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Paolo Ferrero*   Nei giorni scorsi, il premier ucraino Zelensky, commentando l’andamento della lungamente annunciata controffensiva, ha annunciato: “


TeleSign profila segretamente metà degli utenti di telefonia mobile del mondo. La denuncia di NOYB

@Etica Digitale (Feddit)

Oggi, noyb ha presentato una denuncia contro TeleSign, una società statunitense che ha profilato milioni di utenti di telefoni. 

TeleSign genera un "punteggio di reputazione" e vende i suoi servizi a vari clienti come TikTok, Microsoft o Salesforce. TeleSign ha ricevuto segretamente i dati del telefono cellulare da BICS, una società belga che fornisce servizi di interconnessione per molte società di telefonia mobile



TeleSign secretly profiles half of the world’s mobile phone users


TeleSign profila segretamente metà degli utenti di telefonia mobile del mondo TeleSign genera un "punteggio di reputazione" e lo vende a vari clienti. TeleSign ha ricevuto segretamente i dati dei telefoni cellulari da BICS, una società belga che fornisce servizi di interconnessione. telesign bics interconnection


noyb.eu/en/telesign-profiles-h…




+++ Finalmente svelato l'ultimo segreto di Feddit.it: ecco perché non esiste una comunità Lemmy dedicata alla privacy! Quando leggerete il motivo, non crederete ai vostri occhi!!! +++

@Che succede nel Fediverso?

I due amministratori di Feddit.it sono sicuramente molto sensibili al tema della #privacy.
Il primo infatti è l'autore del progetto @Le Alternative che nasce proprio per presentare in modo semplice le alternative ai prodotti BigTech che siano open source e rispettose della privacy.
Il secondo non è altro che @Informa Pirata, che sulla promozione del tema della privacy in politica spende non poco del proprio tempo.
Entrambi sono stati promotori del #PrivacyPride, il primo (e unico) evento al mondo in cui ci siano state manifestazioni di piazza a favore della privacy.

Allora perché su feddit.it non esiste una comunità dedicata alla privacy?

In effetti i motivi sono due e il primo è forse quello meno importante.

Infatti su feddit ci sono già alcune comunità che si occupano di privacy: Le Alternative, come già detto, ma anche Pirati, gestito da @Pirati.io , in assoluto il primo blog a parlare di #chatcontrol in Italia; ma soprattutto esiste la comunità di @Etica Digitale (qui su Lemmy) che ha lavorato su quel gioiellino di PrivaSì, un percorso on line per costruire senza patemi d'animo una dimensione digitale che tuteli l'utente dalla sorvegianza delle BigTech!

Ma il motivo principale per cui non esiste un'istanza Lemmy dedicata alla privacy è questo:

Esiste già una comunità Lemmy dedicata alla privacy e parla anche un po' italiano

Si tratta dell'istanza dell'avvocato @Nicola Fabiano (su lemmy è @nicfab ) che qualche giorno dopo la nascita di feddit.it ma senza sapere nulla del nostro progetto, ha creato un'estensione Lemmy al proprio blog.

Non ci sembrava quindi necessario creare un'istanza dedicata alla privacy, essendocene già una curata da un esperto di GDPR come l'avv. Fabiano.

Chi volesse seguire quella comunità, può copiare l'indirizzo https://community.nicfab.it/c/privacy e incollarlo nella casella di ricerca di Lemmy o di qualsiasi altro social del fedicverso!



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Questa autodifesa digitale di cisti.org e questo percorso PrivaSì di EticaDigitale sono ottimi siti su cui iniziare ad informarsi!

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Isabela Bagueros, Tor ED

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lealternative.net/


in reply to Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂

non ne avevo mai sentito parlare. Peccato che i post siano soprattutto in inglese, ma comunque è una bella rassegna
in reply to Eleonora

@Eleonora gli ultimi post sono tutti in inglese, ma sono tutti molto aggiornati. Fino a qualche tempo fa ne veniva pubblicata contestualmente anche la versione in italiano, ma merita comunque di essere seguita (e se aumenta la frequentazione della comunità da parte degli italiani non è detto che in futuro non vi saranno di nuovo post in italiano)

@Informa Pirata @Pirati.io @Etica Digitale @Le Alternative @Nicola Fabiano @nicfab

Eleonora reshared this.

in reply to Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂

A proposito di PrivaSì, il progetto è open source gitlab.com/etica-digitale/priv…
se volete darci una mano con la stesura oppure avete delle idee o feedback potete aprire una issue o fare una mr

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La Turchia in crisi si aggrappa agli Emirati


Erdogan è stato rieletto ma l'economia turca è in crisi e la lira continua a svalutarsi. Ankara si aggrappa agli ex rivali degli Emirati Arabi Uniti che hanno già investito nel paese miliardi di euro L'articolo La Turchia in crisi si aggrappa agli Emirat

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di redazione

Pagine Esteri, 22 giugno 2023 – Recep Tayyip Erdoğan ha vintoseppur di misura le ultime elezioni presidenziali, ma i problemi economici e finanziari continuano ad attanagliare la Turchia. E così il nuovo esecutivo continua a cercare sostegno tra i partner vecchi e nuovi.

Nel giorno del maxi aumento dei tassi di interessedall’8,5 al 15%, il nuovo ministro del Tesoro e delle Finanze di Ankara, Mehmet Simsek, e il vice del “sultano” Cevdet Yilmaz, si sono recati ad Abu Dhabi per loro prima visita all’estero, per incontrare il presidente e il vicepresidente degli Emirati Arabi Uniti (fino a poco tempo fa rivali regionali e poi diventati alleati sempre più stretti), rispettivamente Mohammed bin Zayed al Nahyan e Mansour bin Zayed al Nahyan.
Proprio oggi però la lira turca si è ulteriormente indebolita rispetto al dollaro e all’euro, toccando nuovi minimi storici, subito dopo che la Banca centrale ha annunciato l’aumento dei tassi che hanno deluso le aspettative del mercato, che si aspettavano un aumento più consistente per contenere l’inflazione.
Eppure, l’aumento di tassi è una mossa in totale controtendenza rispetto alle scelte passate di Erdoğan che – al contrario – ha sempre sostenuto una politica di bassi tassi di interesse. L’inflazione però è aumentata a dismisura a seguito di una forte svalutazione della divisa nazionale, conseguenza di una politica di diminuzione dei tassi a partire dal 19% del 2021. Dall’inizio del 2023 la lira è diminuita del 22,5% rispetto al dollaro statunitense, dopo essere già scesa del 44 nel 2021 e del 30 nel 2022.

L’anno scorso Ankara ha bruciato 27 miliardi di dollari di riserve in valuta estera per cercare di sostenere la lira turca e finanziare il deficit delle partite correnti. Per questo la Turchia necessita urgentemente di investitori stranieri, inclusi i fondi sovrani (o anche speculativi) e di investimenti diretti esteri, per sostenere le sue riserve valutarie che ad oggi risultano addirittura sotto zero (-151,3 milioni di dollari al 19 maggio, secondo gli ultimi dati pubblici disponibili).
Gli Emirati Arabi Uniti hanno iniziato a colmare il vuoto lasciato dai creditori occidentali, aumentando i prestiti delle banche del Golfo alle controparti turche, dopo il riavvicinamento tra Ankara e il governo emiratino iniziato nel novembre 2021. In quell’occasione gli Emirati Arabi Uniti si erano impegnati a investire 10 miliardi di dollari nelle industrie turche di energia, petrolchimica, tecnologia, trasporti, infrastrutture, sanità, servizi finanziari, cibo e agricoltura. Nel 2022, la Turchia aveva firmato con gli Emirati un accordo di scambio di valuta del valore di 5 miliardi di dollari per rimpinguare le casse vuote della Banca centrale turca. Il 31 maggio, la Turchia, sesto partner commerciale degli Emirati, ha ratificato un mega accordo commerciale da 40 miliardi di dollari in cinque anni siglato con il Paese arabo a marzo 2023.

I rapporti tra Abu Dhabi e Ankara, per decenni molto distanti a causa di scelte opposte nel sostegno ad alcune correnti politiche in Medio Oriente e in Nord Africa si sono fortemente distesi soprattutto dopo che, lo scorso 28 maggio, prima ancora che fossero ufficializzati i risultati del ballottaggiodelle elezioni presidenziali turche lo sceicco Mohammed bin Zayed si era congratulato con il rieletto presidente turco.
Le relazioni tra la Turchia e gli Emirati Arabi Uniti, insieme ad altri Paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg), avevano vissuto momenti di tensione tra il 2010 e il 2020, all’inizio della primavera araba e poi all’indomani dell’uccisione del giornalista saudita Jamal Khashoggi. Nel 2016, poi, i media vicini a Erdoğan avevano accusato gli Emirati di aver finanziato, insieme agli Stati Uniti, i promotori del fallito golpe contro il “sultano”. Con l’ascesa di Erdoğan, la Turchia è stata uno dei principali sostenitori dei Fratelli musulmani in Palestina, Tunisia, Egitto e Siria.

