo presto per una ricostruzione tecnica di quanto avvenuto a Mosca. Le poche immagini e notizie disponibili non consentono di valutare tecnicamente i parametri di fattibilità di un attacco ucraino al Cremlino condotto attraverso l’uso di dron

È ancora troppo presto per una ricostruzione tecnica di quanto avvenuto a Mosca. Le poche immagini e notizie disponibili non consentono di valutare tecnicamente i parametri di fattibilità di un attacco ucraino al Cremlino condotto attraverso l’uso di droni. Questo non vuol dire però che non si possa fare una valutazione politica di quanto accaduto.

Al primo punto c’è che un attacco al Cremlino era un timore diffuso. Non a caso, già diversi mesi fa erano circolate le immagini di sistemi missilistici difensivi sui tetti del palazzo presidenziale. Più di recente, era stato dichiarato da Mosca il rinvenimento di un drone ucraino UJ-22, con testata da 17 kg, ottocento chilometri all’interno della Russia. Questo indica che entrambe le parti ritenevano possibile un attacco.

Sventato un attacco con due droni sul Cremlino. Mosca: "E' stato un attentato terroristico ucraino alla vita di Putin". Il presidente: "Risponderemo". Ma Kiev ribatte: "Non abbiamo nulla a che fare con l'attacco"t.co/NloGjfPhJz

— Agenzia ANSA (@Agenzia_Ansa) May 3, 2023

Il secondo punto riguarda lo scopo dell’attacco. Colpire Mosca con due droni, con un limitato carico bellico, indica che si cercasse più di colpire il morale russo che non la distruzione di obbiettivi (o l’uccisione di soggetti specifici).

In questo senso, ci troveremmo in una versione tecnologica del volo su Vienna di D’Annunzio del 1918, volta a sottolineare la vulnerabilità dell’avversario e a esercitare pressioni sull’opinione pubblica per indurla a sua volta a premere sulla leadership politica. Il messaggio ucraino sarebbe duplice. Uno, far sentire il peso della guerra alla popolazione di Mosca, finora largamente risparmiata persino dalla mobilitazione. L’altro messaggio sarebbe insinuare il dubbio che Putin non sia in grado non solo di sconfiggere gli ucraini, ma neanche di proteggere i russi.

In questo senso non è necessario che il messaggio raggiunga l’intera popolazione. Basta, infatti, che venga percepito dalle élite o da personaggi più influenti del mondo russo. In questo caso l’ipotesi sarebbe quella di cercare di indurre un “25 luglio”, in cui la classe politica ritira la delega data all’autocrate per manifesto fallimento degli obiettivi prefissi.
I droni, insomma, farebbero da megafono all’invito di Prigožin di qualche giorno fa di dichiarare raggiunti gli obiettivi della “operazione militare speciale”, chiudere l’avventura ucraina e trattare per consolidare quanto ottenuto.

Ammesso e non concesso che questo sia lo scenario, bisogna poi chiedersi se davvero il messaggio arrivi a destinazione e se le élite russe siano convinte di avere ormai più da perdere che da guadagnare continuando a sostenere Putin. Si tratta di una domanda legittima, ma di un calcolo difficilissimo, che sicuramente è in corso presso le intelligence di tutto il mondo, ma al quale resta comunque molto complicato dare una risposta definitiva.

Tutto questo, bene inteso, se effettivamente si tratta di droni ucraini e non, con un po’ di complottismo, di droni russi che fingono di essere ucraini per trasformare le vittime in aggressori che attaccano le città russe. Chissà se tra qualche mese la risposta non ci arrivi da qualche documento pubblicato su Discord.


formiche.net/2023/05/punto-ale…



Digitalizziamo l’Italia – Primo appuntamento organizzato dal nuovo Osservatorio Digitale della Fondazione


Martedì 16 Maggio alle ore 10:30 in via della Conciliazione 10, la Fondazione Luigi Einaudi e Oliver Wyman vi aspettano per il primo di una serie di appuntamenti organizzati dal nuovo Osservatorio Digitale della Fondazione, con l’obiettivo di lavorare ins

Martedì 16 Maggio alle ore 10:30 in via della Conciliazione 10, la Fondazione Luigi Einaudi e Oliver Wyman vi aspettano per il primo di una serie di appuntamenti organizzati dal nuovo Osservatorio Digitale della Fondazione, con l’obiettivo di lavorare insieme e fare sistema al fine di sostenere la digitalizzazione delle medie imprese e sfruttare le potenzialità dei distretti italiani del Big Data e dell’intelligenza artificiale.

Saluti istituzionali
Giuseppe Benedetto, Presidente della Fondazione Luigi Einaudi

InterverrannoValentino Valentini, Viceministro, Ministero delle Imprese e del Made in Italy
Andrea Cangini, Segretario Generale della Fondazione Luigi Einaudi
Fabio Tomassini, Consigliere di amministrazione, Fondazione Luigi Einaudi
Gianluca Sgueo, Coordinatore Dipartimento Digitale, Fondazione Luigi Einaudi
Marco Grieco, Partner, Oliver Wyman
Roberto Scaramella, Partner, Oliver Wyman

Evento su invito. Partecipazione previa iscrizione fino a esaurimento posti.

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Non solo una questione di #privacy: "Ministro Piantedosi, il riconoscimento facciale nei luoghi pubblici è una pessima idea!" L'appello di Diletta Huyskes di #PrivacyNetwork_ su Wired


Il riconoscimento facciale mina i diritti di movimento, di espressione e di partecipazione. È una questione che va oltre la privacy e la sicurezza e dobbiamo affrontarla consci dei rischi e degli impatti sulle nostre vite.

@Etica Digitale (Feddit)

Il riconoscimento biometrico, specie quando implementato da autorità pubbliche, apre a una serie di rischi e minacce che vanno ben oltre, e che riguardano profondamente il cuore della libertà e della democrazia. L’esistenza stessa di questi strumenti nei luoghi pubblici, come le stazioni per esempio, dove transitano migliaia di persone diverse ogni giorno a prescindere da cosa fanno e dove il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, vuole installare telecamere con riconoscimento facciale per questioni di sicurezza, sottopone chiunque a una sorveglianza continua.

wired.it/article/riconosciment…

Il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi MASSIMO DI VITA/ARCHIVIO MASSIMO DI VITA/MONDADORI PORTFOLIO VIA GETTY IMAGES

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in reply to The Privacy Post

@The Privacy Post diffondere la paura così da portare le persone a chiedere "sicurezza" in cambio di libertà: è la strategia della destra

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Hanno fatto la festa al lavoro | Coniare Rivolta

"Il Consiglio dei ministri del 1° maggio 2023 sarà ricordato come uno dei momenti più alti dell’odio verso i lavoratori e i poveri manifestato da questo Governo, ma anche come esito prevedibile di una politica economica che la cosiddetta opposizione (politica e sindacale) contesta in maniera ingenua e approssimativa, quando va bene, o esplicitamente da destra (!) quando va male."

coniarerivolta.org/2023/05/02/…