Ankara si era anche fortemente schierata con il Qatar durante il boicottaggio economico e diplomatico imposto a Doha da Emirati, Arabia Saudita, Egitto e Bahrein nel 2017. Il gelo diplomatico tra i tre Paesi del Golfo e l’Egitto, da un lato, e il Qatar dall’altro si è concluso nel 2021, quando Abu Dhabi ha istituito il fondo d’investimento da 10 miliardi di dollari in Turchia.
Un altro dei teatri di divergenza fra Turchia ed Emirati è stato per lungo tempo la Libia, con Ankara che ha appoggiato l’esecutivo della Tripolitania, mentre Abu Dhabi le autorità scissioniste della Cirenaica. Oggi, invece, entrambi i Paesi sostengono il Governo di unità nazionale (Gun) del premier Abdulhamid Dabaiba, al potere a Tripoli. – Pagine Esteri

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L'articolo La Turchia in crisi si aggrappa agli Emirati proviene da Pagine Esteri.



Taxiiiii


La sola cosa che otterranno è l’allargarsi dell’illegalità e dell’evasione fiscale. L’assurdo blocco del mercato dei taxi – assieme all’insabbiata questione dei balneari – resterà negli annali quale esempio d’impoverimento collettivo e distorcimento del m

La sola cosa che otterranno è l’allargarsi dell’illegalità e dell’evasione fiscale. L’assurdo blocco del mercato dei taxi – assieme all’insabbiata questione dei balneari – resterà negli annali quale esempio d’impoverimento collettivo e distorcimento del mercato, indotto da piccole corporazioni agguerrite e da forze politiche vili. Plurale senza confini di maggioranza e opposizione visto che, nella scorsa legislatura, a stralciare i taxi dalla legge sulla concorrenza furono la destra e la sinistra, unite contro quanto era stato predisposto dal governo Draghi (di cui pure erano parte).

Il taxi non si può più prenotare e non si trovano vetture libere, non presso villaggi sperduti ma direttamente a Piazza San Babila a Milano e a Piazza di Spagna a Roma. Presso stazioni e aeroporti le file comportano un tempo di percorrenza terrestre di pochi chilometri largamente superiore a quello impiegato per volare da una città all’altra. Il risultato non è che i tassisti guadagnino di più, ma che s’impedisce la concorrenza accrescendo l’offerta con macchine che si muovono in un mercato parallelo, spesso amministrato dai singoli tassisti (al cliente danno il numero di cellulare e quando un taxi non si trova mandano un amico). Tutto in rigorosa assenza di licenze e tassametro, con conseguente evasione fiscale.

Non assegnare nuove licenze porta al commercio illegale delle esistenti. Illegale perché mascherato da cessione – magari a cooperative – e perché non adeguatamente fiscalizzato. Le cifre di cui si parla, nel mercato reale, sono inoltre incompatibili con i redditi dichiarati da un tassista: chi è il matto che paga una licenza quanto l’incasso di dieci anni? Dice il ministro del Turismo che la faccenda riguarda i Comuni. Bisognerebbe chiederle perché mai, allora, era nella legge sulla concorrenza ed è stata stralciata per essere poi abbandonata al nulla. O se crede che siano i Comuni a dovere fare i decreti attuativi relativi alla legge del 2019, mai fatti.

Lo spettro qual è, Uber? A parte il fatto che alcune grosse cooperative di tassisti hanno già fatto un accordo con Uber – sicché non si può dire neanche per scherzo che sia contro i tassisti, semmai invisa ad alcuni – il modello secondo cui il pagamento avviene automaticamente e con carta di credito già registrata dovrebbe comunque essere sostenuto da un governo che volesse contrastare l’evasione fiscale, magari ricordandosi di mostrarsi solidale con i contribuenti onesti, a partire dal tassista di Bologna che ha raccontato come altri evadono e s’è ritrovato con le ruote tagliate. Ove il governo, naturalmente, non si consideri un esattore di pizzo.

La Ragione

L'articolo Taxiiiii proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Sul nostro sito sono state pubblicate le tracce della seconda prova scritta della #Maturità2023.

Potete leggerle qui ▶ miur.gov.it/web/guest/-/-matur…



Advertising Company CRITEO fined €40 Mio


La società di pubblicità CRITEO multata per 40 milioni di euro La CNIL ha inflitto un'ammenda di 40 milioni di euro a CRITEO, la più grande società di pubblicità e tracciamento online in Europa, sulla base delle denunce presentate da noyb e Privacy International. criteo


noyb.eu/en/advertising-company…



Niente ChatGpt per il Pentagono. Come la difesa americana immagina l’IA


L’Intelligenza Artificiale è senza dubbio una delle scoperte che impatteranno maggiormente lo sviluppo dell’essere umano nei decenni a venire. ChatGpt rappresenta soltanto la sua versione embrionale, un prototipo di quello che potranno essere le applicazi

L’Intelligenza Artificiale è senza dubbio una delle scoperte che impatteranno maggiormente lo sviluppo dell’essere umano nei decenni a venire. ChatGpt rappresenta soltanto la sua versione embrionale, un prototipo di quello che potranno essere le applicazioni future di questa tecnologia. Ma proprio in quanto prototipo, il prodotto di OpenAI possiede ancora troppe inefficienze e troppi limiti. Motivi per cui i leader militari hanno deciso di guardare altrove.

Ospite del Defense One Tech Summit, evento a cadenza annuale che esplora come le tecnologie emergenti stiano plasmando le tattiche militari e le strategie di sicurezza nazionale del futuro, il deputy chief technology officer for critical technologies del Pentagono Maynard Holliday ha dichiarato che l’apparato della Difesa statunitense non intende utilizzare ChatGpt, perlomeno nella sua versione attuale.

“I modelli linguistici di simili dimensioni hanno una grandissima utilità, e contiamo molto di utilizzare lo strumento dei modelli generativi basati sull’intelligenza artificiale, ma sfrutteremo soltanto le nostre banche dati. I nostri modelli saranno sviluppati sui dati del Dipartimento della Difesa e istruiti con i nostri dati, e utilizzeranno i nostri metodi di calcolo, così potremo ricevere feedback su cui svolgere un lavoro d’analisi”, sono state le parole di Holliday.

Il dirigente del Pentagono ha inoltre aggiunto che in questi giorni si riunirà un gruppo di lavoro atto a individuare quali possano essere i casi d’uso dell’intelligenza artificiale, utilizzando come base lo stato dell’arte accademico e industriale per quello che riguarda questi modelli linguistici.

Dalle parole di Holliday si può interpretare quale criterio abbia spinto il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti a preferire uno sviluppo ex-novo (accrescendo quindi sia i tempi che le risorse richieste) di un modello di intelligenza artificiale piuttosto che appoggiarsi, almeno nelle strutture fondamentali, a sistemi già disponibili: una sana mancanza di fiducia.

I modelli linguistici attualmente disponibili al grande pubblico (ChatGpt, Bard, Claude, Sage e altri) basano il loro funzionamento su un archivio dati di dimensioni mastodontiche, attingendo da milioni di risorse disponibili online. Risorse che non devono per forza essere veritiere, come abbiamo imparato a nostre spese negli ultimi anni. Essendo uno strumento prettamente militare, un’intelligenza artificiale destinata ad un impiego bellico è intrinsecamente portata a raggiungere il massimo grado di efficienza possibile in un dato contesto e a date condizioni. L’utilizzo di informazioni devianti rischierebbe di compromettere quest’efficienza, vanificando così l’impiego operativo di questi strumenti.

Oltre alla base informativa, Holliday ha posto l’accento anche sull’importanza del processo di calcolo della macchina. La conoscenza diretta e specifica dei modelli utilizzati dall’intelligenza artificiale garantirebbe da una parte un utilizzo più efficiente degli stessi nello svolgimento di determinati compiti assegnati, e dall’altra contribuirebbe a prevenire il verificarsi di incidenti indesiderati, con possibili effetti collaterali.

Poche settimane fa era stata riportata una notizia che aveva fatto scalpore: in uno scenario simulato dall’aviazione statunitense (non è ancora ben chiaro se tale scenario fosse solo un esercizio teorico o il risultato di una simulazione vera e propria), un drone guidato dall’intelligenza artificiale avrebbe aperto il fuoco contro l’essere umano al vertice della sua catena di comando gerarchica. Tale fatto sarebbe stato legato ad un’interpretazione ‘errata’ (se così può essere definita) degli ordini impartiti al drone.

Proprio per evitare di incappare in scenari simili, i vertici militari statunitensi preferiscono spendere tempo e risorse nella realizzazione di un sistema ‘intelligente’ più facilmente controllabile e meno incline a fughe in avanti come quella appena riportata. Anche a costo di ritardare la loro comparsa sui teatri delle operazioni. Comparsa che, ad oggi, non risulta poi così urgente.


formiche.net/2023/06/chatgpt-p…



PODCAST Usa-Cina. Biden prova a impedire la diplomazia del dialogo


Dopo la visita del segretario di Stato americano Antony Blinken in Cina, si immaginava un miglioramento dei rapporti tra Pechino e Washington. Gli entusiasmi sono stati immediatamente smorzati dal presidente Biden che ha definito Xi Jinping "un dittatore"

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di Michele Giorgio

Pagine Esteri, 22 giugno 2023. L’incontro tra il segretario di Stato Usa Blinken e il presidente cinese Xi Jinping è stato commentato con entusiasmo, soprattutto all’estero, colto come un segnale importante per una ripresa del dialogo tra Pechino e Washington. Ma appena Blinken è ritornato a casa, il presidente Biden ha fatto delle dichiarazioni molto dure sulla Cina e sul suo presidente, definito un “dittatore”. Per Pechino questa è solo un’altra delle dimostrazioni di quella che ritengono sia la “cattiva fede” degli Stati Uniti. Ne abbiamo parlato con Michelangelo Cocco, giornalista e analista che da anni vive e lavora a Shanghai.
widget.spreaker.com/player?epi…
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L'articolo PODCAST Usa-Cina. Biden prova a impedire la diplomazia del dialogo proviene da Pagine Esteri.



In Cina e in Asia – La Cina individua enorme giacimento di terre rare nell’Himalaya


In Cina e in Asia – La Cina individua enorme giacimento di terre rare nell’Himalaya terre rare
I titoli di oggi:

La Cina individua enorme giacimento di terre rare nell’Himalaya

Salve le aziende cinesi dal nuovo pacchetto di sanzioni contro la Russia

Le case automobilistiche tedesche accusate di ricorrere al lavoro forzato degli uiguri

Boom della lotteria tra i giovani cinesi
Modi a cena con Biden
Il Thaad in Corea del Sud non rappresenta un rischio per la salute dei cittadini

L'articolo In Cina e in Asia – La Cina individua enorme giacimento di terre rare nell’Himalaya proviene da China Files.



Presentazione del libro “Il diritto dei controlli societari” di Alessandro De Nicola


saluti introduttivi ANDREA CANGINI, Segretario General Fondazione Luigi Einaudi intervengono NICCOLÒ ABRIANI, Ordinario di Diritto commerciale. Università di Firenze MARGHERITA BIANCHINI, Vice Direttore Generale Responsabile del Settore Diritto Societario

saluti introduttivi
ANDREA CANGINI, Segretario General Fondazione Luigi Einaudi

intervengono

NICCOLÒ ABRIANI, Ordinario di Diritto commerciale. Università di Firenze

MARGHERITA BIANCHINI, Vice Direttore Generale Responsabile del Settore Diritto Societario, Assonime

ALESSANDRO DE NICOLA, Senior Partner, Orrick

GIULIO FAZIO, Avvocato e già Direttore Affari Legali e Societari, Enel

L'articolo Presentazione del libro “Il diritto dei controlli societari” di Alessandro De Nicola proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Alle 8.30 la chiave ministeriale per aprire il plico telematico della seconda prova è stata pubblicata sul nostro sito.

La trovate qui ▶️ miur.gov.it/web/guest/-/22-giu…



Dialoghi – Come la Cina sta regolando il flusso transfrontaliero di dati


Dialoghi – Come la Cina sta regolando il flusso transfrontaliero di dati dati
Dopo la legge sulla sicurezza dati del 2021, nuove misure sul trasferimento transfrontaliero vincoleranno le informazioni prodotte da server cinesi al controllo statale.

L'articolo Dialoghi – Come la Cina sta regolando il flusso transfrontaliero di dati proviene da China Files.




Nave Morosini in Giappone. L’Italia rafforza la presenza nell’Indo Pacifico


Il pattugliatore polivalente d’altura italiano Nave Morosini ha fatto il suo ingresso nella base militare di Yokosuka, in Giappone, a poca distanza dalla capitale Tokyo. A darne l’annuncio l’ambasciata italiana, che ha rivolto il proprio “caloroso benvenu

Il pattugliatore polivalente d’altura italiano Nave Morosini ha fatto il suo ingresso nella base militare di Yokosuka, in Giappone, a poca distanza dalla capitale Tokyo. A darne l’annuncio l’ambasciata italiana, che ha rivolto il proprio “caloroso benvenuto” alla nave militare e al suo equipaggio, definendola un “gioiello tecnologico della Marina Militare” il cui arrivo nel Paese del Sol levante “rafforza la collaborazione tra Italia e Giappone e testimonia l’impegno italiano in un’area strategica come l’Indo-Pacifico”. L’unità italiana si trova nell’Indo-Pacifico da inizio aprile, schierata all’interno del dispositivo del Carrier strike group 5 (Csg 5), il gruppo portaerei statunitense assegnato alla settima flotta Usa, parte della Flotta Usa del Pacifico. Il gruppo da battaglia, attualmente operante nel mar Cinese meridionale, è assegnato alla protezione della portaerei nucleare Classe Nimitz Uss Ronald Regan. Insieme al Morosini sono presenti almeno tre incrociatori Classe Ticonderoga e una squadriglia di sette cacciatorpediniere Classe Arleigh Burke. Per il pattugliatore italiano si tratta di una opportunità per prendere parte alle attività addestrative e operative guidate dalla portaerei americana, una prima volta per il Morosini. L’impegno della Marina nell’Indo-Pacifico, inoltre, potrebbe prevedere l’invio nel 2024 anche di Nave Cavour

Il pattugliatore Morosini

Il secondo dei sette pattugliatori polivalenti d’altura (in versione Light) previsti nel piano di rinnovamento della Marina avviato nel 2015 sotto l’egida dell’Organizzazione per la cooperazione congiunta in materia di armamenti (Occar), il Francesco Morosini è una nave elevata flessibilità operativa, concepita per svolgere una molteplicità di compiti, dal pattugliamento, al trasporto logistico, fino al combattimento. Il Morosini, in particolare, integra alcune novità ingegneristiche all’avanguardia che la rendono tra le unità più avanzate in mare. A partire dalla sua doppia prora sfalsata, che permette al pattugliatore di ridurre la formazione ondosa, permettendo un aumento di idrodinamicità (e quindi di velocità) riducendo al contempo i consumi. Ma la vera rivoluzione è il Naval cockpit, una postazione per la condotta della nave simile alla cabina di pilotaggio di un aereo che permette a due soli operatori sia di dirigere la navigazione, sia di gestire le operazioni aero-navali da una sola postazione integrata. Sul Morosini, inoltre, è distaccato un SH-90A, una squadra di sommozzatori del Gruppo operativo subacquei e un distaccamento di fucilieri della brigata marina San Marco.

Il valore geopolitico del dispiegamento

Come l’ambasciata guidata dalla feluca Gianluigi Benedetti ricorda, lo schieramento del Morosini ha un valore politico, di diplomazia militare e industriale. Innanzitutto, rafforza ulteriormente l’allineamento tra Roma e Tokyo: la partnership italo-giapponese sta vivendo un momento di particolare vivacità, frutto anche del programma militare Global Combat Air Programme (Gcap), “un ambizioso progetto volto allo sviluppo di un aereo da caccia di nuova generazione entro il 2035”, come lo definisce Palazzo Chigi. Il driver della Difesa, e dell’industria collegata, è uno degli elementi centrali in questa fase delle relazioni, e si estende nel quadro ampio delle attività italiane nell’Indo Pacifico – regione nevralgica in cui ormai anche Roma riconosce necessaria la presenza. Ed è proprio attraverso partnership come il Gcap e attività come quelle del Morosini che si sviluppa quella presenza – elemento fondamentale perché, come spiegavano fonti regionali, “nell’Indo Pacifico conta esserci”.

Il ruolo dell’Italia

E la presenza del Morosini a Yokosuka ha un valore ancora più ampio se si considera che la città portuale nella penisola di Miura custodisce uno dei cuori nevralgici e strategici della regione: la sede della Settima Flotta statunitense, quella che risponde appunto all’Indo Pacific Command. La sovrapposizione non è casuale, le attività italiane nella regione vanno inquadrate all’interno di uno schema largo che riguarda la strategia occidentale, condivisa da Usa e Ue (e tendenzialmente dalla Nato, con l’Indo Pacifico che sarà argomento di prima importanza nell’imminente vertice di Vilnius, come lo è stato lo scorso anno a Madrid). Il Morosini segna un approfondimento delle attività italiane nella regione fino alla porzione più lontana dalla Penisola, ma segue la traiettoria di quella sovrapposizioni di interessi tra Oriente e Occidente – tra destini del quadrante Euro Atlantico e quelli dell’Indo Pacifico – che sono una delle visioni distintive del pensiero del primo ministro nipponico, Kishida Fumio. Pensieri condivisi dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che ha parlato proprio a proposito di queste interconnessioni durante la visita a Nuova Delhi: davanti a lei c’era il premier Narendra Modi, altro partner strategico italiano nell’Indo Pacifico, in questi giorni alla Casa Bianca.


formiche.net/2023/06/morosini-…



📚 #Maturità2023, la traccia più scelta è quella di attualità sul valore dell’attesa nella società del “tempo reale”.

Ecco i primi dati ▶️ miur.gov.



Premio Luigi Einaudi 2023 – Antonio Patuelli


L’intervento integrale del presidente dell’Associazione bancaria italiana (Abi) Antonio Patuelli durante la cerimonia di consegna della mezza pera di bronzo, ‘Premio Einaudi – Edizione 2023’, che si è svolta ieri nell’aula Malagodi della Fondazione Luigi

L’intervento integrale del presidente dell’Associazione bancaria italiana (Abi) Antonio Patuelli durante la cerimonia di consegna della mezza pera di bronzo, ‘Premio Einaudi – Edizione 2023’, che si è svolta ieri nell’aula Malagodi della Fondazione Luigi Einaudi”

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Stefano Galieni*   “L’Europa nasce o muore nel Mediterraneo”. Aveva ragione Alex Langer e non ha avuto il tempo per capire quanto la sua affermazio


VIDEO. Rappresaglie dei coloni contro villaggi palestinesi, ucciso un giovane


Non è chiaro se a colpire a morte il palestinese siano stati spari partiti da coloni israeliani o da soldati. Questa mattina è deceduta la ragazza palestinese ferita due giorni durante l'incursione dell'esercito israeliano a Jenin. L'articolo VIDEO. Rapp

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della redazione

Pagine Esteri, 21 giugno 2023 – Continuano le azioni di rappresaglia contro i villaggi palestinesi dopo l’uccisione ieri in Cisgiordania di quattro coloni israeliani in un attacco armato compiuto da due palestinesi in una stazione di servizio presso l’insediamento coloniale di Eli. I palestinesi riferiscono dell’uccisione di 27enne, Omar Qatin, durante un raid punitivo nel villaggio di Turmusaya (Ramallah) dove circa 400 coloni, secondo quanto riferito dalle autorità comunali, hanno dato o tentato di dare alle fiamme 60 automobili e 30 edifici.

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Non è chiaro dalle testimonianze locali se a colpire Qatin siano stati spari partiti da coloni israeliani o da soldati intervenuti contro le proteste palestinesi. Altri tre palestinesi sono stati feriti da proiettili.

Gruppi di coloni israeliani provenienti dagli insediamenti più “ideologici”, quindi legati all’estrema destra religiosa, hanno lanciato attacchi a ripetizione contro Huwara, Luban Sharqia e altri villaggi palestinesi per vendicare i quattro uccisi nella stazione di servizio provocando, stando al ministero della sanità palestinese, decine di feriti. Secondo un calcolo ufficioso sono state date alle fiamme nelle ultime ore almeno 120 auto palestinesi.

Lo scorso febbraio centinaia di coloni attuarono una ampia punizione collettiva contro Huwara e i suoi sobborghi uccidendo un palestinese e provocando danni ingenti ad abitazioni e proprietà. Anche in quel caso furono date alle fiamme dozzine di automobili.

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Sadil Naghnegah

Intanto questa mattina si è spenta in ospedale Sadil Naghnegah, la 15enne palestinese ferita da un proiettile mentre era a casa durante l’incursione due giorni fa di reparti dell’esercito israeliano nella città di Jenin. Colpita alla testa, la ragazza era stata dichiarata cerebralmente morta dai medici già al suo arrivo all’ospedale. Con la sua morte sale a 7 il bilancio di vittime palestinesi del raid a Jenin.

In Israele tra ieri sera e oggi si sono svolti i funerali di Nachman Mordoff, Elisha Anteman, entrambi di 17 anni, di Harel Masood, 21 anni, e del 64enne Ofer Fayerman, i quattro coloni rimasti uccisi nell’attacco armato di ieri in Cisgiordania. Pagine Esteri

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Il governo Meloni ruba ai poveri per dare ai ricchi. Non è la riedizione di slogan a fini di lotta politica. E’ semplicemente quanto emerge dall’analisi de


Oggi partenza ufficiale di NoStream, l'istanza Owncast italiana di mastodon.uno. Stasera live alle 21.00

@Che succede nel Fediverso?

L'istanza nostream.mastodon.uno è attiva

Sarà quindi usata come la radio ufficiale di mastodon.uno ma saranno trasmessi anche Film, Documentari e serie tv!

L'istanza è aggiornata alla 0.1 e sarà necessario pulire la cache per vedere la nuova veste grafica, se già la usavate in passato potrebbero esserci problemi in quanto è stata radicalmente cambiata, in ogni caso buon ascolto!

Stasera a partire dalle ore 21:00 ci sarà la live per l'inaugurazione ufficiale di NoStream!

L'account da seguire è questo: @NoStream

Per ricevere una notifica poco prima della diretta basta cercare l'account qua sopra, seguirlo e cliccare la campanella.


Stasera ore 21:00 la live per l'inaugurazione ufficiale di NoStream!

:owncast: @DjDino

Per ricevere una notifica poco prima della diretta basta seguire l'account qua sopra, e cliccare la campanella.

#NoStream è un nuovo luogo di discussione dove viene trasmessa buona musica in cui le persone possono chattare fra di loro.

Un posto di decompressione dove non ci si prende troppo sul serio ma anche un posto dove verranno proposti visioni di documentari e film in cui si potrà commentare live.




Il piano di Xi per ristrutturare la difesa cinese


Il congresso del Partito Comunista Cinese dell’Ottobre 2022 è stato un evento attesissimo dagli osservatori di tutto il mondo. Al netto di eventi imprevisti quel consesso avrebbe consacrato la leadership di Xi Jinping, confermandolo come segretario del Pa

Il congresso del Partito Comunista Cinese dell’Ottobre 2022 è stato un evento attesissimo dagli osservatori di tutto il mondo. Al netto di eventi imprevisti quel consesso avrebbe consacrato la leadership di Xi Jinping, confermandolo come segretario del Partito Comunista Cinese per un terzo mandato per una durata al potere che non si vedeva dai tempi di Mao Zedong. Come è poi effettivamente accaduto.

Oltre allo spettacolo principale, il Congresso ha offerto numerosi side event agli analisti politici mondiali. Tra questi, vi è stata la nomina di tredici nuovi membri del Politburo, l’organo di gestione del Partito e centro nevralgico del sistema decisionale dell’autocrazia del Dragone. Alcuni di questi erano figure in carriera già note ai più, mentre altre avevano fino avevano tenuto fino a quel momento un profilo più basso. Ma tutti i tredici neonominati avevano una caratteristica che li accomunava l’un l’altro: anziché provenire da una carriera prettamente politica, il background di questi personaggi era individuabile nei settori più ‘strategici’ dell’apparato militare-industriale del Dragone. Una mossa aperta a molteplici interpretazioni, anche complementari; due sono quelle più immediate.

La prima è che questa serie di nomine rappresenti l’ennesima manovra di Xi per rendere più saldo il suo controllo sul Partito Comunista, e di conseguenza sullo Stato cinese. Nulla di eclatante, molti altri lo avevano fatto prima di lui. La particolarità sta però nella caratteristica comune ai prescelti già evidenziata poc’anzi. Uomini con una lunga carriera politica alle spalle, costruita sulla creazione di network e sulle trame nascoste, avrebbero rappresentato delle mine vaganti per il lungimirante Segretario. Al contrario, personalità cresciute in un sistema più vicino a quello delle Forze Armate sono cresciute seguendo i principi della lealtà e del rispetto, rendendoli molto meno suscettibili a manovre di palazzo atte a rovesciare il sistema di potere attuale.

La seconda riguarda invece l’impronta che Xi vuole dare a questo nuovo mandato. Non è certo un segreto che il leader comunista voglia potenziare le capacità militari cinesi, soprattutto sul livello qualitativo; né tantomeno lo è il fatto che il sistema centralizzato da lui promosso nella stragrande maggioranza delle dimensioni del suo governo possa risultare inefficiente per quel che riguarda l’innovazione tecnologico-militare. Far assurgere ai ranghi più alti del potere tecnocrati ben consapevoli delle problematiche e delle criticità dei rispettivi settori rappresenta sicuramente un passo importante per cercare di smuovere la situazione.

La direttrice su cui si basa il rinnovato sforzo cinese è quella della “military-civil fusion”: una collaborazione strutturata tra mondo civile e mondo militare, che vede il secondo sfruttare le innovazioni promosse dal primo, sulla carta molto più adatto a sviluppare tecnologie all’avanguardia. Non a caso, negli ultimi anni si è iniziato a parlare con sempre maggiore frequenza delle caratteristiche dual-use di determinati beni, che possono avere un duplice utilizzo sia nel campo della pace che in quello della guerra.

Ma l’aspetto più importante, soprattutto per gli osservatori esterni, è il cosiddetto Technology Transfer. Questa definizione indica la tecnica cinese di acquisire il know-how più avanzato di compagnie civili occidentali ‘leader nel settore’ grazie a strumenti di carattere economico-giuridico, per poi importarlo all’interno dei propri confini ed applicarlo allo sviluppo di nuovi sistemi militari. L’esempio del gruppo Kuang-Chi è significativo. Prima di essere sanzionato dall’Ufficio per l’Industria e la Sicurezza statunitense alla fine del 2020 quest’azienda (con sede a Shenzhen ma guidata da dirigenti di formazione statunitense e con partner negli Stati Uniti, Israele, Canada, Europa e Singapore) aveva investito centinaia di milioni di dollari nello sviluppo di prodotti con potenziali applicazioni militari. Per il beneficio diretto di Pechino.

L’evolversi della situazione geopolitica mondiale negli ultimi anni ha reso ancora più impellente il bisogno degli stati (e in particolare dei quelli considerati come ‘superpotenze’) di dotarsi non solo di Forze Armate all’avanguardia, ma anche di un apparato economico-industriale in grado di supportarle. E Xi non sembra voler nascondere il suo intento di realizzare quest’ambizione.


formiche.net/2023/06/xi-partit…



Daphne Du Maurier – Rebecca la prima moglie


https://youtu.be/kY1n7Sml_60 L'articolo Daphne Du Maurier – Rebecca la prima moglie proviene da Fondazione Luigi Einaudi. https://www.fondazioneluigieinaudi.it/daphne-du-maurier-rebecca-la-prima-moglie/ https://www.fondazioneluigieinaudi.it/feed


Le tracce ufficiali della #Maturità2023 sono disponibili sul nostro sito.

Le potete leggere qui ▶️ miur.gov.it/web/guest/-/-matur…

Voi quale avreste scelto?



HONDURAS. 41 donne uccise durante regolamento di conti in carcere femminile


24 detenute sono morte carbonizzate, le altre uccise con armi da fuoco o coltelli durante una rivolta pianificata dalle bande criminali con la complicità delle forze di sicurezza. La presidente Xiomara Castro ha annunciato misure drastiche. L'articolo HO

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Pagine Esteri, 21 giugno 2023. Una rivolta causata da bande criminali che si contendono il controllo delle strade e delle carceri in Honduras ha portato alla morte di almeno 41 donne, tutte detenute nell’istituto penitenziario femminile (CEFAS) di Támara, a circa 50 km dalla capitale Tegucigalpa.

Un’azione preparata e coordinata, di una violenza estrema. Molte delle vittime, 25 almeno, sono morte carbonizzate, arse vive dalle fiamme appiccate intenzionalmente. Su altri corpi sono stati trovati, invece, segni di colpi di arma da fuoco o ferite da taglio.

Secondo le dichiarazioni ufficiali, la responsabilità della rivolta è da imputarsi alle gang di strada che si contendono il controllo delle carceri. All’interno degli istituti penitenziari in Honduras le bande criminali hanno un larghissimo potere, spesso controllano cosa entra e cosa esce e hanno in pugno gli agenti penitenziari e di sicurezza.

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I parenti delle vittime sono rimasti a lungo fuori la prigione con la speranza di avere notizie sui propri cari. La disperazione e la rabbia si sono accumulate per ore mentre le autorità recuperavano, lentamente, i corpi delle detenute morte. L’identificazione completa richiederà probabilmente dei giorni.

Secondo la ricostruzione delle forze di sicurezza, la gang Barrio 18 avrebbe bloccato e dato fuoco a una cella nella quale si trovavano detenute appartenenti alla banda rivale di Mara Salvatrucha.

Secondo le autorità le violenze sarebbero scoppiate in risposta all’aumento delle misure di sicurezza e di controllo all’interno delle carceri, disposte dal governo. Questa spiegazione, però, non convince del tutto.

La presidente Xiomara Castro ha denunciato la complicità delle forze di sicurezza presenti all’interno della prigione, che hanno permesso se non facilitato il regolamento di conti e ha annunciato misure drastiche.

Conmocionada monstruoso asesinato de mujeres en CEFAS, planificado por maras a vista y paciencia de autoridades de seguridad. Mi solidaridad con familiares. Convoco a rendir cuentas al Ministro de Seguridad y la presidenta de la Comisión Interventora. ¡Tomaré medidas drásticas !

— Xiomara Castro de Zelaya (@XiomaraCastroZ) June 20, 2023

L’Honduras conta alcune tra le peggiori tragedie all’interno delle carceri, come quella del 2012, quando nel penitenziario di Comayagua, 361 detenuti sono morti in un incendio. Un disastro come quello di ieri è avvenuto nel 2017 in Guatemala, dove sono morte 41 ragazze di un centro di accoglienza per giovani in difficoltà dopo aver incendiato i materassi in segno di protesta contro stupri e altri maltrattamenti nell’istituto sovraffollato.

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Cineserie


Il governo ha scelto di utilizzare il golden power e mettere in sicurezza il controllo italiano di Pirelli. Non s’è levato un fiato critico, nessun oppositore s’è opposto e anche la stampa che solitamente dipinge Meloni come un rischio per l’Italia ne ha

Il governo ha scelto di utilizzare il golden power e mettere in sicurezza il controllo italiano di Pirelli. Non s’è levato un fiato critico, nessun oppositore s’è opposto e anche la stampa che solitamente dipinge Meloni come un rischio per l’Italia ne ha festeggiato la determinazione, elevandola a baluardo dell’Occidente democratico. Innanzi a tanta concordia nazionale non resterebbe che compiacersi. Quando si parla d’interessi reali si ottengono reali coesioni. Che bello. Se non fosse che il corale afflato si realizza su una mossa che introduce uno scivoloso precedente.

Vale la pena di capire, perché in questo racconto c’è moltissimo del capitalismo italiano senza capitali. Il primo azionista di Pirelli sono i cinesi di Sicochem, con 37,01%. Cinesi sono anche due altri azionisti, dal nome con un significato inequivocabile: Silk Road Fund (9,2%) e LongMarch (3,68%). In mano cinese si trova il 49,71% del capitale Pirelli. Il loro ingresso risale al 2015, quando i loro soldi servirono per sostituire i russi di Rosneft (con la Russia che aveva già preso la Crimea, nel 2014). Nell’azionariato Pirelli c’è una quota di Camfin, pari al 14,1%, che esercita un potere di voto largamente superiore, definito nei patti parasociali. Camfin viene indicata dai giornali come la finanziaria che fa capo a Marco Tronchetti Provera, ma il suo primo azionista è ancora la cinese LongMarch. Anche in questo caso i patti parasociali stabiliscono che gli italiani hanno diritti di voto superiori alle quote azionarie. In altre parole, ci sono azioni che contano di più pur avendo il medesimo valore unitario. Affari loro, resta il curioso fatto che questo genere di controllo societario viene denominato “scatole cinesi”. In questo caso piene di cinesi veri.

Nel 2020 gli Stati Uniti già indicavano quelle filiere cinesi come facenti capo ai militari e al governo, predisponendo le sanzioni. Mentre l’Italia non soltanto li aveva in casa, ma firmava gli accordi governativi per la “Via della seta”. Cosa è cambiato?

Da parte cinese (c’è un documento dello scorso novembre) le società azioniste di Pirelli – come tutte le altre importanti – sono state richiamate alla coerenza con i piani industriali di Xi Jinping. Dall’altra la Russia ha invaso l’Ucraina e la Cina s’è collocata al fianco di Putin, sebbene più per mangiarselo che per aiutarlo. Quindi, mentre gli azionisti cinesi cercano di fare quel che è ovvio nel nostro (nostro) sistema capitalistico – ovvero far corrispondere il potere ai soldi messi – l’azionista italiano si rivolge al governo segnalando il pericolo. Che si fa, considerando che non siamo in guerra ma c’è la guerra?

Esistevano due strade: a. vedetevela davanti a un giudice; b. si interviene a tutela di una tecnologia che ha a che vedere con la sicurezza nazionale, in questo caso congelando le azioni in mano cinese. Ma si deve indicare quale sia la tecnologia e che sia la geolocalizzazione delle ruote e l’accumulazione di dati in cloud è un po’ pochino, considerato che quella roba è a bordo di qualsiasi cosa e vettura. Il governo ha scelto una terza strada: afferma il valore strategico della tecnologia ma non congela le azioni, bensì modifica i patti parasociali, alzando il numero di consiglieri che Camfin può nominare. La Camfin in cui il primo azionista è cinese, sicché domani lo si dovrà forse rifare anche per Camfin.

Delle due l’una: o c’è la guerra e il capitale cinese non è gradito, in questo caso prima si prende una decisione politica d’indirizzo governativo (ma noi siamo ancora dentro la “Via della seta”) e poi si restituiscono i soldi, salutando; oppure si sta solo difendendo un azionista che ha messo soldi per la minoranza di quel che domina, introducendo un precedente che il cielo solo sa dove possa portare. Nel frattempo danneggiando tutte le imprese italiane – piccole, medie e grandi – che con i cinesi, da anni, fanno o provano a far affari.

Bella la concordia. O forse manca qualcuno che abbia saputo pensarci e voluto dirlo.

La Ragione

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In Cina e Asia – L’esercito cinese introduce regole più rigide che "ai tempi di Mao”


In Cina e Asia – L’esercito cinese introduce regole più rigide che esercito
Nuove regole di condotta per l'esercito cinese, più rigide che "ai tempi di Mao"
Li Qiang: "Ok al de-risking ma bisogna collaborare"
L'Ue lancia strategia sulla sicurezza economica
Xinjiang, per il capo della sicurezza cinese combattere il terrorismo con "strumenti legali"
Uno dei virologi di Wuhan ammalati prendeva fondi dagli Usa
La vecchia guardia torna alla guida di Alibaba
Usa: "L'India partner chiave a livello globale"

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Alle 8.30 la chiave ministeriale per aprire il plico telematico della prima prova scritta è stata pubblicata sul nostro sito.

La trovate qui ▶️ miur.gov.



Ad Antonio Patuelli il Premio Einaudi 2023


Il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, ha ricevuto questa sera a Roma il “Premio Einaudi – Edizione 2023”. Il riconoscimento, arrivato su decisione unanime del Consiglio di amministrazione della Fondazione Luigi Einaudi, è stato conferito “in ragione d

Il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, ha ricevuto questa sera a Roma il “Premio Einaudi – Edizione 2023”. Il riconoscimento, arrivato su decisione unanime del Consiglio di amministrazione della Fondazione Luigi Einaudi, è stato conferito “in ragione della coerenza di una vita spesa nella diffusione di alti principi di libertà e responsabilità nel solco degli insegnamenti di Luigi Einaudi”.

La cerimonia di consegna della mezza pera di bronzo si è svolta nell’Aula Malagodi della Fondazione Luigi Einaudi, priva di posti vuoti e piena di giornalisti. Dopo i saluti iniziali del presidente della Fondazione, Giuseppe Benedetto, ha aperto l’incontro il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, con un ricordo che lo lega al presidente Patuelli. ”Nella mia vita ho cambiato idea su molte cose – ha detto – ma mai sull’idea liberale, con Antonio Patuelli, seppure sia più giovane di me, ho condiviso l’esperienza, e la militanza, nel partito liberale italiano”.

Ha preso poi la parola Andrea Cangini che ha salutato l’amico Patuelli e ha detto ai presenti: “si tratta di un riconoscimento più che meritato alla persona e allo stile con cui la persona ha interpretato le diverse funzioni che ha ricoperto fino ad oggi nel corso della propria carriera politica, economica e finanziaria. In perfetto stile einaudiano si è dedicato alla divulgazione e alla comprensione dei fatti, e questo lo ha reso un giornalista eccellente oltre che un pedagogo della coscienza e della conoscenza nazionale”.

“I metodi della libertà servono a perseguire i principi della libertà” ha detto Patuelli, nella sua lezione che ha chiuso l’incontro, ripercorrendo la figura di Einaudi, sottolineandone la profonda “intransigenza morale. Il suo approccio – ha aggiunto – non era da ‘liberista’, e lo scriveva lui stesso. Lui non era attento solo alle libertà economiche, e dopo l’omicidio Matteotti ebbe il coraggio fino al ’35 di andare in Senato a parlare contro la guerra d’Etiopia. Cosa è attuale del suo insegnamento? L’alta moralità, il coniugare sempre doveri e diritti. Se non si rispettano i doveri, i diritti non sussistono. I doveri sono innanzitutto quelli costituzionali, ci deve essere sempre un uguale ossequio per entrambi”.

Einaudi, ha concluso, “fu l’antitesi della demagogia, un memorabile moralista, ma molto pratico. Era per l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, quella dei punti di partenza, una uguaglianza che non si realizza abbassando chi sta in alto, ma innalzando chi sta in basso e mettendolo nelle condizioni di competere”.

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Cosa segnalare e cosa non segnalare: le segnalazioni dei contenuti problematici su Lemmy


Segnalare un contenuto problematico o un utente molesto su Lemmy. Come fare e COSA NON FARE!


Uno dei punti di forza di Lemmy è che fin dalle prime fasi del suo sviluppo ha previsto un interfaccia di segnalazione pratica e ben fatta.

Come segnalare?


Segnalare un contenuto è piuttosto semplice. Prendiamo per esempio il caso di questo messaggio:

feddit.it/post/145894

Il commento è un commento molto volgare...

Per segnalarlo, è sufficiente fare click sui tre pallini

in modo da aprire il menu del messaggio,

e inserire la motivazione della segnalazione:


Cosa succede quando si segnala un contenuto?


Facciamo un esempio: l’utente Lemmy “Pluto” pubblica contenuti inappropriati.
Quando l’utente Lemmy Pippo segnala un contenuto prodotto dall’utente Lemmy Pluto, partirà un avviso ai seguenti soggetti:
1) Gli ammistratori dell’istanza su cui è iscritto Pippo
2) Gli amministratori dell’istanza su cui è iscritto Pluto
3) Gli amministratori dell’istanza su cui risiede la comunità in cui ha scritto l’utente Pluto
4) I moderatori della comunità su cui ha scritto l’utente Pluto

Naturalmente i 4 soggetti potrebbero coincidere in uno solo nel caso in cui i due utenti Pippo e Pluto fossero iscritti nella stessa istanza, così come la comunità fosse di quella stessa istanza e i moderatori di quella comunità fossero gli stessi amministratori dell’istanza.
Ma i quattro soggetti potrebbero essere anche n persone differenti, nel caso in cui le istanze fossero diverse e amministrate da numerosi amministratori, così come le comunità fossero amministrate da più moderatori.

NB: le segnalazioni degli utenti Lemmy arriveranno soltanto verso gli amministratori/moderatori di Lemmy, ma non giungeranno mai agli amministratori di Mastodon, Friendica, Pleroma o Misskey!
Allo stesso modo, un utente Mastodon, Pixelfed, Pleroma o Misskey che segnali un utente Lemmy, non riuscità mai a far arrivare la propria segnalazione agli amministratori/moderatori Lemmy!
Tenetene conto quando segnalate qualcosa!

Cosa non segnalare?


Iniziamo dalla cosa più importante: cosa non segnalare!
Considerando che:
A) gli utenti Lemmy (in sostanza) vedono ESCLUSIVAMENTE i contenuti delle comunità che sottoscrivono
B) gli utenti di feddit.it sono italiani che per lo più comunicano in italiano
C) Lemmy non invia segnalazioni a software diversi (e non riceve segnalazioni da software diversi)
sconsigliamo vivamente di segnalare:
1) contenuti in lingue diverse dall’italiano presenti su comunità di altre istanze: state tranquilli, ché qualcun altro le avrà segnalate prima di voi al moderatore di quella comunità e agli amministratori di quella istanza. Se i contenuti restano, significa che piacciono a moderatori e amministratori. Tenetene conto.
2) nudo, pornografia legale, bestemmie e memini politicamente scorretti presenti su altre istanze: vale quanto detto al punto 1)
3) opinioni stupide e utenti stupidi: sono troppe, non ce la facciamo

Ricordate sempre che potete sempre bloccare voi individualmente gli utenti problematici: in questo modo, non li vedrete più!

Cosa segnalare?


È importantissimo segnalare i seguenti contenuti:
1) i contenuti problematici prodotti da utenti dell’istanza feddit.it (che, per intenderci, sono quelli che finiscono con @feddit.it) o quelli di eventuali istanze italiane Lemmy
2) i contenuti problematici presenti nelle comunità feddit.it (o in quelle di future istanze italiane Lemmy) anche se prodotte da utenti esterni all’istanza
3) gli utenti (a prescindere dalla loro istanza di provenienza) che ti molestano o che molestano pesantemente altri utenti
4) gli utenti (a prescindere dalla loro istanza di provenienza) che pubblicano contenuti vietati: pornografia infantile, revenge porn, terrorismo, discriminazioni razziali o di genere, violenza e istigazione alla violenza

Con contenuti problematici intendiamo quelli contrari alle regole delle comunità di feddit.it o contrarie alle regole generali di feddit.it. Le riportiamo per comodità:

Regole


🇮🇹 In questo server è necessario scrivere principalmente utilizzando la lingua italiana.

📜 Ogni comunità sceglierà in autonomia le sue regole, i suoi moderatori e le sue esigenze. Non sarà tuttavia possibile aprire comunità con contenuti pornografici, illegali o con discriminazioni razziali o di genere.

🚯 Le comunità politiche dovranno accettare e sottoscrivere una clausola sull’antifascismo.

⛔️ Lo spam, i bot e i messaggi ripetuti o molesti saranno rimossi a prescindere dalle regole della comunità.

♻️ Le comunità che non riusciranno ad auto-moderarsi verranno richiamate dagli admin e se non sarà possibile trovare una soluzione verranno eliminate.




Per stringere i legami con gli Usa, l’Italia punti alle Operazioni spaziali combinate


Un biglietto da visita dell’Italia in tutto il mondo. Così il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha definito l’industria dell’aerospazio nazionale nel corso della sua recente visita al Salone aeronautico di Le Bourget, vicino Parigi. Alla fiera france

Un biglietto da visita dell’Italia in tutto il mondo. Così il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha definito l’industria dell’aerospazio nazionale nel corso della sua recente visita al Salone aeronautico di Le Bourget, vicino Parigi. Alla fiera francese, infatti, oltre al settore dell’aviazione anche lo spazio extra-atmosferico è stato protagonista, con la presentazione di nuove soluzioni e tecnologie. Il ministro stesso è stato accolto dal presidente dell’Agenzia spaziale italiana, Teodoro Valente, presso lo stand dell’agenzia presente al salone. Ma per l’Italia, l’ambito spaziale non è solo un aspetto industriale, ma un vero e proprio asset strategico per affrontare le sfide del prossimo futuro.

E proprio lo Spazio inteso come dominio operativo potrebbe essere uno dei dossier che il ministro Crosetto potrebbe affrontare in un prossimo incontro insieme al segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Lloyd Austin. Di recente, entrambi hanno partecipato al Consiglio del nord atlantico, a livello di ministri della Difesa, da poco concluso a Bruxelles, nel corso del quale sono state affrontate le diverse side strategiche che dovranno essere affrontate al prossimo summit Nato di Vilnius, a luglio.

Sia Roma, sia Washington hanno un set di priorità strategiche, sulle quali esistono importanti punti di convergenza. Per l’Italia, la regione di primario interesse strategico resta il Mediterraneo allargato e l’Africa, dove la presenza a stelle e strisce sarà fondamentale per arginare la crescente penetrazione di Mosca e Pechino. Un impegno, quello Usa, ribadito al ministro Crosetto dallo stesso capo di Stato maggiore congiunto delle Forze armate statunitensi, Mark A. Milley, in visita a marzo a Roma per incontrare gli omologhi africani nel corso dell’African chiefs of Defense conference, ospitata da Palazzo Baracchini.

Gli Stati Uniti, tuttavia, sono al momento concentrati sulla partita che si gioca nell’Indo-Pacifico, dove la Repubblica popolare cinese rappresenta secondo Washington la principale minaccia non solo alla sicurezza degli Stati Uniti, ma all’intera stabilità globale. Qui il nostro Paese ha già dimostrato di essere pronto a fare la sua parte, compatibilmente con le risorse disponibili. L’aspetto più visibile è certamente la partecipazione italiana al Global combat air programme (Gcap), il caccia di sesta generazione sviluppato insieme a Regno Unito e Giappone. Tokyo, inoltre, addestra i propri piloti militari in Sardegna, presso la International flight training school (Ifts) dell’Aeronautica militare. Inoltre, la Marina militare italiana invierà a inizio 2024 Nave Cavour nelle acque indo-pacifiche.

In questo quadro, la collaborazione transatlantica oltre l’atmosfera è un argomento che potrebbe sicuramente beneficiare da un’ulteriore crescita di protagonismo da parte italiana. Il tema è stato affrontato anche dalle recenti visite a Washington di giugno dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani, e del ministro delle Imprese e del Made in Italy con delega alle politiche spaziali e aerospaziali, Adolfo Urso, con quest’ultimo che ha incontrato l’executive secretary del Nation space council americano, Chirag Parikh. Una serie di appuntamenti che sono anche serviti a preparare il campo al prossimo viaggio negli States del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nel corso del quale dovrebbe anche incontrare la vice presidente degli Stati Uniti, Kamala Harris, chair del National space council.

La collaborazione spaziale tra Italia e Stati Uniti, tra l’altro, potrebbe basarsi su iniziative molto concrete, da quella per l’accesso al servizio cifrato del Gps, allo scambio di dati e informazioni di Space situational awareness (Ssa), fino alla sigla ad aprile di un memorandum d’intesa tra l’Ufficio generale spazio dello Stato maggiore della Difesa e lo United States Space Command (Usspacecom) per l’assegnazione di un ufficiale di collegamento italiano permanente presso il comando spaziale statunitense. L’accordo consentirà di condividere con l’Usspacecom le competenze e le conoscenze acquisite grazie alle Forze armate italiane e faciliterà le comunicazioni tra le unità spaziali di Roma e Washington. Non solo, la presenza del militare italiano potrà anche moltiplicare le opportunità di partnership tra i due Paesi nel settore spaziale della Difesa.

Tra le iniziative a cui il nostro Paese potrebbe ambire per incrementare il proprio livello di impegno nella cooperazione spaziale militare c’è la partecipazione al progetto lanciato proprio dallo Usspacecom: la Combined Space Operation initiative (CSpO). Nata nel 2014 grazie all’allora comandante di Usspacecom, il generale John “Jay” Raymond (che sarebbe poi diventato il primo comandante della Us Space force), il CSpO servì a riunire gli Usa, l’Australia, il Canada e il Regno Unito in un forum di collaborazione per coordinare le attività nel dominio spaziale. Nel 2015 aderì anche la Nuova Zelanda, ma il vero passo decisivo fu l’allargamento nel 2020 a Francia e Germania, allargando la partecipazione al di là dei tradizionali confini dell’anglosfera. Le aree di interesse del CSpO comprendono la space domain awareness, il supporto alle forze operative dalle orbite, la gestione di lanci e rientri e le operazioni di contingenza. Campi in cui l’Italia ha tutte le carte in regola per poter partecipare da protagonista.


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Care compagne e cari compagni, il prossimo sabato 24 giugno si terranno a Roma due importanti manifestazioni nazionali a cui aderiamo e a cui bisogna garanti


NABLUS. Due palestinesi armati uccidono 4 coloni israeliani


Due palestinesi armati sono entrati in un ristorante nei pressi di un insediamento israeliano illegale e hanno aperto il fuoco, uccidendo 4 coloni israeliani. L'articolo NABLUS. Due palestinesi armati uccidono 4 coloni israeliani proviene da Pagine Ester

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Pagine Esteri, 20 giugno 2023. Due palestinesi armati sono entrati in un ristorante vicino la pompa di benzina dell’insediamento illegale di Eli, nei pressi di Nablus, nella Cisgiordania occupata e hanno aperto il fuoco, uccidendo 4 coloni israeliani e ferendone altri. Uno dei due uomini armati è stato ucciso sul posto, a quanto pare per mano di un colono israeliano. Fonti non ufficiali fanno sapere che anche il secondo palestinese sarebbe stato ucciso nei pressi di un villaggio non lontano.

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L’attacco avviene il giorno dopo il raid israeliano che a Jenin ha fatto 6 morti e 91 feriti, tra cui bambini, tra i palestinesi: Israele ha attaccato anche dal cielo utilizzando gli elicotteri da combattimento, cosa che in Cisgiordania non avveniva da quasi 20 anni. Il movimento politico religioso Hamas, attraverso il suo portavoce Hazem Qassem, ha dichiarato che l’attacco armato è una risposta ai crimini israeliani compiuti ieri a Jenin.

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L’attacco israeliano del 19 giugno nella città palestinese di Jenin

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha convocato con urgenza un consiglio di sicurezza. L’estrema destra al governo del Paese chiede una operazione su vasta scala per smantellare la resistenza armata palestinese. Un’operazione del genere impegnerebbe per giorni, forse settimane, l’esercito israeliano e i suoi mezzi, in un’opera di rastrellamento all’interno delle città palestinesi della Cisgiordania che porterebbe con sé un pesante tributo di sangue.

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A Le Bourget, Roma e Parigi rafforzano la cooperazione sugli acquisti militari


Roma e Parigi stringono la cooperazione nel procurement militare e nell’individuazione di possibili programmi di cooperazione. L’occasione è stata la visita del segretario generale della Difesa e direttore nazionale degli armamenti italiano, il generale L

Roma e Parigi stringono la cooperazione nel procurement militare e nell’individuazione di possibili programmi di cooperazione. L’occasione è stata la visita del segretario generale della Difesa e direttore nazionale degli armamenti italiano, il generale Luciano Portolano, e il delegato generale della Direzione generale degli armamenti francese, il generale Thierry Carlier, nel corso del Salone aeronautico internazionale in corso in questi giorni a Le Bourget. Oltre alla Roadmap capability relativa alle acquisizioni della Difesa, i due ufficiali hanno anche siglato il memorandum d’intesa relativo all’aggiornamento di mezza vita dei cacciatorpediniere classe Orizzonte (fregate di primo rango classe Horizon secondo la nomenclatura transalpina), che prevede l’ammodernamento delle stesse a cura della joint venture Naviris.

Gli accordi di Le Bourget

L’obiettivo dell’incontro è stato anche quello di promuovere e consolidare ulteriormente i rapporti tra i due Paesi inerenti alla cooperazione bilaterale nel settore del procurement e dare impulso allo sviluppo sinergico di capacità tecnologiche e industriali strategiche attraverso programmi internazionali. Traguardi che, tra l’altro, discendono da quanto previsto nel trattato del Quirinale, firmato nel 2020 dal presidente del Consiglio italiano e dal presidente della Repubblica francese, che individua i programmi di possibile cooperazione tra le parti per intensificare il dialogo nei settori tecnico e operativo della difesa e sviluppare la cooperazione nel settore dell’accrescimento di capacità d’interesse comune. Inoltre, esso prevede anche l’impegno a rafforzare la cooperazione tra le rispettive industrie di difesa e sicurezza, promuovendo delle alleanze strutturali, e rafforzando la collaborazione nel settore spaziale, al fine di migliorare le capacità di operare congiuntamente nello spazio.

La cooperazione di Difesa

La sigla dei documenti segue la visita al salone aeronautico del ministro della Difesa, Guido Crosetto, conclusa con l’incontro con il presidente Emmanuel Macron. L’occasione è servita anche a fare un punto insieme a diversi omologhi europei sui principali punti di sviluppo per fronteggiare congiuntamente le sfide del presente e del futuro, e riflettere su come condividere gli orientamenti nazionali per coordinare gli sforzi di ciascun Paese. Prima dell’inquilino dell’Eliseo, il ministro italiano ha avuto l’opportunità di incontrarsi anche con il commissario per il Mercato interno dell’Ue, Thierry Breton, e con il ministro della Difesa di Israele, Yoav Gallant. Come registrato da Crosetto, infatti, la presenza delle realtà italiane a Le Bourget “è sempre più forte” e l’obiettivo del salone è quello di “valorizzare l’industria nazionale del settore aerospazio, biglietto da visita dell’Italia riconosciuto in tutto il mondo in un ambito destinato a divenire, sempre più, pilastro portante della geopolitica futura”.

Il salone di Le Bourget

L’air show biennale di Le Bourget di quest’anno si è presentato come il salone della ripresa, dopo gli anni della pandemia che hanno duramente colpito in particolare il settore aeronautico e le catene di approvvigionamento del settore aerospazio e difesa in generale. In particolare, l’edizione 2023 del Salone è la prima dopo l’annullamento a causa del Covid di quella che doveva essere la scorsa edizione del 2021. L’area espositiva a nord di Parigi di 125mila metri quadri accoglie 158 velivoli, tra aerei, droni ed elicotteri, dai mastodonti dell’aeronautica civile e i bombardieri strategici, fino ai velivoli senza pilota elettrici, passando per i caccia e gli aerei da combattimento. Gli espositori provengono da tutto il globo, e alla fiera partecipano 141 società italiane. Nel 2022 il settore dell’industria aerospaziale ha ritrovato una certa dinamicità, facendo registrare un fatturato di 62,7 miliardi di euro che, pur rappresentando il +13.6% rispetto al 2021, è ancora lontano dai 74,3 miliardi di euro del 2019.


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Risultano a dir poco imbarazzanti le dichiarazioni del presidente della Repubblica e del presidente del Consiglio in occasione della Giornata mondiale del rifug


EU policymakers to nail down agreement on new data-sharing law


EU institutions are due to reach a political agreement on the Data Act next week, with ongoing discussions on the issue of trade secrets, governance, territorial scope, product safety and time of application. The Data Act is a flagship legislative...


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Cosa farà il centro Nato per le infrastrutture sottomarine


La scorsa settimana, durante la ministeriale Difesa della Nato a Bruxelles, gli alleati hanno dato il via libera a Centro marittimo per la sicurezza delle infrastrutture critiche sottomarine che sorgerà nel Comando marittimo alleato di Northwood, a Nord-O

La scorsa settimana, durante la ministeriale Difesa della Nato a Bruxelles, gli alleati hanno dato il via libera a Centro marittimo per la sicurezza delle infrastrutture critiche sottomarine che sorgerà nel Comando marittimo alleato di Northwood, a Nord-Ovest di Londra. L’obiettivo è rafforzare il coordinamento tra gli alleati, condividere le competenze con l’industria e assicurare un quadro della minaccia e delle migliori pratiche a livello Nato. Tra le responsabilità del nuovo centro c’è la creazione di un nuovo sistema di sorveglianza per monitorare l’Atlantico, il Mare del Nord, il Mar Baltico, il Mar Mediterraneo e il Mar Nero.

Dopo il sabotaggio dei gasdotti Nord Stream 1 e 2 nel Baltico, avvenuto lo scorso anno, la Nato ha istituito una Cellula di protezione delle infrastrutture critiche sottomarine per monitorare meglio gasdotti e cavi sottomarini ritenuti particolarmente a rischio attacco da droni e sottomarini. Il tenente generale Hans-Werner Wiermann, a capo della nuova cellula, ha dichiarato che l’incidente di Nord Stream ha dimostrato il “chiaro e attuale pericolo che corrono le nostre infrastrutture critiche sottomarine”. Queste includono linee elettriche, unità di rigassificazione, raffinerie, centrali nucleari, nonché centrali idroelettriche, parchi eolici e centrali solari.

Il mese scorso, David Cattler, assistente segretario generale della Nato per l’intelligence, ha dichiarato a Politico che la Russia è attivamente impegnata nella mappatura delle infrastrutture civili nei Paesi dell’alleanza, comprese le risorse sottomarine. Ha descritto la possibilità di un attacco russo come un “rischio significativo” e ha osservato che Mosca ha tutte le risorse necessarie per effettuare un attacco se vuole vendicarsi del sostegno occidentale all’Ucraina. “I russi sono più attivi di quanto li abbiamo visti negli ultimi anni” nei sondaggi sottomarini, ha dichiarato. “Quando si osservano le prove delle loro attività ora, i luoghi in cui stanno effettuando i rilevamenti, sovrapposti a questa infrastruttura critica sottomarina… si può vedere che stanno almeno segnalando che hanno l’intenzione e la capacità di agire”.

L’allarme è stato lanciato anche da Giuseppe Cavo Dragone, capo di Stato maggiore della Difesa (e candidato dal governo Meloni per la presidenza del Comitato militare Nato), intervenuto pochi giorni fa all’evento “L’Italia, il Mediterraneo allargato e il dominio subacqueo” dell’Istituto Affari Internazionali. La Russia, ha spiegato, “non nasconde di voler estendere il proprio raggio d’azione in tutta questa importante fascia territoriale, nonché a tutto il Mediterraneo, anche attraverso le sue spiccate capacità nel settore underwater (manned e unmanned), ampliando le minacce a cui possono essere esposte le infrastrutture critiche e le dorsali marittime di nostro interesse strategico”.

La scorsa settimana Dmitry Medvedev, vicepresidente del Consiglio di sicurezza della Russia, ha lanciato una minaccia esplicita all’Occidente: Mosca ha il diritto “morale” di distruggere le infrastrutture critiche sottomarine dopo l’esplosione dei gasdotti Nord Stream (che il fedelissimo del leader Vladimir Putin ritiene essere stati sabotati dall’Occidente).

(Foto: Official U.S. Navy Page, Flickr)


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